STORIA- Pagina 39

Dai bruciaprofumi ai candelieri ai vassoi, in mostra al “MAO” l’arte islamica medievale

“Metalli sovrani”

 

Fino al 17 settembre

Dopo la suggestiva rassegna “Lustro e lusso dalla Spagna islamica”, il “MAO-Museo d’Arte Orientale” di Torino continua il suo viaggio di avvicinamento alla grande mostra del prossimo autunno, incentrata sull’arte dei “Paesi tra Estremo Oriente e Centro Asia fino alle sponde del Mediterraneo”, con la presentazione, all’interno della “galleria islamica” e fino a domenica 17 settembre, di un progetto espositivo dedicato ai più raffinati oggetti di arte islamica medievale in metallo. Dal titolo “Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale”, la mostra – curata da Veronica Prestini – rappresenta la prima collaborazione fra il “Museo” di via San Domenico e la britannica “The Aron Collection”. Bruciaprofumi, bottiglie porta profumo, portapenne, candelieri, vassoi, bacili e coppe: in esposizione troviamo una mirata selezione di quella “metallistica” datata XII – XV secolo che, insieme alla “miniatura”, può essere considerata fra le più alte espressioni della creatività artistica islamica e che dalla Persia raggiungeva a Oriente l’India e la Cina, arrivando in Occidente fino alle pendici dell’Atlante e alla stessa Europa, dimostrando quanto le percezioni estetiche viaggino sempre per conto loro, assolutamente incuranti di frontiere politiche e religiose. Fra i soggetti preferiti, in fase di decorazione, al primo posto é sicuramente quello della “caccia”, in particolare l’iconografia del re a cavallo affiancato da alcuni animali (falconi e ghepardi, soprattutto) e da una schiava (artista scienziata o musicante); non meno “gettonati” i temi dell’“astronomia” e dell’“astrologia” che rivestivano un ruolo centrale nella vita dei sovrani, influenzandone le scelte politiche, militari e perfino amorose. Altri soggetti, realizzati non di rado dagli artigiani del tempo, erano le “scene di festa e banchetto”, legate al genere letterario Bazm-o-Razm, ovvero “banchetto e battaglia” ad indicare come le piacevolezze della pace non potessero mai disgiungersi dal ciclico ardore dei combattimenti. E’ dunque un repertorio artistico “straordinario e metafisico”, quello che possiamo leggere in mostra, associato ad uno stupefacente “rigore calligrafico” applicato in prevalenza negli oggetti destinati all’illuminazione, quali candelieri e lampade, fondamentali nella vita quotidiana, ma anche nella più sfarzosa dimensione spirituale e sacra.Fra gli oggetti più raffinati in esposizione troviamo un “Portapenne incrostato in argento” (Mosul, Iraq, fine XIII secolo), che reca una raffigurazione del sole circondato dai pianeti (motivo iconografico tipico degli oggetti destinati a governanti e ad altri membri dell’élite nonché emblema dell’iconografia astrologica nell’Islam medievale) e un grande “bacile in ottone inciso e ageminato in argento” (Fars, Iran meridionale, XIV secolo) dalla decorazione altamente simbolica, con scene di caccia che ricorrono su tutta la superficie dell’oggetto, espressione di una prerogativa reale che, rimandando alle eccezionali qualità di combattente del sovrano, ne legittimavano il potere.

Piacevolissima sorpresa (ma neppure tanto, essendo pratica ricorrente per le mostre del “MAO”), la volontà di intrecciare arte antica e contemporanea, con l’esposizione dell’opera “Monochrome bleu” (1959) del francese, precursore della Body art, Yves Klein(1928-1962). E mai intreccio, come in questo caso, fu più centrato e illuminante. L’opera esposta di Klein (uno degli oltre mille dipinti monocromi da lui realizzati a partire dal ’56) appartiene al periodo del “solo blu”, tinta che “doveva unificare il cielo e la terra e dissolvere il piano dell’orizzonte”, quel blu oltremare “saturo e luminoso” (da Klein addirittura brevettato col nome di “International Klein Blue” che però non venne mai prodotto) che, in qualche modo rappresenta il compiersi di una ricerca che ha origini antichissime.  Il blu oltremare, il cosiddetto “blu di Persia”, domina infatti nelle pregiatissime miniature islamiche medievali ed è spesso sapientemente accompagnato dall’uso della “foglia oro”. In quest’ottica “Monochrome Bleu” permetterà di “apprezzare l’evoluzione della sapienza tecnica, artigianale e artistica, in continua tensione espressiva, divenuta un modello filosofico nell’interpretazione di Klein, e poter godere appieno della profondità dirompente del suo colore”.

Gianni Milani

“Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale”

MAO-Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 17 settembre

Orari: da mart. a dom. 10/18. Lunedì chiuso

Nelle foto:

–       Particolare dell’allestimento, Ph. Perottino

–       “Portapenne (qalamdam)”, Iraq (Mosul), XIII sec, Lamina di ottone, battuta, incisa ed incrostata d’argento e oro, Ph. Valerio Ricciardi

–       Yves Klein: “Monochrome bleu”, 1959, Pittura su carta, Collezione privata, Torino, Ph. Paolo Mussat Sartor

Nel cuore di Susa una cripta di 1000 anni fa

Il lungo telone rosso separa la zona degli scavi dal resto della chiesa in cui si tengono regolarmente le funzioni religiose. Si continua a scavare nella cattedrale di Susa dopo l’eccezionale ritrovamento di una cripta dell’XI secolo rimasta sepolta sotto l’abside per mille anni. È la cripta della cattedrale romanica di San Giusto venuta alla luce di recente durante i lavori di restauro del coro ligneo del Trecento. L’hanno individuata gli archeologi della Soprintendenza di Torino dopo uno scavo di 3-4 metri sotto il pavimento dell’abside. Una scoperta inaspettata e affascinante. La cripta dell’XI secolo era sepolta sotto metri di macerie e sono state trovate pitture, una scala ad anfiteatro con sei gradini in pietra, stucchi di animali, reperti in bronzo del Duecento e il reliquario che potrebbe essere proprio quello di San Giusto.
Si tratta di un ambiente che in Piemonte non ha precedenti in altri edifici religiosi poiché nei documenti antichi non si fa mai cenno all’esistenza di una cripta dentro una cattedrale. La chiesa originaria, consacrata nel 1027, quasi 1000 anni fa, fu fatta costruire dal marchese di Torino Olderico Manfredi II per conservare le spoglie di San Giusto Martire e nel Settecento divenne cattedrale. È l’epoca di uno dei matrimoni più influenti nella storia del Piemonte, quello tra la contessa Adelaide di Torino e di Susa, figlia di Olderico e cugina di Matilde di Canossa, e il marchese Oddone di Savoia. Nozze importanti perché consentirono ai Savoia di penetrare in Piemonte dalla Francia e dare vita ad una delle più grandi e potenti dinastie del mondo.
Secondo gli esperti la copertura della cripta romanica, appena riemersa, risalirebbe al XIV secolo. Si tratta di una scoperta davvero sorprendente che ha colto tutti di sorpresa. Quello in corso da alcune settimane non è un lavoro semplice: l’altare barocco della cattedrale è stato smontato e verrà rimesso al suo posto a fine lavori mentre il pavimento di tutta l’area absidale è stato rimosso. È una scoperta importante perché il cantiere, del costo di un milione di euro tra fondi della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) con l’8 per mille e fondi del Ministero dei Beni Culturali, metterà in risalto le vestigia romane e medievali individuate al di sotto dell’altare. Resta una domanda: perché la cripta è stata coperta lasciando tutto al suo posto? Forse la causa è da ricercare in un terremoto o in qualche altra calamità. Ulteriori studi daranno forse una risposta certa. Ora si guarda al 2027 per celebrare i mille anni di vita della cattedrale.
Filippo Re

Uno storico anniversario torinese. 160 anni fa nasceva il Cai

Accadde Oggi: 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗲𝘁𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗠𝗼𝗻𝘃𝗶𝘀𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗮𝘀𝗰𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗔𝗜

«Nell’estate del 1863 a Torino scoppia improvvisamente la febbre del Monviso», scrive lo storico Pietro Crivellaro. Due anni prima, il 30 agosto, i britannici Mathews e Jacomb, accompagnati dalle guide Michel Croz e Jean-Baptiste Croz, avevano portato a termine la prima ascensione del Re di Pietra; l’anno successivo era poi toccato a Francis Fox Tuckett, accompagnato tra gli altri anche dal portatore italiano Bartolomeo Peyrot. I tempi sono maturi per la prima ascensione di una cordata interamente italiana, e nell’estate del 1863 sono documentati almeno tre tentativi andati a vuoto, uno dei quali ad opera di Alessandra Boarelli, che riuscirà poi nell’impresa nel 1864.

La sera del 9 agosto, il biellese Quintino Sella, classe 1827, già Ministro delle Finanze nel governo Rattazzi (ruolo che ricoprirà nuovamente a partire dal 1864), parte per Saluzzo in compagnia del barone Giovanni Barracco, anch’egli deputato e buon alpinista. Ai due si aggiungeranno Paolo Ballada di Saint Robert e Giacinto di Saint Robert; la comitiva verrà infine rinforzata dalla presenza di tre guide locali, Raimondo Gertoux, Giuseppe Bodoino e Giovanni Battista Abbà.

Numerose lettere scritte da Sella, tra cui la più nota indirizzata all’amico Bartolomeo Gastaldi, segretario della Scuola per gli ingegneri, permettono di ricostruire minuziosamente la salita. Scrive Sella: «attorno a noi guglie tagliate a picco, precipizii, orrori veramente sublimi. Massi enormi parevano attendere alla montagna per poco più di un filo, e certe piramidi acutissime sembravano doversi precipitare in basso con lieve spinta […]. Regnava quel singolare silenzio sepolcrale che fa tanta impressione sulle alte montagne al di sopra dell’abitato, delle foreste e dei torrenti».

La cordata arriverà in vetta il #12agosto, 160 anni fa, per quella che oggi è considerata la “via normale”: «Carissimo, siamo riesciti; ed una comitiva d’italiani è finalmente salita sul Monviso. […] Il Monviso! Questa meravigliosa montagna che forma la parte la più originale, più graziosa e più ardita dell’impareggiabile cornice che corona il panorama dell’Italia settentrionale…».

L’impresa darà linfa all’idea di Sella, condivisa con Saint Robert, di creare un sodalizio di appassionati di montagna, coniugando al progetto alpinistico lo studio scientifico dei territori montani e l’aspetto laico e pedagogico, da proporre ai giovani destinati a formare la classe dirigente della nuova Italia unita.

Scrive sempre Sella a Gastaldi: «A Londra si è fatto un Club Alpino, cioè di persone che spendono qualche settimana all’anno nel salire le Alpi, le nostre Alpi! […] Anche a Vienna si è fatto un Alpenverein. Ora non si potrebbe fare alcunché di simile da noi? Io crederei di sì!».

Il 26 agosto la scalata al Monviso verrà ripetuta da Giuseppe e Luigi di Rovasenda, che – accompagnati da Gertoux e Bodoino – ricalcano esattamente l’itinerario della cordata di Sella. Entrambi saranno tra i primi soci del CAI. L’interesse per l’alpinismo e per il Monviso contagia gli appassionati di montagna, i naturalisti, gli intellettuali, la stampa.

Il 23 ottobre dello stesso anno, a Torino, al Castello del Valentino, verrà fondato il #ClubAlpinoItaliano.

 

(testi e foto Facebook CAI)

Palazzo Madama, Gam, Mao: Ferragosto al museo

FERRAGOSTO AL MUSEO

 

Lunedì 14 agosto apertura straordinaria di GAM e MAO

Martedì 15 agosto i tre musei sono aperti con biglietto speciale

1€ per le collezioni e 1€ per le mostre di GAM, MAO e Palazzo Madama

 

 

Per chi trascorre il Ferragosto in città, la Fondazione Torino Musei propone l’apertura straordinaria di Palazzo Madama e l’ingresso speciale a 1€ alle collezioni e, aggiungendo 1€, alle mostre temporanee con biglietteria separata di GAM, MAO e Palazzo Madama: un’ottima occasione per conoscere e godere del patrimonio artistico della Città e trascorrere una giornata diversa dal solito.

ORARI E TARIFFE

Lunedì 14 e martedì 15 agosto GAM, MAO e Palazzo Madama saranno aperti dalle 10 alle 18.

Nella giornata di Ferragosto le collezioni e mostre in corso nei tre musei saranno a tariffa speciale di 1€ ed è previsto un ricco programma di visite guidate.

COSA SI POTRÀ VISITARE

 

Alla GAM | Oltre alle collezioni permanenti saranno visitabili con il biglietto unico a 1€ le mostre Ottocento. Collezioni GAM dall’Unità d’Italia all’alba del NovecentoMichele Tocca. Repoussoir in Wunderkammer e Giuseppe Gabellone Km2,6 in VideotecaGAM.

Aggiungendo 1€ si potrà visitare anche la mostra Viaggio al termine della statuaria. Scultura italiana 1940-1980 dalle Collezioni GAM.

 

Al MAO | Accesso con biglietto unico a 1€ alle gallerie delle collezioni permanenti, alle mostre in corso Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale Impetuosa nel t-space X MAO.  Aggiungendo 1€ sarà possibile visitare la mostra Buddha10 Reloaded.

 

A PALAZZO MADAMA | Con il biglietto a 1€ il pubblico potrà accedere alle collezioni permanenti e all’esposizione In cammino. La porta di Torino: itinerari sindonici sulla via Francigena.

Aggiungendo 1€ si potrà visitare la mostra Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario.

 

LE VISITE GUIDATE DI FERRAGOSTO:

 

GAM | ore 10:30 e ore 15:00 – Visita Collezioni del ’900

ore 12:00 e ore 16:30 – Visita Mostra Ottocento

MAO | ore 10:30 – Visita galleria Paesi Islamici + mostra Metalli Sovrani

ore 12:00 – Visita mostra Buddha10 Reloaded

ore 15:00 – Visita collezioni Cina e Giappone

ore 16:30 – Visita collezioni Asia Meridionale, Regione Himalayana, Paesi Islamici dell’Asia

PALAZZO MADAMA | ore 10:30 e ore 15:00 – Da castello a museo (visita alle collezioni permanenti)

ore 12:00 e ore 16:30 –  Visita Mostra Bizantini

Costo della visita guidata: 6€ a partecipante (10€ collezioni + mostra). Prenotazione obbligatoria.

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

La tariffa a 1€ è valida per tutti i visitatori, compresi i possessori di Abbonamento Musei, le cui tessere non potranno essere registrate.

Ingresso gratuito: possessori di Torino Piemonte Card e aventi diritto.

ORARIO DI APERTURA: dalle 10 alle 18.

Le biglietterie chiudono alle 17.

Prenotazione consigliata ma non obbligatoria 

al numero 011 5211788 o via mail a ftm@arteintorino.com

Il Cardinale della Consolata   

Ricorre il Centenario della morte dell’Arcivescovo di Torino, dal 1897 al 1923, Agostino Richelmy.

Legato da amicizia fraterna al Beato Giuseppe Allamano e tantissimo al Santuario della Consolata dove ricevette la Cresima, celebrò le prime messe, e nel 1906 lo volle insignire del titolo di Basilica Pontificia, tanto da essere definito il “Cardinale della Consolata”.

La devozione del Richelmy alla Consolata fu resa poi ancora più evidente dal preziosissimo paramentale, un vero e proprio capolavoro della ricamatrice torinese Fiorenza Rocco, che egli volle donare al Santuario negli ultimi anni della sua vita e che fu terminato solo dopo la sua morte.

Agostino Richelmy nel corso del suo non breve episcopato torinese partecipò a ben 3 Conclavi: nel 1903 per l’elezione di San Pio X, nel 1914 per quella di Benedetto XV e nel 1922 per quella di Pio XI.

Morì il 10 agosto 1923. Dopo i funerali con gli onori di stato la sua salma, inizialmente sepolta nei loculi riservati agli Arcivescovi nel Cimitero Monumentale di Torino, venne poi trasferita nel 1949 alla Consolata; il luogo della sua sepoltura è una pregevolissima urna marmorea proprio accanto alla Sacrestia.

Ieri i discendenti della famiglia Richelmy si sono ritrovati al Santuario della Consolata per ricordare un grande torinese, e per l’occasione Il Rettore Giacomo Maria Martinacci ha indossato durante la partecipata celebrazione il prezioso paramentale donato dal Cardinale.

Igino Macagno

 

Il Lingotto di Torino: simbolo della città e storia della Fiat

L’AUTOMOTIVE A TORINO / 2


Quando si parla di Lingotto, la prima associazione che viene in mente è senza dubbio con la Fiat che, in pieno periodo bellico nel 1916, ebbe l’esigenza di racchiudere in un unico comprensorio tutte le produzioni automobilistiche primarie e accessorie.

Così la casa automobilistica elaborò un piano di espansione che prevedeva la costruzione di un nuovo grande complesso industriale sui resti dell’antico podere appartenente ai nobili Robilant, prendendo il nome di Fiat Lingotto. Giovanni Agnelli individuò, nell’architetto Giacomo Matté Trucco, la persona adatta ad eseguire la progettazione di questo imponente complesso di 150000 metri quadri sito nell’area compresa tra la ferrovia e le vie Narzole, Nizza e Passobuole: un gigante di cemento armato – il primo in Italia – che divenne il simbolo dell’aspirazione alla modernità dell’azienda torinese. Il fabbricato principale è a cinque piani ed è costituito da due corpi longitudinali della lunghezza di 508 metri e della larghezza di 24,50 metri, uniti tra loro da 5 corpi trasversali che formano quattro cortili interni, il tutto sormontato da un tetto molto particolare: una pista in cemento armato destinata al collaudo dei veicoli con pavimentazione in asfalto costituiti da due rettilinei di 443 metri ciascuno e da due curve sopraelevate. Il circuito è stato ultimato nel 1921 e ha destato fin da subito stupore e meraviglia, considerato un vero e proprio “monumento della civiltà in movimento” (M. Pozzetto, 1975). Sempre nello stesso anno iniziarono a entrare in funzione le fonderie, le fucine, il reparto preparazione telai e quello forni automatici e la Fiat avviò il trasloco dei macchinari dalle officine di Corso Dante concludendo a fine anno con la sistemazione dei reparti della carrozzeria, del montaggio finale e delle officine meccaniche; nel 1923 il nuovo stabilimento è stato inaugurato alla presenza del Re Vittorio Emanuele III.

Lingotto si presentò come una struttura innovativa capace di rompere con la tradizione non solo nelle linee estetiche, ma soprattutto nell’organizzazione del lavoro, dando una spinta decisiva verso la produzione in grande serie; si trattò inoltre della prima fabbrica europea a essere concepita e costruita sulla base dei metodi di produzione statunitensi, tanto da essere presentata da Valerio Castronovo nel 1978 come “un nuovo grande stabilimento ad uso americano”. I mutamenti apportati dal nuovo complesso della Fiat interessarono anche il territorio cittadino, che vide modificati i rapporti tra fabbrica e città; non furono reclutate solamente le maestranze tra gli abitanti del territorio circostante, ma Fiat Lingotto rivestì un ruolo decisivo nell’incremento dell’immigrazione e nel popolamento di tutta la zona che va da Barriera di Nizza al Lingotto sia di operai provenienti da altri quartieri della città, dai comuni limitrofi, che dalle altre regioni d’Italia. Nel corso degli anni ‘30 lo stabilimento Lingotto produsse decine di modelli di automobili, come la Torpedo, la Balilla, la Topolino, la Fiat 1100 R e la sportiva X 1/9 con la rivoluzionaria posizione centrale del motore.

L’attività produttiva fu parzialmente interrotta nel 1939, in pieno inizio della Seconda Guerra Mondiale, essendo la stessa fabbrica un obiettivo delle incursioni militari su Torino e parte della produzione fu già spostata nel più grande stabilimento torinese chiamato Fiat Mirafiori. In seguito a diversi e devastanti bombardamenti, molte parti delle facciate dell’edificio furono parzialmente danneggiate, ma prontamente ricostruite nel periodo 1945-1947; la produzione di automobili però fu totalmente trasferita nel moderno comprensorio Mirafiori, mentre il Lingotto fu destinato, negli anni del boom economico, alla produzione di lavatrici e frigoriferi fino al 1982, quando dopo aver intrapreso una politica di graduale diminuzione della manodopera, la Fiat decide di chiudere lo stabilimento.

Dagli anni ‘80 ci fu la ristrutturazione – da parte dell’architetto Renzo Piano – e il recupero dello stabilimento appena dismesso. L’edificio centrale della ex fabbrica fu riqualificato e inaugurato già nel 1987 come 8-Gallery e adibito a uso commerciale, con negozi, bar e ristoranti concentrati in un’unica area, mentre ad inizio anni ‘90 fu riqualificata la palazzina distaccata delle ex presse, sul lato sud del comprensorio, diventano un centro fieristico-espositivo, denominato Lingotto Fiere, che ad oggi ospita diverse esposizioni di una certa rilevanza come il Salone internazionale del Libro, Salone del Gusto, Artissima – Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea – e molte altre. Suggestiva è La Bolla, un progetto di Renzo Piano del 1994: una sala riunioni semi-sferica e trasparente, attrezzata e panoramica da 25 posti, realizzata in acciaio e vetro-cristallo con vista sulle Alpi e sulla pista parabolica di collaudo.

Nel 2021 Lingotto Torino diventa il simbolo della rinascita green della città: il suo tetto iconico è stato trasformato nel giardino pensile più grande d’Europa. L’area, progettata dall’architetto Benedetto Camerana e nata sulla pista di collaudo situata in cima all’ex complesso industriale, ospita più di 40.000 piante appartenenti a 300 specie e varietà diverse. Insieme al nuovo giardino sospeso, denominato Pista 500, è stata inaugurata anche Casa 500, il nuovo spazio espositivo dedicato alla più amata icona della Fiat, parte del complesso museale della Pinacoteca Agnelli – inaugurata nel 2002 nel cui interno vi è una mostra d’arte permanente tratta dalla collezione privata della celebre famiglia – visitabile gratuitamente per i possessori della Torino Piemonte Card.

Giulia De Sanctis

 

Torino e l’acqua

Oltre Torino. Storie, miti, leggende del torinese dimenticato

 

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce

 

***

Il fil rouge di questa serie di articoli su Torino vuole essere lacqua. Lacqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altri, lacqua come elemento essenziale per la sopravvivenza delpianeta e di tutto lecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

***

1. Torino e i suoi fiumi

2. La Fontana dei Dodici Mesi tra mito e storia

3. La Fontana Angelica tra bellezza e magia

4. La Fontana dellAiuola Balbo e il Risorgimento

5. La Fontana Nereide e lantichità ritrovata

6. La Fontana del Monumento al Traforo del Frejus: angeli o diavoli?

7. La Fontana Luminosa di Italia 61 in ricordo dellUnità dItalia

8. La Fontana del Parco della Tesoriera e il suo fantasma

9. La Fontana Igloo: Mario Merz interpreta lacqua

10. Il Toret  piccolo, verde simbolo di Torino

 

1. Torino e i suoi fiumi

Il fil rouge di questa serie di articoli vuole essere lacqua. Lacqua in tutte le sue accezioni e con i suoi significati altri, lacqua come elemento essenziale per la sopravvivenza del pianeta e di tutto lecosistema ma anche come simbolo di purificazione e come immagine magico-esoterica.

Il 71% del Pianeta Terra è coperto dacqua.

Il corpo umano è costituito di acqua per il 60%; alla nascita, il peso corporeo di un bambino è costituito dacqua per l80%.

Eppure, per capire quanto tale elemento sia essenziale è necessario fare riferimento ad altre cifre: gli studi dellUnicef sottolineano che ogni giorno circa 700 bambini muoiono a causa di malattie causate dallutilizzo di acqua non pulita; 2,1 miliardi di persone non hanno accesso ad acqua potabile e almeno 263 milioni di individui impiegano più di 30 minuti per raccogliere dellacqua pulita. Secondo altre statistiche ONU sono ben 3900 i bambini che decedono ogni giorno per scarsità idrica. 

Cifre, queste, terrificanti e obbrobriose, che dovrebbero comparire nelle nostre menti tutte le volte che per un po’ di calore, per stanchezza o anche solo per capriccio, ci fermiamo con tranquillità e noncuranza ad abbeverarci ad una fontana.

La definizione del termine acqua” sul dizionario dice trattasi di un composto chimico di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, è inodore, incolore e insapore, costituente fondamentale degli organismi viventi, in natura si trova allo stato liquido, (fiumi laghi, mari), allo stato solido, (neve, ghiaccio), allo stato aeriforme, (vapore acqueo).

Continuando a leggere ci si accorge di quanto sia presente tale parola nel linguaggio, sia che si tratti di argomenti scientifici, sia che ci si riferisca a modi di dire o frasi fatte; vi è poi anche il richiamo alle proprietà purificatrici attribuite allacqua nelle diverse culture e religioni. 
Si parla di acqua corrente, cioè disponibile grazie ad un dato sistema di condutture; acqua minerale, cioè contenente minerali, utili e necessari per il funzionamento dellorganismo; per i puntigliosi esiste l’ “acqua frizzante, per alcuni sistemi chimici si utilizza l’ “acqua distillata. Si differenzia l’ “acqua dolce”  dallacqua salata, diversa ancora da quel che si intende per acqua morta, cioè stagnante, ancora diversificabile a sua volta dalle acque bianche” e dalle acque nere. Distaccandosi daisignificati più terreni, possiamo fare riferimento a quellacqua utilizzata nelle funzioni religiose, per questo definita santa; se esiste poi una sorta di via di mezzo tra la terra e il cielo, per coloro i quali usano un approccio salutistico o olistico, nella lunga definizione del dizionario, sono presenti le tanto elogiate proprietà delle acque termali.  In ultima analisi, per sottolineare quanto tale parola sia presente non solo nellimmenso ecosistema, ma anche nel complesso universo linguistico, proponiamo ad esempio alcuni modi di dire: acqua in boccafare un buco nellacqua, ragazza acqua e sapone” ecc.

La questione non si esaurisce solo in un lungo elenco di espressioni linguistiche e di statistiche geologiche, una cosa” di tale arcana importanza e ancestrale essenzialità non può che essere portatrice di significati nascosti, interni ed esoterici.  Lacqua è un simbolo ricco di significati, è presente, sotto tale accezione nella Bibbia e nel Nuovo Testamento, è, inoltre, uno dei quattro elementi principali, (acqua, aria, terra, fuoco), a cui tradizionalmente sono attribuite qualità di intuizione e adattabilità. Lacqua è associata alla sfera femminile e alla passività. In alchimia è lelemento associato al numero 2, simboleggia le polarità in antitesi allunità, (identificata con lelemento fuoco). Quando lacqua si trova allo stato liquido può insinuarsi ovunque e assumere svariate forme, portando al significato traslato di unione tra spirito e materia.

La religione cristiana associa lacqua a Cristo, in quanto sorgente che disseta eternamente. Lacqua è anche purificatrice, utilizzata durante il battesimo, quando i bambini vengono bagnati con lacqua santa. Lacqua, dunque, pulisce non solo a livello materiale ma anche spirituale, proprio per questo è elemento essenziale in quasi tutti i rituali di purificazione. Nella religione ebraica, lacqua, viene associata a Dio, perché ritenuta come sua manifestazione allinizio della creazione. Lelemento viene anche associato al concetto di nascita” perché  essa dona la vita,  così come accade durante la gestazione, che vede il nascituro immerso per 9 mesi in un liquido. Sono molte le culture dellantichità in cui lacqua era considerata fonte di vita, principio cosmico femminile e Madre, proprio in quanto generatrice. Per gli antichi greci i mari, i fiumi, i laghi erano nati da Oceano, figlio di Urano e Gea; rimanendo sempre in ambito classico, si pensi poi al mito di Narciso, vicenda in cui lacqua è lo specchio che permette di scoprire se stessi. 

Lacqua ha anche un significato onirico: quando si sogna lacqua, significa che linconscio richiama a sé significati di energia materna, legati allambito profondo e sentimentale, e può indicare stati emotivi diversi a seconda che lacqua appaia limpida o torbida.

In alcune culture si parla di prova dellacqua, momento importante per il cammino iniziatico, in cui si mette alla prova il candidato, chiamato a resistere ad una serie di difficoltà. La prova diventa metafora di una capacità di adattamento alle diverse condizioni di vita, che liniziato deve avere: o ci si adatta o si perisce.

Ma cosa centra il discorso dellacqua con la nostra città? Ebbene, esso si collega al capoluogo  piemontese più di quanto ci possa sembrare. Torino è posta alla confluenza di tre fiumi: il Po, la Dora Riparia e la Stura di Lanzo. Anche altre città sorgono vicino a dei corsi fluviali, ma il nostro è un caso particolare, infatti a Torino, città magica, città in cui si respira lascendenza egizia, si percepiscono le linee sincroniche, proprio i due fiumi, il Po e la Dora, assumono una particolare importanza. Analizzati in chiave esoterica, il primo rappresenta il Sole e la componente maschile, la seconda corrisponde alla Luna e alla parte femminile. Sui fiumi inoltre incidono correnti energetiche  che, incrociandosi, generano un punto dintersezione  di peculiare forza. Chi si intende di esoterismo sottolinea che il castello del Valentino e il vicino  Borgo Medievale  simboleggiano  forza  e per questo si trovano in riva al Po. Il grande cimitero monumentale,  invece, si situa sulle sponde del fiume più “notturno, la Dora. 

I due fiumi giustificherebbero dunque lambivalenza torinese: città solare e maschile, a cui fa da contraltare una città lunare, femminile, come una sorta di grande madre. 

Non dimentichiamo, infine, che a specchiarsi sulle acque del Po c’è anche una chiesa assai particolare, la Gran Madre.

Tre sono i fiumi che bagnano Torino, ma due sono particolarmente cari alla cittadinanza, il Po e la Dora, i due corsi dacqua diventano, infatti, protagonisti di un angolo di città, fissati in personificazioni statiche e solenni. Si tratta della piazzetta CLN, posta nel centro storico della cittàappena dietro le due chiese gemelle di piazza San Carlo (Santa Cristina e San Carlo), lungo lasse di via Roma in direzione di piazza Carlo Felice e dei giardini Sambuy. Prima del 1935 la piccola piazza era conosciuta come piazza delle due chiese.

Laspetto attuale si deve alla ristrutturazione del 1935 prevista dal progetto di Marcello Piacentini, avvenuta in pieno periodo fascista, che riguardava il secondo tratto di via Roma e la zona circostante. Nel progetto erano comprese anche le statue di Benito Mussolini, Vittorio Emanuele III di Savoia e due fontane poste sul retro delle due chiese, con allegorie antropomorfe dei fiumi Po e Dora Riparia. Solo le ultime due statue vennero effettivamente realizzate e la piazza venne rinominata Piazza delle due Fontane, realizzate dallo scultore Umberto Baglioni nel 1973. Durante loccupazione nazista  la piazzetta si incupisce di unombra crudele ma purtroppo reale, e ospita il comando della Gestapo, ubicato presso lalbergo Nazionale. Alla fine della guerra, forse proprio per chiudere quella ferita storica, il nome della zona vene cambiato e dedicato al Comitato di Liberazione Nazionale costituitosi al termine del fascismo.

Il tempo scorre, proprio come lacqua delle due fontane che guardano ieratiche il susseguirsi degli uomini e degli avvenimenti. Eppure anche loro hanno avuto delle peripezie da affrontare,  nel1987 le fontane furono svuotate e messe fuori servizio a causa dellusura  della copertura della vasca e dellimpianto idrico.

Solo nel 2005, dopo un significativo restauro, vennero rimesse in funzione; nel 2013 altri lavori di ristrutturazione costrinsero la fontana del Po ad essere chiusa nuovamente, finché il 23 dicembre dello stesso anno vennero nuovamente inaugurate  entrambe, con una cerimonia alla presenza dellallora sindaco di Torino Piero Fassino.

Nel 2017 un pezzo di cornicione di marmo del retro della chiesa di Santa Cristina precipitò sulla fontana dedicata alla Dora Riparia, fortunatamente senza danni né alle perone né al monumento.

Infine, dopo varie vicissitudini, per il Po e per la Dora arriva il vero momento di gloria: la piazza venne scelta nel 1975 dal regista Dario Argento per alcune scene del film Profondo Rosso, rimanendo impressa per sempre sia in una delle pellicole cinematografiche più conosciute, sia nella mente degli appassionati dellhorror.

Alessia Cagnotto

Torino città floreale

La prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna che si tenne a Torino nel 1902 lanciò una nuova era, una rivoluzione nelle varie espressioni artistiche e nel design che segnò una vera e propria rottura con il passato. Il regolamento dell’evento fu molto chiaro, niente imitazioni, niente rievocazioni del passato, solo rinnovamento, originalità sia nelle forme che nei materiali. Questa nuova tendenza aveva come fonte d’ispirazione la natura ed è per questo che oltre ad “Arte Nuova“, Art Nouveau in Francia, Jungendstil in Germania o Modern Style in Gran Bretagna, si chiamò anche “Arte Floreale“. La vocazione di questa nuova espressione era la sua possibile declinazione nel quotidiano, non esistevano quindi soggetti e ambienti privilegiati o solo grandi opere, al contrario ogni oggetto presente nella vita di tutti i giorni in ceramica, in vetro o di stoffa poteva veicolarne la bellezza e lo stile. Torino, seppur in assenza di una vera e propria scuola o corrente propria, divenne un importante centro espressivo di questo movimento anticlassico e critico nei confronti dell’uniformità beneficiando, grazie alla vicinanza geografica, delle influenze francesi e belga. Tra le opere più note del Liberty a Torino abbiamo Casa Fenoglio-La Fleur, Villa Scott (set di Profondo Rosso di Dario Argento), Un intero Isolato, l’unico così grande in città, tra Via Papacino e Corso Matteotti, il Villino Raby . Girando per la città è possibile ammirare altri meravigliosi capolavori di Arte Floreale, itinerari ricchi di particolari, forme e colori che ci riportano in quel preciso periodo storico.

 

1. Borgo Crimea: partendo dal Ponte Umberto I abbiamo la Casa Camusso-Caselli a Corso Fiume 2, la meravigliosa Villa Crimea a Via Casteggio 2, Villa Scott a Corso Lanza 57, la Palazzina a Via Villa Quiete 1-3, Villino Guarlotti in Via Gatti 10 e al n.24 il Villino Antonietta, la Casa del Custode del Villino Filiberti a Corso Moncalieri 83.

2. Corso Francia, Cit Turin: Villino Raby a Corso Francia 8, Palazzina Fenoglio La Fleur in Via Principi d’Acaja 11, i bellissimi edifici di Via Duchessa Jolanda 17,19,21 – Via Collegno 44,45 – Via Susa 31,33 e il famosissimo Palazzo della Vittoria, con il portone decorato da Draghi, a Corso Francia 23.

3. San Donato: Casa dei Fratelli Padrini a Via Balbis 1, Casa Pecco tra Via le Chiuse e Via Cibrario, sempre a Via Cibrario ai civici 15 Casa Florio, 36 Casa Basso, 54 Casa Girardi, 62 Casa Enrieu. Le Palazzine a via Piffetti 3,5,7,10 e 12, Palazzina Ostorero a Via Beaumont 7.

 

4.Centro Città: la Palazzina – Via Bertola 20 e quella sull’angolo opposto a Via Monte di Pietà 26, sempre a Via Monte di Pietà al civico 4 la Casa della Zoppa, l’Isolato San Lazzaro – Via Pietro Micca 4, l’Isolato intero tra via Papacino e Corso Matteotti, l’Edificio di Via Revel 18 e 20.

 

5. Crocetta: la Palazzina a Via Sacchi 40/42, Casa Avezzano a Via Vico 2, Casa Pozzo in Via Massena 81, Casa Mussino in Corso Re Umberto 71, l’Isolato a mezzaluna in Largo Re Umberto 65, Casa Gamna a Corso Galileo Ferraris 78 e al civico 86 Casa Quadri, Palazzo Pellegrini in Corso Montevecchio 38 e al 50 Palazzo Maffei.

 

Torino è una vera e propria vetrina di splendori di Arte Nuova, una esibizione permanente a cielo aperto, una magnifica esponente di una arte che, come diceva Walter Benjamin, è “…un tentativo che mobilita tutte le risorse dell’interiorità….che si oppone al mondo circostante armato della tecnica”.

Maria La Barbera

 

 

Open To Polo, oggi arriva a Torino il presidente Mattarella

Oggi la visita del Presidente Sergio Mattarella al Polo del ‘900e al Sermig

La stagione autunno-inverno si apre con Mare, Polvere e Orizzonti: tre nuovi maxi progetti per parlare di confini, guerre e partecipazione politica  

 

Novità autunno-inverno per il Polo del ‘900. Tre elementi naturali – Mare, Polvere e Orizzonti – ispirano un’ ampia offerta culturale per parlare di confini, guerre e partecipazione politica, frutto del lavoro corale dei tanti enti del Polo. D’ispirazione anche gli 80 anni dall’inizio della Resistenza armata che l’8 settembre aprono un programma triennale che ripercorrono quei Venti mesi, seguendo tre parole chiave: “disobbedire”, “combattere” nel 2024 e “sognare” nel 2025.

 

NUOVI PROGETTI, NUOVE SFIDE: MARE, POLVERE, ORIZZONTI

Con lo spettacolo originaleIdrogeno” inaugura, il 28 settembre, il primo dei nuovi progetti, “Mare”, che porta il dibattito sul transito di corpi e merci, sul colonialismo e sui porti a cura dell’Unione Culturale Franco Antonicelli. Tra gli appuntamenti, la masterclass con il regista francese Sylvain George, testimone delle zone di frontiera per vent’anni (14 ottobre, ore 15.30), cui si aggiunge un ciclo di proiezioni con Job Film Days e il nuovo allestimento di “Archeoplastica” (fino al 28 ottobre) con oggetti rinvenuti dal mare a parlare di emergenza climatica. Tema che al Polo passa anche per l’azione con la sfida free plastic che da settembre introduce un sistema di sharing bottle con rifornimento d’acqua gratuito all’interno dei palazzi. Con “Polvere”, il 15 novembre, arriva al Polo la prima winter school che indaga i conflitti contemporanei. Con la Fondazione Nocentini e l’Istituto Salvemini: tre giorni fino al 17 novembre; una mostra con le foto inedite dell’artista ucraina Ira Lupu ad aprire le lezioni; 17 laboratori e altrettante attività con Lorenzo Pregliasco, Nello Scavo, Anass Hanafi tra gli ospiti; 8 eventi collaterali tra cui lo studio site specific dello spettacolo Sette a Tebe, tratto dalla tragedia Sette contro Tebe di Eschilo, regia di Gabriele Vacis, della compagnia teatrale PEM (Potenziali Evocati Multimediali). 14 attori e attrici che, da ottobre a aprile, entrano in residenza al Polo per altre collaborazioni: il laboratorio teatraleSguardi aperti”, in partenza il 15 ottobre, e la “Carte Blanche che restituisce in un ciclo di spettacoli la ricerca individuale degli attori sugli archivi del Polo. Sono invece già partite altre tre grandi ricerche con “Orizzonti” a cura del Centro Studi Piero Gobetti. Al centro il movimento studentesco dell’Onda, il movimento No global e No Tav, per un confronto con la partecipazione giovanile di oggi in collaborazione con il collettivo Stasis, che a settembre apre una call agli artisti, e con la casa editrice Morsi editore per la pubblicazione delle ricerche. 

 

1943-2023: 80 ANNI DALLA RESISTENZA 

“Disobbedire” è la parola scelta per aprire le attività dell’Ottantesimo. L’8 settembre alle ore 18.30, la lectio magistralis di Giuseppe Filippetta ne indaga la dimensione etica, sociale e politica. A interrogare le esperienze di quei Venti mesi anche la mostra Disobbedire. Resistere. Storia degli Internati militari italiani”, in arrivo il 26 ottobre e il monologo sul grande Alessandro Galante Garrone, scritto da Leonardo Casalino con Diego Coscia, che si tiene il 30 ottobre, a 20 anni dalla scomparsa. L’11 settembre, i 50 anni del golpe in Cile danno vita a un mese di eventi con “Memorie dal Cile” che, dalle ore 15.30, riunisce al Polo il giornalista Paolo Hutter, in Cile al momento del golpe,

insieme a Jaime Riera Rehren, scrittore ed esule cileno e Eduardo “Mono” Carrasco, famoso muralista esule in Italia. Nella stessa giornata, ore 18.30, l’autrice e attrice Stefania Rosso dedica una performance a Carmen Ansaldi, politica cilena in lotta contro il regime. 

 

NUOVI ARCHIVI, NUOVI SPAZI 

Cresce intanto il numero degli archivi. Tra gli ultimi arrivati il fondo del giurista Franco Cordero e, per ospitarne di nuovi, un grande investimento recupera 600 ml di scaffalature nei Palazzi di San Celso e San Daniele. A settembre continuano i lavori sull’Archivio Leone Ginzburg e il 17 settembre partono le iniziative sull’Archivio Bosso a cura dell’Istituto piemontese Gramsci, frutto della residenza di quattro associazioni giovanili. Intanto la Fondazione Donat-Cattin continua i lavori sull’archivio di Michele L. Straniero con la presentazione in prima nazionale dell’album “Domani si vive e si muore” del 29 settembre. Anche altri spazi del Polo sono protagonisti di interventi di riqualificazione, la Sala 900 si trasforma in un auditorium da 150 posti con un adeguamento tecnologico che la predispone a moderne connessioni verso l’esterno. Mentre la suggestiva Sala Voltoni diventa una galleria espositiva e inaugura il nuovo allestimento con l’installazione multimediale del collettivo artistico multiculturale Art Nomads, il 19 ottobre.

 

NUOVE GENERAZIONI

Per inaugurare l’anno scolastico – il 5 ottobre, ore 16.30 – il Polo presenta le attività per le scuole e insegnanti. Ospiti della giornata gli studiosi di didattica innovativa Chiara Panciroli e Pier Cesare Rivoltella con il libro: “Pedagogia algoritmica. Per una riflessione educativa sull’Intelligenza artificiale”. Tra le nuove attività per bambini dai 2 ai 12 anni Archetti al Polo”, laboratorio di canto, body percussion e esplorazione di alcuni strumenti musicali in partenza il 23 settembre, ore 10.30. Con I giochi di Clio”, invece, ci si siede a tavolino con alcuni game designer, dal canadese Brian Train a Andrea Angiolino, per giocare con la storia in 4 incontri (12, 19, 26 settembre e 3 ottobre). Da ottobre a maggio, per il secondo anno consecutivo torna la Scuola di Architettura, per bambini dai 7 ai 12 anni, con Fondazione per l’architettura che apre il programma a contenuti coprodotti con il Polo ispirati al tema dell’anno: l’Utopia. Dall’ 11 ottobre, in partenza anche i corsi di francese gratuiti per adulti e bambini.

 

ALTRE NOVITÀ 

Altre attività, temi e collaborazioni arricchiscono il programma. A settembre in arrivo il Festival delle Migrazioni (19 – 24 settembre),  il Festival delle piccole storie della Rete Italiana di Cultura popolare sul tema “cittadinanza” (28-30 settembre) e La settimana del lavoro off a cura di Ismel (dal 27 settembre al 6 dicembre). A ottobre, a cura del Centro Internazionale di Studi Primo Levi, il primo passo verso il Primo Levi LAB, un luogo di incontro interattivo e permanente in via Maria Vittoria 38 che inaugura con una a mostra a Levi dedicata, più eventi fino a giugno 2024. L’arte si schiera contro la violenza di genere con lo spettacolo “Rosso Indelebile” in arrivo a novembre in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Lo sport e la politica sono protagonisti del libro di Loris Caruso “La vita in campo sparisce dedicato a Diego Armando Maradona il 12 ottobre. Da ottobre, alla luce delle prossime elezioni europee e dell’alto tasso di astensione, il Centro Einstein di Studi Internazionali (CESI) propone un percorso di accompagnamento al voto. Anche divulgazione scientifica con i “GiovedìScienza” in programma dal 15 novembre. In ultimo, ad anticipare tutte le novità della stagione autunno-inverno, il 2 agosto, attesissima la visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Polo.   

 

Il programma autunno-inverno del Polo è in continuo aggiornamento al sito www.polodel900.

 

1943-1945 / 2023-2025

Ottantesimo della Resistenza

Polo del ‘900

 

Perché continuare a parlare oggi, a ottant’anni di distanza, della Resistenza?

Perché è da quell’esperienza – molteplice, difficile, affascinante – che sono nate le regole della nostra democrazia. Perché attraverso quell’esperienza, un Paese che ha inventato il fascismo e il suo sistema di potere – caratterizzato dalla repressione del dissenso e al tempo stesso da una costruzione moderna del consenso, dall’uso della violenza come strumento della politica e del dominio, dalla discriminazione e dall’esclusione – ha saputo rifondare le basi del suo vivere civile attraverso un documento di grande respiro politico e umano come la Costituzione. 

Serve ancora oggi comprendere e ricordare la Resistenza perché ne sono stati protagonisti donne e uomini che, nel momento più buio, hanno avuto la forza di disobbedire, di scegliere e di agire, di costruire con impegno un nuovo orizzonte etico e politico, di trasformare le difficoltà in opportunità. 

Le motivazioni individuali che allora hanno spinto i protagonisti a partecipare alla guerra di Liberazione pongono a ciascuno di noi un interrogativo esistenziale: come si reagisce quando il mondo in cui si è vissuti crolla, quando scompare ogni certezza, quando la vita stessa e il suo significato vengono messi in discussione? Una generazione educata all’obbedienza e con pochi strumenti per leggere un presente tremendamente complesso si è trovata di fronte alla necessità di combattere, di provare a rispondere a interrogativi e problemi nuovi, e lo ha fatto in forme e modi diversi. Soprattutto, uomini e donne impegnati nella Resistenza sono stati capaci di saldare speranze, aspettative e progetti in un orizzonte collettivo. Sono stati capaci di sognare un futuro per tutti. 

Oggi è importante ripartire da quella storia perché i principi e i valori che allora hanno animato le persone anche al di là delle appartenenze nazionali, ancora ci interpellano, come individui, come cittadini italiani, dell’Europa e del mondo, che quella storia la vogliono raccontare ancora.

 

Il progetto

Il Polo del ‘900 e i suoi enti partner propongono alla Città di Torino un progetto che ha l’intento di mettere al centro delle iniziative culturali della Città gli eventi, i protagonisti e il lascito della Resistenza. È una scelta che scaturisce direttamente dal patrimonio documentario sull’antifascismo e sulla Resistenza che essi custodiscono, un giacimento ricchissimo e senza uguali di fonti originali della più diversa natura (documenti, fotografie, filmati, interviste, manifesti). Le prime indicazioni di progetto, proposte dall’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” (sviluppando un’idea di Barbara Berruti, Chiara Colombini, Carlo Greppi, Bruno Maida, Enrico Miletto, componenti del comitato scientifico dell’Istituto) sono state discusse e approvate dal gruppo di lavoro individuato all’interno del Polo e composto da Unione culturale, Archivio nazionale cinematografico della Resistenza,  Fondazione Istituto Antonio Gramsci, Centro studi Piero Gobetti, Centro studi Primo Levi, Fondazione Donat-Cattin, Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, Fondazione Vera Nocentini, Anpi. Tali indicazioni si articolano su tre anni, dal 2023 al 2025.

Si intende individuare per ogni anno dal 2023 al 2025 una parola-chiave (un verbo all’infinito) che, cogliendo gli elementi essenziali del contesto degli anni 1943, 1944 e 1945, permetta di definire una cornice di senso capace di collegare il passato al presente, di tenere insieme la riflessione storiografica al dibattito culturale e civile. Ciascuna parola-chiave, pur legata a date o questioni specifiche del calendario del 1943-1945, consente di riattraversare tutti quei 20 mesi.

Per il 2023, pensando sia alla data cruciale dell’armistizio dell’8 settembre 1943, che segna l’inizio della Resistenza, sia agli scioperi del marzo di quell’anno – i primi dopo vent’anni di dittatura – che anticipano la lotta di Liberazione, la parola-chiave è “disobbedire”. 

Disobbedire aiuta ad affrontare una serie di temi che intersecano anche la celebrazione del ventennale del Museo diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra, dei diritti e della libertà. In particolare, nel momento in cui cominceranno ufficialmente le celebrazioni dell’Ottantesimo sarà allestita la mostra personale di Zehra Dogan, giornalista, artista e attivista curda di cittadinanza turca. 

 

Per il 2024, considerando che il 1944 è l’anno in cui la Resistenza di radica e si sviluppa, arrivando al picco della “grande estate partigiana” e all’esperienza delle zone libere, per poi attraversare la dura crisi invernale successiva al proclama Alexander, la parola-chiave è “combattere”. Una parola che però non vuole alludere soltanto alla Resistenza armata: si combatte con le armi e senza le armi, con gli scioperi che proseguono nelle fabbriche (a partire da quelli del marzo 1944) e con azioni di Resistenza civile.

 

Per il 2025, facendo riferimento alla Liberazione, la parola-chiave è “sognare”, un termine che ricomprende le attese e le speranze di futuro, come anche i disincanti e le delusioni per i desideri di giustizia frustrati, e al tempo stesso i progetti politici perseguiti per la nuova Italia democratica da costruire che conducono alla Costituzione.

 

Per ogni parola-chiave, una lectio magistralis con relatori e relatrici di alto profilo e di rilevanza internazionale (storici e storiche ma anche sociologi e sociologhe, antropologi e antropologhe, politologi e politologhe ecc.) propone un inquadramento generale e una riflessione sul tema prescelto, con riferimenti al 1943-1945 ma con lo sguardo rivolto tanto all’intero Novecento quanto all’oggi.  I testi delle lectio saranno poi pubblicati da un editore di scala nazionale raccolti in un cofanetto dedicato all’Ottantesimo.

 

La lectio è l’elemento-quadro costante, accompagnato di volta in volta da iniziative diverse le une dalle altre (es. lectio+convegno; lectio+podcast; lectio+mostra; lectio+rassegna cinematografica), variando i linguaggi sulla base del pubblico che ci si propone di raggiungere. 

 

In questo modello possono così trovare spazio e al tempo stesso coordinamento proposte di eventi e di dibattito in grado di restituire la complessità delle anime della Resistenza e delle sensibilità culturali e politiche che vi si richiamano.  Il programma è immaginato come un crescendo che abbia il suo culmine nel 2025, con un coinvolgimento il più esteso possibile della cittadinanza, con iniziative capaci di animare gli spazi pubblici.

 

Parole chiave 

1943-2023 

  • disobbedire 

1944-2024

  • combattere 

1945-2025

  • sognare

 

1943-1945 

Le iniziative per l’Ottantesimo avranno l’avvio ufficiale l’8 settembre 2023, nell’anniversario di quell’armistizio tra il Regno d’Italia e gli angloamericani al quale, dopo la fuga del re e di Badoglio al Sud, seguono il crollo dello Stato e lo sbandamento dell’esercito, ma che al contempo rappresenta l’inizio della Resistenza. 

 

Settembre 2023

Venerdì 8 settembre 2023, inaugurazione dell’Ottantesimo

Disobbedire, lectio magistralis di Giuseppe Filippetta

 

Data, Orario | Luogo (indicando in ordine l’indirizzo e la sede)

8/09/2023 ore 18,30 – Sala 900, Palazzo San Daniele, piazzetta Antonicelli
Titolo evento 8 settembre 1943: Disobbedire 

Tipologia (scegliere tra proiezione, spettacolo, concerto, incontro, mostra).

Lectio magistralis

Descrizione evento (max 500 battute)

Lectio magistralis di Giuseppe Filippetta sull’8 settembre 1943, data che segna l’inizio della Resistenza. Si inaugura con questa lectio il triennio dedicato all’ottantesimo della Resistenza, Per ogni anno dal 2023 al 2025 una parola-chiave (un verbo all’infinito) coglie gli elementi essenziali del contesto degli anni 1943, 1944 e 1945 e permette di definire una cornice di senso capace di collegare il passato al presente, di tenere insieme la riflessione storiografica al dibattito culturale e civile. La prima parola-chiave è “disobbedire” di cui viene condivisa una riflessione sul significato storico, politico ed etico. Ieri e oggi.


Relatori Giuseppe Filippetta, già direttore dell’archivio storico e della biblioteca del Senato della Repubblica italiana e autore di L’estate che imparammo a sparare. Storia partigiana della costituzione (Feltrinelli, 2018)

A cura di Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” – Fondazione Polo del 900.

Data, Orario | Luogo (indicando in ordine l’indirizzo e la sede)

26/10/2023 Galleria delle immagini, Palazzo San Celso, piazzetta Antonicelli 

Titolo evento: Gli internati militari italiani (titolo provvisorio)

Tipologia (scegliere tra proiezione, spettacolo, concerto, incontro, mostra).

Mostra 

Descrizione evento (max 500 battute)

Le iniziative dell’ottantesimo proseguono con una mostra dedicata agli Internati Militari Italiani (IMI), la cui disobbedienza è all’origine di una delle molte forme che la Resistenza italiana ha assunto tra il 1943 e il 1945. Una mostra che riflette e racconta valorizzando gli oggetti e le raccolte documentarie custodite negli archivi di Istoreto, Istituto di studi Gaetano Salvemini, Archivio nazionale cinematografico della Resistenza. Sono previste proiezioni, visite guidate per la cittadinanza e per le classi. 

Crediti: a cura di Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” (Istoreto), Istituto di studi Gaetano Salvemini, Archivio nazionale cinematografico della Resistenza.

 

Data, Orario | Luogo (indicando in ordine l’indirizzo e la sede)

30/10/2023 – Sala 900, Palazzo San Daniele, piazzetta Antonicelli

Titolo evento: In memoria di Alessandro Galante Garrone

Tipologia (scegliere tra proiezione, spettacolo, concerto, incontro, mostra).

Spettacolo e presentazione

Descrizione evento (max 500 battute)

A vent’anni dalla morte di Alessandro Galante Garrone, figura di spicco della Resistenza, magistrato, storico e protagonista del dibattito culturale dell’Italia repubblicana, l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea di cui fu uno dei fondatori, lo ricorda in due momenti.

Una lezione recitata scritta da Leonardo Casalino con Diego Coscia, in una produzione della compagnia teatrale Lo Stagno di Goethe, che ne ripercorre la vita e l’insegnamento; il volume: Alessandro Galante Garrone, Per l’eguaglianza e la libertà, a cura di Paolo Borgna, Francesco Campobello e Massimo Vogliotti con un saggio introduttivo di Paolo Borgna (Einaudi, 2023). 

 

Crediti: a cura di Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” (Istoreto), Lo stagno di Goethe, Polo del ‘900

 

Dov’è finito papà? Una serata con Assemblea Teatro in memoria di Willy Jervis

Sabato 5 agosto, alle ore 21, la piazza Jervis di Villar Pellice (TO) in occasione della serata in memoria di Willy Jervis, ingegnere olivettiano e antifascista, alpinista e partigiano di Giustizia e Libertà, fucilato dai nazisti nella notte tra il 4 e il 5 agosto 1944, ospiterà la pièce di Assemblea Teatro dal titolo Dov’è finito papa?. Uno spettacolo per chi resta. La rappresentazione nasce da un percorso civile di Renzo Sicco con Arturo Gerace, Elena Cavallo e Tiziana Catalano. La regia è dello stesso Sicco con musiche di Ryuichi Sakamoto e Peter Gabriel. L’evento è promosso anche dalla municipalità di Villar Pellice. “Sebbene, in queste ultime ore, con la conclusione della vicenda di oppressione, ingiusta accusa e carcerazione in Egitto, la vicenda di Patrick Zaki si sia felicemente conclusa, con gioia di tutti noi – dicono ad Assemblea Teatro – sono ancora troppi, nel mondo, i giovani come Patrick, che hanno sofferto, e come Giulio Regeni, Mahsa Amini, Mohsen Shekari che, per la libertà e la democrazia, hanno perduto la loro vita. A tutti loro ed ai troppi giovani scomparsi in Egitto, Iran, e nei conflitti di Siria, Ucraina, Africa, alle loro madri, ai padri e ai parenti tutti, è offerta la nostra memoria e il nostro impegno”. È così che è stato creato Dov’è finito papà?, un vero “spettacolo per chi resta”, la storia del piccolo Giulio (un nome non a caso..) al centro del racconto. È un bambino normale con una vita normale di una famiglia benestante, ma basta un istante perché la sua vita e quella della sua famiglia precipitino nel caos. Mentre sta giocando in camera nella sua casa, una pattuglia sequestra il padre che scomparirà nel nulla per sempre. Oltre al terrore si innestano diverse altre dinamiche che sfaldano decisamente l’intera famiglia. Il dolore, la confusione, lo sgomento, a volte uniscono, il più delle volte dividono le comunità. La paura è costruita apposta, per recidere tutti i legami sociali e così anche i vincoli affettuosi più forti cedono di fronte alla necessità di ognuno di trovare la propria soluzione al dramma. Resta la domanda “dov’è finito papà?” perché, anche dopo, quando è ormai certa la sua morte, scomparso il corpo, non esiste lutto, non esiste una elaborazione della giustizia. Non bisogna andare troppo lontano per trovare Paesi dove la perdita di ogni diritto umano e il potere di sopraffazione sui corpi provocano uragani di questo tipo. La storia simbolica di giovani eroi laici, in una sera in cui si fa memoria di un altro eroe del passato democratico e repubblicano italiano: William Jervis, più noto come Guglielmo o come Willy. I legami della famiglia Jervis con la Val Pellice sono stretti. Il nonno di Willy, un importante geologo britannico che come lui si chiamava William Paget Jervis, aveva sposato una donna valdese di Torre Pellice, Susanna Laura Monastier. Anche Thomas Jervis, il padre di Willy, pur vivendo abitualmente a Milano, era frequentemente in visita alle valli valdesi”. Guglielmo Jervis studiò a Torino, Firenze e al Politecnico di Milano dove si laureò in ingegneria nel 1925. Attivo nel movimento giovanile valdese, Jervis collaborò alla redazione della rivista Gioventù Cristiana e nel 1932 sposò una ragazza fiorentina conosciuta a Torre Pellice, anch’essa valdese, Lucilla Rochat. Nel 1934 il giovane ingegnere passò alle dipendenze della Olivetti. Dopo un breve incarico come direttore della filiale di Bologna, Adriano Olivetti lo chiamò nella sede di Ivrea, affidandogli il compito di pianificare e coordinare la formazione professionale degli operai meccanici della prestigiosa fabbrica di macchine per scrivere. Intelligente, schivo, riservato e, al tempo stesso, estremamente concreto e dinamico, l’ingegner Jervis nutriva una grande passione per l’alpinismo. Amava le montagne, le ascensioni in roccia e fece parte del Club Alpino Accademico Italiano, la sezione d’eccellenza del sodalizio, il fiore all’occhiello del CAI, formato da alpinisti che si erano distinti per le loro imprese sportive. Deciso oppositore del fascismo dopo l’armistizio dell’8 settembre fu tra i primi a organizzare la resistenza armata nella zona di Ivrea. Mettendo a frutto la sua abilità alpinistica e la conoscenza delle lingue, accompagnò più volte gruppi di profughi ebrei e di sbandati in Svizzera, dove entrò in contatto con esponenti dell’esercito e dei servizi segreti militari inglesi dell’OSS che gli affidarono importanti missioni di collegamento con i partigiani italiani. Ricercato da fascisti e nazisti, Jervis raggiunse Torre Pellice e le valli valdesi dove proseguì l’attività partigiana assumendo il nome di battaglia di “Willy” diventando Commissario politico delle formazioni piemontesi di “Giustizia e Libertà”. Dopo essere stato catturato e torturato venne portato a Villar Pellice e fucilato sulla piazza che oggi, in memoria del suo sacrificio, ne porta il nome. Il corpo di Willy Jervis, a spregio e monito, fu poi impiccato a un albero. Il giorno dopo, sul luogo dell’esecuzione, fu ritrovata la Bibbia tascabile che portava sempre con sé sulla quale aveva inciso con uno spillo l’ultimo suo pensiero: “Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un’idea”. Dopo la sua morte, considerando il suo ingegnere un “caduto sul lavoro”, Adriano Olivetti si offrì di mantenere la famiglia di Jervis, chiedendo alla vedova “l’onore di provvedere” a lei e ai figli. Nel 1950 Jervis venne decorato alla memoria con la medaglia d’oro al valor militare. Ecco dunque il valore della scelta di Assemblea Teatro di onorare la memoria di Willy e di tutti i giovani che, nel mondo, cercano di diradare le cupezze (guerre, carestie, crisi climatiche, economiche e democratiche) che il futuro, per ora, sembra continuare a riservarci.

Marco Travaglini