Sino al 31 dicembre Radio Monte Carlo è l’emittente ufficiale del circuito delle Residenze Reali Sabaude grazie alla collaborazione nata tra Turismo Torino e Provincia e l’emittente radiofonica del Gruppo RadioMediaset.
La partnership prevede una serie di attività on air, on field, digital & social per tutto l’anno per la promozione del circuito delle Residenze Reali Sabaude del Piemonte, Patrimonio Unesco dal 1997.
Tra le varie attività si evidenzia la programmazione da parte di Radio Monte Carlo di una serie di appuntamenti gioco on air per raccontare le diverse experience da vivere sul territorio: dalla Merenda Reale, il rito tanto amato da Casa Savoia a base di cioccolata calda o Bicerin abbinata alla pasticceria artigianale da assaporare in alcuni locali e caffè storici all’Aperitivo in Basilica proposto dal tour operator Il Mondo In Valigia; da Una notte a Palazzo Reale proposto da Somewhere Tours & Events al Royal Pass, il pass che consente di accedere gratuitamente al circuito delle Residenze Reali Sabaude di Torino e del Piemonte.
“Siamo certi – sottolinea Guido Curto, Direttore Generale del Consorzio Residenze Sabaude – che l’attività con Radio Monte Carlo garantirà un’importante visibilità alle 16 Residenze Reali del Piemonte, attraverso la promozione del biglietto unico “Royal Pass” e delle tante attività che il sistema esprime nel corso di tutte le stagioni. Ringraziamo Turismo Torino e Provincia per la consueta collaborazione nella promozione e valorizzazione del patrimonio culturale piemontese“.
“Grazie alla media partnership con Radio Monte Carlo iniziata nel 2022 – sottolinea Marcella Gaspardone, Dirigente Turismo Torino e Provincia – le Residenze Reali Sabaude del Piemonte saranno le protagoniste di un’importante comunicazione che permetterà ai radioascoltatori di vivere bellissime esperienze”.
I programmi dell’emittente, il sito web (radiomontecarlo.net) e i social network di Radio Monte Carlo daranno ampio risalto alla collaborazione. Turismo Torino e Provincia, per contro, garantirà la visibilità del logo di Radio Monte Carlo su tutti i materiali previsti di comunicazione legati alle iniziative selezionate e all’interno dei 15 Uffici del Turismo presenti sul territorio e nelle location coinvolte; non mancherà il coinvolgimento dei canali social ufficiali dell’ATL (FB corporate, oltre 66.000 follower, FB Press più di 1.730, IG più di 63.600 follower, Linkedin oltre 11.000 follower, Tik Tok oltre 4.790 follower) e delle newsletter mensili previste nel periodo della partnership per supportare le iniziative selezionate.
“Questa è una partnership cui teniamo molto perché Radio Monte Carlo ogni giorno sceglie di valorizzare luoghi d’arte e di cultura italiani” – afferma Stefano Bragatto, direttore di Radio Monte Carlo – “La collaborazione con Torino Turismo e Provincia è pienamente coerente con la vocazione della nostra emittente e l’attenzione che quotidianamente poniamo nell’accompagnare chi ci segue alla scoperta del nostro amato Paese”.
A Santhia’ apre il museo del carnevale
Santhià celebra il carnevale più antico del Piemonte:
inaugura il 14 aprile il Carvè Museum, interamente dedicato alla manifestazione folclorica
Santhià, 8 aprile 2024 – È in programma domenica 14 aprile, alla presenza del Sindaco Angela Ariotti e del Presidente della Provincia Davide Gilardino, l’inaugurazione del Carvè Museum. La cerimonia, prevista alle ore 16.30 nello storico “Palazzo del Capitano” di via De Rege Como, 7 a Santhià (VC), sarà il momento clou della giornata di festa che prevede numerose iniziative di celebrazione. Un importante appuntamento per gli appassionati di cultura e folklore locale perché il museo è interamente dedicato alla storia della più famosa manifestazione cittadina: il Carnevale più antico del Piemonte attestato fin dall’anno 1093.
Il Carvè Museum è un museo didattico che si sviluppa al primo piano e, grazie a un ricco assortimento di materiale originale e ricostruzioni artigianali, farà conoscere ai visitatori tutto quanto c’è da sapere su una festa che ha quasi mille anni di storia e colloca Santhià nel solco delle grandi tradizioni carnascialesche europee. Un viaggio unico nel suo genere alla scoperta di un’usanza che affonda le sue radici nella notte dei tempi, un inno alla libertà sorto – a seconda delle interpretazioni – per festeggiare la fine della tirannia, la celebrazione di un matrimonio ostacolato dai potenti locali, la scampata paura della fame. Un fenomeno collettivo capace di richiamare nell’edizione 2024 della manifestazione 40.000 turisti, 2.000 figuranti in maschera, una trentina di Compagnie del Carnevale e numerosi gruppi musicali.
Il Carvè Museum è stato realizzato grazie al finanziamento ottenuto dalla Direzione Generale dello spettacolo del Ministero della Cultura per i carnevali storici del 2023 e collocato all’interno dell’antica casa tardo-quattrocentesca denominata “Palazzo del Capitano”, che ospiterà anche la nuova sede della Pro Loco di Santhià. Quasi un ritorno alle origini per l’associazione, che ebbe qui la sua sede dal 1978 al 1986, che potrà contare su una struttura totalmente rinnovata oggetto di un profondo intervento di restauro reso possibile dall’opera del mecenate Alessandro Caprioglio.
“Con grande emozione invito tutti quanti a partecipare a questo importante appuntamento, che mi porta a ricordi lontani, ma che nello stesso tempo ci proietta verso nuove avventure” dichiara il Presidente della Pro Loco Fabrizio Pistono. “Come i visitatori potranno vedere, al piano rialzato della nuova Sede della Pro Loco si potranno ammirare le opere più significative della nostra Galleria d’Arte Contemporanea; ma la vera novità è al primo piano, dove si potrà ammirare il Carvè Museum, la cui realizzazione è stata affidata a veri maestri d’arte e di scenografia, quali la Ditta Garavaglia di Cinisello Balsamo specializzata in grandi scenografie, e a Gianni Franceschina in collaborazione con la ditta Fornace di Castellamonte. Lo abbiamo fortemente voluto e credo sarà una bellissima sorpresa, un vero museo didattico, dove si vivranno tutti i momenti del nostro Carnevale, con le sue antiche tradizioni”.
Il taglio del nastro sarà il culmine di una giornata di celebrazioni in grande stile che coinvolgeranno tutta Santhià, con un ampio programma di iniziative pubbliche dedicate alla cittadinanza e agli ospiti che vorranno cogliere l’occasione per visitare il borgo. Il fitto programma prenderà il via alle ore 15.00 con il corteo storico lungo Corso Nuova Italia che vedrà la Banda Musicale Cittadina, la Banda Musicale I Giovani, il Corpo Pifferi e Tamburi e lo Stato Maggiore Napoleonico sfilare insieme ai Cavalieri e Falconieri del Conte Verde fino in Piazza Roma. Al termine dell’esibizione ci si sposterà al Palazzo del Capitano dove, dopo la cerimonia di inaugurazione del Carvè Museum e della nuova Sede della Pro Loco, si terrà il convegno “Amedeo di Savoia, il Conte Verde”, a cura dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon. La festa terminerà con un assaggio gratuito della famosa panissa santhiatese, il gustoso piatto tipico del territorio a base di riso e fagioli.
“Su le dentate scintillanti vette salta il camoscio, tuona la valanga da’ ghiacci immani rotolando per le selve croscianti :ma da i silenzi de l’effuso azzurro esce nel sole l’aquila, e distende in tarde ruote digradanti il nero volo solenne. Salve, Piemonte! A te con melodia mesta da lungi risonante, come gli epici canti del tuo popol bravo,scendono i fiumi…”.
Chi non l’ha imparata a memoria e recitata a scuola questa poesia? Secondo alcuni esperti di storia della letteratura, i versi dell’ode “Piemonte” vennero composti da Giosuè Carducci durante il suo soggiorno al Grand Hotel di Ceresole Reale nel luglio del 1890.
Nato a Valdicastello, una frazione di Pietrasanta, nella Versilia lucchese, il 27 luglio 1835, il poeta e scrittore, fortemente legato alle tematiche “dell’amor patrio, della natura e del bello”, fu il primo italiano – nel 1906 – a vincere il Premio Nobel per la Letteratura. Questa la motivazione con la quale gli venne assegnato, vent’anni prima di Grazia Deledda, l’ambito premio dell’Accademia di Svezia: “non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all’energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica”. Giosuè Carducci morì un anno dopo, il 16 febbraio 1907, all’età di 72 anni, lasciando alla cultura italiana una vasta produzione di poesie, raggruppate in diverse raccolte: dagli “Juvenilia” fino ai lavori della maturità. Tra questi ultimi si distingue in particolare la raccolta “Rime nuove”, composta da 105 poesie, tra cui sono contenuti i versi più conosciuti dell’autore, presenti in “Pianto antico” ( “L’albero a cui tendevi la pargoletta mano..”) e “San Martino” (“La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar;ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l’aspro odor dei vini l’anime a rallegrar..”).
Nella sua produzione non mancano anche alcuni lavori in prosa, tra cui la raccolta dei “Discorsi letterari e storici” e gli scritti autobiografici delle “Confessioni e battaglie“. Alla notizia della sua morte – nella sua casa delle mura di porta Mazzini, a Bologna – la Camera del Regno ( Carducci, dopo essere stato a lungo Senatore del Regno era stato eletto alla Camera nel collegio di Lugo per il gruppo Radicale, di estrema sinistra) sospese la seduta. L’Italia intera vestì il lutto per la scomparsa del poeta che aveva cantato il Risorgimento. Durante i funerali, che si svolsero il 18 febbraio, i cavalli che portavano il feretro alla Certosa avevano gli zoccoli fasciati. Il cuore di Bologna, piazza Maggiore, e molte case private si presentarono parate a lutto. I fanali lungo il percorso vennero accesi e “guarniti di crespo“. La salma del poeta, fu “rivestita dalle insegne della massoneria, alla quale fu affiliato, e molti massoni partecipano alle esequie”. Pochi giorni dopo la casa e la ricca biblioteca del poeta vennero donate dalla regina Margherita al Comune di Bologna.
Marco Travaglini
Il Torino Club “Giorgio Ferrini” di Giovanni Rosso
Vercelli tra risaie, arte e gastronomia
Il prezioso e singolare passaggio per il Piemonte.
E’ tra le città che Dante ha citato più spesso nella Divina Commedia ricordandola per la ricchezza del suo armonioso e suggestivo paesaggio, il Monte Rosa che la domina dall’alto, il “mare a quadretti” di risaie che orna i dintorni come un florido e umido tessuto, le ricchezze artistiche e architettoniche di coinvolgente bellezza.
Stiamo parlando di Vercelli, la porta di accesso al Piemonte dallavicina Lombardia, probabilmente celtica di origine, Wehr-Celt il suo antico nome, deliziosa città densa di bellezze , di misurata e gentile atmosfera.
L’ho visitata di domenica, una gita in giornata da Torino per celebrare la fine del lockdown e immergermi nuovamente in questa regione meravigliosa che è il Piemonte. La sensazione è stata di sospensione onirica, di una realtà d’altri tempi, forse per i suoi borghi silenziosi, per la sobrietà e l’eleganza che la caratterizzano, per la dovizia di tracce e sigilli storici.
Oltre che per la sua piacevole frugalità Vercelli è nota per importanti impulsi sociali ed economici. L’appellativo di “citta delle 8 ore” le è stato conferito per il limite ad otto ore lavorativeche si concesse alle mondine sancito successivamente a livello nazionale, è la capitale europea del riso, con una propria Borsa del Riso e la Stazione Sperimentale di Risicoltura e delle Coltivazioni irrigue; viene inoltre gloriosamente chiamata “la città dei 7 scudetti” grazie alle conquiste sportive del Pro Vercelli tra il 1908 e il 1922.
Arrivando si intuisce subito che ci si addentra in un territorio unico e prezioso ma forse poco conosciuto e sottovalutato livello turistico cosa che credo si debba prontamente rettificare, Vercelli e i suoi dintorni sono certamente da visitare.
Come ci ha suggerito la guida ci dirigiamo subito a Piazza Cavouressenza del centro storico dalla forma a trapezio, luogo di incontri e del mercato bisettimanale, dedicata allo statista che fu uno dei maggiori promotori della risicoltura con la realizzazione di opere dedicate come il Canale Cavour e l’istituzione dell’Associazione Ovest-Sesia. Diversi sono i locali dove mangiare e godersi lo scenario urbano costituito dagli edifici più antichi della città, i portici e la leggendaria Torre dell’Angelo. Non lontano , a Via Foà, troviamo la Sinagoga, opera dell’architetto Giuseppe Locarni, una bellissima espressione di arte moresca in pietra arenaria decorata da merlature, torri e cupole a cipolla e la Chiesa di San Cristoforo, denominata la Cappella Sistina di Vercelli, che lascia senza fiato con i suoi meravigliosi dipinti del ‘500 di Gaudenzio Ferrari. A pochi passi Piazza di Palazzo Vecchio, conosciuta anche come Piazza dei Pesci per il mercato ittico che vi si teneva, ma soprattutto il “broletto” della città dove, nelMedioevo, si radunava il popolo.
Nella direzione opposta si trovano il Duomo dedicato al Patrono della città, Sant’Eusebio, che domina la verde e omonima piazza;più volte distrutto e ricostruito la struttura attuale è stata edificata tra il 1500 e il 1800, l’importante campanile risale invece al XII secolo. All’interno troviamo
un imponente crocifisso in legno e oro realizzato nell’anno mille e la cappella con le spoglie del santo. Uscendo dalla Cattedrale vale la pena di dare uno sguardo esterno al Castello Visconteo che fu residenza sabauda, alloggio militare, e attualmente tribunale e carcere.
A pochissimi passi spicca la Basilica di Sant’Andrea, meraviglioso esempio di architettura gotica e romanica completata nel 1227. Simbolo della città, ci meraviglia con la sua bellezza e maestosità; percorriamo il suo perimetro esterno e poi entriamo a visitare la chiesa e il pacifico chiostro. Uscendo troviamo il Salone Dugentesco ex ospedale militare che ospitava pellegrini e viandanti che percorrevano la via Francigena, di cui Vercelli è la decima tappa fino a Robbio; sul lato esterno si può leggere la targa con un passo della Divina Commedia dedicato alla città.
A Vërsèj, in dialetto piemontese, diversi sono i musei da visitare: sicuramente la Casa-Museo Borgogna, seconda pinacoteca della regione, che vanta numerose opere d’arte collezionate da AntonioBorgogna appunto, viaggiatore e amante dell’arte, Il piccolo Museo dell’Opera del Duomo, il Museo Leone risalente ai primi del 1900 presso la Casa Alciati e il barocco Palazzo Langosco, cheospita una collezione varia: armi preistoriche, corredi di tombe egizie, vasi etruschi, mosaici medievali, porcellane, quadri di epoca moderna e il MAC – Museo Archeologico Civico L. Bruzzadove sono raccolti reperti archeologici “moderni” che ripercorrono il periodo dalle origini della città fino al Medioevo.Davvero interessante è l’Arca, un polo espositivo contemporaneoin vetro e acciaio collocato nella navata centrale della chiesa di San Marco.
Svariate sono le visite che si potrebbero fare, anche nei dintorni, sostando più giorni.
Consigliato a più voci è il giro delle risaie in bici, soprattutto quando sono allagate in aprile e maggio, (sicuramente evitando l’estate piena per non godere della compagnia di numerose e fastidiose zanzare), il Sacro Monte di Varallo, Valduggia e la chiesa di San Giorgio.
Un altro validissimo motivo per visitare questo luogo delizioso è l’arte culinaria. Fare un salto alla pasticceria Follis per comprare i bicciolani, i biscotti speziati, è una tappa obbligata come fare colazione o merenda alla Pasticceria Tarnuzzer per gustare la torta tartufata. Il piatto tipico di Vercelli è la Panissa, ma anche il risotto alla Gattinara, il vino che profuma di viola, è notevole! E ancora le patate masarai, la toma valsesiana e i fagioli rossi di Saluggia. Da bere? Dei buonissimi Gattinara, Bramaterra, Coste della Sesia ed Erbaluce.
Quando deciderete di visitare questa bellissima città e i suoi dintorni verificate gli orari di apertura e chiusura delle chiese, dei musei e delle attrazioni in genere, soprattutto nel weekend alcune di queste chiudono alle 12.
Per informazioni www.atlvalsesiavercelli.it
MARIA LA BARBERA
Esiste un sottile fil rouge tra una località turistica come Forte dei Marmi e la città di Torino, creato dalla mostra che il Museo Egizio allestirà al Forte Leopoldo I quest’estate, dal titolo “Gli Egizi e i doni del Nilo”, curata da Paolo Marini, a sua volta curatore e coordinatore scientifico delle mostre itineranti del museo. Promossa dalla Fondazione Villa Bertelli e dal Comune di Forte dei Marmi, la mostra sarà inaugurata giovedì 1 agosto prossimo dal Sindaco di Forte dei Marmi Bruno Murzi, dal Presidente di Villa Bertelli Ermindo Tucci e dal Direttore del Museo Egizio Christian Greco, e si concluderà il 2 febbraio 2025.
Si tratta, per il Museo, della prima e unica mostra itinerante, in occasione di un anno di ristrutturazioni della sede torinese dedicate al bicentenario della sua fondazione. L’importanza di questa mostra coincide anche col fatto che il 26 aprile prossimo si celebreranno i 110 anni dalla nascita del Comune di Forte dei Marmi.
“Gli Egizi e i doni del Nilo” proporrà un viaggio nel tempo alla scoperta dell’antica civiltà nilotica in 24 reperti che risalgono dall’epoca predinastica del 3900 – 3000 a.C. all’età greco-romana(332 a.C. – 395 d.C.). Vasi, stele, amuleti e papiri, oltre alla maschera funeraria di età romana (30 a.C. – 395 d.C.), una riproduzione del volto del defunto realizzata in cartonnage e destinata alla protezione magica della mummia, offriranno al pubblico un’idea del museo più antico al mondo, l’Egizio di Torino, dedicato alla civiltà sviluppatasi sulle rive del Nilo. Proprio nell’autunno 2024 il Museo Egizio, che custodisce circa 40.000 reperti, di cui 12.000 in esposizione, celebrerà il suo bicentenario. La mostra di Forte dei Marmi rientra tra le iniziative che, nel corso dell’anno, celebreranno questo importante traguardo, non solo a Torino. Tra i reperti in mostra un tipico modellino di imbarcazione dei corredi funerari del primo periodo intermedio (2118 – 2180 a.C.), in legno stuccato e dipinto, decorato con la coppia di occhi udjat a protezione dello scavo. Queste imbarcazioni, in genere, rappresentano il viaggio del defunto verso la città sacra di Abido. Dalla galleria della cultura materiale del Museo Egizio proviene il set completo di vasi canopi in alabastro di Ptahhotep, vissuto durante il Terzo Periodo Intermedio (1076 – 722 d.C.). I 4 vasi sono chiusi da coperchi che ritraggono i Figli di Horus, con teste zoomorfe, utilizzati per conservare gli organi del defunto. Il percorso espositivo verrà arricchito da infografiche e installazioni multimediali, con approfondimento storico/scientifico sui reperti di diversi periodi storici. Sarà anche presentata una riproduzione digitale in 3D della monumentale statua di Ramesse II, uno dei reperti singoli del Museo Egizio, considerato inamovibile. In preparazione una audioguida in italiano e in inglese con la voce dello scrittore fortemarmino Fabio Genovesi.
“Dopo una prima trasformazione del Museo Egizio, avvenuta nel 2015, oggi si appresta a vivere una nuova stagione di cambiamenti in occasione del suo bicentenario. Verranno effettuati lavori che porteranno alla ricollocazione dei reperti e a interventi strutturali di abbellimento, a cominciare dal cortile, che diventerà un vero e proprio ‘giardino egizio’ aperto al pubblico, con bar e bookshop annessi. In quest’ottica, proprio nell’anno del bicentenario, è nata la collaborazione col Comune di Forte dei Marmi e con la Fondazione Villa Bertelli – hanno dichiarato la Presidente del Museo Egizio Evelina Christillin e il Direttore Christian Greco”.
“Il Comune di Forte dei Marmi, per la prima volta in Toscana – ha dichiarato il Sindaco Bruno Murzi – ospiterà la mostra ‘Gli Egizi e i doni del Nilo’, a cura del Museo Egizio di Torino, prima realtà museale in Italia e seconda nel mondo, in grado di raccontare questa meravigliosa storia millenaria. Con fiera soddisfazione abbiamo messo a disposizione gli spazi del Forte leopoldino nel cuore del paese, dove sarà possibile visitare la mostra e altre iniziative capaci di far diventare la nostra città, per qualche mese, centro pulsante di storia e cultura al fianco di una realtà italiana che è vanto per l’intero Paese”.
“Per la Fondazione Villa Bertelli è un onore e una grande gioia – ha spiegato il Presidente di Villa Bertelli Ermindo Tucci – presentare questa prestigiosa mostra, che ci ha permesso di collaborare col Museo Egizio proprio nel bicentenario della sua fondazione. Forte dei Marmi è una realtà turistica che, seppur nota in Italia e nel mondo, non vanta una storia antica. Tuttavia deve il suo nome alla realizzazione del simbolo del paese, il Fortino, che è una struttura fortificata voluta da Leopoldo I Granduca di Toscana, nonno di Leopoldo II, finanziatore, congiuntamente a Carlo V di Francia, della spedizione franco-toscana in Egitto nel 1828, diretta dal grande egittologo francese Jean François Champollion e dal giovane collega italiano Ippolito Rosellini. Si tratta di un legame storico che si riallaccia in questa occasione e che passa anche da Lucca, nostro capoluogo di provincia, dove nel Museo di Storia Naturale ha trovato dimora una collezione egizia comprensiva, fra gli altri, di un sarcofago e di una mummia di donna e di bambino. Ospitare questa mostra è anche una sfida di rinnovamento dell’immagine di Forte dei Marmi non solo come meta turistica ma anche culturale e artistica”.
Mara Martellotta
Torino è la città del Liberty, si sa. Passeggiando per le belle ed eleganti vie della citta’, soprattutto nei quartieri di Cit Turin e di San Donato, e’ facile innamorarsi dei palazzi che rappresentano questo stile raffinato che, tra fine ‘800 e i primi del 1900, diede un tocco di gusto ai progetti urbani. Conosciamo bene i capolavori di Pietro Fenoglio come Villa Scott, Casa Lafleur, il Villaggio Leuman, ma anche le case popolari di Via Marco Polo e di Via Ravello. La citta’ della prima Esposizione di Arte Decorativa Moderna del 1902 ci regala scenari affascinanti e particolari unici e di pregio presenti non solo negli edifici residenziali ed industriali, ma anche nelle insegne, nelle vetrine dei negozi e dei caffe’.
Tra coloro che contribuirono alla realizzazione di queste palazzine e villini romantici e floreali, ornati da graziose minuzie, troviamo Giovanni Gribodo che visse a cavallo del 1800 e 1900. Ingegnere e architetto, laureato presso la Scuola di Applicazione di Torino, particolare che lo accomunava a Fenoglio, era anche un entomologo; un uomo dalle diverse passioni e interessi, dunque, dallo studio degli insetti, a cui si dedico’ di piu’ a fine vita, alla progettazione di residenze dal volto gentile.
I giri turistici della citta’ pianificano sempre piu’ percorsi dove queste belle opere edilizie del Liberty sono le protagoniste, ma passeggiare fuori dal centro ed ammirare questi veri e propri capolavori attira anche i cittadini che non si stancano di visitare le meraviglie affascinanti della loro Torino.
Tra gli edifici piu’ importanti realizzati da Giovanni Gribodo ne troviamo cinque solo a via Piffetti:
Cominciamo con il civico 3, la Palazzina Mazzetta con i suoi balconi in ferro dai disegni intrecciati su un fondo grigio che le da’ un tono austero; al numero 5, invece, c’e’ Casa Masino, un edificio in mattoni rossi caratterizzato dal balcone centrale che ospita due volti femminili in pietra. Le finestre sono decorate da fregi floreali come il bel portone d’ entrata. Al 7 scopriamo, con il suo stile un po’ fiabesco, una palazzina a due piani chiamata Pola-Majola come il suo committente, edificata nel 1907 che non ebbe speciali decorazioni come le altre, ma possiede un fascino particolare che ci riporta allo stile gotico. Le Palazzine, che si trovano al civico 10 e 12, sono probabilmente le piu’ famose opere di Gribodo, due villini magnifici decorati con un centrino di motivi naturalistici in pietra bianca, inferriate in ferro battuto, balconi e vetrate con particolari preziosi.
In via Belfiore 66, in zona San Salvario, si trova un altro edificio realizzato dall’ architetto Gribodo che fu un po’ dimenticato rispetto agli altri suoi colleghi che divennero piu’ noti. Si tratta di Casa Audiberti Mottura, una bella palazzina con balconi decorati e una scala interna con particolari vivaci e colorati. Nella zona della Crimea, sull’altra sponda del Po, lo stesso architetto ha studiato e costruito il Villino Giuliano, in via Luigi Gatti 17. Composto da tre piani, questa casa dai colori caldi, e’ caratterizzata da molti dettagli tipici all’Art Nouveau: immagini di fiori, pietra scolpita e disegni geometrici morbidi classici del periodo. Nel quartiere Cenisia, in via Perosa 56, c’e’ un piccolo edificio che rappresenta un esempio in miniatura del periodo Liberty: una piccola palazzina, con un portone davvero insolito, incastonata tra edifici piu’ moderni e dai toni delicati, chiamata Casa Bosco Tachis. Tornando al quartiere di San Donato non si puo’ rimanere indifferenti davanti ad edificio piu’ corposo e perfino possente dal nome Casa Cooperativa, un palazzo in mattoni rossi ornato con rose, foglie e con dei balconi caratterizzati da disegni che si ispirano ad un floreale piu’ moderno e tondeggiante. All’interno troviamo un meraviglioso scalone bianco e nero dalla forma ovoidale davvero suggestivo
A un’ora circa da Torino e precisamente a Coazze e’ si trova un’altra opera di questo fantasioso architetto: Villa Martini, divenuta poi Antonietta, dove il Liberty viene esaltato sia all’esterno, ma anche all’interno con i suoi mobili in stile. Questa casa, edificata al centro un bellissimo giardino, ebbe ospiti illustri come `Luigi Pirandello, il Conte Cavour e Vittorio Emanuele II.
MARIA LA BARBERA
Il Pci, una storia italiana
Nel gennaio del 1921, centotre anni fa, veniva fondato a Livorno il Partito Comunista Italiano. Una storia politica che terminò trentatré anni fa, il 3 febbraio 1991 quando, durante il suo XX° Congresso, la maggioranza dei delegati approvò la svolta della Bolognina voluta da Achille Occhetto e diede vita al Partito Democratico della Sinistra mentre la minoranza dissenziente scelse di costituire il partito della Rifondazione Comunista. Da tempo, ben oltre il centenario celebrato nel 2021, si sono svolte e si svolgono moltissime iniziative legate all’evento con convegni, celebrazioni, giornate di studio mentre moltissimi libri sono stati pubblicati e altri certamente arriveranno nelle librerie. L’originale vicenda dei comunisti italiani verrà analizzata, studiata e riproposta sotto varie angolature perché, in fondo, si tratta di una storia collettiva che per sette decenni nell’arco del ‘900 ha coinciso e si è sovrapposta a quella della nazione.
La lotta antifascista, la Resistenza, la Costituzione repubblicana, la costruzione della democrazia, le tante battaglie sociali e civili, una fitta rete di “buon governo cittadino” in tantissime amministrazioni comunali e regionali restano a testimonianza di quanto i comunisti siano stati “dentro” la storia di questo Paese e l’abbiano influenzata. Tra i tanti libri e le varie testimonianze una è particolarmente originale e s’intitola Voi personaggi austeri, militanti severi.., parafrasando il testo dell’Avvelenata, una delle più note canzoni di Francesco Guccini. L’autore del libro, edito qualche tempo fa dalla torinese Impremix Visual Grafika, è Marco Travaglini, un ex dirigente della sinistra piemontese. Nei ventisei racconti che riempiono le 128 pagine del libro ( l’ex ministro Livia Turco ne ha curato la prefazione) lo scrittore-giornalista – torinese d’adozione, nato a Baveno sulle rive del lago Maggiore – racconta le “storie di compagni che sapevano ridere anche di se stessi”. Dare conto di questa straordinaria e articolata vicenda umana, fatta di gesti generosi e impegno civile, così come di ipocrisie e di errori storici, momenti drammatici e un enorme sforzo pedagogico di massa non era un compito facile, soprattutto facendo la scelta di raccontare episodi che si propongono di strappare un sorriso. Storie, tra l’altro, che hanno come sfondo fatti reali.
In alcuni casi vissuti in prima persona dall’autore che è stato l’ultimo segretario provinciale del PCI della Federazione di Verbania (realtà della quale è stato praticamente coetaneo avendo entrambi visto la luce nell’autunno del 1957, quando si separò dalla realtà novarese) e, come tale, ha potuto viverne da protagonista una fase importante della storia e le successive evoluzioni. Quasi tutti i racconti si svolgono in Piemonte, tra l’Ossola, le terre delle risaie e il biellese, le terre dei laghi Maggiore e d’Orta, con qualche puntata nella lomellina pavese e sulla sponda magra del Verbano, in Lombardia. Dalle lotte operaie dell’acciaieria Cobianchi alle cene elettorali a base di polenta e coniglio in Valle Strona, dalle avventure di un comunista omegnese tra le risaie vercellesi a caccia dei voti dei monarchici al tempo della “legge truffa” alla strana bandiera che sventolò sulle Settimane musicali di Stresa, queste storie – ricche di situazioni grottesche generate perlopiù da malintesi- strappano sorrisi nel dar conto di una importante e per certi versi non comune vicenda umana. “Nei racconti cito vicende più o meno note, utilizzando solo una parte di una vasta casistica immagazzinata dalla memoria”, afferma l’autore. “Naturalmente, come insegnava Piero Chiara, quel che mancava a raggiungere l’effetto narrativo l’ho aggiunto. Del resto, nessuna realtà è buona per sé”. Apparentemente fatti “tutti d’un pezzo”, i protagonisti di questi racconti dimostrano – il più delle volte loro malgrado, inconsapevolmente – di non esser privi d’ironia. Sorridono, ammiccando a malintesi e disavventure di questo o quell’altro loro “compagno”.
Sono vicende, in gran parte tramandatesi oralmente e arricchitesi con il trascorrere del tempo fino a diventare sempre più grottesche e ironiche, modificandosi e ingigantendosi un poco come i pesci nei racconti dei pescatori. Storie romanzate ma sempre con un fondo di verità (con le opportune modifiche a nomi e cognomi) a riprova dell’umanità di quelle donne e quegli uomini che all’ombra della stessa bandiera hanno contribuito a fare la storia di un partito che è stato tanta parte della realtà politica e della società italiana. Livia Turco, già ministro e autorevole esponente di quello che un tempo fu il Pci di Berlinguer, oggi Presidente della fondazione Nilde Iotti, nella sua prefazione ha scritto: “il bel libro di Marco Travaglini ci consente di fare un tuffo in una storia bellissima, di incontrare la comunità dei comunisti italiani. Per raccontarla sceglie il modo più autentico ed efficace. Racconta le persone in carne ed ossa, i loro contesti di vita, la loro quotidiana normalità. Questa umanità generosa avrebbe dovuto molto di più entrare nella narrazione e nella rappresentazione dell’Italia. Sono convinta che l’idea e la pratica della politica raccontata in queste pagine sia non solo moderna, ma necessaria. In questa nostra società, in questo nostro tempo, ciò che alimenta le passioni tristi è la solitudine, la fragilità delle relazioni umane.
C’è bisogno di comunità e di compagnia”. Tutti i principali protagonisti di quelle vicende, ambientate negli anni dal primo dopoguerra agli anni ’80, hanno fatto parte di quel PCI voluto da Togliatti nel 1944 come un “partito nuovo” con l’obiettivo di trasformare l’ossatura clandestina e resistenziale dell’organizzazione comunista in un partito di governo, progressista e democratico. Una lunga storia testimoniata da documenti, congressi, atti parlamentari, campagne elettorali, libri – a partire dagli straordinari Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci – fino a quaderni della propaganda con i quali il partito organizzava la sua presenza nei territori e tra la gente. Travaglini sorride e ricorda la “Guida al segretario di cellula”, uno dei manuali per la propaganda capillare che riportavano, in copertina, le citazioni di Togliatti per definire la linea. Ne legge un brano: “..il Partito si sviluppa e si rafforza quando sa lavorare non soltanto per chiusi interessi di organizzazione e di gruppo, ma per gli interessi di tutto il popolo e di tutta la nazione”. I suoi anni sono stati però gli anni di Berlinguer, del colpo di stato in Cile e del compromesso storico, del rinnovamento culturale e politico del Pci a partire dalla “questione morale” (l’eccesso di occupazione dello spazio pubblico da parte dei partiti), della capacità de gli ultimi tempi della segreteria berlingueriana di immaginare una strategia fondata su una nuova lettura della società italiana.
Si coglie, tra le righe dei racconti, una lieve nota malinconica e qualche rimpianto non solo per gli anni più belli della gioventù. “ E’ vero. Per certi versi mi manca quel partito”, dice il giornalista e scrittore, ormai lontano dalla politica attiva. “Non era per nulla esente da difetti, anche seri; era certamente imperfetto ma al tempo stesso autentico, popolare, molto più vicino alle necessità delle persone di quanto non sia la politica oggi. Continuerà a mancarmi e sono certo che questo sentimento è comune a molti pur avendo coscienza che ciò che è stato fa parte della storia e va considerato con rispetto, senza indulgere in nostalgie”.
B.C.
Un video al giorno per celebrare la Resistenza
Dal 5 aprile saranno pubblicati online, sui canali social di Torinogiovani e dell’associazione Plurale, venti video sulla Resistenza per ricordare i luoghi e le vicende principali dei venti mesi di lotta di Liberazione.
L’idea è di celebrare la Resistenza per venti giorni, a partire da una data simbolica come il 5 aprile, la ricorrenza della fucilazione al Martinetto dei vertici del Comitato di Liberazione Nazionale Regionale Piemontese, fino al 25 aprile, il giorno della Festa della Liberazione.
I video sono stati realizzati dal regista torinese Stefano Di Polito in venti luoghi simbolici per la Resistenza a Torino e sono pubblicati sulla app Tellingstones in un itinerario alla scoperta dei posti in cui sono avvenuti i principali episodi della Liberazione.
Tra i venti luoghi la Casa Gobetti, Palazzo Campana, l’Albergo Nazionale, la Caserma Alessandro La Marmora, le Carceri Nuove, la Casa di Dante Di Nanni, il Poligono di tiro del Martinetto, il Cimitero Monumentale, le Officine FIAT Grandi Motori, il Museo Diffuso della Resistenza.
Ogni video contiene una descrizione degli eventi da parte di un giovane divulgatore Luca Zanotta, un ricercatore storico molto abile ad appassionare il pubblico in un minuto e mezzo sulla storia della Resistenza.
I video saranno pubblicati in ordine cronologico ripercorrendo gli avvenimenti della Resistenza, l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando in Torino entrarono i Tedeschi, le torture e le repressioni ai danni dei partigiani, gli scioperi operai, le deportazioni e la Liberazione della città, rendendo così omaggio a figure celebri come Ada e Piero Gobetti, Emanuele Artom, Dante Di Nanni, Antonio Banfo.
Il progetto Itinerari digitali sulla Resistenza è stato realizzato con il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte.
Commenta Daniele Valle, Vicepresidente del Consiglio Regionale e Presidente del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte: «Il progetto degli Itinerari Digitali sulla Resistenza corrisponde pienamente con la mission del Comitato, ovvero portare avanti un impegno non solo istituzionale ma culturale ed educativo, sui temi della Memoria e sui valori della Resistenza, che sono alla base della nostra Costituzione. Per questo in occasione delle date fondamentali del calendario civile, affianchiamo alle tradizionali commemorazioni istituzionali e ai momenti di approfondimento storico, eventi e iniziative che auspichiamo servano a coinvolgere le generazioni più giovani. La Festa della Liberazione è la festa di tutti gli italiani, è la celebrazione di tutti coloro che si sacrificarono per riscattare il nostro Paese e consentire a tutti noi di vivere in una democrazia».
«La Resistenza dovrebbe essere festeggiata ogni giorno – dichiara il regista Stefano Di Polito – sarebbe bello se molte persone condividessero tali video per venti giorni sui loro profili social e se i media decidessero di diffonderli per far conoscere a più persone possibile i valori e gli episodi della Resistenza. Inoltre sull’applicazione Tellingstones abbiamo pubblicato delle schede con riferimenti bibliografici che gli insegnanti potranno utlizzare liberamente per spiegare in modo coinvolgente la storia contemporanea nelle scuole elementari, medie e superiori».
Per informazioni sul progetto: associazioneplurale@gmail.com