STORIA

Un restauro che fa importante “memoria” della nostra storia

Presentato, in Palazzo Pralormo, il restauro del “Ritratto” del conte Saluzzo di Monesiglio, generale e grande chimico. Autore, Pietro Ayres?

Nato a Saluzzo nel 1734 e scomparso a Torino nel 1810, Giuseppe Angelo Saluzzo di Monesiglio fu uno dei più illustri esponenti militari, Generale di Artiglieria, del Regno di Sardegna, ma soprattutto un grande “chimico” (fra i primi studiosi italiani di chimica dei “gas”), co-fondatore, insieme a Joseph-Louis Lagrange e a Gianfrancesco Cigna, di quella “Società Privata Torinese” che, dopo aver acquisito il nome di “Società Reale” fu trasformata, grazie all’approvazione di re Vittorio Amedeo III, in “Accademia Reale delle Scienze” (25 luglio 1783), oggi al civico 6 – priva ovviamente del titolo di “Reale” – dell’omonima via, a Torino. Il suo nome, ancora oggi, è legato in modo particolare a un tipo di “bottiglia” di sua invenzione, la “bottiglia di Monesiglio”, usata nelle esperienze di “pneumatica” per lo studio dell’anidride carbonica, mentre la Città di Torino gli ha dedicato, fin dall’ ‘800, la “via Saluzzo” (nome e date si sono, in parte, perse nel tempo durante il periodo fascista) nel quartiere di San Salvario.

Dunque, il suo, è uno (e purtroppo in buona compagnia) dei grandi nomi della storia piemontese ingiustamente trascurato e raramente ricordato in tutto il suo prestigio e in tutta la sua valenza storico-sociale.

A farne doverosa e lodevole ammenda, è oggi l’“A.N.Art.I. – Associazione Nazionale Artiglieri d’Italia”, nella sua sezione torinese, cui si deve il progetto (approvato e sostenuto dallo “Stato Maggiore” dell’Esercito e dal “Ministero della Difesa”) che ha permesso di selezionare, tra la Collezione di dipinti dedicati ai personaggi militari di rilievo per la storia locale e conservati al “Museo Storico Nazionale di Artiglieria” di Torino, proprio l’ottocentesco “Ritratto” del Conte Giuseppe Angelo Saluzzo di Monesiglio, cui l’“Associazione” ha inteso dedicare un’importante “opera di restauro”.arte, storia

L’evento, rilevante sotto l’aspetto non solo storico ma anche artistico, è stato presentato nei giorni scorsi, presso il “Circolo Unificato dell’Esercito – Palazzo Pralormo” di corso Vinzaglio a Torino, alla presenza del Generale Luigi Cinaglia (Consigliere della Sezione Provinciale “A.N.Art.I.”) e di Lorenza Santa e Lucia Rossi, rispettivamente curatrice delle Collezioni dei “Musei Reali” di Torino e restauratrice con specifiche competenze nel settore dei “beni storico-artistici”.

“L’iniziativa rappresenta – ha precisato il Generale Cinaglia – un’occasione imperdibile per approfondire la storia e il recupero di un’opera che testimonia il prestigio e la memoria della tradizione militare piemontese e che sicuramente rappresenta un ‘tassello’ fondamentale del patrimonio artistico e identitario torinese”. Resta, però, il dubbio della sua attribuzione. Chi, l’autore del “Ritratto”? In merito, si sono espresse Lucia Rossi e Lorenza Santa: “Nell’ambito della sua valorizzazione la riscoperta del dipinto ottocentesco – hanno sottolineato le due studiose – ha riscosso un immediato interesse per le somiglianze con un analogo ritratto, esposto presso la ‘Galleria del Daniel’ dell’‘Appartamento di Rappresentanza’ del ‘Palazzo Reale’ di Torino, eseguito dal saviglianese ritrattista di corte Pietro Ayres nel 1840 ed anch’esso recuperato a seguito di un intervento conservativo con fondi ‘Art bonus’”.

“I restauri di entrambe le opere – hanno concluso – consentiranno ora di studiare approfonditamente i ritratti dedicati al grande scienziato piemontese, di indagare sulla committenza del re Carlo Alberto di Savoia Carignano e proseguire le collaborazioni scientifiche tra i Musei coinvolti”.

Dunque, il progetto, fatto partire, nei mesi scorsi, ha ancora un importante tragitto da compiere, al fine di dare un nome all’autore dell’opera presentata al termine del restauro. E che, se davvero fosse attribuibile a Pietro Ayres (Savigliano, 1794 – Torino, 1878) andrebbe a rinfoltire la già numerosa serie di “ritratti” d’impronta neoclassica dedicati da Ayres (cui si deve anche un album dei “costumi” e delle “armi” del Regio esercito di Carlo Alberto) a numerosi membri della famiglia reale.

Il tutto con buona (e giusta) pace per il “Ritratto”, per lo stesso Ayres e per il  grande conte, generale e indimenticato chimico, saluzzese!

Per info: “A.N.Art.I. Torino”, corso Luigi Kossuth 50, Torino; tel. 011/8170560 o

https://anartitorino.blogspot.com/?m=1

Gianni Milani

Nelle foto: La presentazione del “Ritratto” restaurato; il “Ritratto” del conte Saluzzo di Monesiglio

Una giornata dedicata alla memoria di Giorgio Amendola

 

 

Giovedì 5 giugno prossimo sarà una giornata speciale dedicata alla memoria di Giorgio Amendola, tra le personalità più influenti della storia italiana del XX secolo e alla storia della Liberazione di Torino. Nel 45esimo anniversario della sua scomparsa, la Fondazione Giorgio Amendola, da sempre protagonista nei percorsi di riqualificazione urbana e nell’organizzazione di manifestazioni artistiche e culturali nel quartiere Barriera di Milano, apre le porte della sua sede di via Tollegno 52 per un evento che unisce memoria, scuola, cultura e cittadinanza attiva, realizzato con il patrocinio del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio Regionale del Piemonte e della Città di Torino.

Insieme agli studenti della scuola Aristide Gabelli e dell’istituto Bodoni-Paravia saranno celebrati i valori della Costituzione e il coraggio di chi ha lottato per la libertà di tutti. I ragazzi presenteranno i loro progetti e riceveranno una copia della Costituzione. Dopo la cerimonia colazione per tutti nella sede della Fondazione.

Per capire, approfondire, e raccontare la storia di Giorgio Amendola e di altri grandi protagonisti della Resistenza interverranno Domenico Ravetti, vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte e Presidente del Comitato Resistenza e Costituzione; Rosanna Purchia, assessora alla Cultura della Città di Torino; Claudio Della Valle, già docente ordinario di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Torino, Giovanni Cerchia, direttore scientifico della Fondazione Amendola; Giuseppe Iglieri, presidente Iresmo (Comitato Scientifico Fondazione Amendola) e Prospero Cerabona, presidente Fondazione Amendola.

Giorgio Amendola (Roma 1907-1980) partigiano, scrittore e politico italiano figlio dell’antifascista liberale Giovanni Amendola e dell’intellettuale lituana Eva Kuhn, dopo l’uccisione del padre da parte dei fascisti, si iscrive al Partito Comunista. Trascorre tutta la sua giovinezza tra clandestinità e esilio e confino. Durante la Resistenza ricopre incarichi rilevanti prima nel CLN romano e poi, dopo la Liberazione della Capitale, in quello torinese. Ricopre un ruolo fondamentale nella liberazione di Torino. Dopo la liberazione continua l’attività politica nel PCI come deputato e dirigente del partito.

Mara Martellotta

Una serata alla scoperta della luna alla palazzina di Caccia di Stupinigi

Negli ultimi giorni dedicati alla luna il cielo diventa protagonista a Stupinigi in un evento d’eccezione, in programma venerdì 6 giugno dalle ore 21 sulla terrazza della palazzina di Caccia di Stupinigi, verso il parco storico.

La serata alla scoperta della luna prevede un percorso nelle sale alla ricerca delle storie, aneddoti e personaggi legati all’astronomia, come la principessa di Carignano, Giuseppina di Lorena Armagnac (1753-1797), moglie di Vittorio Amedeo di Carignano e nonna di Carlo Alberto. Era una donna straordinaria dai molteplici interessi, tra cui l’astronomia, di cui la Palazzina conserva un ritratto nell’appartamento di Levante. Al termine della visita guidata si terrà una “lezione di cielo” nel Salone d’Onore e, infine, dalla terrazza, l’osservazione guidata della luna dai telescopi dello staff del Planetario, accompagnata da un calice di vino e da una Friandise salata, a cura dell’associazione Tutela Baratuciat e Vitigni Storici.

L’evento è organizzato dai Servizi Educativi della Palazzina di Caccia di Stupinigi, in collaborazione con Infini.to-Planetario di Torino.

Info

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Amedeo 7, Stupinigi, Nichelino

Venerdì 6 giugno dalle ore 21

Per Diana. La luna sopra il cervo

Prenotazione obbligatoria a stupinigi@info.ordinemauriziano.it

Dal martedì al venerdì dalle 10 alle 17.30, entro il giovedì precedente la visita.

Mara Martellotta

Weekend di storia e tradizione a Bardonecchia

 

Sarà un fine settimana tutto dedicato alla storia ed alle tradizioni, quello del 31 maggio e 1 giugno a Bardonecchia.
Due gli appuntamenti in programma nell’ambito della rassegna “Dran k’la sie tro tar Frammenti di memoria di storie bardonecchiesi ” realizzata dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con diverse realtà del territorio.

Sabato 31 maggio, alle 11, nella frazione Melezet, sarà inaugurato il percorso fotografico “Storie di donne e di bambini ” dedicato agli abitanti della prima metà del Novecento.

Domenica 1 giugno, alle 21, al Palazzo delle Feste, conferenza a cura del ricercatore Walter Re, “Bardonecchia com’era. Le prime grandi trasformazioni conseguenti la realizzazione del traforo ferroviario del Frejus 1871-1923”. Sarà raccontata la nascita dei primi alberghi, dell’Alpinismo e dell’escursionismo. E ancora sarà presentato il più antico filmato dell’avventura dello sci a Bardonecchia, risalente al 1923.

“Prosegue così l’impegno dell’Amministrazione Comunale nel voler riscoprire e raccontare la storia e le tradizioni di Bardonecchia. – dice il sindaco di Bardonecchia Chiara Rossetti – Solo conoscendo la propria storia, infatti, si può costruire il proprio presente ed il proprio futuro”.

 

La Fondazione Cavour celebra il 165esimo della morte del Conte

Chi era Camillo Benso di Cavour e qual è il suo ruolo nella nascita dello Stato Italiano? L’importanza di questo personaggio storico viene celebrata dal Premio Cavour e dall’omonima Fondazione Cavour, che per il 2025 ha assegnato il premio Cavour al Maestro Riccardo Muti, che lo riceverà il 29 settembre prossimo.
Intanto, il 6 giugno 2025, si celebra il 165esimo anniversario della morte del Conte, a Santena. L’ingresso alle celebrazioni è gratuito, con prenotazione obbligatoria entro il 4 giugno  (011.597373 – 6giugno@fondazionecavour.it). Il primo atto, alle 6 e 45, l’ora esatta della morte di Cavour, è il posizionamento della bandiera a mezz’asta nell’ora esatta della morte di Cavour, al Memoriale Cavour, a Santena (Torino).
Alle 17 poi il programma prosegue con un Omaggio alla tomba (Monumento Nazionale) di Camillo Cavour, Onori alla bandiera e Saluto delle Autorità. Subito dopo, ecco la Commemorazione ufficiale dell’anniversario a cura del  prof. Agostino Giovagnoli,  storico e storico della filosofia, professore ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il titolo della Commemorazione è: “Il contributo dei Cattolici all’Unità d’Italia”.
“Sono Cattolico e voglio morire nella mia religione”. Così infatti disse, nel 1856, a Ruggero Gabaleone di Salmour il nostro Camillo Cavour. Lo Statista basò la sua azione politica proprio sul principio di “Libera Chiesa in libero Stato”, sulla separazione dei poteri e sulla rappresentanza dei nuovi interessi emergenti nella società (vedi l’editoriale, vero e proprio manifesto del riformismo italiano, pubblicato sul primo numero de “Il Risorgimento” il 15 dicembre 1847).
Dopo la conferenza, un altro omaggio a Cavour, questa volta legato al territorio. Ovvero una degustazione di asparagi e di prodotti tipici enogastronomici legati all’opera di Cavour e dei suoi contemporanei. In particolare, i presenti gusteranno alcuni dei prodotti tipici dei luoghi cavouriani: gli asparagi di Santena, il vino di Grinzane Cavour (Cn) e il riso di Leri (VC).
Il Castello di Santena vale senz’altro una visita per mille motivi, artistici, storici e di bellezza del paesaggio e del parco. Il 6 giugno è l’occasione giusta per godersi una giornata speciale. Ecco da dove partirebbe Boglione per visitare un luogo tanto fondamentale per l’Italia.
«La visita dà l’opportunità di ripercorrere le tappe di una famiglia piemontese che, partendo dall’epoca medievale anche attraverso politiche matrimoniali, ha aumentato sempre di più la sua importanza fino a giungere nell’Ottocento, epoca nella quale ha vissuto l’uomo di Stato più importante che il Regno d’Italia abbia avuto, Camillo Benso di Cavour», spiega Boglione. «La visita – con il richiamo a persone quali Carlo Alfieri di Sostegno ed Emilio Visconti Venosta – è un’occasione per ripercorrere le tappe che hanno portato all’Unità d’Italia fino ad arrivare con Giovanni Visconti Venosta alla fine della Seconda guerra mondiale. Discorso a parte è il monumentale parco di 16 ettari recintati, splendido monumento all’architettura paesaggistica all’inglese, che è uno dei 18 parchi presenti nella Regione Piemonte disegnati dal medesimo architetto franco-prussiano, Xavier Kurten: una vera rarità botanica».
TUTTO IL PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI DEL 6 GIUGNO 2025

Peñarol, il Piemonte d’Uruguay. Storie di calcio e di emigrazione

Il nome deriva da Pinerolo e lo si deve a Giovan Battista Crosa che nel 1765 arrivò a Montevideo e fondò – insieme ad altri conterranei – il quartiere che , storpiando il nome del comune situato allo sbocco in pianura della Val Chisone, nel tempo, è diventato il “barrio” Peñarol

Nel 2016 a Montevideo il Club Atletico Peñarol ha festeggiato l’inaugurazione del suo nuovo stadio: 43.000 posti a sedere, attrezzato, moderno e con un area-museo dedicata alla storia  del club più prestigioso dell’Uruguay. D’ora in poi l’Estadio Campeón del Siglo celebrerà le gesta dei calciatori i maglia giallo-nera, ricordando il legame tra questa  squadra, tra le più vincenti del sudamerica, e il Piemonte.

Il nome Peñarol , infatti, deriva da Pinerolo e lo si deve a Giovan Battista Crosa che nel 1765 arrivò a Montevideo e fondò- insieme ad altri conterranei – il quartiere che , storpiando il nome del comune situato allo sbocco in pianura della Val Chisone, nel tempo, è diventato il “barrio” Peñarol. Una storia che è diventata uno spettacolo teatrale, grazie al testo curato da Renzo Sicco e Darwin Pastorin che,  grazie ad Assemblea Teatro, anima le scene con il progetto ”Peñarol, il Piemonte d’Uruguay:storie di calcio e di emigrazione”. Pinerolo, Peñarol: due nomi identici che in due lati del mondo in continenti lontani raccontano di emigrazione, povertà, lavoro, rinascita ..e calcio! Bella storia, quella del club che assume i colori sociali giallo e nero, ispirati a quelli delle barriere delle strade ferrate, essendo molti dei suoi fondatori dei “musi neri”, macchinisti delle ferrovie uruguaiane, per lo più italiani. Un legame profondo, segnato dalle storie d’emigrazione dalle terre piemontesi verso il “nuovo mondo”, dove la passione per il calcio si confonde con la storia in una città, capitale d’Uruguay, dove nelle vene della metà dei tre milioni di abitanti, scorre sangue italiano. I pinerolesi, come tanti altri abitanti delle valli e della pianura, andavano a Genova per imbarcarsi, spesso senza conoscere l’effettiva destinazione, stipati in terza classe, a rischio di finire morti affogati quando i piroscafi cedevano alla rabbia dell’oceano, per cercare fortuna nelle “meriche”.

La passione per i “fotbaleur” , nel caso, ha fatto il resto.  Così, quello che nel 1891 era stato fondato a Montevideo come “Central Uruguay Railway Cricket Club” (CURCC), squadra di fùtbol della capitale uruguaiana,  nel 1913, cambia nome in “Club Atletico Peñarol”. In breve, questa “instituciòn deportiva” diventò presto la miglior squadra del Sudamerica, complice il ciclo del grande Uruguay che tra il 1930 ed il 1950 vinse due edizioni dei Mondiali. Quando la finale della Coppa del mondo venne giocata in Brasile, nella storica data del 16 luglio 1950, quando la “Celeste” nazionale uruguagia  sconfisse 2 a 1 la Seleção dei padroni di casa, sprofondando nella disperazione il Maracanà, il Peñarol aveva già conquistato 17 campionati d’Uruguay e forniva alla nazionale giocatori del calibro di Obdulio Varela e Juan Alberto Schiaffino, che poi venne a giocare in Italia, nel Milan. Nel biennio 1960-61 il Peñarol salì in vetta al mondo del pallone, vincendo due Coppe Libertadores (la Champions sudamericana) e una Coppa Intercontinentale. Così i “carboneros” entrarono nella storia del calcio. Nel 1966 arrivò la doppietta: Libertadores e Intercontinentale. Doppietta replicata sedici anni dopo, nel 1982. Nel frattempo arrivano altri 32 titoli nazionali, l’ultimo nel 2012-13.

Un palmares di successi impressionante, al punto da far sì che la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio (IFFHS) nominasse il Peñarol “Club del XX° secolo del Sud America”. Ma non tutto si può ridurre ai dati numerici. La passione, la voglia di riscatto sociale, l’incrollabile fede nei colori del “Pinerolo d’Uruguay” , nel tempo, ha rappresentato un fenomeno davvero importante, legatoa  doppio filo con l’Italia. Nei primi grandi calciatori aurinegros ( gialloneri , per via del colore delle maglie) erano evidenti le tracce di italianità: le più grandi leggende del club erano figli o nipoti di italiani. Basta pensare alle prime due stelle, Lorenzo Mazzucco e Josè Piendibene Ferrari, entrambi avevano i genitori italiani. E poi Juan Alberto Schiaffino ( così scrisse di lui Eduardo Galeano: “con le sue giocate magistrali, organizzava il gioco della squadra come se stesse osservando tutto il campo dalla più alta torre dello stadio”),il centrocampista Rafael Sansone, il difensore Ernesto Mascheroni , l’istriano di nascita Ernesto Vidal, centrocampista che aveva “tre patrie ma solo una gli regalò il tetto del mondo”, il portiere Roque Maspoli e tanti altri. Una storia di scatti, rincorse e calci al pallone che continua, sull’asse della memoria che unisce i due lati del mondo, da Pinerolo al “barrio” Peñarol.

Marco Travaglini

Torino, la città più magica

 

Malinconica e borghese, Torino è una cartolina daltri tempi che non accetta di piegarsi allestetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre larancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano allirruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo a misura duomo, con tutti i pro e i controche tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma lantica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri sudaticcima ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.

1. Torino capitale… anche del cinema!

2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo

3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

6. Chi ce lha la piazza più grande dEuropa? Piazza Vittorio sotto accusa

7. Torino policulturale: Portapalazzo

8.Torino, la città più magica

9. Il Turet: quando i simboli dissetano

10. Liberty torinese: quando leleganza si fa ferro

 

8.Torino, la città più magica

Torino è magica. Nel vero senso del termine.
Lo testimonia anche il celebre medicoe astrologo Michel de Nostredame: Nostradamus ha alloggiato qui, dove c’è il Paradiso, lInferno e il Purgatorio. Io mi chiamo la Vittoria, chi mi onora avrà la gloria, chi mi disprezza avrà la rovina intera.
Sembra infatti che il popolare uomo la cui fama lo precede tuttora, dal nome italianizzato in Michele di Nostradama, meglio noto con lo pseudonimo di Nostradamus, abbia soggiornato intorno al 1556 a Torino, presso Cascina Morozzo conosciuta anche come villa Vittoria, poiché proprietà della principessa Vittoria, della casata Savoia-.
Tali parole erano state incise su una lapide custodita presso lo stabile in cui l’uomo aveva pernotatto, quando la Villa viene demolita anche quest’unica testimonianza tangibile del passaggio di Nostradamus a Torino scompare nel nulla, fino al 1967, quando viene ritrovata e donata a Renuccio Boscolo, uno dei maggiori interpreti degli scritti del chiaroveggente, per essere custodita in sicurezza.
Secondo alcuni studiosi la “Vittoria” indicata dall’importante ospite sarebbe la principessa Savoia, anche se le interpretazioni rimangono aperte a differenti ipotesi.
Quello che non cambia è l’alone di mistero che avvolge l’affermazione, impressione che si ripresenta in realtà di fronte a tutte le sentenze espresse dal “sapeinte” francesce.

Daltronde il capoluogo pedemontano è così: insolito e curioso, a tratti misterioso.
La città dai diversi primati, ne colleziona ancora uno, dopo essere stata la prima capitale italiana, in seguito al riconoscimento ottenuto grazie allaltura della Mole Antonelliana, oltre allinvenzione del primo cioccolatino, ecco lulteriore record tutto nostrano da aggiungere allelenco: Torino è considerata una tra le metropoli più magiche del mondo, nel bene e nel male perdonatemi il gioco di parole.-
Secondo gli esperti in materia infatti confluiscono sul territorio cittadino i vertici di due triangoli esoterici, quello di magia bianca (insieme a Praga ed a Lione) e quello di magia nera (insieme a San Francisco e Londra), fatto che tramuta la località in una sorta di mappa energetica costellata di zone buonee altre dove non parrebbe consigliabile trascorrere troppo tempo.
Per non sbagliarci vediamo di scendere più nel dettaglio.

Iniziamo dai luoghi da evitare.
Il punto energeticamente più ostile della città è di sicuro Piazza Statuto: qui, secondo la tradizione esoterica, si trova la porta degli Inferi, un vero e proprio passaggio tra i due mondi, quello dei vivi e quello dei morti; il punto preciso è situato in corrispondenza dellantica porta Decumana, uno degli ingressi delloriginario accampamento romano e luogo ahimè– dedicato alla sepoltura dei cadaveri. Latmosfera inquieta della piazza è resa ancora più sinistra dalla presenza di due monumenti assai particolari: quello eretto per commemorare gli operai deceduti durante la costruzione del Traforo del Frejus e lObelisco Geodetico. Il primo rappresenta unimmensa piramide di massi, da essi spuntano alcuni corpi di titani abbattuti dallo stesso genio alato che svetta sulla sommità della piramide, egli ha sul capo una stella a cinque punte a cui sono attribuite diverse simbologie magico-rituali; invece, la seconda costruzione, nota anche come Guglia Beccaria, è sormontata da un astrolabio e si erge esattamente a 5.000 km dal Polo Nord ed altrettanti dallEquatore. Non stupisce che sempre nei dintorni della piazza si trovi lappena citata Domus Morozzo, decisamente ledificio più appropriato per accogliere un altrettanto losco figuro.
Altro sito da evitare è Palazzo Trucchi di Levaldigi, oggi sede della Banca Nazionale del Lavoro, stupendo edificio dalle finiture seicentesche che ospita su una delle sue facciate il cosiddetto Portone del Diavolo, il cui batacchio rappresenta niente meno che il volto di Lucifero.
Nel 1675 Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, conte e generale delle Finanze di Carlo Emanuele II, richiede ad una manifattura di Parigi di realizzare un portale in legno e il risultato del lavoro è più che sbalorditivo: la soglia è riccamente intagliata e adorna di fiori, frutta, animali e amorini, ma ciò che stupisce gli spettatori è il batacchio centrale, un volto mostruoso che scruta minaccioso i visitatori che bussano alla porta. Ultimo dettaglio, la parte che viene presa in mano per battere è composta da due serpenti che si uniscono con la testa. Da questi dettagli derivano le storie spaventose ambientate in questo posto. Prima leggenda fra tutte è quella del mago insistente: si narra di uno stregone eccessivamente ostinato che provò ad invocare Satana, forse con troppa enfasi, difatti il povero Lucifero non propriamente noto per la dote della pazienza- infastidito dalla nenia incalzante, costruì un portone nel suddetto edificio, mise allinterno lincauto mago e lì lo imprigionò .
Altre vicende però contribuiscono a rendere questo stabile un luogo davvero misterioso. Si narra ad essempio di Melchiorre Du Perril, un soldato francese in possesso di documenti segreti che entrò allinterno dello stabile e non si ripresentò più al suo cocchiere; c’è poi la storia della ballerina che, invitata ad una delle tante feste volute da Marianna Carolina di Savoia, venne aggredita e assassinata allinterno di una delle sale della lussuosa palazzina.
Inoltre, ancor prima di tutte queste vicissitudini, nel 1600, ledificio viene scelto come sede di una fabbrica di tarocchi, e anche in questo caso le coincidenze non hanno fine: allepoca il numero civico del fabbricato era il 15, il medesimo numero dellarcano corrispondente alla carta del Diavolo.


E se proprio dovete raggiungere questa banca, indovinate il numero del tram da prendere?
Cari lettori, ma proprio qui dovete venire a prelevare?
Lasciamoci alle spalle i fantasmi che ovviamente si aggirano nei dintorni dellimmobile infernale e avviamoci in unaltra zona perturbante, ossia via Lascaris (angolo Via San Francesco dAssisi), a pochi passi da Piazza Solferino, dove ci si può imbattere nellennesimo dettaglio folklorìstico. Proprio ai piedi di un casamento – oggi sede di una banca, ma in passato dimora di una Loggia Massonica- si dischiudono a terra delle strane fessure a forma di occhi. Qualcuno ci osserva, ma per la serie mai una gioiaa tenerci sotto controllo non è un bellangelo alla Der Himmel über Berlin, bensì niente meno che il Principe delle Tenebre, da qui la dicitura di questi spiragli: gli occhi del Diavolo.
Bene, ora che abbiamo capito dove non fermarci per i prossimi pic-nic autunnali, vediamo insieme quali sono i luoghi in cui possiamo indugiare per una pausa rigenerativa.
Uno dei siti a più alta concentrazione di energia positiva della città è il luogo di confluenza tra il Po e la Dora Baltea, i due fiumi torinesi che rispettivamente simboleggiano il Sole e la Luna, lenergia maschile e quella femminile, il principio vitale e quello del sonno eterno.
Un altro posto consigliato è la Chiesa della Gran Madre, le cui statue erette allingresso della grande scalinata raffigurano la Fede e la Religione, due emblemi rassicuranti e potenti; le due personificazioni sono poste anche a guardia del Sacro Graal, una delle reliquie cristiane più ricercate di tutti i tempi e guarda caso- celata nei meandri dellenigmatica Torino, città dai mille volti.
Anche Piazza Castello è una località benevola, è opportuno passeggiarci soprattutto se si rasenta la cancellata di Palazzo Reale e ci si sofferma sotto le statue equestri dei Dioscuri, guardiani ufficiali posti al confine tra la zona di magia bianca e quella nera.
Se poi ci si sentisse particolarmente stanchi, è consigliabile dirigersi verso la Mole Antonelliana, Museo del Cinema per alcuni, per altri una grande antenna che irradia nel mondo energia positiva.
Gli intellettuali e i radical chic si appropinquino invece verso Piazza Solferino, nei pressi della Fontana Angelica, monumento pregno di simbologie nascoste: le statue della Primavera e dellEstate si contrappongono a quelle dellAutunno e dellInverno, mentre lacqua che scorre rappresenta il Sapere e la Conoscenza.
Che dire ancora? Alla fine è sempre la stessa storia, è leterna sfida tra il Bene e il male, che si tratti di Sith e di Jedi, di Merlino, di Morgana e della magia del fareo dellimpresa per sconfiggere Sauron la questione è resta la medesima: la scelta.
Cari lettori, e voi da che parte state?

ALESSIA CAGNOTTO

Chi fece scomparire le memorie di Costantino Nigra?

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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La digitalizzazione delle lettere di Costantino Nigra sono un grande contributo all’opera assai meritoria di storicizzare una figura non secondaria del Risorgimento di cui fu un protagonista nel campo diplomatico, alle dipendenze dirette del Conte di Cavour. Nigra ad unità d’Italia compiuta fu ambasciatore a Parigi, San Pietroburgo e Vienna in momenti decisivi della storia del nuovo Regno. Le opere  storiche scritte su di lui appaiono invece  poco interessanti, anche se uno dei nostri migliori storici, Federico Chabod, ne scrisse nella sua storia della politica estera italiana che lessi e studiai per sostenere un esame con Ettore Passerin d’Entreves che nel corso dell’esame mi interrogò su di lui. Resta ancora aperta la questione mai risolta della scomparsa delle sue memorie, che secondo alcuni furono bruciate dallo stesso Nigra, secondo altri si perdettero con la morte del figlio nel 1908, ad un anno di distanza dalla sua morte. C’è stato chi ha fatto molte e anche fantasiose congetture che non meritano di essere prese in considerazione perché Nigra fu vittima di “storici” dilettanti.
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Di fatto fu studiato seriamente come poeta piemontese ed amante della storia subalpina. Di lui mi parlò spesso l’amico Umberto Levra,  ultimo docente  di Storia del Risorgimento a Torino e presidente per lunghi anni del Museo Nazionale del Risorgimento. Nel nostro ultimo colloquio alla gelateria Pepino di piazza Carignano (ormai era stato defenestrato dal suo ufficio al Museo), Levra mi parlò della sua intenzione di scrivere su Nigra dopo essere stato l’estensore della voce sul dizionario enciclopedico degli Italiani Treccani. Anzi, mi propose di fare il lavoro insieme. In quell’occasione mi disse di aver accertato che fu Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon ad aver avuto per le mani le memorie di Nigra in occasione del centenario della sua nascita nel 1928. Levra aggiunse qualcosa di più e fece l’ipotesi della distruzione o dell’occultamento delle memorie di Nigra perché scomode ai Savoia per le pagine dedicate a Vittorio Emanuele II, che improvvisò una sua politica estera personale parallela a quella del governo.
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Con Levra non fu più possibile continuare il discorso perché incredibilmente  morì poche ore dopo il nostro incontro del  7 ottobre 2021. Ho sempre tenuto per me la chiacchierata con Levra che mi consegnò anche un suo vecchio saggio sui diari di guerra di Marcello Soleri.  Ho avuto altro da fare in questi anni, ma la tesi di Levra sulle memorie di Nigra andrebbe approfondita e verificata.
Il gerarca fascista De Vecchi era un monarchico sfegatato, anche se cercò di fascistizzare il Museo del Risorgimento, traducendo in termini museali  la tesi di Giovanni Gentile che vedeva nel fascismo il coronamento del Risorgimento.

Tesori aperti al pubblico: una domenica alla scoperta di 28 dimore storiche

Domenica 25 maggio, in Piemonte, 28 dimore aprono gratuitamente al pubblico. Undici  le proprietà aperte nel torinese, di cui una al “debutto” della Giornata Nazionale ADSI

Grande partecipazione delle dimore del torinese, con 11 proprietà di varia epoca e stile, e numerose novità. Fra queste; la Cappella di San Giovanni Battista, in località Ai Nana, a Pinerolo, che presenta l’importante restauro dell’apparato decorativo, del campanile e del portale seicentesco interessati da un ingente restauro, realizzato grazie al finanziamento PNRR “Protezione e valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale” ; e Casa Lajolo a Piossasco, che nel circuito di visita include la vecchia scuderia , appena restaurata grazie al bando PNRR “Parchi e giardini storici”. Novità assoluta rappresentata dal Castello di Strambinello, nel canavese, alla sua prima Giornata Nazionale. Mostre e varie attività scandiranno la visita del Castello Provana di Collegno, dove le visite saranno accompagnate da figuranti in costume d’epoca dell’Associazione Storia San Lorenzo.

In programma anche un’esposizione di ricami a Bandera e una mostra a cura dell’Associazione Internazionale Regina Elena, dedicata alle Milizie del Monferrato nella campagna militare del 1746, che anticipò la Battaglia dell’Assietta e la Pace di Aquisgrana. Alle ore 16.00 conferenza sull’impegno personale della Regina Elena nella lotta contro l’encefalite letargica e il cancro, con interventi del Prof. Paolo Mazzarello, docente universitario di storia della Medicina.

Possibilità di autentiche gite fuoriporta a Pavarolo dove, attorno al Castello, il comune ha organizzato visite pomeridiane delle principali attrattive, fra cui lo studio e la residenza dei Felice Casorati; e a Santena, dove a cornice del Parco del Castello di San Salvà e Cascine Pallavicini,
noto per la sua produzione dell’ asparago santenese, tutta la cittadina sarà animata dalle iniziative della giornata conclusiva della Festa dell’Asparago.

Per localizzare l’ubicazione di tutte le dimore, ecco la mappa delle aperture http://news.adsi.it/mappaGN2025.
Dettagli delle dimore e modalità di prenotazione, ove
richiesta, sono consultabili alla pagina www.associazionedimorestoricheitaliane.it/eventi-dimore/440377/

Mara Martellotta

Quell’“avveniristico” ascensore della Regina Margherita

Restaurato dal “CCR – La Venaria Reale”, ritorna alla “Palazzina” di Stupinigi l’ascensore storico utilizzato dalla Regina Margherita

Nata in Palazzo Chiablese, a Torino, nel 1851 (e scomparsa a Bordighera nel 1926), Margherita di Savoia, sposa di re Umberto I e prima regina consorte d’Italia, fu donna di grande temperamento e fascino, presso le alte sfere della politica ma anche sulla popolazione, amante dei “balli di corte” (di certo non poco faticosi) e “sportiva”, si direbbe oggi, appassionata di equitazione, ma soprattutto delle lunghe passeggiate in montagna nella “sua” adorata Valle di Gressoney e di alpinismo, tanto da salire come prima donna sul Monte Rosa, impresa omaggiata alla “Sua Maestà” con la dedica della “Capanna Margherita”, dove pernottò nel 1893, e rifugio più alto d’Europa, con i suoi 4556 metri della “Punta Gnifetti”. Eppure … eppure. Anche a lei non disturbavano, le più semplici quotidiane (ma in allora avveniristiche) comodità. Così, nel 1905, quando la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi era ormai residenza della regina (vedova da cinque anni di re Umberto I ) e della sua corte pensò bene di dotare la “Palazzina” (pensate un po’) nientedimeno che di un ascensore. Raro “marchingegno”, per quei tempi, realizzato dalle Officine Meccaniche “Stigler” di Torino e che serviva per accedere solo al primo piano, livello dove erano predisposti a Levante gli appartamenti residenziali, i suoi e quelli della corte. Nel cosiddetto “Appartamento del Re”, viveva la sua prima “dama di compagnia”, la marchesa Paola Pes di VillamarinaEcchè ci voleva! dirà qualcuno. Un ascensore, per una rampa di scale! Ma tant’é. E poi l’ “elevatore” – come si diceva allora – rientrava nell’ambito dei lavori di riammodernamento richiesti dalla stessa regina, che fece diventare la “Palazzina di Stupinigi” una delle sue residenze prevalenti. Tra il 1902 e il 1915, infatti, il palazzo venne dotato di numerosi accessori finalizzati alla sua comodità, tra cui il potenziamento dell’impianto di riscaldamento, i servizi di ritirata all’inglese con acqua corrente e lavandini con acqua fredda e calda, la corrente elettrica e, appunto, l’ascensore che si presentava “a pompa idraulica”, dotato di una cabina lignea con porta scorrevolevetri smerigliati nelle otto finestrepulsantiera in bachelite, di cui rimangono solo tracce, e “coronamento” con motivo a “balaustrini” torniti. Il suo servizio, tuttavia, non durò a lungo, ma fu ancora usato dal personale del “Museo d’Arte, Storia e Ammobiliamento” quando la “Palazzina” diventò Museo nel 1919. Da allora se ne persero le tracce. Oggi, il gran ritorno.

“L’inserimento dell’ascensore restaurato nel percorso di visita della ‘Palazzina’– commenta la presidente della ‘Fondazione Ordine Mauriziano’, Licia Mattioli – rappresenta un ulteriore passo avanti nella valorizzazione del sito. Si tratta del primo tassello di interventi che porteranno presto a un arricchimento e ampliamento dell’intero percorso museale. Grazie al contributo della ‘Fondazione CRT’ e alla collaborazione con il ‘Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale’, possiamo restituire al pubblico un manufatto unico, testimonianza di innovazione e attenzione al dettaglio. È un esempio concreto di come le sinergie tra enti portino a risultati significativi per la tutela e la fruizione del nostro patrimonio”.

Il restauro è stato anche l’occasione per approfondire storicamente questo manufatto (grazie a “indagini di archivio” eseguite dalla storica dell’arte Stefania De Blasi, nonché attraverso un confronto con i successori delle storiche officine meccaniche “Stigler”, la ditta torinese “Codebò) e ha interessato il risanamento della “struttura in pioppo” e dell’“impiallacciatura in noce” che presentava distacchi e deformazioni a causa di umidità. Il “cupolino”, decorato con motivo a balustrini, aveva numerose mancanze che sono state reintegrate. Analisi scientifiche hanno consentito di studiare le “vernici protettive” e di determinare la soluzione più idonea per restituire il manufatto in condizioni di stabilità e durabilità.

E dunque, signore e signori, ecco a voi lo storico ascensore, ritornato, bel bello, al suo posto. Nuovo di zecca! Un autentico bijoux!

Per info: “Palazzina di Caccia”, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (Torino); tel. 011/6200601 o www.ordinemauriziano.it

G.m.

Nelle foto: Immagini “Ascensore Regina Margherita” e lavori di installazione