SPETTACOLI- Pagina 98

Manca un’anima allo Scorsese di oggi e “Killers” s’inaridisce e si ripete

Sugli schermi “Killers of the flower moon” con DiCaprio e De Niro

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Arrivato al suo ventiseiesimo titolo in veste di regista – per tacere dei documentari e dei cortometraggi, degli abiti di produttore e delle sceneggiature scritte per sé e per altri, della sua faccia di italoamericano prestata agli amici (c’è di tutto, da Kurosawa ad Arbore) – Scorsese ha deluso. Certo anche prima, tra il 1967 e il 2019, ci sono stati titoli capolavoro (uno per tutti, “Quei bravi ragazzi”), titoli che ti sono rimasti fissati nella memoria e altri che di anno in anno sono scivolati via (uno per tutti, “Al di là della vita”, la presenza di Nicolas Cage non è mai una garanzia), titoli che forse non hanno aggiunto granché ad un ricordo o ad una convinzione. Adesso sforna sugli schermi “Killers of the flower moon”, un “filmone”, spettacolare, derivato dal romanzo/inchiesta di David Grann “Gli assassini della terra rossa”, pubblicato sei anni fa e ispirato a fatti realmente accaduti negli anni Venti americani, quelli che hanno definitivamente messo da parte “l’età dell’innocenza”), 206’ implacabili che dovrebbero tenere lo spettatore appiccicato alla poltrona del cinema. Per carità, Scorsese è e rimane sempre Scorsese, ma conduce le vicende non tanto con il piacere quanto con la caparbietà ossessiva del racconto, sì certo, illumina alcuni squarci che ne rimettono in gioco la vibrante personalità, affida con risultati discutibili ai suoi due attori monstre, De Niro e DiCaprio, la malvagità conclamata, rivestita di un bene chiamato a fare da paravento, e quella sottotono, impacciata, strisciante, debole, che intacca le fondamenta di un rapporto familiare giorno dopo giorno, senza via di fuga. E nella parte centrale del film, ampissima oltre ragionevolezza, l’attenzione langue, fino a rasentare la noia. È la sceneggiatura, scritta da Eric Roth oltre che dal regista, ad essere sbagliata, debordante, incredibilmente ripetitiva, incapace di tagliare gran parte di quelle piccole vicende di secondo piano che disturbano e ostacolano una narrazione che avrebbe la necessità di correre sulla limpidezza, quelle tante parole e dialoghi che ascolti in più occasioni in tutta la loro similarità, quei personaggi minori che non hanno uno sviluppo e ti cascano lì, senza preparazione, con il solo fine di non riuscire a memorizzarne contenuti e finalità.

Poi, nel finale che sa di cinema nel cinema, ma qui il cinema si chiama radio – magistrale a confronto di un sottofinale che sono le poche scene del processo, impoverite e senza spazio -, grandioso colpo d’ala, ti riappacifichi con l’autore, nella ricostruzione radiofonica di quanto ci è stato dato vedere nelle ore precedenti, tra stacchetti musicali, utilizzo di voci e finestre che si chiudono e sfrigolii e rumori di stoviglie rotte e bottiglie e tappi che saltano. La parola e il gesto più forti della immagine? Un mondo totalmente diverso (in cui fa capolino anche il regista) da quello violento che lo ha preceduto, una parte dedicata allo stermino e un’altra all’arrivo (finalmente) dell’FBI di Hoover di fresca nomina a cercare di far luce sulle tante uccisioni, le ultime scene per mostrare un’invenzione, un carattere antico, il solido svolgersi di certe leggi visive.

E allora che cosa, prima? La descrizione dello sterminio di un popolo, quello degli indiani Osage, nativi del Kansas e da lì trasferiti nelle terre dell’Oklahoma, una quarantina d’anni prima dei fatti narrati, cui la natura ha regalato i giacimenti dell’oro nero, di quel petrolio che li rende da un attimo all’altro tra le persone più ricche d’America. E allora ecco che sono case signorili, begli abiti e cappellini piumati, signore che scendono da eleganti auto aiutate da autisti bianchi che mal sopportano con il sorriso sulle labbra. Il malvagio William Hale, per tutti “the king”, proprietà al centro della pianura, intenzionato oltre misura ad accrescere il proprio patrimonio, che tende a fare il bello e il cattivo tempo nell’intero territorio, mal sopporta e all’arrivo nella natìa Fairfax del nipote Ernest, dal conflitto mondiale dove ha combattuto, inizia a tessere alla grande la sua tela, buttandolo alla scoperta di Mollie, indiana Osage, e della sua ricca famiglia: matrimoni e ammazzamenti, ereditiere e mariti bianchi pronti a ereditare, all’ombra d’un gufo che si mostra ad annunciare prossime morti. Gli omicidi diventano banalità quotidiana. Matrimonio e prole non tardano ad arrivare ma il cattivo non sta certo con le mani in mano: intesse agguati e omicidi, esplosioni, assoldando, o meglio facendo assoldare nell’intento di non sporcarsi in prima persona le mani, brutti ceffi che compiono appieno il lavoro di pulizia. Mentre lo Stato debolmente promette, prima del definitivo arrivo dei nostri, come nel vecchio West, il nipotino s’incanala nei disegni dello zio, cercando di accelerare l’agonia della moglie già sofferente di diabete. È in quella carneficina (che non tralascia neppure cervelli spappolati e mani ritrovate nell’incendio: certi particolari da horror film Scorsese li avrebbe messi in qualche suo passato gangster movie?) che il regista mostra le proprie maggiori debolezze, nel ripetersi senza alcun guizzo di uccisioni, di coltellate e di pistolettate sparate a bruciapelo, in un imbarazzante copiaincolla, in una faticosa sequenza di immagini che lasciano trasparire apertamente il loro esatto doppio poco oltre. E una cosa che, di conseguenza, Scorsese dimentica è quell’appropriarsi, da parte di un’autentica ”anima”, delle tante e differenti storie, da parte dell’anima del regista, di una concreta partecipazione, che altrove – nelle carneficine di “Goodfellas” e di “Gangs of New York”, nel ghigno del Nicholson di “Departed”, nei pugni di “Toro scatenato”, nella grandezza malefica di “Casinò” – ha avuto maggior peso. Pur nella descrizione di quello stesso male.

Pur nelle zone d’ombra, si respirano attimi di “Nascita di una nazione” o dei “Cancelli del cielo”, spruzzate del cinema di Sergio Leone e del “Petroliere” e del “Gigante”, tutti quanti a mostrarci crudeltà, arrivismo, avidità da sempre al centro dell’eterno “atomo opaco”. In questa sorta di traballamento generale e di scossoni positivi che non risolvono, De Niro è malvagissimo quando deve fare il malvagio, e soprattutto sa farlo, Di Caprio si stampa in viso la maschera dell’imbelle e non la lascia più, incarognendola ancor più con quel trucco alla “Padrino” di Marlon Brando, cotone tra gengive e guance e bocca che guarda in giù. Non aiuta certo la Mollie di Lily Gladstone, anima del Bene, ma troppo sottotono per reggere il peso della bontà e della vittoria.

Rock Jazz e dintorni a Torino. I Negrita e Marcus Miller

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al Jazz Club serata blues con il Fretstrings Duo.

Mercoledì. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Bombino.

Giovedì. Al Peocio di Trofarello è di scena Gus. G. Al Cafè Neruda  suona il sassofonista Luca Biggio con l’M.K . Project.All’Hiroshima si esibisce il rapper Johnny Marsiglia. Allo Spazio 211 suona la band di Atlanta Algiers.

Venerdì. Allo Ziggy è di scena Klasse Kriminale e Il Complesso. Al Concordia di Venaria suonano i Negrita. All’Imbarchino si esibisce Vera Di Lecce. Al Circolo della Musica di Rivoli è di scena Giulia Bi. Al Blah Blah suonano i Peter Kernel. Al Folk Club si esibisce Paolo Capodacqua. Al Circolo Sud suona il trio “Manouche” di Elias Prinz. Al Bunker è di scena il duo Walker- Violot. All’Hiroshima si esibisce Giorgio Canali con i Rossofuoco. Al Magazzino sul Po sono di scena gli Iside.

Sabato. Al Supermarket suonano gli Impaled Nazarene. Si inaugura “Moncalieri Jazz” con la “Notte nera” in varie sedi del centro con : il sestetto “Nica” Fabbrini, il quintetto di Camilla Rolando, il quartetto di Carmen Ferrante, la violinista Anais Drago con gli Accordi Disaccordi, il trio di Eleonora Strino. Sempre a Moncalieri è di scena la portoghese Biia.

Domenica. Al Blah Blah suonano i Raein. Al teatro Colosseo si esibisce il bassista “fusion” Marcus Miller.

Pier Luigi Fuggetta

Peter Pan, ovvero l’isola dei bambini sperduti

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO) Domenica 22 ottobre, ore 16

 

Un viaggio nell’immaginazione con Peter, Capitan Uncino, Wendy e la colonna sonora con brani originali di Paolo Silvestri per Favole a Merenda

 

 

“Peter Pan” è un classico perché affronta aspetti della condizione umana che non conoscono età e periodi storici e suggerisce ancora oggi nuove riflessioni. La capacità di immaginare, che ha il suo picco proprio nell’infanzia, è fondamentale per l’essere umano: in un mondo bombardato da immagini, paradossalmente diventa sempre più difficile sviluppare questa attitudine. Peter Pan, spiega Giorgio Scaramuzzino: «ci è sembrato un ottimo pretesto per ribadire il fatto che il sogno e l’immaginario infantile non devono mai spegnersi, anche quando inevitabilmente il nostro corpo affronta l’età adulta. “Essere un bambino” non per rifiutare responsabilità e voltare le spalle alla realtà, ma per affrontare il quotidiano con più leggerezza e originalità».

In scena gli attori Alessandro Pisci, Pasquale Buonarota e Celeste Gugliandolo si calano rispettivamente nei ruoli di Peter, Capitan Uncino e Wendy. Le gradinate che compongono la scenografia si trasformano alternativamente nella barca dei pirati o nell’Isola che non c’è. Non mancherà l’interazione con i piccoli spettatori che in alcuni momenti sono parte integrante dello spettacolo. Fondamentale nella messa in scena la colonna sonora composta da Paolo Silvestri: parte della narrazione è infatti affidata ai brani originali che vengono cantati dagli attori e che accompagnano il pubblico in un viaggio nell’immaginazione.

 

Domenica 22 ottobre, ore 16

Peter Pan, ovvero l’isola dei bambini perduti

Favole a merenda

Drammaturgia Giorgio Scaramuzzino, Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci

Regia Giorgio Scaramuzzino

Con Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci, Celeste Gugliandolo

Musiche Paolo Silvestri

Scene e costumi Lorenza Gioberti

Luci Aldo Mantovani

Coproduzione Teatro Nazionale di Genova e Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus

Biglietti: adulto 10 euro – bambino 7 euro

Il festival di danza contemporanea di comunità e musica alla Palazzina di Caccia di Stupinigi

Il festival di danza contemporanea di comunità e musica FESTE  vede un focus alla Palazzina di Caccia di Stupinigi (TO) dal 21 al 29 ottobre 2023, oltre ad alcuni eventi collaterali in varie date, spazi e luoghi del torinese.

Il festival si propone di sensibilizzare la cittadinanza alla sostenibilità ambientale e alla coesione sociale attraverso l’arte e, in particolare, la danza contemporanea e la musica.

Sintesi programma alla Palazzina di Caccia

Approfondimenti e dettagli sul focus a Stupinigi e altri eventi in diversi luoghi e spazi di Torino e dintorni nel Comunicato Stampa e nel Programma allegato in pdf

sabato 21 ottobre | Palazzina di Caccia di Stupinigi e Parco Dora

ore 10,30 – Dance Well, pratica aperta di danza inclusiva rivolta a persone con Parkinson e a tutti, a cura di Lavanderia a Vapore e Centro per la Scena Contemporanea di Bassano del Grappa, in collaborazione con Ass. Giovani Parkinsoniani.

ore 12 – Non me lo spiegavo il mondo, performance di e con Francesca Cola e Giulia Ceolin.

sabato 21 ottobre | Parco della Certosa di Collegno (To) – Chiostro aulico

Ore 14,30 – Nella programmazione di Balla Torino Social Dance, la coreografa Sandy Silva con la documentarista Marlene Millar propongono il Body Music Procession, propongono un workshop di danza percussiva per amatori, danzatori, musicisti, performer. A cura di Coorpi.

domenica 22 ottobre | Parco naturale di Stupinigi

ore 15 – Bestiario | Narrazione per immagini e corpi, vista performativa sul tema degli animali e al loro ruolo nell’arte a cura di Elena Maria Olivero e Serena Fumero (in replica, in forma di, domenica 29 ore 10,30).

ore 15,30  – Iperbosco, pratica immersiva in natura proposta dal Collettivo CIFRA che accoglie diverse personalità creative.

sabato 28 ottobre | Palazzina di Caccia di Stupinigi

ore 15 – Rêverie auprès des cygnes, performance di comunità in omaggio a La morte del cigno di Michel Fokine (1905) con l’accompagnamento di Ornella Balestra.

ore 16,00 – Pause/Solaris, performance e concerto con un gruppo di professionisti e amatori, accompagnati dalla coreografa Doriana Crema con musiche dal vivo di Giorgio Li Calzi e Manuel Zigante.

domenica 29 ottobre | Palazzina di Caccia di Stupinigi

ore 10,30 – Bestiario | Narrazione per immagini e corpi,  performance itinerante a cura di Elena Maria Olivero e Serena Fumero.

ore 12 – Paesaggi interrotti conferenza performativa con Ornella D’Agostino, il paesaggista Luigi Usai e il coinvolgimento degli artisti dell’Accademia del Tempo e di Stazione di Transito (Carovana SMI, Cagliari) per accrescere la consapevolezza dei processi di strutturazione naturale e antropica del paesaggio come principi fondamentali dell’educazione civica.

ore 14 – laboratorio aperto di percussioni e movimento condotto da Elena Pisu e Marco Giovinazzo di Tamtando, in preparazione a Kairos, performance in programma alle ore 16

ore 15 – Filo d’Aria, gesto coreografico per la residenza curata dalla storica danzatrice e coreografa Raffaella Giordano con un gruppo di comunità

ore 16 – Kairos, performance partecipata e aperta a una comunità di amatori e musicisti con i Tamtando.

Info: didee.promozione@gmail.com

Moretti e le amarezze della Ginzburg, la sua prima regia teatrale

Al Carignano, sino al 29 ottobre

Sono passati cinquantasette lunghi anni da quella sera del maggio 1966 in cui sul palcoscenico del Gobetti Pietro chiedeva dov’era il suo cappello e Giuliana a rispondergli “hai un cappello?”. Erano le prime battute di “Ti ho sposato per allegria”, la Ginzburg aveva abbracciato lo Strega due anni prima per i sbrodeghezzi di “Lessico famigliare” e aveva iniziato – non “sposato” come avrebbe voluto Guido Davico Bonino in una sua presentazione: “sposato” un corno!, gli mandò a dire la scrittrice – la sua strada verso il teatro, undici tappe che si sarebbero concluse con “Il cormorano”, del 1991, a pochi mesi prima della morte. Su simile strada s’incontrano “Fragola e panna” (1966, 44 fogli A4 scritti a biro nera, un passaggio in tivù nove anni dopo) e “Dialogo” (1970, Raffaele La Capria le suggerì di scriverla per la televisione e lì fu trasmessa), che lo Stabile torinese ha raggruppato sotto il comune titolo di “Diari d’amore” per la regia di Nanni Moretti che arrivatosene ai settanta sfida le tavole teatrali.

Fedeltà alla scrittrice, s’era imposto Moretti, in questo tranquillo delirio a due da una parte o davanti a quei “pettegolezzi, chiacchiere di donne” dall’altra, fedeltà e pudore, “una puntigliosa umiltà”, mica come la Bobulova che nel “Sol dell’avvenire” ti stravolge il discorso politico in appassionato discorso d’amore. Supponete il rivolo, anzi la fiumana senza l’ombra di un cessare, che è il “Dialogo”, torrentizio a sgranare i ricordi tenui e spiccioli di una coppia, lui Francesco, che ha intenzione di scrivere il libro che Vallecchi sicuramente gli pubblicherà, magari con un premio a Salsomaggiore, uno che fino alla sera prima aveva la sua bella vita tranquilla e regolata, Marta lei, chiusa nella prigione eterna del quotidiano, nella tranquillità di un letto di prima mattina, mentre la bambina di là ogni tanto piange e la tata ha bisogno di soldi per andare a comprare. Dialogo serrato, ermeticamente chiuso, senza luce come quella finestra aperta per un attimo sul niente. E poi quel qualcosa che Marta deve dire, deve confessare, e che non esce mai fuori con il fiato. Tutto è già scritto, fissato, nel senso che nemmeno una virgola, nel linguaggio quasi anonimo di ogni giorno, va spostata, o va omessa, ogni parola è lì giusta e ferma al proprio posto, un aggettivo, ogni verbo non lo si può distorcere, mutare, aggiustare alle proprie, seppure fuggevoli, intenzioni. Stupidi ricordi, le vie di Roma e i paesi della campagna, tipo Soriano del Cimino, quello lassù in culo ai lupi, i gatti e i cani antipatici, le maglie lavate e le fette biscottate che non ci saranno più per la colazione perché se le sarà mangiate già la Concetta, la fuga a Bologna dal fratello, le rotture con le amiche, le mogli brutte e le mogli belle, la rosolia che c’è o non c’è, i camerieri degli amici che non hanno intenzione di sporcarsi le mani. Si parla si parla si parla, di fretta, in quell’avvicinarsi all’urlo del finale. Perché in tutto quello scorrere è il ritmo, è espressa in tutta la propria sonorità la musicalità che alla lettura della commedia (chi vuole, si vada a ricercare “Tutto il teatro” della Ginzburg edito da Einaudi e a cura di Domenico Scarpa) rimane come nascosta, più o meno invisibile. Moretti s’appresta al testo, lo guarda e lo rispetta quasi religiosamente, neppure si sogna d’invaderlo di morettismi, è la sua una regia in punta di piedi, che c’è e non c’è, che s’avverte e non s’avverte, discretissima: ma è una regia precisa e teatralmente costruttiva, fatta di piccoli tocchi, che ha “riempito” la “realtà” dei due attori, di Alessia Giuliani e di Valerio Binasco soprattutto, bravo bravissimo come non ce lo ricordavamo, un piccolo gesto, una leggera paura, un soffio e una sorpresa, un braccio che si alza e il gesto di prendere in mano gli occhiali, il tornare disincantato al pensiero precedente, il saper trasmettere giù in platea la sensazione di un mondo personale che ti stia franando sotto i piedi.

Nelle mie prime commedie c’erano delle donne che chiacchieravano instancabilmente. In seguito m’è venuta voglia di fare delle donne silenziose. Chiacchieravano allora gli uomini… Nelle mie commedie, in tutte, ci sono dei personaggi di cui si parla molto e che non compaiono mai. Tacciono, essendo assenti. Così finalmente c’è qualcuno che tace.” Ovvero le chiacchiere di “Fragola e panna”, la neve che monotona cade fuori, un arrivo imprevisto, una pizzaiola di cui nessuno ha voglia, una moglie, Flaminia, che non ha più una vita accanto a Cesare, una ragazza, Barbara, che di Cesare è stata l’ultima amante. E poi una “serva”, una sorella e Cesare che compare con tutto il proprio cinismo quando Barbara se n’è andata. Situazione balorda, forse anche divertente a ripensare ai silenzi dell’una e alla fiumana di parole (i monologhi della Ginzburg, vere isole nello svolgimento della scrittura) dell’altra, irruenti e scomposte, parole ancora una volta di ogni giorno, cose comuni, senza importanza, con i suoi ritornelli (“E dove vado? Non so dove andare”) e la sua valigia che non sta più chiusa e la devi chiudere con una corda, con le tragedie che aleggiano di tanto in tanto a confronto della “fioritura di barzellette” di cui ci riempiamo le giornate. La noia e l’imbarazzo, quel mestiere che è la vita, senza superbi colpi d’ala (“Avete un’idea strana della disperazione voialtri. Quando uno è disperato, magari non fa mica delle cose tanto diverse dal solito. Magari fa quello che ha fatto tutta la vita”, dirà Flaminia).

Ogni cosa, in “Fragola e panna”, diventa più ammansita, colloquiale, non esasperata come lo è stata nell’atto precedente, ogni cosa sembra svolgersi con maggiore “prudenza”. Qualcuno deve aver anche scritto che è la commedia meno convincente di Natalia. A me è parsa mantenere un solido ritmo, appropriato, convincente, dove eccelle la Barbara di Arianna Pozzoli ragazza squinternata e vittima, fatta di tutto e di niente, una delle tante squinternate delle pagine della scrittrice, giusta nei gesti e nelle parole. Accanto a lei, a riceverla nella casa, la serva di Daria Deflorian, su cui Moretti deve aver lavorato poco, tanto le ha lasciato campo libero (ma forse qualcuno mi dirà che sbaglio di grosso) di gigionare, di muovere le braccia fuori misura, di girovagare per il palcoscenico senza freni. Le scene ridottissime, tra quel letto prima e quei divani verdi poi, sono di Sergio Tramonti. Si replica sino al 29 ottobre.

Elio Rabbione

Nelle immagini: la foto di Nanni Moretti è di Alberto Novelli; le foto dello spettacolo sono di Luigi De Palma.

“Jean Valjean”. Una storia di altri tempi, al Teatro Gioiello

Candidato all’Italian Musical Awards, tratto dal celebre romanzo “I Miserabili” di Victor Hugo e con 6 attori in scena che interpretano ben 29 personaggi, accompagnati da un ensemble musicale completamente dal vivo, ritorna a Torino, “Jean Valjean – questa è la mia storia”.

Una storia di altri tempi, al Teatro Gioiello, sabato 21 e domenica 22 ottobre, ma assolutamente attuale, l’uomo alle prese con la propria identità ed i propri valori. L’ex forzato Jean Valjean racconta in prima persona una vita di riscatto tra il penitenziario di Tolone, la fabbrica di Monsieur Madeleine e gli stascichi della Rivoluzione francese. Con Sebastiano Di Bella, formatosi alla Scuola d’Arte Drammatica “Anna Bolens”, per anni stretto collaboratore di Dario Fo e protagonista del programma “L’Albero azzurro” in televisione, sul palcoscenico ci saranno Fabrizio Rizzolo, Isabella Tabarini, Susi Amerio, Giorgio Menicacci e Jacopo Siccardi. La regia è di Fulvio Crivello mentre la musica, inedita, toccante e raffinata è del Maestro Sandro Cuccuini che sarà al pianoforte e dirigerà l’Ensemble orchestrale composto da Maria Camilla Ormezzano e Marina Polidori al violino, Livio Ramasso al corno, Marcello Angeli, Stefano Carrara alle tastiere e Andrea Vigliocco alle percussioni. 100 minuti di Musical assolutamente da non perdere!

Igino Macagno

“Prima la Musica!” … gloria torinese

“Lattes Editori” vince il Premio Internazionale “Belma 2023” con il Corso di Musica di Nicola Campogrande

Una bella vittoria e un prestigioso riconoscimento che va ad inserirsi e a rendere ancor più festose le celebrazioni dei 130 anni della Casa Editrice torinese. A “Prima la Musica!” del compositore Nicola Campogrande, Corso di Musica edito da “Lattes Editori” per la scuola secondaria di primo grado, è infatti andato il “Bronze Award” del “Premio Belma” alla “Fiera del Libro” di Francoforte. A ricevere, nei giorni scorsi, il Premio, è salito sul terzo gradino del podio, Simone Lattes, a. d. della casa editrice subalpina. I “Belma” celebrano i migliori materiali educativi d’Europa e vengono assegnati dal 2009 in collaborazione con la “Fiera del Libro” di Francoforte, “Iartem” (“International Association for Research on Textbooks and Educational Media”) ed “European Educational Publishers Group”. Quattro le categorie in gara, 40 i libri indicati nella “shortlist”, tra cui solo 3 italiani, per un “Premio” che storicamente è stato raramente assegnato ad editori italiani.

 

“Prima la Musica!” rappresenta un modo completamente nuovo di studiare musica a scuola. L’idea dell’autore, Nicola Campogrande, uno dei più autorevoli compositori italiani contemporanei, è semplice e al tempo stesso innovativa. “Tutto il materiale musicale proposto agli studenti della scuola media – sottolineano alla ‘Lattes’ – è stato suonato e cantato da 180 musicisti professionisti che hanno realizzato 220 basi (classica, pop/rock, jazz, inni nazionali, colonne sonore, canti popolari e natalizi) per ispirare e coinvolgere i ragazzi nell’entusiasmante pratica della musica”. Una novità assoluta: al posto delle musiche “MIDI” con suoni artificiali, sono stati coinvolti musicisti in carne ed ossa di alto livello, come l’“Orchestra dei Pomeriggi Musicali” di Milano diretta da Alessandro Cadario, il “Trio Debussy”, i “Giovani Cantori di Torino”, il “Trio Jazz” di Daniele Tione e una band rocknella quale si sono alternati musicisti del calibro di Diego Maggi, Rocco Tanica e Roberto Gualdi.

“A scuola serve più musica – spiega Simone Lattes e i docenti di musica vanno valorizzati come attori fondamentali della crescita di studenti e studentesse. Partendo da questi presupposti, insieme a Nicola Campogrande abbiamo voluto realizzare un libro di testo che non accettasse compromessi sulla qualità. Che adesso il nostro lavoro si distingua anche a livello internazionale ci riempie di orgoglio e ci sprona a proseguire con convinzione su questa strada”.

E aggiunge Nicola Campogrande: “L’Italia è considerata uno dei Paesi più musicali del mondo, ma finora a scuola la musica è stata la ‘Cenerentola’ delle discipline. Accettare l’invito della ‘ Lattes’ a concepire un libro di testo che offrisse una nuova dignità alla materia e coinvolgere, insieme a me, 180 musicisti professionisti che per la prima volta si sono messi al servizio della scuola, è stata una sfida davvero emozionante. Questo riconoscimento premia dunque l’idea che la musica sia un luogo di incontro, di scambio, e che la sua pratica, sin dalla scuola, sia un bene prezioso per l’intera società”.

Ricordiamo che l’editrice “Lattes” ha già vinto un “Belma” nel 2021, “Premio Speciale della Giuria”, con un testo per le scuole medie che affrontava temi di “Educazione Civica” attraverso la vita e l’opera di Dante.

La “Casa Editrice Lattes” è stata fondata a Torino nel 1893, quando Simone, allora impiegato dell’odierna “Libreria Luxemburg”, aprì la “Lattes” di via Garibaldi 3. Nella seconda metà del Novecento si è progressivamente concentrata sulla scuola secondaria di primo e secondo grado pubblicando libri di testo che hanno accompagnato milioni di studenti. Oggi la “Casa Editrice” è guidata dalla quinta generazione della famiglia Lattes. E si continua nel tempo con lo stesso intelligente entusiasmo e la passione, quella di sempre, che fu di nonno Simone.

g.m.

Nelle foto:

–       Simone Lattes e Nicola Campogrande

–       Logo “Lattes 130”

“Riflessi” a “Spazio Kairòs” La sfida di una rassegna teatrale a Barriera di Milano

Dal 21 ottobre al 4 maggio 2024

Ormai il luogo e le iniziative che lo caratterizzano sono più che note al pubblico teatrale subalpino. Parliamo di “Spazio Kairòs”, il teatro aperto (con una buona dose di coraggio) in piena pandemia, al civico 7 di via Mottalciata a Torino, in una ex fabbrica di colla riadattata, posta al confine fra “Barriera di Milano”, “Regio Parco” ed “Aurora”. Teatro che è sede-casa di “Onda Larsen”, Associazione Culturale affiliata “Arci Torino” e che, dal 2008, si occupa di teatro e arti performative sotto la guida di tre “simpaticoni” (come loro stessi si autodefiniscono) che rispondono ai nomi di Riccardo De LeoGianluca Guastella e Lia Tomatis. Un gran bel trio in procinto di prendere il largo con la nuova stagione teatrale di “Spazio Kairòs”, dal titolo “Riflessi” e messa in agenda da sabato 21 ottobre a sabato 4 maggio 2024. Non ha dubbi il vicepresidente Riccardo De Leo: “‘Riflessi’– dice – vuole essere la stagione della svolta per noi e per il quartiere in cui risiediamo, Barriera di Milano”. Certo è che la stagione punta a proporre titoli di buona qualità, mescolando monologhi commedie, testi sull’attualità e spettacoli musicali ed è il frutto di una puntuale ricerca di spettacoli provenienti da più regioni italiane con particolare attenzione, laddove possibile, ad ospitare compagnie che promuovano spettacoli innovativi, caratterizzati da linguaggi attuali e da alte capacità di intrattenimento. Ancora De Leo: “Abbiamo chiamato la nostra stagione ‘Riflessi’ perché sappiamo quanto la cultura in Italia sia sottovalutata e presa poco sul serio: lo si evince dal numero di singoli spettatori che presenziano agli spettacoli. Mentre i grandi teatri registrano, per fortuna, numeri importanti, i teatri ‘off’ devono attingere a energie del territorio per esistere. Noi vogliamo che in ‘Riflessi’ il pubblico possa trovare una stagione in cui identificarsi, specchiarsi e riconoscersi”.

Bella sfida! E sfida anche tutta torinese, incentrata per altro su un territorio che in città non eccelle, di certo, sul piano della socialità. Ecco perché in cartellone troviamo “spettacoli musicali, sensoriali e cinematografici per avvicinare il quartiere al nostro teatro e far sì che le persone possano trovare un luogo non solo culturale ma anche un punto di riferimento umano dove specchiarsi e identificarsi”. Particolare attenzione è rivolta alle compagnie torinesi e a un genere che sta prendendo sempre più piede, la “stand up comedy” (esibizione dell’attore “in piedi” rivolto direttamente al pubblico, senza la “quarta parete”) cui, per cinque giorni, a febbraio, sarà dedicata la “Settimana della Stand up comedy” con cinque spettacoli diversi, coinvolgenti e molto divertenti, con l’idea di aggiungere delle date in più, se, come è successo l’anno scorso, si registrassero sold out. “Il nostro obiettivo – conclude De Leo – è semplice e ambizioso: il pubblico non deve vedere solo spettacoli ma ‘essere’ parte dello spettacolo grazie alla propria energia e partecipazione, che devono tornare ad essere protagoniste del teatro, dopo gli anni della pandemia, che hanno segnato nel profondo le abitudini degli italiani”.

Per info sul programma dettagliato: “Spazio Kairòs”, via Mottalciata 7, Torino; tel. 339/3881949 o www.ondalarsen.org

IL via, sabato 21 ottobreore 21, con “Dopo tempesta” (dal nuovo album “Gelicidio”), di e con Eugenio Rodondi per la regia di Luigi Orfeo. Musicisti: Federico Bevacqua, Vittorio Campanella, Andrea Fusco, Francesco Moroni Spidalieri e Giulia Provenzano. Lo spettacolo è prodotto da “DEWREC” in collaborazione con “Casa Fools”. In sintesi:  cinque musicisti, un cantautore e un teatro come rifugio. Fuori, una tormenta che non si placa da mesi. Un viaggio tra il silenzio e la confusione, dove tutte le certezze personali crollano come “le pareti della casa in cui abiti”. Un percorso metaforico che guida il pubblico verso valutazioni introspettive e psicologiche, accompagnate dalle canzoni di Eugenio Rodondi.

Sabato 4 maggio 2024, al termine di una lunga carrellata di spettacoli, la chiusura della stagione sarà affidata al debutto nazionale di “Onda Larsen” – padroni di casa– ancora “in fare di creazione, per un ultimo scampolo di riflessione”.

g.m.

Nelle foto:

–       Immagine guida della stagione teatrale

–       “Onda Larsen”

–       “Dopo tempesta”

“Quando baciavo qualcuno di nuovo, dentro di me mi mancavi”

Music Tales, la rubrica musicale

“Ogni volta che provo a trovare qualcuno che prenda il tuo posto

È tutto inutile, no, le loro labbra non sono mai state le stesse, no, baby

Quando baciavo qualcuno di nuovo, dentro di me mi mancavi”

Nato a Chicago, figlio di Drusella Huntley e nipote di Martha Pitts, cantante di gospel,  comincia a cantare nel coro gospel della chiesa con la nonna fin dall’età di tre anni. Si è diplomato alla Vashon High School nel 1963. Ha avuto la possibilità di studiare musica grazie ad una borsa di studio presso la Howard University di Washington, dove conosce Roberta Flack, con la quale instaura un forte sodalizio umano ed artistico durato fino alla sua morte. Abbandona la Howard University nel 1967, subito dopo aver ricevuto offerte di lavoro nel mondo della musica.

Lavora a Chicago, inizialmente come produttore ed autore presso la Twinight Records, dove ha la possibilità di collaborare con artisti come Aretha Franklin, Jerry Butler, Curtis Mayfield, The Staples Singers, Carla Thomas, ma il suo debutto discografico avviene nel 1969, anno in cui firma un contratto con la Atco Records, della quale esponente di spicco e produttore è King Curtis, e pubblica il suo primo singolo The Ghetto, Pt. 1 contenuto nel LP Everything Is Everything, acclamato dalla critica.

Il 13 gennaio 1979 l’artista è stato trovato morto sul marciapiede del New York’s Essex House Hotel, dove pernottava in una stanza al quindicesimo piano. La morte fu ben presto considerata suicidio vista la sua precaria salute psicofisica.

Stiamo parlando di Donny Edward Hathaway

(Chicago, 1º ottobre 1945 – New York, 13 gennaio 1979)

E la canzone scelta da me oggi per voi è “love, love, love”

La canzone  esprime la gioia e il desiderio travolgente dell’amore. Il testo ritrae un senso di attesa paziente per l’arrivo dell’amore (“Love, love, love, why’d you take so long to come to me?”) e si chiede se l’amore si sia sempre nascosto (“And love, love, your love, tell me, were you hiding from me all the time?”).

Sottolinea il profondo impatto dell’amore sulla vita del narratore. Nonostante i tentativi di riempire il vuoto lasciato dall’amore con altre persone (“Ogni volta cerco di trovare qualcuno che prenda il tuo posto”), nessuna si avvicina al sentimento e al legame che aveva con la persona amata (“No, le loro labbra non erano mai del tutto uguali”). Il narratore si rende conto che, anche quando stava con qualcuno di nuovo, il suo cuore continuava a desiderare la persona che amava veramente (“Quando baciavo qualcuno di nuovo, dentro di me mi mancavi tu”). Il narratore è ora incerto su cosa fare, poiché si è completamente abbandonato all’amore (“Now I don’t know just what I’m gonna do”). Anche quando si guardano intorno e vedono il vuoto, la presenza dell’amata indugia nella loro mente (“All I saw was your sweet face”).

Nella seconda strofa, il narratore esprime come l’amore lo commuova e lo colpisca profondamente. La sola vista del sorriso dell’amata ravviva e risuona in tutto il suo essere (“L’amore, il tuo amore, ogni volta che sorridi, mi attraversa tutto il tempo”).

«L’amore è il trionfo dell’immaginazione sull’intelligenza..»

Vi invito all’ascolto ed attendo le vostre impressioni sul brano:

Buon ascolto

CHIARA DE CARLO

(2) Love, Love, Love – YouTube

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

“Pugno di sabbia”, tornano i Subsonica

IL PRIMO SINGOLO CHE ANTICIPA IL NUOVO ALBUM IN USCITA NEL 2024

 

vendita biglietti

venerdì 20 ottobre ore 10.00 per gli iscritti alla newsletter della band 

lunedì 23 ottobre ore 10.00 MyLiveNation

martedì 24 ore 10.00  vendita generale 

 

18 ottobre 2023 – I Subsonica annunciano SUBSONICA 2024 TOUR: il ritorno sui palchi nei principali palazzetti italiani. La tournée, prodotta da Live Nation, toccherà sette città e Palasport nel mese di aprile 2024. Si parte il 3 aprile a Mantova e si prosegue il 4 aprile a Milano, il 6 aprile a Conegliano (TV), l’8 aprile a Roma, il 10 aprile a Bologna, l’11 aprile – a Firenze per chiudere il 13 aprile a Torino.

 

I biglietti saranno disponibili dalle ore 10:00 di venerdì 20 ottobre per tutti gli iscritti alla newsletter della band, dalle 10:00 di lunedì 23 ottobre per gli iscritti a MyLiveNation e dalle ore 10:00 di martedì 24 ottobre sarà aperta la vendita generale su ticketmaster.it, ticketone.it e vivaticket.com.

 

Ed è proprio dal palco montato su un ring – a richiamare l’immaginario del nuovo singolo “Pugno di Sabbia” in uscita il 20 ottobre – all’Ex Macello di Milano che i Subsonica lanciano le date dei nuovi attesissimi concerti. Durante lo showcase, dedicato al pubblico più fedele, i Subsonica hanno ripercorso tutta la loro straordinaria storia suonando in scaletta per ordine il primo singolo di ogni album che ha segnato la loro longeva carriera, concludendo con il recente “Pugno di Sabbia” che anticipa il decimo album, previsto per il 2024.

Qui materiale video e foto della serata: link

Prossimo appuntamento con il pubblico sarà a Torino venerdì 20 ottobre. Le modalità di partecipazione verranno comunicate sui social della band.

 

“Dopo 27 anni di storia in una band ognuno di noi – raccontano i Subsonica – ha imparato a conoscere l’altro più di se stesso ed è sempre molto forte il sogno condiviso e la consapevolezza di avere costruito insieme una solidità capace di sfidare il tempo e le onde della sorte. A proposito di tempo l’appuntamento che si avvicina è importante: quello con il decimo album, che abbiamo voluto interpretare al massimo delle capacità, mettendo a disposizione anche il frutto delle singole esperienze, per realizzare un disco che in questo momento sentiamo fondamentale”.

I Subsonica nel 2023 sono una band che ha visto il mondo cambiare radicalmente più volte, ma che ha mantenuto la percezione di ciò che non cambierà mai. Per esempio il live “vissuto come momento di fortissima connessione tra di noi e tra noi e il resto delle persone che, seguendoci, scelgono di fare parte di una storia che continua a essere scritta su ogni palco, ad ogni singolo e irripetibile concerto”.

 

 

Dal 20 ottobre sarà disponibile in radio e su tutte le piattaforme digitali “Pugno di Sabbia”, il singolo che anticipa il decimo album in studio, in uscita nel 2024.

Un “Pugno di sabbia” è quello che simbolicamente ci resta in mano quando, ancorati ad un passato che non passa, cerchiamo di combatterne ombre e  fantasmi senza mai cambiare percezione e prospettive. Rimanendo intrappolati.

Un riff di chitarra distorta, su un clap di Roland 808: (la drum machine più utilizzata dal mondo trap e hip hop) chiarisce già da subito, con accostamento apparentemente impossibile, che i confini sono fatti per essere demoliti. Cosa che i Subsonica amano fare dal 1996.

Pugno di sabbia  gioca a confondere le idee tra pulsazione black, distorsioni rock, tra rullate di batteria e urla al microfono, tra melodia italiana e suggestioni meticce targate UK, in crescendo costante fino alla fine. Un’energia travolgente e senza pari che i Subsonica non mancheranno di trasmettere anche live nei palazzetti italiani.

 

Radio Capital è la radio ufficiale del tour

 

Segui su:

http://www.subsonica.it/

IG @subsonicaofficial

FB @Subsonica

 

NOTE BIOGRAFICHE

 

I Subsonica sono un gruppo rock elettronico italiano nato a Torino nel 1996 dall’unione di alcuni esponenti della scena musicale alternativa: Samuel (cantante), Max Casacci (produttore e chitarrista), Boosta (tastierista), Ninja (batterista), e Pierfunk (bassista), sostituito poi da Vicio nel 1999. La band, influenzata dai linguaggi musicali più sperimentali, ha rivoluzionato la scena e ha creato un sound molto riconoscibile, coniugando suoni elettronici, incisività melodica tipicamente italiana e grande carica sul palco. I Subsonica sono, infatti, unanimemente apprezzati per la potenza del loro live. Numerosi i premi e riconoscimenti avuti, fra i quali: Premio Amnesty Italia, MTV Europe Music Award, Premio Italiano della Musica, Italian Music Award, Premio Grinzane Cavour, TRL Award, ed una partecipazione al Festival di Sanremo. Nella loro carriera hanno pubblicato gli album: “Subsonica” uscito nel 1997, “Microchip emozionale” del 1999, “Amorematico” del 2002 che conta 100.000 copie vendute, “Terrestre” del 2005, 110.000 copie vendute, “L’eclissi” del 2007, “Eden” del 2011, certificato platino, “Una Nave in una Foresta” del 2014, certificato platino, la raccolta del 2008 “Nel vuoto per mano 1997/2007”, certificata platino, e “8”, uscito il 12 ottobre 2018 a cui seguono un tour europeo a dicembre 2018, la tournée italiana nei palazzetti (febbraio 2019) e date estive nei principali festival italiani. Il 22 novembre 2019 il gruppo pubblica “Microchip Temporale”, una speciale riedizione di “Microchip Emozionale”, in collaborazione con 14 artisti. Venerdì 24 aprile 2020 viene pubblicato “Mentale Strumentale”, nono album inedito dei Subsonica, registrato nel 2004. All’uscita discografica segue l’omonimo tour che, dopo essere stato spostato a causa dell’emergenza sanitaria, è partito il 1° aprile 2022 e ha registrato il tutto esaurito.  La tournée segue il tour estivo che nel 2021 ha toccato diverse piazze e venue all’aperto in tutta Italia. A luglio 2022 segue la tournée estiva ATMOSFERICO 2022 con cui la band ha celebrato il ventennale di Amorematico, il terzo album dei Subsonica, pubblicato l’11 gennaio 2002. Durante l’80esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, i Subsonica vengono insigniti del Premio Speciale Soundtrack Stars Award per la musica di “Adagio”, film di Stefano Sollima. Il 20 ottobre 2023 esce “Pugno di Sabbia”, il nuovo singolo. La band sta lavorando al decimo album in studio ed ha appena annunciato il SUBSONICA 2024 TOUR, che li vedrà tornare ad esibirsi nei principali palazzetti italiani.