SPETTACOLI- Pagina 72

“Da casa con”, Laura Pompeo ospita “il Torinese”

La rubrica “Da casa con” di Laura Pompeo  e’ nata nell’aprile 2020, quando L’isolamento a cui eravamo costretti dal lockdown aveva messo in pausa le relazioni sociali in presenza. Ha avuto fin da subito un grande successo, che e’ cresciuto ulteriormente negli anni, grazie anche alle diverse piattaforme che la trasmettono.
Nel settembre 2021 e’ iniziata la nuova serie: nuova impostazione e nuovo calendario che vede al centro i punti di svolta delle vite dei grandi ospiti, figure significative della nostra società (da Pupi Avati a Davide Livermore, da Sara D’Amario a Margherita Oggero, da Mons. Bettazzi a Bruno Gambarotta), provenienti da diversi mondi e capaci di un’analisi attenta dell’attualità e di una visione sul futuro.
Ora la rubrica ha compiuto 𝘁𝗿𝗲 𝗮𝗻𝗻𝗶 e mezzo e si avvicina al traguardo delle 250 𝗽𝘂𝗻𝘁𝗮𝘁𝗲, ha superato i 5 milioni di visualizzazioni sui social e i 200.000 ascolti mensili via radio. E mercoledì 25 ottobre h 19 ospiterà il direttore de “Il Torinese” Cristiano Bussola.

La rubrica #𝗗𝗮𝗖𝗮𝘀𝗮𝗖𝗼𝗻 e’ crossmediale: si trova su FaceBook (pagina Laura Pompeo), su 𝗬𝗼𝘂𝗧𝘂𝗯𝗲, su 𝗦𝗽𝗼𝘁𝗶𝗳𝘆 https://open.spotify.com/show/6iJwrcwL8Xu3olYaCjWMyq?si=tGAhDqt9TZ6deOesQGrgLw;
su R𝗮𝗱𝗶𝗼 𝗠𝗼𝗻𝗰𝗮𝗹𝗶𝗲𝗿𝗶 il lunedì h 10.30, il martedì h 14.00, il giovedì h 12.00 (www.radiomoncalieri.net),
su 𝗥𝗮𝗱𝗶𝗼 𝗦𝘁𝗲𝗹𝗹𝗮 il lunedì h 10.30 (www.RadioStellaPiemonte.net).
#𝗗𝗮𝗖𝗮𝘀𝗮𝗖𝗼𝗻. 𝗤𝘂𝗮𝗿𝗮𝗻𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗾𝘂𝗮𝗿𝗮𝗻𝘁𝗲𝗻𝗮 è anche un libro pubblicato da Pintore editore (2022) e acquistabile in libreria o sul sito dell’editore. E’ in corso di stampa il secondo volume.

Il regista Chazelle premio Oscar per La La Land riceve a Torino il premio Stella della Mole

 AL MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA

 

Il regista vincitore dell’Oscar e del Golden Globe per La La Land riceverà il premio Stella della Mole in occasione di una Masterclass sui suoi classici moderni acclamati in tutto il mondo e sui film a tema musicale che hanno fatto di lui uno dei più influenti giovani autori del nostro tempo

 

Martedì 24 ottobre 2023

ore 18:30 – Museo Nazionale del Cinema

ore 20:30 – Cinema Massimo

 

Che si tratti di portare sul grande schermo straordinari spettacoli o di esplorare le più intense relazioni umane, Damien Chazelle ha costantemente dimostrato la propria abilità nell’affascinare il pubblico superando i confini dei generi tradizionali e dello storytelling cinematografico attraverso le sue vibranti immagini e la sua eccezionale dedizione all’arte cinematografica. Il Museo Nazionale del Cinema di Torino rende omaggio a uno dei più influenti autori del nostro tempo, che continua a plasmare il panorama del cinema contemporaneo con la sua distintiva voce creativa, ricevendo i massimi riconoscimenti nel settore e facendo di lui il più giovane cineasta a vincere il Golden Globe e l’Academy Award al miglior regista.

Visionario regista, sceneggiatore e produttore di classici moderni acclamati in tutto il mondo e di film a tema musicale che hanno mescolato romanticismo e scandalosi eccessi dello show business, Chazelle sarà protagonista di una Masterclass, martedì 24 ottobre 2023 alle ore 18:30 nell’Aula del Tempio della Mole Antonelliana e, alle 20:30 al Cinema Massimo, introdurrà la proiezione del suo ultimo sontuoso Babylon (2022), black dramedy ambientata nella Hollywood anni Venti, con un cast stellare che include Margot Robbie e Brad Pitt, entrambi nei panni di attori che affrontano la transizione dell’industria dai film muti al sonoro.

Il pluripremiato cineasta dialogherà con il direttore del Museo Domenico De Gaetano e il critico Grazia Paganelli riguardo a quelle fortunate imprese cinematografiche e opere meticolosamente realizzate che hanno dato il via a un tripudio di sperimentazione e innovazione, dai suoi primi successi con Guy and Madeline on a Park Bench e il pluripremiato Whiplash a un musical rivoluzionario come La La Land e all’intenso dramma biografico First Man.

Prima dell’evento – a cura di Marco Fallanca – Damien Chazelle riceverà la Stella della Mole, quale riconoscimento per aver apportato una prospettiva unica ai suoi progetti, infondendoli della passione, creatività e impegno senza compromessi necessari a conseguire la sua visione artistica: spesso incentrata sulla musica e sul perseguimento dei sogni, la sua filmografia ha affrontato temi come il perfezionismo, la dedizione, le difficoltà e le sfide che conseguono al raggiungimento del successo, spingendo le persone dotate di un potenziale talento oltre i propri limiti e destrutturando l’intero concetto di ambizione.

“È un vero onore ricevere questo premio e ritornare a Torino, dove ho presentato in concorso il mio primo film ormai 14 anni fa – racconta Damien Chazelle. Quella visita sarà sempre uno dei miei ricordi più cari: la bellezza della città, il Museo del Cinema, la sensazione di viaggiare indietro nel tempo attraverso la storia del cinema. Il cinema italiano è stato per me molto formativo e, quindi, essere di nuovo qui – nel Paese di Fellini, Pasolini e Visconti – è di per sé un’emozione: un luogo dove i fantasmi del passato del cinema infestano le strade e ci ricordano ciò per cui vale veramente la pena lottare in questa forma d’arte che amiamo”.

“Damien Chazelle è senza dubbio un genio del nostro tempo destinato a lasciare la sua impronta indelebile nella storia del cinema ed è un vero privilegio per questa istituzione ospitare la sua Masterclass in uno scenario evocativo come la Mole Antonelliana” – dichiara Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema. “Il suo amore per la Golden Age di Hollywood traspare nella prodigiosa eccellenza dei suoi film: lo stesso amore per il cinema narrativo classico e per quello mondiale contemporaneo che vogliamo celebrare nel nostro museo, trasmettendolo al pubblico e ai visitatori”.

“Sin dal suo sorprendente esordio alla regia, premiato con il Premio Speciale della Giuria al Torino Film Festival nel 2009, Damien Chazelle ha messo in mostra il precoce talento e il suo approccio visionario allo storytelling, esplorando narrazioni innovative e trasportando gli spettatori in un viaggio toccante e coinvolgente” – sottolinea Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del Cinema – “Con la gamma emotiva dei suoi marchi visivi che spaziano dal montaggio serrato a un utilizzo virtuosistico del piano sequenza e di eleganti riprese in cinemascope a figura intera, i suoi film con cast magistralmente sublimati riescono ad approfondire l’impatto emotivo e psicologico che l’ambizione può provocare, offrendo anche un ritratto sfumato degli alti e bassi nell’inseguire i propri sogni”.

DAMIEN CHAZELLE

Nato a Providence, Rhode Island, nel 1985, Damien Chazelle ha studiato filmmaking presso il dipartimento di Studi Visivi ed Ambientali dell’Università di Harvard, dove si è laureato nel 2007. Ha scritto e diretto il lungometraggio di esordio come parte del suo progetto di tesi insieme con il collega di corso e futuro frequente collaboratore Justin Hurwitz: Guy and Madeline on a Park Bench ha debuttato al Tribeca Film Festival nel 2009 e ha ricevuto svariati premi nel circuito festivaliero, ottenendo una distribuzione limitata e aprendo al plauso della critica. Il successivo Whiplash (2014) ha visto la luce come prova di fattibilità concretizzatasi in un pluripremiato cortometraggio presentato al Sundance Film Festival, che ha aiutato a ottenere il finanziamento iniziale per la versione lungometraggio con Miles Teller, J.K. Simmons (vincitore del premio Oscar, Golden Globe, BAFTA, Critics’ Choice, SAG, Independent Spirit e Satellite per il miglior attore non protagonista) e Paul Reiser. Il film, che narra di uno studente di musica e aspirante batterista jazz spinto al proprio limite dal suo severo insegnante, ha vinto il Gran premio della giuria e il Premio del pubblico nella sezione competitiva U.S. Dramatic, ha guadagnato 5 candidature all’Oscar tra cui Miglior film e Miglior sceneggiatura non originale (vincendone tre, tra cui Miglior montaggio e Miglior sonoro) e ha incassato 49 milioni di dollari su un budget iniziale di 3,3 milioni. La La Land (2016) – musical sentimentale e contemporaneo con Emma Stone nei panni di un’aspirante attrice e Ryan Gosling in quelli di un ambizioso musicista jazz – ha aperto la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2016 e ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui la vittoria da record di 7 premi ai 74esimi Golden Globe e ricevuto 11 nomination ai 70esimi Premi BAFTA, vincendone 5, tra cui Miglior film. Il film ha ricevuto 14 candidature agli 89esimi Academy Awards – eguagliando il record di Eva contro Eva e Titanic – e ha vinto in 6 categorie principali. Ha chiuso con un attivo di 447 milioni di dollari su un budget iniziale di 30 milioni. Chazelle ha lavorato nuovamente con Gosling in First Man (2018), tratto dalla sceneggiatura di Josh Singer che segue gli anni precedenti la missione dell’Apollo 11 e di Neil Armstrong sulla Luna. Nel 2022 ha scritto e diretto Babylon, che ha ricevuto innumerevoli candidature a premi, incluse tre ai 95esimi Academy Awards.

La Masterclass di Damien Chazelle sarà disponibile in esclusiva sulla piattaforma InTO Cinema dalle ore 11:00 del 25 ottobre fino alle ore 23:00 del 5 novembre al costo di 3 euro.

Biglietti acquistabili da lunedì 23 ottobre al link https://cinema.museitorino.it/

Manca un’anima allo Scorsese di oggi e “Killers” s’inaridisce e si ripete

Sugli schermi “Killers of the flower moon” con DiCaprio e De Niro

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Arrivato al suo ventiseiesimo titolo in veste di regista – per tacere dei documentari e dei cortometraggi, degli abiti di produttore e delle sceneggiature scritte per sé e per altri, della sua faccia di italoamericano prestata agli amici (c’è di tutto, da Kurosawa ad Arbore) – Scorsese ha deluso. Certo anche prima, tra il 1967 e il 2019, ci sono stati titoli capolavoro (uno per tutti, “Quei bravi ragazzi”), titoli che ti sono rimasti fissati nella memoria e altri che di anno in anno sono scivolati via (uno per tutti, “Al di là della vita”, la presenza di Nicolas Cage non è mai una garanzia), titoli che forse non hanno aggiunto granché ad un ricordo o ad una convinzione. Adesso sforna sugli schermi “Killers of the flower moon”, un “filmone”, spettacolare, derivato dal romanzo/inchiesta di David Grann “Gli assassini della terra rossa”, pubblicato sei anni fa e ispirato a fatti realmente accaduti negli anni Venti americani, quelli che hanno definitivamente messo da parte “l’età dell’innocenza”), 206’ implacabili che dovrebbero tenere lo spettatore appiccicato alla poltrona del cinema. Per carità, Scorsese è e rimane sempre Scorsese, ma conduce le vicende non tanto con il piacere quanto con la caparbietà ossessiva del racconto, sì certo, illumina alcuni squarci che ne rimettono in gioco la vibrante personalità, affida con risultati discutibili ai suoi due attori monstre, De Niro e DiCaprio, la malvagità conclamata, rivestita di un bene chiamato a fare da paravento, e quella sottotono, impacciata, strisciante, debole, che intacca le fondamenta di un rapporto familiare giorno dopo giorno, senza via di fuga. E nella parte centrale del film, ampissima oltre ragionevolezza, l’attenzione langue, fino a rasentare la noia. È la sceneggiatura, scritta da Eric Roth oltre che dal regista, ad essere sbagliata, debordante, incredibilmente ripetitiva, incapace di tagliare gran parte di quelle piccole vicende di secondo piano che disturbano e ostacolano una narrazione che avrebbe la necessità di correre sulla limpidezza, quelle tante parole e dialoghi che ascolti in più occasioni in tutta la loro similarità, quei personaggi minori che non hanno uno sviluppo e ti cascano lì, senza preparazione, con il solo fine di non riuscire a memorizzarne contenuti e finalità.

Poi, nel finale che sa di cinema nel cinema, ma qui il cinema si chiama radio – magistrale a confronto di un sottofinale che sono le poche scene del processo, impoverite e senza spazio -, grandioso colpo d’ala, ti riappacifichi con l’autore, nella ricostruzione radiofonica di quanto ci è stato dato vedere nelle ore precedenti, tra stacchetti musicali, utilizzo di voci e finestre che si chiudono e sfrigolii e rumori di stoviglie rotte e bottiglie e tappi che saltano. La parola e il gesto più forti della immagine? Un mondo totalmente diverso (in cui fa capolino anche il regista) da quello violento che lo ha preceduto, una parte dedicata allo stermino e un’altra all’arrivo (finalmente) dell’FBI di Hoover di fresca nomina a cercare di far luce sulle tante uccisioni, le ultime scene per mostrare un’invenzione, un carattere antico, il solido svolgersi di certe leggi visive.

E allora che cosa, prima? La descrizione dello sterminio di un popolo, quello degli indiani Osage, nativi del Kansas e da lì trasferiti nelle terre dell’Oklahoma, una quarantina d’anni prima dei fatti narrati, cui la natura ha regalato i giacimenti dell’oro nero, di quel petrolio che li rende da un attimo all’altro tra le persone più ricche d’America. E allora ecco che sono case signorili, begli abiti e cappellini piumati, signore che scendono da eleganti auto aiutate da autisti bianchi che mal sopportano con il sorriso sulle labbra. Il malvagio William Hale, per tutti “the king”, proprietà al centro della pianura, intenzionato oltre misura ad accrescere il proprio patrimonio, che tende a fare il bello e il cattivo tempo nell’intero territorio, mal sopporta e all’arrivo nella natìa Fairfax del nipote Ernest, dal conflitto mondiale dove ha combattuto, inizia a tessere alla grande la sua tela, buttandolo alla scoperta di Mollie, indiana Osage, e della sua ricca famiglia: matrimoni e ammazzamenti, ereditiere e mariti bianchi pronti a ereditare, all’ombra d’un gufo che si mostra ad annunciare prossime morti. Gli omicidi diventano banalità quotidiana. Matrimonio e prole non tardano ad arrivare ma il cattivo non sta certo con le mani in mano: intesse agguati e omicidi, esplosioni, assoldando, o meglio facendo assoldare nell’intento di non sporcarsi in prima persona le mani, brutti ceffi che compiono appieno il lavoro di pulizia. Mentre lo Stato debolmente promette, prima del definitivo arrivo dei nostri, come nel vecchio West, il nipotino s’incanala nei disegni dello zio, cercando di accelerare l’agonia della moglie già sofferente di diabete. È in quella carneficina (che non tralascia neppure cervelli spappolati e mani ritrovate nell’incendio: certi particolari da horror film Scorsese li avrebbe messi in qualche suo passato gangster movie?) che il regista mostra le proprie maggiori debolezze, nel ripetersi senza alcun guizzo di uccisioni, di coltellate e di pistolettate sparate a bruciapelo, in un imbarazzante copiaincolla, in una faticosa sequenza di immagini che lasciano trasparire apertamente il loro esatto doppio poco oltre. E una cosa che, di conseguenza, Scorsese dimentica è quell’appropriarsi, da parte di un’autentica ”anima”, delle tante e differenti storie, da parte dell’anima del regista, di una concreta partecipazione, che altrove – nelle carneficine di “Goodfellas” e di “Gangs of New York”, nel ghigno del Nicholson di “Departed”, nei pugni di “Toro scatenato”, nella grandezza malefica di “Casinò” – ha avuto maggior peso. Pur nella descrizione di quello stesso male.

Pur nelle zone d’ombra, si respirano attimi di “Nascita di una nazione” o dei “Cancelli del cielo”, spruzzate del cinema di Sergio Leone e del “Petroliere” e del “Gigante”, tutti quanti a mostrarci crudeltà, arrivismo, avidità da sempre al centro dell’eterno “atomo opaco”. In questa sorta di traballamento generale e di scossoni positivi che non risolvono, De Niro è malvagissimo quando deve fare il malvagio, e soprattutto sa farlo, Di Caprio si stampa in viso la maschera dell’imbelle e non la lascia più, incarognendola ancor più con quel trucco alla “Padrino” di Marlon Brando, cotone tra gengive e guance e bocca che guarda in giù. Non aiuta certo la Mollie di Lily Gladstone, anima del Bene, ma troppo sottotono per reggere il peso della bontà e della vittoria.

Rock Jazz e dintorni a Torino. I Negrita e Marcus Miller

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al Jazz Club serata blues con il Fretstrings Duo.

Mercoledì. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Bombino.

Giovedì. Al Peocio di Trofarello è di scena Gus. G. Al Cafè Neruda  suona il sassofonista Luca Biggio con l’M.K . Project.All’Hiroshima si esibisce il rapper Johnny Marsiglia. Allo Spazio 211 suona la band di Atlanta Algiers.

Venerdì. Allo Ziggy è di scena Klasse Kriminale e Il Complesso. Al Concordia di Venaria suonano i Negrita. All’Imbarchino si esibisce Vera Di Lecce. Al Circolo della Musica di Rivoli è di scena Giulia Bi. Al Blah Blah suonano i Peter Kernel. Al Folk Club si esibisce Paolo Capodacqua. Al Circolo Sud suona il trio “Manouche” di Elias Prinz. Al Bunker è di scena il duo Walker- Violot. All’Hiroshima si esibisce Giorgio Canali con i Rossofuoco. Al Magazzino sul Po sono di scena gli Iside.

Sabato. Al Supermarket suonano gli Impaled Nazarene. Si inaugura “Moncalieri Jazz” con la “Notte nera” in varie sedi del centro con : il sestetto “Nica” Fabbrini, il quintetto di Camilla Rolando, il quartetto di Carmen Ferrante, la violinista Anais Drago con gli Accordi Disaccordi, il trio di Eleonora Strino. Sempre a Moncalieri è di scena la portoghese Biia.

Domenica. Al Blah Blah suonano i Raein. Al teatro Colosseo si esibisce il bassista “fusion” Marcus Miller.

Pier Luigi Fuggetta

Peter Pan, ovvero l’isola dei bambini sperduti

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO) Domenica 22 ottobre, ore 16

 

Un viaggio nell’immaginazione con Peter, Capitan Uncino, Wendy e la colonna sonora con brani originali di Paolo Silvestri per Favole a Merenda

 

 

“Peter Pan” è un classico perché affronta aspetti della condizione umana che non conoscono età e periodi storici e suggerisce ancora oggi nuove riflessioni. La capacità di immaginare, che ha il suo picco proprio nell’infanzia, è fondamentale per l’essere umano: in un mondo bombardato da immagini, paradossalmente diventa sempre più difficile sviluppare questa attitudine. Peter Pan, spiega Giorgio Scaramuzzino: «ci è sembrato un ottimo pretesto per ribadire il fatto che il sogno e l’immaginario infantile non devono mai spegnersi, anche quando inevitabilmente il nostro corpo affronta l’età adulta. “Essere un bambino” non per rifiutare responsabilità e voltare le spalle alla realtà, ma per affrontare il quotidiano con più leggerezza e originalità».

In scena gli attori Alessandro Pisci, Pasquale Buonarota e Celeste Gugliandolo si calano rispettivamente nei ruoli di Peter, Capitan Uncino e Wendy. Le gradinate che compongono la scenografia si trasformano alternativamente nella barca dei pirati o nell’Isola che non c’è. Non mancherà l’interazione con i piccoli spettatori che in alcuni momenti sono parte integrante dello spettacolo. Fondamentale nella messa in scena la colonna sonora composta da Paolo Silvestri: parte della narrazione è infatti affidata ai brani originali che vengono cantati dagli attori e che accompagnano il pubblico in un viaggio nell’immaginazione.

 

Domenica 22 ottobre, ore 16

Peter Pan, ovvero l’isola dei bambini perduti

Favole a merenda

Drammaturgia Giorgio Scaramuzzino, Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci

Regia Giorgio Scaramuzzino

Con Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci, Celeste Gugliandolo

Musiche Paolo Silvestri

Scene e costumi Lorenza Gioberti

Luci Aldo Mantovani

Coproduzione Teatro Nazionale di Genova e Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus

Biglietti: adulto 10 euro – bambino 7 euro

Il festival di danza contemporanea di comunità e musica alla Palazzina di Caccia di Stupinigi

Il festival di danza contemporanea di comunità e musica FESTE  vede un focus alla Palazzina di Caccia di Stupinigi (TO) dal 21 al 29 ottobre 2023, oltre ad alcuni eventi collaterali in varie date, spazi e luoghi del torinese.

Il festival si propone di sensibilizzare la cittadinanza alla sostenibilità ambientale e alla coesione sociale attraverso l’arte e, in particolare, la danza contemporanea e la musica.

Sintesi programma alla Palazzina di Caccia

Approfondimenti e dettagli sul focus a Stupinigi e altri eventi in diversi luoghi e spazi di Torino e dintorni nel Comunicato Stampa e nel Programma allegato in pdf

sabato 21 ottobre | Palazzina di Caccia di Stupinigi e Parco Dora

ore 10,30 – Dance Well, pratica aperta di danza inclusiva rivolta a persone con Parkinson e a tutti, a cura di Lavanderia a Vapore e Centro per la Scena Contemporanea di Bassano del Grappa, in collaborazione con Ass. Giovani Parkinsoniani.

ore 12 – Non me lo spiegavo il mondo, performance di e con Francesca Cola e Giulia Ceolin.

sabato 21 ottobre | Parco della Certosa di Collegno (To) – Chiostro aulico

Ore 14,30 – Nella programmazione di Balla Torino Social Dance, la coreografa Sandy Silva con la documentarista Marlene Millar propongono il Body Music Procession, propongono un workshop di danza percussiva per amatori, danzatori, musicisti, performer. A cura di Coorpi.

domenica 22 ottobre | Parco naturale di Stupinigi

ore 15 – Bestiario | Narrazione per immagini e corpi, vista performativa sul tema degli animali e al loro ruolo nell’arte a cura di Elena Maria Olivero e Serena Fumero (in replica, in forma di, domenica 29 ore 10,30).

ore 15,30  – Iperbosco, pratica immersiva in natura proposta dal Collettivo CIFRA che accoglie diverse personalità creative.

sabato 28 ottobre | Palazzina di Caccia di Stupinigi

ore 15 – Rêverie auprès des cygnes, performance di comunità in omaggio a La morte del cigno di Michel Fokine (1905) con l’accompagnamento di Ornella Balestra.

ore 16,00 – Pause/Solaris, performance e concerto con un gruppo di professionisti e amatori, accompagnati dalla coreografa Doriana Crema con musiche dal vivo di Giorgio Li Calzi e Manuel Zigante.

domenica 29 ottobre | Palazzina di Caccia di Stupinigi

ore 10,30 – Bestiario | Narrazione per immagini e corpi,  performance itinerante a cura di Elena Maria Olivero e Serena Fumero.

ore 12 – Paesaggi interrotti conferenza performativa con Ornella D’Agostino, il paesaggista Luigi Usai e il coinvolgimento degli artisti dell’Accademia del Tempo e di Stazione di Transito (Carovana SMI, Cagliari) per accrescere la consapevolezza dei processi di strutturazione naturale e antropica del paesaggio come principi fondamentali dell’educazione civica.

ore 14 – laboratorio aperto di percussioni e movimento condotto da Elena Pisu e Marco Giovinazzo di Tamtando, in preparazione a Kairos, performance in programma alle ore 16

ore 15 – Filo d’Aria, gesto coreografico per la residenza curata dalla storica danzatrice e coreografa Raffaella Giordano con un gruppo di comunità

ore 16 – Kairos, performance partecipata e aperta a una comunità di amatori e musicisti con i Tamtando.

Info: didee.promozione@gmail.com

Moretti e le amarezze della Ginzburg, la sua prima regia teatrale

Al Carignano, sino al 29 ottobre

Sono passati cinquantasette lunghi anni da quella sera del maggio 1966 in cui sul palcoscenico del Gobetti Pietro chiedeva dov’era il suo cappello e Giuliana a rispondergli “hai un cappello?”. Erano le prime battute di “Ti ho sposato per allegria”, la Ginzburg aveva abbracciato lo Strega due anni prima per i sbrodeghezzi di “Lessico famigliare” e aveva iniziato – non “sposato” come avrebbe voluto Guido Davico Bonino in una sua presentazione: “sposato” un corno!, gli mandò a dire la scrittrice – la sua strada verso il teatro, undici tappe che si sarebbero concluse con “Il cormorano”, del 1991, a pochi mesi prima della morte. Su simile strada s’incontrano “Fragola e panna” (1966, 44 fogli A4 scritti a biro nera, un passaggio in tivù nove anni dopo) e “Dialogo” (1970, Raffaele La Capria le suggerì di scriverla per la televisione e lì fu trasmessa), che lo Stabile torinese ha raggruppato sotto il comune titolo di “Diari d’amore” per la regia di Nanni Moretti che arrivatosene ai settanta sfida le tavole teatrali.

Fedeltà alla scrittrice, s’era imposto Moretti, in questo tranquillo delirio a due da una parte o davanti a quei “pettegolezzi, chiacchiere di donne” dall’altra, fedeltà e pudore, “una puntigliosa umiltà”, mica come la Bobulova che nel “Sol dell’avvenire” ti stravolge il discorso politico in appassionato discorso d’amore. Supponete il rivolo, anzi la fiumana senza l’ombra di un cessare, che è il “Dialogo”, torrentizio a sgranare i ricordi tenui e spiccioli di una coppia, lui Francesco, che ha intenzione di scrivere il libro che Vallecchi sicuramente gli pubblicherà, magari con un premio a Salsomaggiore, uno che fino alla sera prima aveva la sua bella vita tranquilla e regolata, Marta lei, chiusa nella prigione eterna del quotidiano, nella tranquillità di un letto di prima mattina, mentre la bambina di là ogni tanto piange e la tata ha bisogno di soldi per andare a comprare. Dialogo serrato, ermeticamente chiuso, senza luce come quella finestra aperta per un attimo sul niente. E poi quel qualcosa che Marta deve dire, deve confessare, e che non esce mai fuori con il fiato. Tutto è già scritto, fissato, nel senso che nemmeno una virgola, nel linguaggio quasi anonimo di ogni giorno, va spostata, o va omessa, ogni parola è lì giusta e ferma al proprio posto, un aggettivo, ogni verbo non lo si può distorcere, mutare, aggiustare alle proprie, seppure fuggevoli, intenzioni. Stupidi ricordi, le vie di Roma e i paesi della campagna, tipo Soriano del Cimino, quello lassù in culo ai lupi, i gatti e i cani antipatici, le maglie lavate e le fette biscottate che non ci saranno più per la colazione perché se le sarà mangiate già la Concetta, la fuga a Bologna dal fratello, le rotture con le amiche, le mogli brutte e le mogli belle, la rosolia che c’è o non c’è, i camerieri degli amici che non hanno intenzione di sporcarsi le mani. Si parla si parla si parla, di fretta, in quell’avvicinarsi all’urlo del finale. Perché in tutto quello scorrere è il ritmo, è espressa in tutta la propria sonorità la musicalità che alla lettura della commedia (chi vuole, si vada a ricercare “Tutto il teatro” della Ginzburg edito da Einaudi e a cura di Domenico Scarpa) rimane come nascosta, più o meno invisibile. Moretti s’appresta al testo, lo guarda e lo rispetta quasi religiosamente, neppure si sogna d’invaderlo di morettismi, è la sua una regia in punta di piedi, che c’è e non c’è, che s’avverte e non s’avverte, discretissima: ma è una regia precisa e teatralmente costruttiva, fatta di piccoli tocchi, che ha “riempito” la “realtà” dei due attori, di Alessia Giuliani e di Valerio Binasco soprattutto, bravo bravissimo come non ce lo ricordavamo, un piccolo gesto, una leggera paura, un soffio e una sorpresa, un braccio che si alza e il gesto di prendere in mano gli occhiali, il tornare disincantato al pensiero precedente, il saper trasmettere giù in platea la sensazione di un mondo personale che ti stia franando sotto i piedi.

Nelle mie prime commedie c’erano delle donne che chiacchieravano instancabilmente. In seguito m’è venuta voglia di fare delle donne silenziose. Chiacchieravano allora gli uomini… Nelle mie commedie, in tutte, ci sono dei personaggi di cui si parla molto e che non compaiono mai. Tacciono, essendo assenti. Così finalmente c’è qualcuno che tace.” Ovvero le chiacchiere di “Fragola e panna”, la neve che monotona cade fuori, un arrivo imprevisto, una pizzaiola di cui nessuno ha voglia, una moglie, Flaminia, che non ha più una vita accanto a Cesare, una ragazza, Barbara, che di Cesare è stata l’ultima amante. E poi una “serva”, una sorella e Cesare che compare con tutto il proprio cinismo quando Barbara se n’è andata. Situazione balorda, forse anche divertente a ripensare ai silenzi dell’una e alla fiumana di parole (i monologhi della Ginzburg, vere isole nello svolgimento della scrittura) dell’altra, irruenti e scomposte, parole ancora una volta di ogni giorno, cose comuni, senza importanza, con i suoi ritornelli (“E dove vado? Non so dove andare”) e la sua valigia che non sta più chiusa e la devi chiudere con una corda, con le tragedie che aleggiano di tanto in tanto a confronto della “fioritura di barzellette” di cui ci riempiamo le giornate. La noia e l’imbarazzo, quel mestiere che è la vita, senza superbi colpi d’ala (“Avete un’idea strana della disperazione voialtri. Quando uno è disperato, magari non fa mica delle cose tanto diverse dal solito. Magari fa quello che ha fatto tutta la vita”, dirà Flaminia).

Ogni cosa, in “Fragola e panna”, diventa più ammansita, colloquiale, non esasperata come lo è stata nell’atto precedente, ogni cosa sembra svolgersi con maggiore “prudenza”. Qualcuno deve aver anche scritto che è la commedia meno convincente di Natalia. A me è parsa mantenere un solido ritmo, appropriato, convincente, dove eccelle la Barbara di Arianna Pozzoli ragazza squinternata e vittima, fatta di tutto e di niente, una delle tante squinternate delle pagine della scrittrice, giusta nei gesti e nelle parole. Accanto a lei, a riceverla nella casa, la serva di Daria Deflorian, su cui Moretti deve aver lavorato poco, tanto le ha lasciato campo libero (ma forse qualcuno mi dirà che sbaglio di grosso) di gigionare, di muovere le braccia fuori misura, di girovagare per il palcoscenico senza freni. Le scene ridottissime, tra quel letto prima e quei divani verdi poi, sono di Sergio Tramonti. Si replica sino al 29 ottobre.

Elio Rabbione

Nelle immagini: la foto di Nanni Moretti è di Alberto Novelli; le foto dello spettacolo sono di Luigi De Palma.

“Jean Valjean”. Una storia di altri tempi, al Teatro Gioiello

Candidato all’Italian Musical Awards, tratto dal celebre romanzo “I Miserabili” di Victor Hugo e con 6 attori in scena che interpretano ben 29 personaggi, accompagnati da un ensemble musicale completamente dal vivo, ritorna a Torino, “Jean Valjean – questa è la mia storia”.

Una storia di altri tempi, al Teatro Gioiello, sabato 21 e domenica 22 ottobre, ma assolutamente attuale, l’uomo alle prese con la propria identità ed i propri valori. L’ex forzato Jean Valjean racconta in prima persona una vita di riscatto tra il penitenziario di Tolone, la fabbrica di Monsieur Madeleine e gli stascichi della Rivoluzione francese. Con Sebastiano Di Bella, formatosi alla Scuola d’Arte Drammatica “Anna Bolens”, per anni stretto collaboratore di Dario Fo e protagonista del programma “L’Albero azzurro” in televisione, sul palcoscenico ci saranno Fabrizio Rizzolo, Isabella Tabarini, Susi Amerio, Giorgio Menicacci e Jacopo Siccardi. La regia è di Fulvio Crivello mentre la musica, inedita, toccante e raffinata è del Maestro Sandro Cuccuini che sarà al pianoforte e dirigerà l’Ensemble orchestrale composto da Maria Camilla Ormezzano e Marina Polidori al violino, Livio Ramasso al corno, Marcello Angeli, Stefano Carrara alle tastiere e Andrea Vigliocco alle percussioni. 100 minuti di Musical assolutamente da non perdere!

Igino Macagno

“Prima la Musica!” … gloria torinese

“Lattes Editori” vince il Premio Internazionale “Belma 2023” con il Corso di Musica di Nicola Campogrande

Una bella vittoria e un prestigioso riconoscimento che va ad inserirsi e a rendere ancor più festose le celebrazioni dei 130 anni della Casa Editrice torinese. A “Prima la Musica!” del compositore Nicola Campogrande, Corso di Musica edito da “Lattes Editori” per la scuola secondaria di primo grado, è infatti andato il “Bronze Award” del “Premio Belma” alla “Fiera del Libro” di Francoforte. A ricevere, nei giorni scorsi, il Premio, è salito sul terzo gradino del podio, Simone Lattes, a. d. della casa editrice subalpina. I “Belma” celebrano i migliori materiali educativi d’Europa e vengono assegnati dal 2009 in collaborazione con la “Fiera del Libro” di Francoforte, “Iartem” (“International Association for Research on Textbooks and Educational Media”) ed “European Educational Publishers Group”. Quattro le categorie in gara, 40 i libri indicati nella “shortlist”, tra cui solo 3 italiani, per un “Premio” che storicamente è stato raramente assegnato ad editori italiani.

 

“Prima la Musica!” rappresenta un modo completamente nuovo di studiare musica a scuola. L’idea dell’autore, Nicola Campogrande, uno dei più autorevoli compositori italiani contemporanei, è semplice e al tempo stesso innovativa. “Tutto il materiale musicale proposto agli studenti della scuola media – sottolineano alla ‘Lattes’ – è stato suonato e cantato da 180 musicisti professionisti che hanno realizzato 220 basi (classica, pop/rock, jazz, inni nazionali, colonne sonore, canti popolari e natalizi) per ispirare e coinvolgere i ragazzi nell’entusiasmante pratica della musica”. Una novità assoluta: al posto delle musiche “MIDI” con suoni artificiali, sono stati coinvolti musicisti in carne ed ossa di alto livello, come l’“Orchestra dei Pomeriggi Musicali” di Milano diretta da Alessandro Cadario, il “Trio Debussy”, i “Giovani Cantori di Torino”, il “Trio Jazz” di Daniele Tione e una band rocknella quale si sono alternati musicisti del calibro di Diego Maggi, Rocco Tanica e Roberto Gualdi.

“A scuola serve più musica – spiega Simone Lattes e i docenti di musica vanno valorizzati come attori fondamentali della crescita di studenti e studentesse. Partendo da questi presupposti, insieme a Nicola Campogrande abbiamo voluto realizzare un libro di testo che non accettasse compromessi sulla qualità. Che adesso il nostro lavoro si distingua anche a livello internazionale ci riempie di orgoglio e ci sprona a proseguire con convinzione su questa strada”.

E aggiunge Nicola Campogrande: “L’Italia è considerata uno dei Paesi più musicali del mondo, ma finora a scuola la musica è stata la ‘Cenerentola’ delle discipline. Accettare l’invito della ‘ Lattes’ a concepire un libro di testo che offrisse una nuova dignità alla materia e coinvolgere, insieme a me, 180 musicisti professionisti che per la prima volta si sono messi al servizio della scuola, è stata una sfida davvero emozionante. Questo riconoscimento premia dunque l’idea che la musica sia un luogo di incontro, di scambio, e che la sua pratica, sin dalla scuola, sia un bene prezioso per l’intera società”.

Ricordiamo che l’editrice “Lattes” ha già vinto un “Belma” nel 2021, “Premio Speciale della Giuria”, con un testo per le scuole medie che affrontava temi di “Educazione Civica” attraverso la vita e l’opera di Dante.

La “Casa Editrice Lattes” è stata fondata a Torino nel 1893, quando Simone, allora impiegato dell’odierna “Libreria Luxemburg”, aprì la “Lattes” di via Garibaldi 3. Nella seconda metà del Novecento si è progressivamente concentrata sulla scuola secondaria di primo e secondo grado pubblicando libri di testo che hanno accompagnato milioni di studenti. Oggi la “Casa Editrice” è guidata dalla quinta generazione della famiglia Lattes. E si continua nel tempo con lo stesso intelligente entusiasmo e la passione, quella di sempre, che fu di nonno Simone.

g.m.

Nelle foto:

–       Simone Lattes e Nicola Campogrande

–       Logo “Lattes 130”

“Riflessi” a “Spazio Kairòs” La sfida di una rassegna teatrale a Barriera di Milano

Dal 21 ottobre al 4 maggio 2024

Ormai il luogo e le iniziative che lo caratterizzano sono più che note al pubblico teatrale subalpino. Parliamo di “Spazio Kairòs”, il teatro aperto (con una buona dose di coraggio) in piena pandemia, al civico 7 di via Mottalciata a Torino, in una ex fabbrica di colla riadattata, posta al confine fra “Barriera di Milano”, “Regio Parco” ed “Aurora”. Teatro che è sede-casa di “Onda Larsen”, Associazione Culturale affiliata “Arci Torino” e che, dal 2008, si occupa di teatro e arti performative sotto la guida di tre “simpaticoni” (come loro stessi si autodefiniscono) che rispondono ai nomi di Riccardo De LeoGianluca Guastella e Lia Tomatis. Un gran bel trio in procinto di prendere il largo con la nuova stagione teatrale di “Spazio Kairòs”, dal titolo “Riflessi” e messa in agenda da sabato 21 ottobre a sabato 4 maggio 2024. Non ha dubbi il vicepresidente Riccardo De Leo: “‘Riflessi’– dice – vuole essere la stagione della svolta per noi e per il quartiere in cui risiediamo, Barriera di Milano”. Certo è che la stagione punta a proporre titoli di buona qualità, mescolando monologhi commedie, testi sull’attualità e spettacoli musicali ed è il frutto di una puntuale ricerca di spettacoli provenienti da più regioni italiane con particolare attenzione, laddove possibile, ad ospitare compagnie che promuovano spettacoli innovativi, caratterizzati da linguaggi attuali e da alte capacità di intrattenimento. Ancora De Leo: “Abbiamo chiamato la nostra stagione ‘Riflessi’ perché sappiamo quanto la cultura in Italia sia sottovalutata e presa poco sul serio: lo si evince dal numero di singoli spettatori che presenziano agli spettacoli. Mentre i grandi teatri registrano, per fortuna, numeri importanti, i teatri ‘off’ devono attingere a energie del territorio per esistere. Noi vogliamo che in ‘Riflessi’ il pubblico possa trovare una stagione in cui identificarsi, specchiarsi e riconoscersi”.

Bella sfida! E sfida anche tutta torinese, incentrata per altro su un territorio che in città non eccelle, di certo, sul piano della socialità. Ecco perché in cartellone troviamo “spettacoli musicali, sensoriali e cinematografici per avvicinare il quartiere al nostro teatro e far sì che le persone possano trovare un luogo non solo culturale ma anche un punto di riferimento umano dove specchiarsi e identificarsi”. Particolare attenzione è rivolta alle compagnie torinesi e a un genere che sta prendendo sempre più piede, la “stand up comedy” (esibizione dell’attore “in piedi” rivolto direttamente al pubblico, senza la “quarta parete”) cui, per cinque giorni, a febbraio, sarà dedicata la “Settimana della Stand up comedy” con cinque spettacoli diversi, coinvolgenti e molto divertenti, con l’idea di aggiungere delle date in più, se, come è successo l’anno scorso, si registrassero sold out. “Il nostro obiettivo – conclude De Leo – è semplice e ambizioso: il pubblico non deve vedere solo spettacoli ma ‘essere’ parte dello spettacolo grazie alla propria energia e partecipazione, che devono tornare ad essere protagoniste del teatro, dopo gli anni della pandemia, che hanno segnato nel profondo le abitudini degli italiani”.

Per info sul programma dettagliato: “Spazio Kairòs”, via Mottalciata 7, Torino; tel. 339/3881949 o www.ondalarsen.org

IL via, sabato 21 ottobreore 21, con “Dopo tempesta” (dal nuovo album “Gelicidio”), di e con Eugenio Rodondi per la regia di Luigi Orfeo. Musicisti: Federico Bevacqua, Vittorio Campanella, Andrea Fusco, Francesco Moroni Spidalieri e Giulia Provenzano. Lo spettacolo è prodotto da “DEWREC” in collaborazione con “Casa Fools”. In sintesi:  cinque musicisti, un cantautore e un teatro come rifugio. Fuori, una tormenta che non si placa da mesi. Un viaggio tra il silenzio e la confusione, dove tutte le certezze personali crollano come “le pareti della casa in cui abiti”. Un percorso metaforico che guida il pubblico verso valutazioni introspettive e psicologiche, accompagnate dalle canzoni di Eugenio Rodondi.

Sabato 4 maggio 2024, al termine di una lunga carrellata di spettacoli, la chiusura della stagione sarà affidata al debutto nazionale di “Onda Larsen” – padroni di casa– ancora “in fare di creazione, per un ultimo scampolo di riflessione”.

g.m.

Nelle foto:

–       Immagine guida della stagione teatrale

–       “Onda Larsen”

–       “Dopo tempesta”