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Una brillante Lorella Cuccarini nelle vesti della zia cattiva ,il musical prodotto da Viola Produzione con la regia di Maurizio Colombi, tratto dalla fiaba dei fratelli Grimm messo in scena da un affiatata compagnia che ballano cantano e si alternano a effetti virtuali. Si replica fino a domenica 19 con due spettacoli alle 15.30 e alle 20.45. Uno spettacolo adatto anche alle famiglie, due atti spettacolo e fantasia.
GABRIELLA DAGHERO
La scuola stile ‘Saranno famosi’ di Torino propone molte masterclass
Un sogno chiamato “Saranno famosi” e una scuola in grado di preparare i giovani talenti nel loro ingresso nel mondo dello spettacolo.
Da venti anni la Gipsy Academy risulta una delle più importanti accademie del panorama nazionale ( In Italia ce ne sono altre due del suo livello), nata come proseguimento della storica accademia torinese Laboratorio Teatrale di Arte Drammatica di Carla Pescamora, nata nel 1962, con formazione Actor Studio di New York. Oggi la Gipsy Academy è pronta un suo nuovo percorso presso la sede centrale di via Pagliani 25, a Torino.
I corsi accademici e quelli amatoriali sono partiti a pieno regime a ottobre e presto entrerà nel vivo anche la stagione degli spettacoli e dei workshop con i volti più importanti del panorama internazionale.
Per la masterclass si parla di artisti provenienti da Broadway, New York, West End di Londra.
Dopo lo spettacolo intitolato “Quattro zampe in fiera” il 18 e 19 novembre la stagione degli spettacoli prenderà il via quest’anno sotto Natale con un concerto gospel, in programma il 3 dicembre prossimo al teatro San Barnaba in Strada Castel di Mirafiori 40 a Torino. Il 18 dicembre andrà in scena “On Broadway Greatest Hits” al teatro Superga di Nichelino, per la regia di Neva Belli, la direzione musicale di Marta e la coreografia di Cristina Fraternale Garavelli.
Il 10 marzo andrà in scena al teatro Juvarra, in via Filippo Juvarra 13 a Torino, ‘The Producers’, lo show firmato da Claudio Insegno, uno dei più grandi registi di musical in Italia, da “Kinty Boots” a “La famiglia Addams”, a “Jersey Boys”, che lo scorso anno ha diretto per la Gypsy Academy “Frankestein junior”. QQQQqQQuest’anno la produzione vedrà le coreografie di Cristina Fraternale Garavalli, coreografa di musical e di diversi spettacoli di Arturo Brachetti, e la direzione musicale di Marta Lauria.
L’importante novità di quest’anno è che proprio da ora il Broadway & West End Gipsy Project prevede una serie di incontri didattici con alcuni giganti del mondo del musical di Broadway e Londra, quali Vinny Coyle, protagonista di ‘The Phantom of the Opera’ nel ruolo di Raoul e Gregory Haney, capoballetto di Broadway del musical “Hamilton”, Sophie Camble, performer di diversi musical Disney a Londra come ‘The second Beauty and the Beast’ e ‘Cindarella’.
Ad accompagnare i ragazzi nel triennio accademico i corsi quotidiani, dal mattino alla sera, composti da ben 38 discipline nell’ambito della danza, della recitazione e del canto, e tenuti da insegnanti e visiting professor di prestigio. Soltanto per citarne alcuni Claudio Insegno, Stefania Fratepietro, che da quest’anno ha il ruolo di vicedirettrice artistica, Vittorio Matteucci, lo storico Frodod di ‘Notre Dame de Paris’, Cristina Fraternale Garavalli, Sergio Moses, Luca Spadaro, Andrea Caldi, Luca Giacomelli Ferrarini. Tra i residenti figurano Eugenio Gradabosco, Stefania Rosso e Neva Belli, direttrice artistica e fondatrice della Gipsy Academy.
La Gypsy Academy significa anche accompagnamento al lavoro grazie all’inserimento dei ragazzi nel mondo dello spettacolo e ai titoli realizzati per la compagnia, la stessa che si aggiudicò nel 2019 il passaggio alla finalissima di “Italia’s Got Talent”.
Oltre all’accademia per i professionisti e ai corsi amatoriali, la Gipsy si occupa anche di formare baby professionisti del settore a partire dai 12-14 anni, proprio come i ragazzi selezionati per la serie TV ‘I primi anni’ e giovani cantanti in trasmissioni come Zac Efron Domingo in ‘All togheter now kids”.
Mara Martellotta
Tutte le informazioni sui social e sul sito www.teatrocolosseo.it sui profili social del Teatro.
“L’amore è una bugia
Ti succhia a secco
L’amore non è un amico
Fino alla fine
Puoi chiamarlo un gioco
Puoi scegliere il tuo nome
Quando è bloccato nelle vene
Non c’è dolore più grande”
Ha 46 anni Beth Hart e dopo una sequenza traumatizzante di traumi e dipendenze ha combattuto i suoi demoni, si è salvata dal baratro e ora “si diverte come una matta” e si gode un periodo di grande successo.
Sua madre, la famiglia e i compagni di scuola la avvicinarono presto al jazz, al blues, a Bob Seger e Rickie Lee Jones, ai Sex Pistols e ai Circle Jerks, a Etta James e Otis Redding. Questi modelli le insegnarono a cantare il blues come può farlo solo una donna picchiata dalla vita ma ancora in piedi, un blues che nasce crudo e sanguinante dal cuore e si riversa sul palco senza alcuna censura. “La sua sincerità e la sua vulnerabilità sono i suoi punti di forza”, dice Scott Guetzkow, suo marito e road manager. “A volte scoppia a piangere e non riesce a smettere. Mette totalmente a nudo le sue emozioni”.
Se si leggono oggi le recensioni uscite in occasione di ogni suo singolo lavoro (poche quelle italiane), dalla lettura complessiva si immaginerebbe che alcuni critici stessero parlando di artiste diverse. In realtà non c’è da dubitare del loro rigore: quell’impressione è il risultato di una sfida vocale che ha portato Beth Hart a misurarsi con più generi e con più mostri sacri del passato. Già agli esordi aveva inserito nel suo carniere una “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles; aveva poi interpretato (e, ovviamente, cantato) Janis Joplin in un musical.
Adoro questa donna, per questo ho scelto un brano il cui testo condivido a pieno.
“L’amore è un mostro, è vero solo se è patetico e non corrisposto.”
Vi invito all’ascolto ed attendo le vostre impressioni sul brano:
Buon ascolto
CHIARA DE CARLO
(3) Beth Hart – Love Is A Lie (Official Music Video) – YouTube
scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!
Sabato 18 novembre prossimo al teatro Gobetti di San Mauro verrà affrontato il tema della libertà mentale
Sabato 18 novembre prossimo approda al teatro Gobetti di San Mauro la grande prosa, con Claudio Casadio che dà voce ad un personaggio indimenticabile, affrontando con grande libertà attoriale il tema della libertà mentale.
Il testo che porta in scena è “L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi” di Francesco Niccolini, per la regia di Giuseppe Marini. Si tratta di uno spettacolo molto originale, di grande forza e poesia, in cui fruiscono momenti drammatici ad altri teneramente comici, con un’animazione grafica di straordinaria potenza visiva e drammaturgica.
L’Oreste è internato nel manicomio dell’Osservanza a Imola e vi è stato abbandonato da quando era bambino. Dopo trent’anni non è ancora uscito e si è specializzato a trovarsi sempre nel posto sbagliato nel momento peggiore. Nel suo passato ci sono avvenimenti terribili che ha rimosso ma dai quali non è riuscito a liberarsi. Eppure l’Oreste è sempre allegro, canta, disegna, scrive alla sua fidanzata che ha conosciuto a un festival per matti nel manicomio di Maggiano a Lucca. Parla con i dottori, con gli infermieri, con la sorella che di tanto in tanto viene a trovarlo, ma soprattutto parla con Ermes, il suo compagno di stanza, uno schizofrenico convinto di essere un ufficiale aeronautico di un esercito straniero tenuto prigioniero in Italia. Peccato che Ermes non esista. La pièce teatrale è una riflessione sull’abbandono e sull’amore negato, su come la vita non faccia sconti e sia impietosa. E su come, a volte, sia più difficile andare da Imola a Lucca che da Imola sulla Luna.
A prima vista l’Oreste può sembrare un monologo, dato che in scena c’è un solo attore in carne ed ossa. Quel che attende lo spettatore è ben altro. Grazie alla mano di Andrea Bruno, uno dei migliori illustratori italiani, e alla collaborazione con il Festival Lucca Comics, lo spettacolo funziona con l’interazione continua tra teatro e fumetto animato. L’Oreste riceve costantemente visita dai suoi fantasmi, dalle visioni dei mondi disperati che coltiva dentro di sé, oltre che da medici e infermieri.
I sogni di Oreste, i suoi incubi, i suoi desideri e gli errori di una vita tutta sbagliata trasformano il teatro drammatico classico e la scenografia in un caleidoscopio di presenze che solo le tecniche del Graphic Novel Theater rendono realizzabile, un viaggio impossibile da Imola alla Luna attraverso la tenerezza disperata di un uomo abbandonato bambino e che non si è più ritrovato.
Mara Martellotta
Sabato 18 novembre ore 21
Cinema Teatro Gobetti
Via Martiri della Libertà 17 San Mauro Torinese
Info e prenotazioni 0110364114
La tragedia delle occasioni mancate e delle aspirazioni deluse
Martedì 21 novembre prossimo, alle 19.30, debutterà al teatro Carignano di Torino ‘Zio Vanja’ di Anton Cechov, per la regia di Leonardo Lidi, artista associato e vicedirettore della Scuola del Teatro Stabile di Torino.
Dopo il ‘Gabbiano’, portato in scena la scorsa stagione, questa è la seconda tappa del progetto Cechov, una trilogia diretta da Lidi e dedicata al grande maestro russo.
Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria, dal teatro Stabile di Torino, Teatro Nazionale e da Spoleto Festival dei due Mondi e verrà replicato al teatro Carignano fino a domenica 26 novembre.
Interpretato da Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna, le scene e le luci sono di Nicolas Bovey, i costumi di Aurora Diamanti, il suono di Franco Visioli.
Tutte le recite in programma al teatro Carignano sono accessibili attraverso sopratitolazione, audiodescrizione e materiali di approfondimento. Venerdì 24 novembre alle ore 18 è previsto un tour tattile e descrittivo sul palcoscenico. Mercoledì 22 novembre, nell’ambito di Retroscena alle ore 17.30 Leonardo Lidi e gli attori della compagnia incontreranno il pubblico, in un appuntamento introdotto da Matteo Tamborrino.
Zio Vanja racconta la storia di una famiglia sconfitta dai propri fantasmi, un dramma delle occasioni mancate, delle rinunce e dei rimpianti, una commedia domestica che pare quasi costruita sull’inerzia. In questo dramma i protagonisti sono bloccati nell’immobilismo della provincia russa e amano crogiolarsi nella noia e nella fissità, nel tormento per i propri fallimenti, ospiti di una grande dacia in decadenza.
La loro stasi è solo apparente e restituisce ancora più forza allo specchio sfacciato che riflette le nostre debolezze.
“C’eravamo tanto amati – spiega il regista Leonardo Lidi – C’è stato un tempo in cui questa strana famiglia non era poi così strana. I ruoli erano ben distribuiti, con credibilità e senza eccessi, e ogni personaggio poteva considerarsi utile allo spettacolo del quotidiano. Ognuno al proprio posto con naturalezza e ordine. Chi indossava il costume dell’intellettuale era da considerarsi metafora di speranza futura ed era opportuno riservargli amore e gratitudine come ad un eroico e fascinoso cavaliere. Era lecito che una bella e gentile ragazza si invaghisse del proprio professore ed altrettanto plausibile che la famiglia della giovine tutelasse il sapiente uomo come un animale in via di estinzione. E così Vera si sposa con Aleksandr, lo porta a casa e la storia comincia. Gli abitanti del pianeta Cechov si animano, trovano una dimensione adeguata alla loro formazione, tutti remano nella medesima direzione e la possibilità di una Russia efficace e vincente smette di essere un miraggio e si tramuta in un reale e concreto domani. Ma Vera muore e tutto cambia. La speranza si spegne e chi prova a ricominciare suona ridicolo nel suo tentare. […]
Se nel ‘Gabbiano’ sprecavamo carta e tempo nel ragionare sulla forma più corretta con la quale passare emozioni al pubblico, divisi tra realismo e simbolismo, tra poesia e prosa, tra registi, scrittori e attrici, e ci bastava una panchina per tormentarci dei dolori del cuore ( Quanto amore, lago incantatore), qui in ‘Zio Vanja’ l’arte è relegata a concetto museale, roba da opuscoli aristocratici, uno sterile intellettualismo che non pensa più al suo popolo, che annoia la passione e permette agli incapaci di vivere di teatro.
È allora che quella strana famiglia cantata da Cechov può avere la faccia di Gaber”.
L’essenza del teatro di Cechov sta nel senso del fallimento. I suoi personaggi, tragicomici, depressi, frustrati, parlano molto, ma non fanno nulla per sfuggire alla loro condizione di perenne insoddisfazione, illudono se stessi e gli altri con mutue bugie, mentre i loro nervi pian piano si consumano nel soffocante calore estivo. Zio Vanja è la tragedia delle occasioni mancate, delle aspirazioni deluse, dell’incapacità di essere felici.
Mara Martellotta
Teatro Carignano 21/26 novembre 2023
Piazza Carignano 6, Torino
Orario degli spettacoli martedì giovedì e sabato19.30, mercoledì e venerdì ore 20.45, domenica ore 16.
Tel biglietteria 0115169555
Sabato 18 novembre, ore 21
Chieri (Torino)
Uomo di spettacolo a tutto tondo. Tanto che, per la sua poliedricità, il mitico bianco-nero per la vita, Giampiero Boniperti (terza fondamentale pedina del leggendario “Trio Magico”, anni ’50-’60, John Charles – Omar Sivori – Giampiero Boniperti) diceva di lui che era “un elemento atipico a tutto campo”. Autore di canzoni e programmi televisivi, scrittore, sceneggiatore e soggettista, commediografo e perfino poeta (ma anche, in gioventù “rugbista a 5” nella formazione del “GUF Torino”, con cui fu vicecampione nazionale nel ’41) Leo Chiosso, nato a Chieri nel 1920, da una famiglia originaria di Pralormo, e a Chieri scomparso nel 2006, sarà doverosamente ricordato, sabato 18 novembre, ore 21, dalla sua città natale che a lui intitolerà la “Sala Conceria”, al numero 2 di via della Conceria. Alla cerimonia, seguirà lo spettacolo musicale “Che notte questa notte” con il figlio, Fred Chiosso, e “Noi Duri 2.0”, dedicato a Leo Chiosso che, come noto, ha scritto testi per artisti come Fred Buscaglione, Mina, Giorgio Gaber, Ornella Vanoni, Rita Pavone e tanti altri grandi interpreti.
L’evento è organizzato in collaborazione con l’“Associazione Leo Chiosso” (www.leochiosso.it) , fondata dal figlio Fred nel 2013.
Chierese di nascita, Leo Chiosso ha trascorso però gran parte della sua vita a Torino, nel quartiere Vanchiglia. Con le sue canzoni, si può dire “abbia connotato la cultura di massa della Repubblica dal dopoguerra fino agli anni ’70”. Fu autore dei testi di canzoni iconiche, entrate lisce lisce – e a lungo rimaste – nella cultura popolare italiana, in particolare i più clamorosi successi di Fred Buscaglione (da “Che bambola” a “Teresa non sparare”, da “Che notte” a “Eri piccola”) e di Gipo Farassino (da “Sangon blues” a “Matilde Pellissero”). Ma anche di autentiche “perle” musicali, come “Parole Parole” cantata da Mina ed Alberto Lupo, “Torpedo Blu” di Giorgio Gaber, “Love in Portofino”, che portò al successo Johnny Dorelli, l’ironica e spassosa “Grassa e bella”, cantata a Sanremo nientedimeno che da Louis Armstrong, e di svariate altre canzoni interpretate da artisti quali Gino Latilla, Lelio Luttazzi, Enzo Jannacci, Rita Pavone, “Quartetto Cetra” e tanti altri. Canzoni. Ma non solo. Leo Chiosso è stato anche autore televisivo (“Canzonissima” nel 1962 con Dario Fo e Vito Molinari, “La tintarella” con Italo Terzoli e Gino Bramieri, “Stasera Rita” con Lina Wertmüller e Antonello Falqui, “Teatro 10” che ospitò l’unico duetto della storia tra Mina e Lucio Battisti, “L’appuntamento” con Walter Chiari, Carlo Campanini e Ornella Vanoni, che cantava la sigla “Ma come ho fatto”, anch’essa di Chiosso), scrittore di commedie (“Scusa mi presti tua moglie?” e “Vergine, leone e capricorno”, entrambe con Nino Taranto, “Il marito in collegio”, tratta da Guareschi, scritta con Guglielmo Zucconi e recitata da Gino Bramieri e Lina Volonghi) e di poesie. Insaziabile, di geniale e briosa creatività, ha lavorato anche per il cinema come sceneggiatore e soggettista, e, proprio per non farsi mancare nulla, nelle vesti di giornalista ha collaborato con “La Stampa”, “Paese Sera” e “Il Messaggero” e, come scrittore, ha pubblicato libri per l’infanzia, come “Piccoli e scuri nostri fratelli castori” (Premio Andersen nel 1974), e ha scritto anche i testi di alcune canzoni dello “Zecchino d’Oro”, come “Il lungo, il corto e il pacioccone” e “Il topo Zorro”. Grande Chiosso! Ovunque metteva mano, pensiero e anima.
Scrive Alessandro Sicchiero, sindaco di Chieri: “Chieri è orgogliosa di essere la città di Leo Chiosso e questa intitolazione vuole essere un segno di affetto e di ringraziamento. Quella che finora per i chieresi è stata la sala della ‘Conceria’ prende così il nome di ‘Auditorium Leo Chiosso’. Il nostro auspicio è che questo spazio comunale, che negli anni ha ospitato tante attività culturali e associative oltre a spettacoli musicali e teatrali, possa diventare sempre più una meta apprezzata non solo dai nostri cittadini ma da tutti gli appassionati di musica, continuando così a far vivere il genio di Leo Chiosso”.
E a lui, a colui che ad inizi carriera si faceva chiamare con il nome d’arte di Roxy Bob, ha voluto pensare con un “omaggio toponomastico” anche la Città di Torino che, martedì 21 novembre, intitolerà proprio a Leo Chiosso il giardino di “Largo Montebello”.
g.m.
Nelle foto:
– Leo Chiosso e Fred Buscaglione
– Locandina della cerimonia
STORIA DI UN REGISTA SCOMODO
Dal 15 novembre 2023 su tutte le principali piattaforme audio e su InTO Cinema
Dopo il grande successo della mostra Le mani sulla verità. 100 anni di Francesco Rosi realizzata nel 2022 al piano di accoglienza della Mole Antonelliana e dedicata alla straordinaria opera del regista in occasione dei cento anni dalla nascita, il Museo Nazionale del Cinema presenta il suo primo podcast originale, CITIZEN ROSI – STORIA DI UN REGISTA SCOMODO.
Realizzato con il supporto del Ministero delle politiche giovanili, prodotto da Genio Media e scritto da Camilla Maino e Silvia Baldetti, a partire dal 15 novembre 2023 (giorno del 101° compleanno di Rosi) il podcast sarà reso disponibile gratuitamente su tutte le principali piattaforme audio e su InTO Cinema, il portale che rende disponibili on-line le attività e i contenuti del Museo Nazionale del Cinema.
Composto di 6 puntate da 30 minuti ciascuna, il podcast espande i contenuti della mostra, curata da Domenico De Gaetano, Direttore del Museo, e dall’attrice Carolina Rosi, figlia del regista, integrandoli con interviste e contributi di ospiti d’eccezione come Maura Gancitano, Emiliano Morreale e Umberto Mosca.
“Con questo podcast vogliamo rendere omaggio al grande ruolo che Francesco Rosi ha avuto nella storia del cinema – sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del Cinema – con l’intento di presentare un contenuto audio di approfondimento che possa coinvolgere anche un pubblico giovane, avvicinandolo alla contemporaneità della visione cinematografica e dell’impegno civile di Rosi, attraverso un medium che offre maggiore immediatezza e familiarità alle nuove generazioni”.
“La realizzazione di questo podcast, costruito con entusiasmo e rigore, mi rende davvero felice perché attraverso questo mezzo che riesce a raggiungere le nuove generazioni, viene narrata la storia umana ed artistica di Francesco Rosi – racconta Carolina Rosi, attrice e figlia del regista. Mio padre credeva nei ragazzi e nella capacità di un film di poterli supportare nella conoscenza dell’arte e della storia del Paese. <<Il modo di vedere la vita di un regista è nei suoi film – ribadiva – è lì che esprime il suo rapporto con il mondo, con le idee e con gli uomini. È lì che si può riconoscere il suo contributo a una società nella quale abbiano un ruolo preminente valori come la libertà, la giustizia, la morale, la bellezza>>.”
Ad accompagnare l’ascoltatore alla scoperta di aneddoti, curiosità e ricordi personali, le voci di Valeria Parrella, Artem, Francesco Di Leva e Marco D’Amore, che tracceranno un percorso attraverso la produzione di Francesco Rosi, offrendo uno spaccato di storia italiana di inaspettata attualità e riflettendo su temi come l’ingiustizia sociale, la questione meridionale e la corruzione della classe politica.
“Abbiamo voluto rispondere all’esigenza crescente di transmedialità nella comunicazione culturale di oggi – dichiara Daniela Minuti, coordinatrice editoriale del podcast e co-founder di Genio Media. Il podcast è il mezzo perfetto per approfondire e coinvolgere il pubblico in modo più verticale rispetto ai social media”.
Ai seguenti link è possibile ascoltare il trailer del podcast.
‘Nel lago dei leoni’ rappresenta l’esperienza attoriale preziosa con cui si sono misurati i Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa per la regia di Marco Isidori, con Maria Luisa Abate, Paolo Oricco, Valentina Battistone, Ottavia della Porta; scene e costumi sono di Daniela dal Cin.
Una sedia sospesa in aria e sostenuta da catene di metallo in bella vista ad una struttura che funge da fondale per la scena e che appare come una sorta di grande pergamena bianca, che attende di essere scritta.
Da un lato emerge il vuoto di questa carta ideale che rappresenta un omaggio al contesto storico e letterario da cui la vicenda è tratta, dall’altro anche emblema di un personaggio, una suora del Cinquecento, prodiga di visioni, di delirio, mistiche farneticazioni, che non scrisse nulla di suo pugno, ma le cui tormentate e scandalose riflessioni sull’amore per il suo Dio furono accuratamente annotate dalle Suore, sue compagne di clausura, in un monastero a Firenze, nell’età centrale della Controriforma.
In una ideale reincarnazione l’attrice che la interpreta ne ricostruisce l’icona e il pubblico diventa testimone di un miracolo.
I colori prevalenti sono il bianco dello sfondo e del vestito di Maria Maddalena e il metallo delle catene che sostengono la scena. Due sono i piani. Uno, il principale, è quello frontale e centrato sulla sedia dell’attrice. L’altro è destinato a tre attori mascherati che fanno capolino alla struttura della Dal Cin, in coro, e scandiscono la vicenda della Santa dotandola di cronologia e contestualizzazione.
Un grande plauso va alla protagonista assoluta dello spettacolo, Maria Luisa Abate, attrice straordinaria e da sempre colonna portante della Marcido Marcidorjs. Con una grande prova attoriale, Abate, diventando un tutt’uno con la scenografia visionaria creata dalla premiata Daniela Dal Cin, ha saputo trasferire emozioni che vanno al di là del significato stesso dell’opera, facendo confluire parole e vocalità in quello che da sempre è il teatro d’arte della Compagnia Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa. Una voce poetica proprio perché, con la poesia, è possibile condividere la potenza della parola e la sua musicalità, un aspetto teatrale molto caro a Marco Isidori, fondatore della compagnia nel 1986, oltre che grande regista, attore e poeta.
Quando la musica si trasforma in significato e la parola si impregna di armonia, proprio in quel momento nasce l’emozione e la capacità di comunicare empaticamente, in teatro come nella quotidianità.
Una menzione particolare la merita, come sempre, il Coro Marcido, rappresentato per questo spettacolo dagli attori Paolo Oricco, Valentina Battistone e Ottavia della Porta. Un coro che, nel tempo, è diventato cifra stilistica della compagnia.
“Nel lago dei leoni” è uno spettacolo verticale in cui è possibile sentire la vibrazione di quel filo che lega l’Uomo al divino, in un misticismo che sfocia a tratti nel delirio (Quanti Santi furono accusati di pazzia) e in una feconda promessa di ricongiungimento e purezza vicina anche all’animo più laico.
Teatro MarcidoFilm
Corso Brescia 4 bis interno 2
Mara Martellotta