CINQUE IMPORTANTI RICONOSCIMENTI PER IL TEATRO DI TORINO AL PREMIO “LE MASCHERE DEL TEATRO ITALIANO”
PREMIATI FILIPPO FONSATTI, VALERIO BINASCO, NICOLAS BOVEY, ARIANNA SCOMMEGNA, JURIJ FERRINI
Ieri sera, mercoledì 7 settembre 2022, al Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania si è tenuta la cerimonia di consegna dei Premi “LE MASCHERE DEL TEATRO ITALIANO 2022”, che verrà trasmessa in differita su Rai 1 il 10 settembre.
Una giuria di oltre mille esperti del settore ha votato le terne finaliste, selezionate da una commissione presieduta da Gianni Letta, e ha assegnato al Direttore artistico del Teatro Stabile, Valerio Binasco il premio per la Miglior regia per Le sedie di Eugène Ionesco, produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale. Per lo stesso allestimento Nicolas Bovey ha ottenuto il riconoscimento per la Miglior scenografia.
Arianna Scommegna e Jurij Ferrini sono stati insigniti del premio come Miglior attrice e Miglior attore non protagonista per il dittico tragico Ifigenia / Oreste di Euripide, prodotto dal TST e diretto da Valerio Binasco.
A Filippo Fonsatti, Direttore del Teatro Stabile di Torino, è stato conferito il Premio Lonardi Buontempo – con il quale viene onorata la memoria di Graziella Buontempo, mecenate visionaria, celebre collezionista e curatrice dell’arte contemporanea – per il lavoro svolto per intensificare il processo di internazionalizzazione del Teatro avvalendosi anche dell’esperienza fatta presiedendo la Federazione dello spettacolo dal vivo AGIS e la Fondazione Platea (organismo di rappresentanza dei Teatri Nazionali e Teatri di Rilevante Interesse Culturale).
«I cinque riconoscimenti ricevuti dal Teatro Stabile al prestigioso Premio “Le maschere del Teatro Italiano” – dichiara il Presidente del Teatro Stabile di Torino, Lamberto Vallarino Gancia – testimoniano la qualità del progetto culturale del nostro Teatro e il livello assoluto delle nostre produzioni artistiche. Perciò, a nome di tutto il Consiglio di Amministrazione, esprimo vive felicitazioni e profonda riconoscenza al Direttore Filippo Fonsatti e al Direttore artistico Valerio Binasco per l’ottimo lavoro svolto.
In particolare, i quattro premi conseguiti dalle due produzioni firmate da Valerio Binasco, Le sedie e Ifigenia / Oreste, ci collocano tra le eccellenze del panorama teatrale italiano ed europeo e contribuiscono a rafforzare il posizionamento della nostra Città sulla scena culturale internazionale.
Confidiamo che questi importanti riconoscimenti, conclude il Presidente, siano di buon auspicio per la prossima Stagione che inizierà domani con il Festival Torinodanza e che proprio in queste settimane sta registrando un indice di gradimento molto elevato da parte dei nostri spettatori e abbonati».
Fu una bella amicizia quella tra Sam Shaw e Marilyn Monroe, un’amicizia che si srotola autentica lungo gli anni di un decennio e poco più, lungo i Cinquanta, lui sui quaranta lei di venticinque anni quando si conobbero, lui che s’interessa alla musica e al teatro, alla pittura e alla scultura (in gioventù, senza soldi, se n’è anche andato per le strade di New York a raccogliere catrame per realizzare le sue prime opere) alla letteratura, all’attivismo politico; lei dal ’47 gira per gli studios, con particine di nessuna importanza, non accreditata, sino a tre anni dopo quando fa compagnia per poco meno di un minuto ai fratelli Marx per “Una notte sui tetti”, per poi incamminarsi verso la “Giungla d’asfalto” di Huston ed “Eva contro Eva” di Mankiewicz. L’anno successivo Shaw lavora alla 20th Century Fox al film “Viva Zapata”, Marilyn è pur la fidanzata del regista Elia Kazan ma i ruoli scarseggiano e per arrotondare si propone all’amico Sam come autista, tutti i giorni della lavorazione del film, nel tragitto casa lavoro.
dall’infanzia. La bellezza del bianco e nero e la gioia del colore, una giornata al mare in un costume bianco intero o la scommessa della “grande interpretazione”, seduta sulla panchina di un parco, a fingere di orecchiare le parole di una giovane coppia che non la riconosce; a bersi una tazza di tè o nel momento del trucco tra le luci e lo specchio, a ripassarsi la matita sulle labbra, avvolta in una canottierina nera, spalline sottilissime, a scappare dal St. Regis Hotel di New York per andare a girare la scena immortale di “Quando la moglie è in vacanza”, dove l’abito bianco della svampita “the girl” del piano di sopra, all’uscita della sala cinematografica, viene sollevato, attraverso la griglia d’aerazione, dallo spostamento d’aria causato dal passaggio di un treno della metropolitana: sotto lo sguardo di un disincantato Tom Ewell e di un inviperito Joe Di Maggio, poco propenso a vedere la moglie a gambe scoperte sotto gli occhi di decine di curiosi che assistevano alle riprese sulla 51a strada (tali il trambusto e la calca che Billy Wilder decise di rifare la scena in studio poi). Con grande felicità, al contrario (le cronache ci hanno riportato il suo viso), del tipo incaricato dì azionare la macchina del vento al piano di sotto.
messo a disposizione della mostra. Un patrimonio ricavato da case d’asta, archivi di studi cinematografici e da collezioni private, più di 1500 originali, attualmente il più grande e importante del suo genere. Si allineano nelle teche illuminate i guanti indossati il giorno del matrimonio, i suoi occhiali scuri e i biglietti d’aereo, la lettera d’amore a Miller, gli oggetti per il trucco, un paio di bigodini (e qualcuno avverte che, a guardar bene, si può ancora intravedere un capello dell’attrice), il tubetto di colla che usava per applicarsi le ciglia finte, l’abito rosso di “Come sposare un milionario”. Ogni cosa è lì a ricreare un’aura di leggenda, un lampo di ricordi, a riportarci a certi sorrisi come a questo piuttosto che a quel titolo di una filmografia dove si contano poco più di una trentina di opere, dalle prime apparizioni ai momenti di ineguagliabile maturità. Ogni cosa è lì, anche nel proprio mistero, a distanza di decenni, a rivelarci ancora una volta il fascino di un’attrice e la solitudine di una donna (“trova qualcuno che ti rovini il rossetto non il mascara”), il suo desiderio di amare e di essere amata (“vorrei essere felice, ma chi lo è? chi è felice”), la ricerca di sicurezza, la consapevolezza che il suo successo arrivava dal pubblico e non alle “costruzioni” di una casa cinematografica (“Hollywood è un posto dove ti pagano mille dollari per un bacio e cinquanta centesimi per la tua anima”), il suo innegabile humour (“dicono che il denaro non faccia la felicità, ma se devo piangere preferisco farlo sul sedile posteriore di una Rolls Royce piuttosto che su quelli di un vagone del metrò”).






