SPETTACOLI- Pagina 205

I vestiti del grande cinema in mostra alla Mole

 

La Sartoria Annamode è un’autentica  eccellenza torinese del Made in Italy dagli anni Cinquanta a oggi nel realizzare abiti per il cinema

Alla Mole, il Museo Nazionale del Cinema inaugura venerdì 14 febbraio la mostra ‘Cinemaddosso, i costumi di Annamode da Cinecittà a Hollywood’, curatrice  Elisabetta Bruscolini.

 

Sono esposti 100 costumi per 40 film. Nel percorso  ogni abito è esposto come un’opera d’arte e corredato da brani di film, citazioni, e pannelli touch. Passeggiando sui 280 metri della rampa sotto la volta dell’edificio  dell’Antonelli si rivivono  70 anni della storia imprenditoriale al femminile delle sorelle Anna e Teresa Allegri, che hanno reso celebre la Annamode in tutto il mondo.

 

“La mostra – sottolinea  il presidente del Museo del Cinema, Enzo Ghigo (nella foto ) – è il primo grande evento organizzato dal Museo nell’ambito delle celebrazioni di Torino Città del Cinema 2020″.

Sarà  visitabile fino al 15 giugno. Esposti  costumi di film come Guerra e Pace di King Vidor (1956), Matrimonio all’italiana di Vittorio De Sica (1964),  Marie Antoinette di Sofia Coppola (2006).

Al Regio è tempo di Nabucco

L’opera rappresentò il primo trionfo di Giuseppe Verdi. Il coro ne è protagonista indiscusso

Il coro rappresenta sicuramente il nucleo portante del Nabucco di Giuseppe Verdi in scena al teatro Regio di Torino, di cui l’atteso debutto è previsto stasera alle 20. L’opera, che verrà rappresentataper dieci recite fino a sabato 22 febbraio prossimo, nasce da una nuova produzione del Teatro Regio di Torino, in collaborazione con il Teatro Massimo di Palermo e con il contributo della Reale Mutua, che stasera offrirà un buffet. La regia è firmata da Andrea Cigni, l’Orchestra del Teatro Regio è diretta dal maestro Donato Renzetti, il Coro dal maestro Andrea Sechi.

“Il coro rappresenta un elemento fondamentale nel Nabucco spiega il maestro Andrea Sechi  in mancanza del quale il dramma mancherebbe della sua ragion d’essere. I solisti presentano, infatti,delle forti caratterizzazioni ed una precisa funzione. Lo sfondo, sia dal punto di vista drammaturgico sia da quello musicale, è dato dal coro. Del resto l’opera del Nabucco, tra le più celebri del repertorio verdiano, si apre con la famosa aria “Gli arredi festivi“.

Nel ruolo di Nabucco si alterneranno i baritoni Giovanni Meoni, Damiano Salerno e Leo Nucci, grande leggenda del mondo della lirica che ha fatto di questo personaggio verdiano il suo cavallo dibattaglia. Nel ruolo di Abigaille si alterneranno le soprano Csilla Boross e Tatiana Melnychenko; in quello di Ismaele i tenori Stefan Pop e Robert Watson. Nel ruolo di Zaccaria di alternano quali interpreti Riccardo Zanellato e Ruben Amoretti, infine in quello diFenena le mezzosoprano Enkelejda Shkosa ed Agostina Smimmero.

L’opera di soggetto biblico, su libretto di Temistocle Solera, rappresentò il primo grande successo del compositore nativo di Roncole di Busseto. Il celebre coro “Va’ pensiero “, per decenni considerato tiepidamente dalla critica, ebbe la sua consacrazione grazie allo stesso Verdi, in una tarda rievocazione del melodramma, diventando addirittura mitologia dopo l’esecuzione diretta da ArturoToscanini un mese dopo la morte del maestro.

La grande originalità verdiana consistette nel rendere il coro un elemento centrale del dramma,  vale a dire un vero e proprio personaggio,  apace di entrare dentro i fatti, non soltanto semplicemente commentandoli o raccontandoli. Verdi è stato in grado di condensare la portata emotiva e scenica della storia nel cosiddetto “coro-nazione”, un gruppo coeso e forte, destinato a trionfare, ad andare, nel corso dell’opera, in battaglia,  perderla, poi attaccare di nuovo con furore, lamentare la libertà perduta, prepararsi al martirio ed essere capace a risorgere. Al di là  dellepossibili connotazioni patriottiche e politiche, in questo si concentrala scelta vincente di Verdi.

Mara Martellotta 

Le Acrobazie Musicali di una coppia in disaccordo

Venerdì 14 e sabato 15 febbraio 2020 | Ore 21.00 Teatro Le Musichall – Corso Palestro 14, Torino

SCONCERTO D’AMORE

Di e con: Ferdinando D’Andria e Maila Sparapani

 

Un concerto-spettacolo innovativo, che porta in scena una storia d’amore travagliata, nella quale ognuno di noi può riconoscersi, attraverso l’ironia e le “Acrobazie Musicali” di una coppia in disaccordo. Sconcerto d’amore è un concerto-spettacolo comico con acrobazie aeree, giocolerie musicali e prodezze sonore.

Nando e Maila hanno fatto una scommessa: giocare ai musicisti dell’impossibile trasformando la struttura autoportante, dove sono appesi il trapezio e i tessuti aerei, in un’imprevedibile orchestra di strumenti. I pali della struttura diventano batteria, contrabbasso, violoncello, arpa e campane che insieme a strumenti come tromba, bombardino, fisarmonica, violino e chitarra elettrica, creano un’atmosfera magica definendo un insolito mondo sonoro. Nando e Maila interpretano una coppia di artisti: musicista eclettico lui e attrice-acrobata lei, eternamente in disaccordo sul palcoscenico come nella vita.

Dunque…come fare per spezzare la monotonia di coppia quando il pentagramma, seppur ricco di variazioni sul tema, si riduce sempre alla stessa solfa? Cogli la prima mela! Inaspettatamente, ai due attori se ne aggiunge un altro, uno spettatore inconsapevole, l’oggetto del desiderio per Maila. Un concerto-commedia all’italiana – dove si passa dal rock alla musica pop suonata a testa in giù dai tessuti aerei fino a toccare arie d’opera e musica classica – che condurrà il pubblico in un crescendo di emozioni. Ogni dissonanza si risolverà in piacevole armonia, con un poetico “happy ending” sul trapezio.

Donne in guerra, Sottodiciotto presenta “For Sama”

Proiezione in anteprima, mercoledì 12 febbraio. Torino, Cinema Centrale, ore 19.45

Sottodiciotto Film Festival & Campus e la casa di distribuzione Wanted presentano in anteprima torinese, in versione originale sottotitolata in italiano, domani, mercoledì 12 febbraio, al Cinema Centrale, alle ore 19.45, il film For Sama (Alla mia piccola Sama), realizzato dalla giornalista siriana Waad al-Kateab insieme con il regista inglese Edward Watts.

Girato durante la lunga battaglia di Aleppo, il film è candidato all’Oscar 2020 nella categoria “miglior documentario” e vanta già un numero eccezionale di riconoscimenti internazionali. Nella lista degli oltre 50 premi vinti dal lungometraggio in tutto il mondo, figurano quattro British Independent Film Awards, un BAFTA e un European Film Award come “Best documentary”, oltre all’Œil d’or al Festival di Cannes. In Italia ha vinto al Biografilm Festival il Best Film Unipol Award, il premio assegnato dalla giuria internazionale – che lo ha definito “un film potentissimo, straziante, ma al contempo pieno di vita, di amore e di voglia di futuro” – e quello del pubblico.

Frutto della selezione di circa 300 ore di riprese quotidiane, effettuate da Waad al-Kateab negli anni più cruenti del conflitto siriano, For Sama è un viaggio intimo nell’esperienza femminile della guerra, raccontata da una giovane madre alla sua piccola figlia.  Waad ha 21 anni ed è una studentessa universitaria quando, nel 2011, sull’onda delle primavere arabe, i giovani di Aleppo insorgono contro la dittatura di Bashar al-Assas, domandandone a gran voce la fine. La spietata repressione del regime, che darà luogo alla più sanguinosa guerra civile del nostro tempo, induce molti a fuggire dal Paese. Ma Waad sceglie di restare nella città dilaniata e di sposarsi con Hamza, un medico che sarà l’ultimo rimasto, nella zona ribelle, a curare centinaia di feriti al giorno, nei mesi atroci dell’assedio alla città.

For Sama è una videolettera d’amore indirizzata da Waad alla loro bambina nata sotto le bombe per spiegarle perché i suoi genitori hanno voluto rimanere ad Aleppo e tenerla con sé su quello che allora era un fronte di guerra e il teatro di una catastrofe umanitaria. Reportage drammatico e insieme diario personale e familiare, il film è una storia di resistenza e di speranza, in cui spicca, in una cornice di devastazione, lo sforzo costante di ritrovare barlumi di normalità e ricreare una quotidianità in grado di preservare la piccola Sama dalla paura e dall’angoscia della guerra: «Fin dall’inizio – ha detto l’autrice – ho capito che ero più affascinata dal catturare storie di vita e umanità, piuttosto che concentrarmi sulla morte e la distruzione».

La proiezione sarà introdotta da Enrico Bisi, direttore di Sottodiciotto Film Festival & Campus, Giampiero Leo, vicepresidente del Comitato per i diritti umani della Regione Piemonte, e Hadil Tarakji, insegnante e traduttrice. Il film uscirà nelle sale il 13 febbraio, con il patrocinio di Amnesty International Italia e la voce narrante doppiata da Jasmine Trinca.

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Ingressi: biglietto intero € 8, ridotto € 5
Info: Sottodiciotto Film Festival & Campus c/o AIACE Torino, Galleria Subalpina 30, Torino; tel. 011 538962, info@sottodiciottofilmfestival.it, www.sottodiciottofilmfestival.it
Cinema Centrale, Via Carlo Alberto 27, Torino; tel. 011 540110

Proiezione nell’ambito di Torino Città del cinema 2020

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Alla mia piccola Sama (For Sama) di Waad al-Kateab e Edward Watts (Regno Unito/ Siria 2019, 100’)
La storia di Waad al-Kateab attraverso gli anni della rivolta di Aleppo, in Siria, quando si innamora, si sposa e dà alla luce Sama, il tutto mentre intorno esplode il conflitto. La sua camera raccoglie storie incredibili di perdita, risate e sopravvivenza mentre Waad si chiede se fuggire o meno dalla città per proteggere la vita di sua figlia, in un momento in cui partire significa abbandonare la lotta per la libertà per la quale ha già sacrificato così tanto. La storia di Waad inizia nel 2012 quando era studentessa di marketing alla Aleppo University. Le proteste contro la terribile dittatura di Assad scoppiano anche all’interno dell’ateneo e Waad è una delle prime a prenderne parte. Con la sua macchina fotografica documenta la gioia e l’ottimismo di quei primi giorni. È allora che incontra un giovane medico di nome Hamza insieme al quale, con un gruppo di amici, continua a manifestare anche quando il regime ricorre alla violenza per soffocare le rivolte, gettando la città in una vera e propria guerra. Alcuni loro amici muoiono e loro stessi sfuggono per un soffio ai cecchini, agli attacchi aerei e alle bombe. Ogni momento viene ripreso dalla loro telecamera e, nel mezzo di tutto ciò, Hamza chiede a Waad di sposarlo. Dopo poco tempo Waad rimane incinta e i due ragazzi conducono una vita familiare del tutto simile a quella di qualsiasi giovane coppia, tranne per il fatto che la loro luna di miele si svolge in un momento di guerra. Quando i russi intervengono a sostegno del regime, nel settembre 2015, la repressione nei confronti dei ribelli diventa feroce. Eppure, nonostante la paura, Waad e Hamza decidono di non fuggire dalla città come molti altri, ma di restare e continuare a combattere per la libertà rendendosi conto che quella lotta non è più solo per loro ma soprattutto per il futuro della figlia. Sama nasce il 1 ° gennaio 2016, un piccolo raggio di speranza in mezzo caos. Il primo anno di vita di Sama è l’ultimo di guerra per la città, un momento di oscurità quasi inimmaginabile. Il regime e i suoi alleati ricorrono a ogni atrocità possibile per eliminare i ribelli. L’ospedale di Hamza è bombardato. Vengono assediati e assistono ad attacchi sferrati con ogni tipo di arma, dai gas alle bombe a grappolo che producono veri e propri massacri anche di donne e bambini. Ma nonostante tutto, Waad e Hamza hanno la gioia di essere diventati genitori che dà loro la forza di resistere a lungo, ma non evita che quando la situazione precipita siano comunque costretti all’esilio.
Quando stanno per lasciare la loro città hanno le lacrime agli occhi: una città distrutta, quel luogo dove è nato e morto un sogno di libertà. Sama così diventa un simbolo di amore e speranza che la violenza dei tiranni non potrà distruggere.

Agli Oscar con “Parasite” vince il cinema d’Oriente

L’Oscar 2020 verrà ricordato come l’Oscar delle sorprese, che in una notte ha sparigliato le carte ordinatissime della vigilia, della sala del Dolby Theatre ad applaudire chi mai si sarebbe pensato di applaudire, dello sconcerto e delle risate dei vincitori ancora in stato di sogno, delle lacrime in bilico su occhi sgranati e increduli

 

Perché non era mai successo, in 92 anni dacché respira l’Academy, di premiare un film di lingua non inglese, di mettere in ombra colleghi più ricercati e sicuri, leggi Scorsese Tarantino Mendes, colonne hollywoodiane, di dare il giusto riconoscimento ad un affresco, ironico e cruento al tempo stesso, che analizza con il suo racconto tutto invenzioni e giravolte stracolme d’intelligenza e universalizza la lotta di classe, la sempiterna battaglia tra chi ha e chi non ha.

Trionfa Parasite di Bong Joon Ho (già Palma d’oro a Cannes), trionfa la Corea del Sud, con quattro statuette da tenere ben strette in mano, le maggiori, quelle che hanno più peso, miglior film in assoluto, miglior regia, miglior film internazionale (come si dice da questa edizione: e qui a riporre grandi speranze era l’Almodovar di Dolor y gloria) e miglior sceneggiatura originale – un vero gioiello! -, trionfa il cinema “altro”, quello che non sta all’ombra dell’industria americana, trionfa quel cinema che ti spinge ad approfondire con una seconda visita, ad una lettura mai frettolosa, ad apprezzare una messinscena straordinaria di piccoli tocchi e di grandi esplosioni, a ripercorrere quelle nominations di migliori film e a convincerti appieno che la multiforme giuria ha davvero fatto un buon lavoro e s’è espressa al meglio.

Lasciando che tutti gli altri premi si diffondessero a pioggia su questo o su quel titolo. Come da previsioni, i migliori attori sono Joaquin Phoenix per Joker e Renée Zellweger per il non eccelso Judy (ma lei è davvero straordinaria nella rivoluzione del suo corpo e del suo viso, nell’aggrapparsi ai figli e alla vita, nel disfacimento e nella sconfitta), i migliori attori non protagonisti, come da previsioni, Laura Dern per Storia di un matrimonio e Brad Pitt, una statuetta alla sua bravura dimenticando quei monumenti che sono Joe Pesci e Al Pacino in Irishman di Scorsese. Nessuno ha pensato di prendere in considerazione Piccole donne di Greta Gerwig se non per i costumi e di questo dobbiamo essere davvero grati al Cielo, Tarantino si deve accontentare dei riconoscimenti davvero circoscritti a Brad e alla miglior scenografia, Jojo Rabbit di Taika Waititi avrà unicamente da rallegrarsi per la statuetta alla miglior sceneggiatura non originale. Il superpronosticato 1917 con il superpubblicizzato e falso pianosequenza di Sam Mendes ha incrociato soltanto tre premi tecnici (quanto ci aveva convinto vedendo la storia dei due soldatini portaordini attraverso le trincee), effetti speciali e sonoro nonché l’obbligato inchino alla magistrale fotografia di Roger Deakins, già vincitore due anni fa, mentre Le Mans ’66 firmato da James Mangold si porta a casa l’Oscar per il montaggio delle immagini e del sonoro. Martin Scorsese sta a guardare a mani vuote e sorride a chi gli proclama devozione e influenze come alla sala in piedi in una riconoscente standing ovation. E Elton John canta al pianoforte la canzone vincitrice di Rocketman: ma la festa è tutta per questo cinema d’Oriente che ha tutte le carte in regola per appassionarci e per farci discutere.

 

Elio Rabbione

“Vitamine Jazz” arriva al centosessantesimo concerto

Gli appuntamenti di febbraio all’Ospedale Sant’Anna per la rassegna sono alla terza stagione, organizzati per la “Fondazione Medicina a Misura di Donna” e curati da Raimondo Cesa

I concerti avranno inizio dalle ore 10.00 nella sala Terzo Paradiso in via Ventimiglia 3 aperta al pubblico, dedicata alle pazienti e ai loro cari.

Martedì 11 febbraio “Gypsy Quartet”

Maurizio Mazzeo chitarra voce
Roberto Cannillo fisarmonica
Federico Fiore chitarra
Andrea Garombo contrabbasso

Il sound caldo e multietnico del Gypsy Jazz unisce questi musicisti dalle variegate esperienze in un progetto con colori d’altri tempi, senza perdere di vista il lavoro degli artisti dei giorni nostri. L’intenzione è di riproporre un genere raffinato ma al contempo divertente.
Il continuo migrare delle comunità zingare ha fatto sì che jazz, flamenco e musica francese si fondessero in un unico scenario in cui trovano spazio remake di celebri brani, sonorità popolari e improvvisazione. Il punto di riferimento è sicuramente il “maestro” Django Reinhardt, banjoista zingaro migrato in Francia alla fine degli anni ‘20, che a causa di una menomazione alla mano destra smise di suonare il banjo per passare alla chitarra. Egli inventò uno stile unico e innovativo, ancora oggi utilizzato e rivisitato dai più grandi musicisti manouche.

Giovedì 13 Febbraio

Emanuele Sartoris & Igor Vigna

Emanuele Sartoris pianoforte
Igor Vigna tromba

I grandi classici del jazz, da Duke Ellington a Miles Davis passando per Sonny Rollins. Gli Standard jazz costituiscono il cuore del genere e la lingua comune di tutti i jazzisti, di ogni provenienza e di ogni epoca. Il materiale, profondamente assimilato, viene restituito, elaborato attraverso le emozioni personali di ogni interprete rinnovandosi e ad ogni esecuzione in un ciclo infinito di rinascita.

Emanuele Sartoris
Nel 2017 riceve l’incarico da parte del conservatorio di Torino per l’insegnamento in qualità di tutor di Pianoforte complementare Jazz affiancando il docente Nico Morelli . Si laurea con il massimo dei voti in composizione ed orchestrazione jazz il 27/10/2017 presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino. Significativa per il 2017 la partecipazione come ospite musicale a sei puntate della trasmissione “ Nessun Dorma” condotta da Massimo Bernardini e mandata in onda in prima serata su Rai 5. Tra le collaborazioni in trasmissione si sottolineano quella con l’attore Eugenio Allegri durante il suo monologo sul celebre romanzo di Alessandro Baricco “Novecento” e l’arrangiamento ed esecuzione del brano “Speakering” di Ivano Fossati innanzi all’autore stesso.E’ stato ospite a New York agli inizi di ottobre del 2017 per la vincita di una borsa di studio venendo selezionato dalla Jullliard tra i migliori studenti del conservatorio per frequentare presso di loro una settimana di lezioni. Reduce da una tournèe a Madrid terminata il 5 novembre alla celebre sala Clamores, Il 16 novembre esce ufficialmente per la prestigiosa etichetta Dodicilune il suo disco in duo con il contrabbassista Marco Bellafiore “I suoni del male” che vanta le note di copertina del conduttore TV Massimo Bernardini ed è distribuito da IRD presso Feltrinelli e le migliori catene di vendita italiane.Nel 2018 la collaborazione con la trasmissione “Nessun Dorma” viene sottoposto a contratto con la Rai trasformando la sua partecipazione da saltuaria ad essere ospite musicale fisso, collaborando direttamente con ospiti del calibro di Enrico Rava e Tullio De Piscopo.

Georgina dona il compenso di Sanremo ai bimbi del Regina Margherita

Georgina Rodriguez, fidanzata di Cristiano Ronaldo, donerà all’ospedale Regina Margherita il compenso della sua partecipazione al Festival di Sanremo 

La notizia fresca è che Georgina Rodriguez, la fidanzata di CR7, ha donato il suo compenso all’ospedale Regina Margherita. Prima di parlare del compenso però cerchiamo di capire meglio chi è Georgina Rodriguez.

Ma chi è Georgina Rodriguez?

E’ la fidanzata di Cristiano Ronaldo, ma a parte questo non si sa molto di lei. 26 anni e argentina, nata da padre argentino e madre spagnola. Cresciuta in Spagna, ha frequentato le scuole lavorando come cameriera. E proprio per questo ha deciso di fare un’esperienza all’estero a Bristol, in Inghilterra, come ragazza alla pari.

Una volta rientrata in Spagna, ha lavorato nel settore della moda: prima nel negozio di Gucci e poi in quello di Prada all’interno del El Corte Inglés di Madrid. Ma l’incontro che le ha cambiato la vita è avvenuto nel 2016, durante un evento organizzato da Dolce & Gabbana. Ecco i particolari del loro primo incontro.

 

Al via la quattro giorni dei cortometraggi piemontesi

Giovedì 6 febbraio  parte la quattro-giorni di proiezioni della rassegna TOO SHORT TO WAIT, dedicata ai cortometraggi realizzati nel 2019 in Piemonte; prende il via così il percorso che porterà alla 19ª edizione del Glocal Film Festival (12-16 marzo, Cinema Massimo MNC).

 
Sul grande schermo della sala Il Movie (Via Cagliari 40/e, Torino), tutti gli iscritti alla sezione competitiva Spazio Piemonte e i 9 partecipanti al contest Torino Factory, per un totale di 103 opere brevi che avranno la possibilità di confrontarsi con il grande schermo. Inoltre il pubblico potrà sentirsi parte attiva dell’evento attraverso il proprio voto, quest’ultimo contribuirà alla selezione di 5 corti che approderanno al festival di marzo, mentre saranno 15 i titoli selezionati dalle curatrici di Spazio Piemonte Chiara Pellegrini e Roberta Pozza.
 

In palio per i 20 finalisti il PREMIO TORÈT Miglior Cortometraggio (1.500 €), il Premio ODS – Miglior AttorePremio ODS – Miglior Attrice e Miglior Corto d’Animazione assegnati dalla giuria di professionisti del campo, oltre ai premi speciali dei partner Cinemaitaliano.info, Scuola Holden, Machiavelli Music, Seeyousound International Music Film Festival – Premio Vecosell Miglior Videoclip, il Premio Miglior Corto Scuole e il Premio del Pubblico.

Giovedì 6 febbraio si parte con una doppia proiezione mattutina, alle 9.30 e alle 11.30, che vede in programma i 28 cortometraggi realizzati dagli studenti di scuole medie e superiori di diverse cittadine del Piemonte (Buttigliera Alta, Carignano, Omegna, Rosta, Torino e Torre Pellice).

Alle 19.30, in calendario il blocco DOC con Il Fotografo di Vanchiglia del torinese Maurizio Orlandi, che racconta la storia del fotografo Giovanni Ghija e della sua famiglia, conosciuti da sempre nel quartiere come i fotografi storici di Vanchiglia-Vanchiglietta; Le valli della Salamandra di Lanza di Marco Tessaro, girato sulle Alpi Cozie, tra Italia e Francia, che mostra l’ambiente di montagna dove vive un anfibio poco conosciuto presente esclusivamente in queste valli, la Salamandra di Lanza; Passaggi di Beppe Leonetti, selezionato al 37° TFF e finanziato dallo Short Film Fund di Film Commission Torino Piemonte, unisce le vite di padre e figlio; e Storie Invisibili. La resilienza nei campi profughi palestinesi in Libano di Andrea Tomasetto, girato a Beirut con il giornalista Luca Rolandi, è un viaggio all’interno dei Campi Profughi Palestinesi in Libano, per scoprirne le vite, le persone, le vicende, mettendo sotto i riflettori, in primo luogo, non i problemi, ma le soluzioni.

Il primo appuntamento con le brevi masterclass CORSI CORTI. PICCOLE STORIE DI CINEMA sarà alle 21.30 con il collettivo NERDO, studio creativo e di animazione torinese con un’esperienza decennale riconosciuta a livello internazionale con premi come Promax, Bassawards, The Motion Awards e che ha li ha visti lavorare per brand tra cui Google, Nike, RAI, Sky, Mediaset, MTV. Daniele Gavatorta, Executive Creative Director & Partner, presenterà i corti Beer, libera interpretazione della poesia Beer di Bukowski, che ha riscosso grande successo ed è stato tra i finalisti del Festival di Annecy 2016; Relationshapes, nove brevissime insta-stories che uniscono libertà d’espressione e sperimentazione da ogni membro del team Nerdo; e l’ultimo Anthropocene, LOL, che affronta un tema attuale – la crisi climatica – e passa in rassegna tutti i disastri in corso per concludere con l’inevitabile apocalisse che, però, risulta tale soltanto per il genere umano.

Dopo la presentazione dei NERDO per Corsi Corti delle 21.30, segue ART&CARTOON con 3 corti di affermati animatori: X.Y.U. di Donato Sansone, un piano sequenza unico dove componenti umane mutano nel gioco di una continua trasformazione fisica col mutamento spaziale; Sono un Poeta, Cara di Vincenzo Gioanola, che illustra ironicamente una delle prime poesie del poeta torinese Guido Catalano; Corkscrewed di Massimo Ottoni, sulla storia di un corteggiamento, premiato ai festival Farm Film Festival 2019, Cinanima, Cartoon Club, Oaxaca film fest, Ariano film fest e Lund fantastik film fest.

I frutti del CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia – Animazione non mancano mai a TSTW con 5 corti di animazione anch’essi degni di svariati festival internazionali: Coscienza Pulita di Francesco Corrado, Sara Binetti, Francesca De Toni, Simone Stassano; Maga Wanda di Jacopo Martinello, Domenico Acito, Giulia Auditore, Andrea Parisella, Marta Treccani; Pilgrim di Matteo Ricci, Andrea Berardi; The King Dom di Marco Raffaelli, Elena Sorrentino, Giacomo Bianchi, Melania Campanaro e Whatever Happened To Darwin di Sara Crippa, Leonardo Altieri, Giulia Manna, Maria Nocerino. E ancora And Tear It Apart di Matteo Gentile, su una giovane violoncellista, e XO di Francesco Pellegrino, ha per protagonista un astronauta.


TSTW – Glocal Film Festival è organizzato nell’ambito di Torino Città del Cinema 2020 da Associazione Piemonte Movie in sinergia con Film Commission Torino Piemonte, Museo Nazionale del Cinema, Torino Film Festival, con il contributo di Regione Piemonte e Fondazione Crt, con il patrocinio di Città di Torino e Città Metropolitana di Torino e la collaborazione del Centro Nazionale del Cortometraggio e Seeyousound International Music Film Festival. Main Partner ODS. Main Sponsor Compagnia dei Caraibi.

Dieci candidature agli Oscar ma quel che più ti affascina sono gli apporti tecnici

Sugli schermi “1917” di Sam Mendes

 PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

E allora che dire di questo 1917 che Sam Mendes – magnifico autore di titoli quali American Beauty o Era mio padre, Jarhead o Revolutionary Road – ha scritto e diretto, mettendo da parte le proprie incursioni bondiane e tornando con la memoria ai racconti di guerra del nonno Alfred, che aveva combattuto per due anni sul fronte francese? di un titolo che già s’è aggiudicato i Golden Globe per il miglior film e la miglior regia, che da un paio di giorni si fregia di sette premi Bafta (miglior film, miglior regia, miglior film britannico, miglior fotografia tra gli altri) e che tra una settimana – Tarantino e Bong Joon Ho permettendo, troppo presto Scorsese essendo stato messo fuori da ogni competizione – potrebbe stringere una o più (dieci le candidature raccolte) di quelle statuette che “somiglia(no) tanto a mio zio Oscar”? di un titolo che sbandiera a cuore aperto i sentimenti del pacifismo, che parla di amicizia e di sacrificio e di orrori bellici, che ha tutti i numeri per intenerire i cuori dei membri dell’Academy?

In un giorno d’aprile del 1917 a due giovani caporali, Blake e Schofield, il generale Erinmore (Colin Firth) affida l’ordine di bloccare l’attacco del colonnello Mackenzie (Benedict Cumberbatch) e del suo battaglione di 1600 uomini su un nemico in fuga, ignorando questi che quella ritirata altro non è che una trappola, infida e strategica, che al contrario nasconde subdolamente una nuova offensiva che vedrebbe la sanguinosa carneficina di tutti quegli uomini. Blake, inoltre, è spinto più di ogni altro in quell’impresa, dal momento che tra le forze di quell’attacco c’è anche suo fratello. Si tratterà di percorrere le prime trincee e di riversarsi nella terra di nessuno, di attraversare terreni dilaniati dalla battaglia, di immergersi in buche ed in enormi pozze d’acqua piene di carcasse d’animali e di cadaveri su cui passeggiano corvi e topi, di incrociare visi orribili e mani ridotti a scheletri, di isolarsi tra casolari abbandonati, di cadere dentro le pericolose acque di un fiume, di addentrarsi in un villaggio ridotto a macerie dove ancora si può nascondere un fuoco accogliente ed una donna da proteggere, o in un bosco dove qualcuno ha ancora la forza di intonare una canzone che raccolga lo spirito di speranza di ognuno, di raggiungere il comando per il compito finale. Un viaggio, metro dopo metro, con tutta la propria fatica, forse sotto l’occhio invisibile del nemico, appena una decina di chilometri, cadenzato nel tempo reale, dove con la macchina da presa Sam Mendes inventa un continuo, lungo quanto “falso” piano sequenza, un (saggio) esperimento interrotto da espedienti, da momenti di buio, dal passaggio dai chiarori della giornata alle ombre della notte. Una macchina da presa che s’incolla ai protagonisti, a Schofield (George MacKay, il suo compagno è Dean-Charles Chapman) soprattutto che sarà costretto ad un certo punto a proseguire la strada da solo, che non li molla un istante, che scava di fronte o alle spalle, che cattura le varie stazioni della missione, le emozioni, le paure, i pochissimi momenti di pretesa ironia: ma il giudizio trattenuto sul terreno del condivisibile di chi scrive è perché spesso hai la netta sensazione che la sceneggiatura scritta dal regista e da Krysty Wilson-Cairns sia più costruita che umanamente vissuta (un episodio per tutti: il breve incontro tra il soldato e la giovane donna mentre tutto intorno, nel paesino di Ecoust brucia) e che il personaggio principale non riesca a costruire e mostrare un significativo svolgimento psicologico. E proprio quello che dovrebbe essere il fiore all’occhiello di 1917 – l’uomo avvolto da quel incessante (?) piano sequenza – finisce col dare sì un senso di claustrofobia tra quelle distese di desolazione, ma altresì con l’appiattire tutto quanto è racconto ed emozione.

Non è un impoverimento del film: ma quel che più ti affascina sono gli apporti tecnici, la grande squadra che ha inventato e costruito meraviglie al film. In primo luogo le scenografie di Dennis Gassner e Lee Sandales, la fotografia di un maestro come Roger Deakins (ha “appena” vinto l’Oscar due anni fa per Blade Runner 2049 ma perché non ridarglielo?), entusiasmante, con quei notturni che sono un vero capolavoro, la colonna sonora di Thomas Newman o gli effetti speciali o i montaggi sonori. Mentre rimane ben in piedi la validità dell’idea e della costruzione di Mendes, nella memoria, tra gli autori che ci hanno raccontato il grande conflitto, restano altri nomi, il nostro Rosi o l’immenso Kubrick.

Il buio dei manicomi: a Racconigi doppio appuntamento

“I colori del nero” e “Camille” sotto il segno di Progetto Cantoregi

Venerdì 7 e sabato 8 febbraio
Racconigi (Cuneo)

Due eventi, uno letterario e uno teatrale, per raccontare le vite – non vite che si consumarono all’interno dei manicomi. In Italia, nel “Chiarugi” di Racconigi, (sarcasticamente chiamato dai racconigesi “La Fabbrica delle Idee” e chiuso nel 1981 dopo l’entrata in vigore della legge “Basaglia”) e in Francia, nell’ospedale psichiatrico di Montfavet-Avignon , dove fu rinchiusa e dove morì la scultrice francese Camille Claudel. La proposta del doppio appuntamento arriva da Progetto Cantoregi – la nota compagnia teatrale fondata a Carignano nel ’77 dal regista e autore Vincenzo Gamna – in collaborazione con la Città di Racconigi e il locale Centro Culturale “Le Clarisse”. Luogo del duplice incontro, la SOMS (via Carlo Costa, 23), l’ex Salone Sociale di Racconigi appartenuto alla “Società Operaia di Mutuo Soccorso” e trasformato nel 2019 da Progetto Cantoregi in “spazio di comunità, partecipato e multiculturale”.


Il primo incontro é in agenda per venerdì 7 febbraio, ore 21, con lo scrittore Giovanni Tesio (già ordinario di Letteratura Italiana all’Università del Piemonte Orientale e per trentacinque anni collaboratore de “La Stampa”) che presenterà il suo nuovo libro “I colori del nero. Arte e vita nel manicomio di Racconigi” (Mercurio editore), insieme a Francesco Occhetto e con accompagnamento musicale al violoncello di Simona Colonna. Il volume racconta storie e vicende degli utenti dell’ospedale, soffermandosi sul fondamentale ruolo che l’arte e l’arteterapia hanno avuto nel fornire ai degenti validi strumenti per poter esprimere le proprie emozioni e il proprio mondo interiore. La presentazione sarà anche accompagnata da un’esposizione di disegni che furono realizzati da alcuni utenti dell’ex ospedale psichiatrico.

Sarà invece una toccante pièce teatrale titolata “Camille”, quella programmata per sabato 8 febbraio, ore 21, e dedicata alla vita intensa e tormentata della celebre scultrice francese Camille Claudel (1864 – 1943), allieva e musa ispiratrice di Auguste Rodin, internata in manicomio, dove trascorse trent’anni della sua vita, accusata di pazzia e paranoia. Accompagnato dalle musiche di Arturo Annecchino, elaborate dal vivo da Michele Rosati, lo spettacolo vede l’ideazione e l’interpretazione dell’attrice Astra Lanz, nota al grande pubblico per aver interpretato il ruolo della giovane madre superiora Suor Maria, nella fiction di “Don Matteo”, accanto a Terence Hill. “Camille” è tratto dalle lettere scritte dalla stessa scultrice prima e durante l’internamento in manicomio (avvenuto nel 1913), risalenti all’arco di tempo tra il 1886 e il 1932, e rappresenta un viaggio nella vita dell’artista, soprattutto nel suo mondo interiore, con le sue passioni, i conflitti e le modalità di reazione agli avvenimenti. “Ciò che propongo – spiega Astra Lanz –  è una suggestione di Camille nel suo atelier, ed io stessa sono spettatrice del processo che le sue lettere mi hanno suggerito. Il mio non è un lavoro studiato a tavolino, quindi meno artificio c’è meno si viola lo spazio intimo di una persona che è stata realmente rinchiusa in manicomio trent’anni, che ha realmente sofferto e scritto, chiedendo aiuto”.


Info: 335/8482321 – 338/3157459 – www.progettocantoregi.it -info@progettocantoregi.it Fb Progetto Cantoregi – Tw @cantoregi – IG Progetto Cantoregi

g. m.
 

Le foto di Astra Lanz in “Camille” sono di Marina Magri