SPETTACOLI- Pagina 182

Portare il teatro fuori dal teatro. Ogni piazza un palcoscenico

A partire dal 15 Giugno verranno riaperti i teatri e cinema d’Italia e gli italiani potranno tornare a fare ciò che hanno sempre fatto: non andarci.

Battute a parte, la riapertura di cinema e teatri il 15 giugno è una buona notizia, ma solo a livello teorico. Chi scrive è un attore, conduttore e comico: in passato si sarebbe detto (esagerando) “showman”, oggi va di moda “performer”. Sempre chi vi scrive, fa parte di quel 90% (anche 95 volendo) di lavoratori che vive il mondo dello spettacolo non dalla parte privilegiata di esso ma dalla parte di chi, giorno dopo giorno, si inventa qualcosa per andare avanti. E quindi dovrebbe essere felice della riapertura di cinema e teatri il 15 Giugno; ed è felice di ciò, ma soltanto a livello teorico…

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Portare il teatro fuori dal teatro. Ogni piazza un palcoscenico

Torino torna a splendere: musica in diretta streaming dal cuore di Porta Palazzo

Sabato 30 maggio, a partire dalle ore 20, la terrazza di Mercato Centrale Torino ospiterà Torino torna a splendere, un’iniziativa a porte chiuse organizzata dal duo Andrea Scarpa e Alessio Sogno, in arte A.A., protagonisti di un emozionante djset volto a rendere omaggio alla città e alla sua ripartenza post emergenza Coronavirus.

 

Al calar del sole, si potrà assistere, esclusivamente in streaming tramite diretta Facebook, sulla pagina di Andrea Scarpa, ad un appassionante viaggio fatto di musica e immagini, in cui scorci del quadrilatero romano e di Porta Palazzo saranno le star indiscusse. Torino torna a splendere è un progetto ideato per rispondere a un bisogno incessante di positività.

L’obiettivo, infatti, è quello di sfruttare le potenzialità della rete per lanciare un messaggio di buona speranza invitando tutti i torinesi a condividere – anche se distanti ma vicini il momento della ripartenza post Covid-19. I due artisti sostengono infatti che – “la musica ha un potere emozionale impareggiabile e le persone, più che mai in questo momento, hanno bisogno di sentirsi parte di qualcosa. Noi, nel nostro piccolo, cerchiamo solo di offrire uno spettacolo che dia coraggio e speranza a chi ne ha bisogno. E tutto questo non sarebbe stato possibile se non grazie a Mercato Centrale Torino, cuore pulsante della nostra città, che ci ha sostenuto e ha creduto sin da subito nel nostro progetto”. Gli A.A. avviano una collaborazione nel marzo del 2019 e da circa un anno si dedicano alla ricerca di sound inediti volti alla realizzazione di progetti non convenzionali. Andrea Scarpa, firma nota e prestigiosa nel panorama pugilistico italiano (e non solo) da qualche anno, oltre ai ring, padroneggia anche le consolle di molti locali torinesi e tra un allenamento e l’altro continua a coltivare la sua irrefrenabile passione per la musica elettronica. Alessio Sogno, della musica ne fa una professione sin da giovane. Nel 2006 frequenta il Sae Institute di Milano e ottiene il Certificate di Produzione di Musica Elettronica. Suona chitarra, pianoforte e batteria e da qualche anno, nel suo studio, tiene anche corsi per dj, producer e artisti emergenti.

“Stories from Europe”, nella rete teatrale c’è anche lo Stabile

Il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale  ha aderito al progetto internazionale Stories from Europe: Crisis and reflection /   Storie dall’Europa: crisi e riflessioni nato in seno a Mitos21 , network composto dai più importanti teatri europei (fra cui l’Odéon di Parigi, il National Theatre di Londra, il Berliner Ensemble di Berlino, il Dramaten di Stoccolma, il Toneelgroep di Amsterdam, il Katona di Budapest, il Royal Theatre di Copenhagen) e di cui lo Stabile fa parte come unico teatro italiano.

L’iniziativa alla quale, insieme allo Stabile di Torino, partecipano il Berliner Ensemble, il Burgtheater di Vienna, il Kongelige Teater di Copenhagen, il Dramaten di Stoccolma , il Katona Jozsef Theatre di Budapest, il National Theatre di Londra, il Teatre Lliure di Barcellona, il Thalia Theater di Amburgo vuole disegnare un’immagine dell’Europa durante la pandemia partendo da quelle figure professionali che in questo periodo di lockdown hanno continuato a lavorare.

Ci si è voluti interrogare sull’aspetto che la vita quotidiana ha assunto per loro in un momento in cui tutto si è capovolto e quali scelte e complessità hanno dovuto affrontare: infermieri, addetti alle pulizie, tassisti e persone provenienti da tutta Europa impiegate nella fornitura di servizi essenziali sono stati intervistati e i drammaturghi dei diversi teatri hanno adattato le loro storie personali ed esistenziali realizzando brevi monologhi. La guida e il coordinamento di questo progetto sono affidati al Dramaten di Stoccolma, che ha lanciato l’iniziativa.

«L’invito che il Bergman Studio del Dramaten di Stoccolma ha rivolto ai teatri membri del network Mitos21- dichiara Filippo Fonsatti , Direttore del Teatro Stabile di Torino –  non poteva che essere accolto da noi con enorme entusiasmo. Mettere insieme un coro di autori europei per cercare di restituire un grande affresco di storie ai confini del lockdown ci è sembrato il modo migliore per mettere a frutto questo periodo di interruzione forzata. In questo momento di frontiere bloccate, di chiusure, divisioni e di immobilità, unirsi, se pur virtualmente, nel racconto di ciò che è accaduto là fuori, oltre le nostre finestre, ci è sembrato un segnale importante da poter offrire ai nostri spettatori in attesa, la prima di una lunga serie di cuciture che ricomporranno questo strappo. Oltre alle nostre parole, ci saranno quelle scritte a Berlino, Londra, Budapest, Vienna, Copenaghen, Barcellona, Amburgo e, ovviamente, a Stoccolma, e sono certo che ognuno dei brevi monologhi che verranno presentati costituirà la tessera di un mosaico articolato e affascinante, ma soprattutto impreziosito dal numero dei talenti che avranno contribuito a comporlo e dalla loro collaborazione».

Il gruppo di lavoro del Teatro Stabile di Torino, coordinato da Fausto Paravidino , ha deciso di focalizzarsi su taxisti, assicuratori e forze dell’ordine: al termine della stesura di tre testi scritti da Maria Teresa Berardelli, Tatjana Motta, Fausto Paravidino, Pier Lorenzo Pisano, Irene Petra Zani , che fanno parte del gruppo Playstorm e che hanno lavorato collettivamente a questo progetto, i monologhi verranno recitati in video dallo stesso Fausto Paravidino, da Iris Fusetti  Daniele Natali . Il lavoro di scrittura è basato sugli spunti forniti dalle numerose interviste fatte dagli autori nel mese di maggio del 2020 e confluirà in un film sottotitolato in inglese, nato proprio da questa collaborazione tra i teatri della rete internazionale Mitos21 e avviata dal Royal Dramatic Theatre di Stoccolma, che verrà diffuso attraverso i canali digitali dei teatri partecipanti. La prima digitale è prevista il 12 giugno 2020 .

«Questo progetto coordinato dal Dramaten di Stoccolma – scrive Fausto Paravidino , Dramaturg del Teatro Stabile di Torino –  coinvolge una numerosa rete di teatri europei nel tentativo di raccontare la pandemia che stiamo attraversando. In questo periodo, oltre che confinati in casa, ci siamo molto isolati dal resto del mondo, cosa sciocca da farsi in una pandemia. Ci siamo spesso aggrappati all’orgoglio nazionale, anche con gran sventolio di bandiere come se fossimo in guerra e se lo fossimo contro gli altri. Il teatro vive di relazioni interpersonali. Il teatro è fatto di gente che viaggia in lungo e in largo solo per parlare. Non per parlare di una cosa. Per parlare. È la nostra specialità. Purtroppo non si può fare teatro in questo periodo. E anche parlare con le altre persone è al limite della legalità. Per cui è molto difficile per noi trovare il modo di dare il nostro contributo sociale. Questo è un piccolo tentativo: autori di tutta Europa che affrontano creativamente l’evento che stiamo vivendo ognuno dal suo punto di vista».

www.teatrostabiletorino.it
www.dramaten.se/aktuellt/2020/stories-from-europe/

Film sotto le stelle: il cinema estivo sarà all’aperto

La vecchia tradizione del Cinema all’aperto, ormai quasi dimenticata, questa estate  verrà rispolverata anche a Torino

Sarà una necessità dovuta al distanziamento sociale previsto dalle nuove regole anticovid, ma chissà che non diventi una nuova tendenza connotata da un pizzico di romanticismo

I principali spazi per il cinema sotto le stelle a Torino saranno,  a partire da luglio:

il Parco del Valentino, la storica Piazzetta Reale, il Parco Dora, il Parco Peccei e Spazio 211.

Location equamente suddivise tra centro e periferia per dar modo a tutti i torinesi di godere qualche serata di fresco (si spera) e di buon cinema

“Moka Noir”, in un film la storia della crisi di pentole e caffettiere

La 19esima edizione del GLocal Film Festival di Torino svoltasi di recente ha ospitato  l’anteprima regionale del documentario “Moka noir: a Omegna non si beve più caffè” del regista svizzero ticinese Erik Bernasconi con la sceneggiatura di Matteo Severgnini, giornalista e scrittore omegnese.

 

La rassegna, ideata dall’Associazione Piemonte Movie che ogni anno porta in sala il meglio della produzione cinematografica piemontese, anche quest’anno ha dato visibilità al cinema “di casa nostra”, contribuendo a dare il giusto spazio a quei film che nel loro percorso hanno incrociato il Piemonte.

In “Moka Noir”, un regista-detective con un’indagine, ironicamente condotta in stile poliziesco, ricerca il colpevole della scomparsa del polo industriale del casalingo di Omegna, sul lago d’Orta. Matteo Severgnini, in una intervista ha dichiarato di aver “sentito il bisogno di narrare ciò che stava accadendo alla mia città. Vedevo e vedo tuttora molta gente tirar sera per le vie di Omegna, e non parlo solo dei pensionati e degliumarell, i vecchietti che osservano i lavori nei cantieri, ma anche di giovani e persone in età da lavoro, e ho cominciato a interrogarmi su questo fenomeno da imputare, ovviamente, alla crisi industriale, alla chiusura delle fabbriche del settore casalingo che hanno fatto la storia di Omegna e dell’Italia intera”. Già qualche anno fa raccontò la vita di Alfonso Bialetti e la sua invenzione in un audiodocumentario della RSI, la Radiotelevisione svizzera intitolato “L’invenzione della mok”, sostenendo come “l’invenzione della moka non abbia modificato soltanto il modo di fare il caffè, ma abbia anche influenzato nel profondo la socialità degli italiani”.

Una storia dalle radici lontane e originalissime. “ La moka venne inventata nel 1933 da Alfonso Bialetti – afferma Severgnini – reduce da esperienze migratorie e ispirato dalla moglie che faceva il bucato con la lisciveuse, l’antesignana della lavatrice; uno strumento, dotato di una sorta di caldaia e di un tubo, il cui funzionamento ricorda in parte proprio quello della moka”. “Moka noir” è stato pensato come una sorta di scatola cinese, come una storia che contiene altre storie e che hanno portato gli autori a pensare al territorio come ad una persona, un tempo in buona salute e dotata di una certa vitalità, che era stato uccisa. A partire da questa metafora è stato quasi naturale costruire il film come un’inchiesta di polizia in stile giallo-noir. Un modo originale per raccontare la storia di una realtà che la crisi ha ridimensionato drasticamente l’economia di quella che un tempo è stata la capitale italiana dell’industria del casalingo. Omegna, conosciuta come paese di pentole e caffettiere che ha dato i natali a Gianni Rodari, ha vissuto l’intero ciclo ascendente di questo settore che segnò per alcuni decenni la storia industriale dell’area attorno al lago d’Orta. Un successo che affondava le sue radici nel boom economico, sui consumi di massa e la competitività in termini di costo del prodotto. Realtà come Bialetti, Girmi, Lagostina e Alessi   dominarono il mercato, entrando nelle case e nelle cucine degli italiani. Le stesse imprese operavano in un distretto territorialmente ben definito e risultavano fortemente ancorate a tradizioni industriali legate ad alcune famiglie che avevano fatto leva sulla capacità inventiva, l’innovativo design e l’abilità manifatturiera per costruire il loro successo. La globalizzazione , la saturazione dei mercati con prodotti di minor qualità a prezzi modesti creò problemi enormi agli elettrodomestici marcati Girmi, alle pentole a pressione Lagostina e alle caffettiere Bialetti   dell’indimenticabile “omino coi baffi”   al punto che , dagli anni ’90 in poila crisi diventò sempre più evidente. Tra le realtà storiche solo Alessi, con un impegno caparbio che accompagna l’assoluta qualità dei prodotti, ha tenuto alta l’immagine e la storia di un settore che un tempo era una monocultura industriale capace di influenzare economia e sviluppo sociale dell’intera zona.

Marco Travaglini

Arriva l’ondata

Caleidoscopio rock USA anni 60 / In Louisiana non tutto doveva essere R&B, anche se il peso del passato era ingombrante e condizionante. C’era chi aspettava il “treno giusto”, magari con partenza da oltreoceano, per esempio una potente ondata, da lontano, che portasse una nuova scarica di adrenalina tra i giovani statunitensi dopo qualche tempo di “calma equatoriale”.

C’era chi fiutava l’aria specialmente in quelle aree dove la caratterizzazione musicale era meno marcata da generi musicali di grande respiro, magari in zone ai margini o “di passaggio” tra uno stato e l’altro; d’altronde si sa… presso le “aree di confine” si sta generalmente molto attenti a chi transita, sia esso un viaggiatore, un mezzo di trasporto o… un nuovo trend musicale in arrivo.

E si sa bene che il fiuto di chi vive in tali aree è particolarmente fino, ancor meglio se associato ad “antenne ben dritte” per captare verso quale direzione si dirigerà il gusto giovanile, quella “gallina dalle uova d’oro” che poteva dare una spinta alle bands per il “grande salto”. Ed ecco che la conformazione “antenne dritte” era tipica di bands che cercavano qualcosa di nuovo oltre il rock&roll e che, come predetto, si muovevano in aree “borderline”, come in Louisiana nella fascia settentrionale verso i confini con Texas, Arkansas e Mississippi lungo la Interstate 20: ne erano un esempio The Spectres. Nati tra Ruston e Monroe nell’autunno 1965, erano composti in formazione originale da Jim Steele (V), Daniel Gilbert (V, chit), Terry Montgomery (b), Sidney Johnson (V, org) [e Woodard Bardin (org)], Bill Bass (batt); furono tra le prime bands della Louisiana a seguire decisamente l’onda della British Invasion operando tra Monroe, Ruston e Shreveport soprattutto in adult clubs e con l’onore di essere opening band per The Lovin’ Spoonful. I buoni agganci col produttore Rocky Robin portarono The Spectres ad incidere il primo 45 giri nel 1966: “No Good, No Where World” [Gray – Carraway] (NJ 1020; side B: “High Stepper”), con etichetta N-Joy records, presso Sound Studios. Nel frattempo il cantante Jim Steele fu chiamato al servizio militare e la band dovette assestarsi su una diversa distribuzione tra i membri. Per quanto riguarda il secondo 45 giri, tengo a sottolineare l’etichetta (che a mio giudizio produsse realtà interessanti): Paula records, di proprietà di Stanley Lewis a Shreveport. Il singolo uscì nel 1967 e presentava un side B migliore del lato A: “Psychodelic Situation” [D. Gilbert] (270; side B: “I Cried”), inciso presso i Robin Hood Briant’s Studios in Texas; non a caso “I Cried” ricevette buona accoglienza nelle radio locali e fu brano di punta di svariati gigs fino in Mississippi (Vicksburg e Jackson). Ma il 1967, come tutti ben sappiamo, fu anno spartiacque che vide il grande movimento psichedelico travolgere ed inglobare microrealtà locali trasformando suoni, testi, gusti e modi di captare il messaggio musicale; con le nuove ricerche sul riverbero, sulla dicotomia scenografica suono-luce e con la nuova fenomenologia dei “concerti evento” intesi come unione di forme artistiche concomitanti… chi arrivava al 1967 “col fiato corto” era destinato ad essere doppiato a velocità tripla. La medesima sorte toccò inevitabilmente anche a The Spectres, che (con l’uscita di Steele e Montgomery) giunsero a sciogliersi entro l’estate del 1968, quando ormai il garage rock psichedelico “di nome ma non di fatto” sapeva già di stantio.

Gian Marchisio

 

 

Parole d’amore ai tempi del virus

Francesco, infermiere impegnato nell’emergenza sanitaria, ha scritto un pezzo uscito su spotify e itunes dedicato alla sua ragazza

Incontro Francesco lungo Po, con la luce calma del tramonto, l’odore della primavera che quest’anno si sente quasi colpevole ad essere arrivata, e qualche sguardo prudente che passa rapido dietro alle nostre spalle.  Ha gli occhi dolci, uno sguardo un po’ lontano e un sorriso sincero.

T: Ciao Francesco, chi sei e da dove vieni?
F: Allora, sono Francesco, ho 27 anni, sono nato a Civitanova Marche e faccio l’infermiere. Esauriente? (ride). Sono a Torino da due anni, ma prima di approdare qui ho vissuto anche a Milano per un po’ di tempo. Qui a Torino ho trovato quello che per me era il giusto equilibrio tra il traffico della grande città e la pace della cittadina di provincia. Non mi fraintendere -che se lo legge mia mamma pensa “ma guarda questo”-: amo il posto dove sono nato, amo tornarci, ma io sono uno a cui piace cambiare.

T: e invece chi è F Brioschi?
F: F brioschi so’ io: è il mio alter-ego creativo. Hai presente quella parte di ognuno di noi che rimane inespressa, ma che è latente, quel qualcosa che non sai che forma abbia ma senti che c’è, e allora per ri-conoscerla, per prendere consapevolezza della sua esistenza, le dai un nome: dando un nome a questa parte di me, è come se gli avessi dato vita, attraverso la musica. Così è nato F Brioschi. Questo nome l’ho scelto insieme alla mia ragazza: se po di? O fa miele?

T: Da come ne parli sembra un “ri-conoscimento” recente.
F: Ho sempre scritto, canzoni, pensieri, poesie, parole insomma con diverse forme si, ma non mi ero ancora ri-conosciuto davvero. Avevo registrato altri pezzi che ho tenuto per me, per gioco, mentre Mina è uscito allo scoperto perchè è stato un regalo per la mia ragazza, Mina appunto. E’ lei che ha tirato fuori F Brioschi, in tutti i sensi. E il produttore, Emanuele Cotto, ha fatto il resto: ha visto nel mio pezzo un inno all’amore in cui altre persone avrebbero potuto indentificarsi, come spesso accade; poi è successo che è stata ascoltata dall’etichetta Reload Music, che ha deciso di farla uscire sulle piattaforme di streaming musicale a loro marchio. Sinceramene non mi aspettavo che un’etichetta si potesse accorgere di me, visto che fino a ieri cantavo solo mentre spadellavo (da buon terrone), o nel letto prima di dormire per fare addormentare la mia ragazza. E ora invece mi ritrovo la mia faccia su spotify.

T: Dicci chi è, e che cos’è, Mina
F: Mina è la mia compagna, la mia ragazza, che in realtà si chiama Martina, ma le piace farsi chiamare così. Nella canzone ho giocato con le parole: (canticchia) “e adesso c’ho una mina nel petto”, una bomba pronta ad esplodere per la potenza di quello che provo nei suoi confronti.  Dopo esserci persi in un locale notturno due anni fa, ci siamo ri-incontrati quest’autunno (canticchia di nuovo) “erano due anni che non ti vedevo”, e l’impressione che ho avuto è che ci fossimo già incontrati in un’altra vita “e ci siam voluti già in un’altra vita”, perchè è stato tutto molto familiare e vero sin dall’inizio, come se non dovessimo spiegarcele, le cose che più erano sepolte dentro noi. Mi sono sentito come se fossi tornato a casa dopo un lungo errare alla ricerca di una sensazione cosi vera. Quando l’ho ritrovata è stato come unire i puntini. É una sensazione rara, non è il semplice innamoramento: per questo il pezzo non poteva che prendere il suo, di nome.

T: Il pezzo è uscito durante la pandemia che ha messo in ginocchio tutta italia: come sta andando?
F: “mina” è uscito il 23 aprile su spotify, itunes, e alter piattaforme: fare uscire un pezzo in questo periodo va contro tutte le regole non scritte del mercato musicale, ma abbiamo comunque deciso di pubblicarla per vedere quante persone avrebbe raggiunto. Siamo rimasti davvero stupiti, perchè è andato ben oltre le nostre aspettative: dopo 15 giorni siamo arrivati a 15 mila stream, 1000 stream al giorno, non male eh per un ragazzo di provincia (ride): per me ma anche per il produttore e per l’etichetta, sono stati una grandissima sorpresa, essendo il mio primo pezzo.

T: ma con un successo così, avrai sicuramente in cantiere un secondo pezzo: confermi?
F: non voglio dire ancora nulla, solo che questo secondo pezzo sarà molto diverso dal primo, parla di una sensazione, uno stato d’animo in movimento, qualcosa che accomuna un po tutti i malinconici: non è che se so’ innamorato non sono più nostalgico. Non c’è un vero e proprio progetto musicale dietro, quello che esce da me è solo verità quindi aspettatevi questa e nient’altro.

Mirabilia International, nuova formula ai tempi del virus

Circus & Performing Arts Festival 2020 XIV Edizione Satellite of life

Satellite of life, questo il tema della XIVma edizione di Mirabilia International Circus &
Performing Arts Festival con la direzione artistica di Fabrizio Gavosto, in un’edizione pensata
appositamente per il 2020 con un programma, obbligatoriamente in via di ridefinizione a causa
dell’emergenza sanitaria scattata in seguito alla pandemia, nel periodo agosto/settembre 2020,
sul territorio del cuneese.

Viste le incertezze di questo preciso momento storico, Mirabilia sarà dunque un’edizione che
preparerà al 2021 e alla nuova formula biennale che vedrà poi l’alternanza fra la Biennale
Internazionale del Circo e delle Arti Performative, e Aspettando la Biennale: un progetto sul
territorio.


Satellite of life è un inno alla rinascita attraverso la forza della natura e il perenne rinnovarsi
della vita. Una riflessione in linea con il particolare contesto storico, ma anche con la ferma volontà
di rappresentare un momento di ripresa e nuova aggregazione. Non verranno infatti abbandonati gli
obiettivi di sviluppo e valorizzazione di Mirabilia, che si legano a doppio filo con il territorio del
cuneese, che il Festival si propone di far scoprire e vivere – con tutte le precauzioni dovute al periodo
delicato – nell’ottica di affermare sempre più il ruolo centrale dell’arte e della creatività come motori
di una rinascita culturale e sociale.

Compatibilmente con le restrizioni governative e con le soluzioni che si potranno adottare, sarà un
Mirabilia all’insegna del grande circo contemporaneo, del teatro e della danza, capace di regalare
momenti di intensità, di magia e leggerezza in un racconto progettato per snodarsi tra meravigliosi
spazi come i giardini, i palazzi, le strade e i cortili del territorio.

Ripensare la “dimensione del teatro” sarà una grande sfida per adattarsi alla “nuova situazione”,
accolta anche come stimolo vista la grande esperienza e professionalità del festival nella creazione
e ambientazione negli spazi urbani.

Spettacoli e progettualità, ispirandosi come stimolo e sfida al tema Satellite of life, saranno
chiamati a rimodularsi in base ai nuovi scenari esistenti, con l’integrazione di tecnologie
digitali e con la creazione di percorsi e di formule nuove pensati in collaborazione e in
continuo confronto con tutte le istituzioni, gli artisti e i numerosi partner nazionali e
internazionali di Mirabilia.

Tra i maggiori festival di settore e nominato Festival Culturale Europeo nel 2012, Mirabilia ha
da sempre una forte vocazione internazionale che esprime nel suo cartellone, composto da
compagnie straniere e italiane e da progetti creati nell’ambito di residenze artistiche fortemente
radicate sul territorio. Una vocazione alla quale non verrà meno nonostante le forti limitazioni del
periodo, che certamente e inevitabilmente porteranno a un’edizione profondamente diversa da
quella inizialmente immaginata, reinventando gli spettacoli nella forma e nella relazione con gli spazi
e con il pubblico.

“Danza, teatro e circo contemporaneo torneranno in eventi urbani con nuovi format e nuove
soluzioni, e coinvolgeranno gli artisti in uno sforzo creativo che confermerà, in questo quadro
contestuale 2020 così inedito e difficile, quello spirito di sperimentazione e innovazione che da
sempre anima Mirabilia e la sua proposta culturale. Abbiamo lavorato per anni progettando nello
spazio urbano, creando e innovando con proposte e idee all’avanguardia, ed oggi la grande
esperienza accumulata ci rende pronti a sperimentare la rinascita nello spazio pubblico trasformando
i limiti in sfide e in uno spirito di collaborazione e supporto reciproco anche ospitando spettacoli di
altri festival quali ad esempio Interplay festival” queste le parole di Fabrizio Gavosto ideatore e
direttore artistico del Festival.

Contagion, il film del 2011 che previde la pandemia

Contagion, il film che nel 2011 ha raccontato di un virus letale che passa dai pipistrelli ai maiali macellati e infine agli esseri umani nei ristoranti della Cina, ha previsto la pandemia da Covid-19 con impressionante precisione.

Fanno parte del cast i migliori attori americani Jude Law, Matt Damon, Kate Winslet, Marion Cotillard e Gwynet Paltrow. Ed è propria la nota attrice Gwynet Paltrow, poche settimane fa su Instagram, a scrivere “Ho già vissuto questo film” postando ironicamente una propria foto personale con la mascherina. Guardando con attenzione il suo film del 2011 “Contagion” del regista Steven Soderbergh, nessuno può darle torto. L’attrice in Contagion interpreta la paziente zero, che muore 48 ore dopo aver contratto il virus, chiamato Mev-1, nella città di Hong Kong. Nel film sono presenti tante analogie con la pandemia da coronavirus…

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Contagion, il film del 2011 che ha previsto la pandemia

Brachetti, teatro in streaming

In occasione del 1 maggio, il re del trasformismo Arturo Brachetti, dedica a tutti gli amanti del varietà uno spettacolo in diretta streaming dalla pagina Facebook @LeMusichallTorino, teatro di cui è direttore artistico.

LE MUSICHALL LIVE ARTURO BRACHETTI

in

BRACHETTI RACCONTA LE MILLE LUCI DEL VARIETÀ

Venerdì 1 maggio 2020 | ore 18 e ore 20

Facebook: @LeMusichallTorino

In occasione del 1 maggio, il re del trasformismo Arturo Brachetti, dedica a tutti gli amanti del varietà uno spettacolo in diretta streaming dalla pagina Facebook @LeMusichallTorino, teatro di cui è direttore artistico.

Il fascino della bella Otero o il magnetismo di un regista in frac bianco? L’energia del corpo di ballo o le mille paillettes del sipario? Non c’è bisogno di scegliere: tutto è varietà!

A raccontarne la storia e la straordinaria attualità è Arturo Brachetti che di questo genere è un profondo conoscitore e interprete. Un incontro con una star internazionale per chiacchierare intorno ai temi e ai personaggi che hanno reso celebre il varietà, con il supporto di video e foto scelte da Brachetti stesso.

Arturo Brachetti

Artista italiano famoso e acclamato in tutto il mondo, considerato univocamente il “the Legend of quick change”, il grande Maestro del trasformismo, con un‘esperienza artistica maturata a livello internazionale. È regista e direttore artistico, capace di spaziare dal teatro comico al musical, dalla magia al varietà.

Direttore artistico del Teatro Le Musichall di Torino, in questo periodo di lockdown ha lanciato un messaggio d’amore per il teatro dalla pagina Facebook @LeMusichallTorino. Il teatro è vuoto ma entra gratuitamente nelle case con un progetto raccontato dall’hashtag #LaCulturaNonTiAbbandona.

Grazie alla collaborazione di artisti e registi, Le Musichall è virtualmente aperto a tutti: la rassegna si chiama Le Musichall LIVE e lo streaming gratuito di un estratto dello spettacolo andrà in onda sulla pagina Facebook @LeMusichallTorino alle ore 18 ed in replica alle ore 20.