Il 41° Torino Film Festival
Il TFF annuncia due contenuti della sua prossima edizione, che si svolgerà a Torino dal 24 novembre al 2 dicembre 2023.
In collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale sarà proposta una retrospettiva dedicata a Sergio Citti, di cui quest’anno ricorre il novantesimo anno dalla nascita. Consulente, collaboratore e amico di Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti ha proposto un cinema fortemente connotato nella compresenza tra popolarità e ricerca, un cinema in cui l’impegno non è mai disgiunto dalla semplicità e leggerezza del racconto.
La retrospettiva è curata da Stefano Boni, Grazia Paganelli, Matteo Pollone e Caterina Taricano e sarà accompagnata da un convegno e da un volume edito dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, nel quale saranno raccolti contributi di David Grieco (nello staff del TFF), Giancarlo Scarchilli, Carlo Verdone, Claudio Amendola, Silvio Orlando, Fiorello, Malcom McDowell, Maurizio Ponzi, Harvey Keitel, Jodie Foster, Giancarlo Giannini e dei tanti altri autori e attori che hanno lavorato con Citti.
Dopo il successo dell’anno scorso, il TFF ripropone la rassegna Mezzogiorno di fuoco dedicata al western americano con un omaggio a John Wayne, il più grande attore western di tutti i tempi, nel 60° anniversario dell’uscita del suo film Donovan’s Reef (I tre della croce del sud), il film che meglio di tutti riassume il perfetto sodalizio tra Wayne e John Ford, il suo regista di riferimento.
D’altronde, come affermava Jean-Luc Godard, “come posso odiare John Wayne, perché simpatizza per Goldwater, e poi amarlo teneramente, quando prende improvvisamente tra le braccia Nathalie Wood, negli ultimi minuti di Sentieri Selvaggi?”
I film saranno, come di consuetudine, presentati ogni giorno alle ore 12 e introdotti da esperti e appassionati del genere.
Il Torino Film Festival è realizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino
Con “Liolà” del 1916 Luigi Pirandello abbandonò quel gruppo di commedie che sino ad allora aveva scritto in dialetto siciliano, per aprirsi al panorama nazionale prima ed europeo poi con una produzione che avrebbe dato vita ai capolavori che conosciamo. E sempre per molte occasioni affidandosi al mare magnum delle sue “novelle per un anno”, un bagaglio narrativo, grottesco, spirituale, filosofico in cui già avevano trovato posto e continuavano a trovare i tanti personaggi (“È mia vecchia abitudine dare udienza, ogni domenica mattina, ai personaggi delle mie future novelle”) che dalla pagina scritta sarebbero stati per così dire “sceneggiati”, saggiando con successo la strada del palcoscenico. Il primo quanto innovativo caposaldo di questa seconda fase – che trova altresì all’inizio fervido terreno nelle condizioni mentali della moglie Antonietta Portulano e nel disastro economico che la portò al centro della pazzia – è “Così è (se vi pare)” del giugno dell’anno successivo, che l’autore trasse con qualche cambiamento e con felici aggiunte da “La signora Frola e il signor Ponza suo genero”, ritratto di una provincia squallida e gretta alla ricerca, come in un giallo che si rispetti e che abbia tutte le carte in regola, di una verità che ognuno dei personaggi costruisce in autonomia, nella ricerca affannosa della autentica identità della moglie del nuovo segretario di Prefettura.
mondo da parte del drammaturgo, affida al videoartist Michelangelo Bastiani la creazione di una mezza dozzina di ologrammi “assolutamente tridimensionali” a raffigurare in una grandezza di una sessantina di centimetri quell’assaggio di popolino che vibra a tratti all’unisono nella continua ricerca. Racchiude in quell’espediente, per una buona ventina di minuti le prime tre scene del primo atto: e a chi scrive è sembrato davvero troppo, ridondante, negativo. E un’idea di troppo. Con l’arrivo della signora Frola tutto torna agli abituali binari e, togliendo ancora qualche trovatina registica che vorrebbe spingere il pubblico ad un facile sorriso (il versante “comico” di Pirandello sta ben altrove, sta nello spirito di Laudisi, nella sua filosofia e nel suo sberleffo, sta nel suo infiocchettato sarcasmo e nel suo tenersi fuori, come all’interno di una torre d’argento, dal contesto generale, sta in quel suo decretare la scoperta e il raggiungimento della parola che mette fine a ogni dubbio, sta in quel ”Siete contenti?” che rivolge ancora allo spettatore di oggi, un ritratto che la grandiosa interpretazione – di quelle interpretazioni fatta a volte di piccoli tratti, basta un sospiro, un impercettibile movimento, un occhiata tra il serio e il sornione: godetevi quel piccolo capolavoro di intarsio che è la chiacchierata con le pettegole Cini e Nenni – di Pino Micol rende in tutta la sua perfezione), la serata si fa corposa e lo spettacolo si pone a fianco dei tanti di cui in passato si è definito il successo.

La serata, voluta fortemente da Angela Calcagni e Claudia Converso, direttrici e artiste appassionate dello Spazio44, e poi dall’attrice Rita Pensa, conferma la galleria come un luogo dell’arte finalizzato alla crescita, alla sperimentazione e alla contaminazione.

