SPETTACOLI- Pagina 168

“Fosco Corti”, la direttrice Erastus vince il concorso

CONCLUSA A TORINO LA SECONDA EDIZIONE DELL’EVENTO INTERNAZIONALE

 

Si è conclusa domenica nell’auditorium del conservatorio Giuseppe Verdi di Torino la seconda edizione del Concorso internazionale per direttori di coro Fosco Corti con la vittoria della direttrice estone Nele Erastus. I diciassette musicisti in gara nell’arena internazionale della direzione corale si sono messi alla prova nei giorni scorsi in sei fasi eliminatorie del concorso, corrispondenti a repertori e difficoltà tecniche progressive. Tra i cinque finalisti sono saliti sul podio anche Heesong Lee dalla Repubblica di Corea, che si è classificata al secondo posto, seguita dal direttore francese Pierre-Louis  de Laporte. La gara ha messo in luce talenti emergenti e già affermati provenienti da dodici paesi del mondo. Tra di loro hanno ottenuto premi speciali i lettoni Patriks Stepe e il ventiquattrenne Matīss Circenis, che hanno rispettivamente ottenuto la borsa di studio del Fondo Noel Minet assegnata dalla European Choral Association e il premio al direttore più giovane. Il premio per il miglior direttore italiano è andato a Tobia Tuveri, mentre la vincitrice assoluta Nele Erastus ha aggiunto al suo medagliere il premio del pubblico e il premio dello Slovenian Philharmonic Choir, insieme all’invito come direttore ospite di uno dei concerti in abbonamento nella sede della Filarmonica Slovena a Lubiana.

Il concorso è stato anche un palcoscenico per la valorizzazione della coralità italiana, grazie alla collaborazione di gruppi che hanno fatto da coro-laboratorio per i partecipanti: l’ensemble InContrà di Fontanafredda (Pordenone), il Coro Artemusica di Valperga, il Coro da camera di Torino, il Gruppo vocale Novecento di San Bonifacio (Verona).

Il concorso Fosco Corti ha confermato sia nei numeri che nell’alta qualità il suo ruolo di competizione di riferimento, avvalorato ulteriormente dalla giuria, formata da professionisti del settore: del livello di Frieder Bernius, Josep Vila i Casanas, Maria Goundorina, Filippo Maria Bressan e il torinese Carlo Pavese. La competizione si è svolta a porte aperte, ma la dimensione mondiale dell’evento è stata supportata dalla possibilità di seguire tutte le fasi in diretta streaming. Nel corso della cerimonia di premiazione sono saliti sul palco Ettore Galvani, presidente della Federazione nazionale italiana delle associazioni corali Feniarco, organizzatore dell’evento, il direttore del conservatorio Giuseppe Verdi Francesco Pennarola e il vicepresidente della European Choral Association, il turco Burak Onur Erdem. La soddisfazione espressa dai rappresentanti della rete di collaborazioni sviluppata a livello locale, nazionale e internazionale che sta alla base di questo concorso ha evidenziato la solidità di un evento giovane, ma rivolto strategicamente alla promozione dei giovani talenti, sia nel campo della direzione corale che nel settore della composizione, dato che il programma ha incluso anche due prime esecuzioni assolute di brani di autori italiani. La prossima edizione del concorso Fosco Corti si svolgerà nell’autunno del 2024.

 

 

Nosferatu Cabaret dell’Orrore

A 100 anni dall’uscita del cult movie Nosferatu, la Compagnia BIT rende omaggio al film con lo spettacolo teatrale ”Nosferatu Cabaret dell’Orrore” Musical-Superdrama diretto da Jon Kellam che per primo ha portato in Italia questo genere di show. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Juvarra di Torino, dal 29 al 31 ottobre in prima nazionale. Uno spettacolo allucinatorio e onirico ambientato in un cabaret frequentato da vampiri assetati di sangue specialisti dell’occulto. Un cocktail di comicità da brivido e atmosfere noir, realizzato attraverso lo stile teatrale unico ed esplosivo del Superdrama.

Parallelamente alle rappresentazioni teatrali nella sala del Teatro si svolgeranno laboratori creativi per i più piccoli nelle sale adiacenti del Circolo Amici della Magia. I genitori potranno così godersi lo spettacolo. Il genitore potrà accompagnare il figlio un quarto d’ora prima dello spettacolo e riprenderlo alla fine dello show. L’ingresso sarà consentito già 2 ore prima dell’inizio dello spettacolo per potersi godere il Pre-show in un’atmosfera surreale all’interno delle sale del Circolo della Magia, dove incontreranno strani personaggi, attrezzi molto particolari con cui poter scattarsi delle foto e apprendendo cenni sul mondo della magia…

Teatro Juvarra, ingresso da Via Filippo Juvarra, 13. Biglietti da 18 a 23 euro con pacchetti per famiglie. Spettacoli 29 ottobre ore 21.00; 30 ottobre ore 15.00 e 17.00; 31 ottobre ore 17.00 e 22.00.

Un francobollo dedicato al grande Macario

Un Macario sorridente con la Mole Antonelliana alle spalle, simbolo della sua Torino tanto amata: questo il francobollo emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico in memoria del grandissimo Erminio Macario. 

Lo annunciano Poste Italiane, l’Associazione Culturale Erminio Macario e il Museo Nazionale del Cinema di Torino che oggi presenta (ore 17.00 Mole Antonelliana, TOrino) questo prodotto filatelico – per la Serie delle Eccellenze italiane dello Spettacolo – ricorda così i 120 anni dalla nascita del celeberrimo cittadino torinese, ma soprattutto dell’artista che ha gettato le fondamenta della comicità italiana.

Motore di tutta l’iniziativa il figlio Alberto Macario, pittore, artista visivo, scrittore e filmaker nonché Presidente dell’Associazione Culturale Erminio Macario (www.macariocult.it) che condurrà la serata. A fare gli onori casa saranno il presidente del Museo Nazionale del Cinema Enzo Ghigo e il direttore Domenico De Gaetano.Interverranno Mauro Macario, scrittore e saggista nonché biografo del padre, l’amico di Macario Avvocato Segre forte dei suoi 104 anni di memoria e Franco Bixio, Presidente della Bixio Edizioni nonché figlio del ben noto compositore ed editore Cesare Andrea Bixio che è stato autore di numerose canzoni di Macario, fra cui la famosa “Macariolita” dal film Il pirata sono io che segna l’ingresso di Federico Fellini nella sceneggiatura cinematografica, oltre ad essere amico di famiglia; da remoto interverrà uno dei più longevi registi Rai, Vito Molinari.

Sarà presente Margherita Fumero, una delle attrici comiche che lavorò assiduamente con Macario.

È prevista anche la presenza del Viceministro del MISE, il Senatore Gilberto Pichetto Fratin, il presidente della Regione Alberto Cirio, dell’Assessore alla Cultura del Comune di Torino Rosanna Purchia, del nuovo proprietario della Galup che ancora utilizza sul Web gli Spot storici di Macario, e dell’onnipresente Luciana Littizzetto, torinese doc anche lei, che già vent’anni fa in occasione del Centenario della nascita dichiarò “Ti amo Macario!”

Grande attore, ma soprattutto un creatore ed innovatore della rivista e commedia musicale a cui ha regalato l’unicità che l’ha resa celebre ma soprattutto che l’ha saputa distinguere dalla commedia di stampo anglosassone. Il suo film Imputato alzatevi! del 1939 è ancora oggi considerato un caposaldo del Cinema Comico Italiano. Così come il suo personaggio in Come persi la Guerra del 1947 ha disegnato il primo antieroe del cinema italiano nel primo film satirico-neorealista.
A lui dobbiamo anche la scoperta – come talent scout ed impresario – di molti dei nomi che hanno fatto grande la storia dello spettacolo italiano: a cominciare da Totò che Macario scelse nel 1927 come suo sostituto nella rivista Madama Follia. Senza dimenticare Alberto Sordi che negli anni ’38-’39 coinvolge nelle sue trasmissioni radiofoniche e al quale nel 1944 affida una parte in L’Innocente Casimiro girato a Roma ancora in piena Seconda Guerra Mondiale. Nel 1947 produce le riviste estive messe in scena da Ugo Tognazzi che – guarda il caso – si fa il ricciolo sulla fronte alla Macario. Per tre anni dal 1950 al 1952 ha in compagnia niente popo di meno che Gino Bramieri che da Macario impara l’Arte del raccontare le barzellette. Porta al successo Wanda Osiris, Isa Barzizza, Marisa Maresca, Lilly Granado, Sandra Mondaini, Marisa del Frate e Juliett Prowse.
Nonostante le insistenze di Frank Sinatra Macario non abbandona il suo pubblico italiano. Passa alla prosa con una sua compagnia di Teatro Popolare Piemontese con cui produrrà due novità all’anno e gira film accanto all’amico di una vita, Totò. Nel 1970 Macario mette da parte la maschera di Macario per interpretare nel 1970 Le Miserie d’Monsù Travet per il Teatro Stabile.

Le due programmi televisivi Macario Uno Due e Macario Più, rispettivamente nel 1975 e nel 1978, raccolgono il successo di quasi sessant’anni ininterrotti di carriera e di percorso artistico.

Nel 1983, tre anni dopo la sua scomparsa, Corbucci, Amendola, Molinari e Leo Chiosso costruiscono con Macario storia di un comico, 14 puntate televisive, uno straordinario omaggio a questa grande figura di artista.

“Vento traverso”, un posto per dar voce alle fragilità

Al Caffè Müller è andato in scena “Vento traverso” della Compagnia del Circolo degli Artisti di Torino, tratto dal libro di Anna Pavone.

 

Grande successo di pubblico martedì  25 ottobre scorso, alle 21, al caffè Muller di via Sacchi 18/D con lo spettacolo “Vento traverso”, liberamente tratto dal libro omonimo della giornalista e scrittrice catanese Anna Pavone. Protagonista la Compagnia del Circolo degli Artisti di Torino. Lo spettacolo è stato preceduto dal cortometraggio “La strana famiglia” di Paul Bourieau, e fa parte del cartellone “I veri pazzi sono fuori”.

“ Vento traverso – spiega l’attrice Doriana De Vecchi – è uno spettacolo che ti accoglie e ti fa sentire a casa con le tue fragilità, dà loro una voce, un posto, un confine. All’inizio sembra di volerne prendere le distanze, ‘Loro sono i matti, io sono quello normale’, ma poi, pian piano, ci si accorge che ognuno di noi ha dei limiti: sono le nostre umane anormalità a diventare normalità nel momento in cui le accettiamo”.

“Quante volte ci siamo sentiti – precisa l’attrice- in difficoltà o scoraggiati ? Quante volte nel sentirsi giudicati abbiamo cercato la nostra autostima nelle parti più recondite di noi, per salvarci ?

La fragilità è un valore, non una mancanza, perché ci rende meravigliosamente umani e, a volte, due persone, per combaciare, devono prima rompersi in mille pezzi. Altre volte si tratta solo di cambiare la prospettiva: riconoscere le proprie fragilità rappresenta il primo passo per superarle”.

“Quante volte avete perso un pezzo di voi stessi – continua Doriana De Vecchi – senza ricordarvi dove. Quante volte siete stati traditi dalle persone che amavate di più? Ieri, ad esempio, pensavo che anch’io perdo ogni giorno mio padre, anche se è mancato tredici anni fa; me ne dimentico tutte le volte che provo a tenere in vita la sua memoria, e questo, forse, non è la cosa più normale che ci sia ?”

“La verità – prosegue l’attrice – è che diamo la colpa all’una e all’altra cosa, al destino, ma, in realtà è di quel ‘vento traverso’ che mette in luce tutte le nostre imperfezioni. Quando inizieremo ad accettarle, allora, ricominceremo davvero a amare noi stessi per quello che siamo e non per quello che gli altri vogliono da noi”.

“Non sto facendo un elogio alla debolezza – aggiunge Doriana De Vecchi – ma ultimamente sto capendo che, quando vogliamo dimostrare di essere forti, non facciamo altro che mettere in evidenza la nostra insicurezza, mentre nel momento in cui siamo semplicemente noi stessi tutto diventa più autentico e vero”.

“Vivere da dentro ‘Vento traverso’ come attrice – conclude Doriana De Vecchi – è un privilegio. Per prima cosa è un incontro di anime sensibili. Proprio ieri sera ero arrivata alle prove con un carico di emozioni eccessivo, a cui non sapevo dare ordine e forma, poi è bastato entrare nella parte per ritrovare la strada, per sentirsi a casa. Abbiamo l’onere di dar voce a chi non ce l’ha”.

“Vento traverso”, che è stato anche dedicato lo scorso anno alla Giornata mondiale della salute mentale, che si celebra in ottobre, vede artisti e professionisti dar voce a un’ipotetica compagine di pazienti in un ospedale psichiatrico.

È uno spettacolo dalle tematiche molto attuali, affrontate in modo delicato e riflessivo, in occasione dei quarant’anni della Legge Basaglia.

Lo spettacolo offre un approfondimento attraverso il “complesso di “Cassandra”, inteso come archetipo  dell’impossibilità di essere ascoltate e comprese nella realtà del mondiale femminile. Attraverso “l’incompresa” Cassandra entriamo in un contesto in cui molte donne, ritenute strane, e non adeguate nei confronti delle società del tempo, venivano costrette in luoghi di clausura o internate in manicomi, rendendole incapaci di intendere e di volere. La violenza nei confronti delle donne non è solo fisica ma anche mentale.

La suggestione che lo spettacolo offre parte dal monologo di Cassandra, che viene chiusa in un manicomio dove altre donne come lei cercano di sfuggire alla propria solitudine, attraverso un processo di autoascolto e presa di coscienza del Sé.

Lo spettacolo verrà riproposto a Cuorgné il 26 novembre prossimo.

 

 

MARA MARTELLOTTA

 

Armonie di voci per il Sermig, il Jazz incontra il classico

Giovedi 27 ottobre 2022 dalle 20,45 al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino (piazza Bodoni) CONCERTO VOCALE dal titolo “Il jazz incontra il classico” per una raccolta di fondi a favore del Sermig “Per chi bussa alla porta degli Arsenali”.

Si esibiscono il coro Chorus (sestetto di jazz vocale a cappella), diretto da Mario Allia, il Coro da camera di Torino (direttore Dario Tabbia) e la Corale universitaria di Torino, diretta da Paolo Zaltron. Il concerto è organizzato con la partecipazione dell’Associazione cori piemontesi, del Sermig e del Laboratorio del suono e ha il patrocinio del Comune di Torino e la sponsorizzazione di Roberto Lanzetti. Ingresso 15 euro su Evenbrite, al Sermig e al Conservatorio la sera del concerto.
Chorus. Diretto dal suo fondatore, Mario Allia, una realtà attiva fin dal 1985. Per loro il canto a cappella non è una pratica da custodire sotto vetro ma un terreno da continuare ad esplorare, senza trascurare le risorse dell’elettronica. Definiti da Andrea Malvano “una realtà che porta in giro per l’Europa un repertorio originalissimo”, ha una discografia di oltre 80 registrazioni che rispecchiano la loro evoluzione verso il jazz.
Coro da camera di Torino. Nasce nel 2008 su iniziativa del suo direttore Dario Tabbia con l’obiettivo di formare uno strumento di valorizzazione del repertorio polifonico meno conosciuto. Ha tenuto concerti all’interno di importanti festival musicali fra i quali MiTo Settembre Musica e Unione Musicale di Torino, Piemonte in Musica, Musici di Santa Pelagia, Teatro Bibiena di Mantova, Festival della Via Francigena, Ruvo Coro festival con un repertorio che spazia dal Rinascimento al XX secolo. Nel 2017 è finalista al Grand Prix del prestigioso Concorso Internazionale di Maribor dove gli viene assegnato un premio speciale. Nel 2019 al Concorso nazionale di Vittorio Veneto vince tre primi premi, due premi speciali e il Gran Premio “Efrem Casagrande”.
Corale universitaria di Torino. Fondata nel 1954 su iniziativa di alcuni studenti, la Corale universitaria di Torino rappresenta oggi una delle espressioni più originali e qualificate della vita culturale e musicale della città. Svolge un’importante e riconosciuta opera di ricerca tesa alla riscoperta e alla valorizzazione dei grandi maestri del Rinascimento, non trascurando peraltro l’interesse per autori del periodo classico e contemporaneo. Dal 1997 Paolo Zaltron è direttore artistico della Corale universitaria di Torino, con la quale si è esibito in numerose manifestazioni, festival e concorsi in Italia e in Europa, tra cui più volte per MiTO- Settembre Musica.

 

(Foto archivio)

“Spero che si torni alle cose semplici”

Music Tales, la rubrica musicale 

È il suono della pioggia che scende quando ti addormenti

È la chiamata di un amico che ami, ma che non riesci mai a vedere

Tutto il tempo che puoi sprecare cercando di inseguire ciò di cui non avrai mai bisogno

“Spero che si torni alle cose semplici”

Quando mi chiedono come mai non considero cantanti certe pop stars, rispondo allegando dei link di voci che, oggettivamente, possono essere solo incantevoli da ascoltare (non vogliatemene per la presunzione di essere dotata di un buon gusto musicale n.d.r.).

L’America ci ha regalato Teddy Swims (vero nome Jaten Dimsdale) noto per la fusione di generi tra cui R&B, soul, country e pop.

Il ragazzo (30 anni eh) ha cominciato attirando i fan attraverso le sue cover sul suo canale YouTube, che ha accumulato 400 milioni di visualizzazioni nel 2022, Swims ha pubblicato il suo singolo di debutto per una major nel gennaio 2020 e, da allora, ha pubblicato due EP , “Unlearning” e “Tough Love” .

Suo padre lo ha introdotto alla musica soul in tenera età attraverso artisti come Marvin Gaye , Stevie Wonder e Al Green.

La famiglia di Swims era appassionata di calcio e lui giocava da dieci anni quando uno dei suoi insegnanti suggerì di iscriversi a un corso di teatro musicale nel suo secondo anno alla Salem High School .

Swims ha scoperto la sua passione per lo spettacolo attraverso la sua esperienza teatrale al liceo, dove si è esibito in numerosi musical e opere di Shakespeare .

]Ha iniziato a suonare strumenti, inclusi pianoforte e ukulele , e ha guardato i video di cantanti su YouTube per aiutare a sviluppare la sua tecnica vocale.

Mi permetto di dire he avrebbe guadagnato di più come calciatore ma Dio grazie che abbia deciso di dirottare la barca sulla musica.

All’inizio del 2019, l’amico di Swims, Addy Maxwell, lo ha invitato a rappare su alcuni ritmi che aveva realizzato, il che è valso alla coppia un posto di apertura in un tour negli Stati Uniti con Tyler Carter .In questo tour iniziò ad esibirsi sotto il nome di Teddy Swims, riferendosi a un soprannome della sua infanzia che faceva riferimento alla sua taglia, e un acronimo di lingua Internet per “qualcuno che a volte non sono me“, riferendosi all’idea di integrare le diverse parti della sua personalità.

Un invito, il brano, al ritorno alle cose semplici che, mai come in quest’epoca, sarebbe necessario.

Un invito a concentrarsi sugli affetti, sulla natura, sui doni che ci appartengono e che spesso sottovalutiamo o diamo addirittura per scontati.

Un invito a non cercare di possedere cose ma a guardare ciò che già abbiamo.

Si sa ancora poco di Teddy ma una cosa è certa: la sua voce lo fa cosi bello da dimenticarsi qualche chilo e qualche tatuaggio, forse, per qualcuno, di troppo.

“La semplicità e la verità sono le solecose che contano veramente. Vengono da dentro. Non si può fingere.”
AUDREY HEPBURN
 
 
 
Aspetto di sapere come è stato questo ascolto, che per me vale un sorriso a 68 denti, semmai fosse possibile.

Chiara De Carlo

Teddy Swims – Simple Things (Vocal Booth Performance)

 

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

“Dulan la sposa”, l’ossessione amorosa di un uomo

Al Gobetti, repliche sino al 30 ottobre

Melania Mazzucco è una delle voci eccellenti del panorama letterario contemporaneo, è la scrittrice che ha vinto lo Strega con “Vita”, storia di emigrazione familiare, nel 2003, che ha dato a Ferzan Özpetek materia per la storia corale di “Un giorno perfetto”, che ha rovistato tra le glorie e i peccati di Jacopo Tintoretto e che soprattutto, tre anni fa, ha dato alle stampe uno dei romanzi – tra cronaca e reinvenzione – più avvincenti degli ultimi anni, un carico di ricerche senza eguali durate una decina d’anni, “L’architettrice”, ovvero la vita e l’ascesa di Plautilla Bricci, donna e artista che volle sfidare il secolo di Bernini, di Borromini, di Pietro da Cortona. Tra il 1997 e il 2001 scrisse atti unici e radiodrammi per Radio Rai, Radio 2 e Radio 3, uno di questi fu “Dulan la sposa” (2000), con la regia di Wilma Labate e l’interpretazione di Valerio Binasco, vincitore del prestigioso Prix Italia per il miglior radiodramma europeo e diffuso in 7 paesi.

S’è ricordato oggi di questa sua esperienza Valerio Binasco, volendo riproporre per la stagione dello Stabile torinese, al Gobetti, in versione regista/interprete, quel testo. Un dramma iniziale, il suicidio, presunto, di una ragazza nella piscina di un condominio in cui due promessi sposi stanno per prendere dimora. Nell’ampio sviluppo che si aprirà, la confessione dell’uomo di non averla mai conosciuta, come lui nessuno se ne ricorda, una ragazza venuta da chissà dove, certo straniera, senza documenti, sola. Al contrario l’uomo l’aveva incontrata, nell’androne di casa, durante i lavori di ristrutturazione dell’alloggio, l’aveva ospitata imponendole una presenza segreta al limite della clausura, se ne era innamorato in maniera selvaggia e forte senza nasconderle il proprio futuro matrimonio. Aggiungendosi, un giorno, la visita della futura moglie, in un generale imbarazzo e in un emblematico silenzio: senza alcun seguito, quella specie di convivenza era continuata, eguale e ossessiva.

Un’ossessione che sulle tavole del Gobetti si traduce in un continuo, esasperante e alla fine banalmente ripetitivo esercizio di contorsioni erotiche – lunghe pressoché 80’, quanto la lunghezza dell’intero spettacolo, calcolando anche gli approcci tra marito e consorte -, di sfacciato possesso, specchio di una carnalità estrema, di una ginnastica amatoria oltre ogni limite consentito (salvo poi mimare rigorosamente il nudo), dove ogni atto sfocia nel sopruso, nella violenza, nella rabbia, nel soffocato attimo finale. Nella banalità della situazione, nella drammaticità del femminicidio qui esplorata con dialoghi certo non incisivi, forse mentre ci domandiamo perché il testo, questo testo, abbia trovato posto nella programmazione annuale, giocano i loro virtuosismi ginnici Valerio Binasco, Mariangela Granelli e Cristina Parku, forse la più convincente, in quel misto di giovinezza senza pudori, di innamoramento e di bugiarderie da cui non è certamente esente. Bella l’essenzialità della scena firmata da Maria Spazzi, due riquadri, un divano e una poltrona, una porta sul fondo. Repliche sino a domenica 30 ottobre.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini dello spettacolo sono di Luigi De Palma

Rock Jazz e dintorni. I Lou Dalfin e Moncalieri Jazz

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Alla bocciofila Vanchiglietta si esibisce il chitarrista e cantante Calum Graham.

Martedì. All’Otium Pea club suona il trio del sassofonista Claudio Chiara. Al Jazz Club tributo a Chick Corea da parte del pianista Emanuele Francesconi. Al Concordia di Venaria si esibisce il rapper Bresh.

Mercoledì. Al Magazzino sul Po sono di scena i Fine Before You Came. Al Blah Blah suona la band Punk rock californiana Zodiac Killerts.

Giovedì. Al Q77 si esibisce Fabrizio Voghera. Al Concordia di Venaria arriva Annalisa. Allo Ziggy Giovanni Succi dei Bachi da Pietra, presenta in versione teatrale “L’arte del selfie nel Medioevo”. Al Maffei si esibisce il cantautore australiano Phillip Braken.

Venerdì. A Saluzzo comincia l’”Uvernada” con l’esibizione di Lou Pitakass. All’Hiroshima Mon Amour suonano i giamaicani Mellow Mood. Al Concordia di Venaria viene presentato il progetto “Earthphonia” con Max Casacci e Mario Tozzi. Allo Spazio 211 si esibiscono i Blou Daville. Al Blah Blah suonano gli Arrows Of Time affiancati dal quartetto femminile Dune Aurora. Allo Ziggy sono di scena Julinko e Gasparotti. Da Askatasuna si esibiscono i Mellow Mood.

Sabato. Vernissage per “Moncalieri Jazz” nel centro storico con la “Notte Nera”, che prevede ben 25 concerti. Fra i tanti suonano: Fulvio Chiara, Valerio Signetto, Luigi Tessarollo, Gianni Denitto la “marching band” Funk Off . Allo Spazio 211 per “Volcano Rock Fest” suonano Water Crisis, Less Than a Cube e Hangarvain. Allo Ziggy si esibiscono i Je T’aime. Per “Uvernada” suonano i Barbalucu e il trio di Manuel Lerda. A El Paso sono di scena Stiglitz , Liguria e Klasse Kriminale. Al Magazzino sul Po si esibisce Nervi.

Domenica. Al Jazz Club è di scena Pier Adduce. “Moncalieri Jazz” nel pomeriggio a Borgo San Pietro, presenta lo spettacolo itinerante della Fantomatik Orchestra. Anniversario dei 40 anni di carriera per i Lou Dalfin in piazza Cavour a Saluzzo per “Uvernada”.

Pier Luigi Fuggetta

“Torino, un PO”, parole e musica sulle rive del Grande Fiume

REUNION ZANETTI-MEZZINO-GIOVANNINI

Sabato 22 ottobre ore 20,45

Musica e parole in Sala Scicluna

“Torino … un Po” è una piccola passeggiata con calma e senza affanni attraverso strade, piazze, angoli, momenti, personaggi di questa città che da duemila anni si specchia sulle rive del grande fiume.

Quel po non è un avverbio con tanto di apostrofo, bensì proprio il fiume Po.

Basta togliere l’apostrofo e rendere maiuscola la P, nessun altra città potrebbe farlo.

Gli accordi di chitarra di Rodolfo Mezzino e le note della fisarmonica di Luca Zanetti ci condurranno nelle atmosfere tipiche di questa città e accompagneranno le storie raccontate nei testi di Alberto Giovannini Luca e di alcuni artisti come Guido Gozzano, Gipo Farassino e Gianmaria Testa.

La scelta della parlata torinese, con cui vengono interpretati alcuni testi, non è un controsenso con l’odierna realtà multietnica di Torino, ma vuole ricordare che nel caleidoscopio di linguaggi e dialetti, che farciscono la nostra quotidianità, vi è anche e ancora il dialetto locale che ci riporta a una Torino un po’ provinciale, come direbbe Guido Gozzano, ma fresca e genuina.

Interpreti: Rodolfo Mezzino chitarra classica; Luca Zanetti fisarmonica; Alberto Giovannini Luca voce recitante.

Lo spettacolo rientra nella stagione 2022/2023 di Sala Scicluna, dal titolo “Una centrata luminosa presenza”

Ingresso a offerta consapevole, soltanto su prenotazione con messaggio o whatsapp al numero 347 4002314.

SALA SCICLUNA, VIA R. MARTORELLI 78, 10155 TORINO – INTERNO CORTILE

“Il crogiuolo” di Miller/Dini, un crescendo perfetto tra streghe e maccartismo

Sino a domenica 23, nella sala del Carignano

Arthur Miller debuttò a Broadway con “Il crogiuolo” nel  gennaio del 1953, quando l’America era in pieno maccartismo (da noi il testo lo propose Visconti nel ’55 con la coppia Santuccio/Brignone, e nel 1971 Sandro Bolchi ne offrì una ripresa televisiva con un più che convincente Renzo Montagnani che si può rivedere su youtube; il cinema, per inciso, se ne appropriò in più occasioni, dal “Prestanome” a “Come eravamo”, da “Indiziato di reato” a “L’ultima parola”, ovvero il calvario dello sceneggiatore Dulton Trumbo, a “Good Night Good Luck”, significativa opera diretta da George Clooney) – il senatore del Wisconsin Joseph McCarthy era alla caccia delle streghe rosse che infestavano la sua nazione – e ad un anno da quando l’amico Elia Kazan pensò bene di denunciarlo all’Attività Anti-americane (salvo poi tentare di spiegare nel personaggio di Marlon Brando in “Fronte del porto” i propri tormenti nella ricerca di una giustificazione). Un dramma che in filigrana denunciava il presente di delazioni, tradimenti, suicidi e condanne, rifacendosi alla narrazione dei fatti cruenti successi a Salem, nel Massachusetts, nel 1692, tra una comunità socialmente e religiosamente salda e intransigente, ferrea nei propri principi, fondata su regole rigidissime, derivata da quei padri pellegrini che settant’anni prima, un centinaio di persone, sotto i tre alberi del “Mayflower”, avevano attraversato dalle coste inglesi l’Atlantico e raggiunto quei territori.

Tutto era iniziato con il “comportamento bizzarro” di due ragazzine, Abigail Williams e Elizabeth Parris, l’una nipote e l’altra figlia del pastore della comunità, pronte a rompere le leggi prestabilite infangando il buon nome di un uomo, John Proctor, cui Abigail s’era un tempo legata, e della moglie, in un clima di violenza e di paura, di menzogna e di vendetta, di egoismi senza freni che andava crescendo di giorno in giorno. Mettendo in campo visioni e danze sfrenate nei boschi, sabba e l’intervento malefico di una strega, coinvolgendo l’intero paese nella ricerca obbligata di quel diavolo che aveva preso la giovinezza delle due ragazze e aveva distrutto l’armonia di sempre. Menzogne e delazioni che portarono all’impiccagione di diciannove persone e all’arresto di altre centocinquanta, nei tanti mesi in cui la parola stregoneria fu sulla bocca di tutti.

Il carico di follia che s’impossessa di ognuno, il panorama di terrore che s’instaura, la religiosità cieca e antica, le buffonate di una certa medicina (o antimedicina), le piccole dittature dello stato, i parroci che tentano di riaffermare i loro privilegi, la sessualità e la libertà, l’imperativo dei diritti, ogni attimo di quella quotidianità pare riflettersi nel nostro presente, in cui la metafora di Miller scena dopo scena si scopre sempre di più, divenendo lucida e amaramente accusatrice. La vendetta di una ragazzina prende contorni sempre più ampi, quelli che conducono al patibolo: soltanto Proctor, rifiutando un passato di uomo colpevole, legato alla fisicità, pronto a promettere e ad abbandonare quelle promesse fatte in una frettolosa relazione, riacquista il proprio prestigio ed il coraggio di uomo consapevole ed eroico, “civile”, rifiutando – come fece Miller – di fare i nomi dei suoi compagni e affrontando il supplizio.

Filippo Dini, presentando nel programma di sala lo spettacolo che ha diretto ad inaugurare la stagione dello Stabile torinese – uno spettacolo teso, cupo, ferreo, narrato con estrema ricchezza di toni, espresso in piena modernità ma senza ricorrere a mezzi che cancellassero forzatamente un’epoca, applauditissimo in una delle repliche a cui ho assistito in un Carignano ahimè non affollato nei vari ordini di posti come al contrario meriterebbe, forse troppo caotico e urlato nella prima parte ma arrivando a qualcosa che somiglia ben da vicino ad un personale capolavoro nella seconda, saggiamente coadiuvato dalle scene di Nicolas Bovey, dai costumi moderni di Alessio Rosati e dalle luci di Pasquale Mari, mentre in sala o in un angolo della scena la chitarra elettrica di Aleph Viola sottolinea la tensione dell’intera operazione – parla in una soppesata quanto ragionata escalation di fobie/paure/metastasi: e mi pare che queste siano davvero le componenti esatte dello spettacolo, il graduale annientamento della ragione, la ricerca sviluppata attraverso i molti e differenti tratti di un Demonio che possa essere la motivazione dell’intera tragedia.

Il dramma è imponente, come la propria struttura, come l’ossatura che deve reggerlo. Ovvero gli attori, una quindicina, e non si crea dall’oggi al domani qualcuno che abbia il desiderio e la forza di sobbarcarsi un simile peso. Lo ha fatto lo Stabile di casa nostra, tre settimane di repliche (sino a domenica 23 ottobre) e una tournée con nove piazze, tra cui la capitale e poi Milano e Genova e Napoli), un impegno certo non indifferente, come una risorsa e un patrimonio non indifferenti. Gli attori, quindi: da Manuela Mandracchia a Nicola Pannelli, crudelissimo e plumbeo vicegovernatore Danforth, anche narratore e chiosatore della vicenda, da Andrea Di Casa che è un parroco “morto” nelle proprie convinzioni e nel vecchiume più incancrenito a Gennaro Di Biase. Tra le giovani leve, una convincente Caterina Tieghi, magari da tener d’occhio per il futuro.

Elio Rabbione

Nelle foto di scena di Luigi De Palma, alcune immagini dello spettacolo