Dopo 18 settimane di riprese e 8 di preparazione, tra luglio 2022 e fine gennaio 2023, torna in prima serata, su Rai 1, domenica 1 ottobre, la nuova stagione di “Cuori”, del regista torinese Riccardo Donna. Un successo in termini di ascolto che vede come protagonisti Daniele Pecci, Matteo Martari e Pilar Fogliati nei panni dei tre geniali e ambiziosi medici dell’Ospedale Molinette di Torino, pionieri della medicina italiana che negli anni ’60 rivoluzionò la allora nascente cardiochirurgia. Tra gli altri interpreti, l’attrice Carola Stagnaro, nella parte dell’energica caposala Suor Fiorenza che con il suo classico cappello bianco con i cornetti fa andare avanti tutto l’Ospedale. Qualche numero a riguardo: una importante presenza torinese nel cast con 32 attori e attrici locali impiegati nei ruoli minori e ben 1326 figurazioni utilizzate nel corso delle riprese; tra le auto di scena utilizzate per ricreare l’atmosfera e la società degli anni ’60 sono stati scelti 72 mezzi tra ambulanze, automobili, motocicli e furgoni. Moltissimi i luoghi cittadini, circa 40 location diverse tra Torino e Provincia, tutti da scoprire e rivedere. Gli interni dell’Ospedale sono stati nuovamente ambientati presso i due teatri di posa degli Studi Lumiq di corso Lombardia già protagonisti della prima stagione. “Cuori” è una coproduzione Rai Fiction e Aurora Tv Banijay con il Centro di Produzione Rai di Torino e il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, ed anche quest’anno le emozioni saranno protagoniste!
Igino Macagno





Gruppo di famiglia (sgangherata) in un interno. Che è uno di quelli infossati nei tanti serpentoni di pareti e balconi tutti eguali della periferia romana, la famiglia è quella di Desirè (“con l’accento”, ci tiene a precisare), ragazza dolce e “strana”, parrucchiera sui tanti set cinematografici della capitale, detta anche “la bicicletta” perché “tutti ci hanno fatto un giro”. Malinconica e per tutti rassicurante, volgarotta, dolce e perdente, non soltanto perché l’attore di turno, nel chiuso della roulotte, prima del ciak, riesce per l’ennesima volta ad approfittarsene: ma perché continua a essere vittima di una coppia di genitori che non fa altro che rinfacciarle fatti e misfatti di una vita, egoista, ricattatoria, con un padre che la sfrutta economicamente (“se non ci aiutiamo tra noialtri”) e una madre pronta a spiattellarle qualsiasi mancato appoggio, cieca come una talpa di quanto stia succedendo in casa sua. Vittima, Desirè, anche di quel professore universitario che l’ha scelta e che dice di amarla, che la porta alle cene chic tra colleghi dove la figuraccia è sempre servita tra tentativi di discorsi e storpiature di parole: una relazione che tra sorrisi e litigate resta in piedi con i continui rattoppi erotici, immediati, frustranti, assurdi ma per entrambi inevitabili. Il suo unico scopo di affetto e di protezione è il fratello Claudio – una pioggia di “Cla’” per il gran romanesco, a tratti incomprensibile, che circola doverosamente nella storia -, ragazzo problematico e depresso, vagonate di pasticche, senza un futuro, “strano”, sull’alterino della madre che continua a stirargli la camicia bianca, pronta per un lavoro che lui nemmeno riesce a fare.
Si sarebbe tentati di dire che ha pensato troppo a se stessa, mettendo in ombra gli altri, lasciandoli ai luoghi comuni e a certe caricature di troppo, a certi sopra le righe, come è il padre Max Tortora, nella sua sguaiataggine, in quella scena d’ospedale davanti al letto dell’immigrato, nel redde rationem nello studio della psicologa, nell’incontro burrascoso con il mancato genero, con lo sgambetto che il regista Veronesi gli tende tra le maestranze del film. Intenzioni di Ramazzotti, va bene, ma una briglia più serrata avrebbe giovato al racconto e al personaggio. Più a suo agio Sergio Rubini nelle frustrazioni del suo professore, nella ribellione che s’accende su altre scelte; da elogiare il fratello Matteo Olivetti, anche se il suo Claudio (rimaniamo di più di fronte allo svilupparsi dei rapporti con Desirè ma della malattia sappiamo in definitiva poco, con accenni sempre eguali) più di altri rientra nei difetti del film, le cose non dette, i personaggi non sviluppati abbastanza, e poi le volgarità disseminate troppo spesso, le scene interrotte di fretta. Di prim’ordine, al contrario, le persone di cui l’autrice ha saputo e voluto circondarsi, da Jacopo Quadri, per il montaggio, a Luca Bigazzi per la fotografia, a Carlo Virzì per le musiche.