SPETTACOLI- Pagina 132

Gianduja al Varietà delle Marionette Grilli

4 e 5 FEBBRAIO alle ore 17.00

Ispirandosi alla tradizione delle marionette la Compagnia Marionette GRILLI crea lo spettacolo “Gianduja al Varietà delle Marionette” 🤩 Uno spettacolo di marionette adatto a un pubblico di ogni età!! Comprende una colonna sonora forte e incisiva 🎼 che accompagnerà lo spettacolo. Stupirà continuamente il pubblico con un repertorio tipico del Settecento e Ottocento ✨
Dal circo alla ballerina di danza orientale, dall’inferno alla cantante lirica… un susseguirsi di trasformazioni capaci di affascinare e stupire continuamente il pubblico di ogni età 😃 Stiamo parlando di “Gianduja al Varietà delle Marionette” della Compagnia Marionette GRILLI con il suo tradizionale repertorio tipico del Settecento e Ottocento ✨

🎭 Ci vediamo il 4 e il 5 febbraio alle ore 17.00 all’Alfa Teatro di Torino 🎭

☎ INFO: +39 334 2617947
🎫 https://bit.ly/3H8cnEG

prenota on line

Debutto nazionale: “Ti lascio perché mi fai salire il cortisolo” con Giulia Pont

VENERDI’ 3 FEBBRAIO – SPAZIO KAIROS 


Un monologo su amori che finiscono e vita che ricomincia,  la musica leggera che ci ha rovinato con i suoi testi romantici,
le app di dating e le avventure che regalano,  le donne single che ancora vengono viste come “mancanti di un pezzo”

 

Se i divorzi sono in aumento, credere nella coppia è un progetto fallimentare? Se Emma Bovary avesse avuto Tinder, come sarebbe finita? E’ lo Spazio Kairos di via Mottalciata 7 a fare da cornice al debutto nazionale del nuovo, tagliente, spettacolo di Giulia Pont: venerdì 3 alle 21 presenta per la prima volta al pubblico “Ti lascio perché mi fai salire il cortisolo”, una produzione di Crack24 per la regia di Carla Carucci. Fa parte della rassegna organizzata da Onda Larsen: i biglietti (intero 13 euro, ridotto 10) sono in vendita su www.ticket.it.

 

Giulia Pont snocciola una mitragliata di domande. Come si fa a pensare di aver trovato l’anima gemella al supermercato sotto casa se siamo 7 miliardi sulla Terra? Avranno ragione i poliamorosi? E ancora: la musica leggera ha rovinato la nostra idea di amore?

E se stare da soli, alla fin fine, fosse meglio?

 

Pont, che ha scritto il testo e che lo interpreta sola sul palco per 70 minuti ininterrotti, spiega: «”Ti lascio perché mi fai salire il cortisolo” nasce come sequel dello spettacolo “Ti lascio perché ho finito l’ossitocina”, monologo che ha debuttato nel 2013 durante la prima stagione del Torino Fringe Festival e che è stato lo spettacolo più visto di quell’edizione». Racconta: «Si riallaccia al tema della fine dell’amore per raccontare, però, un punto di vista nuovo. Narra infatti come la fine possa essere, in realtà, un nuovo inizio: scoperta di se stessi, della propria individualità e liberazione».

In un mondo in cui ancora troppo spesso una donna single è considerata come “mancante di un pezzo”, la protagonista lotta contro i pregiudizi della società e della famiglia per affermare se stessa e i suoi desideri nonostante un padre patriarca, una mamma sessantottina pentita e una zia con l’hobby delle domande inopportune.

«Nel suo percorso di scoperta di sé stessa si confronta anche con un mondo estremamente avventuroso e talvolta insidioso: l’universo del dating, spesso popolato da “casi umani”. Un viaggio nel quale la accompagna una controversa psicologa» sorride Pont.

Tra ritratti di personaggi bizzarri, momenti di stand-up comedy e canzoni, la protagonista affronta anche il tema della ricerca del piacere femminile. Scoprendo, con ironia ed eleganza, le carte di un gioco che per anni alle donne non è stato concesso.

Lo spettacolo ha vinto il Bando Residenze 2022 del Teatro della Caduta. La regia del monologo è di Carla Carucci, che ha già firmato altri due spettacoli della Pont: il monologo “Non tutto il male viene per nuocere ma questo sì” e la commedia “Effetti indesiderati anche gravi” che ha debuttato nel 2018 nella stagione del Teatro Stabile di Torino per “Il Cielo su Torino”.

Richard Strauss, la “Burleske” e la sua “Sinfonia delle Alpi”

Sono le protagoniste dei concerti dell’Orchestra Nazionale della RAI in programma giovedì 2 febbraio e venerdì 3 febbraio prossimi all’Auditorium RAI di Torino

 

È interamente dedicato alla musica di Richard Strauss il concerto che l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI ha in programma giovedì 2 febbraio, alle 20.30, all’Auditorium RAI “ArturoToscanini” di Torino, con trasmissione in live streaming sul portale di RAI Cultura e in diretta su Radio 3. Replica della serata a Torino venerdì 3 febbraio alle ore 20:00.

Protagonista il pianista veneziano Alessandro Taverna che, per il suo ritorno con l’Orchestra RAI,  dopo aver proposto la prima esecuzione italiana del Concerto per pianoforte e orchestra di Thomas Ades nel gennaio 2022, ora interpreta la “Burleske” in re minore per pianoforte e orchestra composta da Richard Strauss all’età di soli 21 anni.

Strauss compose questo pezzo intitolandolo inizialmente “Scherzo” il 24 febbraio del 1886. Era allora secondo direttore, a rincalzo del grande Hans Von Bülow dell’Orchestra del Duca di Meningen, dove si esibiva anche come pianista in concerti per pianoforte e orchestra. Questa vicenda lo stimolò a comporre un pezzo per questo organico che lo stesso Bülow giudicò pianisticamente ineseguibile, tanto che Strauss lo accantonò. Più tardi, però, fu indotto da un altro virtuoso famosissimo, Eugene D’Alebert, a riprenderlo in considerazione, lasciandolo com’era, solo cambiando il titolo e aggiungendo una dedica all’amico.

Così il pezzo fu eseguito allo Stadttheater di Eisenach, con l’autore sul podio e la persona a cui era dedicata al pianoforte, il 21 giugno 1890. Burleske risulta di assunto brillante, sostenuto da un impegno compositivo di gran lena e concepito in forma di Allegro di sonata, con l’esposizione di due gruppi tematici (re minore e fa maggiore), sviluppo-ripresa (re minore e re maggiore), cadenza del solista, coda. Il tutto risulta disteso in dimensioni assai ampie, con le ambiguità formali che, già a partire dalla sonata di Liszt, avevano iniziato a farsi strada. La scommessa da parte di Strauss consisteva nell’affrontare i temi strettamente imparentati tra loro, facendo procedere il discorso in ritmo ternario. Risulta ben raffinato lo stacco con cui il solista attacca il secondo tema senza sostegno orchestrale, facendo apparire il fantasma di un valzer, senza mutare né il ritmo né il tempo.

Un’altra uscita si incontra più tardi, una “cantabile”, che suonerà nel contesto nuova, mentre altro non è che il primo tema in valori raddoppiati. La trovata più originale del pezzo consiste nell’impiego dei timpani, che espongono il leitmotiv da cui deriveranno gli altri temi, sussurrando nel silenzio dell’orchestra. Il pezzo approderà al suo sorriso finale sul “re” del timpano.

Alessandro Taverna ha conquistato Lorin Maazel durante unrecital a New York ed è stato l’ultimo solista a esibirsi col grande direttore d’orchestra pochi mesi prima della sua scomparsa, affermandosi a livello internazionale dopo aver vinto il concorso di Leeds nel 2009. Da allora ha collaborato con orchestre quali la Filarmonica della Scala, i Muncher Philarmoniker e la Royal Philharmonic Orchestra. Nel 2012 è stato insignito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del Premio “Sinopoli”.

Sul podio è impegnato il direttore onorario dell’Orchestra Nazionale della RAI, Fabio Luisi, che ricopre prestigiosi incarichi presso l’Orchestra della Radio Danese, la Dallas SymphonyOrchestra e la NHK Symphony Orchestra di Tokyo.

La seconda parte del programma vedrà protagonista un altro capolavoro di Strauss, “La Sinfonia delle Alpi”, composta nel 1915, dodici anni dopo la “Symphonia domestica”. La partitura chiude la grande serie dei lavori di ispirazione extramusicale di Strauss.

Richard Strauss tenne in serbo a lungo il nucleo d’ispirazione di questa sinfonia già a partire dalla prima giovinezza, nucleo  he coincide  on una ferma convinzione della sua vita e della sua arte, che si esprimono nel concetto ultraromantico del primato dell’eroe e dell’artista nella civiltà umana. Dopo il successo  mondiale di “Salomé” del 1905, di Elektra del 1909 e del RoseinKavalier del 1911, Strauss sembrava deciso a lasciare il sinfonismo puro per il teatro d’opera.

La vita interiore di Strauss, un uomo in apparenza sicuro, fermo, cordiale e loquace, come testimoniano le sue centinaia di lettere, è rimasta tuttavia un segreto inespugnabile. La sua “Sinfonia delle Alpi” rappresenta un ripensamento contraddittorio, un segno, forse, di crisi personale o l’espressione di un timore sui tempi e sulle sorti della cultura; il pessimismo di Strauss, antidemocratico, era ben fermo. La sua fu una definitiva e estrema dichiarazione di fede romantica e tedesca, e di panteismo anticristiano. Può anche essere vero che, per raccontarci una sua gita in montagna, Strauss abbia messo all’opera un’orchestra gigantesca, maggiore di quella dell’Elektra. Sicuramente Strauss amava scrivere autobiografie musicali e la “Symphonia domestica” ne era stata una dimostrazione. In questa “Sinfonia delle Aalpi”, al di là del compiacimento del magistero tecnico, non vi sono molte tracce di divertimento o di ironia. Occasione esterna del lavoro fu l’amore che Strauss nutriva per la montagna e, in particolare, per le Alpi bavaresi.

Come ne “L’oro del Reno”, la sinfonia prende avvio con un’oscurità primigenia ma, diversamente da quest’opera, non si approda nella luce, ma il punto finale risulta il buio. L’idea di eroismo esistenziale e estetico che aveva Strauss proviene dall’eredità del Romanticismo tedesco di Schopenhauer e di Nietzsche, sorretta dal significato che egli attribuiva all’arte di Beethoven e di Wagner. Al primo progetto della Sinfonia, Strauss diede per titolo “L’Anticristo”, a significare una rappresentazione dionisiaca della natura, che sarebbe concessa solo all’uomo superiore, al filosofo e all’eroe artista.

Nella “Sinfonia delle Alpi” la musica di spettacolare magnificenza sembra contare meno di quello che si dovrebbe vedere, vale a dire un’immagine oscura del mondo nato dalla piena vitalità. L’ascesa e la successiva discesa campestre vogliono essere un viaggio iniziatico in questa forza del mondo, nella notte della notte, attraverso 22 “stazioni”, che si possono anche considerare figure o esperienze, che presentano tre momenti culminanti o punti provvisori d’arrivo, il primo del quale è “il sorgere del sole”, il secondo “sulla cima”, il terzo quello “del temporale e della bufera”.

La tecnica musicale e drammatica è quella della “stegerung”, la crescita di tensione verso un vertice, che Strauss adopera con virtuosismo. La fecondità immaginativa e tecnica dei mezzi musicali consente a Strauss di descrivere paesaggi e emozioni, i boschi e i ruscelli, le cascate d’acqua, il vento, le bufere, gli entusiasmi e le paure, mettendo in musica, con scrupolosa evidenza, il fatto che i suoni possano essere testi esplicativi di se stessi. In questa forma di accentuato realismo rimangono intatte la volontà e la capacità  costruttiva di Strauss, tipiche del grande musicista, in grado di calibrare molto bene i rapporti di durata e di impianto tonale delle diverse sezioni.

Con la “Sinfonia delle Alpi” Strauss ha voluto dare un’autocelebrazione e un compendio del suo genio, della sua fedenaturale pagana e della sua dottrina.

MARA MARTELLOTTA

 

Biglietteria dell’Auditorium RAI di Torino

Info: 0118104653

biglietteria.osn@rai.it

Due grandi attrici, la eccellente e moderna regia di Livermore

Sino a domenica 5 febbraio, al Carignano, “Maria Stuarda” di Friedrich Schiller

C’è un angelo, due grandi ali bianche sulle spalle, al convergere delle due scale che monumentalizzano l’allestimento scenico della “Maria Stuarda” schilleriana proposta – in un ibrido persuasivo di classicismo e di rockettaro – da Davide Livermore, produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale e Centro Teatrale Bresciano. Una macchina teatrale all’apparenza schematica e semplice, firmata da Lorenzo Russo Rainaldi, ma altresì poggiante su tre piani di rappresentazione, dura, coinvolgente, immersa in quel colore rosso che è simbolo del sangue e della violenza, come rosso è il sipario che scende dall’alto come la mannaia di un boia. Quell’angelo è la fatalità, è il Caos e il caso, è la Storia che ogni cosa mescola e ogni cosa decide, è la mente arbitraria degli uomini. È la occasione improvvisa e cieca che ogni sera, al cadere di una piuma sulla destra o sulla sinistra del palcoscenico, decide quale delle due attrici rivesta il ruolo della regina scozzese e quale quello di Elisabetta d’Inghilterra.

Due leonesse che si fanno la guerra e che tendono a sbranarsi, uno scontro frontale dove l’una è obbligata a soccombere e l’altra a prevalere, un rinfacciarsi assassinii e invidie, affrontare rivalità e supplizio, esprimere durezza e preghiere, due regine e due attrici di rango, si usa dire quando ti trovi davanti una simile bravura, Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni. La mia serata al Carignano ha “previsto” Pozzi/Elisabetta e Marinoni/Maria, pronte a calarsi in un attimo nei gesti e nelle parole e nella psicologia del ruolo capitato; e in quel contesto rutilante, in quella impronta modernamente feroce impressa da un regista che sinora forse mai ti ha lasciato con l’amaro in bocca (anche negli allestimenti lirici scaligeri si è respirata un’aria di vitale rivoluzione) è stato necessario immediatamente e inevitabilmente dimenticare le austere coppie del passato, Ferrati/Zareschi, Brignone/Proclemer, Cortese/Falk, Lolliée/Bonaiuto e forse altre ancora che hanno abitato i palcoscenici e la vecchia tivù in bianco e nero. Siamo lontani secoli, le sonorità che invadono la scena (le musiche sono di Mario Conte, Giua con la voce bella ed efficace accompagna una chitarra elettrica che si pone a lato della scena ma che si fa anche personaggio in mezzo agli altri attori) tendono a quasi impoverire le parole forti del testo, a sovrastarle, ma poi sopraggiunge il peso delle due attrici a reimporsi e a rovesciare ogni attimo di incertezza.

Nell’avvicendarsi dei personaggi della corte elisabettiana, maschili e femminili, dentro gli abiti e le palandrane e le uniformi firmati da Anna Missaglia – mentre per le due sovrane si sono scomodati Dolce&Gabbana, ma per un gran bel vedere, visto che lamé e stoffe e colori, ed eleganza e ricchezza, la vincono alla grande -, Livermore come non ti aspetteresti mescola le carte, ogni cosa all’insegna ancora una volta del caso e del disordine (“in questo tempo così fluido a livello di gender, possiamo vedere con occhi diversi personaggi  che normalmente tenevamo sospesi in teche di vetro, dandoli per scontati”: ma è proprio soltanto una moderna fluidità a generare simili cambiamenti? Livermore è troppo intelligente per affidarsi alle scelte del momento), andando ad affidare a tre attrici ruoli maschili, del resto precisi, scavati, tesi e duramente resi, a partire da Linda Gennari che è un ottimo Mortimer e da Gaia Aprea che è Talbot conte di Shrewsbury (ma è pure una umanissima quanto attenta nutrice, con la bravura di sempre) e da Olivia Manescalchi che attraversa il Cavaliere Paulet e l’Ambasciatore di Francia e il Segretario di Stato, in una lodevolissima trasformazione. Forse rimangono più imprecisi nella loro unicità Giancarlo Judica Cordiglia e Max Nicosia, quest’ultimo dibattuto per pura ragion di stato, avventuriero e calcolatore, diviso tra i due cuori regali e artefice di un angolo erotico sfacciatamente buttato da Livermore in palcoscenico e che il vecchio Schiller, sin dalla prima rappresentazione a Weimar, nel gennaio del 1800, manco si sarebbe sognato.

Della bravura delle due protagoniste s’è detto, Marinoni nei toni sofferti di Maria e Pozzi in quelli regalmente feroci di Elisabetta: su di lei e sulla sua solitudine e forse anche sulla sua sconfitta si chiude la vicenda. E quei lamenti che si fanno rantoli belluini sono l’ultimo lampo di un’attrice che ammiriamo da sempre. Tutto è un attimo, mi pare voglia dirci Livermore con quella sarabanda finale, con quel finale con tanto di passerella e di ammiccamenti al pubblico caricatissimo d’applausi, con quell’allegria obbediente che ci riporta a Poli o a Trionfo: anche quella vicenda è un grumo ormai dissolto nel fluido della Storia, e noi oggi siamo qui a guardare in faccia altre malvagità.

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Alberto Terrile

La Paura Fa 50, teatro comico. Uno spettacolo sul passare del tempo

GIANPIERO PERONE IN
LA PAURA FA 50

FEBBRAIO
VENERDì 3 ORE 21.00
DAVIDE ALLENA E STEFANO GORNO
IN

SMILE
FEBBRAIO

SABATO 4 ORE 21.00
PICCOLO TEATRO COMICO
VIA MOMBARCARO 99/B
TORINO ZONA SANTA RITA

Il Piccolo Teatro Comico in collaborazione con AICS Torino, con il patrocinio di Regione
Piemonte, Città Metropolitana di Torino, Città di Torino e come media partner Radio Contatto,
presenta la stagione teatrale 2022/2023
“Punti di vista, incontro ed integrazione”
Una stagione unica comprendente diverse forme teatrali:

Il teatro comico
il teatro di prosa
il teatro di genere lgbtq+
il teatro di sperimentazione dal Mondo, teatro etnico

Il progetto nasce da un’esigenza del PTC nel rendere la cultura, una via pratica da percorrere,
incrociando il cammino di uomini e donne con esperienze diverse, tutte preziose, che si
arricchiscono incontrandosi, scontrandosi e permeandosi le une alle altre, tenendo conto delle basi
culturali di integrazione e rispetto verso se stesso gli altri e la natura che lo circonda.
Gli spettacoli diversi nella forma, messi in un unico contenitore, danno spazio all’idea di
Integrazione nei nostri diversi punti di vista.

Nono appuntamento della stagione è quello con Gianpiero Perone in La
Paura Fa 50, teatro comico.
Venerdì 3 febbraio ore 21.00, via Mombarcaro 99/b Torino

Spettacolo sul passare del tempo. Il protagonista deve affrontare la famosa età di mezzo, questa data così
fatidica, e ci porta a spasso tutte le paure e le manie che rendono comica e divertente la nostra vita. Si
parte da un confronto tra passato e presente per finire poi a disquisire di forma fisica, palestre e sport
estremi. Si parla di tecnologia e di come stare al passo coi suoi progressi, affrontando il tempo che passa
con un decalogo del tutto speciale.
Decimo appuntamento della stagione è quello con Davide Allena e Stefano
Gorno in Smile, stand up comedy e magia.
Sabato 4 febbraio ore 21.00, via Mombarcaro 99/b Torino
L’incontro tra Magia e Stand Up Comedy. Due universi paralleli che in questo spettacolo si
incrociano per dar vita a 80 minuti di risate tra Magia, Comicità, Sketch e Gag surreali con il
pubblico sempre coinvolto. Ospite gradito Ugo Patat che con le sue ricette “fantasiose” crea un
sipario culinario per uno spettacolo tutto da assaporare.

Il “PICCOLO TEATRO COMICO” costituito nel febbraio del 2002, è la continuazione di un
progetto artistico e di una poetica teatrale iniziata precedentemente nel 1988 con uno stesso staff
allora denominato “Canovaccio”. Obiettivo artistico e di programmazione del “PICCOLO TEATRO
COMICO”: la rivalutazione della commedia e di quel teatro “classico” da proporre nella sua
essenza primordiale e che possa raggiungere una comunicazione diretta ed immediata con un
pubblico eterogeneo per età, status e dislocazione.

Per info e prenotazione
Franco Abba 339.3010381
piccoloteatrocomicotorino@gmail.com
Prenotazione on line
https://www.teatrocostumitorino.it/punti-di-vista
Contributo associativo € 15,00
Link di contatto
www.teatrocostumitorino.it
Fb: https://www.facebook.com/piccoloteatrocomico
Inst: https://www.instagram.com/piccoloteatrocomico/
Google my business: piccolo teatro comico aps – assoculturaleciazione

Se Giannini censura Antonio Ricci

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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Massimo Giannini è davvero un personaggio destinato ad entrare nella storia del giornalismo  per il modo in cui dirige “La Stampa” che è oggi ai minimi storici nelle vendite. Si tratta di un giornale carro  armato di tipo sovietico puntato contro chi non la pensa come il “direttore che ha sempre ragione”. Ovviamente il sindacato dei giornalisti tace e forse ci sono dei giornalisti che temono il  loro direttore che sembrerebbe rivelarsi più autoritario del  famoso Giulio De Benedetti che, almeno, era un grande direttore che prese un giornale distrutto dal Ventennio e lo porto’ ad essere una delle voci più autorevoli.

Una giornalista del quotidiano  torinese ha scritto un malevolo articolo su DrIve In, la straordinaria  trasmissione ideata da Antonio Ricci negli anni 80 che coniugava la satira sull’Italia del riflusso,  dell’ Edonismo reaganiano e  della Milano da bere, senza forzature ideologiche. Drive In era puro divertimento, pensiamo, ad esempio, al grande Giorgio Faletti. Federico Fellini diceva che era l’unico programma per cui valesse  la pena di avere la Tv. Umberto Eco, Oreste del Buono, Angelo Guglielmi amavano il lavoro di Ricci, Ingauno di Albenga con una visione mai provinciale, anche se ha sempre amato e difeso  la Città delle torri.  Si tratta di un uomo straordinario sempre pieno di idee, di coraggio, di anticonformismo e di umana generosità.  Conferendogli  il Premio Pannunzio dissi cose analoghe sia su Drive In sia su “Striscia”, Il telegiornale satirico che da’ le  notizie che gli altri ignorano.
“La Stampa” giunge ad assimilare le veline di Ricci con le escort di Berlusconi, forse senza neppure rendersi conto della insinuazione altamente offensiva per le veline e la loro dignità di donne. Ebbene, il direttore Giannini è un mese e mezzo che non pubblica una garbata ed ironica lettera dell’Ufficio stampa  di “Striscia “ che replica all’articolo su Drive In. D’altra parte, il giornale di Giannini è l’unico a non avere una rubrica di lettere se si eccettua la stantia e provinciale rubrica delle lamentazioni torinesi. I dissenzienti vengono condannati al cestino, a meno di invocare l’articolo 8 della legge sulla  stampa?  La vecchia “Stampa” di Frassati  e di Ronchey è rimasta quella di Rossella che strozzo’ “Stampa Sera”. Non è un fatto casuale che un numero sempre più alto di torinesi abbia optato per il Corriere della Sera. La censura nei confronti di Ricci dimostra una chiusura che va oltre l’immaginabile. Anche Ricci è uomo di sinistra, ma da vero uomo di sinistra, sa  rispettare la libertà.
Immagine di copertina tratta da Striscia la notizia 

Note di Classica Bruce Liu e Hèlène Grimaud le “stelle” di febbraio

Mercoledì primo febbraio alle 20.30 al Conservatorio, per l’Unione Musicale, i Singer Pur eseguiranno musiche di Sting, van Dijk, Monteverdi, Silcher, Hassler, Corea, Gershwin, Joel. Giovedì 2 alle 20.30 e venerdì 3 alle 20, all’auditorium Toscanini , l’Orchestra Rai diretta da Fabio Luisi e con Alessandro Taverna al pianoforte, eseguirà musiche di Richard Strauss. Sabato 4 alle 18 al Teatro Vittoria, il quinto episodio de “I Bemolli Sono Blu con il Quintetto Aulos (fiati e pianoforte) e con Antonio Valentino. Martedì 7 alle 20.30 per LingottoMusica, all’auditorium Agnelli Il Pomo d’Oro diretto da Maxim Emelyanychev e con Ivan Podymov all’oboe, eseguirà musiche di Mozart. Mercoledì 8 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, il pianista Bruce Liu eseguirà musiche di Chopin, Ravel e Liszt.

Sabato 11 alle 20 al teatro Vittoria, Santiago Canon-Valencia al violoncello e Naoko Sonoda al pianoforte, eseguiranno musiche di Ravel, Farr, Ginastera, Gershwin. Mercoledì 15 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, Alena Baeva violino e Vadym Kholodenko pianoforte, eseguiranno musiche di Schubert, Mendelssohn, Lutoslawski, Faurè. Giovedì 16 alle 20.30 e venerdì 17 alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Petr Popelka e con Marie-Ange Nguci al pianoforte, eseguirà musiche di Dallapiccola, Mozart, Strauss. Sabato 18 alle 20 al teatro Vittoria va in scena Ozmotic con Simone Bosco e Riccardo Giovinetto all’elettronica con il progetto Elusive Balance Visual -concert. Domenica 19 alle 16.30 al Teatro Vittoria, Francesco Dillon al violoncello e Emanuele Torquati pianoforte, eseguiranno musiche di Villa-Lobos, Debussy, Janacek, Prokofev. Mercoledì 22 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale Vivian Hagner e Stephen Waarts violino, Karolina Errera e Anna Maria Wunsch viola, Mika Haknnazaryan e Eckart Runge violoncello, eseguiranno musiche di Strauss, Schonberg, Cajkovskij. Sabato 25 alle 20 al Teatro Regio, inaugurazione di Aida di Giuseppe Verdi. Opera in quattro atti. L’Orchestra del teatro Regio sarà diretta da Michele Gamba. Repliche fino all’8 marzo. Lunedì 27 alle 20 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Armoniosa presenta un programma tutto dedicato a Bach. Martedì 28 alle 20.30 per LingottoMusica all’auditorium Agnelli, la Camerata Salzburg con Hèlène Grimaud al pianoforte, eseguirà musiche di Mozart e Schumann.

Pier Luigi Fuggetta

Only pleasure swing’n’roll in quartetto Un travolgente repertorio di canzoni famose

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 1 febbraio, ore 21.30

Only pleasure swing’n’roll in quartetto

Un travolgente repertorio di canzoni famose in chiave swing’n’roll

Gli “Only pleasure swing’n’roll” presentano mercoledì 1 febbraio in Osteria Rabezzana un travolgente repertorio di canzoni famose stravolte in chiave swing’n’roll. Il gruppo, composto sta Mariagrazia Vergnano, Alberto Comune, Marco Segreto, Giulio Arfinengo, suona insieme dal 2016 ed unisce lo swing al country-blues, spaziando dal rockabilly al soul in un crossover fra generi e stili, canzoni moderne e del passato.

Formazione

Mariagrazia Vergnano, voce

Alberto Comune, chitarra e dobro

Marco Segreto, basso e contrabbasso

Giulio Arfinengo, batteria e percussioni

Ora di inizio: 21,30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

“Perché è più dolce di una torta di mele…”

Music Tales, la rubrica musicale 

Chiamo il mio ragazzo Lecca Lecca

Vi dico perché

Perché è più dolce di una torta di mele

E quando lui fa quel ballo tutto scosse

Allora non perdo l’occasione

Io lo chiamo lecca lecca”

Ci sono artisti o band che hanno carriere incredibili ed esaltanti. E poi, c’è chi, invece, riesce solo a trovare la formula giusta per un’unica canzone e a non ripeterla più. Milioni di copie vendute, tantissimo successo e poco altro: una carriera mediocre, peggio ancora, l’oblio. E se la carriera continua, nel migliore dei casi rimane lontana dal grande risultato ottenuto. Vere e proprie one-hit wonder, che diventano con gli anni un peso incredibile e un ricordo lontano. Ma per fortuna ci sono le royalties, almeno quelle servono ad assicurare la pensione.

Il pubblico, allora, si ricorderà solo di quel brano e basta. Succede, succede spesso: è successo parecchio negli anni’80 e ’90, soprattutto nel 1997 e nel 1998, forse per la potenza all’epoca dei video musicali e della visibilità che davano. Insomma, nella storia della musica non è raro. Grandi aspettative per un secondo singolo oppure un secondo album, che si infrangono miseramente. O i successi tardivi, magari grazie a una cover che nessuno era riuscito a far funzionare a dovere fino a quel momento. Ancora: il pezzo che diventa la sigla di una serie tv o s’infila nella colonna sonora di un film e ti svolta a tempo determinato la carriera. Non esiste la ricetta perfetta per il successo e, nei miei articoli prossimi, a partire da questo, vorrei dedicare qualche riga ad alcuni di questi brani eccezionali, ma “soli”, in modo che possano darvi uno spunto per andare ad ascoltare anche melodie meno fortunate

degli artisti che li hanno prodotti.

Oggi si parla di “Lollipop” (1958)

Probabilmente uno dei brani più gettonati in tv tra pubblicità e servizi vari.

Il duo pop americano Ronald & Ruby l’aveva composto molto facilmente ed è sopravvissuto al tempo devo dire.

Del resto è immediato, sta bene su tutto… il pezzo “salvavita” di ogni montatore.

In italiano “lecca – lecca”. Brano leggero dunque.

I membri del duo erano il nero Ronald Gumm (o Gumps) e il bianco Beverly “Ruby” Ross ; i gruppi pop interrazziali erano insoliti all’epoca e il gruppo non appariva in pubblico o nei principali organi di stampa e televisivi.

In precedenza avevano lavorato insieme come cantautori ; tra i loro crediti ci sono “Young and Hungry for Love”, “Frankenstein Rock”, “Fat Pat”, “Soul Mates”, “Don’t Come to My Party” e “The Ghost of Love”.

Nel 1958 pubblicarono insieme un singolo intitolato ” Lollipop “. È diventato un successo negli Stati Uniti, raggiungendo il n. 20 nella Billboard Hot 100 .

La canzone ha ottenuto un maggiore successo nelle classifiche sia interpretata da

The Chordettes” che da “The Mudlarks”.

Hanno pubblicato molti altri singoli, incluso “Love Birds”, nessuno dei quali ha avuto alcun successo.

Ross ha continuato come cantautore, registrando quasi 200 canzoni con BMI , tra cui

” Candy Man ” (per Roy Orbison ) e ” Judy’s Turn to Cry ” (per Lesley Gore ).

““Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta.””

Buon ascolto

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=dkn17PLnBfk&ab_channel=BettoRollerman

 
 

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Da ora potete iscrivervi gratuitamente tramite il link:
https://www.eventbrite.it/e/biglietti-benessere-animale-527707767137

Partecipate numerosi e condividete.

INSIEME, SI PUÒ.
🐶🐕🐺🐱🦊 🐾🐾🐾🦋🐞🐞
Iniziativa patrocinata dai comuni di Porte e Villar Perosa.

Rock Jazz e dintorni a Torino: Jim Jarmusch e Elio

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al teatro Sociale di Pinerolo Elio interpreta Jannacci. Al cinema Massimo il regista Jim Jarmusch in veste di musicista in duo con Carter Logan, sonorizza 4 cortometraggi di Man Ray dal titolo Squrl. Al Jazz Club suona il pianista Ilardo Massimo Danilo.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana si esibiscono gli Only Pleasure Swing’n’Roll.

Giovedì. Al Jazz Club è di scena la cantante Yelewna Babu affiancata dai Dipinti di Blues. All’Hiroshima Mon Amour arriva il rapper Rancore. Al Cafè Neruda suona il trio di Luigi Tessarollo con il sassofonista Gianni Denitto. Al Blah Blah si esibisce Monica P. Allo Spazio 211 suona l’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp. Al Magazzino sul Po canta Blindur.

Venerdì. Al Jazz Club si esibiscono gli Swing Folks. Al Blah Blah suonano Kadabra e Warlung. Allo Ziggy sono di scena i Rasemiliani & The Marsili Explosion. Al Magazzino di Gilgamesh suona la Blues All Stars Band. All’Off Topic si esibisce il quintetto Foja. Allo Spazio 211 è di scena Erio. Al Magazzino sul Po si esibisce Baobab!. All’Hiroshima hip hop con Mondo Marcio.

Sabato. Al Peocio di Trofarello suona il chitarrista Luca Colombo. Al Folk Club suonano i Birkin Tree con Murty Ryan. Al Blah Blah si esibisce il quartetto Magazzino San Salvario. Al Magazzino sul Po suonano i Nabat. Allo Spazio 211 sono di scena I Fasti con Narratore Urbano.

Pier Luigi Fuggetta