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Armocromia per essere in armonia con il proprio aspetto

In una società in cui tutto sembra essere improntato sempre più alla confusione esiste una scienza  che, nell’essere umano, riesce a ristabilire un ordine e un equilibrio. Si tratta della armocromia.

È una scienza che, in base alla combinazione di pelle, occhi e capelli, definisce la palette di  colori ideale per ciascuno di noi, la gamma di colori in grado di farci apparire più  giovani e in forma.

“Nei Paesi anglosassoni dove   stata inventata, questa scienza prende il nome di Color Analysis – spiega Rossella Migliaccio, imprenditrice e la prima donna ad aver  introdotto l’Armocromiain Italia ormai più di dieci anni fa, creando un proprio metodo di analisi e relativi strumenti a supporto – L’etimologia italiana risulta più  evocativa perché la radice della parola fa riferimento diretto al concetto di “armonia”, mentre “cromia” deriva dal greco e vuol dire appunto colore. Nella definizione è  insito il segreto di tale scienza, che analizza i nostri colori personali per metterli in risalto secondo un criterio di armonia.

Del resto, anche se i canoni estetici sono profondamente mutati innumerevoli volte nel corso della Storia e cambiano alle diverse latitudini, siamo per natura portati a riconoscere e apprezzare il bello, in modo del tutto spontaneo perché l’unica oggettività nella bellezza è l’armonia”.

“Esiste un termine francese “palette” che indica – spiega  Rossella Migliaccio – una gamma di colori. L’armocromia ci aiuta a individuare quelli che ci valorizzano nella scelta di abiti e accessori, nel trucco, nella colorazione dei capelli. La palette risulta diversa da persona a persona perché esalta le caratteristiche naturali cromatiche e i colori naturali di ciascun individuo.

I colori cosiddetti “colori amici” sono per definizione i nostri alleati di bellezza, quali che hanno il potere di farci apparire più in forma, illuminando la pelle, il sorriso, i capelli, rendendo l’incarnato più omogeneo e attenuando discromie e inestetismi come le cicatrici. I colori “nemici” sono quelli che fanno apparire stanchi e sciupati, in parole semplici “ci muoiono addosso e ci sbattono”.

“L’armocromia – aggiunge Rossella Migliaccio – si basa sul riconoscere le caratteristiche cromatiche delle persone per poi ripeterle in ciò che indossano. Le caratteristiche individuali cromatiche sono quattro: sottotono, valore, contrasto e intensità;possiamo cercarle nel colore dei nostri occhi, dei nostri capelli e in quel mix formato da “pelle-occhi-capelli”. Per i capelli si considera il colore naturale, non le colorazioni artificiali, allo stesso modo si prende in considerazione la pelle al naturale, senza l’abbronzatura né il trucco.

Storicamente la maggior parte degli studiosi di armocromia tende a suddividere le tipologie cromatiche delle persone in quattro macrogruppi che non hanno nulla  a che vedere con il guardaroba estivo o invernale, ma si tratta di quattro macrogruppi che corrispondono alle quattro stagioni (spring, summer, autumn, winter)”. La Palette della primavera riprende i colori brillanti e solari di un bouquet primaverile; l’estate ha la prevalenza di colori freddi e delicati, come sabbia e acquamarina; l’autunno presenta le nuance calde e profonde dei boschi che si tingono di rosso e di giallo. L’inverno mostra colori freddi e più  forti come il bianco della neve e il blu delle giornate che si accorciano.

Quali che siano i nostri colori naturali, la nostra stagione di appartenenza avrà le nostre stesse caratteristiche cromatiche, seguendo un principio di ripetizione e di armonia. Nonostante possiamo alterare i nostri colori naturali, ricorrendo a make up, lenti a contatto colorate e colorazioni di capelli, la nostra stagione di appartenenza non cambierà”.

MARA MARTELLOTTA

Anche i ricchi piangono. Poi si risollevano

Mi ricordo di quella volta che un mio amico mi raccontò di aver lasciato la ragazza che lo tradiva. Location dell’addio? La Falchera, davanti ai cassonetti Amiat. Spettatori, nessuno. Noi siamo liberali convinti, ma siamo tentati di dar ragione ai pauperisti-comunisti che da sempre osteggiamo, quando stigmatizzano il mondo dorato (e fuori dal mondo) dei ricchi borghesi. Tra i quali spiccano certamente i tanti milionari torinesi, spesso e volentieri viziati e radicalchic. Il caso dell’estate, il cruento duello degli stimati Seimandy-Segre, al di là delle giuste considerazioni che hanno portato l’Autorità garante della privacy ad indagare sulle questioni private della signora messe in piazza dall’ormai ex, tra tartine al caviale e champagne, ovviamente sulla dorata collina torinese, ci sta annoiando. La geopolitica mondiale esplode, l’occupazione langue e Bardonecchia viene sommersa dal fango. Anche i ricchi piangono, d’accordo. Siamo dispiaciuti e ne prendiamo atto. Ma poi sapranno risollevarsi, ne siamo sicuri.

Cri. Bus.

Ferragosto, quando a Torino si pranzava al sacco in riva al Po

COSA SUCCEDE(VA) IN CITTA’

Augusto l’ha inventato, noi lo festeggiamo.

In inverno è l’Epifania che “tutte le feste porta via”, in estate invece è il Ferragosto a farci assaporare il gusto malinconico di settembre.


Un giorno particolare, dunque, il 15 agosto, una giornata “confine” tra la spensieratezza delle vacanze e il solito nuovo inizio del “tran-tran” quotidiano, che ci aspetta impietoso, appena superata la metà del mese. Ferragosto va dunque festeggiato “come se non ci fosse un domani” di vacanza, con la felicità che si prova quando si rivedono gli amici dopo tanto tempo e con la consapevolezza del carpe diem” e quindivia veloci con i preparativi! Ed è proprio così – per fortuna- da questa bella giornata non si scampa.


Se penso ai miei ferragosti passati mi vengono in mente tanti bei momenti, alcuni immortalati da fotografie sfocate e mosse, altri -per fortuna- non documentati ma indelebilmente impressi nella memoria. Dunque il 15 agosto è una di quelle ricorrenze obbligate che di “obbligo” hanno ben poco e che da sempre vengono tenute in gran considerazione. L’abitudine di festeggiare e organizzare scampagnate fuoriporta nasce, in Italia, durante il ventennio fascista. A partire dagli anni Venti, infatti, il Regime organizzava, attraverso le associazioni dopolavoristiche delle varie corporazioni, tra i giorni 13 e 15 di agosto, moltissime gite popolari e proponeva offerte ferroviarie che permettevano anche ai meno abbienti di visitare diverse località della penisola. In particolare tra il 1931 e il 1939 vennero istituiti dei Treni popolari speciali, prevalentemente solo di terza classe, con prezzi fortemente scontati.

Esistevano le trasferte giornaliere, che si svolgevano nel raggio di 100 km e quelle di tre giorni, che invece arrivavano a coprire la distanza di 200 km; grazie ai “treni di ferragosto” molte famiglie italiane ebbero l’occasione di vedere il mare o la montagna per la prima volta, oppure poterono visitare alcune città d’arte. In tali uscite non era previsto il vitto, ecco dunque la nascita della tradizione del “pranzo al sacco”. Tempi lontani, quelli dell’ante-guerra, che troppo spesso vengono dimenticati e che altrettanto frequentemente non ci fanno pensare “di essere grati di essere nati nel lato del mondo che in fondo in fondo è perfetto”, per fare il verso ad una ormai datata canzone degli Articolo 31.
Ma la festa del Ferragosto ha origini assai più antiche.


Il termine deriva da “Feriae Augusti”, ossia il “riposo di Augusto”, una festività che si celebrava nell’antica Roma, istituita nel 18 a.C. proprio dallo stesso “princeps Augusto, perché, se il caldo lo soffrono i comuni mortali, figuratevi gli imperatori! Tale celebrazione si collegava alle già esistenti Vinalia Rustica” (festività in onore di Giove e Venere), ai Nemoralia” (tre giorni, durante le Idi di agosto, dedicati al culto di Diana) e ai ConsualiaLa ricorrenza non coincideva esattamente con il giorno 15 del mese, piuttosto le “Feriae Augusti” designavano la prima parte di agosto, periodo appunto dedicato a quell’otium che tanto piaceva ad Orazio e alle attività collegate alla tradizione dei Consualia, ossia le feste che si celebravano alla fine dei raccolti, in onore di Conso, protettore della terra e della fertilità.


In questo periodo in tutto l’Impero si organizzavano corse di cavalli e altri animali da tiro, come buoi, asini o muli, le bestie venivano quindi dispensate dal lavoro e agghindate con ghirlande e fiori. Proprio questa abitudine sopravvive ad esempio nel “Palio dell’Assunta”, che si svolge a Siena il 16 di Agosto, (Palio deriva da pallium, il drappo di stoffa pregiata, premio di chi vinceva la gara). Sempre in tale occasione i contadini porgevano i loro auguri ai proprietari terrieri, ottenendo in cambio una mancia. Le buone tradizioni si radicano velocemente, soprattutto se si tratta di guadagnarci qualcosa, e così in età rinascimentale tale usanza fu resa obbligatoria nello Stato Pontificio.  Ma se alcune abitudini vengono accettate e incorporate senza troppe discussioni, altri atteggiamenti “pagani” tanto ben inseritinegli usi e costumi, visto che non si possono proprio eliminare, vanno quantomeno camuffati.


Con l’avvento del monoteismo molte festività vennero appunto “cristianizzate”, e per salvare “capra e cavoli” alcuni nomi vennero sostituiti e sovrapposti, mentre le abitudini popolari rimasero tutto sommato le stesse. Si pensi ad esempio all’equinozio di primavera, il primo giorno in cui la natura si risveglia, momento dedicato ai concetti di fertilità, resurrezione e rinascita. Nel mondo ellenico, dopo l’equinozio si svolgevano le Adonie, celebrazioni per la resurrezione di Adone, splendido giovane amato da Afrodite e ucciso da un cinghiale, a causa della gelosia di Ares. Proprio Adone può essere assimilato alla divinità Assiro-Babilonese Tammuz, chiamato anche Adon (signore), il quale trascorreva sei mesi negli Inferi, nel periodo in cui il sole si trovava al di sotto dell’equatore e tornava poi in superficie nei sei mesi successivi, per ricongiungersi all’amata dea Ishtar. Una storia già sentita, vero?


E così, invece di invocare Adon, la prima domenica dopo la luna piena che segue l’equinozio si festeggia la Pasqua cristiana, e la rinascita della natura diventa la resurrezione di Gesù. Questo gioco di sovrapposizioni ideologiche e teologiche non ha fine e l’elenco delle festività pagane rivisitate in chiave cristiana è assai lungo.  Vi propongo ancora solo un altro esempio: il tanto atteso Natale. Anche i più miscredenti sanno che Gesù è nato il 25 dicembre, e se pensate che sia un giorno come un altro, ecco è che qui “casca l’asino”. In realtà nessuno conosce la data esatta della nascita di Cristo, è stato il Concilio di Trento (1542-1563) a decretare che tale evento si fosse verificato proprio il 25 dicembre, confermando una già millenaria tradizione che si era sostituita nel tempo agli antichi culti pagani. Guarda caso, secondo tali tradizioni, in quel particolare momento astronomico la Dea-Notte diede alla luce il Dio-Sole. È davvero questo il momento in cui le giornate iniziano ad allungarsi, giusto quattro giorni dopo il solstizio d’inverno, la notte più lunga dell’anno, va da sé che per tutti i culti solari questo sia un momento di estrema importanza. Possiamo anche far riferimento al culto di Horus, partorito da Iside o alla vicenda di Mitra, nato dalla vergine Anahita e non ci vuole poi molto ad arrivare al “nostro” Gesù, “Sole Divino”, nato dalla Vergine Maria.


Ma non è questo il luogo per dissertare sulla cristianizzazione del paganesimo, né per intrattenerci sulle corrispondenze tra i miti e le credenze religiose. Se dunque il 14 del mese ci accalchiamo tutti nei supermercati o intasiamo le linee telefoniche per prenotare al ristorante è “colpa” della Chiesa, che ha voluto far coincidere il Ferragosto con la festa di precetto dell’Assunzione di Maria.
Non so quanti siano quelli che hanno a mente l’obbligo di partecipare alla Messa, come è scritto nel Codice di diritto canonico (ca.1247), ma conosco davvero molta gente che si appella “all’obbligo di astenersi dai quei lavori che turbano la letizia del riposo e della mente”. Forse non era proprio questo il concetto, ma non è il caso di essere così puntigliosi in questo giorno di relax.


Ferragosto dunque è una festa antica, una di quelle buone abitudini che si sono mantenute e che sono sopravvissute ai tempi che cambiano. E forse sarebbe il caso di ricordarsi ancora qualcosina in più, come l’abitudine dei lavoratori lombardi e piemontesi, i quali, fino agli inizi del XX secolo, nei cantieri edili, verso la fine di luglio, fissavano un grande ramo d’albero sulla parte più alta del fabbricato in costruzione, detto “pianta del faravòst”, che serviva a ricordare all’impresario la tradizione della mancia.


A Torino, invece, fino alla metà del XX secolo, era usuale pranzare al sacco in riva al Po, proprio vicino alla Chiesa del Pilone, tale giornata prendeva il nome di “festa dle pignate a la Madona dél Pilòn” (“Festa delle pentole alla Madonna del Pilone”). Per quanto apprezzi l’idea del “pick-nick” in quell’area particolare di Torino che tanto mi piace e che sempre ricorderò con affetto, avendo abitato lì per moltissimo tempo, devo dire che mi ritengo assai fortunata per aver avuto la possibilità di festeggiare Ferragosto –fino ad ora almeno- al mare. Ricordo le feste in spiaggia, quando ero ancora studentessa e gli amici erano davvero tanti, c’era chi portava la chitarra, chi da mangiare, chi invece era “l’addetto al bar” e poi alla fine si cantava tutti a squarcia gola attorno ad un piccolo falò che gentilmente chi di dovere fingeva di non aver notato.


Ricordo il bagno di mezzanotte in quel mare che di notte doveva essere caldo e che ci faceva prendere il raffreddore tutte le volte. Ricordo il giorno successivo, tutti al bar con il mal di gola e gli occhiali da sole anche se c’era brutto tempo. Tempus fugit”, le estati passano, la scuola finisce, alcune strade si dividono, le norme sulla sicurezza si fanno più ferree e l’acqua del mare diventa davvero fredda. Nessuno lo vuole ammettere ma le abitudini cambiano, molte in effetti, eppure la voglia di divertirsi e stare insieme resta: alla spiaggia si sostituisce la pizzeria o il giardino per fare la grigliata, ma “l’addetto al bar” c’è sempre.

 

Alessia Cagnotto 

Più di 60 anni fa: Ferragosto, il profumo della felicità

COSA SUCCEDE(VA) IN CITTÀ 

In fondo bastava veramente poco. Ci aiutava la fantasia. Niente televisione, niente video niente di niente. Magari, raramente,  un cinema di quarta se non quinta serie. Eppure lo sento ancora. Il profumo della felicità. Agosto di oltre 60 anni fa: Torino si svuotata, ma io per allora non capivo non sapendo. Sapevo solo che per 30 giorni 24 ore su 24 avevo a disposizione mio padre.
Monocamera affittata a Tuberghengo frazione di Viu’ in val di Lanzo. Ci si lavava in con il catino e per i bisogni c’erano i prati.
Si arrivava in corriera Soffietti. Da Torino si partiva dalla Torino Cirié Lanzo. Poi Venaria e la direttrice della Mandria. San Germano e poi i tornanti fino a Viu’. Cambio e corriera che andava al Col del Lys. 3 fermate, la curva di Tuberghengo. Poi 500 metri a piedi.
La casa era l’ultima verso la valle. Dal lato opposto Viu’. Si raggiungeva in mulattiera.
Giù fino alla Stura. A valle, sulla sinistra la falegnameria di Giacu. Tutto fatto a mano.
La piccola picozza come la piccola Gerla per portare il fieno. Stavo ore a guardare i montanari che facevano il fieno con la falce ed una pietra levigata per affilare la lama. Si aspettava uno o due giorni per essiccare l’erba  che diventava fieno. Poi il forcone per covoni. Non osservavo solo, soprattutto fantasticavo. Così i ruscelli diventavano inguardabili  fiumi tropicali. Già da piccolo avevo un debole per gli scopritori dei misteri delle giungle. La piccola picozza, a seconda delle necessità, poteva essere un machete o un fucile. I miei zii mi regalarono l’Enciclopedia Conoscere. Ogni settimana una dispensa.
Era piena di figure. Storia, geografia scienze, fauna e flora. Lo scibile umano per bambini.
Poi il mitico Salgari e Verne, tra Capitano Nemo e i pirati della Malesia. Il più delle volte bastava una fervida immaginazione condivisa con una totale fantasia. Altro che telefonini o computer. Ebbene si l’ ho detto. Ci bastava così poco. Sarà l’età avanzata ma ho nostalgia di quei tempi. Sicuramente di una giovinezza che non potrà mai tornare.
Ma anche nostalgia di un tempo che per trovare una nostro tempo dovevamo muoverci. Muoverci con le gambe e muoverci con la fantasia. Oggi può sembrare impossibile che vivevamo senza auto, senza telefono portatile, senza navigatori da consultare. Persino, solo per un mese, senza servizi igienici in casa. Mangiavamo  sempre in casa, al massimo pranzo al sacco nelle gite fori porta fino a Malciaussia. Con l’indimenticabile cioccolato Toblerone.
Un solo giorno era dedicato al ristorante: il giorno di Ferragosto. Ristorante per modo di dire. Un ” agriturismo ” ante litteram.
La cucina con il pavimento di terra ed il putage’ per cucinare. Il menù presto detto: antipasto di salumi. Primo la buseca e secondo o coniglio o pollo. Tutto a. Km 0.
I salmi del maiale ucciso e macellato a gennaio. La buseca: minestrone con la trippa e verdure dell’orto,  si intende. Polli ruspanti e conigli allevati dall’oste. Oste che era tutto. Cucinava e serviva. Forse zoppicante il vino, rigorosamente rosso imbottigliato da damigiane. Tanto non ne capivo nulla ed andavo di Coca-cola. La giornata volava via come le ferie. Come è volata via un po’ di felicità e di fantasia di quei tempi. Siamo cresciuti superando abbondantemente i 60 anni. Che poi , in fondo non è così da poco essere arrivati a questo punto.
Ovviamente buon ferragosto a Tutti.

PATRIZIO TOSETTO

(Da bambino nella foto)

Ferragosto e la gioia di vivere

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IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni

Siamo giunti a Ferragosto che spesso si finge di festeggiare nella baraonda più assurda con locali affollati e gente che vive le vacanze come un mordi e fuggi generale. C’è chi parte alle 4 del mattino per qualche ora di spiaggia e rientra in giornata, come ha documentato la giornalista televisiva Eugenia Nante che ritorna sempre ogni anno nella sua Albenga per un po’ di giorni. La confusione non piace a molti ed ho sentito che dei miei amici tornano a Torino dal mare durante il Ferragosto per riappropriarsi della città deserta o quasi come turisti.

La Liguria è la meta prediletta dei Torinesi. Mario Soldati la definiva “una mezzaluna cristiana sul mare”. Un ossimoro, com’era nello stile dello scrittore ,che a partire dagli Anni ’60 aveva scelto la Liguria come sua  dimora preferita dopo averla individuata come meta delle vacanze. E le vacanze Soldati le passava sempre nella sua bella villa di Tellaro. Ma Soldati era legato non solo alla sua Tellaro, ai confini con la Toscana, egli amava tutta la Liguria.

Ricordo che quando veniva a trovarmi a Bordighera dimostrava un attaccamento a quei luoghi e ad un comune amico in particolare, lo scrittore Guido Seborga, l’Hess della Resistenza e dell’impegno socialista all’Avanti che aveva poi abbandonato per dedicarsi  alla pittura e alla scrittura nell’immediato entroterra bordigotto. Attorno al mitico locale “Chez Louis” in viale Italia si trovavano intellettuali come lui, Betocchi, Navarro (affezionatissimo di Bordighera e di Venezia  per le sue vacanze) e Bruno Fonzi che a Bordighera dedicò il romanzo Tennis.

Ero un giovane universitario ed ho potuto partecipare di quel clima solo   attraverso i suoi epigoni, notandone le profonde inquietudini esistenziali che non bastavano più le bevute a rasserenare. Hess, sicuramente il più affascinante e libero, era profondamente deluso e si poteva cogliere con immediatezza. Massimo Novelli ha scritto di lui in modo raffinato, cogliendone l’arte e il travaglio interiore profondo.   Ho ritrovato nel mio archivio una lettera di Mario Soldati che allego. Essa riflette l’idea di vacanza di prima della II Guerra Mondiale e ci fa rivivere un’Alassio che non c’è più da tanto tempo. È un’Alassio profondamente legata a Carlo Levi che la amò tantissimo. Forse vale le pena di riportarla integralmente.

La feci leggere in occasione di un Premio “Pannunzio” ad Alassio al Grand Hotel e suscitò una forte emozione: ad Alassio, d’estate, si stava bene anche durante il fascismo. Mario Berrino, dopo il 1945, ricostruì ad Alassio un’idea di vacanza che riavvicinò la gente al piacere della vita: la “Gran Cagnara” Anni ’50 e ’60 è un’immersione totale nel piacere dell’estate dopo le tante privazioni della guerra. Senza freni, ma con stile, educazione e rispetto di tutti.

Anche i piaceri della tavola erano tornati a poter essere goduti .La nascita nel 1953 ad opera di Orio Vergani dell’Accademia Italiana della Cucina è emblematica.   Un’amica che non cito scriveva di recente su Facebook: ”Toglietevi il trucco e i gioielli in spiaggia, tuffatevi con la testa sott’acqua, nuotate, arrampicatevi a piedi nudi sugli scogli, bevete vino vero, fumate, innamoratevi senza ragione, lasciate perdere calcoli e soldi. Dite” Ti amo”. Ridete. Donne, la vita è breve. Brevissima. Troppo breve per viverla impostate e guardinghe”. Anche i ridottissimi costumi femminili che hanno preso il posto dei topless, indicano una libertà provocante in spiaggia. Potrebbe essere il modo di pensare di un personaggio di Soldati, anzi di Soldati stesso. In effetti Ferragosto è il tempo ideale per l’amore, quello magari desiderato e inaspettato che nasce sulla spiaggia o in mille altri modi nella frenesia dell’estate. Non gli amori alambiccati e strani oggi tanto di moda, ma amori veri, autentici tra un uomo e una donna per scambiare tenerezza, complicità, piacere, gioia di vivere.

Per rifugiarsi nell’intimità di fronte alla confusione che ci infastidisce. In passato si faceva l’amore in spiaggia e poi si faceva il bagno a mezzanotte. I tempi oggi non lo consentono più. Oggi c’è una cena in riva al mare a cui segue l’amore. Forse è un privilegio di pochi la cena, ma l’amore sfrenato senza lo stress della quotidianità può essere alla portata di tutti, come diceva Gino Paoli. Pavese che aveva un’inesausta “sete di tenerezza” non appagata scelse a fine agosto di porre drammaticamente fine al “Mestiere di vivere”. La voce della donna roca l’avrebbe salvato.

Non rinunciare all’indipendenza economica

In una società come la nostra, ancora fortemente patriarcale, la donna è la parte più debole sul lavoro, nella famiglia e in genere.

Non soltanto: in molte realtà lavorative la donna percepisce uno stipendio inferiore ad un collega uomo a parità di mansioni ma è penalizzata anche al momento dell’assunzione perché sono ancora molte le aziende (meglio sarebbe dire “gli addetti al colloquio”) che chiedono se la candidata intenda avere figli, sposarsi nel caso non lo sia ancora ed altre domande che non trovano riscontro nei candidati di sesso maschile.

Il vero problema, però, è quando il lavoro lo si abbandona spontaneamente perché, e purtroppo non è una rarità, il compagno chiede (chiedere è un eufemismo) alla compagna di licenziarsi o, e qui subentrano altri problemi, si resta a casa volontariamente per seguire i figli piccoli.

Ho ripetuto fino alla nausea che nel caso la richiesta venga dal proprio compagno va rifiutata nettamente e, se non basta, al rifiuto segue il ritorno nella casa dei genitori o in una propria (o, alla peggio, presso una collega o amica) perché senza lavoro si diventa totalmente schiavi del partner. Anche per acquistare oggetti di costo esiguo come collants, assorbenti, shampoo o, ancora più, per recarsi dalla parrucchiera o per acquistare un vestito occorrerà elemosinare al partner il denaro necessario; il passo successivo, nell’iter del narcisista patologico, sarà di impedirvi di andare dalla parrucchiera e, in crescendo, di andare a trovare la mamma, la sorella o le ex colleghe per un aperitivo.

Molte donne, e questo è il punto di forza degli psico-orchi, si convincono che il proprio compagno impedisca loro alcune cose perché lui, da solo, fa già tanto per la famiglia e non è giusto che loro spendano in cose futili. Se mai leggerete questo articolo dopo che il vostro compagno ha già avanzato richieste di questo tipo e siete ancora legate a lui preparatevi: il peggio deve ancora venire. Inutile dirvi di verificare in quante cose futili lui spende per sé, dall’abbonamento allo stadio al bar con gli amici, dai gratta e vinci al nuovo tatuaggio, al nuovo cellulare “perché l’altro ha già 1 anno” e così via.

Se qualcuna non mi crede posso farle incontrare chi abbia vissuto sulla propria pelle quell’esperienza.

Inutile sottolineare che, una volta perso il lavoro, nella remota ipotesi che voi possiate liberarvi da quell’orco dovrete innanzitutto trovare un nuovo lavoro, ma saranno passati anni di disoccupazione, sarete invecchiate, sarete rimaste indietro nell’evoluzione tecnologica e, dunque, essere assunte sarà quasi impossibile.

Unica consolazione: con il c.d. “Codice rosso”, la serie di norme che regolano la prevenzione e la repressione della violenza sulle donne, il patrocinio legale è gratuito indipendentemente da ogni altro requisito. Così almeno salverete la pelle e quel che rimane del vostro equilibrio psichico.

Se, invece, avete deciso di restare a casa dal lavoro per seguire i cuccioli tenete presente alcuni fattori chiave: i figli costano da piccoli e, ancora più, quando avranno bisogno di libri, dovrete pagare le tasse scolastiche o le gite; crescendo avranno bisogno continuo di vestiti nuovi, vorranno conseguire la patente e molto altro.

Inoltre, ma qui è materia di uno psicologo, ritengo sia preferibile che un bimbo cresca confrontandosi con suoi coetanei, frequentando un nido d’infanzia ed una scuola materna così da crescere autonomo e sviluppare fin dai primi anni un carattere indipendente.

Ai tempi del servizio di leva effettuai un breve sondaggio fra i commilitoni, valutando il comportamento di molti di loro: tutti quelli che non avevano problemi a cambiare treno in caso di guasto, ad assaggiare cibi nuovi per loro, a saper lavare all’occorrenza un indumento senza aspettare di andare in licenza erano ragazzi che avevano frequentato da piccoli il nido o l’asilo; per contro, chi non si era mai allontanato dalle gonne di mamma era immediatamente identificabile anche nell’addestramento militare.

Il senso del primo caso, cioè di quante abbandonano il lavoro perché il compagno vuole disporre della vita come fossero un oggetto di sua proprietà, è che quella persona vuole soltanto portarvi all’annullamento della vostra personalità ed alla privazione della libertà: lasciatelo senza indugio appena avanza simili richieste senza arrivare a pensare di essere inadeguate; non siete voi inadeguate a lui (o ad altri), è lui ad essere inadeguato ad una società civile e merita di trascorrere un po’ di tempo di riflessione a spese dello Stato.

Nel caso di spontanee dimissioni, ricordate che i figli non devono pagare per le scelte errate dei genitori: perché impedirgli, un domani, l’accesso all’università o a viaggi di istruzione alle superiori solo perché abbiamo scelto oggi uno stile di vita che ci obbliga a rinunciare alle cose importanti?

Sergio Motta

Europride, sottoscritta la convenzione per il dossier di candidatura

Un altro passo verso l’Europride a Torino. L’Assessore Jacopo Rosatelli, delegato dal Sindaco, ha sottoscritto la convenzione tra la Città e l’associazione ‘Coordinamento Torino Pride GLBT’ per la realizzazione delle attività necessarie alla preparazione del dossier di candidatura, documento che il Coordinamento presenterà all’Annual General Meeting di EPOA (European Pride Organizers Association), network che riunisce la maggior parte dei Pride organizzati in tutta Europa.

 

L’accordo, che avrà una durata biennale, prevede la collaborazione tra Comune di Torino e il Coordinamento Torino Pride per sviluppare il dossier. Se la candidatura andasse a buon fine, Torino sarebbe la seconda città italiana a ospitare la manifestazione dopo l’edizione romana nel 2011.

Per la realizzazione del progetto, nei giorni scorsi, la Giunta ha approvato una delibera per sostenere ufficialmente la candidatura presentata dal Coordinamento Torino Pride, anche attraverso un contributo straordinario di 15mila euro per il 2023, a cui si aggiungeranno altri 15mila euro nel 2024 qualora la Città fosse inserita nella rosa dei candidati finali.

Un evento che per l’Amministrazione Comunale rappresenterebbe un’occasione di visibilità internazionale e di opportunità turistica e culturale, oltre a confermare il capoluogo piemontese come un importante e storico luogo di affermazione dei diritti civili, come sottolinea Rosatelli: “L’Europride è il maggiore evento per i diritti che si celebra in Europa ed è uno straordinario volano di sviluppo civile ed economico. Riuscire a ospitare questa manifestazione collocherebbe definitivamente Torino nella geografia delle città accoglienti e friendly a livello europeo. Immaginiamo non solo un evento isolato, ma una manifestazione capace di dare forza e visibilità a tutte le esperienze associative e di promozione e tutela dei diritti che nella nostra Città già stanno operando e che potranno crescere ancora. È tempo di credere tutte e tutti insieme a questo sogno e di lavorare per realizzarlo per Torino e per tutto il Paese”.

Restauro del Parco del Valentino, approvato il progetto. Ecco come sarà

La Giunta Comunale, su proposta dell’assessore al Verde e alla Cura della città Francesco Tresso, ha approvato il progetto di fattibilità tecnica ed economica per gli interventi di restauro del Parco del Valentino, parte della riqualificazione complessiva che riguarderà diverse aree che si affacciano lungo le sponde del fiume Po.

Seguendo le tempistiche previste dai progetti finanziati dal PNRR continua dunque l’iter che porterà alla riqualificazione del parco torinese, con interventi che si propongono di preservarne la naturalità e di recuperare pienamente la sua vocazione storica. La spesa prevista per i lavori, il cui avvio è previsto per la prima metà del 2024, è di 13 milioni di euro.

Uno dei punti principali del progetto prevede la rimozione dell’asfalto dai viali del parco, con una nuova pavimentazione permeabile che ridurrà l’effetto isola di calore. I viali così ridisegnati, completamente pedonalizzati e interdetti al transito delle auto, libereranno nuove superfici a prato. Sempre in ottica di soluzioni per la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’ingente patrimonio arboreo del parco verrà ulteriormente aumentato con la messa a dimora di 555 nuovi alberi.

Altri interventi riguarderanno più specificatamente gli aspetti legati all’accessibilità, con l’eliminazione delle barriere architettoniche e la riqualificazione di alcuni spazi: piazza Rita Levi Montalcini sarà ridisegnata e interdetta al parcheggio delle auto, di fronte alla Fontana dei 12 mesi verrà realizzata una nuova piazza pedonale che valorizzerà ulteriormente il monumento realizzato per l’Esposizione Generale Italiana del 1898. Importanti interventi di riqualificazione riguarderanno infine la collinetta del Roseto, la copertura del Quinto Padiglione e l’ingresso di fronte al Castello del Valentino.

L’assessore Francesco Tresso ha commentato: “Quella di oggi è un’ulteriore tappa di avvicinamento all’avvio del grande cantiere che interesserà il parco del Valentino: uno dei luoghi simbolo della città, che sarà riqualificato con elementi progettuali che ne rafforzeranno la sua vocazione storica e gli elementi naturalistici, esaltando ancora di più lo stretto legame tra parco e fiume. E proprio il Po sarà uno dei protagonisti della trasformazione che riguarderà la città nei prossimi anni – conclude l’assessore – grazie la sua capacità di costruire relazioni e di connettere tra loro luoghi naturali, culturali e turistici”.

Finalmente un’estate per tutti: crescono le adesioni ai soggiorni riservati alle persone con disabilità

Sono partiti in 15, destinazione Porto Maurizio, quartiere di Imperia in Liguria, come stabilito dal programma dei soggiorni estivi per le persone con disabilità della Città di Torino.

 

L’appuntamento  in via Mottarone 6, dove 11 persone del gruppo –  tra cui Antonio, 80 anni – vivono negli appartamenti gestiti dalla cooperativa sociale Anteo. Con loro anche Jacopo Rosatelli, assessore comunale al Welfare, che ha voluto salutarli prima della partenza. La seconda tappa in via Bernardo De Canal per raggiungere gli altri 4 compagni di viaggio. Anche loro sono ospitati negli alloggi gestiti dalla medesima cooperativa, in accreditamento con i Servizi Sociali comunale e l’ASL Città di Torino. Ad accompagnare il gruppo 7 operatori di Anteo, che si occuperanno degli ospiti durante la settimana di mare tutta dedicata al relax: andranno in spiaggia, passeggeranno e potranno fare gite nell’entroterra ligure o visitare l’acquario di Genova.

Ogni settimana, fino a settembre, sono previste partenze per il mare, la montagna, le città d’arte o le campagna. Da molti anni la Città, in collaborazione con le organizzazioni del privato sociale, promuove la realizzazione di soggiorni per le persone con disabilità, a cui ogni anno hanno partecipato centinaia di persone.

I soggiorni, durante i quali vivranno insieme ad altri ragazzi, giovani e adulti una esperienza di vacanza di gruppo serena e gioiosa progettata sulle proprie esigenze e aspettative in contesti nuovi e stimolanti, consentiranno loro di acquisire nuove autonomie. Rappresentano un sollievo per le famiglie impegnate quotidianamente ad assistere e curare il proprio congiunto con disabilità che possono così beneficiare, a loro volta, di un periodo di riposo.

La vacanza, inoltre, consente agli operatori di conoscere meglio queste persone, di comprenderne la capacità di relazionarsi con il gruppo in un ambiente diverso da quello frequentato abitualmente. Per coloro che non possono o non vogliono spostarsi sono previsti servizi diurni, un’opportunità per restare nel proprio contesto di vita, circondati da parenti e da amici, e offrire un sostegno alle famiglie.

Grazie alla collaborazione con le Circoscrizioni, che cofinanziano una parte della spesa, è aumentato il numero delle adesioni. Sono 193, contro i 162 dello scorso anno, coloro – tra i beneficiari di interventi domiciliari effettuati dai servizi sociali e che frequentano i centri diurni a gestione diretta comunale organizzati dalla Città – che vi hanno aderito
Superano i mille, a cui si aggiungono altri 110 ospiti potenziali (di cui i Servizi sociali attendono ancora il progetto delle attività), rispetto agli 865 del 2022, gli iscritti ai soggiorni che usufruiscono dei servizi residenziali – come il gruppo partito questa mattina – e diurni del privato sociale accreditato, a totale carico del bilancio cittadino.

 

A settembre la Walk of Life di Torino per la ricerca sulle malattie genetiche rare

IL 10 SETTEMBRE  LA CORSA DI SOLIDARIETÀ
DI FONDAZIONE TELETHON E U.I.L.D.M SEZIONE DI TORINO ODV

A settembre a Walk of Life di Torino è un evento che coinvolge famiglie, adulti, bambini, atleti e
amatori, per lanciare un messaggio di speranza e sostenere la ricerca scientifica sulle
malattie genetiche rare di Fondazione Telethon e le attività di U.I.L.D.M. Sezione di
Torino OdV

 I partecipanti si riuniranno domenica 10 settembre, presso il Parco del Valentino, per
partire con la corsa alle ore 10:00

 Sarà possibile scegliere tra la camminata di 4 km e la corsa non competitiva di 8 km
Torino, XX luglio 2023 – Si terrà anche a Torino la Walk of Life, l’evento di solidarietà a
sostegno della ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare organizzata da U.I.L.D.M.
Sezione di Torino OdV in collaborazione con Fondazione Telethon.

L’obiettivo della manifestazione sarà quello di lanciare un forte messaggio di speranza.
Correndo o camminando, si contribuirà alla ricerca Telethon sulle malattie genetiche
rare e si sosterranno le attività di riabilitazione svolte presso la sede Uildm (Unione
Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Torino.

Il ritrovo di domenica 10 settembre sarà presso il Parco del Valentino (viale Mattioli,
Torino), dalle 8:30 alle 9:45, per prepararsi allo start delle 10:00. Ogni partecipante potrà
scegliere tra una camminata di 4 km e una corsa non agonistica di 8 km.

Il percorso sarà accessibile a tutti e ai primi 1.100 iscritti verrà regalato il pacco gara con la
maglietta. Per iscriversi la quota è di 12 euro per gli adulti e di 3 euro per i bambini under 12
anni.

Per informazioni ed iscrizioni:
 Versamento su conto bancario: IT37T0623001000000015209363 – Causale: NomeCognome e data di nascita;
 Presso la sede UILDM di Torino (Via Cimabue, 2);
 Rete del dono: https://www.retedeldono.it/it/progetti/u.i.l.d.m.-sezione-di-torinoodv/walk-ofo-life-10-settembre-2023
 Sito UILDM: https://torino.uildm.org/walk-of-life-2023-a-torino
 Iscrizione possibile in loco il giorno dell’evento, fino a 30 minuti prima della partenza

Per informazioni e prenotazioni: 011/7770034.

Walk of life 2023, a Torino “La ricerca corre, corri anche tu” #andarelontano
Fondazione Telethon ETS
Fondazione Telethon ETS è una delle principali charity biomediche italiane, nata nel 1990 per
iniziativa di un gruppo di pazienti affetti da distrofia muscolare. La sua missione è di arrivare alla
cura delle malattie genetiche rare grazie a una ricerca scientifica di eccellenza, selezionata secondo
le migliori prassi condivise a livello internazionale. Attraverso un metodo unico nel panorama italiano,
segue l’intera “filiera della ricerca” occupandosi della raccolta fondi, della selezione e del
finanziamento dei progetti e dell’attività stessa di ricerca portata avanti nei centri e nei laboratori
della Fondazione. Telethon inoltre sviluppa collaborazioni con istituzioni sanitarie pubbliche e
industrie farmaceutiche per tradurre i risultati della ricerca in terapie accessibili ai pazienti. Dalla sua
fondazione ha investito in ricerca 660,3 milioni di euro, ha finanziato 2.960 progetti con 1.720
ricercatori coinvolti e 630 malattie studiate. Ad oggi grazie a Fondazione Telethon è stata resa
disponibile la prima terapia genica con cellule staminali al mondo, nata grazie alla collaborazione
con l’industria farmaceutica. Strimvelis, questo il nome commerciale della terapia, è destinata al
trattamento dell’ADA-SCID, una grave immunodeficienza che compromette le difese dell’organismo
fin dalla nascita. Un’altra terapia genica frutto della ricerca Telethon resa disponibile è quella per
una grave malattia neurodegenerativa, la leucodistrofia metacromatica, dal nome commerciale di
Libmeldy. Questo approccio terapeutico è in fase avanzata di sperimentazione clinica per un’altra
immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich. Altre malattie su cui la terapia genica messa a
punto dai ricercatori Telethon è stata valutata nei pazienti sono la beta talassemia e due malattie
metaboliche dell’infanzia, la mucopolisaccaridosi di tipo 6 e di tipo 1. Inoltre, all’interno degli istituti
Telethon è in fase avanzata di studio o di sviluppo una strategia terapeutica mirata anche per altre
malattie genetiche, come per esempio l’emofilia o diversi difetti ereditari della vista. Parallelamente,
continua in tutti i laboratori finanziati da Telethon lo studio dei meccanismi di base e di potenziali
approcci terapeutici per patologie ancora senza risposta.

U.I.L.D.M. Sezione di Torino OdV
L’associazione U.I.L.D.M. Sezione di Torino OdV è attiva a Torino dal 1967 e conta circa 400 soci.
Grazie alle donazioni raccolte, U.I.L.D.M. sezione di Torino Odv potrà continuare a offrire a tutti i soci
miodistrofici le seguenti attività fondamentali per loro vita:
• Sostenere le persone affette dalla patologia e i loro caregiver attraverso sedute individuali e incontri
di gruppo con una psicologa.
• Effettuare le sedute di logopedia per valutare/trattare la disfagia e le problematiche legate alla
tracheotomia.
• Continuare a offrire attività motoria assistita in acqua presso la piscina Cecchi a Torino con
l’assistenza di una professionista.
• Avvalersi della collaborazione di una biologa nutrizionista per gestire gli aspetti dietologici e legati
all’alimentazione.