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Servizio civile regionale contro il disagio giovanile

Pubblicato il bando per la selezione dei volontari. Si tratta di un passo storico, destinato, nella volontà della Regione, a crescere e finalizzato a creare uno strumento che consenta ai giovani interessati di vivere unesperienza di cittadinanza attiva attraverso attività di solidarietà sociale, di salvaguardia e tutela del patrimonio regionale, ma anche di cooperazione nazionale ed internazionale.

Il Servizio Civile Regionale del Piemonte diventa per la prima volta realtà e servirà a contrastare, in prima battuta, il disagio giovanile. Si tratta di uno strumento che consente di vivere unesperienza di cittadinanza attiva attraverso attività di solidarietà sociale, di salvaguardia e tutela del patrimonio regionale, ma anche di cooperazione nazionale ed internazionale. 

Nello specifico, in Piemonte, si è deciso di avviare la sperimentazione delimitandone l’ambito d’azione per far fronte alle criticità presenti sul territorio: considerato, infatti, il crescente numero di episodi di devianza giovanile e di comportamenti antisociali commessi da gruppi di adolescenti e giovani adulti in spazi pubblici, è emersa la necessità di definire una politica di contrasto delle povertà educative che coinvolga tutti gli ambiti propri delle relazioni giovanili e, come tale, di circoscrivere l’ambito della sperimentazione del Servizio Civile Regionale alla tematica del contrasto al disagio giovanile, declinando la progettazione nella realizzazione di interventi rivolti a minori a rischio di esclusione sociale.

Per questo è stato pubblicato il bando, su iniziativa dell’assessore regionale, Chiara Caucino, per la selezione dei volontari, aperto ai giovani, senza distinzione di sesso, cittadini italiani, cittadini comunitari e cittadini residenti non titolari della cittadinanza italiana, di età compresa tra i 18 ed i 28 anni compiuti, in possesso di diploma di scuola secondaria di secondo grado, qualifica professionale o diploma professionale e che non hanno partecipato ad alcun bando di Servizio Civile Universale o di Garanzia Giovani.

Dato il carattere di sperimentazione, si è ritenuto opportuno fissare in 100 il numero massimo dei giovani da impiegare nei progetti di Servizio Civile Regionale e di fissare in 8 mesi la durata dei progetti (anziché 12, come avviene per i progetti Servizio Civile Universale), con un orario settimanale di 25 ore. Inoltre è stato deciso di riconoscere agli operatori volontari che verranno avviati al servizio un assegno di natura non retributiva pari a 444 euro mensili, insieme alla copertura assicurativa per i rischi contro gli infortuni e la responsabilità civile.

Il bando per la presentazione di progetti sperimentali – destinato agli Enti iscritti all’Albo del Servizio Civile Universale ed con almeno una sede operativa in Piemonte –  è stato pubblicato l’8 giugno scorso e ha raccolto l’adesione di 6 enti che hanno presentato in tutto 8 progetti, per un totale di 54 operatori volontari avviabili.

Ma come si può fare per aderire? La domanda di partecipazione può essere presentata esclusivamente in modalità on-line, a partire dall’11 ottobre, fino alle 12 del 3 novembre, attraverso la piattaforma DOL raggiungibile tramite PC, tablet e smartphone all’indirizzo https://dol.serviziocivileregionepiemonte.it., cui si accede tramite il sistema «SPID».

Il link al bando, in cui è possibile ricevere tutte le informazioni è 

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2023/40/siste/00000225.htm

«L’istituzione del Servizio Civile Regionale – spiega il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Ciriorappresenta un traguardo molto importante per il Piemonte in quanto offrirà la possibilità a numerosi giovani di vivere davvero un’esperienza di cittadinanza attiva, volta, in un primo momento nello specifico, proprio al contrasto del disagio giovanile, che è una piaga da combattere con tutti i mezzi a disposizione». 

«Con questo strumento – prosegue l’assessore regionale alla Famiglia, Chiara Caucinodiamo la possibilità a chi lo vorrà di dare una mano concreta, di fare la propria parte in maniera ancora più incisiva per il bene della nostra collettività e delle nostre comunità, venendo incontro a un’esigenza reale. Valorizzando ancora una volta e ancora di più il volontariato, settore fondamentale, che ogni giorno contribuisce a rendere migliore la nostra società e che ha dato più volte dimostrazione – pensiamo in particolare alla recente emergenza Covid – di quanto sia importante e irrinunciabile».

Con Israele

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

L’aggressione dei terroristi arabi contro Israele è un fatto gravissimo che tutti o quasi in Italia, per la prima volta, hanno condannato.La convivenza arabo- israeliana è da sempre un problema gravissimo. Più guerre hanno caratterizzato la storia di Israele che ha dovuto sostenere l’attacco aperto e atti di terrorismo da parte dei Palestinesi. Chi vive in Israele vive con l’ansia di saltare in aria, camminando per strada o prendendo un bus. Oggi quello che sta avvenendo è  il tentativo di scatenare una guerra, prendendo spunto da Israele. C’è chi torna a parlare di III guerra mondiale anche in rapporto alla Russia di Putin e all’Iran che vorrebbe cancellare lo Stato di Israele. Stiamo vivendo un momento molto difficile,  ma non si può dimenticare che la cultura liberaldemocratica da sempre è schierata in difesa dello Stato di Israele come lo fu Pannunzio nel 1967, quando ruppe con Scalfari che divenne filo arabo. Israele è l’unico stato democratico nel Medio Oriente e come tale va difeso. Anche Israele ha commesso i suoi errori, ma la scelta di fondo, la scelta di civiltà è per Israele attaccata ferocemente da un terrorismo che vuole scatenare una guerra.  La violenza araba e’ una minaccia grave. Dobbiamo tutti reagire, anche se è facile pensare che qualcuno che finora è stato silenzioso avrà il “coraggio” di parteggiare per gli Arabi. Qualche centro sociale andrà sicuramente in piazza contro Israele. I democratici di ogni orientamento devono testimoniare subito la loro solidarietà per Israele e il proprio impegno per la pace.

“World Press Photo Exhibition 2023” In mostra a “Palazzo Barolo” le foto “mondiali”

Le immagini che meglio hanno raccontato, nei suoi eventi più significativi, il 2022

Fino al 19 novembre

Foto perfetta e drammatica. Guerra in Ucraina. Lo scatto racconta “L’attacco aereo al Mariupol Maternity Hospital”, 9 marzo 2022. Una donna incinta viene trasportata da alcuni uomini su una barella, l’ospedale è dietro di loro, fortemente danneggiato nel corso di un attacco aereo russo. Quella donna morirà trenta minuti dopo aver dato alla luce il figlio. Un piccolo senza vita. Nell’istante di uno spazio infinitesimale c’è tutto l’orrore, la disumana efferatezza di una guerra ingiustamente portata dall’uomo all’uomo. A cristallizzare quell’attimo è l’obiettivo del fotografo di guerra (giornalista e regista) di Berdyansk (Ucraina), Evgeniy Maloletka.

E a lui è andato il “World Press Photo of the Year 2023”, nell’ambito dell’“World Press Photo Contest”, il più prestigioso Concorso Fotografico, promosso nel 1955 da un gruppo di fotografi olandesi – riuniti nella “World Press Photo Foundation” con sede ad Amsterdam – insieme alla “Mostra di Fotogiornalismo” più visitata a livello internazionale. Giunta alla sua 66^ edizione (con la partecipazione, quest’anno, di 3.752 fotografi provenienti da 127 Paesi che, in totale, hanno presentato 60.448 fotografie giunte da tutto il mondo), l’esposizione torna a Torino – che la ospita insieme ad altre 119 città dei cinque continenti – per il settimo anno consecutivo (non è mancata neanche nei due anni segnati dalla pandemia) ed è organizzata da “Cime”, partner della “World Press Photo Foundation”. 120 sono gli scatti presentati fino a domenica 19 novembre, in via delle Orfane 7, a “Palazzo Barolo”. La mostra presenta lavori di “fotogiornalismo” e “fotografia documentaristica” firmati per le maggiori testate internazionali, dal “National Geographic” alla “BBC”, fino alla “CNN”, al “Times”, a “Le Monde” e ad “El Pais”, e permette di compiere un viaggio critico tra le notizie del 2022 e gli argomenti più importanti che hanno caratterizzato l’anno in corso. Brent Lewis, redattore fotografico del “New York Times”, co-fondatore di “Diversify Photo” e presidente della “Giuria globale” del Concorso 2023, spiega: “Le foto che abbiamo scelto per rappresentare il 2022 sono molto indicative di questo momento: diventeranno documenti storici di modo che le generazioni future possano guardare indietro e, si spera, imparare”.

Le foto presentate al Concorso vengono prima valutate da “Giurie regionali” e successivamente da una “Giuria globale”, il cui compito è quello di decretare i 24 “vincitori regionali” provenienti da 23 Paesi di tutto il mondo. Fra questi si scelgono poi i quattro vincitori globali. Sono infatti quattro le categorie in cui è suddiviso il concorso: “Singole”“Storie”“Progetti a lungo termine” e “Formato aperto”. Già si è detto della prima foto “ucraina” salita sul podio d’onore. A seguirla altre tre.

“Il prezzo della pace in Afghanistan” del fotografo danese Mads Nissen, premiata per la categoria “World Press Photo Story of the Year”, raccoglie nove scatti che raccontano come si vive sotto il regime dei talebani dopo il ritiro degli americani nell’agosto del 2021.

“Battered Waters” è invece il lavoro della fotografa armena Anush Babajanyan che ha ricevuto il “World Press Photo Long-Term Project Award”. Qui il focus è sulla crisi climatica nell’Asia centrale e, in particolare, in Tagikistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Kazakistan.

“Here, The Doors Don’t Know Me” dell’egiziano Mohamed Mahdy ha ricevuto, infine, il “World Press Photo Open Format Award”, narrando attraverso foto, materiali d’archivio ma anche lettere e scritti dei residenti, video e suoni, la storia di una comunità di pescatori che sta scomparendo nel quartiere di “Al Max” ad Alessandria d’Egitto.

Due gli italiani che hanno ricevuto un riconoscimento e le cui opere saranno esposte in mostra: l’orvietano Alessandro Cinque premiato per il suo “Alpaqueros” (in cui racconta la vita delle allevatrici peruviane che rischiano la vita portando gli alpaca sempre più in alto, per contrastare la siccità) ed il romano Simone Tramonte che con il suo “Net-Zero Transition” racconta il cambiamento climatico in positivo, raccogliendo progetti innovativi che potranno permettere all’Europa di diventare il primo continente a impatto zero.

Gianni Milani

“World Press Photo Exhibition 2023”

Palazzo Barolo, via delle Orfane 7, Torino; tel. 338/1691652 o www.worldpressphototorino.it

Fino al 19 novembre

Orari: dal lun. al giov. 10/20; ven. e sab. 10/21; dom. 10/20

Foto di: Evgeniy Maloletka (Associated Press), Anush Babajanyan (National Geographic Society), Mohamed Mahdy, Simone Tramonte

 

Torino vince la sfida e una consulenza da mezzo milione per diventare più attrattiva e sostenibile

In occasione della City DNA Conference Turismo Torino e Provincia vince la sfida “VIVACITY”

 

Torino, in occasione della City DNA Conference tenutasi a Valencia in questi giorni, si è aggiudicata la vittoria del “VIVACITY challengeby CITYDNA (City DestinationAlliance, l’alleanza europea degli Uffici del Turismo, Convention Bureau e organizzazioni di marketing locali) a cui la Città di Torino fa parte dal 2000.

VivaCITY è una sfida per vincere un impegno triennale finanziato da CityDNA e Simpleview, agenzia americana leader nello sviluppo globale di destination management. Questo progetto prevede la consulenza un team di tre esperti globali nello sviluppo e nell’implementazione delle destinazioni. È un’opportunità per le città che vogliono promuovere un cambiamento progressivo e olistico e che abbiano una mentalità aperta e fortemente incline al cambiamento per ottenere risultati arricchenti e rigeneranti del turismo per i cittadini e i visitatori.

Il team sarà guidato dal professor Frank Cuypers, leader internazionale nello sviluppo delle destinazioni, da Elke Dens, specialista in placemaking rigenerativo, e da David Peacock, Senior Strategist e Advisor per il Future Tourism Group di Simpleview.

Turismo Torino e Provincia ha seguito per la Città di Torino un intenso percorso di candidatura in 3 step, preparando un saggio sulla visione turistica della destinazione, uno speech con giuria composta dagli esperti e infine la presenza qui a Valencia durante la City DNA Conference sfidandosi con altre città del calibro di Copenaghen Helsinki, Salisburgo e Losanna.

Da questo riconoscimento inizierà il percorso di consulenza strategica per contribuire a far divenire Torino una città più turistica, sostenibile, olistica, concisa e tangibile.

Siamo davvero molto contenti di questa opportunità – sottolinea Domenico Carretta, Assessore al Turismo, Sport e Grandi Eventi della Città di Torino che, insieme al progetto per il nuovo city brand della Città già avviato con la Fondazione Bloomberg, contribuirà sicuramente al nostro intento di rendere Torino una destinazione sempre più attraente per il turismo internazionale”.

Un prestigioso riconoscimento triennale sottolinea Marcella Gaspardone di Turismo Torino e Provincia del valore di €500 mila in consulenza e coaching per riqualificare le nostre competenze e consolidare la visione turistica della nostra città.

Fiorenzo, l’operaio che faceva “i baffi alle mosche”

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Quando ho conosciuto Fiorenzo – detto anche “stravacà-rundell” – era ormai in pensione ma il mio collega Rinaldo, più giovane di me, l’aveva avuto come “maestro” in fabbrica

Finita la scuola dell’obbligo, nonostante i buoni voti, Rinaldo aveva scelto – contro il parere dei genitori – di andare a lavorare in fabbrica. “Per studiare c’è sempre tempo“, si era detto. Un errore bello e buono che lui stesso, con il tempo, aveva ammesso. Sì, perché, come spesso accade, “ogni lasciata è persa“, e ciò che non si fa all’età giusta è ben difficile che si possa recuperare più avanti. Per sua fortuna Rinaldo aveva, come dire, “recuperato” ai tempi supplementari, da privatista, studiando di sera e lavorando di giorno. Era approdato alla Banca quando stava per festeggiare il suo venticinquesimo compleanno. Il signor Bruno, che aveva una fabbrichetta proprio sotto casa mia, lo diceva sempre anche a me: “Studia. Fat mia mangià i libar da la vaca“. Farsi mangiare i libri dalla vacca equivaleva, un tempo, a smettere di studiare per fare il contadino, imbracciando vanga, rastrello e falce al posto di penna, libro e quaderno. Quando non ce n’era necessità assoluta, era un peccato non “andare avanti” a scuola. Comunque, tornando a Rinaldo, non si mise certo a piangere sul latte versato. La fabbrica, un’azienda meccanica con una trentina di dipendenti, era poco distante da casa sua e venne assegnato come “bocia“, come apprendista,  alle “cure” di Fiorenzo. 

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“ Dovevi conoscerlo a quel tempo, amico mio. Era un operaio provetto, in grado di fare “i baffi alle mosche”. Tirava di fino con la lima, maneggiava con abilità il truschino per tracciare e il calibro per le misurazioni. Era un ottimo attrezzista, in grado di preparare uno stampo per la pressa ma s’intendeva bene anche di macchine come le fresatrici e i torni. Per non parlare poi della rettifica”. Con quella macchina utensile, si lavora sui millesimi, togliendoli dal pezzo in lavorazione con precisione chirurgica, grazie alla mola a grana fine e durissima che garantisce un alto grado di finitura. “ Sotto la sua guida ho imparato, in quegli anni, a lavorare sulle rettificatrici in tondo, senza centro e su quella tangenziale, per le superfici piane. A volte bisognava mettersi la mascherina, soprattutto quando si lavoravano i pezzi cromati: quelle nuvole di acqua e olio emulsionabile che abbattevano le polveri  e raffreddavano il “pezzo”, non erano per niente salubri”.  Nell’officina, a lavorare con Riccardo e Fiorenzo, erano in diversi. C’era un capo operaio che veniva dalla provincia di Varese, soprannominato “lampadina“, con la sua crapa pelata e la palandrana blu dalle tasche sfondate a forza s’infilarci gli attrezzi; Antonio, tornitore dall’aria austera che al solo guardarlo metteva in soggezione; Luìsin, una specie di factotum che s’occupava principalmente del magazzino; Silverio, abile e scaltro saldatore che si esprimeva per metafore mutuate dalle pubblicità di “Carosello“; Ansaldi, addetto ai trapani, compreso quello radiale che sembrava davvero un mostro con il suo pesante mandrino che stringeva ragguardevoli punte adatte a forare le lastre più grandi.

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Dal racconto di Riccardo pare proprio che si respirasse un clima di grande umanità in quei capannoni. Anche gli scherzi che toccavano alle “matricole“, non erano mai troppo pesanti. Se mandavano a prendere la “punta scarpina del 43“, il calcio nel sedere veniva quasi appoggiato alle chiappe, senza foga. Un “ricalchin“, niente di più. Chiedere al fresatore di poter ottenere un po’ “d’acqua d’os“, comportava una annaffiatura appena accennata con lo spruzzino a mano. In caso di necessità, richiesto con i dovuti modi, non mancava mai l’aiuto dei più esperti, segno di una disponibilità al giorno d’oggi quanto mai rara. “Un giorno Fiorenzo, soddisfacendo la mia  curiosità – racconta Riccardo   mi spiegò l’origine di quel soprannome  che s’era “guadagnato” da giovane, lavorando in una fabbrica un po’ più grande. Portando una cassa di rondelle di ferro verso il magazzino non aveva visto in tempo un buco nel pavimento ed il carrellino si era ribaltato, rovesciando sul pavimento l’intero contenuto”. Aveva impiegato una mezza giornata a scovarle, quelle maledette rondelle. Erano finite dappertutto: sotto le macchine e i banchi, nei cumuli di trucioli di ferro e tra la segatura che avevano buttato per terra sotto l’alesatrice per asciugare l’acqua che colava giù. “Da quel momento sono diventato lo “stravacà-rundell”. Poco importa se quella è stata l’unica volta che mi è capitato”, ammetteva, sorridendo, Fiorenzo. Personalmente l’ho conosciuto al circolo, una dozzina d’anni fa. Da quando gli era morta l’Adalgisa, sua moglie, veniva più spesso a fare quattro chiacchiere e una partita a carte insieme a noi. Raccontando degli episodi della fabbrica – che trovavano conferma nelle parole di Riccardo – emergevano altre figure, alcune esilaranti come nel caso di Igino e di Fedele. Entrambi avevano l’abitudine del bere che consideravano tale, rifiutando categoricamente che fosse “un vizio“. Igino lo conosco e me ho avuto prova quando,  insieme, siamo andati, una mattina di primavera, a pescare nel Selvaspessa, il torrente che dal Mottarone scende giù fino al lago Maggiore. Prima di raggiungermi sul greto del torrente, aveva fatto colazione “alla montanara“: pane, formaggio e una grossa tazza di caffè e grappa, dove la grappa prevaleva e di molto sul caffè. Dopo un’ora che si pescava, chiamandolo e non ricevendo risposta, lo trovai sdraiato su di un sasso, con i pantaloni arrotolati sopra il ginocchio e i piedi nudi nell’acqua corrente del fiume.

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L’acqua era gelata ma lui, sbadigliando sonoramente dopo le mie scrollate, mi disse che “aveva caldo ai piedi e un po’ di sonno“, e così ne aveva approfittato. Roba da matti, penserete ma vi assicuro che per Igino era la normalità. Aveva un fisico bestiale. Quando la domenica, indossata la maglia azzurra del Baveno, giocava a pallone, correva sulla fascia come una locomotiva per l’intera durata della partita, mostrando una riserva inesauribile di fiato. E a caccia di camosci era capace di stare delle ore immobile, nella neve, per mimetizzarsi. Fedele, invece, era più indolente e si muoveva sempre e solo sulla sua “Teresina”, una Vespa 125 del 1953, che teneva lustra e curata nemmeno fosse la sua morosa. Fiorenzo e Riccardo ricordavano il giorno in cui l’autista dell’azienda, con la sua “Bianchina“, stava tornando da una commissione. Lo videro in fondo al viale alberato, con la freccia pulsante a sinistra. Alle sue spalle c’era Fedele, sulla sua Vespa. L’auto procedeva a passo d’uomo ma non svoltò a sinistra al primo incrocio. Fedele gli stava dietro, tradendo una certa impazienza. La “Bianchina“, nonostante la freccia sempre inserita, non svoltò nemmeno in procinto delle altre due strade che gli avrebbero consentito la deviazione annunciata dall’indicatore luminoso . Ormai persuaso che la freccia era rimasta inserita per una dimenticanza dell’autista, Fedele accelerò per il sorpasso. Fu in quel momento che, giunta in prossimità del cancello della fabbrica, l’auto svoltò repentinamente e Fedele, con una sterzata disperata, evitò di un soffio la collisione , infilandosi nel bel mezzo di una siepe di rovi. “ Non ti dico in che stato era quando riuscì a liberarsi dalla morsa dei rami spinosi”, confessò Riccardo.

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Era uno strazio, con i vestiti strappati e il corpo coperto di graffi. Anche la sua  “125” era un graffio unico e soltanto la velocità, inaspettata quanto provvidenziale, del vecchio autista nel mettersi al riparo dalla sua furia – barricandosi nel gabinetto alla turca – impedì al motociclista di strozzarlo”. Quegli anni, certamente duri e non facili, venivano raccontati sia dall’anziano Fiorenzo che dal più giovane Riccardo come una specie di “formazione alla vita”.  “ Mi hanno aiutato a farmi la “scorza”, a capire come girano le cose e ad avere grande rispetto per il lavoro e per quelli che – quando hanno un impegno – non si tirano indietro, senza dimenticare che non costa nulla dare una mano a chi è in difficoltà e fatica a tenere il passo“, diceva Riccardo. Confidava di essere in debito con i suoi compagni di allora per tutte le cose che aveva appreso, “anche per quelle meno belle che- comunque – servono a volte più di quelle piacevoli”. Li aveva conosciuto Marcello, che voleva andare dal ginecologo perché “ghò mal ad un ginocc’.. ” e  De Maria, che conosceva a memoria la Divina Commedia; aveva lavorato gomito a gomito con Carmelo, una “testa fina” in grado di leggere i disegni tecnici più sofisticati che nemmeno un ingegnere avrebbe potuto “bagnargli il naso” e Morlacchini che, un giorno, si costruì una padella per le caldarroste talmente pesante che bisognava essere in due per far “ballare” le castagne sul fuoco. Tutti erano un po’ speciali e molto, molto umani. Forse – ne sono convinto anch’io che pure ho percorso una strada diversa – si dovrebbe andar tutti, anche per poco, a lavorare in fabbrica, in cava o in ambienti simili. Si capirebbero tante cose e si direbbero tante stupidaggini in meno.

 

Marco Travaglini

 

Con Saraceno al Castello di Miradolo chiude “Bellezza tra le righe”

Domenica 8 ottobre

Anteprima nazionale per il nuovo libro della sociologa Chiara Saraceno

 

Sarà Chiara Saraceno, una delle sociologhe italiane di maggior fama, riconosciuta per i suoi importanti studi sulla famiglia, sulla questione femminile, sulla povertà e le politiche sociali, a chiudere l’edizione 2023 di “Bellezza tra le righe”, la rassegna che, durante l’estate, ha fatto parlare una serie di voci autorevoli del presente nei parchi e giardini di Casa Lajolo, a Piossasco, di Palazzo Conti di Bricherasio, a Bricherasio, e del Castello di Miradolo, a San Secondo di Pinerolo. Nove, in totale, gli incontri.

Laureata in filosofia, Saraceno, che ha insegnato Sociologia della famiglia all’Università di Torino ed è stata direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali, del Centro interdipartimentale di Studi e Ricerche delle donne e membro della Commissione italiana di indagine sulla povertà e l’emarginazione, domenica 8 ottobre alle 15 presenta al Castello di Miradolo, via Cardonata 2, in anteprima nazionale, “Cura”, volume che ha scritto con Roberto Burlando e Adriano Mione. Sociologia, economia, welfare territoriale e diritti individuali sono al centro degli interventi proposti nel libro. Ne emerge una nuova e più ampia immagine della cura: al di là dell’assistenza e dell’assistenzialismo, la “cura del mondo” si profila come risposta alle sfide del nostro tempo. Il libro contiene un intervento inedito di Elena Pulcini sul concetto filosofico di cura del mondo «quale atteggiamento in grado di orientare e di mobilitare in modo costruttivo energie e passioni umane».

L’edizione numero quattro di “Bellezza tra le righe” è ruotata proprio attorno al titolo “Maneggiare con cura. Incontri e letture per mettersi in salvo”. Quest’anno la rassegna è stata selezionata e inserita nel cartellone di “Luci sui Festival”, attività promossa dal Salone Internazionale del libro per supportare la diffusione e la conoscenza delle realtà legate al mondo della lettura e dei libri.  L’incontro con Saraceno, che è anche professore di ricerca al Wissenschaftszentrum für Sozialforschung di Berlino, è stata nominata Grand’ufficiale della Repubblica italiana e corresponding fellow della British Academy,  rientra altresì nel cartellone di “Pensieri in Piazza”.

Tra le principali pubblicazioni di Chiara Sareceno si ricordano Sociologia della famiglia (1988), Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia (1998), Onora il padre e la madre (2010), Conciliare famiglia e lavoro (2011), Coppie e famiglie. Non è questione di natura (2012), Il welfare (2013), Il lavoro non basta (2015).

La città si tinge di giallo, torna il Torino crime festival

10 – 15 ottobre 2023 

I casi di cronaca con i protagonisti e i giornalisti d’inchiesta più seguiti del momento. Tra gli ospiti Nello Trocchia, Pino Maniaci, Gian Carlo Caselli e Pietro Orlandi.

 Dal 10 all’11 ottobre, due giornate di Anteprima, dal 12 al 14 ottobre il Festival al Circolo dei lettori, il 15 ottobre l’Off. Ritorna il primo festival dedicato alla criminologia e al racconto dei fenomeni criminali.

http://crimefestival.it

 

I casi di cronaca più discussi, i giornalisti d’inchiesta, le testimonianze dirette, le Forze dell’Ordine e i magistrati impegnati in prima linea. Il Torino Crime Festival torna per la sua 8° edizione e si prepara a gettare luce su molti segreti oscuri e misteri irrisolti della storia recente e non solo, con un ricco programma di eventi che si terranno dal 10 al 15 ottobre 2023, al Circolo dei lettori e diffusi in altre sedi cittadine.

Il tema scelto quest’anno è “Il capolinea”. Il capolinea nel crimine rappresenta il punto culminante di un’indagine o di un racconto investigativo, dove tutti gli indizi e le tracce conducono alla rivelazione finale del colpevole o della soluzione del mistero. È il momento in cui le tessere del puzzle si incastrano, svelando la verità dietro l’azione criminale e portando a una risoluzione del caso. Spesso però quello che sembra il capolinea è solo il punto di partenza per svelare altre verità nascoste.

Tanti i filoni affrontati, a partire dai grani misteri italiani come il caso Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa a 15 anni il 22 giugno 1983 a Roma mentre ritornava a casa, la cui vicenda è diventata uno dei più celebri casi irrisolti della storia italiana, chiamando in causa lo Stato Vaticano, lo Stato Italiano, il terrorismo internazionale, i servizi segreti e la Banda della Magliana. Verrà a parlarne il fratello Pietro Orlandi che da anni si batte per raggiungere la verità e che da poco insieme alla famiglia Orlandi ha chiesto al Governo di poter avere i fascicoli custoditi dai servizi di intelligence italiani.

Rimanendo nell’area della Capitale, sarà proprio la saga dei Casamonica a inaugurare la nuova edizione del Festival grazie al reading “Roma, la mafia che non c’è”di Nello Trocchia, giornalista d’inchiesta e inviato di Domani. Ha firmato inchieste e copertine per “il Fatto Quotidiano” e “l’Espresso”. Ha lavorato in tv realizzando inchieste e reportage per Rai 2 (Nemo) e La7 (Piazzapulita). Ha scritto diversi libri tra cui Federalismo Criminale (2009); La Peste (con Tommaso Sodano, 2010); Casamonica (2019) dal quale ha tratto un documentario per Nove e Il coraggio delle cicatrici (con Maria Luisa Iavarone).

Sempre rimanendo sul filo rosso di chi fa informazione, mettendosi spesso in pericolo, un altro ospite di richiamo sarà Pino Maniaci, il giornalista e conduttore che da oltre 20 anni combatte la mafia con la sua emittente TV siciliana Telejato e che di recente è stato il protagonista di “Vendetta: la guerra nell’antimafia”, la docu-serie Netflix.

E ancora l’ex-magistrato Gian Carlo Caselli, che è stato anche Procuratore generale di Torino e poi Procuratore della Repubblica, veste nella quale ha coordinato le indagini sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte mentre oggi dirige in Coldiretti la segreteria scientifica dell’Osservatorio sulla criminalità nel settore agroalimentare. Insieme a Francesco Messina, Prefetto di Padova, toccheranno un tema diventato cruciale, soprattutto dopo la cattura e la morte di Matteo Messina Denaro, ovvero l’intreccio fatale tra mafia e massoneria.

Questi sono solo alcuni dei tanti temi e ospiti che caratterizzeranno l’ottava edizione del Torino Crime Festival, organizzato dall’Associazione Torino Crime Festival in collaborazione con Fondazione Circolo dei lettori, qui di seguito il programma completo.

 

PROGRAMMA TORINO CRIME FESTIVAL 2023

 

Martedì 10 ottobre

  1. 21.00

Sala Toniolo, Palazzo Ceriana Mayneri; Corso Stati Uniti 27

GIORNALISMO E GIUSTIZIA

Stefano Tallia, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti, e Roberto Capra, Presidente della Camera Penale Vittorio Chiusano, apriranno il festival con una discussione sulla cruciale relazione tra giornalismo e giustizia.

Mercoledì 11 ottobre

h.18.00

Mastio della Cittadella, Museo Nazionale dell’Arma di Artiglieria; C.so Galileo Ferraris,0

L’ARMA DEL DELITTO IMPERFETTO

Una serata dedicata alle armi utilizzate nei grandi attentati della storia, in collaborazione con la Polizia Scientifica e l’Associazione Nazionale Artiglieri d’Italia. Gli interventi del Vice Questore Luca Celeste e del Lgt. Enrico Galletti, curatore del Museo Nazionale di Artiglieria saranno accompagnati dalle suggestive letture dell’attrice Annalisa Besso. Verranno preceduti dai saluti del direttore del Museo, Ten.Col. Gerardo Demo

h.21.00

Casa del Pingone, Via della Basilica 13

SOTTO IL PESO DELL’INVISIBILE: UN’ANALISI PROFONDA SUI SUICIDI

Ogni anno oltre 800mila persone nel mondo perdono la vita per suicidio. Il suicidio è un atto estremo e intenzionale con cui si pone fine alla propria vita. Questo comportamento complesso comprende il suicidio effettuato, i tentativi e le ideazioni suicidarie, tutti segni di profondo disagio. Il suicidio raramente avviene improvvisamente e spesso nasconde una profonda sofferenza interiore. È cruciale riconoscere i segnali, anche quelli apparentemente insignificanti, che possono anticiparne la manifestazione.

Interventi: Lori Graziano, Presidente di Cerchio Blu, Caterina Signa, Psicoterapeuta e contributo video di Massimo Introvigne, Direttore del CESNUR. Modera: Fabrizio Russo

 

Giovedì 12 ottobre

Circolo dei lettori, Via Bogino 9

h.10.30

LA VIOLENZA E I SUOI VOLTI NASCOSTI

La violenza, un fenomeno complesso e pervasivo, assume spesso volti nascosti. Verranno esplorate le diverse manifestazioni della violenza, sia fisica che psicologica, analizzando i suoi contesti di origine, le vittime coinvolte e le conseguenze devastanti che può comportare. Un evento educativo per le scuole sul contrasto alla violenza.

Interventi: Avv. Maurizio Cardona, Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri.

INAGURAZIONE UFFICIALE DEL FESTIVAL

  1. 21.00

ROMA, LA MAFIA CHE NON C’E’

Nonostante arresti, sequestri e le condanne per mafia, per i Casamonica Roma è ancora roba loro. Un controllo che, in alcune zone, è totale e una impunità che resta caratteristica della famiglia criminale.

Reading con il giornalista d’inchiesta Nello Trocchia

Venerdì 13 ottobre

Circolo dei lettori, Via Bogino 9

h.10.30

NUOVE DROGHE, CONOSCERE PER PREVENIRE

Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri offrono un evento informativo per le scuole sui rischi del consumo di sostanze stupefacenti e sulle operazioni antidroga effettuate sul territorio.

Interventi: Polizia scientifica e Arma dei Carabinieri

 

 

h.17.00

L’EVOLUZIONE DEL CYBERCRIME IN UNA SOCIETA’ SEMPRE PIU’ DIGITALIZZATA: L’ATTIVITÀ DELLA POLIZIA POSTALE

L’importante ruolo svolto dalla Polizia Postale nell’identificazione, la prevenzione e la repressione delle attività criminali online. Attraverso l’analisi delle tendenze emergenti e delle strategie investigative innovative, questo lavoro evidenzia l’importanza della collaborazione tra le autorità e il settore privato per affrontare con successo le minacce digitali.

Interventi: Manuela De Giorgi, Dirigente del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale e delle Comunicazioni del Piemonte e della Valle d’Aosta, e Gabriele Minniti, CEO & CyberSecurityExpert di Whysecurity Srl.

h.19.00

VIOLENZA GIOVANILE E BABY GANG

L’evento si concentrerà sulla crescente diffusione di varie forme di “devianza minorile”, che comprendono comportamenti antisociali e illeciti, talvolta non punibili penalmente. Esploreremo fenomeni come le “baby gang”, il “bullismo” e il “cyberbullismo”, con particolare attenzione alla complessa dinamica in cui i giovani possono essere sia autori che vittime di reato.

Interventi: Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri

h.21.00

“H.H.H. ARCHITETTURA E DELITTO”

Le oscure vicende dell’autore di un edificio pensato come macchina di morte sono il pretesto per ripercorrere la storia culturale della relazione tra spazio e crimine.

Letture e performance di: Maurizio Cilli

Sabato 14 ottobre

Circolo dei Lettori, Via Bogino 9

h.11.00

INTRECCIO FATALE, MASSONERIA E MAFIA

Legami tra massoneria mafia, le connessioni storiche e le dinamiche complesse che hanno influenzato la società italiana.

Interventi: Giancarlo Caselli, già Procuratore Capo di Palermo e Torino; Prefetto di Padova Francesco Messina, con la partecipazione dell’Arma dei Carabinieri.

h.16.00

LA MISTERIOSA SCOMPARSA DI EMANUELA ORLANDI

Dopo 40 anni, il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi rimane irrisolto. Suo fratello Pietro ha dedicato la vita a cercare di scoprire la verità sulla sua scomparsa. Nel 2023, su iniziativa del Papa Francesco, il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi e la gendarmeria hanno avviato ufficialmente le indagini, aprendo così la possibilità di sentire per la prima volta alcune persone ancora in vita che potrebbero fornire informazioni cruciali per l’inchiesta.

Interventi: Pietro Orlandi, fratello di Emanuela Orlandi

h.18.30

LE VOCI DI SCAMPIA – SPACCIATORI DI LIBRI e LE PERIFERIE DI TORINO

Un gruppo di scugnizzi apre una libreria a Scampia nel pieno della faida di camorra. Scugnizzi che si trasformano in Spacciatori di Libri. Dove prima si vendeva la droga, oggi si spacciano libri. Un confronto tra Scampia e le realtà giovanili che vivono le zone periferiche della città di Torino.

Interventi: Maggie Borrelli della Scugnizzeria e Roberta Di Chiara

h.21.00

LA MAFIA OLTRE MATTEO MESSINA DENARO

Dai Misteri delle Stragi del ’92 all’Arresto di Matteo Messina Denaro. Un Viaggio nella Storia Criminale Italiana degli Anni ’90. L’oscurità dei depistaggi nelle indagini su Capaci e Via D’Amelio, e le drammatiche bombe del ’93. Tutti i tragici eventi che hanno preceduto l’arresto di uno dei criminali più ricercati d’Italia, Matteo Messina Denaro.

Interventi: Pino Maniaci, direttore di Telejato e protagonista della serie Netflix “Vendetta” e I.M.Dscrittore e già poliziotto della sezione Catturandi di Palermo.

 

Domenica 15 ottobre

h.18.00

Scalo Vallino, Via Nizza 40

TRUFFE AGLI ANZIANI: I METODI DI CIRCONVENZIONE E L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE

Un evento di chiusura dedicato alla prevenzione delle truffe agli anziani, con la partecipazione della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri.

Seguirà un evento conviviale di chiusura del Festival.

Scuole o parcheggi?

Da più parti ci si lamenta, al giorno d’oggi, di come la scuola non prepari i ragazzi al futuro, non fornisca loro un’educazione, non li prepari alla vita.

Alcune lacune sono ormai incancrenite nel nostro sistema scolastico: pochissime ore di educazione fisica, pochi spazi per praticare sport, teatro e cinema assenti, docenti precari per citarne solo alcune.

Io ho l’abitudine, quando analizzo un fenomeno, di paragonarlo ad analoghi fenomeni in altri luoghi, ad esempio oltremare.

Chi non ha mai sentito parlare dei college e delle High schoolamericane, dove non soltanto i ragazzi possono addirittura vivere, ma dove sicuramente hanno modo e spazio (e insegnanti formati) per praticare attività sportiva a livelli avanzati, possono imparare a recitare o girare un film mentre studiano per diventare avvocati, medici, matematici o quel che sarà.

Da noi, dove la scuola ha comunque un costo (mensa, libri, attività extra) a carico degli allievi occorre poi aggiungere il costo della palestra o del luogo in cui possano praticare sport, della scuola di circo o di teatro e, soprattutto, delle lezioni private cui moltissimi fanno ricorso.

E’ evidente che il concetto attuale di scuola, nato dalla riforma Gentile e modificato nel 1962 dalla legge 1859, modificata in peggio di recente, sia ormai da rivedere completamente perché sono cambiate le condizioni della società.

Non soltanto la scuola non deve più rispondere soltanto ad esigenze di cultura ma deve, anche e soprattutto, adeguarsi alle richieste del mondo del lavoro, formando i giovani alla vita da adulti.

In una società in cui sono state tolte le biciclette in sharing, sostituite da monopattini e bici elettriche, anche quella minima parte di attività fisica viene meno; considerando che tra cibi spazzatura, bevande gasate e alcolici i nostri ragazzi arrivano ad introdurre 3-4000 calorie al giorno e ne bruciano pochissime, l’attività fisica dovrebbe essere messa al primo posto, non solo per il benessere attuale ma anche come prevenzione di patologie future, patologie per curare le quali si spenderanno milioni che potrebbero essere investiti, invece, in ricerca e istruzione.

Immaginiamo questo scenario: i ragazzi restano a scuola anche a dormire (college) per cui milioni di genitori non devono più arrivare col SUV fin sul cancello della scuola e, dunque, non inquinano più; i genitori non devono ricorrere a insegnanti privati perché nella scuola ci sono i corsi di sostegno. L’attività fisica, obbligatoria, deve prevedere almeno 8 ore a settimana nelle varie discipline, contribuendo così a creare lo spirito di squadra che verrà poi tanto decantato sul posto di lavoro.

Il controllo del personale, scolastico e non, eviterebbe il diffondersi del bullismo extrascolastico, l’abbandono degli studi, la creazione di babygang spesso formate da alcuni “boss” ed un bullizzato cui vengono demandati i compiti più illegali.

Ovviamente tutto questo ha un costo e, almeno in Italia, è già tanto che si trovino i soldi per riscaldare le aule in inverno o pagare gli stipendi. Ma uno Stato che non investa nei suoi giovani è uno Stato destinato ad essere spodestato da altri Stati, almeno culturalmente, ed in ogni caso prossimo al default, anche economico.

Quando fra una decina di anni le nuove generazioni che passano il tempo sparando ai professori o i cui genitori, invece di punire i figli che hanno portato a casa una nota, se la prendono con gli insegnanti che l’hanno scritta non lavoreranno perché nessuno sarà così idiota da assumere un perfetto imbecille, per giunta ignorante, ecco che assisteremo ad assunzioni di massa di stranieri.

Da notare che tuttora alcuni lavori vengono effettuati solo da stranieri perché noi siamo ancora abbastanza ricchi da non abbassarci a fare le OSS, le badanti o le donne delle pulizie; ma quando anche nella fabbriche, nelle cooperative, nelle imprese edili, nei centri commerciali i lavoratori saranno in maggioranza stranieri si assisterà ad un ovvio, sottostimato, evento: le rimesse degli immigrati ( i soldi che gli immigrati mandano al loro Paese)aumenteranno vertiginosamente privando le nostre banche di introiti importanti; parimenti, anche il nostro PIL diminuirà cospicuamente.

E allora si che potremo gridare “chiù PIL per tutti”, ma non nel senso che intendeva Antonio Albanese.

Sergio Motta

 Science Brunch per scoprire la scienza nascosta negli alimenti

 IL NUOVO LABORATORIO DEGLI ALIMENTI DI OFF TOPIC

 

Un appuntamento dedicato ai più piccoli e le loro famiglie per passare il sabato insieme, tra cucina & scienza

 

Iscrizione sulla pagina eventi di OFF TOPIC a questo link

Torino 4 ottobre 2023 –  Nasce Science Brunchil nuovo ciclo di incontri di OFF TOPIC per scoprire la scienza nascosta negli alimenti. Tutti i sabati a partire dal 21 ottobre, un nuovo evento che unisce all’amore per la scienza quello per la cucina, per imparare a “sperimentare con il cibo” con un appuntamento dedicato a tutta la famiglia,  dalle ore 11:30 fino alle 12:30.

Micro e macro nutrienti, farine infuocate e additivi alimentari, liquidi sferificati e frutti ghiacciati, solo alcuni degli ingredienti delle ricette di Science Brunch: un vero esperimento per piccoli chimici, che trasforma OFF TOPIC in un laboratorio scientifico di magiche pozioni. Cucinare non è mai stato così divertente, e fra Science Bagels accompagnati da un contorno di carboidrati alla julienne, si avrà l’ccasione di scoprire proteine in salsa sperimentale, fra soffritti di lipidi e vitamine, ma anche pentoloni di zuppe di acqua e sali minerali.

 

Il nuovo format di OFF TOPIC nasce da ToScience, l’’associazione culturale di Torino nata nel 2014 e attiva su tutto il territorio italiano, per la promozione della cultura scientifica composta da professionisti della comunicazione e divulgazione della scienza, con un’esperienza pluriennale nella progettazione e animazione di attività ludico didattiche. ToScience sperimenta infatti da sempre linguaggi e media innovativi per comunicare la scienza e renderla affascinante e alla portata di tutti. Il coinvolgimento in prima persona nelle attività è la chiave per trasformare un momento di divertimento in un’occasione per imparare qualcosa: per questo, l’approccio è quello dell “hands on”.

 

Fra gli appuntamenti in programma sabato 21 Ottobre “Carboidrati alla julienne” affronta quanta energia si nasconda in realtà dietro una fetta di pane: che cos’è l’amido e quali superpoteri nasconde la nostra saliva. Un’occasione per scoprirlo in questo laboratorio in cui farine e cereali saranno i protagonisti dei nostri esperimenti.

Si prosegue sabato 28 ottobre con “Proteine in salsa sperimentale” per rispondere a un quesito diffuso: quante ricette esistono per cucinare un uovo senza cuocerlo, e quante cose hanno in comune un fagiolo e un bicchiere di latte. Molte è la risposta ad entrambe le domande, ma se si vuole scoprire perché non resta che venire a scoprirlo attraverso gli esperimenti di OFF TOPIC.

Con Soffritto di lipidi e vitamine il 4 novembre si andrà alla scoperta di cosa significhi avere una necessaria riserva di energia. I grassi sono infatti essenziali per svolgere numerose funzioni del nostro organismo. Inoltre, rendono possibile l’assorbimento di alcune vitamine. È possibile isolarli partendo da un alimento, ma solo per chi parteciperà a

Un viaggio alla scoperta del macronutriente più presente sul nostro pianeta, l’acqua, è il focus dell’apppuntamento in programma il 18 novembre con Zuppa di acqua e sali minerali. Attraverso una serie di esperimenti, alcune delle più straordinarie proprietà dell’acqua che – all’occorrenza – sono anche in grado di renderla anche molto dura.

 

Il 25 novembre l’appuntamento Anidride carbonica a lunga lievitazione svela tutti i segreti che si nascondono dietro la morbidezza e l’elasticità di una pizza. Scoprilo in questo laboratorio in cui organismi molto piccoli ti aiuteranno a trasformarti in unə grande chef…ma solo se riuscirai a nutrirli con la giusta dolcezza.

 

Ancora sabato 2 dicembre una Gran selezione di succhi (gastrici). E dopo una bella mangiata, non resta che lasciare che la digestione faccia il suo corso. Come funziona questo processo. Verranno ripercorse tutte le sue fasi: ridurre, assorbire e trasformare, sono tutti i passaggi che consentono di digerire in questo laboratorio

 

Se non si è mai sentito parlare di cucina molecolare Science (bubble) Tea il 9 dicembre è il laboratorio giusto. Si andrà alla scoperta di quanto può essere semplice trasformare i liquidi in sfere per preparare delle vere e proprie esplosioni di sapore.

 

L’ultimo appuntamento in programma sabato 16 dicembre è Cheesecake all’azoto: Menocentonovanaseigradi. È questa la temperatura che aiuterà a cucinare alcune tra le ricette più fredde che si possono preparare in questa (pazza) cucina. Non resta che scoprire quanta croccantezza si può celare anche negli alimenti più teneri.

 

 

OFF TOPIC

via Giorgio Pallavicino, 35 – 10153 Torino

 

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Smartphone: riflessioni tra scuola, dipendenza e potenzialità educativa

Eccola lì, la nostra scatola nera.

Il nostro indispensabile organo detentore della sensibilitàpostmoderna.
Ode allinseparabile Smartphone, unico idolo indiscusso della nostra epoca, e forse il solo simulacro che siamo in grado di accettare.
Come una sorta di vaso di Pandora tascabile, il cellulare viene comunemente indicato leffettivo colpevole dei mali odierni, il capro espiatorio reo di aver mandato a rotoli la nostra società.
Una considerazione pare dunque necessaria, e sottolineo il termine colpevole che ho utilizzato, poiché ciò su cui vorrei riflettere èdibattito aperto e le osservazioni che propongo non vogliono certo essere verità lapidarie, ma solo punti di vista.
Possibile che la causa allalienazione contemporanea si trovi semplicemente racchiusa in tale piccolo oggetto?
Se è tutto qui, perché allora non eliminare dal mercato gli smartphone e reintrodurre gli arcaici Cityman e il Motorola Micro Tac., per non parlare degli iconici Nokia 3310 e 3330?
Forse dietro il demonizzato telefono intelligente si cela una situazione più complessa e decisamente meno facile da districare?
Tanto più che, solo un paio danni fa, si pensava di utilizzare proprio gli stessi smartphone come strumenti didattici dibattito per ora ancora aperto-.
Se sono davvero oggetti così pericolosi, come si è potuto  anche solo lontanamente pensare di farli entrare allinterno dellistituzione scolastica?
A tal proposito risulta esplicativa la posizione del Professor Raciti, ben illustrata in unintervista pubblicata su Orizzonte Scuola (Sìsmartphone in classe, per fare didattica. Smartphone sì o no?Domanda corretta è: Smartphone come. INTERVISTA al Professor Raciti. Articolo a cura di Vincenzo Brancatisano, pubblicato nel mese di ottobre 2022).
Il docente sostiene che la società abbia commesso un grave errore a consegnare nelle mani di bambini e ragazzini una tecnologia cosìdelicata e pericolosa che pure ci apre degli importanti scenari sociali e culturali. […] daltro canto Raciti osserva come lo sbaglio ormai sia stato commesso, ora occorre decidere come agire. Secondo lopinione del Professore gli adulti ed in particolare i docenti- non possono permettersi di osservare indifferenti il dilagare delle nuove dipendenze, il diffondersi del fenomeno del cyberbullismo e di tutte le altre devastanti conseguenze derivanti dallutilizzo improprio di tali ambienti virtuali, su cui i ragazzi non hanno alcun controllo e con cui non sanno relazionarsi.

Ciò che Raciti sostiene è che la scuola deve cogliere le sfide attuali e prendere per mano i ragazzi, in questo caso guidandoli verso un uso critico, responsabile e consapevole delle tecnologie poiché è proprio listruzione scolastica il mezzo essenziale e centrale per lo sviluppo delle competenze di cittadinanza digitale nonché per la crescita della persona.
Il Professore non è lunico a sostenere questa tesi, su molte testate che si occupano di formazione e insegnamento si possono leggere pareri favorevoli e contrari non solo allutilizzo dello smartphone, ma addirittura anche alla sola introduzione fisica dello stesso tra le mura scolastiche.
Mi preme sottolineare come i favorevoli a tale iniziativa sostengano la possibilità di usare i cellulari come dispositivi didattici aggiuntivi, senza ovviamente eliminare lutilizzo degli strumenti classici, quali i preistorici libri e quaderni, che pure risultano in ogni caso le soluzioni più apprezzabili per un corretto e completo apprendimento.
Si caldeggia unopzione aggiuntiva, una possibile strada ulteriore per promuovere il processo di insegnamento-apprendimento in classe, ipotesi volta allintroduzione di metodi educativi innovativi, nuove strategie tecnologiche da affiancare alle tecniche tradizionali, in modo da poter accompagnare ogni singolo studente verso il proprio successo formativo, senza lasciare indietro nessuno.
Che ci piaccia o meno, come suggerisce Simone Consegnati, nel suo articolo pubblicato su Tuttoscuola a luglio di questanno, èopportuno riflettere su un dato di fatto: Attraverso i loro cellulari i nostri alunni si incontrano, si fidanzano, si innamorano, prendono appuntamenti per la serata, a volte leggono un libro o parte di esso, più spesso guardano video e fotografie. Essendo uno strumento cosìimportante, è necessario che ci sia uneducazione e unattenzione della scuola, verso un uso corretto e adeguato.
Pare dunque anacronistico inneggiare ad un totale allontanamento dello smartphone dalle vite dei nostri studenti, così come recitano le ultime circolari diffuse nella maggior parte delle scuole, in cui si legge del divieto assoluto di utilizzo dei cellulari  a scuola, il che puòsembrare unazione limitativa, perché, se in classe probabilmente non accadrà nulla di legato ai mondi virtuali, è pur vero che la prima azione che compiono i ragazzi appena varcati i cancelli è accendere i propri telefonini.
Va da sé che il problema non sia loggetto-smartphone, ma la non conoscenza delle potenzialità talvolta pericolose- che ad esso sono attribuite.
Non andrei mai contro la normativa vigente, eppure in qualità di docente di arte e immagine, sostengo che, con le giuste modalità e indicazioni, potrei provare giovamento dalluso del cellulare in alcune situazioni specifiche, quali le ore dedicate alla pratica: tramite lo smartphone si potrebbero eseguire ricerche iconografiche personalizzate e adatte al lavoro di ogni singolo studente, ognuno osserverebbe la figura di riferimento necessaria al suo operato, senza dover aspettare il proprio turno alla LIM; in altre lezioni si avrebbe la possibilità di visionare insieme, alunni e docente, alcune applicazioni dedicate al fotoritocco, allediting o allimpaginazione, attivitàrispondenti al bisogno di eseguire compiti di realtà, in modo da far ricadere gli argomenti spiegati su temi e situazioni attuali vicini al mondo giovanile.
Certamente vi è il rischio delluso scorretto di tale tecnologia, magari qualcuno potrebbe scattare delle fotografie, filmare la lezione o distrarsi sui social, daltro canto anche questo è un problema antico, o non vi ricordate che i messaggini si inviavano anche con i Nokia? E poi, almeno una volta è successo a tutti di dimenticarsi di togliere i suoni mentre si giocava a snake tra le cartacce appositamente sistemate nel sottobanco.
Non trovo poi corretto tenere la testa nascosta sotto la sabbia: leproblematiche contemporanee ci sono e sono differenti rispetto a quelle di qualche decennio fa. Viviamo in una dimensione di continua incertezza, sia dal punto di vista lavorativo che affettivo, non vi sono più i punti di riferimento stabili su cui contavano i nostri genitori o i nostri nonni, al contrario lepoca che dobbiamo affrontare è quella dellindividualismo, della competitività che sovrasta gli ideali di appartenenza e condivisione, ed è in questo panorama sociale che si diffondono diverse forme di malessere, tra cui le nuove dipendenze da smartphone e tecnologie varie, la depressione e le diverse tipologie di ansia (funzionale e disfunzionale).
Curioso il caso di Raymond-Millet, regista visionario, che nel 1947 realizza un lungometraggio educativo dal titolo Télévision: Oeil de Demain (Televisione: occhio del domani). Si tratta di una pellicola in bianco e nero, in cui si ipotizza linvenzione di una apparecchiatura avanguardistica, una sorta di televisione portatile antesignana del contemporaneo smartphone, la quale infine prende il sopravvento sulle vite degli uomini. Le sequenze mostrano linconscia dipendenza che le persone sviluppano nei confronti di tale oggetto, rendendolo perennemente presente nella propria quotidianità, quasi fosse unestensione del proprio essere: si vedono allora individui sui tram, intenti non più a guardare il mondo fuori dal finestrino, bensì con lo sguardo fisso sul monitor, altri si presentano ad un appuntamento romantico, ma dopo solo alcune parole di cortesia, spengono il proprio interesse verso laltro e si concentrano a fissare il loro apparecchio, e così in tutti i momenti della vita abituale. Vi ricorda qualcosa?
Daltronde non è questa lunica volta in cui la Fantascienza si fa portavoce provocatoria di una qualche situazione da monitorare, e non è questo lunico monito a cui non abbiamo prestato attenzione.
Oggi lo smartphone ci risucchia nel suo vortice social, ci rapisce verso questi ambienti virtuali in cui vige una sempiterna felicità idilliaca, accompagnata dai filtri di bellezza, tramonti mozzafiato, assenza totale di problematiche, noia e tempi morti.
E se invece la direzione relazionale fosse sbagliata? Se non fosse il cellulare ad assorbirci ma fossimo noi a volerci far inghiottire da questo fittizio turbinio? Perché, diciamocelo pure, è più facile guardare un video su Tick-Tock anziché leggere un libro, è meno dispendioso scegliere un giochino sul cellulare anziché utilizzare la playstation, ed è meno faticoso guardare le storie su Instagram, anziché mandare un messaggio o -addirittura- chiamare una persona per sapere come sta.
Lo smartphone forse è solo la scusa che abbiamo trovato per riempire i vuoti. Quei vuoti così necessari, perché servono a pensare, a ricaricarsi, a capire, essenziali persino per comprendere la noia. Quei vuoti che ci insegnano come si gestisce un sentimento, bello o brutto che sia, in cui sperimentiamo la mancanza, la lontananza, lirrequietezza, le aspettative, quei vuoti in cui possiamo immaginarci il futuro e possiamo spaventarci degli obbiettivi che vorremmo perseguire, perché talvolta tutto sembra così difficile e inarrivabile. Quei vuoti dove c’è la vita vera.
Secondo tale riflessione, lo smartphone risulta leffettivo colpevoledellalienazione dellindividuo contemporaneo, in quanto portale diretto verso unesistenza virtuale ed alternativa che si sovrappone a quella concreta, un mondo non tangibile ma non meno pericoloso, figlio del consumismo estremo, delle mode dispotiche, della frenesia del successo ad ogni costo.
In questo senso è necessario prestare molta attenzione alloggetto-smartphone,  figlio prediletto della società che Zygmunt Bauman, con occhio critico, acuto e lapidario denomina come liquida, termine a cui si collega il significato di perdita del senso del tempo, ciò che piùcaratterizza questo momento storico. Lo studioso polacco sottolinea come il diffondersi delletica delladesso e della cultura della fretta abbiano comportato una trasmutazione dei voleri autoritari e unitari, mettendo così in dubbio le dimensioni costitutive più intime della personalità e del comportamento umano, quali le aspirazioni per il futuro e la capacità di costruirsi nel tempo, in quanto soggetti capaci di pensiero critico, dotati di principi di autoregolazione, capaci di creare rapporti intimi soddisfacenti e gratificanti, da cui per altro scaturiscono sentimenti portatori di un serio equilibrio emotivo, la cui importanza non è affatto da sottovalutare.
Bauman osserva inoltre che, se fino a pochi anni fa tale problematica riguardava solo la vita dei più giovani, adesso anche gli adulti sono stati assorbiti dallaffanno di un perpetuo presente e da un costante istantaneo.
Egli individua come fonte di colpevolezza la società dei consumi, fattasi ancora più immediata, repentina ed individuale, stile di vita che saccompagna ad una costante paura collettiva di rimanere indietro in un contesto totalmente indirizzato verso il progresso e la produzione. Oltre al riferimento alla traditio filosofica Shopenhaueriana dellimpossibilità della soddisfazione dei desideri, il sociologo richiama lattenzione su come ormai lunità minima della moderna società sia lindividuo e non più il nucleo familiare; non meno determinanti  sono le sue osservazioni sugli scarti, non solo intesi come prodotti ma osservabili in individui incapaci di partecipare al gioco sociale, poiché non portatori di profitti consoni alla societàconsumistica, come gli sfollati o gli immigrati.
In questa società a sciame dapi -riprendendo una metafora baumeriana- assai diversa dalla società di massa del secolo scorso,priva di un leader, senza gerarchie, incentrata sul consumo individuale, lo stesso studioso sottolinea limportanza della centralitàdelleducazione.

 


In primo luogo, egli sostiene, è necessaria una stretta collaborazione tra sociologia e pedagogia, volta a portare avanti unosservazione critica e unazione orientata ad un rinnovato approccio al sapere, adeguato alla pluralità delle conoscenze che sta alla base della globalizzazione. Risulta poi essenziale una specifica azione pedagogica che abbia lo scopo di ristabilire il senso critico di discernimento tra gli individui che hanno perduto la propria identità.
Leducazione richiesta è quindi di tipo etico, costruita sullo studio delle discipline sociali.
Solo attraverso una giusta formazione potremo aprirci verso il diverso, evitando e sconfiggendo la solitudine collettiva del nostro tempo, attraverso la dilatazione dei limiti dellindividualismo egoistico e il rifiuto di quello spazio privato ormai in mano alleconomia consumistica.
Anche la scuola liquida non può sottrarsi alla sfida.
Listituzione scolastica, secondo Bauman deve fronteggiare le leggi di mercato attraverso la libertà, non deve mostrarsi nostalgica verso anacronismi che impongono un impianto prescrittivo alle materie o un disciplinamento degli scolari secondo dei modelli che per altro sono stati completamente spazzati via dalla liquidità. La scuola deve finalmente poter essere il luogo di formazione della capacità critica dei cittadini e della loro pretesa di libertà”.
Difficile trovare una chiusa allaltezza delle parole del sociologo.

ALESSIA CAGNOTTO