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Il burnout. Esaurimento delle energie e stress da lavoro

LOMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2019 lo ha definito una sindrome inserendolo ufficialmente nella lista delle malattie:

l’ICD-11 (“International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems”) che entrerà in vigore dal 2022. Il Burnout è un fenomeno molto serio legato alla sfera lavorativa caratterizzato da ansia, stress, perdita di motivazione, mancanza di energia, una profonda stanchezza e nei casi più gravi fobie specifiche e disturbi dell’umore che possono portare al totale distaccomentale  dalla propria attività professionale e ad una conseguente carenza di efficienza.

In epoca attuale il rendimento, la competizione e risultati professionali sono determinanti, siamo costantemente sotto pressione, alla ricerca della produttività e della perfezione mentre  il tempo da dedicare a noi stessi è molto ridimensionato, se non addirittura inesistente.  

Nel Burnout l’esaurimento fisico è il primo sintomo ad insorgere in risposta ad una situazione lavorativa non più sostenibile. Ci si sente consumati, svuotati ed incapaci di trovare energie ed affrontare sfide e nuovi obiettivi. Alla questione fisica si aggiunge, poi, una forte apatia emotiva, l’allontanamento  dall’attività    ma anche da tutti quei valori e ideali che accompagnano l’impegno professionale. Il cedimento fisico e l’intorpidimento dell’interesse portano ad una ridotta efficienzanell’espletamento dei compiti previsti dal proprio ruololavorativo e questo, a sua volta, può causare un senso di inadeguatezza che spegne l autostima.

Perché si arriva a questa condizione di elevato stress lavorativo?

Come accennato stiamo sperimentando condizioni di lavoro “disumane” che ci mettono continuamente in gara con noi stessi e con gli altri; il nostro valore come persone viene troppo spesso definito attraverso i risultati professionali e il successo, così come viene concepito attualmente ovvero attraverso una dimensione puramente materiale. Tutto deve essere vissuto secondo schemi predeterminati di innaturale esemplarità, mentre l’aspetto spirituale della nostra esistenza così come quello creativo è sempre meno considerato macinicamente sostituito dalla tecnica e da ritmi impersonali che puntano solo all’efficienza.

Il Burnout può colpire qualsiasi categoria lavorativa mace ne sono alcune più a rischio come le cosiddette le “professioni d’aiuto” per esempio gli insegnati, i medici, gli operatori sociali, le forze dell’ordine, i pompieri, gli psicologi e psicoterapeuti. In alcune di queste attività, al sovraccarico di lavoro e di responsabilità, si aggiunge lo scarso controllo sulle situazioni e sulle condizioni di lavoro e la scarsa remunerazione.

Uscirne è complicato ma possibile, venirne fuori necessita di una riorganizzazione dello stile di vita e un riordino della scala delle priorità. E’ necessario prendere consapevolezza di quanto il nostro benessere debba dipendere dal nostro interno e non dall’esterno, del fatto che non siamo quello che produciamo e che il nostro valore non è legato unicamente ai nostri risultati professionali e al denaro che siamo capaci di guadagnare. Fare troppo arrivando ai limiti della sopportazione non farà di noi degli individui migliori ma, al contrario, ci porterà sulla riva dell’ esaurimento fisico e mentale e questo può avere gravi conseguenzesulla nostra salute. E’ necessario riprendersi i propri spazi e il proprio tempo , riconquistare quei momenti fondamentali per alimentare la sfera spirituale e creativa.Cosa vuol dire concretamente? Vuol dire dare valore alla nostra vita praticando attività che ci piacciono, dedicaretempo alle nostre passioni, stare a contatto con la natura e con le persone a cui teniamo e che ci fanno stare bene. E’ necessario ricaricarci di energia positiva, assecondando i nostri bisogni, accettando i nostri limiti come esseri umani e soprattutto non ricercando quella perfezione che nella realtà non può esistere. Se le condizioni lo richiedono è essenziale l’ aiuto e il supporto di uno specialista per imparare ad affrontare lo stress sul posto di lavoro ma anche per apprendere l’autoaccettazione e riprogrammare l’autostima in base a valori sani e aderenti ad una realtà che ci vuole sereni e non impeccabili e altamente performanti.

Maria La Barbera 

“Non c’è disabilità senza sguardo sulla disabilità”

Sala Trasparenza – Grattacielo Regione Piemonte / L’Associazione Nuova Generazione per il Bene Comune WeGlad in collaborazione con la CPD – Consulta per le Persone in Difficoltà grazie al bando per il “Sostegno a progetti di rilevanza locale promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni del Terzo Settore” della Regione Piemonte e al coinvolgimento dell’Assessorato alla Famiglia, Bambini, Casa, Benessere Animale, Pari Opportunità, Personale e Affari legali, ha varato il progetto “Non c’è disabilità senza sguardo sulla disabilità”.

Si tratta di un passo storico per tutta la pubblica amministrazione e in particolare per la Regione Piemonte che, tra le prime in Italia, sposando questa iniziativa, ha preso una decisione importante: d’ora in avanti tutti i propri dirigenti e posizioni organizzative dovranno conoscere quale sia il giusto approccio, in ogni atto tecnico, linguistico, giuridico o semplicemente umano, da osservare rispetto a tutte le tematiche inerenti al mondo della disabilità.

Nello specifico “Non c’è disabilità senza sguardo sulla disabilità” si propone una serie di obiettivi, in primo luogo quello di creare una maggiore consapevolezza e formare dipendenti ed eventualmente amministratori pubblici sull’importanza dell’accessibilità, ma anche sulle terminologie più appropriate e simbolo del primo segnale dell’attenzione nei confronti delle persone con disabilità. In più attraverso questo percorso si intende soprattutto sensibilizzare le nuove generazioni, anche sul valore del gesto del singolo, che mediante la tecnologia può fornire un aiuto fondamentale alla propria comunità.

L’altro macro-obiettivo è quello di creare una mappatura che ingaggerà tutti i dipendenti della Regione Piemonte grazie anche alla promozione di un testimonial d’eccezione come Luca Argentero, rappresentante di 1 Caffè Onlus, i quali saranno chiamati a mappare tutte le barriere architettoniche che riscontreranno nel loro percorso casa-lavoro entro due mesi a partire dal 1 marzo 2024.

L’azione si svilupperà attraverso lo strumento del Mappathon, una challenge realizzata con l’app WeGlad, in cui i migliori “mappatori” saranno premiati a giugno presso la sede di 1 Caffè Onlus al Villino Caprifoglio. In questo modo sarà possibile per esempio realizzare una fotografia istantanea relativa all’accessibilità delle strade, identificando tutte le barriere architettoniche presenti come buche, gradini, terreni sconnessi, passaggi stretti, scale, etc. che pregiudicano la mobilità alle persone con difficoltà motorie.  Oltre a questi spazi urbani, la mappatura riguarderà i luoghi pubblici o aperti al pubblico e i locali attualmente non censiti, ma di primaria necessità per la propria autonomia, in modo da conoscere se un locale può o meno accogliere una persona.

La fascia dei beneficiari di queste attività in realtà è molto ampia, perché oltre alle persone con disabilità comprende anche tutte le persone con difficoltà di deambulazione, in particolare anziani, fino ai genitori con passeggini, per cui l’impatto sociale di questo nuovo paradigma va ben oltre le tipiche categorie protette.

Infatti, al di là delle sue finalità immediate, l’iniziativa ideata dal gruppo di associazioni del Terzo Settore vuole attuare un vero cambio culturale in cui la disabilità non sia un tema di cui si occupino solo specialisti del settore e associazioni di persone con disabilità, ma diventi un pensiero di tutti e sia trasversale ad ogni politica di sviluppo.

Da questo punto di vista la Regione Piemonte si sta impegnando a svolgere un ruolo attivo in questo processo di trasformazione, essendo un ente erogatore di contributi e promotore di tante iniziative distribuite su tutti i settori della vita comunitaria (interventi architettonici, culturali, trasporto etc.) e attraverso le proprie scelte può fare davvero la differenza sulle nuove politiche di sviluppo del contesto.

 

Al termine della conferenza stampa tutti i presenti sono stati invitati a sperimentare l’app WeGlad, spostandosi all’esterno del Grattacielo per partecipare a un percorso guidato di mappatura ed avere una dimostrazione delle potenzialità di questa innovazione tecnologica.

 

Spesso si sente parlare di cittadinanza attiva – spiega l’assessore regionale alla Famiglia e al Personale, Chiara Caucino – In questo caso siamo di fronte a un progetto rivoluzionario che definirei di “cittadinanza proattiva”, perché la mappatura rappresenta davvero quella virtuosa collaborazione fra cittadini (in questo caso i dipendenti della Regione) e Enti pubblici per migliorare il proprio territorio, la propria città, la vita delle persone. Perché – prosegue Caucino – in troppi danno per scontato che l’abbattimento delle barriere architettoniche sia un problema quasi del tutto risolto, ma purtroppo così non è: nonostante i grandi sforzi fatti in questi ultimi anni infatti sono ancora parecchi gli ostacoli – spesso nascosti – che possono ostacolare le persone con disabilità. Da qui l’idea di raccogliere le segnalazioni direttamente da chi si imbatte in questi ostacoli nella vita di tutti i giorni, per poter analizzare ogni situazione e, nel caso, agire tempestivamente. Una sinergia, forse unica, che può diventare un vero e proprio modello. Senza dimenticare – conclude Caucino – la formazione, che verrà impartita ai nostri dirigenti e alle nostre “posizioni organizzative” per aumentare la sensibilità su un fenomeno di cui si parla molto ma che in realtà pochi conoscono davvero a fondo“.

 

Come Associazione Nuova Generazione per il Bene Comune – dichiara il presidente dell’Associazione, Andrea Ferraris – vogliamo ribadire, con questo progetto, l’importanza di un approccio inclusivo e sensibile alle sfide delle persone con disabilità. Il metodo formativo previsto dal progetto mira a fornire alla pubblica amministrazione strumenti pratici e conoscenze specializzate, per affrontare le sfide legate alla gestione delle diverse esigenze e realtà delle persone con disabilità, contribuendo così a migliorare i servizi offerti“.

 

La nostra tecnologia – dichiara il founder & CEO WeGlad, Petru Capatina – può accelerare esponenzialmente la trasparenza dell’accessibilità. Questo è un segnale. Pubblico, privato e terzo settore insieme, per un obiettivo di ordine superiore, è raro e promettente. Apprezziamo la lungimiranza collaborativa della Regione Piemonte nell’adozione di WeGlad e del Mappathon come strumento. Auspichiamo che potrà essere d’esempio per altre Regioni.”

 

Chi non si informa, si ferma – dichiara il direttore della CPD, Giovanni Ferrero – Nel settore della disabilità è importante andare avanti per alzare il livello culturale di tutti i cittadini, in primis di chi si occupa della produzione di atti amministrativi che andranno a regolare i diversi ambiti della nostra società. Nel caso del progetto adottato dalla Regione Piemonte, i dirigenti e le posizioni organizzative svolgeranno una formazione specifica sui temi della disabilità mentre tutti i dipendenti regionali saranno invitati a compiere una mappatura che rappresenterà un’occasione unica per capire meglio i problemi e le possibili soluzioni che bisogna attivare per far vivere una vita migliore alle persone con disabilità. Si tratta di un passo fondamentale e la Regione Piemonte, che si pone tra le prime in Italia a mettere in atto un’azione verticale di questo genere, merita un plauso per aver voluto coinvolgere tutti i suoi organi interni in un percorso di crescita professionale di forte impatto sociale“.

Uncem, Valchiusella protagonista con “Dementia Friendly Community”

 È LA NUOVA “ECONOMIA DELLA VITA” CHE PASSA DALLE COMUNITA’

Si chiama “economia della vita“, nuovo filone scientifico, e la Valchiusella, con i Comuni e l’Unione montana, ne è già protagonista. Prima in Italia, con la “Dementia Friendly Community” che guarda alle fragilità e agli anziani, ma anche con la Strategia nazionale per le Aree interne e la Strategia per le Green Community. Insieme, tre iniziative strategiche (non elenchi della spesa e tantomeno “buone pratica”) collegate e volte a formare capitale umano che valorizzi il grande capitale sociale, naturale, valoriale ed economico di questo pezzo di Canavese. Ivrea e l’intero territorio canavesano devono costruire nuovi processi con la Valchiusella, che a sua volta deve rafforzare l’Unione e la coesione amministrativa come sta avvenendo grazie al Piano di Sviluppo sociale ed economico in costruzione, grazie anche alla professionalità dell’economista Giampiero Lupatelli.

Della nuova economia che trasforma il territorio, e dei nuovi rapporti sociali che cambiano la società affrontando crisi demografica ed economica, sociale ed ecologica, si è parlato stamani alle Officine H, secondo giorno di convegno con altre Dementia Friendly Community italiane, fortemente voluto da Diego Targhetta, con il polo formativo di Scienze infermieristiche dell’Università di Torino. Proprio l’infermiere di comunità, insieme alle Società di Mutuo Soccorso e alle Associazioni del Terzo settore, così vive e vivaci in Valchiusella, fanno la differenza. Ponendo il territorio montano eporediese in primo piano nel Paese. “Ora però Rivarolo, Ivrea, tutte le valli devono collegarsi a questo progetto di attenzione alle fragilità – ha affermato oggi a Ivrea il Presidente nazionale Marco Bussone – Questa Community non è solo della Valchiusella, ma deve vedere tutto il Canavese unirsi. Si faccia bene e credendoci tutti. È un appello anche per unire quanto della montagna si muove, bene, con quello che è il territorio urbano in cerca di destino. L’Unione montana della Valchiusella spinta da Diego Targhetta e diverse Associazioni, oltre che dalle SOMS, dice che la comunità c’è. Viva e dinamica”.

A Chieri “Parole e affettività – In dialogo con i bambini”

Al via gli incontri nelle scuole primarie del territorio rivolti agli insegnanti e ai genitori

 

Da giovedì 22 febbraio, ore 18

Chieri (Torino)

Di fronte ai perseveranti episodi di “microcriminalità” di cui le cronache ci trasmettono allarmanti notizie quasi a cadenza quotidiana e con il coinvolgimento di ragazzi, molti anche minorenni, riuniti in quelle forme associative ormai note con il triste appellativo di “baby gang”, sempre più (e giustamente) ci si interroga sul ruolo, sui comportamenti che, in ambito sociale, debbono tenere le nostre due principali “agenzie educative”: le famiglie e la scuola. Cosa fare? Spesso anche per loro c’è bisogno di aiuto. Non sempre genitori e insegnanti riescono, da soli, a mettere in atto comportamenti utili ad evitare che i nostri ragazzi possano cadere nella trappola (difficile uscirne!) dell’illegalità. Tanto se ne parla. Ma in concreto quanto realmente ci si impegna a fare? Una risposta, più che concreta ed impegnativa nonché altamente lodevole, viene dal Comune di Chieri, che in questi mesi ha messo in piedi un vero e proprio corso di “educazione all’affettività” (alla “giusta” affettività) rivolto a genitori, insegnanti e a tutte le tredici classi quinte delle scuole primarie dei tre “Istituti Comprensivi” del territorio.

Il corso è realizzato dalla cooperativa “Lunetica”, in collaborazione con lo “Studio Torinese di Psicologia Cognitiva” e il sostegno del “Comune di Chieri”. Il primo appuntamento è in programma giovedì 22 febbraio, alle ore 18, presso la “Biblioteca Civica” di via Vittorio Emanuele II, 1 ed è aperto a tutta la cittadinanza. Interverrà la dottoressa Giulia Franco (psicologa e psicoterapeuta).

 “I fatti di cronaca degli ultimi mesi – dichiara Antonella Giordano, assessore chierese all’Istruzione – in cui sono stati i minori a commettere violenza rendono urgenti interventi preventivi ed educativi nel contesto scolastico, coinvolgendo anche docenti e famiglie. La realtà quotidiana mette in evidenza le difficoltà dei bambini e dei ragazzi nello stabilire tra loro e con gli adulti modalità relazionali soddisfacenti e sicure. Molti sono i fattori che incidono su una loro maggiore fragilità e vulnerabilità ed è per questo che risulta fondamentale offrire percorsi di educazione all’affettività sin dalla scuola primaria e rafforzare la rete che può fungere da sostegno per i giovani”. In concreto, saranno attivati “laboratori didattici” condotti da esperti di psicologia ed educazione, all’interno dei quali si affronteranno il tema delle emozioni e della loro espressione, la percezione del corpo e i concetti di empatia, relazione, confini e consenso, nonché (importantissimo!) i rischi che si corrono on line e come difendere la privacy, come parlare di affettività e sessualità con bambine e bambini all’interno del contesto familiare. Parallelamente agli incontri laboratoriali sarà garantito un confronto costante con insegnanti e famiglie.

Entusiasti del progetto i dirigenti degli “Istituti Comprensivi” coinvolti: Dario Portale (IC Chieri 1), Emanuela Smeriglio (IC Chieri 4) e Bruno Montaleone (IC Chieri 3). Sottolinea quest’ultimo: “Già da anni la scuola investe su progettualità inerenti alla tematica, ma la proposta unitaria estesa al territorio, proposta dal Comune, rimarca l’importanza cruciale nello sviluppo emotivo sociale e psicologico dei ragazzi. Gli studenti avranno un aiuto per comprendere e gestire le proprie emozioni per affrontare le sfide della vita quotidiana in modo costruttivo. Verranno guidati a costruire relazioni interpersonali positive promuovendo la consapevolezza di sé e degli altri. Un lavoro mirato potrà contribuire a prevenire episodi di bullismo, violenza domestica e altri comportamenti dannosi”.

Giovedì prossimo 22 febbraio, si parte. Con entusiasmo e tanta voglia di fare. L’augurio è che l’esempio di Chieri faccia da apripista ad altri Comuni, ancora non sufficientemente coinvolti nel problema del “disagio minorile”.

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Istituto Comprensivo Primaria (IC 1), “Nostra Signora della Scala”

–       Antonella Giordano

–       Istituto Comprensivo Primaria (IC 3), via Bonello

All’Archivio di Stato la mostra dedicata a Edoardo Sanguineti e al suo rapporto con Torino

Alle sezioni riunite dell’Archivio di Stato, in via Piave 21,

La mostra, a ingresso gratuito,  sarà aperta fino al 30 aprile 2024 e attingerà ai fondi del Centro Studi interuniversitario Edoardo Sanguineti, con i quali interagiscono alcune schede lessicografiche selezionate provenienti dal fondo esempi letterari (scarti e giunte) del grande dizionario della lingua italiana, al quale Sanguineti partecipò grazie alla fondamentale mediazione dell’amico Tullio de Mauro in veste di direttore di Supplementi.

Sarà anche possibile ammirare per la prima volta due recentissimi ritrovamenti, che risalgono agli albori della carriera di Sanguineti poeta, il manoscritto di Composizione, la raccolta sottoposta nel febbraio 1950 a Cesare Pavese, che la rifiutò, due redazioni di Laszo Varga e il manoscritto finale di labirinto, la fondamentale opera di esordio di Sanguineti, nella redazione il cui titolo era ancora Laberintus

La mostra fa parte della rassegna intitolata “Edoardo Sanguineti nella città “cruciverba””, ideata dal centro studi interuniversitario Edoardo Sanguineti in collaborazione con UniVerso, l’osservatorio permanente sulla contemporaneità dell’Universitàdi Torino, Archivio di Stato di Torino, Accademia delle Scienze di Torino,  infini.to- planetario di Torino e Museo dell’astronomia e dello spazio Attilio Ferrari, Dipartimento di scienze della vita e biologia dei sistemi, Dipartimento di studi umanistici  e StudiumLab, che vanta il prestigioso patrocinio di istituzioni culturali nazionali  quali l’Accademia della Crusca e l’Accademia Toscana di Scienze e Lettere la Colombaria, della Gam, Galleria d’arte moderna di Torino e di Rai Teche.

Il programma è stato inaugurato il 27 novembre scorso e include una mostra e cinque momenti di convegno, articolati in un percorso significativo per i luoghi e gli enti coinvolti, che guarda ai diversi interessi di Sanguineti in un itinerario alla scoperta delle spinte creative dell’autore e delle molteplici relazioni interdisciplinari che conducono ad un’incessante rideterminazione semantica di materiali ed oggetti.

Sanguineti definì la parola “fabbrica del mondo” e proprio la parola rappresenta il fil rouge della rassegna, che esplora gli interessi lessicografici del poeta, strettamente connessi alla città di Torino, da lui definita “città cruciverba” con tutte le caselle bene a posto, secondo uno schema assolutamente geometrico e con tutte le definizioni  a posto”. Una definizione che guardava anche al suo ruolo di ‘lessicomane’. Nel capoluogo piemontese, infatti, Sanguineti collaborò ai progetti di due dizionari, il grande dizionario della lingua italiana (GDLI Battaglia) e il Grande Dizionario italiano dell’uso (GDU, De Mauro).

 

Mara Martellotta

“IAAD. Design Workshop” A Torino, 150 studenti si confrontano

Sei workshop, sei “sfide” per progettare il futuro: “IAAD. Un linguaggio senza confini”

Dal 19 al 24 febbraio

“Gli ‘IAAD. Design Workshop’ sono riflessioni che si trasformano in progetti. Idee che diventano soluzioni”.

Con questa suggestiva presentazione si apre la XIV edizione degli “IAAD. Design Workshop” progettata da “IAAD.Torino”, in collaborazione con “Itinerari Paralleli”“impresa sociale che accompagna nell’ideazione, progettazione e realizzazione di contenuti culturali e azioni di innovazione sociale, aggregando competenze complementari con una forte visione etica in comune”.

Titolo “Design. A dialogue without boundaries”, la nuova edizione si aprirà lunedì 19 febbraio alle 11,30, presso l’Impresa Sociale – Teatro “Q77” (corso Brescia 77, Torino) e vedrà il contributo di “World Design Organization” (“WDO” di Montreal – Canada)) con gli interventi di Thomas Garvey, WDO President, Lilian González, Industrial Designer e Board advisor WDO e del designer Matteo Ragni.

Da lunedì 19 a sabato 24 febbraio, 150 studenti “IAAD.” e delegazioni provenienti da college europei “AD Education” e dai partner italiani “Accademia Italiana” (Firenze e Roma), “Scuola Holden” (Torino), “SAE Institute” (Milano), si confronteranno per immaginare “nuove opportunità e soluzioni” per risolvere le attuali “divisioni fisiche, culturali, tecnologiche, sociali”.

Ogni team sarà composto da un “project leader” (un professionista vicino alla tematica affrontata dal workshop), uno o più assistenti e studenti dei diversi dipartimenti “IAAD.” e delle delegazioni ospiti. Caratteristica del team di lavoro è la trasversalità di competenze rappresentate”, per promuovere il confronto con background culturali, sociologici e accademici diversi sul tema del confine “Design. A dialogue without boundaries”.

Ospiti della conferenza inaugurale: Lilián González  (designer industriale, coordinatrice accademica all’“Università Anahuac” del Messico, nonché membro del comitato editoriale della rivista “Worldesign” di “Domus” e consigliere del “Don Norman Design Award”) insieme al milanese Matteo Ragni , che dal 1994 progetta e si occupa di design negli ambiti più diversi dell’industria e dell’artigianato, con un interesse che si focalizza sempre di più sulla progettazione volta ad unire “funzione” e “innovazione tipologica”. Ragni é stato, inoltre, uno dei più giovani vincitori del “Compasso d’Oro” a 29 anni, nel 2001, con la posata usa e getta “Moscardino”, disegnata insieme a Giulio Iacchetti. Nel 2014 ha ricevuto il secondo “Compasso d’Oro”, sempre con Giulio Iacchetti, per il design di una serie di tombini per “Montini Spa”, azienda specializzata in chiusini e griglie stradali, con sede a Roncadelle (Brescia). Lavori, che di volta in volta “sottolineano un approccio eclettico e discreto, sempre alla ricerca dell’ironia e del gesto progettuale riflessivo e pulito”.

Alla guida dei sei workshop“MinD Mad in Design”, l’associazione che dal 2014 opera in risposta a situazioni di disagio ed emarginazione nell’ambito della fragilità mentale; Elia Pellegrino, musicista, ha suonato nel “Pugile” (band torinese) per diversi anni e portato avanti il progetto solista “AKE”; Jacopo Gottlieb , esperto nella creazione di esperienze di “realtà virtuale” nel campo della divulgazione scientifica; Dario Oliverodesigner multidisciplinare appassionato di “car design”, vincitore del “Red Dot Design Award”Alessandro Argenio, direttore nel Master in “Transportation Design” all’“Umeå Institute of Design” (Svezia); Alberto Piazzalunga, “designer multidisciplinare” che lavora su progetti di impatto sociale; Enrico Tarò , designer, operatore culturale e ricercatore indipendente interessato in particolare “allo sviluppo di nuove forme di collettività e di partecipazione attraverso linguaggi artistici e culturali”.

Per infowww.iaad.it

g.m.

Il giornalismo militante

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo 


Il giornalismo militante è sempre esistito. O meglio, il giornalismo politico militante è sempre
esistito nel nostro paese. Anche perchè, tema molto antico ma sempre attuale, non esiste un
giornalismo asettico e senza opinioni. Ma, al di là di questa considerazione sufficientemente
scontata, quando il giornalismo – soprattutto quello televisivo – assume i tratti strutturali e
consolidati della militanza politica si sconfina inesorabilmente nel settarismo e nella faziosità che
non giovano neanche alla qualità e alla autorevolezza del giornalismo stesso. Come ovvio, non si
sfiora neanche il tema della imparzialità e della oggettività della notizia perchè, nel caso specifico,
il “pregiudizio” precede e annulla qualsiasi altra riflessione. Se nella carta stampata, di norma e
salvo rarissime eccezioni, si risponde unicamente agli interessi e ai voleri dell’editore, cioè del
“padrone” della testata, è nell’attuale giornalismo televisivo che questa faziosità settaria emerge in
modo persin troppo sfacciato. Un esempio tra i molti? Semplicemente basta sfogliare la
margherita. Vuoi ascoltare l’attacco frontale quotidiano e senza scrupoli al centro destra e
soprattutto alla premier Meloni? È sufficiente sintonizzarsi sulla trasmissione della Gruber e il
piatto è servito. Ti vuoi divertire con gli approfondimenti a senso unico indirizzati contro tutto ciò
che non profuma di sinistra o di populismo grillino? Ti ascolti i programmi di Floris e di Formigli. E
gli esempi potrebbero proseguire sulle reti Mediaset dove alcune trasmissioni sono persin
imbarazzanti perchè semplici bollettini di propaganda.

Dopodichè esiste un giornalismo di qualità e realmente imparziale, almeno nella conduzione dei
programmi di approfondimento e di dibattito. Un esempio fra tutti? La rubrica quotidiana di
Bianca Berlinguer e lo stesso suo programma di approfondimento serale come, per fare un altro
esempio, l’appuntamento quotidiano di Andrea Pancani o la stessa Tagadà condotta da Tiziana
Panella. Appunto, non centra l’emittente televisiva ma la modalità concreta che caratterizza la
conduzione e la guida della singola trasmissione di approfondimento politico e giornalistico.
Perchè, e lo ripeto, quando sai con largo anticipo che guardando quella trasmissione assisti ad un
attacco frontale ad una parte politica e ad una difesa sperticata della controparte, si creano anche
le condizioni per un pubblico di tifosi o da curva sud. Certo, la fidelizzazione di un pezzo di
opinione pubblica è un aspetto da non trascurare affatto ai fini della tenuta dello share da un lato
e, di conseguenza, degli incassi pubblicitari dall’altro di quella singola trasmissione. Ma il tutto,
purtroppo, avviene anche a detrimento della qualità dell’informazione. Perchè, e molto
semplicemente, si sostituisce l’appartenenza politica netta e definita a qualsiasi altra
considerazione e valutazione.

Ecco perchè, e nel pieno rispetto del giornalismo militante e politicamente schierato e netto come
ad esempio Report o altre trasmissioni, un sano e trasparente giornalismo di inchiesta e un buon
giornalismo di informazione, continuano ad essere fari decisivi che contribuiscono ad illuminare
ciò che capita nel paese e nel mondo e, dall’altro, a ridare qualità e credibilità alla stessa
democrazia italiana.

“Turismo accessibile” nel Pinerolese

Per dire “no” a qualsiasi forma di “barriera”, la prossima primavera porta due nuovi itinerari turistici pensati ad hoc 

Pinerolo (Torino)

Turismo per tutti. Parola d’ordine: ovviare a tutte le “barriere”, architettoniche e sensoriali, ma soprattutto culturali, per permettere anche alle persone “con disabilità” di avvicinarsi alle bellezze e ai piaceri di una qualsiasi visita turistica condotta insieme a persone normodotate. Il principio è sicuramente lodevole. E su questo ha ragionato il “Consorzio Turistico Pinerolese e Valli”, progettando in tema di accoglienza turistica, a partire dalla prossima primavera,  due nuovissimi itinerari nel segno dell’“accessibilità” (l’accesso al turismo è, peraltro, un diritto sacrosanto sancito dalla “Convenzione delle Nazioni Unite”) per permettere a tutti di scoprire un territorio vasto e ancora poco conosciuto, come il Pinerolese. Uno è “Val Germanasca. La valle che unisce”, dedicato alla montagna e all’outdoor.

 

L’altro è l’itinerario “Nobili dimore” che va alla scoperta di luoghi della cultura, come il “Castello di Miradolo”, il “Museo della Cavalleria” di Pinerolo e “Casa Lajolo”, dimora storica settecentesca sita in Piossasco, il cui giardino – il tradizionale “prà giardin”articolato su tre gradoni collegati da gradini di pietra – diventerà banco per un’interessante esperienza sensoriale da dedicare a chi non potrà gustarlo ed osservarlo in altro modo. I due itinerari hanno la caratteristica di essere accessibili a tutti, comprese le persone con disabilità motoria, sensoriale o cognitiva.

“Turismo accessibile – sottolinea la presidente del ‘Consorzio Turistico Pinerolese e Valli’, Rossana Turina – non vuol dire solo strutture prive di barriere architettoniche ma anche un territorio culturalmente aperto che consideri prioritaria la fruibilità da parte di tutti delle proprie risorse come elemento cardine della qualità dell’offerta turistica”.


La proposta “Val Germanasca. La valle che unisce” prevede, in primis, una passeggiata in natura immersi in una stupenda cornice sovrastata da montagne e cime mozzafiato. A condurla sarà una guida escursionistica qualificata. E, a disposizione ci sarà, inoltre, una “jolette”, la speciale “carrozzina mono-ruota” che permette di trasportare in sicurezza persone impossibilitate a camminare lungo i sentieri. La guida presenterà il territorio costruendo una visita “su misura” per tutti i partecipanti e che sarà  anche l’occasione per conoscere un po’ della storia locale valdese e della vita dei valligiani di un tempo su queste montagne. Questa prima proposta porterà anche a conoscere i cosiddetti  “Tumpi”, le piscine naturali delle valli pinerolesi che si formano lungo il corso di un torrente, ideali per una “pausa ristoro” nelle giornate estive e dove i più coraggiosi potranno anche provare il brivido di un’immersione. Il pacchetto permette anche di soggiornare a Prali o a Massello in “strutture alberghiere” attrezzate, con colazione a base di prodotti del territorio e invitante cena tipica. Completa l’itinerario la visita nella “Caserma Principe Amedeo” (poi intitolata al generale Dardano Fenulli) al “Museo Storico dell’Arma di Cavalleria”, risalente al 1961 – ma la datazione dei reperti conservati inizia dal 1845 – e luogo iconico per Pinerolo, città che ha dato i natali a questo speciale corpo dell’esercito.

Il secondo progetto “Nobili giardini” prevede, invece, per prima cosa, un’“esperienza sensoriale” nel giardino di “Casa Lajolo”. L’obiettivo di questa prima tappa è scoprire e vivere un giardino storico settecentesco “con altri occhi” e risvegliare i cinque sensi tra suoni, piante e alberi secolari da scoprire in punta di dita, profumi e sapori del giardino e dell’orto. “Un momento – si sottolinea – per riappropriarsi del piacere di un’esplorazione ricca, lenta e paziente”. L’itinerario prosegue con la visita del “Castello di Miradolo” a San Secondo di Pinerolo, del suo parco storico (con oltre 70 specie botaniche e più 130 esemplari di camelie tra le varietà più antiche e rare d’Italia) e di Pinerolo, con la visita alle 33 sale del “Museo Storico dell’Arma di Cavalleria”, in grado di far rivivere gli ultimi tre secoli della storia d’Italia.

“L’idea – conclude Rossana Turina – è quella di declinare la ‘sostenibilità’ in tutte le sue forme, dunque con un occhio attento anche all’ambiente, alle tradizioni e al territorio”.

Info: www.turismopinerolese.it.

g.m.

Nelle foto:

–       Jolette sul sentiero di Massello

–       Particolare del “Museo Storico dell’Arma di Cavalleria” a Pinerolo

–       Nel settecentesco Giardino di Casa Lajolo a Piossasco

Un po’ di sano egoismo

Chi di noi vorrebbe un amico (o amica) egoista? L’egoismo, solitamente, viene visto come un difetto non di poco conto, che porta le persone a concentrarsi esclusivamente su sé stesse escludendo gli altri (parenti, amici o colleghi non importa).

Evidente, quindi, come essere egoisti ci possa privare di una parte importante di affetti e di amicizie.

Ma quando è sbagliato non essere assolutamente egoisti, pensare sempre agli altri, ascoltare chiunque abbia un tiramento (parafrasando il grande Guccini)? Pensiamo ai vampiri energetici, che ci succhiano letteralmente l’energia assillandoci con i loro problemi, che in realtà non vogliono risolvere, e che hanno solo bisogno di scaricare le loro ansie, le loro paure o la loro solitudine.

Discorso analogo si può fare per i ladri di tempo, cioè quelle persone che decidono di disporre del nostro tempo come e quando sembra a loro, non curandosi delle nostre necessità, dei nostri bisogni e, soprattutto, senza pensare che non siamo gli interlocutori più titolati.

Come ho scritto nel libro Ventiquattro sfumature di vita, è stato dimostrato che il cervello subisce danni quando sia sottoposto a continue lamentele e che, al contrario, sia in grado di reingegnerizzarsi per riparare i danni subìti, per effetto di quella che viene chiamata neuroplasticità.

Danneggiare noi stessi per dare l’impressione ad altri di ascoltare i loro problemi e, forse, farcene carico non è certamente un comportamento positivo; danneggiamo i nostri neuroni, impediamo a noi stessi di costruire la nostra felicità e perdiamo tempo che potremmo utilizzare per cose molto più importanti.

Come dico spesso è solo questione di abitudine: quando impariamo a rifiutare richieste di soccorso che tali non sono, essendo solo coinvolgimenti in stati d’animo che non possiamo migliorare né curare, ci accorgeremo che non saremo né maleducati né menefreghisti ma eviteremo il coinvolgimento in problematiche che, non aiutando chi si rivolge a noi, mettono noi nella condizione di necessitare aiuto.

Non sto dicendo che se la vicina suona per chiedere aiuto, perché il papà ha avuto un infarto, non la si debba aiutare, anzi: salvare una vita è la cosa più nobile che si possa fare, e per la quale non dobbiamo aspettarci un ringraziamento. Anni fa ero a casa di amici, dopo cena: la vicina suonò alla porta chiedendo aiuto perché il padre aveva in atto un’ischemia cerebrale o qualcosa di analogo. La madre del mio amico andò ad aprire e rispose che non poteva fare nulla, di chiamare l’ambulanza. Ora io dico, se è venuta da te a suonare, forse ha bisogno di aiuto, che uno chiami l’ambulanza mentre lei sta vicino al padre per esempio. Indovinate chi andò dalla vicina? Bravi, non il figlio e neppure lei.

Nella cultura ebraica esiste un precetto che è il Tikkun Olam. Ogni persona, quando andrà via da questo mondo, dovrà lasciarlo un po’ migliore di come l’ha trovato. Questo avviene soprattutto non pensando soltanto a sé stessi ma anche ai bisogni altrui, di chi ci è vicino e di chi, anche a distanza, può avere bisogno di noi, con le modalità adatte.

Io sostengo che le energie di cui dispone ciascuno di noi siano limitate: qualcuno dispone di maggior energia, altri ne posseggono meno ma non possiamo acquistarla su internet o produrla appositamente. Va da sé che, se disperdiamo parte della nostra energia per soccorsi inutili, ne avremo meno per ciò che è realmente importante.

Inoltre, perché curiamo ogni minima affezione che ci occorra e quando possiamo non evitiamo chi realmente danneggia il nostro organismo e la nostra psiche?

Il buonismo che è innato in molti di noi, tipicamente italiano, ci fa sentire in colpa ogni qualvolta disattendiamo le attese di qualcuno, fosse anche un estraneo, perché pensiamo subito alle fiamme dell’inferno, al peccato commesso, quasi mai alla nostra salvezzaderivante proprio dal rifiuto.

Oltretutto, se quella persona periodicamente si rivolge a noi per un problema ogni volta diverso significa che il problema ce l’ha, ma non è quello che ci espone: a meno che sia nostro figlio non abbiamo alcuna colpa della sua incapacità di affrontare e, perché no, prevenire le disgrazie che gli capitano.

Ma, soprattutto, siamo sicuri che i problemi occorsi a quella persona siano della gravità dichiarata? Spesso palesare problemi è una richiesta di aiuto che l’individuo ci manda, non percependo neppure lui con chiarezza quale sia il vero problema, ma percependo che ha bisogno di “qualcuno”, un qualcuno più adatto, ai suoi occhi, degli altri. Perché non consigliargli uno psicoterapeuta che possa inquadrare la situazione ed agire di conseguenza? Perché intanto non suggerirgli una vista dal proprio medico di base per escludere reali patologie?

Sergio Motta

Al Cottolengo Hospice di Chieri «50 domande sulla fede che non hai mai osato fare»

Di Riccardo Maccioni. La presentazione martedì 20 febbraio 2024 alle 17 nella nuova biblioteca dell’Hospice

 

Martedì 20 febbraio 2024 alle ore 17 nella nuova Biblioteca del Cottolengo Hospice di Chieri (TO) – via Cesare Balbo 16 – si terrà la presentazione del libro «50 domande sulla fede che non hai mai osato fare», Effatà editrice, di Riccardo Maccioni, caporedattore del quotidiano Avvenire.

 

Dopo i saluti istituzionali di:

  • Alessandro Sicchiero, Sindaco di Chieri
  • Gian Paolo Zanetta, Direttore Generale del Cottolengo Hospice di Chieri e dell’Ospedale Cottolengo di Torino

 

interverranno:

  • L’autore Riccardo Maccioni
  • Padre Carmine Arice, Padre Generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza

 

Modera Antonella Giordano, Assessora alla Cultura della Città di Chieri.

 

 

Per informazioni: tel. +39 011.9472816.

 

 

Per sostenere il Cottolengo Hospice: https://dona.cottolengo.org/hospice/