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Cimiteri, Tricarico: “Con l’emergenza virus tanti morti in più. Ma ora il picco è alle spalle”

“Tra marzo ed aprile i funerali sono raddoppiati. Il giorno peggiore è stato il 29 marzo con 75 decessi. Nell’anno precedente, la giornata nera era stata il 18 febbraio con 45 morti”

Roberto Tricarico, presidente di Afc Spa, l’azienda che gestisce i servizi cimiteriali: Torino è ancora in emergenza Covid?

Stando ai dati che ogni mattina gli uffici di AFC, la Società che gestisce i servizi cimiteriali della Città di Torino mi forniscono, posso certificare che stiamo tornando alla normalità. Il picco è ormai alle spalle. Purtroppo nel primo semestre dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019, abbiamo avuto 1064 morti in più.

Quando è esplosa l’emergenza Covid-19?

Tra marzo ed aprile i funerali sono raddoppiati. Il giorno peggiore è stato il 29 marzo con 75 decessi. Nell’anno precedente, la giornata nera era stata il 18 febbraio con 45 morti.

In che modo i vostri dipendenti sono stati colpiti dalla crisi?
Nessun dipendente di AFC ha denunciato un contagio da Covid. Non abbiamo fatto ricorso alla cassa integrazione né al fondo di integrazione salariale. Anzi è stato premiato il lavoro straordinario che con umanità e professionalità è stato svolto dagli operatori con 100 euro in più in busta paga per il mese di aprile (oltre a quello previsto dal governo per il mese di marzo). Mi piace ricordare chi tra questi ha filmato l’ultimo saluto che purtroppo per tanti giorni era stato affidato al solo diacono per l’ultima benedizione. Questo ha consentito ai famigliari di poter ricevere almeno un ricordo.

 Vi sono state richieste particolari dai parenti?
I nostri uffici hanno ricevuto molte richieste di poter portare un fiore sulla tomba dei propri cari. Tante volte sono stati i nostri collaboratori a esaudire il loro desiderio. In modo volontario c’è anche chi in azienda con passione si era offerta di stabilire un collegamento fra l’anziano vedovo e la sua amata sepolta da poco, nel giorno del suo compleanno. La nostra funzionaria e la nipote si erano attivate per un contatto video tramite wathsapp.

 In che modo è cambiata la collaborazione con i crematori, i cimiteri, le chiese e gli ospedali?
Il Tempio crematorio di Torino è gestito dalla Socrem che ha esteso gli orari per i funerali. Anche noi abbiamo accolto tutti i funerali e garantito le attività di sepoltura. I diaconi della Diocesi della Città hanno dato la benedizione a tutti i defunti in arrivo che ne avevano fatto richiesta: dal primo all’ultimo funerale. Tutte le pratiche per le Imprese e dagli ospedali ( gli atti di morte ecc.) sono state telematizzate con ritiro del cartaceo in cassetta delle lettere per evitare i contatti. Mentre gli uffici in cui era possibile è stato ridotto il personale e gestito a turnazione, implementando invece l’Ufficio funerali.

Come è cambiata la cerimonia funebre?
Le chiese erano chiuse così come gli altri luoghi di culto (moschee e sinagoga). In accordo con le strutture sanitarie (ASL), gli imam hanno interrotto il lavaggio purificatore che precede la sepoltura negli ospedali e negli obitori.  Sino al 4 maggio i cattolici potevano solo avere una benedizione all’ingresso del cimitero da parte del diacono e al funerale potevano essere presenti al massimo 3 o 4 parenti. Anche il commiato presso il Tempio crematorio era stato sospeso.  Dal 5 maggio invece possono partecipare ai funerali una quindicina di parenti e si possono tenere brevi cerimonie meglio se all’aperto. La Città ha chiesto ad AFC e Socrem di realizzare delle aree all’aperto in cui poter ricordare il defunto prima sella sepoltura (con una poesia, un aneddoto o un brano musicale). Ve ne sono attualmente tre, due al cimitero Monumentale e uno al Parco. Sono dei gazebo con un tavolo e delle sedie, con di fronte degli stalli segnati sulla pavimentazione per gli altri parenti. Oggi invece sono di nuovo celebrate le messe in chiesa e la sala commiato della Socrem è a disposizione di coloro che scelgono la cremazione.

 Che aspetto ha la situazione attuale e come vede il futuro?
Dai dati si può dire che a Torino l’emergenza è alle spalle. Certo ci vorrà ancora cautela, ma le persone dimostrano grande senso di responsabilità. La maggior parte dei contagi è avvenuta negli ospedali e nei centri di Residenza per anziani. Per il futuro sono ottimista. Ieri ho fatto una passeggiata al Parco della Tesoriera che era rimasto chiuso alle visite da due mesi come tutti i parchi. Ho visto anziani,  ragazzini e bambini sorridenti. C’è una consapevolezza nuova di ciò che si ha e si rischia di perdere.  Io che in questo momento mi trovo a gestire un’azienda che accoglie i morti, ho scoperto ancor di più la grandezza della vita.

Le imprevedibili vie della storia: riappare il socialismo

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Molti analisti politici non si sa bene in base a quali considerazioni – la storia non si ripete mai – prevedevano il riproporsi in Italia del fascismo a distanza di cento anni dalla sua nascita. Ed hanno sostenuto questa tesi con vigore, vedendo nel pericolo nero una minaccia alle istituzioni repubblicane . La stessa Commissione Segre venne istituita con lo scopo di arginare questa minaccia.

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Il Coronavirus ha cambiato il corso della politica e non c’è più nessuno che parli del virus fascista. Neppure l’ANPI che si diletta di esibirsi in manifestazioni faziose che snaturano il senso vero di un antifascismo non rituale , non ha continuato a gridare al lupo.
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In conseguenza del virus sembra invece che sia risorto il socialismo . Il Sindaco di Milano si dichiara di estrema sinistra e propone l’ipotesi socialista come panacea di tutti i mali. Romano Prodi (che svendette le proprietà pubbliche ai privati) oggi propone la presenza dello Stato nelle imprese come azionista e quindi controllore. Lo studioso di storia delle dottrine politiche  Pier Paolo Portinaro ritiene che il ruolo del privato vada totalmente ridiscusso, parlando in occasione della festa della “Repubblica al tempo del Coronavirus”.  Anche i Cinquestelle vorrebbero ricondurre la vita  del maggior numero di italiani ad un reddito statale ed assistenzialistico e la politica del Governo Conte, incapace di dare appoggio alle imprese private, sta mettendo le basi per un declassamento sociale ed economico di molti che avevano saputo fare impresa e produrre ricchezza. A questo proposito c’è stato chi assurdamente ha detto che produrre più ricchezza (che sempre genera maggiore benessere) alimenta più povertà. Un paleo – socialismo si sta profilando all’orizzonte. Un pauperismo da decrescita infelice sta crescendo come una sinistra minaccia al nostro futuro. Non sono queste la vie giuste per affrontare la crisi. La ricchezza prima va prodotta o riprodotta e poi eventualmente redistribuita secondo i meriti e non secondo i criteri dell’assistenzialismo. Anche cento anni fa, con la nascita dell’ultimo Governo Giolitti,  entrava in crisi comatosa lo Stato liberale e i socialisti e i comunisti pensavano di ripetere in Italia la rivoluzione bolscevica  del 1917 in Russia. La storia non si ripete mai perché i contesti sono sempre diversi ed essa non è mai un paradigma per il presente. Certo, cent’anni fa lo Stato liberale non resse all’urto di bolscevichi e fascisti. Oggi questo Stato appare uscito non indenne dal disastro del virus al di là delle apparenze. C’è una crescente sfiducia da parte di tanti cittadini. Vorrei denunciare la deriva a sinistra che si sta intravvedendo e che ritengo una minaccia al quel pochissimo di democrazia liberale rimasta. Non sono un liberista senza regole alla Bruno Leoni. Nella polemica che divise Croce ed Einaudi sul liberalismo e sul liberismo mi sarei schierato con Croce che difendeva il primato del liberalismo rispetto al liberismo economico einaudiano. Ma oggi in Italia sono in gioco le fondamenta stesse dello Stato liberale che vanno difese con un’iniezione di liberismo economico , l’unico capace di far riprendere il Paese. L’ipotesi egualitaria e giacobina che sta emergendo, mi fa venire un brivido dietro la schiena  quasi come la pandemia. La giustizia sociale nella libertà, il socialismo liberale di Rosselli e la socialdemocrazia di Saragat sono tutt’altra cosa. Dobbiamo renderci conto che le democrazie illiberali non sono solo quelle di destra ,ma anche quelle di sinistra. La lezione di Tocqueville, di Croce, di Popper lo sta a dimostrare.
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Evelina Christillin, a vita all’Egizio per non averla come sindaco di Torino

Sì, no, forse. La confusione è grande sotto il cielo della modestissima politica torinese. In teoria lo scontro riguarda solo la presidenza del Museo Egizio, attualmente occupata dall’onnipresente Evelina Christillin che è arrivata alla fine del suo secondo mandato.

Lo statuto prevede appunto che non possa esistere un terzo mandato, ma che problema c’è? Si cambia lo statuto e si conserva la poltrona per una delle massime espressioni del Sistema Torino…

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Evelina Christillin, a vita all’Egizio per non averla come sindaco di Torino

Un carcere senza sbarre per mamme detenute con bambini

Anche il Piemonte, su ispirazione di quanto realizzato in Lombardia e nel Lazio, potrebbe ospitare una Casa famiglia protetta per mamme con bambini fino a 10 anni che stanno scontando una pena? È la domanda al centro del confronto che si svolgerà in teleconferenza giovedì 4 giugno a partire dalle 17 sulla piattaforma Webex dell’Università di Torino.

All’incontro, coordinato dai garanti regionali dei detenuti e dell’infanzia Bruno Mellano e Ylenia Serra, intervengono l’assessore regionale alle Politiche della famiglia, dei figli e della casa Chiara Caucino, il sottosegretario di Stato alla Giustizia Andrea Giorgis, la docente di Diritto penitenziario dell’Università di Torino Giulia MantovaniAndrea Tollis della Casa famiglia protetta Ciao di Milano e Lillo Di Mauro della Casa famiglia protetta Colombini di Roma.

La Legge 62/2011 ha introdotto nell’ordinamento penitenziario norme di maggior tutela per le detenute mamme, istituendo in carcere le “Custodie attenuate” (Icam) per le madri ristrette con i figli minori al seguito (per bimbi fino ai 6 anni), e prevedendo la nascita di una rete di Case famiglia protette (per bambini fino a 10 anni) per offrire un’accoglienza in ambiente senza sbarre. A oggi gli Icam in Italia sono cinque, tra cui quella dedicata alla memoria di Maria Grazia Casazza all’interno della Casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, e le Case famiglia protette due, rispettivamente a Milano e a Roma.

Per partecipare e ricevere il link cui collegarsi, occorre inviare richiesta, tramite mail, a garante.detenuti@cr.piemonte.it

Un aiuto alla piccola Olivia, affetta da una malattia rarissima

Simone Aversa (nella foto), coach e presidente della Reale Mutua Torino 81 e la moglie Sara, hanno dato vita all’associazione Help Olly onlus  per aiutare  la figlia Olivia

La bimba, due anni e mezzo, è affetta  da una rarissima malattia, la paraparesi spastica ascendente a esordio infantile. Si tratta di una patologia genetica molto rara che conta appena una trentina di casi al mondo e anche la relativa letteratura medica è limitata. E’ una malattia degenerativa che può  paralizzare muscoli e polmoni. Aversa si accorse tempo fa che la bambina si muoveva con difficoltà e dopo alcune visite mediche ebbe la diagnosi. A quel punto Simone ha deciso di creare l’associazione per sostenere la ricerca attraverso la raccolta di fondi.

Quali passi sono stati compiuti? Innanzitutto Aversa promuove il progetto Seed Grant di Telethon, un bando di ricerca su questa patologia aperto a tutti. Inoltre il Dipartimento di Ingegneria Biomedica del Politecnico di Torino, cercherà di  intervenire  sulla mutazione genetica che causa la patologia, mentre  una ricercatrice di Chicago con la quale sono stati presi contatti sta facendo sperimentazioni per curare la malattia, anche se servono anni.

La piccola Olivia, già seguita dal Regina Margherita,  oggi si muove con il supporto di tutori ed è monitorata  dalla Stella Maris di Pisa. Per aiutare la bambina è possibile versare un contributo alla Help Olly Onlus con un bonifico bancario alla Banca Reale di Torino, IBAN IT24D0313801000000013289426, intestato ad Associazione Help Olly Onlus, C.F. 97855900011. Presto sarà online anche il sito web  dell’associazione: HelpOlly.it 

Era il 2 giugno 1946, l’Italia voltava pagina

Il 2 giugno 1946, ormai più di settant’anni fa, il popolo italiano voltava pagina e, in seguito al referendum istituzionale, poneva fine alla monarchia, scegliendo una forma di governo repubblicano.

La parola chiave fu “referendum, gerundio della parola latina refero che significa riferire, rispondere o registrare. E il popolo italiano, quel giorno, fece registrare la propria volontà consentendo la vittoria dei repubblicani con il 54,3% dei voti contro il 47,7% dei monarchici.

Per la prima volta – se si escludono le amministrative di marzo e aprile del1946, che riguardarono soltanto alcune regioni – in Italia votarono anche le donne. Una conquista arrivata dopo anni di battaglie e molto più tardi rispetto ad altri paesi. Alle urne si recarono tante donne di ogni ceto insieme a  volti noti come Anna Magnani , la famosa “Dama Bianca” – compagna di Fausto Coppi – o le resistenti antifasciste Camilla Ravera e Teresa Noce, due tra le tante donne che fin dai tempi del fascismo si erano battute per la democrazia. Con la fine della monarchia, che aveva guidato l’Italia dal 1861, conducendo la nazione al disastro con il fascismo e la seconda guerra mondiale, si proclamò anche l’esilio dei Savoia. Re Umberto IIlasciò l’Italia dall’aeroporto di Ciampino con un volo diretto in Portogallo. Umberto , ribattezzato il “Re di Maggio” per essersi seduto sul trono per poco più di un mese, dal 9 maggio 1946 fino al 18 giugno, accettò l’esilio e visse il resto della vita  nel distretto di Lisbona, a Cascais, e a Ginevra. Il 2 giugno del 1946 fu un punto di svolta, e al tempo stesso un traguardo storico. Con la Repubblica venne ricomposta l’unità del Paese, che poté intraprendere il lungo cammino verso la rinascita dalle macerie lasciate dalla dittatura e dalle atrocità della guerra. Parallelamente alla nascita della Repubblica venne eletta l’Assemblea Costituente che, a sua volta, elesse Enrico De Nicola capo provvisorio dello stato e – con un fitto calendario di sedute che si svolsero fra il 25 giugno 1946 e il 31 gennaio 1948 -diede vita alla Costituzione della Repubblica Italiana nella sua forma originaria. Oggi, quella del 2 giugno, è forse la più popolare fra le feste nazionali.

Marco Travaglini

Nel post Covid 19, la modernità di Giuseppe Ungaretti

A 50 anni dalla scomparsa del poeta simbolo dell’ermetismo / È  trascorso poco più di un secolo, con precisione 101 anni, dalla data di pubblicazione, nel 1919, di “Allegria di naufragi”, una delle raccolte poetiche più note composte da uno dei più significativi poeti del Novecento, Giuseppe Ungaretti. Alla luce dell’evento traumatico e inaspettato per cui il 2020 sarà ricordato sui libri di storia, vale a dire la pandemia mondiale provocata dal Covid 19, e ripensando ad un altro anno sicuramente fatale dal punto di vista storico come fu il 1919, nasce spontaneo un confronto tra i due momenti temporali. E nessuna più della poesia ungarettiana diventa tremendamente attuale in un’epoca come quella che stiamo vivendo.

In fondo il 1919 non fu soltanto l’anno passato alla storia per i trattati di pace che conclusero la prima guerra mondiale, tra cui quello di Versailles con la Germania, quello di Saint Germain con l’Austria, quello di Sevres con la Turchia, ma fu anche l’anno della costituzione della Repubblica di Weimar e della crisi della Germania, che usciva sconfitta dal conflitto, con un pesante debito di guerra e la perdita di tutte le colonie. Ma fu, soprattutto, l’anno dell’inizio della terza ed ultima fase dell’epidemia di spagnola che, tra l’ottobre del ’18 ed il dicembre del ’20, provocò oltre cinquanta milioni di vittime.

Ricordando la poesia ungarettiana “Allegria di naufragi”, risalente al febbraio del 1917, che diede poi il titolo all’omonima raccolta poetica, il testo recita: “E subito riprende /il viaggio/ come/ dopo il naufragio/ un superstite/ lupo di mare”.

Oggi più che mai questa poesia ungarettiana dimostra, secondo me, a piú di cent’anni anni dalla sua stesura, tutta la sua attualità nell’invito che il poeta rivolge al lettore a non cedere mai di fronte alle avversità della vita. Un evento traumatico e devastante, quale fu la prima guerra mondiale o, seppure sotto aspetti diversi, la pandemia da Covid 19, può aver travolto o travolgere l’uomo, ma egli, per la sua stessa natura, è capace di ritrovare la forza vitale che gli consente di riprendere il viaggio della vita. Ungaretti, attraverso questa lirica, vuole proprio far capire al lettore che l’animo umano è costituito apposta per dare il meglio di sé dopo un “naufragio”. La similitudine tra la condizione del naufrago e quella del soldato è evidente; come il naufrago sopravvive al disastro navale, così il soldato riprende a vivere la propria vita dopo essere sopravvissuto alla guerra.

In fondo, usciti dal lockdown della pandemia da Covid 19, siamo un po’ tutti simili a dei naufragi, sia coloro che sono stati direttamente colpiti dalla perdita o dalla malattia di un familiare, sia coloro che, dal punto di vista psicologico ed umano, ne sono rimasti colpiti. Credo, in misura personale, un po’ tutti. Forse, a differenza dell’epoca in cui Ungaretti scriveva questa come altre liriche rimaste uniche nel Novecento, oggi è venuto a mancare, rispetto a cento anni fa, quello spirito di solidarietà, che consentì allora di superare tutti insieme un flagello devastante come fu la prima guerra mondiale, anche grazie alla presenza di valori forti, quali la patria e la famiglia.

Però, a distanza di più di cento anni, l’animo umano, anche se la società è profondamente cambiata, nel suo fondo è rimasto, secondo me, lo stesso ed in ogni dolore  ed evento negativo rimane capace di riscoprire la forza presente dentro di sé  per continuare il percorso di vita e riscoprirne i veri valori, dopo un periodo in cui si è anche temuto di poterla perdere.

Oggi la ripresa del viaggio della vita, nella sua quotidianità, dopo un periodo così difficile, deve passare non soltanto attraverso un comune sforzo di solidarietà e di reciproco avvicinamento spirituale (pur nel mantenimento del distanziamento fisico), ma anche attraverso una riflessione sui veri valori della vita. Questa può essere facilitata anche dalla riscoperta della poesia, che è sempre stata uno degli strumenti che, meglio, riescono a disvelare agli uomini i misteri della vita.

Mara Martellotta

In collaborazione con: www.pannunziomagazine.it

Ripartire a Torino: i ristoranti in trincea tra mille difficoltà

Anche lo storico ristorante Solferino, uno dei più noti e apprezzati in città, attivo da oltre mezzo secolo,  schiacciato dall’emergenza economica causata dal  Covid: «Troppe spese, poche entrate»

«Un tempo facevamo 200 coperti al giorno. Adesso i clienti sono pochissimi, ieri sera per cena non è venuto nessuno». Queste le allarmanti confessioni di Andrea Ambrogini, titolare del noto ristorante Solferino situato nel cuore dell’omonima piazza, un tempo luogo di ritrovo abituale della crème de la crème della società torinese, dove fino a qualche mese fa occorreva prenotare con largo anticipo per riuscire ad accaparrarsi un tavolo.

I danni provocati dalla pandemia sono evidenti, ancor prima di varcare la soglia d’entrata: quasi deserto il dehor, pochi i clienti da servire. All’interno del locale la situazione non cambia: i il numero dei tavoli è decisamente inferiore al solito ma, in compenso, le loro dimensioni sono più grandi (un metro per un metro) in modo da assicurare il distanziamento sociale senza bisogno degli antiestetici e poco piacevoli divisori in plexiglass.

Alcuni paraventi in plastica posti tra i tavoli più ravvicinati garantiscono la privacy e la sicurezza dei commensali, mentre gli attenti camerieri si muovono con elegante discrezione, silenziosi come gatti, muniti di mascherina e guanti. La loro professionalità (come quella degli esperti chef) costa, e non poco, ma nelle condizioni attuali trovare i soldi necessari al mantenimento dell’attività si fa sempre più difficile.

«Quello che chiediamo sono soldi a fondo perduto», ci dice Andrea, «non mi vergogno a dirlo, ma io di tasca mia ho dovuto tirare fuori 60.000 euro in due mesi. Qualche giorno prima del lockdown avevamo pensato di fare dei tagli al personale, ma non c’è stato il tempo». A preoccuparlo è anche la perdita dei clienti abituali in pausa pranzo, che ora possono lavorare da casa grazie all’ottimizzazione dello smart working. Una perdita di entità considerevole per l’intraprendente Andrea che, negli anni, era riuscito a quadruplicare il fatturato del proprietario precedente.
«Uno dei problemi maggiori è che manca proprio la mobilità fisica delle persone», continua Andrea, «Il 60% del nostro ricavato arrivava dal turismo, nazionale o estero».

Una situazione ben più che drammatica, comune alla quasi totalità delle attività ristorative, che necessiterebbe di interventi seri da parte del governo. Per il momento, i ristoratori rimangono soli davanti al baratro.

Ilaria Losapio

“Io Ci Credo Perché”, un 2 Giugno diverso

 In occasione del 2 giugno, Festa della Repubblica, Giunta e Consiglio regionale, Prefettura, Comune di Torino, Città metropolitana, Ufficio scolastico regionale e i tre Atenei Piemontesi (Università degli studi di Torino, Politecnico e Università del Piemonte Orientale) hanno scelto di organizzare e condividere una serie di iniziative sotto il cappello di un’unica frase “Io Ci Credo Perché”, per ribadire come i valori della Repubblica e della Costituzione possano accomunare istituzioni e cittadini.

Il Consiglio e la Giunta regionale, per meglio rappresentare gli aspetti più importanti del  vivere civile e dello stare assieme, per ricordare le migliori energie messe in campo nei momenti di difficoltà, l’unità e la coesione nazionale, hanno deciso che a celebrare la giornata del 2 giugno fossero proprio le persone comuni attraverso le loro parole e le loro riflessioni.

Due sono i video realizzati per l’occasione e che saranno pubblicati in contemporanea, su tutti i siti istituzionali e dei soggetti partner della giornata, alle 12 e alle 14 del 2 giugno: il cortometraggio “IoCICredoPerchè”, 25 interviste in cui insegnanti, studenti, volontari, medici, rappresentanti delle forze dell’ordine, casalinghe, pensionati, vigili del fuoco e liberi professionisti raccontano perché credono nella Repubblica e nei valori che essa racchiude.  “Vignettisti e bambini raccontano la Costituzione” è invece il titolo del secondo video in cui grandi firme del fumetto e dell’illustrazione come Dino Aloi, Massimiliano Frezzato, Gianni Audisio, Gianni Chiostri,  Lido Contemori e Milko Dalla Battista, affiancano i bambini dei Consigli Comunali dei Ragazzi del Piemonte, nel commento agli articoli della Costituzione che più toccano da vicino la loro vita (scuola, famiglia, salute, paesaggio, lavoro, cultura). Tutte le opere inedite realizzate per l’occasione dagli artisti,  saranno donate al Consiglio regionale,  per essere poi esposte e rese visibili al pubblico a Palazzo Lascaris.

“Mai come in questo momento della nostra vita abbiamo avuto la possibilità di capire quanto siano preziosi e non scontati i valori fondanti della nostra Democrazia, come la Libertà – sottolinea Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte – Valori per cui altri Italiani prima di noi hanno donato la propria vita. Mai come oggi sappiamo di essere fortunati a vivere in un Paese che è una Repubblica. E mai come oggi il 2 Giugno è un giorno attuale da celebrare con unità. Perché solo insieme potremo ripartire davvero”.

“Io ci credo perché la nostra Carta costituzione non è solo insieme di regole giuridiche, ma anche l’insieme di regole di vita senza tempo e senza età – dichiara Stefano Allasia, presidente del Consiglio regionale del Piemonte –  Sono trascorsi 74 anni dalla proclamazione della Repubblica, in quel 2 giugno il popolo italiano, in tutte le sue componenti: uomini, donne, benestanti e nullatenenti, furono chiamati ad esprimere la propria scelta, quale segnale di partecipazione civile, di responsabilizzazione e di coinvolgimento per determinare il destino del Paese. Quel giorno per la prima volta i cittadini diventarono protagonisti del loro futuro”.

 

files/2020/Programma_Festa_Repubblica.pdf

L’incultura storica è nemica di un nuovo Risorgimento

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Chi scrive ha ripetutamente richiamato il pericolo potenzialmente  liberticida insito  nei decreti del presidente del Consiglio dei  ministri , ”calati dall’alto“ come ha denunciato il presidente del Senato Casellati, l’unica alta carica dello Stato che si rivela davvero interessata a difendere lo Stato di diritto che ha subito, durante la pandemia, attacchi evidenti

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Ho anche scritto sul diritto di manifestare con responsabilità, criticando però con asprezza gli assurdi assembramenti per il sorvolo intempestivo e assurdo delle Frecce Tricolori che meriterebbe un’ indagine da parte di qualche magistrato.
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Ho infine sconsigliato al centro- destra di manifestare il 2 giugno festa nazionale poco sentita,ma pur sempre festa nazionale. Ciò premesso, appare di una notevole gravità che questo capo popolo da quattro soldi, ex generale dei carabinieri ed ex deputato socialdemocratico, Pappalardo stia organizzando manifestazioni di protesta che violano le norme di sicurezza sanitaria, soffiando sul fuoco del disagio sociale sempre più evidente. Gli assembramenti non vanno fatti non solo perché vietati, ma perché pericolosi. E l’uso delle mascherine è un atto di tutela di se’ stessi e degli altri. Chi trasgredisce è un barbaro, un untore, un asociale stupido ed autolesionista. Queste manifestazioni non esprimono il senso della democrazia, ma sono un’offesa a chi, stando chiuso in casa per mesi, ha contribuito a contenere il contagio e sono anche un oltraggio ai morti di Coronavirus e ai medici e infermieri che hanno lottato per salvare vite umane. I Gilet arancione, figli dei forconi e della protesta dei tir, sono pericoli reali per la democrazia perché tendono a cavalcare le difficoltà economiche, agitando slogan velleitari e assurdi che minacciano la stessa convivenza civile. Chi scrive ha denunciato senza mezzi termini gli errori di governo e regioni, ma non può accettare che questo ex generale dei Carabinieri che tradisce il suo passato militare di servitore dello Stato, possa creare problemi alla già difficile ripresa. I mestatori vanno ripresi, fermarti e condannati senza mezzi termini dall’ opinione pubblica. Ed anche il centro-destra che vuole portare una corona d’alloro all’altare della Patria dopo il presidente della Repubblica che in quell’occasione rappresenta tutti gli Italiani, dovrebbe essere più cauto. Una vera destra consapevole della storia d’ Italia dovrebbe andare all’Altare della Patria, ad esempio, a deporre una corona d’alloro al Padre della Patria Vittorio Emanuele II nel bicentenario della nascita, auspicando un nuovo Risorgimento. Ma l’incultura storica della destra è  purtroppo incapace di pensare a certi gesti capaci di collegare passato e futuro.
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