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Esercito Italiano, a Torino le lauree triennali

Centoventotto Ufficiali frequentatori del 199° Corso “OSARE” discutono le relazioni di laurea triennale in Scienze Strategiche.

Sono in corso di svolgimento in modalità virtuale, presso il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito, le sessioni di discussione delle relazioni di laurea triennale in Scienze Strategiche. Centoventotto giovani Ufficiali frequentatori del 199° Corso “OSARE”, tra i quali anche quattordici di nazionalità straniera, saranno impegnati fino al 9 giugno nell’esposizione, alle commissioni formate da docenti civili e militari, delle relazioni di laurea triennale riguardanti approfondimenti di tematiche di grande attualità: armamenti, cyber security, effetti di una pandemia, energie rinnovabili, intelligence, logistica sostenibile, matematica, relazioni internazionali, sostegno sanitario.

Il percorso di Laurea Triennale in Scienze Strategiche concepito per gli Ufficiali è una peculiarità nel panorama universitario in quanto interateneo ed interdipartimentale; nasce, dalla collaborazione tra quattro Istituzioni: Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino, Università degli Studi di Torino, Accademia Militare di Modena, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. 

Sin dall’inizio dell’emergenza epidemiologica, il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell’Esercito in sinergia con la Scuola Universitaria Interdipartimentale in Scienze Strategiche (SUISS) dell’Università degli Studi di Torino, tramite aule virtuali interattive appositamente predisposte e dedicate, ha consentito, a tutti gli Ufficiali frequentatori, di completare da remoto il percorso di studi nel pieno rispetto dei tempi previsti. La Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino dove ogni anno si formano oltre mille studenti militari e civili, italiani e stranieri, rappresenta un polo culturale d’eccellenza  in grado di coniugare aspetti quali rispetto per le tradizioni, innovazione didattica ed internazionalizzazione degli studi.

Maria La Barbera

Cronache della peste. Le fate

Papà, esistono le fate?“ Alzo gli occhi dal libro… ma stai sempre leggendo, direte. Certo. È l’abitudine di una vita. E in questi frangenti – quarantena ed altre bazzeccole di cui inutile parlare… – un’ancora di salvezza…

Perché me lo chiedi?
Sai, ho visto una luce… Una luce piccolina, di là, nella camera…

E perché pensi che debba essere proprio una fata? Poteva essere qualsiasi altra cosa…
Beh, ma in quel cartone, Peter Pan, la fatina, sua amica, Trilly è piccola e luminosa… proprio come quella luce che ho visto. Così ho pensato…

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Cronache della peste. Le fate

Poche idee per la scuola

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / L’anno scolastico è finito, o meglio, è formalmente finito in giugno , ma è stato interrotto di fatto dal contagio del Coronavirus. Per mesi le scuole sono rimaste chiuse e si è cercato di supplire con la didattica a distanza per la quale la maggioranza dei docenti non era pronta e meno che mai erano pronti gli allievi che in un numero significativo soprattutto al Sud non possedevano un pc o un tablet di cui disporre.

Se fossero possibili delle verifiche serie, si vedrebbe che le la didattica a distanza è stata insufficiente e discontinua , in ogni caso incapace di stabilire un rapporto adeguato tra discente e docente. Forse la questa grave crisi  ad uscirne con le ossa massacrate è in particolare  proprio la scuola . Una cosa paragonabile al ‘68 i cui danni si sono prolungati per cinquant’anni, come predisse Renzo De Felice. Ad una settimana dagli Esami di Maturità non è ancora chiaro come si debbano svolgere, ma soprattutto non si sa come riprendere la scuola a settembre. La follia delle gabbie in plexiglass nelle aule sembra essere tramontata, ma le distanze di sicurezza restano un problema che va affrontato.
Certo, la ministra Azzolina che ha paragonato gli allievi a degli imbuti da riempire , non si sta rivelando adeguata al gravoso compito di dirigere in questa situazione drammatica quella che un tempo definivano  la “Minerva“. I grandi  ministri della Pubblica Istruzione in Italia sono stati pochissimi, il ministero è stato gestito per lo più da politici – spesso democristiani – abbastanza  incapaci e insensibili al ruolo della scuola pubblica statale. Per trovare nomi di alto livello bisogna riandare molto indietro a Francesco De Sanctis, a Michele Coppino,  a Luigi Credaro,a Benedetto Croce, a Giovanni Gentile e a Giuseppe Bottai. Nella storia della Repubblica  nessun ministro è stato all’altezza, salvo Salvatore Valitutti e in parte Giovanni Spadolini. Anche nella seconda Repubblica i ministri sono stati modesti . Certamente la ministra Azzolina è riuscita a commettere errori più di ogni altro ministro, anche se le vanno riconosciute delle oggettive attenuanti perché chiunque fosse stato a capo del  suo ministero avrebbe trovato delle serie, inedite difficoltà. Anche l’apparato ministeriale e’ modesto e direttori generali come Romano Cammarata sono impensabili. I sindacati della scuola sono stati sempre autolesionisti e non hanno mai difeso le ragioni dei docenti, in particolare la CGIL e anche in questa occasione hanno fallito. Lo sciopero da loro proclamato ha avuto un’adesione irrisoria  al  di sotto dello 0,50. Oggi di fatto non si hanno idee chiare su come riprendere la scuola dopo un quadrimestre perduto. C’è chi dice che si dovranno ridurre le ore di scuola, rimediare nuovi locali, aumentare il numero degli insegnanti, rivedere i programmi, sfoltendoli con una “didattica informale“, una espressione davvero fantasiosa ed inquietante. Sta accadendo un qualcosa di simile agli Anni Settanta  del secolo scorso quando si fecero i doppi turni a scuola e via via scadette la sua qualità della scuola   attraverso la voluta e demagogica  confusione tra il diritto allo studio e il diritto al titolo di studio. Anche nei giorni scorsi si sono svolti scrutini in cui è tornato prepotente il 6 politico e la promozione d’ufficio. Anche agli esami di maturità c’è da prevedere il cento per cento dei promossi. Capisco che i problemi posti dalla pandemia avessero la più assoluta priorità, ma va ricordato il ruolo insostituibile della scuola che è  in primis una questione di civiltà. Io sono abbastanza vecchio da ricordare i laureati del tempo di guerra e quelli che si laurearono subito dopo, magari indossando  la “divisa”da partigiano, gente che in tempi normali non avrebbe mai conseguito una laurea. Non vorrei che ci si avviasse su questa strada. Sia chiaro, è meglio essere asini che morti, ma almeno cercare di fare qualcosa come in tutti gli altri Paesi europei per la scuola è indispensabile. Anche la sorte della scuola non statale è  importante perché rischia davvero  di chiudere in modo definitivo. Istituti gloriosi come il “ San Giuseppe” o il “Sociale“ con storie secolari devono essere salvaguardati come un patrimonio della nostra cultura e della nostra storia. Forse dar voce ai docenti e ai presidi, alla scuola più in generale, nei prossimi Stati Generali convocati dal Premier sarebbe doveroso. Ad oggi non credo sia previsto.
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Movida, coronavirus e mal vivere

La movida o, meglio, la mala-movida ringrazia il coronavirus; non così i cittadini residenti nella zona di Piazza Vittorio e in San Salvario nelle zone, cioè, destinate all’ampliamento dei dehors ed alla “pedonalizzazione temporanea”.

In via di superamento gli effetti sanitari del coronavirus siamo tutti protesi a riprendere la vita personale e collettiva, a riprendere, finalmente, le attività. Nel corso della quarantena molti sono stati gli appelli a ripensare la qualità della vita, i propositi su una migliore e civile convivenza. Passata la festa, gabbato lo santo … paradossalmente dove non c’è stata festa e nessun santo.

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La quarantena vissuta non viene utilizzata per migliorare la vita collettiva, ma strumentalizzata per ampliare i momenti di disagio per la fascia di torinesi residenti nelle zone della movida. Nei musei si entra col contagocce, limitato il numero dei visitatori nelle sale, i Tribunali praticamente chiusi come le scuole ….non così i locali in zona movida che godono di un trattamento speciale. I locali movida (che pur devono riaprire) potranno ampliare lo spazio finora occupato, saranno chiuse al traffico e pedonalizzate alcune vie per consentire una maggiore occupazione di suolo pubblico ed il libero sciamare degli avventori; naturalmente le ore previste sono quelle del riposo serale e notturno. Insomma, sarà peggiorata la situazione preesistente al coronavirus.

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Per meglio gabbare viene usata la solita tecnica “in via sperimentale e temporanea” ; forse si intende sperimentare gli effetti che tali provvedimenti avranno sulla salute dei residenti . Sulla “temporaneità” il sarcasmo è d’obbligo. C’è di più e di meglio: saranno i titolari dei locali che dovranno occuparsi di contingentare l’arrivo dei frequentatori , non nei loro locali, ma nella zona pedonalizzata (sic!). Questo modo di procedere da parte di chi , per competenza istituzionale, si occupa del problema denota disprezzo nei confronti dei residenti ed incapacità a gestire la vita comunitaria. Si dovrà invocare “Arrridateccci il coronavirus!”.

Elle

La talpa. Finalmente liberi di… azzuffarci

Gli uomini tengono comportamenti contraddittori: con la ripartenza sembra che stiano cercando a ogni costo il loro annientamento che il virus non ha realizzato.

Pur avendo a disposizione un pianeta, gli uomini tendono a raggrupparsi, a organizzarsi in tribù, a inurbarsi, cioè a rinunciare al distanziamento individuale a favore dell’avvicinamento collettivo: così gli uomini hanno sempre fatto perché sono animali politici che dovrebbero dare il meglio di loro in spazi ristretti.

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La talpa. Finalmente liberi.. di azzuffarci

Il teppismo che macchia la manifestazione antirazzista

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Una macchia sulla manifestazione antirazzista, scrive “La Stampa”, limitandosi a dare la notizia con una fotografia e due righe di didascalia in cui si dice dell’ imbrattamento dei monumenti e dei muri di Palazzo Civico da parte di alcuni manifestanti: un atto di teppismo che non ha giustificazioni di sorta 

La manifestazione antirazzista che si è tenuta quasi nel rispetto delle norme no Covid in piazza Castello, forse non merita la macchia che le attribuisce il giornale. Se fossi stato a Torino, sarei intervenuto anch’io perché il razzismo di ogni  tipo va sempre condannato.
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Certamente ci sono persone che colgono ogni occasione – specie dopo il digiuno forzato di tre mesi – per scendere in piazza e protestare. Per altri versi, per manifestare solidarietà ad Hong Hong, ad esempio, eravamo in pochi insieme all’associazione “Marco Pannella” e Gian Piero Leo sempre presente in difesa dei diritti civili. C’è nuova aria di sardine che stanno uscendo dalla scatoletta in cui si erano rifugiate durante la pandemia per combattere la quale non hanno mosso un dito. E poi ci sono i centri sociali che resistono al Covid e rappresentano da sempre  l’anima violenta che non si ha il coraggio di reprimere, limitandosi a vedere ottusamente la violenza solo in Casa Pound. I Centri sociali rappresentano una mina vagante e la loro adesione ad una manifestazione che si tingeva per l’occasione anche come antiamericana e contro Trump, era prevedibile. Certo,  i promotori non potevano impedire a nessuno di  andare in piazza , anche se la partecipazione, sicuramente non ricercata, degli estremisti deve far pensare. Essere antirazzisti è sicuramente importante, ma ancora più importante è il rifiuto di ogni violenza. Condannare quanto è accaduto negli USA significa anche ribadire la condanna del ricorso alla violenza. Ma chi fa della violenza la sua ragion d’essere non può capire. E allora, per distinguersi e farsi notare, imbratta la statua di Vittorio Emanuele II in piazza Palazzo di Città. Un gesto cretino da parte di chi forse non sa neppure chi e  cosa ha imbrattato. Un atto di inciviltà che non può ricadere sulla manifestazione in sé. In ogni caso, se io avessi partecipato e avessi visto la presenza dei centri sociali, quasi sicuramente mi sarei allontanato dalla piazza, non accettando le cattive compagnie. Dopo il Covid forse è giunto  davvero il momento di chiudere i covi sovversivi e spesso abusivi dell’estrema sinistra e dell’esterna destra : un permanente assembramento di gente abituata ad usare le mani più che il cervello. Un potenziale elemento sovversivo capace di soffiare sul fuoco del disagio e della crisi in cui ci stiamo dibattendo. Il virus della violenza va combattuto con decisione e l’Italia messa a tappeto dalla pandemia non può più tollerare che ci sia gente che pratica il teppismo e ricorre alla violenza.  Il confine della manifestazione di un pensiero e della tolleranza o meno passa proprio attraverso il rispetto delle regole della democrazia e del civismo.
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Un tavolo permanente per i senza fissa dimora

Il Consiglio comunale è tornato ad occuparsi della situazione dei soggetti senza fissa dimora in questo periodo di emergenza sanitaria. 

Dopo ampie discussioni sul tema già in Commissione, il presidente della IV^ Commissione (Assistenza), Fabio Versaci (M5S), ha presentato una mozione sottoscritta da sette consiglieri di maggioranza (Imbesi, Buccolo, Tevere, Sganga, Giovara, Napolitano e Chessa) che invita la Sindaca e la Giunta ad avviare un tavolo permanente con la Città Metropolitana, la Regione Piemonte, la Prefettura, la Protezione Civile e le realtà associative e del Terzo Settore attive sul territorio per mettere in campo azioni di sostegno a favore delle persone e delle famiglie in condizioni di maggiore vulnerabilità e marginalità. L’atto è stato approvato all’unanimità dall’assemblea di Palazzo civico con trenta voti favorevoli.

Save the Food e Banco Alimentare Piemonte Insieme contro lo spreco alimentare

Nella Regione, nel 2019, il progetto ha contribuito a ridistribuire ai bisognosi 124.252 porzioni di cibo. Circa 2.265 tonnellate di alimenti recuperati. A Maggio 2020 tagliato il traguardo di 16 milioni  porzioni salvate dallo spreco su tutto il territorio nazionale

L’emergenza sanitaria che ha funestato l’inizio del 2020 ha messo in ginocchio l’economia di interi Paesi; in Italia, prima nazione occidentale ad essere pesantemente colpita dalla pandemia, a causa del blocco di tutte le attività commerciali e lavorative molte famiglie in più hanno dovuto chiedere aiuto agli enti caritativi per poter sfamare i propri cari e se stessi.

Nel nostro Paese Banco Alimentare  si occupa di combattere lo spreco alimentare, dando al cibo una seconda vita donandolo ai più bisognosi. In collaborazione con la Fondazione Banco Alimentare, nel 2011, nasce il progetto Cuki Save the Food realizzato da Cuki  per sostenere il programma Siticibo della Onlus, che opera su tutto il territorio nazionale contro lo spreco alimentare e recupera il cibo non servito nelle mense collettive e invenduto nei supermercati della distribuzione organizzata.

In Piemonte Cuki Save the Food, nel 2019, ha contribuito  a recuperare 124.252 porzioni  di cibo (questo è il dato relativo ai piatti pronti che abbiamo pubblicato sul Bilancio Sociale 2019, eventualmente insieme a quello di GDO che è di 2.265 tonnellate), fornendo le vaschette di alluminio per il recupero delle porzioni operato da Banco Alimentare attraverso le Strutture Caritative convenzionate.

ha recuperato 124.252 porzioni di cibo, raccolte dal Banco Alimentare Piemonte che ha potuto contare sulle mense collettive che hanno aderito al progetto nella regione sabauda. In Italia Cuki Save the Food nel solo 2019 ha contribuito a  “salvare” dallo spreco 1.418.000 porzioni di cibo. A maggio di quest’anno, sono oltre 16 milioni le porzioni ridistribuite dal 2011, anno dell’inizio della del progetto.

Un meccanismo trasparente e virtuoso che si basa sulla solidarietà, e sull’impegno di oltre 206 volontari di Banco Alimentare su tutto il territorio regionale e delle centinaia di volontari delle Strutture Caritative convenzionate , che consentono di recuperare il cibo preparato e in eccedenza donandolo, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie alle  persone in difficoltà  sul territorio.

Attraverso il progetto Cuki Save the Food, Cuki, azienda leader per la conservazione dei cibi, ha messo a disposizione degli operatori di Banco Alimentare la sua esperienza  per consentire il perfetto mantenimento del cibo  e farlo  arrivare a chi ne ha bisogno.

Nel corso dei dieci anni di attività di Responsabilità Sociale di Cuki, sono state donate circa 2 milioni di vaschette in alluminio migliaia di Thermobox per conservare, trasportare e ridistribuire le oltre 16 milioni di porzioni che rappresentano un risultato unico nella storia della lotta allo spreco alimentare.

“L’attenzione verso i temi sociali sono sempre stati centrali per il nostro brand, spiega Carlo Bertolino, Direttore Marketing e Comunicazione Cuki La collaborazione con Banco Alimentare ha un valore enorme perché ci consente di realizzare un atto di restituzione: sostenendo la Onlus abbiamo la possibilità di dare una seconda vita al cibo che altrimenti andrebbe sprecato e che va a favore delle fasce più deboli”.

La collaborazione tra Cuki e Banco Alimentare si consolida ulteriormente anche grazie ad un altro progetto nato per contrastare un importante settore che incide sullo spreco alimentare: il cibo sprecato nei ristoranti. Nel 2016 nasce Cuki Save Bag, la “doggy bag” di Cuki, sviluppata in sinergia con 200 studenti del Politecnico di Torino, per portare a casa il cibo non consumato al ristorante, contribuendo in questo modo a combattere lo spreco del cibofuori casa. Hanno aderito al progetto Save Bag i ristoranti Eataly, le osterie Slow Food, il Gruppo CIGIERRE e Just Eat.

Cultura in affanno, Cirio incontra gli operatori del settore

Il presidente della Regione, Alberto Cirio e l’assessore alla Cultura, Vittoria Poggio hanno incontrato nel pomeriggio di ieri i rappresentanti del Coordinamento piemontese dei lavoratori del mondo della cultura, creato ai primi di marzo per il riconoscimento dei diritti e delle tutele di ogni professione dello spettacolo, per far fronte all’emergenza attuale.

Il Coordinamento ha raccolto istanze di migliaia di lavoratrici e lavoratori della cultura, mettendo in moto un network “professioni dello spettacolo in emergenza continua”. In questo primo incontro è stato chiesto un supporto alla Regione per portare al governo nazionale la necessità di riconoscere anche ai lavoratori dello spettacolo intermittenti status, tutele e contratti stabili.

L’associazionismo culturale rappresenta il 68% della cultura piemontese. La riapertura degli spazi culturali non dà purtroppo garanzie al settore di una ripresa e un recupero nell’immediato, mettendo così a rischio una fetta importante del fatturato del nostro Paese.

Tra i temi affrontati nell’incontro in Regione la rimodulazione o detrazione dell’Irap, l’estensione del Bonus Piemonte ai lavoratori del settore e un fondo per affrontare il futuro fino alla fine dell’emergenza.

Altro tema segnalato la difficoltà, a livello nazionale, di accesso ai contributi pubblici.

“Ci faremo portavoce in Conferenza delle Regioni delle istanze di uno dei settori più colpiti dalle conseguenze del coronavirus – commenta il presidente Cirio -. In Piemonte stiamo lavorando affinché gli eventi in programma nei prossimi mesi possano svolgersi in sicurezza, ma è indubbio che anche se la nostra regione e l’Italia sono ripartite i lavoratori degli eventi culturali e dello spettacolo sono tra quelli che hanno minore certezza per il loro futuro ed è per noi fondamentale ricostruire e garantire queste certezze lavorando insieme”.

Anche l’assessore Poggio ha espresso la propria vicinanza alle categorie più deboli e fragili del mondo culturale “La cultura – ha detto – è fatta anche di piccoli soggetti che con il loro apporto sostengono tutto il sistema culturale di eccellenza. Bisogna lavorare per ottenere a livello ministeriale il riconoscimento degli operatori dello spettacolo come un vero e proprio lavoro, fatto di garanzie e di tutele. Ora però l’importante è agire con decisione e in concertazione con le parti interessate garantendo la loro ripresa e soprattuto assicurandone le dovute tutele.”

Cibo e solidarietà. Un binomio indissolubile anche in tempi di Covid

Ora ancora più vivo nel volume scritto da Sarah Scaparone ‘Un storia di cibo al giorno. Diario di una quarantena solidale”

 

Cibo e solidarietà possono costituire un binomio assolutamente indissolubile, tanto più  attuale nel periodo che ci siamo appena lasciati alle spalle, quello dell’emergenza da Covid 19. E possono diventare anche un momento di condivisione e riflessione letteraria, attraverso un libro  come quello intitolato “Una storia di cibo al giorno. Diario di una quarantena solidale”.

Si tratta di un instant book di cui è autrice la giornalista torinese e critica gastronomica Sarah Scaparone (nella foto piccola), un volume che è frutto della raccolta di una serie di dirette Instagram avvenute sull’account @scaparonesarah (avvenute tra il 20 marzo ed il 20 aprile scorso). Attraverso queste dirette è stato possibile dar voce a coloro che, nel campo del cibo, si sono fatti promotori di iniziative di solidarietà in tempi di pandemia da Coronavirus.

Il volume è stato pubblicato autonomamente su Amazon ed il ricavato delle vendite (al netto dei costi di distribuzione e stampa trattenuti da Amazon) verrà devoluto alla Mensa dei Poveri che ogni giorno viene promossa dall’Associazione Frati Minori Piemonte Onlus, che opera, a sua volta, nell’ambito del Convento della Chiesa di Sant’Antonio da Padova a Torino. Questa mensa si è trovata a dover far fronte, nel giro di poche settimane, all’indomani della comparsa della pandemia da Covid 19, ad una crescente richiesta di pasti giornalieri, passati da 100 a 400. Sono così scese in campo in aiuto di questa Associazione diverse forze attive a livello locale nel campo della ristorazione e del settore agroalimentare torinese, fornendo piatti caldi e materie prime per i più bisognosi, tra cui anche prodotti ortofrutticoli freschi, messi a disposizione dal CAAT, Centro Agroalimentare di Torino (grazie alla disponibilità generosa dei suoi operatori).

Tante sono state le iniziative promosse a favore del personale medico e paramedico impegnato nei nosocomi cittadini sul fronte dell’emergenza Covid 19. Il CAAT ha, per esempio, promosso la distribuzione gratuita di prodotti ortofrutticoli freschi a medici e paramedici di ospedali piemontesi tra cui l’Amedeo di Savoia, le Molinette, l’ospedale di Rivoli. Ha inoltre promosso, all’interno delle iniziative raggruppate sotto l’incipit “IL CAAT HA UN CUORE GRANDE”, la donazione di oltre tre quintali di prodotti ortofrutticoli freschi  a favore dei Frati Minori Piemonte Onlus,  che offrono ogni giorno centinaia di pasti ai senza fissa dimora e poveri presenti sul territorio urbano torinese. Ed ha partecipato all’iniziativa Torino Solidale, che rappresenta la rete di solidarietà messa in atto dal Comune di Torino per le fasce più in difficoltà dal punto di vista economico in epoca di emergenza sanitaria da Covid 19.

A Torino è anche stata presente l’iniziativa#pizzasospesa offerta a medici ed infermieri dei presidi sanitari piemontesi, accanto a quella intitolata #aiutiamochiaiuta, che ha coinvolto una sessantina di pasticceri, che hanno preparato le colazioni per gli operatori sanitari torinesi, ma anche per quelli delle città di Aosta e Cuneo.

La copertina ed impaginazione del volume Una storia di cibo al giorno. Diario di una quarantena solidale” sono state realizzate da Chiara Borda, Davide Dutto e Marianna Mordenti.

Mara Martellotta

 

4,99 euro in formato Kindle

12,50 euro in formato cartaceo