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“Educazione Civica: opportunità o problema?“

Ivrea, giovedì 21 aprile 2022, ore 15,30: Apidge Canavese e Valle D’Aosta nei locali dell’istituto “G. Cena” di via Dora Baltea, presenta le proposte dell’Associazione insegnanti delle Scienze giuridiche ed economiche per una nuova Educazione Civica.

“Educazione Civica: opportunità o problema?“ rappresenta un momento di riflessione che intende proporre e illustrare i documenti e le azioni comuni, che verranno intraprese al fine di garantire il più ampio e corretto successo formativo.

Celebrata la Giornata mondiale della malattia di Chagas

Il 14 aprile

Giovedì  14 aprile. In questa data si è celebrata la Giornata mondiale della malattia di Chagas, che si stima colpisca in tutto il mondo da 6 a 7 milioni di persone, soprattutto nelle aree endemiche dei 22 Paesi dell’America Latina, estendendosi poi, in seguito ai movimenti migratori della popolazione latinoamericana,anche in aree non endemiche, quali il Canada, molti Paesi Europei e diversi del Pacifico Occidentale.

In Europa la malattia viene contratta soprattutto per vie quali trasfusioni, trapianti o per trasmissione verticale, da madre a figlio, e può rimanere a lungo latente, ragione per cui, a volte,risulta difficile da diagnosticare tempestivamente .

La Giornata mondiale della malattia di Chagas, malattia infettiva causata dal contatto umano con le feci o l’urina delle cimici triatomine, è stata dichiarata in occasione del 72esimo incontro dell’Assemblea OMS del 20 maggio 2019. Si è  scelta come data il 14 aprile, giorno in cui il medico e ricercatore brasiliano Carlos Chagas, nel lontano 1909, diagnostico’ il primo caso di questamalattia su una bambina di due anni.

In Italia, in Piemonte, l’associazione ‘PINTRE Percorsi Intrecciati’ è socia di Findechagas, Federazione Internazionale delle Associazioni delle Persone colpite dalla malattia di Chagas, cui afferiscono oltre 25 organizzazioni della società civile di Nord e Sud America, Europa e Pacifico Occidentale.

L’Associazione PINTRE ha l’obiettivo di far conoscere nella Regione Piemonte questa malattia, promuovendo campagne di sensibilizzazione e screening gratuito a favore della popolazione latinoamericana, al fine di individuare tempestivamente la comparsa della malattia e iniziarne il trattamento, prima dell’insorgere di eventuali complicazioni.

Mara Martellotta 

Flores d’Arcais e la pazzia della guerra

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Il prof. Pier Franco Quaglieni

L’ex parlamentare Pagliarulo come presidente dell’Anpi dice un’ovvietà storica: che la Resistenza italiana non è paragonabile con quella ucraina. La storia non si ripete mai e le condizioni storiche non sono confrontabili. E crea scandalo tra i suoi adepti. Non la penso come Pagliarulo su tante cose, forse egli  è in cerca di visibilità, dimenticando che non tutti nella sua associazione condividono le sue idee rifondarole proprie di chi votò, ad esempio,  contro il 10 febbraio giorno del ricordo. Ma almeno su questo sono concorde con lui e quindi non può poi curvare sui temi della guerra Ucraina il prossimo 25 aprile. I Partigiani non furono pacifisti, usarono le armi, in alcuni casi esagerarono anche. E il 25 aprile tutte le bandiere devono avere diritto di sventolare, in primis il Tricolore. Anche la CGIL ha detto sciocchezze sul tema della guerra, ma questi sindacalisti non conoscono la storia e parlano per slogan preconfezionati. Ma chi appare più stucchevole di lui è il “giacobino tagliateste” Paolo Flores d’Arcais, radical chic per antonomasia, rivelatosi acceso patriota filoucraino e guerrafondaio che sostiene la tesi secondo cui  la resistenza italiana fu come quella Ucraina. L’uomo che da molti è visto come sostenitore del giustizialismo illiberale e del potere assoluto dei giudici e creatore  dei ridicoli girotondi che rafforzarono il consenso a Berlusconi, adesso attacca l’Anpi ed esalta Biden suo quasi  coetaneo. Da non crederci. La guerra sta sconvolgendo le menti di molti , è umano e comprensibile perché il pericolo di un conflitto nucleare non è mai stato così vicino, ma gli effetti che ha prodotto su Flores sono davvero devastanti . Gli consiglierei di fare qualche girotondo attorno a casa, magari di corsa. A volte serve a schiarire le idee e a smaltire le sbornie ideologiche. Patriota  verso  tutti, ma naturalmente mai verso l’Italia. Mai una volta un pensiero verso gli eroi italiani dal Risorgimento in poi, un Risorgimento naturalmente  fallito come, ipse dixit, ha insegnato  l’oracolo Gramsci. Un vero “anti italiano” diventato ardente  partigiano ucraino.

scrivere a quaglieni@gmail.com

Non di solo profitto vive l’imprenditore

Gli studiosi di finanza aziendale hanno sempre esaltato il profitto come unico obiettivo dell’attività imprenditoriale, sulla base del principio che l’imprenditore deve puntare alla massimizzazione del profitto!

 

Massimizzazione…

Quindi conseguimento del profitto più alto possibile, senza preoccuparsi di come è conseguito (anche danneggiando altre persone oppure creando problemi all’ambiente o alla società).
E nessuna considerazione sulla distribuzione del profitto, che va considerato di esclusivo beneficio dei soci o dell’imprenditore.
Gli autori sostengono che il mondo della produzione e il mondo della finanza debbano considerare non solo valori meramente quantitativi ed egoistici, ma anche valori qualitativi e sociali; giusto conseguire il profitto, ma meglio se, anziché massimizzarlo, si puntasse ad ottimizzarlo, arrivando ad un livello adeguato, ma compatibile con tutti coloro che vivono all’interno ed all’esterno dell’azienda.

Qualche brano del libro consente di coglierne a fondo il pensiero.

“L’impatto della gestione delle imprese finanziarie sulla Società sempre più rilevante, anche per il loro potere d’indirizzo sulle imprese non finanziarie, induce quindi a ritenere fondamentale che il rapporto tra finanza ed etica si evolva da quello, richiamato nel sottotitolo, tra “diavolo ed acqua santa”.

Un obiettivo fondamentale anche per l’impatto sulle future generazioni, ma di non facile ed immediata realizzabilità per una molteplicità di ragioni tra le quali una notevole capacità di “pressione” delle grandi istituzioni finanziarie su governi ed istituzioni finanziarie” (dalla prefazione del prof. Roberto Schiesari,

Dipartimento di Management Università di Torino).

Etica e profitto non sono conflittuali: contrapporre etica e profitto, apertura sociale ed utili aziendali è errato, partendo dal presupposto che l’uomo sia “monodimensionale”, capace di perseguire solo un unico obiettivo e non una serie di obiettivi diversi ma armonizzabili. La ricchezza “egoistica”, la sfrenata corsa verso la massimizzazione del profitto, l’accumulazione di patrimoni personali smisurati aumentano le disuguaglianze, sono una malattia subdola, un killer silenzioso, che giorno dopo giorno mina alle fondamenta il patto sociale.

L’economia deve cambiare visione: occorre realizzare un cambiamento che metta in moto un processo in vista di un’economia diversa da quella che fa semplicemente sopravvivere (lavorare per guadagnare i soldi per vivere); un’economia che include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda. L’ecologia e la cura del prossimo sono intimamente correlate. Ed occorre realizzare processi produttivi, progetti qualificati ed una progettualità solidale in grado di garantire equità e giustizia per tutti.

Accettare il “bene comune”:dobbiamo riscoprire il senso e il valore del bene comune in contrapposizione alla ricerca del bene del singolo. Che cos’è il bene comune? Pensiamo agli allevatori che d’estate portano sull’alpeggio le proprie mandrie affinché trovino erba fresca per il pascolo. Se l’interesse del singolo fosse superiore al bene comune ogni pastore avrebbe interesse a portare una mucca in più al pascolo per massimizzare i propri profitti ma ciò porterebbe all’esaurimento ed alla desertificazione del pascolo. Invece i pastori sanno che devono preservare il pascolo affinché non si desertifichi e possa negli anni continuare a svolgere la propria funzione per tutta la collettività; anche noi oggi dobbiamo riscoprire valore del bene comune sentirlo nostro e preservarlo per le generazioni future.” (estratto dal Capitolo 3)

E’ possibile coniugare Finanza ed Etica?
Un’utopia, forse, ma i tempi sono maturi per una riflessione profonda su nuovi modelli di gestione della micro e della macro economia.

Mara Martellotta 

GIANLUIGI DE MARCHI e MARCO PICCOLO – FINANZA ED ETICA, DIAVOLO ED ACQUA SANTA? Riflessioni e proposte per un nuovo modello d’impresa, Amazon libri, 2022, euro 10

 

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Rinasce l’Osservatorio sulla salute delle donne

Rinasce l’Osservatorio Cittadino sulla salute delle donne, uno strumento istituito nel 2003 per monitorare e promuovere il raccordo con rappresentanti di istituzioni locali, ospedali, Asl, professioni mediche e organizzazioni della società civile che si occupano di promozione della salute femminile.

Oltre al ruolo di dialogo e coordinamento, l’Osservatorio faciliterà la lettura, in un’ottica di genere, di tutti i dati relativi alla salute delle donne sul territorio, definendo strumenti di monitoraggio e criteri di valutazione.Potrà inoltre sviluppare proposte per favorire l’utilizzo e la valorizzazione dei servizi che in città tutelano la salute della donna, ma anche ricerche innovative e pubblicazione delle offerte e delle istanze ai servizi, nonché iniziative aperte alla cittadinanza.

 

La prima riunione ne sancisce la nuova costituzione, dopo oltre dieci anni di inattività, grazie all’impegno e all’impulso di tanti soggetti diversi: “E’ la ripresa di un cammino e siamo consapevoli che ci attende un enorme lavoro per contrastare le strumentalizzazioni politiche dei corpi delle donne” ha dichiarato Jacopo Rosatelli, assessore al Welfare, Diritti e Pari opportunità.

La necessità di un confronto tra l’Amministrazione comunale e le associazioni cittadine che si occupano della salute femminile era stato evidenziata durante il forum ‘Salute é autodeterminazione’, promosso dalla Città di Torino l’8 marzo scorso. “Abbiamo colto la richiesta di molti soggetti cittadini di riattivare questo spazio di confronto e presidio da parte del Comune per monitorare e tutelare la salute delle donne che vivono a Torino” ha aggiunto Rosatelli.

I locali più familiari d’Italia

 In un periodo in cui il veloce cambiamento delle tendenze e dei bisogni o il necessario adattamento ai nuovi modelli economici spinge gli esercizi commerciali all’adeguamento e alla rielaborazione costante e assidua delle strategie di mercato

il fenomeno concreto delle aziende familiari, spesso sottovalutato e considerato obsoleto per la sua natura a volte preclusiva e poco incline alle novità, offre, in contrasto con questo orientamento contemporaneo dedito all’affannoso e spasmodico rinnovamento, un modello tramandato, popolare e alternativamente tradizionalista: il family business. Questo modello sta dimostrando di essere, considerati gli ottimi risultati, un management assolutamente di successo. Di fatto la conduzione familiare, di un ristorante, di un hotel o di qualsiasi altro locale, garantisce passione, attaccamento e abnegazione, conferisce all’attività un valore autentico legato alla memoria e al passato facendola riconoscere come un disegno storico curato e amato per generazioni. Certamente anche questi locali, il cui apprezzamento è dovuto al loro folclore e alla propria coerenza di stile e di contenuti, sono, seppur in misura diversa, soggetti alle leggi del mercato e talvolta indotti quindi a superare la soglia della familiarità affidandosi, per esempio, a collaboratori ed esperti esterni, ma a parte questa tenue necessità di conformarsi ai nuovi modelli, il family business può, o forse deve, rimanere virtuoso e continuare sulla sua strada fatta di tradizioni e rassicuranti consuetudini. Secondo la guida Locali Storici D’Italia, dei 215 esercizi commerciali storici circa   la metà sono a conduzione familiare con lunghissime discendenze che arrivano a perpetuarsi per più di 10 generazioni. Il primato del locale con la più longeva gestione familiare tramandata, ben 12 generazioni, è orgogliosamente piemontese, il Ristorante Corona di San Sebastiano Curone ad Alessandria. Questo antico locale,  che vanta tra i suoi frequentatori  D’Annunzio, il Generale Cadorna, l’Editore Ricordi e il Ciclista Fausto Coppi, nel 2011 è stato premiato dalla Regione con il  titolo di “attività commerciale più antica del Piemonte”. Con 11generazioni segue l’Hotel Cavallino Bianco a San Candido, in provincia di Bolzano, un meraviglioso albergo nel centro storico. Una volta semplice osteria, oggi è un romantico e moderno hotel, ornato da mura pittoresche ed ambienti eleganti e pieni di luce. Abbiamo poi La celebre Grapperia Ponte – Bassano del Grappa (Vicenza), la Confetteria della famiglia Romanengo di Genova, il Ristorante Erasmo di Ponte a Moriano in provincia di Lucca, il caffè dell’Ussero in quel di Pisa, tutti con un glorioso passato di 7 generazioni di conduzione familiare. Nella guida troviamo ancora altri storici locali con 5 e 6 progenie di family business. Le aziende a conduzione familiare in Italia vengono rappresentate dall’Aidaf – Associazione Italiana Aziende Familiari fondata da Alberto Falck nel 1997. I dati comunicati dall’associazione sono davvero significativi: 784.000 aziende, pari all’85% delle presenti in Italia che coprono il 70% dell’occupazione che tra il 2010 e il 2014 è cresciuta del 5,3%. Tra le 100 aziende a conduzione familiari nel mondo 15 tra le più antiche sono italiane.In questi luoghi antichi l’impegno e gli sforzi profusi nel tempo dalle famiglie per amministrare e provvedere alla loro gestione è tangibile, la fatica e l’amore impiegati per custodirli possiamo trovarli in ogni cosa, nel cibo, nelle mura, negli odori. Le promesse fatte in passato, lo sp

irito del “capitalismo familiare” messo in atto per garantire ai discendenti prosperità economica attraverso un progetto a lungo termine ha dato i suoi frutti, le aziende a conduzione familiare sono, in contrasto con una modernità a volte opprimente, un posto accogliente dove sentirsi al sicuro e un punto di riferimento indiscusso dell’economia italiana.

Maria La Barbera

 

 

Turismo accessibile: la Regione candida il progetto «La Via Francigena FOR ALL»

Sui fondi ministeriali per la disabilità

Illustrato al Ministro per la Disabilità, Erika Stefani, il piano che prevede l’ammodernamento di strutture e itinerari in 47 Comuni distribuiti su 250 chilometri

L’assessore Poggio: «Lavoriamo per intercettare fondi dello Stato e dell’Europa per incrementare l’offerta turistica rendendola accessibile a tutti»

 

Il Piemonte candiderà la «Via Francigena FOR ALL» al bando dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per «l’accessibilità dei percorsi turistici». Il piano prevede l’adeguamento di strutture e percorsi distribuiti in 250 chilometri in 47 Comuni sui 650 chilometri complessivi dell’itinerario che attraversa 4 parchi naturali, collegando 107 Comuni di cinque province: Torino, Vercelli, Biella, Asti e Alessandria. A questa direttrice si affianca la variante della Valle di Susa che con due rami provenienti dal Colle del Monginevro e dal Colle del Moncenisio, passando per Torino, raggiunge Vercelli per congiungersi infine all’itinerario principale.

Il progetto è stato illustrato  dall’assessore alla Cultura Turismo e Commercio Vittoria Poggio al ministero per la Disabilità Erika Stefani in tour in provincia di Alessandria.

«Lavoriamo in sinergia per attrarre tutti i fondi messi a disposizione dall’Europa e dal ministero per incrementare l’offerta turistica rendendola accessibile a tutti – ha sottolineato l’assessore alla Cultura Turismo e Commercio Vittoria Poggio – Soltanto in Piemonte le persone disabili sono 217.820 ovvero il 5,1% della popolazione, un dato che ricalca il 5% a livello nazionale. Abbiamo le competenze ma soprattutto la volontà di proseguire il lavoro di abbattimento delle barriere per dare a tutti la possibilità di visitare i nostri paesaggi, i nostri musei, i nostri patrimoni culturali».

Il progetto ha un valore di 1,7 milioni, prevede interventi come la mappatura dell’itinerario nei due tratti Canavesano e Valsusino per rendere fruibili 20 luoghi culturali (in via di definizione) 365 giorni l’anno migliorandone l’accessibilità. «Si tratta in particolare di replicare l’esperienza e le conoscenze acquisite attraverso l’iniziativa “Chiese a porte aperte” – ha aggiunto l’assessore Poggio – un sistema unico in Italia di prenotazione, apertura e narrazione automatizzata, tramite smartphone del patrimonio culturale ecclesiastico, che può essere esteso ad altri beni culturali presenti lungo il tracciato della Via Francigena».

Con il coinvolgimento degli enti territoriali, comunità locali e associazione europea delle Vie Francigene, saranno attivati tirocini lavorativi rivolti ai soggetti portatori di disabilità da effettuarsi presso le strutture di accoglienza (ricettive, della ristorazione etc) e presso gli uffici d’informazione presenti lungo l’itinerario della Via Francigena per offrire un’opportunità di inserimento lavorativo nel contesto turistico territoriale. Una linea d’intervento che si pensa possa coinvolgere almeno 30 persone.

Le azioni verso il pubblico (B2C) comprenderanno: campagne stampa e digital e social media marketing, creazione di pagine web dedicate al progetto e alle esperienze costruite sul tema, inserimento nelle campagne di co-marketing, promozione dedicata in occasione di fiere, eventi speciali, presentazioni e campagne tv.

Le attività rivolte al lato «commerciale» (B2B) si svilupperanno con l’inserimento del tema nei workshop tematici dedicati ai prodotti Cultura, Outdoor, Enogastronomia; in educational tour dedicati a tour operator, in roadshow di presentazione e infine in viaggi stampa specifici.

I Comuni coinvolti nel progetto «Via Francigena FOR ALL» – 250 KM

Via Francigena Val di Susa

  1. ALMESE
  2. AVIGLIANA
  3. BARDONECCHIA
  4. BORGONE SUSA
  5. BRUZOLO
  6. BUSSOLENO
  7. CAPRIE
  8. CASELETTE
  9. CHIANOCCO
  10. CHIOMONTE
  11. CHIUSA DI SAN MICHELE
  12. CONDOVE
  13. EXILLES
  14. GIAGLIONE
  15. GRAVERE
  16. MEANA DI SUSA
  17. MOMPANTERO
  18. MONCENISIO
  19. NOVALESA
  20. OULX
  21. RIVOLI
  22. ROSTA
  23. SALBERTRAND
  24. SAN DIDERO
  25. SAN GIORIO DI SUSA
  26. SANT’AMBROGIO DI TORINO
  27. SANT’ANTONINO DI SUSA
  28. SUSA
  29. VAIE
  30. VENAUS
  31. VILLAR DORA
  32. VILLAR FOCCHIARDO

Via Francigena Canavesana

  1. BUROLO
  2. BOLLENGO
  3. BORGOFRANCO D’IVREA
  4. CAREMA
  5. CASCINETTE D’IVREA
  6. CAVAGLIA’ (BI)
  7. CHIAVERANO
  8. IVREA
  9. MONTALTO DORA
  10. PALAZZO CANAVESE
  11. PIVERONE
  12. SETTIMO VITTONE
  13. ROPPOLO (BI)
  14. SANTHIA’ (BI)
  15. VIVERONE (BI)

“Tre metri quadri”, immersione nel mondo carcerario

 

IL LIBRO SUL CARCERE DI ALESSANDRO CAPRICCIOLI

Presentazioni a Torino e Fossano di “Tre metri quadri”, il libro di Alessandro Capriccioli, consigliere regionale radicale in Lazio, che racconta 4 anni di iniziative fatte dentro le strutture carcerarie.
Il libro è un diario che ripercorre una cinquantina di visite nelle carceri del Lazio che hanno le tipiche mancanze e difficoltà di tutte le strutture penitenziarie italiane. Un testo che, oltre a mettere il dito nella piaga della violazione dei diritti, pone a tutti noi l’interrogativo sulla attuale funzione del carcere e sulla sua reale utilità per recuperare alla vita sociale chi ha commesso reati. La lettura radicale di Capriccioli ci ricorda come un terzo dei detenuti sia in attesa di giudizio definitivo e un terzo sia lì per violazione della legge criminigena sulla droga. Ci ricorda come il lavoro, l’attività dei detenuti dentro e fuori il carcere, sia il vero strumento per ridurre la recidiva che oggi è purtroppo altissima.

“Noi siamo con voi per la pace e la giustizia”

Il prossimo martedì 12 aprile si terrà un incontro intitolato “Noi siamo con voi per la pace e la giustizia”.

Sulla locandina pubblicata sotto,  sono annunciati e illustrati sia il programma, sia i relatori, sia i soggetti che hanno organizzato e patrocinato l’evento. Come potere vedere, dunque, l’iniziativa è stata voluta e condivisa da un amplissimo arco di “Soggetti”, tanto religiosi, quanto sociali, quanto istituzionali, il che la rende – almeno in parte – abbastanza unica e significativa.

Giampiero Leo a nome degli organizzatori
Noi credenti non possiamo mai accettare la guerra, anche se per ogni giorno che passa ci sembra di poter far poco. Non possiamo accettare questa guerra fratricida che coinvolge due nazioni che hanno tanto in comune, a partire dalle radici cristiane e proprio per questo sentiamo con ancor maggiore partecipazione il dramma del popolo ucraino invaso, costretto all’esilio, sottoposto ai bombardamenti e alle violenze di ogni genere. La guerra è terribile, perché spesso sfugge a chi l’ha dichiarata e – come un fuoco – si allarga in modo incontrollabile. Non accettare la guerra – e ancor di più abituarci alla guerra – ci impegna a pregare e agire per la pace e per la giustizia. Sottolineiamo infatti che la pace senza giustizia non solo è di per se stessa precaria, ma può costituire anche una terribile mortificazione della stessa dignità umana. La preghiera, questa nostra preghiera, è anche una protesta per la violenza del conflitto e verso chi lo ha ultimamente scatenato per brama di potere e indifferenza alla legalità e alle regole di convivenza internazionali, ma soprattutto vuole essere la richiesta ai nostri Padri che ci diano il grande dono della pace. Non ci si può rassegnare al fatto che la guerra si incancrenisca per mesi o per anni in Ucraina, come in altre parti del mondo, mentre muoiono tanti uomini, donne e bambini. In questo nostro incontro pregheremo tutti insieme per quella pace a cui non rinunceremo mai, certi che la pace è il nostro ideale supremo, perché la pace è la ragione stessa dell’essere credenti.

Il dramma dei profughi ucraini, parla l’arcivescovo di Kosice

IN FUGA DALL’INFERNO

Nell’attuale drammatico momento che sta attraversando l’Europa Orientale
con la guerra in corso, i riflettori sono stati puntati frequentemente sulla
fiumana di profughi in fuga dall’Ucraina, soprattutto donne e bambini, che
hanno come prima meta la Polonia e la Romania. Quasi mai si parla della
Slovacchia, che confina con l’Ucraina nella sua parte orientale, sia pure per
un tratto non lungo. Quella Slovacchia che Avvenire titolò come
‘Sentinella d’Europa’ nel 2003 in un’intervista all’allora presidente della
repubblica Rudolf Schuster. Nei giorni scorsi l’arcivescovo ed eparca di
Kosice, Cyril Vasil, già segretario della Congregazione delle Chiese
Orientali era in Monferrato. Nel giugno del 2021, infatti a Crea, è strato
siglato il gemellaggio tra il Santuario di Crea e quello di Klokociov,
appartenente alla Diocesi di Kosice, di rito greco – cattolico . Inoltre
Casale Monferrato è gemellata da anni con Trnava a dimostrazione del
legame che c’è con la Slovacchia e una delegazione guidata dal rettore di
Crea, monsignor Francesco Mancinelli e dal sindaco di Casale Monferrato
ha portato recentemente aiuti per i profughi ucraini che arrivano da quel
tratto di confine dell’Unione Europea. Abbiamo incontrato l’arcivescovo di
Kosice a Crea, per un colloquio proprio nella sala che vide lo storico
incontro dopo la fine della seconda guerra mondiale tra Alcide De Gasperi
ed il ministro francese Bidault.
Monsignor Vasil, in questo momento la Slovacchia è ancora sentinella
d’Europa ?
Non voglio né idealizzare, né minimizzare il mio Paese. Siamo stati
criticati per l’ostilità nell’accogliere chi arrivava dal Terzo Mondo. Adesso
stiamo affrontando la crisi umanitaria della ‘porta accanto’. Ero già stato in
altri Paesi teatro di guerra, in Siria, in Iraq, in Libano, in Eritrea, ma una
fiumana del genere di persone in fuga dalla guerra non l’avevo e non
l’avevamo mai vista di queste dimensioni. Per la gente, visti i rapporti di
vicinanza è stato più naturale essere aperti, essere generosi con chi fuggiva.
Certo c’è stato l’impegno notevole nei primi giorni nel dare loro aiuto ma
dobbiamo pensare anche al prossimo futuro, a quelli che potranno essere i
problemi del caro-vita, degli alloggi, ad una convivenza e fare attenzione
ad una propaganda strisciante russa che lavora da decenni. C’è una corrente
di pensiero che guarda in quella direzione non tanto perché filo russa
quanto di sfiducia verso l’Occidente. Nell’insieme, però, possiamo
registrare un grande senso di solidarietà verso chi arriva.
Come mai i riflettori di media in questo frangente sono poco puntati sulla a
Slovacchia ?
La Polonia ha avuto oltre due milioni e mezzo di profughi, la Romania
quasi 50’mila, da noi ne sono passati 300mila circa e 60mila si sono
fermati. E’ anche questione di numeri. Con l’Italia, poi, il rapporto è
soprattutto attraverso la Chiesa. Gli slovacchi quando si recano all’estero
vanno in Germania, Gran Bretagna. In Italia vengono soprattutto per
vacanza. Come dicevo i nostri rapporti con l’Italia hanno un veicolo nella
Chiesa. Parecchi nostri sacerdoti hanno studiato a Roma. A tal proposito
vorrei ringraziare la Diocesi di Casale Monferrato, il Comune di Casale
Monferrato, il vostro volontariato, i cittadini per la mole di aiuti concreti
che ci hanno fatto pervenire.
Come si è mosso lo Stato in questa emergenza ?
Lo Stato si è mosso dopo la Chiesa che ha subito il primo impatto, ma sta
reagendo bene. Forze politiche, imprenditori, volontariato, sono ‘sul
pezzo’, il parlamento ha approvato una legge per l’emergenza dei profughi
con cui offre garanzie sociali, posti di lavoro. Gli ucraini sono gente
laboriosa per cui occorre trovare loro occasioni di lavoro, perché lavorare
contrasta la depressione, aiuta a non pensare all’inferno che si è lasciato
alle spalle. E comunque sono persone attive: una signora ucraina, una
manager, è venuta da noi è insieme ad alcuni ragazzi ucraini, anche
russofoni, appena arrivati ha messo in piedi un servizio di volontariato per i
nuovi arrivati.
Per molti di loro è un addio definitivo alla loro Patria ?
La prima ondata ha visto molte donne e bambini che avevano i mariti che
lavoravano già nella Repubblica Ceca o in Slovacchia. Già prima della
guerra da noi c’erano diversi infermieri, almeno 500 medici. Ed è pensabile
che, si fermeranno ricongiunta la famiglia. Altri adesso arrivano da località
che sono state completamente distrutte dalla guerra, con storie terribili alle
spalle.
Prima ha citato il volontariato; quale la dimensione dell’impegno dei
volontari ?
Grande, posso dirle che abbiamo circa 1000 volontari coordinati dal
sacerdote che si occupa della Pastorale Giovanile. E vorrei anche citare il
fatto di un mio sacerdote che dopo essere stato sul pezzo giorno e notte,
senza soste, ha perso i sensi mentre era all’opera. Gli ho imposto di stare a
riposo per qualche giorno prima di riprendere l’attività. E come lui sono in
tanti.
Il vostro rapporto con l’Unione Europea ?
“Ci sentiamo parte di essa, la percepiamo, siamo un Paese al Centro
dell’Europa”.
Massimo Iaretti