IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Il Muro di Berlino incominciò ad essere costruito tra il 12 e il 13 agosto 1961 ed oggi resta una pagina di storia dimenticata perché il crollo del comunismo sovietico portò nel 1989 all’abbattimento del muro della vergogna, com’era definito dai democratici.
Io ricordo quell’estate, non avevo ancora quattordici anni e non dimentico le parole severe di condanna di mio padre che per la prima volta mi parlò di comunismo, descrivendomi- avendola visitata di persona – cosa fosse l’URSS e la RDT. Avevo fatto l’ esame di terza media nel giugno 1961 e avevo per conto mio studiato anche la storia contemporanea che non c’era nel libro che finiva con il fascismo e conoscevo le conseguenze devastanti della seconda guerra mondiale che portò la Germania ad essere divisa in due, certo non senza fondate motivazioni perché il mostro del Nazismo avevano sconvolto l’Europa e minacciato da vicino il mondo libero ,per non parlare dello sterminio di 6 milioni di ebrei. Ma i cittadini tedeschi dell’Est non meritavano di passare dalla dittatura hitleriana a quella staliniana. Per impedire il libero passaggio tra le due Germanie, quella comunista e quella democratica, la prima eresse un muro di 156 chilometri alto 3,6 metri. Secondo i comunisti tedeschi che beffardamente definirono la loro repubblica “democratica“ il Muro era in funzione “antifascista “ per impedire alle spie occidentali di entrare a Berlino Est. In effetti venne costruito per inibire il libero passaggio tra le due Germanie e la fuga da una condizione di vita intollerabile ,se paragonata a quella dei tedeschi dell’Ovest malgrado le conseguenze della guerra perduta. La Germania dell’Est era uno Stato satellite dell’URSS, governata con sistemi dispotici, come tutti i Paesi oltre la Cortina di ferro. Il Muro divise per 28 anni le due Berlino e provocò disastri. Più di centomila berlinesi cercarono la fuga nella vera Germania democratica, quella che aveva per capitale Bonn. Furono molte centinaia i morti durante il tentativo di fuga, uccisi dalla polizia, affogati o caduti in incidenti mortali, come, rara avis, ci ricorda oggi il socialista Ugo Finetti.

Ci fu anche gente che si suicidò quando venne scoperta perché la Polizia della RDT era particolarmente efferata. Un vero stato di polizia nel cuore dell’Europa. La devastazione economica della Germania dell’Est creò gravi problemi anche per la riunificazione tedesca dopo il 1989.Va ricordato che il presidente americano Kennedy che non va affatto mitizzato perché commise tanti errori, andò nel 1963 in visita in Germania e disse la celebre frase : ”Io sono berlinese“, solidarizzando con i cittadini dell’Est che si vedevano violati i diritti più elementari. L’Occidente non si mosse come non si era mosso per l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956. Gli equilibri internazionali erano più importanti della libertà dei Berlinesi. Vale però la pena di sottolineare la follia di costruire un muro per impedire la fuga dall’inferno comunista. Di fronte ad essa il PCI di Togliatti tacque ,anzi fu solidale con la RDT .Basta rileggere i titoli e gli articoli dell’ “Unità“ di quei giorni di Ferragosto in cui quasi tutti pensavano a divertirsi in vacanza. Io ero a Bordighera e in Corso Italia vidi alcuni giovani che distribuivano dei volantini di condanna.
Mi venne spontaneo dar loro una mano : fu il mio battesimo alla politica. Nel 2019 andai a Berlino per ricevere un riconoscimento e ricordo la tristezza di quella città che aveva aggiunto alla tragedia nazista quella comunista e non si era ancora ripresa .La grande Berlino prussiana era stata cancellata e la Porta di Brandeburgo appariva un reperto archeologico. Inutilmente pensai alla Germania di Kant di Ficthe, di Hegel, di Nietzsche, di Beethoven, dei grandi storici e filologi. Restava solo il fantasma di un Marx che mi appariva il primo tradito. La sua utopia libertaria ed egualitaria diventò un regime sanguinario in cui veniva calpestata la dignità stessa delle persone. Non furono giorni piacevoli di vacanza. Ma vidi in ogni dove i fantasmi delle due dittature, nazista e comunista, che dominarono il ‘900. Una tragedia agghiacciante di cui il muro resta una delle testimonianze più ignobili e intollerabili.
Ma l’ultima di domenica 8 agosto non ho potuto non leggerla dopo quanto mi è stato segnalato. Scrive il noto scrittore ipercelebrato che “se non esistesse il concetto di famiglia, non esisterebbero le organizzazioni criminali“, con un’affermazione apodittica senza la benché minima dimostrazione storica. La famiglia come male da estirpare, lanciando i nuovi “patti d’affetto“ che sanno tanto di ddl Zan. Egli rimette in discussione il ruolo della famiglia nella nostra società, sostenendo che le mafie finiranno con la fine delle famiglie . “Quando l’umanità troverà nuove forme d’organizzazione sociale, nuovi patti di affetto, nuove dinamiche in cui crescere vite”, la mafia verrà sconfitta il che equivale a dire che l’idea di famiglia è un’espressione di comunità contigua alla mafia. Un’affermazione paradossale, anzi aberrante e soprattutto non fondata storicamente. Le analisi sulla famiglia borghese di Marx e di Hengel erano più problematiche e meno settarie. Anche il “libero amore“ nella Russia sovietica fu per il popolo uno slogan propagandistico e un’opportunità concessa solo alla nomenclatura. Ma in effetti nell’URSS liberticida le affermazioni di Saviano sarebbero costate al suo autore il gulag o il manicomio. Forse Saviano è anche nostalgico delle fallimentari “comuni” sessantottine che coniugavano nudismo, droga e promiscuità, anche se parla di nuovi patti senza però darne una definizione. Sarebbe interessante capire a cosa si riferisca di preciso. Il Nostro precisa che questi giudizi vanno estensivamente applicati anche alle famiglie non criminali borghesi perché il vero bubbone è il capitalismo. Come si faccia a dire che la famiglia sia un male da estirpare, non è chiaro. Solo un vetero -marxista -leninista che non conosce la storia reale dell’URSS ,può giungere a certe affermazioni. Temo che non si tratti di paradossi, ma di convinzioni reali. Io sono abituato a rispettare tutte le idee, soprattutto quelle più intollerabili: così si comportano i liberali che non possono tuttavia essere indifferenti ad alcuni principi etici irrinunciabili. Resto infatti tenacemente fermo all’articolo 29 della Costituzione che parla della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. La cellula fondamentale di qualunque società è la famiglia e la sua disgregazione equivale al nichilismo più assoluto che genera dei veri e propri mostri.
Gente senza qualità, come diceva Musil. E’ gente che non ha mai letto seriamente un libro in vita sua. Alcuni hanno evidenti ascendenze neo-fasciste, velocemente e solo provvisoriamente occultate. Non sanno che la libertà per i liberali è sempre e soltanto libertà responsabile e che la libertà si è fusa, a partire dal secolo scorso, in modo indissolubile con la democrazia. Non a caso, nella loro confusione mentale, sostengono la democrazia illiberale di Orban e di fronte alla pandemia invocano invece in Italia atteggiamenti che ammantano di un liberalismo di facciata appreso in un corso accelerato al Cepu. Mettersi nelle condizioni di infettare il prossimo è un atteggiamento barbaro, anzi da cavernicoli. Il liberalismo nacque molto dopo e fu una grande conquista civile e culturale sia nella versione inglese, sia nella versione francese. Anche la versione italiana ha avuto esponenti del calibro di Croce e di Einaudi che furono sempre uomini di cultura eticamente responsabili. Oltre ai neofascisti a dare lezioni di liberalismo si aggiunge l’ex comunista Cacciari, del tutto estraneo alla cultura liberale. Da liberale da oltre cinquant’anni, appartenente ad una famiglia liberale che può vantare il nome di Marcello Soleri, sento il dovere di denunciare l’appropriazione indebita di una concezione etico-politica che è del tutto estranea a chi crea confusione e proteste ingiustificate , dicendo di voler difendere la libertà. Lo scrivo a nome di tutti i liberali: da Cavour a Giolitti, da Croce a Einaudi, da Pannunzio a Malagodi, da Badini Confalonieri a Zanone, da Altissimo a Biondi. I liberali che hanno avuto come simbolo la bandiera tricolore, hanno sempre avuto il senso dello Stato che hanno fondato nel 1861 come stato liberale di diritto. E hanno avuto sempre la capacità di essere patrioti soprattutto nei momenti più drammatici della storia italiana ed europea. E in momenti tragici come questi i patrioti stanno dalla parte di chi vuole una libertà solidale senza ambiguità che si ponga l’obiettivo di salvare vite umane. Che la mia ex allieva Laura Marruccelli nipote dell’eroico generale Giuseppe Perotti capo del comitato militare del CLN piemontese fucilato al Martinetto, abbia fatta la scelta di difendere le ragioni della tutela della salute pubblica è un fatto che mi conforta e mi riempie di orgoglio.
La propaganda finisce però di prevalere e quindi il partito comunista fa una questione di classe anche nella lotta alla pandemia. Un po’ come ebbi modo di leggere mesi fa su Fb che il poter raggiungere la seconda casa era un privilegio intollerabile dei ricchi. Ma chi scriveva quella frase piena di odio classista era invece persona davvero da quattro soldi. Che adesso anche il professore di Filosofia Massimo Cacciari scriva tante frasi senza costrutto per criticare il green pass come un qualcosa che fa pensare al regime sovietico, mi indigna non poco. Non l’ho mai considerato un filosofo come invece vuol far credere di essere, ma lo ritenevo un piacevole intrattenitore televisivo non allineato e quindi interessante. Questa sua presa di posizione aspramente ostile al Governo Draghi la giudico un tradimento del chierico Cacciari. Il famoso tradimento dei chierici di Benda anche se a scartamento ridotto. Un pensatore critico come Bobbio avrebbe avuto il buon senso comune di tacere perché in certi momenti chi può influire sull’opinione pubblica deve astenersi dal dare giudizi emotivi che possono avere un che di sedizioso. La responsabilità oggi deve prevalere su tutto. Più che mai oggi abbiamo bisogno di disciplina. Non abbiamo bisogno di seminatori di dubbi (ci sono già i virologi che abbondano nel loro intollerabile protagonismo mediatico che semina terrore), ma di uomini di cultura che infondano fiducia. Cacciari che è stato deputato del Pci, non ha titolo di parlare dell’ Italia come un regime sovietico. I veri comunisti in alcuni momenti decisivi della nostra storia hanno saputo essere patrioti. Lo colse molto bene lo storico Raimondo Luraghi che andò nei garibaldini a combattere nella Resistenza perché non poteva più accettare la faziosità dei giellisti. Certo giellismo fazioso si rivelò come un qualcosa di inutile, se non di dannoso.
I docenti italiani non erano pronti per la Dad e una parte di studenti – va detto – ha preso sottogamba una scuola senza reali contatti con i docenti e senza verifiche periodiche adeguate. Poche scuole hanno superato l’ostacolo che era oggettivamente quasi insuperabile, malgrado l’impegno di presidi, docenti e personale non docente che, si spera, siano stati tutti vaccinati, ma neppure su questo ci sono certezze.