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Solo un De Gaulle potrebbe salvarci. A 50 anni dalla morte del Generale

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Il generale Charles De Gaulle morì nel novembre di 50 anni fa.  

Oggi si parla poco di lui, ma De Gaulle è  un gigante della storia, un generale e uno statista di eccezionale levatura che salvò due volte la Francia: dopo la sconfitta del 1940 ad opera della Germania nazista e durante la crisi della IV Repubblica e la crisi d’Algeria.  Essere statisti e militari e’ virtù molto rara nella stessa persona. Non era un politico , ma fu uno statista e soprattutto un patriota,  un uomo di inesausta passione civile e di limpida onesta’. Capi’ la crisi della governabilità in atto nella IV Repubblica dilaniata dai politicanti e diede vita ad una nuova Repubblica che ancora oggi garantisce democrazia ed efficienza.Fu un anticipatore. Quando senti’ che i Francesi non avevano più fiducia in lui, si ritirò a vita privata due volte. Oggi l’Italia andrebbe totalmente liberata dai politicanti incompetenti e ladri che stanno definitivamente mandandoci in rovina anche a causa del COVID che non hanno saputo fronteggiare. Il piccolo De Gaulle italiano fu Randolfo Pacciardi che si rivelò un inetto, per non dire dell’ex ambasciatore golpista Sogno, un personaggio da operetta, se non politica mente mitomane.  Era un uomo simpatico per una partita a scopa,  ma nulla di più.  Aveva ben operato come partigiano,  ma poi tu tto il resto fu un fallimento e un pasticcio. Tutti e due opacizzarono il nome di De Gaulle , dandone un’idea del tutto errata. Anche la Francia di oggi avrebbe bisogno di lui perché Macron non è adeguato ai tempi duri. Una grande riforma dello Stato e del metodo elettorale per una Repubblica presidenziale forte e democratica,  sarebbe indispensabile . Sarebbe anche necessario spazzare via le regioni che si sono rivelate inutili, costose, controproducenti e ricettacolo di corruzione molto evidente. Andrebbe rifondato lo Stato , cacciando gli inetti. Peccato che De Gaulle sia morto 50 anni fa e che ne’ in Francia ne’ in Italia ci sia qualcuno che possa essere a lui paragonato. Forse in Italia avremmo una donna molto decisa, capace, onesta e controcorrente che potrebbe salvarci . Una sorta di Giovanna d’Arco o di Veltro dantesco perché nella situazione in cui ci troviamo non bastano le mezze figure che sono sulla scena. Tanto per essere chiari, non mi riferisco alla donnina delle borgate romane che proviene dal MSI che parla spesso a vuoto e si è anche un po’ montata la testa. Occorrerebbe invece gente di specchiata tradizione democratica e di alto profilo intellettuale come lo fu  il grande Generale che senti ‘ la Patria come ragione di vita. Fu l’ultimo Re di Francia , ma un Re capace di fare dei passi indietro . Un esempio unico nella storia del ‘900. Peccato che la sua grande eredità politica sia stata sprecata in Italia da uomini ambiziosi e incapaci. Richiamarsi a De Gaulle oggi avrebbe un senso profondo perché De Gaulle fu un uomo di Stato nel senso più alto e nobile , un qualcosa di molto raro sia nella storia di Francia che in quella italiana. Io gli perdono anche il tentativo che fece dopo la guerra di annettersi l’italianissima Valle d’ Aosta.

Dad insoddisfacente, ma il Covid impone spirito di sacrificio

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Diventa davvero difficile non condividere la posizione della preside del liceo classico “ Gioberti” di Torino Miriam Pescatore.

E’ una straordinaria dirigente scolastica laureata in ingegneria, che intende tutelare la salute e la sicurezza dei suoi alunni, alcuni dei quali vogliono con grande superficialità condurre davanti al liceo una bizzarra protesta contro la didattica a distanza, presentandosi davanti a scuola contro le vigenti disposizioni del Dpcm del 3 novembre.

Legittimamente e doverosamente la didattica a distanza va seguita in luoghi idonei come la casa e non il marciapiede, sostiene la preside. Anche la prof. Pescatore è consapevole dei limiti della Dad, ma sente tra i suoi dovere far rispettare le norme in un periodo in cui la disciplina dovrebbe essere una regola per tutti, nessuno escluso. Sappiamo tutti molto bene cosa ha rappresentato la movida di giovani nel corso dell’ estate e che conseguenze drammatiche ha avuto. Sappiamo altrettanto bene la scelta avventurosa di voler riaprire le scuole senza la dovuta sicurezza.

Una preside che si assuma pienamente le sue responsabilità deve essere ringraziata pubblicamente per il suo civismo. Appartiene alla storia dei grandi presidi del glorioso liceo torinese da Luciano Perelli ad Angela Suppo. Quella scuola fu lasciata per anni allo sbando anche per la eccessiva vicinanza a Palazzo Nuovo e per la pavida incapacità dei suoi dirigenti e, in alcuni casi, di alcuni suoi docenti ammaliati dalle ubriacature sessantottine.

Questo è un passato che va archiviato . Oggi praticare la disciplina significa tutelare la propria vita è quella degli altri. E‘ un richiamo che anche il Presidente Mattarella ha evidenziato più volte. I giovani fanno bene a non essere soddisfatti della Dad, ma oggi non ci sono alternative e le polemiche devono cessare subito. I tempi drammatici che viviamo non lo consentono e Miriam Pescatore sta facendo il suo difficilissimo lavoro con passione, competenza e spirito di sacrificio senza alcun dubbio encomiabili.

(Nella foto di copertina Miriam Pescatore)

Il richiamo di Mattarella

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ Il Presidente della Repubblica Mattarella per la prima volta dopo tanti mesi difficili
ha alzato la voce, richiamando con chiarezza e fermezza gli Italiani e le forze politiche al senso di responsabilità richiesto dalla gravità del momento che viviamo

Nelle parole del Presidente, in versione aggiornata, ho risentito lo stesso pathos di Vittorio Emanuele III dopo la sconfitta di Caporetto. Era mesi che molti attendevano una parola forte che facesse sentire la voce della Nazione rispetto a quella delle fazioni e della mediocrità propria di una politica responsabile di gravissimi errori. Prima del Presidente della Repubblica solo la Presidente del Senato Casellati si era espressa con coraggio nei confronti di una situazione insostenibile.

Giustamente il Capo dello richiama gli Italiani alla disciplina, al buon senso, alla difesa di se‘ stessi.
Questo appello dovrebbe tradursi in un un messaggio alle Camere che dovrebbero unanimemente esprimere l’unità di tutti gli italiani. In certi momenti occorre la solennità della tragedia. Sul tempio della Gran Madre c’è una lapide che ricorda cosa fece il sindaco di Torino dopo Caporetto, scuotendo i torinesi.
I Sindaci d’ Italia dovrebbero riprendere le parole del Presidente e farle proprie. Non sarebbe di troppo l’invito a stringersi attorno al Tricolore, riscoprendo il valore della Patria comune negato per troppo tempo.

In questo momento storico in cui le regioni si rivelano inadeguate e possono rappresentare un elemento di confusione e di disgregazione bisogna tornare a guardare all’ Unità d’ Italia. Forse siamo in ritardo, ma bisogna tentare di far qualcosa ad ogni costo. Gli inviti del Presidente all’ Unità valgono per tutti gli italiani, nessuno escluso.  E in questo frangente è necessario un governo di Unità nazionale che escluda i responsabili dello sfascio a cui siamo andati incontro. In un paese civile chi sbaglia deve avere l’onestà di farsi da parte. Solo così potremo pensare di risollevarci. Sia chiaro, non un ennesimo inciucione all’italiana, ma un momento di sintesi nazionale , un qualcosa che parte della classe politica neppure conosce e non sa praticare .Ma occorre tentare lo stesso e la guida del Presidente della Repubblica è  decisiva.
Dopo Caporetto gli italiani seppero mettere da parte le discordie e furono idealmente un”esercito solo”schierato sulle rive del Piave a difendere l’Italia dall’invasore. Anche oggi occorre uno sforzo collettivo e corale che salvi l’Italia e gli Italiani.

Celebrare Messa non è un mestiere qualsiasi

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Oggi ho partecipato su Facebook ad una Messa celebrata nella Basilica di Sant’ Antonio di Padova . Già altre volte mi era capitato di essere deluso , ma oggi la delusione è stata molto più forte

L’insistere costantemente sulla morte in agguato certo non aiuta chi è già ossessionato dalla pandemia. E’ un modo sbagliato di affrontare il tema. Dalla Chiesa ci si attende altro, una comprensione umana sulla fragilità della vita che, in momenti tragici come questi, cerchi di dare un po’ di fiducia e di serenità. Non si chiede del facile ottimismo,che sarebbe impossibile oltre che falso, ma almeno qualche parola in più sarebbe doverosa. Mi capitò  anni fa di partecipare a due funerali lo stesso giorno in uno stesso ospedale e ascoltai la medesima omelia con la sola sostituzione del nome del defunto. Una routine da impiegato di banca,  non da sacerdote che celebra in un momento importante della vita di altri uomini. Ho avuto modo di ascoltare di recente il
Cardinal Ravasi sulla pandemia e ho tratto dalle sue parole conforto illuminante.  Il padre Antonio che celebra Messa nella Chiesa camilliana di “San Giuseppe “ di Torino, ha degli spunti sempre degni di riflessione , a volte persino ai limiti di un’ “eresia“ intimamente sofferta. In momenti come questi non occorrono dei don Abbondio, ma dei Padri Cristoforo che muoiono, assistendo gli apprestati nel lazzaretto.

Noi abbiamo vescovi che chiudono le chiese o parroci che sono costretti ad annullare le Messe perché colpiti dal virus. Non mi illudo, in una società appiattita all’insegna della mediocrità più banale, di trovare grandi sacerdoti. Io ad Alassio, a Pasqua, ne ho incontrato uno di grande umanità e di autentica e robusta religiosità. Lo conoscevo e lo
apprezzavo da tempo, ma non mi ero mai rivolto a lui per motivi religiosi.

Questi non sono tempi normali e anche i preti mediocri non debbono permettersi di ripetere banalità e superficialità che creano ulteriore sconforto. Devono essere più responsabili: sono i medici dell’anima. La morte è un tema tremendo, un tema molto individuale,  molto drammaticamente privato, di fronte a cui ci sentiamo soli .  Preti che ripetono le prediche degli anni precedenti e non si immergono nelle fragilità e nelle angosce umane di questi tempi, non sono adeguati ai momenti di ferro che viviamo. Non si tratta di chiudere preventivamente le chiese, si tratta di aprire i cuori, di essere vicini effettivamente a chi soffre e teme la morte. Cristo in croce ha dato conforto al buon ladrone che era al suo fianco. Io ho ritrovato le ragioni della fede rileggendo Manzoni. Che tristezza ascoltare preti che celebrano Messa come svolgessero un mestiere qualsiasi.  Non pretendo Don Primo Mazzolari che parlava del suo fratello Giuda.  Non pretendo il
Cardinal Martini, che pure mi sembro’ sempre abbastanza algido nella sua lucida cultura, mi accontenterei di un buon parroco di campagna abituato a convivere con le miserie e con il dolore umano . Non c’è bisogno di chiacchiere sociologiche e di predicozzi politici e pauperistici che lasciano il
tempo che trovano, ma c’è’ bisogno di humanitas cristiana, di un Agostino inquieto e peccatore e di non della fredda ragione tomistica che non non coglie il male di vivere di Montale e le inquietudini che rendono difficile il sonno ed increspano la squallida quotidianità,rubandoci la speranza e cancellando anche quella poca gioia di vivere che dava un senso alla vita. Forse mi manca il confronto con uno dei più grandi amici della mia vita Giovanni Ramella ,uomo di grande fede cristiana, che mi parlava dei suoi amori, delle sue speranze, delle sue donne con quell’umanità che solum era sua.

Era un uomo intero in cui la cultura si coniugava con la fede e tutte e due si fondevano con l’essere uomini. A volte parlavamo del grande latinista marxista Concetto Marchesi e della sua umanità, a volte lui mi parlava del suo maestro, il Cardinale Michele Pellegrino, che io, forse sbagliando, consideravo un intellettuale algido più che un pastore di anime. Giovanni Ramella in questi tempi bui sarebbe stato non solo un amico, ma una guida spirituale ineguagliabile.

(Nella foto in bianco e nero Quaglieni e Ramella)

 

Utet addio. Torino perde un altro pezzo di storia

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / E’  un grave lutto  per la cultura italiana la chiusura per fallimento della più antica casa editrice del Paese, l’UTET,  fondata dai fratelli Pomba a Torino nel 1791. L’UTET lascia dietro di sé un grande rimpianto e l’avervi collaborato, sia pure in anni lontani, è un grande titolo d’onore  per un uomo di cultura.

Il grande dizionario enciclopedico Fedele, il Dizionario della lingua italiana di Felice Battaglia, i grandi classici della politica e della letteratura, la storia della letteratura Latina di Augusto Rostagni sono solo alcune delle sue realizzazioni davvero grandiose. Si dovrebbero anche citare le opere nel campo scientifico e medico che facevano parte del suo catalogo prestigioso. E’ triste leggere che un suo collaboratore  abbia avuto ieri  il cattivo gusto di scrivere di non essere stato pagato, mentre la sua notorietà è in gran parte dovuta a cosa ha pubblicato presso quel grande e libero editore. Conobbi Carlo Verde che dal 1945 fu a capo della Casa editrice di corso Raffaello e che seppe tenere saldo il timone insieme all’ex genero  Luigi Firpo che, in verità, oltre che a  collaborare utilmente,  vi spadroneggiò in modo un po’ piratesco. A succedere a Verde fu l’amico europeista Gianni Merlini, uomo di vasta cultura e di rara sensibilità. Dopo Merlini fu l’inizio della fine e la vendita alla De Agostini provocò il lento, inesorabile  declino del glorioso marchio che venne letteralmente spolpato e svenduto dai nuovi padroni. Forse è stato meglio por fine all’agonia di una storia troppo gloriosa per subire ulteriori offese.  Da Corso Raffaello era finita in Lungo Dora. Una metafora molto eloquente della sua crisi. Torino si priva di una delle sue glorie e va notato come  ben pochi si siano impegnati per salvare la UTET quando sarebbe stato ancora possibile. Una ennesima vergogna per questa città che ha perso tutto ciò che di prezioso vi è nato. Certo, il discorso dovrebbe anche riguardare la crisi delle grandi opere e la crisi dell’editoria più in generale. Certo, chi fu ai vertici dell’ Azienda commise degli  errori, ma oggi è tempo di pianti e non di consuntivi. Un pianto per una morte dolorosa e davvero irreparabile.
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Chiese chiuse?

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni La notizia che la Diocesi di Pinerolo e la Chiesa Valdese abbiano deciso di sospendere di propria iniziativa ogni culto per due settimane a causa del COVID, non è notizia da relegare nelle cronache locali o da ignorare, come e’ accaduto.

 

E’ notizia che pone interrogativi che vanno ben oltre la valle del Pellice e del Chisone.  C’è da domandarsi che senso abbia tener aperti i barbieri, ad esempio, e chiudere le chiese per iniziativa delle medesime. Le chiese non hanno fini di lucro, e’ vero, ma esercitano un‘ indiscussa funzione sociale e individuale non surrogabile. Esse danno, per così dire, il cibo per l’anima che non è identificabile con la preghiera individuale, almeno per i cattolici . Diceva Benedetto Croce che ascoltare o non ascoltare una Messa e’ un affare di coscienza rispetto al “Parigi val bene una Messa” di Enrico IV.

Una Messa è un bisogno dell’anima che anche lo
Stato rispetto alla primavera scorsa ha riconosciuto,  non chiudendo le chiese.  E’ un affare di coscienza. C’è chi ha detto non senza ragione che anche visitare un museo – che il governo ha ritenuto di dover chiudere – è un bisogno spirituale. Ed io aggiungerei sia per credenti, sia per non credenti esso rappresenta una necessità dello spirito laico o non laico che sia. Nella primavera scorsa le cerimonie religiose vennero proibite persino a Pasqua . La C.e.i. protesto’ e invoco’ il diritto di culto, sancito dalla Costituzione, mentre Papa Francesco si mise dalla parte del governo italiano.
Oggi un vescovo e una chiesa protestante si ritrovano insieme nel privilegiare la salute del corpo, addirittura firmando un documento congiunto.  Il Vescovo di Pinerolo ha agito da solo, senza consultare almeno i vescovi confinanti e soprattutto l’arcivescovo di Torino che è anche vescovo di Susa ? E’ una domanda lecita.

Se poi consideriamo che le chiese cattoliche hanno dimostrato il più assoluto rispetto per il distanziamento sociale tra i banchi, notiamo che qualcosa nel ragionamento non torna. Cosa decideranno le diocesi italiane ?

Cosa significa l’isolata scelta di Pinerolo e della Chiesa Valdese ? Sono interrogativi che debbono trovare risposta nel più assoluto rispetto di ogni decisione. Nel clima tormentoso che viviamo i confini di quello che può sembrare giusto o sbagliato sono indefiniti ed essere laici diventa difficile e tormentoso come essere credenti di fronte ad un panorama di sofferenza e di morte.  Ed e’ proprio la morte ad accomunare oggi tutte le coscienze trepidanti che si interrogano spaurite.

Il tintinnar di manette può’ tornare

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il Direttore del “Corriere della Sera“ che non sarà Albertini o Spadolini , ma si chiama Luciano Fontana,  scrive che “Gli impegni per la salute sono svaniti quest’autunno” e che in previsione della seconda ondata da maggio a settembre si sarebbe aspettato che tutti si fossero concentrati sui punti in cui chiaramente eravamo in difficoltà. Si e’ trascurata la Sanità con ministri – scrittori da operetta e la “pandemia“ economica non è stata affrontata. Dopo tante chiacchiere, commissioni Colao,  Stati generali non hanno deciso nulla di nulla e il rapporto con l’Europa faticosamente riannodato e’ rimasto in sospeso insieme agli aiuti economici promessi. Neppure sul Mes e’ stato deciso nulla. Le Regioni hanno dato una pessima prova di se’ ed hanno aggiunto confusione a confusione . Oggi la Sanità piemontese appare in ginocchio e certi personaggi appaiono patetici nel loro nullismo. Per non dire della Calabria e dei suoi commissariamenti da farsa. Di fronte ad uno sfascio evidente che attenta alle nostre vite non un solo
parlamentare e’ stato in grado di rappresentare la Nazione o almeno i territori che li hanno eletti. Essi sono più che mai estreanei rispetto alla gente, godono di tamponi privilegiati e gratuiti e si nascondono dietro le loro mascherine, ma non fanno nulla.  I gruppi parlamentari di maggioranza non fanno nulla per mandare a casa Speranza che ha fallito in modo clamoroso, quelli di opposizione non presentato mozioni di sfiducia nei confronti degli inetti responsabili del tracollo.

Possibile che non ci siano parlamentari che abbiano il coraggio di battere un colpo? Così la democrazia italiana finisce ed appare uno scenario
inquietante davanti a noi.  Il Parlamento appare inutile e le comparse dei nominati sono davvero delle maschere da tragedia greca. Il Governo ormai naviga a vista e finirà per essere travolto.  Ma anche le istituzioni parlamentari al di là della volgare polemica quotidiana da cortile, si stanno anch’esse rivelando di carta pesta. Deputatini e senatorini che riscuotono lo stipendio, non muovono un dito per sollevare in Aula il dramma italiano.  Questa è la peggiore classe politica che l’Italia abbia avuto nella sua storia unitaria. Quello che storicamente era il
peggio, oggi apparirebbe il
meglio.  E noi stiamo vivendo la prova più terribile degli ultimi cento anni, abbandonati
a noi stessi, costretti a rifugiarci in casa come i nostri padri facevano nei rifugi antiaereo della seconda guerra mondiale. I nostri anziani, offesi
e vilipesi da bulletti presuntuosi e superficiali , non sono tutelati e rischiano di morire come bestie nel peggiore dei modi. Di guariti le statistiche ufficiali giornaliere non parlano neppure più.
In passato i Latini dicevano: “ Senatores boni viri, senatus mala bestia“. Oggi la distinzione sarebbe impossibile e la “mala bestia“ riguarda anche la Camera dei deputati. Neppure l’esagitato De Falco che tenne testa a Schettino, è in grado di gridare al naufragio. Oi giornali sono omertosi e non ne parlano. E’ chiaro che nel vuoto della politica la Magistratura debba incominciare a far chiarezza. Malgrado i suoi scandali,  essa potrà almeno sanzionare i responsabili di questo disastro e di questa ecatombe umana. Il  mio amico e illustre magistrato eMarcello Maddalena una volta parlò del tintinnar di manette e l’espressione mi fece inorridire. Oggi incomincio a capirla.

La nuova Caporetto della pandemia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ La pandemia che sta diventando sempre più aggressiva, rivela l’inadeguatezza dell’ intera classe politica italiana.

Nel 1917 dopo Caporetto il Re cambio’ il presidente del Consiglio Boselli con Vittorio Emanuele Orlando e Cadorna con Armando Diaz.
La mancanza di interventi sanitari adeguati nel corso dell’estate, la stolta tolleranza nei confronti delle movide, il mancato potenziamento dei trasporti,  la stupidità inerte delle Regioni, la riapertura cretina delle scuole, senza nessuna autentica sicurezza, i tagli dissennati della sanità pubblica hanno dei responsabili precisi. Nomi e cognomi che devono rispondere del loro operato. La politica non c’entra. Questi responsabili vanno messi alla gogna perché giocano cinicamente sulla vita degli Italiani. Certi giornali hanno messo alla gogna persone che si sono poi rivelate innocenti come Bertolaso. Oggi vanno messi alla gogna e mandati a casa questi improvvisatori irresponsabili che oggettivamente hanno un potere senza possederne le qualità. La Magistratura non puo rimanere inerte di fronte a misfatti inauditi; altrimenti c’è il rischio di una rivoluzione. Nel 1922 andò al potere Mussolini. Con gli attuali Facta nazionali e locali andremo a sbattere. Cambiamo almeno gli incapaci! Togliamo di mezzo la gentucola che siedono al governo nazionale e in molte Regioni. La serie diarroica di Decreti inefficaci deve finire.
Ripeto che la casa brucia e ogni incertezza è colpevole , ogni ritardo e’ intollerabile. L’ Italia sta vivendo la nuova Caporetto della pandemia. Bisogna reagire subito! Certe incertezze si possono configurare come alto tradimento.

Ricordiamo le vittime di Nizza per difendere l’Europa cristiana

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ Il fatto che il giorno dei Santi il Papa Francesco non abbia ricordato le vittime cristiane di Nizza sgozzate per mano di un assassino islamico, lascia oggettivamente perplessi ed amareggiati
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Io non ho prevenzioni contro il Papa, perché deve combattere ogni giorno battaglie difficilissime dentro le mura del Vaticano contro un clericalismo spesso corrotto e duro a morire . Ha forza e coraggio. Ha valorizzato anche il piacere del cibo e del sesso dono di Dio. Un passo avanti indubbiamente molto grande. Posso anche condividere la posizione sui gay anch’essi figli di Dio ,anche se la forma dell’intervista può essere motivo di sconcerto e la Sacra Scrittura e la tradizione cristiana condannano senza appello  il peccato contro Natura. Come credente so che debbo obbedienza al Papa, più che mai oggi necessario a guidare la navicella della Chiesa che naviga in mari burrascosi. E’ un Papa che cerca di portare ordine nella Chiesa e soprattutto pulizia. Chi lo osteggia sbaglia. Il suo predecessore era più carismatico, ma non aveva polso e si dimise come Celestino V.  Ma non aver ricordato anche questa volta le vittime cristiane dell’ Islam mi ha ferito. Con l’Islam occorre decisione e assoluta fermezza. L’Eurasia di cui parlava la Fallaci e’ vicina e non lasciamo ad un ometto come Salvini la difesa della Croce di Cristo di cui Salvini e ‘ indegno ed opportunista difensore. Deve essere il Papa di Roma a parlare, direi ad urlare la necessità di difendere l’ Europa cristiana e non solo.  Come Papa Gregorio Magno.

L’abisso della pandemia

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Un mio caro amico ieri  ha approfittato della apertura festiva a mezzogiorno di un ristorante ed è andato a gustare i gnocchetti alla parigina, una specialità che mi piace molto. Non mi sono sentito di unirmi a lui perché l’inquietudine per la pandemia sta avendo il sopravvento e non ho più la gioia di vivere, quella gioia di vivere che costituisce il titolo di un mio recente  libro su Mario Soldati. E la paura del contagio mi blocca in casa. Il racconto del giornalista – contagiato  Massimo Giannini ricoverato di riguardo mi ha raggelato. Sono scene da bolgia infernale.

Ho seguito via internet la Messa dalla basilica del Santo di Padova  per la festa dei Santi e mi ha colpito l’assenza anche solo di un cenno se non di una preghiera per il Covid. Il Vescovo celebrante, colto e forbito, ha parlato del Regno dei cieli, ma non ha sentito la necessità di dire una parola in proposito di chi vive nella valle di lacrime.
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Conosco persone – e le invidio molto – che riescono a convivere con la pandemia . Io non riesco , sento che l’angoscia sta montando e l’indignazione per i politici sta sempre più  aumentando. Dissento da chi protesta  perché di fronte al Covid occorre disciplina e ritengo che le Forze dell’Ordine siano troppo morbide con manifestazioni che sono assembramenti dannosi, se non vere e proprie adunate sediziose. Certo io sono condizionato dal fatto di aver letto e studiato la peste di Atene di Tucidide e di Lucrezio, la peste descritta dal Boccaccio e dal Manzoni , per non parlare di Camus. Sono pagine che inquietano e restano indelebili nella memoria al di là degli anni. Manzoni in primavera mi ha dato conforto, ma oggi la tragedia del presente va al di là della razionalità. E questo aspetto nessuno lo considera. Siamo ormai allo sfascio provocato da una classe politica di dilettanti che dovrebbe essere mandata a casa. Le regioni , messe alla prova sul terreno della Sanità, hanno dimostrato di non essere all’altezza e di essere anzi inutili e dannose, con ordinanze stravaganti che consentono ai “governatori “ di farsi conoscere, ma non  affrontano seriamente i problemi. Chi non ha conosciuto la guerra era un privilegiato, ora il flagello sta distruggendo la nostra vita. Chi crede, trova conforto nella fede, chi non è credente rischia di lasciarsi sopraffare dalla disperazione.
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E’ oltre un mese che il virus genera dolore e morte e i nostri governanti non riescono a a produrre provvedimenti efficaci. Ci sono solo  chiacchiere inutili  che intasano le Tv   e creano solo terrore. Anche i cosiddetti scienziati di rivelano autoreferenziali e poco seri. Addirittura il ministro della Sanità ha trovato il tempo di scrivere un libro  sulla pandemia invece di impegnarsi anima e corpo nel suo dicastero. Oggi c’è da domandarsi dove andremo a finire. L’immunità di gregge evocata  dai peggiori governanti all’inizio della pandemia può essere la prospettiva fallace verso cui più o meno inconsciamente  siamo avviati. Uno Stato che non sa tutelare la salute e la vita dei suoi cittadini  non adempie ai suoi compiti , lasciando ampio spazio agli agitatori e ai violenti. Forse queste cose si sono dimenticate , ma sono la base della democrazia. C’è chi evoca il “Resistere, resistere, resistere” del giudice arcigno Borrelli, non certo quello del 1917 durante la Grande Guerra. Andare a visitare cimiteri non serve a nulla e fare discorsi di circostanza non serve. Occorrerebbero  interventi autorevoli  e coraggiosi che restituiscano la fiducia perduta dei cittadini che soffrono e rischiano il lavoro e la vita. Il buonismo generico diventa perfino fastidioso come appare fastidiosa la propaganda dell’opposizione che non sa essere responsabile in un momento in cui ogni viltà e ogni opportunismo è tradimento. Una parola terribile che evoca un passato tragico della nostra storia che può tornare.
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