IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Al Senato della Repubblica, la presenza di Senatori non elettivi, e nominati a vita, è una concessione simbolica al vecchio Senato del Regno che in base a 21 categorie di appartenenza prevedeva la nomina regia dei Senatori secondo precisi criteri che consentivano alle intelligenze più alte e ai cittadini più meritevoli di accedere a Palazzo Madama, anche durante il fascismo.
Il fascino del Senato del Regno deve aver lasciato un buon ricordo se è vero che ne esiste ancora oggi una imitazione da operetta che si richiama ai fastigi sabaudi senza averne titolo alcuno e senza che nessuno commini sanzioni penali per abusi fin troppo evidenti.
La sinistra coerentemente alla Costituente avrebbe voluto un Senato elettivo come era nello spirito della Repubblica, mentre la destra avrebbe voluto una parte di senatori nominati. Si giunse al compromesso della nomina da parte del Presidente della Repubblica di 5 cittadini per altissimi meriti verso la Patria ai sensi dell’articolo 59 della Costituzione. Essi avrebbero dovuto illustrare, come diceva Einaudi, la Nazione nei diversi campi, anche se in passato alcuni senatori vennero attinti dalla politica e neppure della migliore: Taviani e Colombo sono gli esempi peggiori. Poi ci furono anche Valletta e Montale, Agnelli e Pininfarina, Levi Montalcini, Bobbio e Valiani, Spadolini e il poeta Trilussa. Montanelli rifiutò il laticlavio, come fece anche Toscanini.
Oggi c’è l’ormai decrepito Carlo Rubbia che non ha mai dato un apporto concreto ai lavori del Senato, la prof. Cattaneo, anch’essa assai poco attiva politicamente, la signora Levi celebratissima per i suoi insistenti appelli, le sue commissioni e per le cittadinanze onorarie davvero sterminate, che non ha nulla a che vedere con il grande Primo Levi che subì il campo di sterminio, ma fu anche un grande uomo e un grande scrittore, famoso e tradotto in tutto il mondo che nessun Presidente nominò Senatore a vita. Infine c’è Renzo Piano,
l’archistar del ponte di Genova che cede il suo vitalizio di Senatore per borse di studio. Questa ultima infornata di senatori, insieme alla nomina di Mario Monti, servì al presidente Napolitano per cacciare Berlusconi dal Governo nel 2011 e blindare il suo successore, nominato Senatore prima ancora di aver conseguito gli altissimi meriti richiesti dalla Costituzione: un caso incredibile ,se non fosse tristemente vero.
I Senatori a vita non sono gran che considerati, se si eccettua in questi ultimi anni la signora Segre, onnipresente a tutte le cerimonie, in tutte le circostanze possibili. Furono anche fondamentali per sostenere Prodi anche se Mastella riuscì a batterli.
La Senatrice Levi Montalcini – da quanto so – si pentì amaramente per questo ruolo non in linea con la grande dignità del suo passato. Ma quando un Governo non ha i voti dei Senatori eletti per sopravvivere per qualche tempo, ricorre a quelli vitalizi che si prestano a volte al gioco. Anche il prof. “Giuseppi” Conte ambirebbe a quei voti che non merita e che sollecita con spavalda sfrontatezza. Uno dei senatori vitalizi di diritto come ex Presidente della Repubblica, Napolitano, per ragioni di salute non può più accorrere in soccorso. Restano Monti, sempre disponibile a questi inviti, malgrado il suo fallimento politico, le due signore, Rubbia e Piano. Sarebbe dignitoso per il Senato che i Senatori a vita si sottraessero a queste sollecitazioni che non sono dignitose per chi le fa e per chi eventualmente le accetta.
I Governi democratici si votano con i parlamentari eletti, senza ricorrere a ripieghi. Se poi pensiamo ai Cinque Stelle e alla scatola di sardine che dicevano di voler aprire ,comprendiamo la situazione assurda e comica che si creerebbe. In ogni caso, sarebbe tempo di pensare ad abolire i Senatori a vita che non hanno una reale utilità ed hanno costi ragguardevoli con uffici e segreterie davvero sfarzosi a palazzo Zuccheri,vicino a palazzo Madama. Andrebbe anche messa in discussione l’assurda nomina a vita, che nel nuovo millennio appare del tutto ingiustificata. Nessuno in democrazia può ambire a posti vitalizi che invece tanto bene si attagliano alle dittature del terzo mondo. Neppure più il Papa si ritiene di per se’ a vita.
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Rivolgiamoci alla Consula’
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
La pandemia continua a mietere morti e a me sembra putroppo che la Chiesa torinese non sia così presente, come ci si aspetterebbe, nel dramma che ci coinvolge, credenti e non credenti.
Di fronte alla morte e all’idea di dover morire ci vuole sensibilità ed umanità. Le solite preghiere stereotipate o le solite litanie – non voglio offendere nessuno, sia chiaro perché sono credente – non bastano. Ci vuole altro. Perché la chiesa torinese ha di fatto ignorato la Consolata (la Consula’ , cantata di Nino Costa) o Superga di Vittorio Amedeo II, per non parlare di Maria Ausiliatrice? Sono la storia di Torino insieme al Cottolengo e al Cafasso. Andrebbe ancor prima ricordato il popolano beato Sebastiano Valfre ‘ che fu protagonista spirituale e materiale della resistenza dei torinesi all’assedio di Torino da parte dei francesi. Nei momenti difficili della mia vita sono andato alla Consolata dall’amico Mons. Franco Peradotto che prima era un grande uomo e poi era anche un grande sacerdote . Il cardinal Pellegrino sarà’ anche stato un grande grecista , ma umanamente era algido e trovava prioritario dialogare con il futuro sindaco comunista a cui spiano’ la strada. Che differenza tra il Cardinale Fossati o Mons. Pinardi! Altri arcivescovi non hanno di fatto lasciato traccia storica di se’: ottime persone, ma senza carisma. Il cardinale Ballestrero riuscì persino a “laicizzare “ la Sindone. Mi resta invece indelebile il ricordo dell’ incontro con papa Wojtyla nel cortile dell’ Università, uomo elettrizzante, carismatico. Dai laicisti venni attaccato per quell’incontro su invito dal rettore. Ricordo Papa Ratzinger per la sua ricchezza intellettuale e profondità umana che l’amico laico Marcello Pera mi ha aiutato a conoscere in modo più approfondito . Quattro righe del Papa tedesco valgono più di dieci prediche. Solo i faziosi dell’ Università di Roma non vollero accoglierlo in nome di un settarismo indecente. Ricordo con affetto e nostalgia Mons. Chiavazza, don Gnocchi, mons. Ruffino, mons. Bosso e mons Arcozzi Masino che condivisero la sorte dei loro soldati in Russia . Padre Ruggiero alle “Nuove“ conforto’ i condannati a morte. Ricordo il matematico e salesiano Piero Ottaviano uomo di grande disponibilità umana e civile, come il filosofo don Luigi Lo Sacco. Oggi don Ciotti e Olivero, incredibilmente taciturni , sono i due modelli di moda , ma anche molto lontani da una certa cristianita’ . Sono espressione di una chiesa un po’ troppo vip , celebrata dai politici che a me non piace. Sentii un certo disagio a ricevere insieme a Ciotti e Olivero un’alta onorificenza dal presidente Scalfaro che mi stupi’. La mia storia non aveva nulla con la loro. Ci saranno anche oggi dei sacerdoti degni di alcuni grandi esempi del passato. Voglio sperarlo . Sono loro che oggi ci occorrono , non i preti operai e i loro continuatori attuali. E’ quella Chiesa che deve dare la scossa e farci capire che non siamo abbandonati a noi stessi . Io ho la fortuna di avere un’assistenza spirituale in Liguria che mi da’ forza anche solo con una telefonata . La Chiesa altrimenti si atrofizza e perde la sua funzione più preziosa, quella di mettere in contatto le donne e gli uomini afflitti con Dio: janua coeli. Altrimenti le porte si aprono all’ateismo contemporaneo, da Nietzsche al povero Vattimo, allo squallido nichilismo privo di valori anche umani.
I diversi volti del trasformismo
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
L’ Italia è il Paese del trasformismo. Aveva ragione Gramsci a leggere la storia italiana in questa chiave, partendo da Cavour e Rattazzi per giungere a De Pretis e a Giolitti.
Molte maggioranze di governo si fondavano sul passaggio da uno schieramento all’altro di parlamentari, spesso per motivi inconfessabili, ma non sempre. Il connubio Cavour – Rattazzi, ad esempio, consenti al gran Conte di governare e di fare l’Italia, De Pretis si sostituì alla Destra Storica con metodi poco limpidi e i suoi governi non fecero un buon lavoro. Quel periodo sfociò nel governo Crispi, reazionario nella politica interna e velleitario in quella coloniale. De Pretis segno’ quello che Spadolini definì l’autunno del Risorgimento. E con De Pretis cominciò‘ in modo preoccupante il malaffare e la corruttela meridionale trasferita in parlamento e al governo.
Gramsci accusò Giovanni Giolitti che concluse cent’anni fa il suo ultimo governo, il quinto, di “trasformismo molecolare“ perché andò a cercare a volte il voto del singolo parlamentare. Ma Giolitti, al di là di certi modi discutibili che lo fecero definire da Salvemini il “ministro della mala vita” seppe usare il consenso per grandi riforme e grandi progetti, come prima di lui fece Cavour. Giolitti fu un vero statista. Poi, con la fine del maggioritario e dell’uninominale dopo la prima guerra mondiale, il trasformismo fu reso più difficile dalla nascita dei partiti di massa in parlamento.Dopo la parentesi fascista i trasformismi cambiarono. Ad esempio, il voto dell’articolo 7 della Costituzione da parte di Togliatti e del Pci fu un gesto trasformistico che fece inserire i Patti Lateranensi di Mussolini nella Costituzione. Ma quello di Togliatti era un progetto cinico, ma di alto profilo politico perché mirava ai rapporti con i cattolici.
Nella storia della repubblica si conoscono altri episodi miserevoli come l’acquisto di deputati monarchici da parte di Lauro per dividere il PNM di Covelli a vantaggio della Dc. Anche la scissione missina che creò‘ Democrazia nazionale nel 1976 fu orchestrata dalla Dc per indebolire Almirante dopo il grande successo del 1972. Non così si può dire delle due scissioni socialiste del 1947 e del 1969 che avevano motivazioni ideologiche precise al di là del clientelismo socialdemocratico che generarono e che tolse smalto a quelle scelte. Ci furono anche nella prima e seconda repubblica casi di deputati e senatori passati da un partito all’altro, soprattutto nella seconda repubblica. L’on. Luigi Compagna nella stessa legislatura passò in quasi dieci gruppi parlamentari. Anche i deputati eletti all’estero furono facile preda di acquisti a buon mercato.
Bisogna arrivare ai responsabili a sostegno di Berlusconi dopo il volta faccia di Fini per trovare altri trasformisti molecolari o quasi, come Scilipoti che arrivava dalle file di Di Pietro. Il bipartitismo della II repubblica favori il cambio di casacca. Pensiamo a Quagliariello, Costa, Alfano ed altri.
Prima ci fu anche Mastella che con la sua Udeur scrisse un’altra pagina di trasformismo bieco, un caso da manuale. Anche chi segui Cossiga nel sostegno al governo D’Alema fu un trasformista ,anche se il disegno di Cossiga non si può accusare di trasformismo. Adesso è giunto il turno – sembra – della moglie di Mastella e di qualche altro “costruttore“, anzi patriota, pronto a sostenere Conte. La parola costruttore fu coniata da Mattarella a Capodanno.
Senza dare valutazioni etiche che in politica sono sempre molto discutibili ed incerte, oggi c’e’ da domandarsi una cosa sola: Conte merita un terzo incarico? E’ simile a Cavour e Giolitti o appartiene alla peggiore o, almeno alla più scialba e inefficiente politica della storia repubblicana? Se è uno statista, merita sicuramente il voto di chi si appresta a sostituire Renzi che, dando vita al Conte bis, fece, a sua volta, una scelta trasformista. Se non è un nuovo Cavour o un Giolitti redivivo, merita invece di tornare a casa. Cent’anni fa socialisti e cattolici dopo una guerra vinta, impedirono a Giolitti di governare.
Ma nell’ Italietta travolta dal Covid e dalla crisi economica questi confronti sono impraticabili anche perché, di fatto, per molti la democrazia va sospesa, lasciando il potere al Governo, scavalcando persino il Parlamento. Forse sarà il caso di ricordare cosa accadde nel 1922, tenendo presente che le forme di dittatura del nuovo secolo non necessariamente sono tinte di nero.ma possono avere forme subdole, ma non meno letali per la libertà.
Inviato da iPad
Occorre una svolta
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Le vicende che ruotano su una possibile crisi di governo e che hanno in Matteo Renzi il suo protagonista, possono suscitare giudizi differenti:
le elezioni anticipate in queste condizioni sono indubbiamente un azzardo da non prendere alla leggera, anche se Renzi ha il merito di aver sollevato nel governo Conte questioni molto serie rispetto ai grandi pasticci e ai gravi errori di Conte e dei suoi ministri. Non so quale esito avrà nelle prossime ore lo sbocco della crisi di fiducia nei confronti di Conte che si è indiscutibilmente ed assolutamente rivelato inadeguato. Non riesco più neppure a immaginare in che modo riusciremo a superare la crisi pandemica e la crisi economica in cui siamo impantanati, perché siamo sempre più riducendoci al lumicino. Non abbiamo neppure i vaccini necessari. Questa è la verità incontrovertibile. Ma resta all’ordine del giorno il problema di non lasciare il paese in mano a questo miscuglio di forze politiche irresponsabili e di politicanti mediocri Siamo di fronte al peggiore governo della storia repubblicana. Non è un giudizio ideologico, è un dato di fatto. La politica non può’ rimanere senza prospettive di cambiamento democratico. E’ necessario incominciare a pensare ad un’alternativa seria che trovi il suo asse portante nelle forze moderate, le uniche che abbiano saputo governare l’Italia. I moderati hanno sempre avuto un ruolo determinante nella democrazia italiana. Occorre una grande coalizione che vada oltre le sigle e i simboli attuali e superi anche un’opposizione che si è rivelata inetta nel suo Trumpismo goliardico e velleitario che involontariamente fa il gioco di Conte. Occorre una grande mobilitazione antipopulista e democratica che faccia ritrovare il valore del Parlamento e la sua centralità. Cattolici e laici , liberali e socialisti devono tornare ad essere la forza trainante. Al di là di Renzi e della inopportunità di elezioni politiche a breve, occorre una svolta rispetto a politici che hanno gravissime responsabilità sia sotto il profilo politico sia sotto quello sanitario. Se l’Italia è destinata ad essere soggetta al governo Conte e ai partiti che lo sostengono fino al 2023, siamo fritti. Molta gente non tollera più la situazione ed è pronta a scatenare la protesta di piazza di cui parlava questa estate. Bisogna dirlo con chiarezza. Ogni prospettiva di speranza oggi è finita. Non dimentichiamolo mai. C’è anche una brutta aria di conformismo che può preludere ad un regime, una prospettiva da non escludere a priori specie in contesti drammatici come gli attuali.
Trump, la fine ingloriosa di un rivoltoso populista
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Trump è stato un pessimo presidente degli USA. Adesso sta finendo il mandato in modo indegno con atteggiamenti che degradano gli USA ad uno staterello sudamericano
L’assalto al Senato e’ di una gravità senza pari. Non uso mai a sproposito la parola fascismo, ma qui Trump e’ paragonabile al duce che pure non ebbe mai il coraggio di far aggredire dalle squadracce la Camera .Si accani’ da vigliacco contro il deputato Giacomo Matteotti , fatto rapire e uccidere. Mussolini disse che avrebbe potuto fare dell’aula sorda e grigia della Camera “il bivacco” per le camicie nere, ma non lo fece, non oso’ farlo. Se pensiamo alla storia della democrazia americana, quella citata ad esempio da Tocqueville e se pensiamo alla terribile guerra civile americana evocata ieri sera da Marcello Pera un tv, abbiamo chiaro chi siano davvero il bullo americano e i suoi rivoltosi assoldati. Al voto, un democratico si inchina, un autoritario nega il valore della volontà popolare. Non mi è mai piaciuto Obama ed ho espresso ripetute critiche ai Clinton.
Ma Trump non ha precedenti. E’ un vecchio bilioso che ha compromesso la pace mondiale e che oggi ha perso totalmente il controllo di se’ . C’è da rabbrividire per il potere che era nelle sue mani e che riguarda anche il controllo della forza nucleare. Nel migliore dei casi e’ uno sbruffone populista e sovranista senza regole. Chi in Italia lo ha sostenuto è un fesso o un potenziale fascista. Non dimentichiamolo! Gente senza cultura che vive di slogan e di frasi fatte, gente a cui non si potrà mai affidare l’Italia.
Il virus dell’indisciplina
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
L’indisciplina e’ una caratteristica italiana. Neppure il fascismo riuscì a battere l’indisciplina italica che si infiltro’ anche nei quadri del regime.
E tante cose negative del Ventennio non si realizzarono a pieno proprio per questo motivo che divenne quasi una virtù. Ma oggi, di fronte ad un nemico come il COVID, l’indisciplina diventa micidiale. Non parliamo solo di movide e di assembramenti, ma anche delle recentissime code all’IKEA. La disciplina, secondo certe persone , vale solo per la cultura, i teatri, i musei considerati superflui che di norma sono frequentati da persone colte, equilibrate, civili, disciplinate. Circa le scuole invece si vorrebbe un’auto disciplina che risulta impossibile perché in primis le famiglie non formano i figli alla responsabilità. La parola obbedire e’ sconosciuta ai più. I giovanissimi sono di per se‘ incontenibili per natura,quelli più grandicelli guardano spesso al bullismo come ad un modello di vita. Come si può realizzare a scuola una vera sicurezza se manca in tanti giovani l’auto controllo
a cui le famiglie non li hanno educati? Anche certi docenti permissivi e faciloni non danno garanzie sufficienti. Per altri versi, il docente non è un poliziotto che possa garantire il
distanziamento. Neppure nelle caserme non c’era più disciplina ben prima che venisse abolito il servizio militare obbligatorio. Nei momenti difficili non servono ne’ Rousseau ne’ Montessori, serve la docilità, come diceva un mio vecchio professore. Una docilità a tutela di se’ stessi e degli altri. Serve soprattutto riscoprire i “Doveri dell’uomo “di Mazzini. Una società liquida priva di valori non è in grado di affrontare e di vincere i momenti difficili. Può dare fastidio a qualcuno leggerlo, ma è la verità che deriva dalla storia. Scaricare sui presidi tutte le responsabilità e’ indegno di un paese civile.
I costruttori, Mattarella e la storia
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Dai tempi di Ciampi non ascolto i messaggi presidenziali di Capodanno e quindi non so esattamente cosa abbia detto il presidente Mattarella il 31 dicembre
Limitarsi a De Gasperi, Togliatti, Moro, Berlinguer e Andreotti (anche se il direttore non omette di rilevare i legami con la mafia di quest’ultimo, malgrado una sentenza di assoluzione) ci appare storicamente limitativo. Tra i costruttori ci sono anche personaggi minori come l’ambasciatore a Londra Nicolò Carandini o come il ministro e poi segretario della Nato Manlio Brosio.
Un Presidente per tutti gli Italiani
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Tra i primi nomi che appaiono sui giornali come possibili candidati Presidenti della Repubblica c’è anche Walter Veltroni , diventato una delle firme di punta del “Corriere della Sera”e una stella del cinema italiano contemporaneo.
Il ragazzo bocciato in ginnasio che rimediò un diploma professionale, ha sicuramente fatto molta strada.E’ stato direttore de “L’Unità”, leader, con scarso successo, del Pd, ministro, Sindaco di Roma per dieci anni, deputato e tanto altro. Nei rapporti istituzionali che ho avuto con lui si è sempre rivelato corretto, forse anche per la stima che aveva per Mario Soldati. Un politico di lungo corso ha inevitabilmente fatto cose buone e cose cattive e non basta il suo amore per il cinema a riscattarlo dagli errori. Il grande Giampaolo Pansa nel suo Bestiario lo definiva il “perdente giulivo “, già immaginando le sue aspirazioni quirinalizie Tra i tanti leader comunisti e poi del PD non è certamente stato dei peggiori. Pur avendo aderito al PCI giovanissimo, diceva di sé di non essere mai stato comunista, senza mai aver spiegato una frase abbastanza contraddittoria, non essendo l’Italia un partito unico come l’URSS. Certo, rispetto al ferreo D’Alema è stato meno dottrinario, ma è anche molto meno colto anche se ambedue non sono laureati… Quando moderai un dibattito tra Amato e D’Alema, mi resi conto del valore di quest’ultimo anche rispetto al dottor Sottile che avrei visto bene al Quirinale al posto di Mattarella e che ritengo l’unico statista sopravvissuto. La classe politica italiana di destra e di sinistra fa pena e c’è in questo Parlamento una sola candidata valida per cultura, equilibrio, terzietà, la Presidente del Senato Casellati che potrebbe anche guidare un Governo di salute nazionale che estrometta Conte. Si tratta di una donna umanamente ed intellettualmente straordinaria apprezzata, al di là delle valutazioni politiche di parte, come difensore ferreo delle prerogative parlamentari spesso calpestate dall’attuale governo senza che dal Colle siano giunti rilievi significativi. L’ex Presidente della Consulta Cartabia che sarebbe un’altra candidata, appare piuttosto scialba, perché non basta essere donna per essere brava al Quirinale.
Non parliamo di Franceschini (che manifesta incredibilmente degli interessi per il Quirinale) si tratta di un mediocre e grigio catto -comunista di provincia e di un pessimo ministro della cultura. Anche Prodi non ha perso tutte le speranze naufragate sette anni fa, anche se è ormai politicamente decotto. Una figura di rilievo appare invece MarioDraghi, una sorta di nuovo Ciampi che ha difeso l’Italia in Europa. C’è da augurarsi che Mattarella, ormai, quasi ottantenne non intenda riproporsi per un altro settennato che sarebbe del tutto immotivato. Tra tutti i candidati di cui si parla, quelli più degni di attenzione sono Veltroni, Casellati e Draghi. I politicanti che sono in Parlamento, al massimo, se hanno l’altezza fisica necessaria, possono aspirare a fare il corazziere. Veltroni è molto sponsorizzato e viene anche mitizzato, ma non ha certo la statura di un Napolitano. Una frase attribuita a Veltroni mi ha colpito negativamente : avrebbe voluto nascere il 25 aprile 1945. A molti questo desiderio che lo
invecchierebbe di 10 anni ,sarà piaciuto moltissimo e porterà alla solita vulgata celebrativa cara all’ Anpi . Io invece ritengo quella data divisiva perché gronda sangue e violenze, anche se segna la fine di una guerra mondiale, ma non di quella civile. Avrei capito di più il 2 giugno 1946, data in cui nacque la Repubblica . Non posso dimenticare che un uomo come Luciano Violante , una vera,grande riserva della Repubblica, uomo di rarissima intelligenza, parlò con rispetto dei “ragazzi di Salò”, molti dei quali quel rispetto forse non meritavano, Violante capi’ per primo a sinistra che la storia andava rivista senza retoriche e senza odi. Un atteggiamento simile a quello di Napolitano. Oggi occorre un Presidente super partes che rappresenti gli Italiani. L’esempio
cui guardare è Ciampi che simboleggiò l’idea stessa di Patria,per non citare l’esempio irripetibile di Luigi Einaudi. Lo capiranno i peones che tra un anno, dopo un settennato travagliato, dovranno eleggere ilsostituto di Mattarella? Ho dei forti dubbi sulla loro intelligenza. Chi divide o non sa unire non può risiedere sul colle più alto. C’è bisogno di gente corazzata di cultura storica che sappia guardare avanti. L’Italia ha bisogno di voltare pagina con un paese in mano ai guitti e ai loro replicanti.
Scrivere a quaglieni@gmail.com
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I due concerti di Capodanno
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Sono stato un assiduo frequentatore dal vivo dei concerti di Capodanno di Vienna e di Venezia
Quest’anno mi sono limitato con dispiacere alla televisione. Un concerto senza pubblico – mi diceva già tanti anni fa Massimo Mila – perde parte importante della sua vitalità. Ma certo la pandemia impone anche per i concerti delle regole tra cui la assenza di pubblico o almeno un contingentamento. Alla “Fenice” hanno scelto le mascherine e i distanziamenti tra i concertistici. Lo stesso maestro aveva la mascherina nera alla Zorro. La stessa regola è stata applicata al coro, quasi che il canto con o senza la mascherina sia un particolare trascurabile. Tutto il contrario di Vienna dove non si è vista traccia di mascherine e Muti ha diretto magistralmente. Mi sono commosso ad ascoltare il coro del Nabucco che appare il canto dolente di un popolo calpesto e deriso – uso apposta le parole del nostro inno nazionale – ma che io ho sentito un po’ illusoriamente anche come un canto di speranza, come lo sentivano Verdi e gli uomini del Risorgimento. Preciso che, come abito mentale, scelgo a priori la cautela perché il virus non perdona. Ma mi è venuto anche spontaneo domandarmi perché in Italia ci fossero le mascherine e in Austria no e mi sono chiesto chi abbia sbagliato o se esistano eventuali protocolli che lascino libere scelte in Europa in una materia tanto delicata anche sotto il profilo dell’esempio civico.
Ma soprattutto mi sono domandato dove fosse Franceschini, ministro di una cultura resa muta da provvedimenti assurdi che lasciano perplessi: chiudere i concerti e tenere aperte le chiese e’, ad esempio, una scelta comprensibile nel modo di ragionare clerico – marxista del ministro, ma non della gente normale.
Franceschini o un suo collaboratore non ha pensato di chiedere cosa facevano a Vienna e così l’Italia si è trovata con il bavaglio anche a Capodanno. La Fenice in una Venezia azzoppata e’ cosa internazionale che non può essere lasciata alla decisione burocratica del ministro Speranza o a qualche suo funzionario.
Un ministro inesistente è sempre meglio di un monstrum come la Azzolina, ma l’Italia che ha avuto Verdi, Rossini, Puccini, Mascagni, non può avere Franceschini ministro della cultura. Piuttosto ridateci Bondi. Era più sveglio.