SOMMARIO: Pisanu tra Moro e Berlusconi – Gente di Piemonte – Lettere




LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.comDà fastidio leggere che Steve della Casa, ex Lotta Continua, noto per le imprese violente dell’”Angelo Azzurro” di via Po con conseguenze penali e il vecchio ottuagenario Bruno Gambarotta si occupano della due giorni sul figlio di Piero Gobetti esaltato come grande uomo di cinema. Ho conosciuto Paolo e mi pareva un uomo finito sia per il matrimonio infelice con Carla che si credeva la vera erede di Piero, sia per altri aspetti di vita a tutti noti, ma di cui nessuno parla e sui quali io stesso taccio. Narciso Nada fondatore del Centro “Gobetti” andò via perché non voleva mescolarsi con gli eredi. Ma oggi c’è anche Polito che inizia le sue Messe cantate in anticipo rispetto al 2026 per non perdere tempo. Segretario tuttofare di Bobbio, se ne considera erede al Centro “Gobetti“ che gode di una duplice sede: una in via Fabro e una al Polo del ‘900. Un privilegio ingiustificabile. Non crede che sia il caso di dire basta alle Messe Cantate? Occorre la storia, non le litanie di Polito. Innocenzo Rinucci




Il teatro Valdocco è proprietà dei Salesiani i quali sono liberi – si spera ancora liberi – di accogliere o non accogliere conferenzieri. Il solito professore in quiescenza D’Orsi si lascia andare ad una ennesima, astiosa polemica, come è nel suo stile narcisistico – comunista, contro i Salesiani perché non hanno ospitato una sfilata di faziosi che è difficile mettere insieme in bellicosa falange, mai così compatta ed esclusiva. Barbero, Canfora, Travaglio, Di Battista, Di Cesare (l’amica della brigatista rossa!), Moni Ovadia, Enzo Iacchetti, D’Orsi ed altri attivisti minori non sono dei conferenzieri, ma sono un coro che canta una sola musica, quella del l’antisemitismo, del vetero – comunismo, dell’odio di classe e via discorrendo. La corale dei faziosi non può essere ospitata nella casa di Don Bosco e bene hanno fatto i salesiani a rifiutare la sala. La corale ha mille posti per esibirsi a Torino, ammesso che ci sia ancora un pubblico disposto ad ascoltarli. D’Orsi deve mettersi il cuore in pace, limitandosi a fare il pensionato. Persino le sue letture di Gramsci non meritano particolare attenzione : sono le solite vulgate che uno storico comunista come Spriano non avrebbe degnato di uno sguardo. Basta cultura faziosa. Anzi, va detto che la cultura faziosa non è cultura, ma propaganda: continuano a suonare il piffero di una rivoluzione per nostra fortuna impossibile. Anche per merito della loro alterigia monotona e ripetitiva che ha stancato.

Ho sempre intrattenuto buoni rapporti con Luciano Violante e Piero Fassino e debbo dire che in tante occasioni ho condiviso ed apprezzato le loro posizioni. Anche oggi non posso non apprezzarli rispetto ad una classe politica inetta, incolta, demagogica e velleitaria al seguito di Landini. Luciano Violante ha assunto una posizione di ferma e inequivocabile condanna di Askatasuna e le prodezze manifestate nell’aggredire la “Stampa”. Altro che le mezze verità di molte donne piddine che sono in realtà profondamente antisemite ed assai sprovvedute perché imbevute di propaganda alla maniera del piccolo Fornaro divenuto uno storico attendibile. Violante ha dichiarato : “Pro Pal senza freni. Siamo all’eversione, ora misure forti. L’antisemitismo è dentro la storia dell’Europa. Quella minaccia contro i giornalisti echeggia slogan simili pronunciati dai terroristi. Chi ha ucciso Carlo Casalegno e Walter Tobagi ha messo in pratica proprio quella minaccia. L’unica cosa da non fare è trattare la vicenda come se fosse una ragazzata”. Ecco il politico di razza di sempre, non confrontabile con i nani odierni. Violante aveva ragione anche con Sogno che tentò, sia pure in modo ridicolo, il golpe bianco come lui stesso dichiarò prima di morire. Ma c’è anche Piero Fassino, ex ministro e ultimo segretario del PDS, che esce dal silenzio e va in Israele in commissione parlamentare per ristabilire i rapporti amichevoli tra Italia e Israele perché i governi vanno e vengono, gli Stati restano”.
La violenza contro le donne va condannata nella maniera più ferma e senza giustificazionismi di sorta. Le donne restano il sesso debole, secondo un’antica espressione che pensavamo superata in nome di una parità sia pure faticosamente raggiunta. Oggi tuttavia nel rapporto uomo-donna, esse non sono solo la parte debole. A volte sono la parte forte anche nel momento di un divorzio. Lo sostiene una paladina delle donne come l’avvocato Anna Maria Bernardini de Pace che della battaglia contro la violenza sulle donne è un presidio attivo e giuridicamente straordinario e insuperabile. Ieri mattina ho partecipato come socio all’assemblea dell’associazione “Marco Pannella“, un altro grande presidio di libertà in una società dove ogni forma di violenza e di odio, in primis quello antisemita, minacciano la libertà di pensare e di vivere. L’aggressione al giornale “La Stampa“ rivela un impazzimento collettivo molto preoccupante. Nel mio intervento di ieri ho affermato che la legge contro la violenza alle donne nel punto relativo al consenso “libero e attuale” dell’atto sessuale va chiarito e precisato giuridicamente. Così come è formulato adesso, è fonte di condanne aprioristiche ingiuste. Non si può andare a letto con il telefonino o con un contratto da aggiornare magari in itinere. Si tratta di un qualcosa di grottesco e persino ridicolo. Ricorda un’espressione odiosa di tempi lontani: le marchette, il gettone che le prostitute ricevevano ad attestare le loro prestazioni: il sesso contabilizzato che ne distrugge il valore vitale. E’ strano che se ne siano accorti solo i leghisti, anche se la presenza di una giurista come Giulia Bongiorno fa la differenza. L’onere della prova di innocenza è giuridicamente inconsistente perché il principio giuridico è esattamente all’opposto. L’onere della prova spetta alla parte che fa valere un diritto in giudizio e non viceversa. Immemori delle improvvise denunce, vecchie di anni, che hanno riempito le pagine dei giornali dedicate a registi, attori ed attrici, coloro che hanno perseguito una legge con un voto unanime non hanno considerato che l’unanimita’ su un tema così delicato sacrifica la complessità dei problemi, semplificando in modo draconiano la realtà. Ho detto con una battuta un po’ semplicistica , ma vera, che a dettar legge è l’on. Boldrini, eroina di un manicheismo spesso settario e sempre ideologico. A me piacerebbe leggere un testo proposto dall’avvocato Bernardini de Pace che ha accumulato un’esperienza unica nel corso di una lunga carriera in rapporto costante con le donne. Inoltre la violenza nei rapporti non credo sia limitata solo al rapporto eterosessuale, come dimostrano le cronache. La verità è che l’amore è anche passione e seduzione e gelosia, tre sentimenti che nessun leguleio potrà facilmente regolamentare con certezza assoluta. Il problema si può tentare di risolverlo con l’educazione, ma non con quella degli improvvisati cultori di discipline che non conoscono: sociologi, psicologi, tuttologi, apprendisti stregoni. L’Eros resta un aspetto vitale carico di misteri, di piaceri e di sofferenze che ciascun essere umano deve affrontare o rinunciare a vivere. Sotto le coperte non valgono leggi , dicevano i vecchi liberali, contro i moralisti bacchettoni. Ho un’età tale da poterne parlarne con il distacco che viene dalla pace dei sensi e dall’esperienza di vita. Certe Erinni non possono stravolgere la vita umana. Ripeto, tuteliamo le donne con leggi severe, ma esse debbono essere chiare e giuste. Direi umane. Io sono convinto che Marco Pannella avrebbe condiviso questo discorso, anche se non è mia intenzione “usarne“ il nome che resta legato ad un contesto storico diverso da un oggi in cui prevale la deriva irrazionalistica degli estremisti. Ma certo Marco Pannella è stato anche un maestro libertario di vita.






La presentazione a Susa del libro sul giovane missino Ramelli massacrato di botte che gli hanno procurato la morte, ha suscitato polemiche aspre e presidi antifascisti che hanno portato la polizia a presidiare, a sua volta, la biblioteca di Susa. Forse è stato un misto di antifascismo e di No Tav a creare la miscela della intolleranza. Culicchia non è certo un autore con simpatie fasciste; ha scritto anche l’esaltazione del cugino brigatista rosso Walter Alasia pluriomicida. Adesso racconta la storia Ramelli vittima della furia degli anni di piombo e dell’odio politico, quando si riteneva che uccidere un fascista non fosse reato. Non so se Culicchia abbia saputo storicizzare quell’evento drammatico, ma non credo che il suo libro sia meramente apologetico. La mobilitazione a Susa appare del tutto immotivata. Forse Culicchia non doveva farsi presentare dall’assessore della destra radicale Marrone, ma scegliere uno storico o almeno un giornalista con cui interloquire. Che la presentazione si sia svolta perché la polizia lo ha consentito, è un fatto che induce alla tristezza perché il clima politico sta precipitando nell’estremismo illiberale che non ammette il pluralismo delle idee. In realtà la mancanza di pluralismo, specie su fatti legati al passato, fa pensare al fascismo, non all’antifascismo. La figura di Ramelli va rispettata da tutti perché è stato vittima della violenza. Chi la pensa in modo diverso, recupera visioni politiche nefaste che speravamo fossero solo il ricordo di un passato da guerra civile che faticosamente venne superato.
Che basti un’interrogazione parlamentare a per cacciare l’Imam di via Saluzzo a Torino dove abita da vent’anni, mi sembra sbagliato e intempestivo.

