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Se Odifreddi imita Scalfari

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
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Eugenio Scalfari intrattenne un fitto dialogo iniziale con Papa Francesco. Ne uscì anche un libro che oggi, dopo il pontificato di Francesco, si rivela poco più che aria fritta.  Facemmo anche discussione su Papa Francesco da poco eletto e il clericalismo e il  conseguente anticlericalismo. Approdammo alla conclusione che con Francesco non aveva senso un anticlericalismo astioso ed obsoleto come quello del venerato Bruno Segre, violentemente contrario ad ogni religione. Infatti Segre, annebbiato dal suo settarismo, fu l’unico che non colse la novità rappresentata da Francesco. Sembra che Odifreddi, che non ha neppure frequentato un liceo, ma un istituto per geometri in cui è assente lo studio della filosofia, voglia imitare Scalfari, tentando il colpaccio, lui ateo dichiarato e irridente in modo volgare  nei confronti di ogni religione come lo fu Segre,  di entrare in rapporti diretti con Leone XIV. Papa Bergoglio, pur apertissimo verso i non credenti, non volle avere rapporti con Odifreddi che alla morte del Papa, scrisse un necrologio offensivo  e volgarissimo anche  nel linguaggio  che rivelò come il geometra-matematico non abbia avuto rispetto neppure per la morte. Apparirebbe davvero una follia demagogica assurda che il nuovo Papa intrattenesse un rapporto   con Odifreddi che pontifica su Agostino e Pascal, forse per rendersi simpatico al Papa. Il Cardinale di Torino dovrebbe informare il Papa su chi è davvero Odifreddi che non è neppure una pecorella smarrita, ma un lupo superbo che, se dipendesse da lui, forse azzannerebbe tutti i credenti come privi di ragione.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Ricordi di un ex allievo del “ San Gip” – Antisemitismo e  violenza al Salone  e al Campus Einaudi – Lettere

Ricordi di un ex allievo del “ San Gip”
Il Collegio “San Giuseppe” di Torino, il “ San Gip”, festeggia  150 anni di vita. I Fratelli delle Scuole Cristiane, ordine fondato in Francia da San Giovanni Battista de la Salle, furono chiamati in Piemonte da re  Carlo Felice che fece anche cose buone, come si dice oggi. Papa Leone  ha ricevuto i Fratelli solennemente in udienza e l’anniversario è stato festeggiato a Torino in Duomo e al Collegio, oggi diretto in maniera incomparabile da Fr. Alfredo Centra , uomo coltissimo, preside  e capace manager .Il direttore ha fatto del Collegio una libera Agorà  aperta al confronto con tutti coloro che privilegiano la cultura senza settarismi.
Fra gli ex allievi illustri pubblicati sul sito del Collegio c’è la “crema” di Torino in tutti i settori . Essere passati attraverso l’educazione dei fratelli è un viatico che non si dimentica. Ne ho scritto sul “Corriere”, ricordando anche quando mi accompagnarono in gita scolastica in Egitto e andai ad El Alamein in anni in cui quei Caduti erano da ignorare. Un’esperienza indimenticabile  che raccontai anche al presidente Ciampi quando andammo insieme al Sacrario in Egitto per ricordare i caduti di una battaglia importante, totalmente ostracizzata in cui agli italiani mancò  la fortuna, ma non difettò certo  l’onore, come dimostrò Paolo Caccia Dominioni che costruì il Sacrario, raccogliendo le salme dei soldati caduti in battaglia.
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Antisemitismo e  violenza al Salone  e al Campus Einaudi
Giovedì ci sono stati minuti  di violenza agli ingressi del Salone del libro per colpa  di estremisti invasati che volevano impedire un incontro al Salone con la presenza del presidente della Comunità ebraica di Torino. La Polizia ha scongiurato il peggio. La Stampa ha scritto incredibilmente   soprattutto delle manganellate della Polizia. Ma andrebbe segnalato anche quanto accaduto al Campus Einaudi in cui gli estremisti pro Palestina hanno ancora una volta dimostrato di essere una minaccia alla democrazia e al confronto civile di opinioni.
Il rettore Geuna ancora una volta si è rivelato inadeguato e alcuni professori indegni del ruolo da essi ricoperto. Va ribadito ancora una volta che gli Atenei esistono per studiare e non per fare politica settaria che inquina la serenità degli studi, degenerando in brutale  violenza.  Questi signori sono l’esempio nostrano del fanatismo palestinese a Gaza che ha mietuto tante vittime innocenti. Il presidente israeliano può essere discutibile, ma non c’è confronto con i capi di Hamas assetati di sangue e solo desiderosi di vendetta. L’antisemitismo peggiore ormai da troppo tempo imperversa un po’ dappertutto.
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Brigitte Bardot
Cosa pensa di Brigitte Bardot che a 91 anni  prende posizione contro il femminismo francese?  A me sembra come sempre molto coraggiosa. Non è un peccato dire che a lei piacciono gli uomini. Questo è un piacere naturale di cui secondo alcuni bisognerebbe  oggi perfino giustificarsi. Giulia Ferro
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Concordo con lei. Pannunzio con Flaiano l’aveva incontrata a Roma e ne rimase colpito per la sua capacità di andare controcorrente in anni di bigottismo provinciale, quello  che “Il mondo” aveva combattuto con ironia raffinata. Ancor più  della “Dolce vita” di Fellini B.B . aveva rivelato un volto e un corpo  capace di capovolgere il perbenismo senza noiosi  discorsi sociali , ma con il fascino della bellezza femminile. I suoi nudi, i suoi topless entrarono nei sogni di tutti. Il far l’amore senza inibizioni e senza freni è un qualcosa  di unico che molte donne ancora oggi riescono a raggiungere con fatica, magari  impasticcandosi.  Fu una vera femminista che seppe anticipare i tempi senza mai ricorrere agli slogan delle femministe rancorose e spesso oggettivamente sgradevoli come quelle italiane e francesi in particolare.
Non attese il movimento di liberazione della donna e i suoi cortei.  Andò in pantaloni attillati a visitare all’Eliseo il Presidente De  Gaulle che viveva nel culto di Santa Giovanna d’Arco. L’amico Mughini ha scritto : “Lo scandalo e il fascino della Bardot non derivano  tanto dall’ aver vinto  consapevolmente dei tabù, quanto dalla naturalezza con cui li infrangeva”. Ogni  volta  che si pensa a Bb, l’adolescente che sonnecchia in noi, si risveglia. Me lo diceva Soldati che la incontrava al Festival di Cannes, ma avrebbe desiderato incontrarla da vicino tra le lenzuola, come mi disse senza giri di parole  una volta. Volli passare una settimana a Saint – Tropez (oggi totalmente decaduta)  ed ebbi modo con i buoni uffici di un  autorevole amico francese di parlare mezz’ora con B. B. che mi intrattenne sulle sue belle battaglie per gli animali. Pur anziana, aveva sempre lo sguardo e la vivacità dei vecchi tempi.
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Da Alassio
Ho appreso che l’ex sindaco Avogadro, prima leghista e attuale renziano, a suo tempo sfiduciato dalla sua stessa maggioranza, stia cercando di rientrare in gioco alla scadenza del secondo decennio di sindaco di Marco Melgrati. Cosa ne pensa?      Vittorio de Angeli
Tutto il male possibile. Avogadro  nel suo mandato portò  al governo della Città degli improvvisatori  incapaci e lui stesso si rivelò poco avveduto. Sarebbe una gravissima jattura per Alassio ritrovarsi di nuovo alle prese con questo personaggio e soprattutto con alcuni dei suoi sostenitori. Il successore di Melgrati dovrà indicarlo lo stesso sindaco quando non potrà più essere candidato.
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Il cardinale Zuppi
Non ho mai avuto simpatia per i vescovi cardinali di Bologna a partire dal filocomunista  Lercaro, salvo che per il cardinale Biffi che ebbe parole illuminate sui pericoli dell’immigrazione extracomunitaria. Ma adesso Zuppi  al Salone del libro supera se’ stesso, dicendo che, se eletto, avrebbe fatto come nel film di Nanni Moretti. Intendeva scherzare sul papato, una cosa molto seria per un cardinale papa mancato, per grazia dello Spirito Santo.   Giovanni Ramelli
Ha detto che, affacciatosi davanti a tanta gente come nuovo Papa, avrebbe rinchiuso  la finestra perché consapevole di “non farcela”. Può essere singolare la citazione di Moretti, ma in fondo ha detto la verità: Zuppi sarebbe stato inadeguato. Sempre alla ricerca di una battuta come Papa Francesco, dell’ultimo Papa ha solo la propensione alla battuta.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: il nuovo Papa – Rossotto, l’avvocato – storico – Lettere

Il nuovo Papa
Venerdì ho tenuto un discorso volto a trarre qualche prima, provvisoria  conclusione sul Pontificato di Francesco, anche se è presto per vedere i riflessi della sua opera a lunga scadenza che potranno essere ripresi dal nuovo Papa Leone XIV, un nome sicuramente impegnativo storicamente.  Nel mutare della storia e nel cambiamento di Papa non è detto che l’eredità di Francesco possa continuare ad incidere. Vedremo. Ho ascoltato un po’ di Tv il giorno della fumata bianca e  sono rimasto infastidito dal fatto che non sia stato trasmesso l’intero discorso del Papa senza interruzioni. Ho ascoltato gli “esperti” discutere quasi di aria fritta in modo spesso autoreferenziale . Ho notato la sicumera di tanti non credenti pontificare su cosa dovrebbe fare il nuovo Pontefice. Ho deciso di  spegnere la Tv e di studiare per qualche ora la biografia del nuovo Papa.
Ne ho tratto la conclusione, da approfondire ulteriormente, che ci si trovi di fronte ad una personalità ricca e complessa che ha maturato esperienze diverse non necessariamente decisive per il pontificato perché il nuovo ruolo di Papa è unico e al disopra del vissuto precedente. Richiamarsi ad Agostino, uno dei massimi pensatori non solo della Chiesa, è un dato importante della vita del Papa. Agostino fu un uomo inquieto, tormentato, con  cui nel “Secretum” un grande “ammalato” di un’ età di transizione  come il  Petrarca, entrò in dialogo. Fu frate agostiniano l’eretico Martin Lutero, anche lui  molto tormentato. L’immagine che si trae dal nuovo Papa è quella di un uomo di vasti studi e di forte  impegno religioso e intellettuale,  illuminato da una fede salda. Sarà un Papa che  si dedicherà alla cura e alla guida  delle anime dei credenti, oggi spesso disorientati, piuttosto che rincorrere l’applauso degli atei e dei miscredenti. Il  suo richiamo alla pace è in linea di continuità con tutti i predecessori novecenteschi che hanno inutilmente  tentato di fermare due guerre mondiali e due atroci dittature: quella russa e quella tedesca. Auguriamoci che Leone riesca a mediare nei conflitti che stanno dilaniando il mondo. Nato nel 1955, è il primo pontefice che non ha conosciuto la guerra e l’immediato dopoguerra, anche se i civili negli USA non ebbero la disgrazia di conoscere i bombardamenti e le tragedie vissute dagli Europei nelle loro città insanguinate  ridotte in macerie. Le critiche pretestuose di Vito Mancuso al Papa rivelano l’arroganza del personaggio che dà  giudizi negativi sul Papa che ha affrontato nella prima omelia il tema, disatteso da Francesco, dell’ateismo. Che Mancuso detti la linea al Papa appare vergognoso, definendo “stonati” due passaggi del suo discorso. Lasci a Odifreddi queste critiche banali.  Molto meglio  invece il non credente Mieli che con franchezza, non frequente in lui, ha esaltato Papa Leone e ridimensionato Francesco. Sono parole meritevoli di attenzione. Soprattutto il Cardinale Ravasi con la finezza intellettuale che solum è sua, ha tratteggiato un confronto sui due papi in cui appaiono i limiti di Francesco e l’alta figura di Leone (che lui conosce bene), uomo semplice e complesso insieme, ricco di cultura e di umanità.
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Rossotto, l’avvocato – storico
Riccardo Rossotto è un principe del foro torinese  con la passione per la storia contemporanea a cui si dedica da anni, pubblicando libri pregevoli e soprattutto intellettualmente onesti, frutto di scrupolose ricerche non ideologizzate. Qualche sera fa sono  andato ad ascoltarlo al Lux a parlare di Resistenza e Liberazione. Un discorso suffragato da un filmato di pregio che ha rappresentato a Torino una voce diversa rispetto ai conformismi. Ha dato tra l’altro un’interpretazione di Franco Antonicelli, allora liberale che parlò ai partigiani in piazza Vittorio, dopo il 25 aprile, invitandoli a riconsegnare le armi.
Non so se Antonicelli pensasse al pericolo di  un proseguimento privato o di partito della guerra civile come poi accadde, ma certo allora Antonicelli era ben diverso dai comunisti pronti alla rivoluzione proletaria. Conobbi Antonicelli quando dal 1968 era senatore eletto nelle liste del Pci. Ascoltai al Colle del Lis un suo discorso. Del liberale del ‘45 non era rimasto nulla perché si espresse addirittura a favore dei “ragazzi generosi” di “Lotta continua”. Già Croce in una lettera a Pannunzio aveva previsto la rincorsa verso il comunismo che si realizzò più lentamente di come predisse il filosofo.
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Solidarietà  a Laura Prunotto
Ho saputo che la docente Laura Prunotto, assolta da ogni addebito per non aver commesso i fatti a lei addebitati dopo circa dieci anni di sofferenze, è di nuovo nella burrasca perché la sentenza assolutoria  è  stata appellata, come richiedevano i genitori che dieci anni fa la accusarono  di maltrattamenti ai propri figli ormai cresciuti.
Lei difese la dottoressa Prunotto. Cosa ne pensa?  A.C.
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Penso che sono più che mai solidale con una docente che ha avuto la vita rovinata da accuse malevoli rivelatesi infondate nella prima  sentenza. Adesso si accinge a riprendere la croce sulle spalle anche per la nota lentezza della giustizia. Sono più che mai solidale con lei e spero che i giudici di appello comprendano la situazione e confermino l’assoluzione in tempi rapidi. Sono prove così dolorose che nessuno dovrebbe remare contro  di lei. E’ un atto di elementare giustizia a cui la Prunotto ha diritto.
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Fondazione Cavalieri di gran Croce
Ho letto che l’associazione Cavalieri di Gran Croce nata a Torino e poi trasferita a Roma si è trasformata in una fondazione,  che è cosa totalmente diversa da una associazione democratica in cui i soci votano i propri dirigenti. Un vero stravolgimento.  Antonio Rivoli
Sono stato tra i fondatori con gli amici  Marocco,  Ferreri, Quaglia, Garavelli, Ghigo ed altri  dell’associazione. Quando si trasferì a Roma cominciò a prendere delle strade che mi portarono a dimettermi perché non condividevo  una gestione poco efficiente e molto accentrata e personalistica. Credo che la scelta fatta abbia snaturato l’associazione.

Gli “Antifascisti immaginari” di Padellaro

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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Il prof. Quaglieni

Antonio Padellaro ha pubblicato un polemico  libro  dal titolo significativo: “Antifascisti immaginari” (ed.Paperfirst) che ha  subito suscitato l’aspra critica di Gad  Lerner da poco uscito da  “Il fatto quotidiano” di Travaglio autore della prefazione.

Ho letto con una certa  diffidenza il libro,  notando subito quell’aggettivo “immaginari” che ricorda il titolo del celebre libro di Vittoria Ronchey dedicato ai marxisti immaginari di 50 anni  fa, cioè i contestatori violenti e dogmatici dai quali nacque la scintilla del terrorismo rosso.
Non sono libri rapportabili perché quello della Ronchey è inimitabile per la scrittura e l’ironia angosciata con cui affronta il tema della scuola al collasso. Gli “antifascisti immaginari” di Padellaro sono  soprattutto i giornalisti e i commentatori televisivi e della carta stampata (di cui lui stesso fa parte) che esibiscono un antifascismo fatto di slogan, frasi fatte,  parole d’ordine che altri urlano nei cortei e nelle piazze dopo aver cantato a squarciagola “Bella ciao”.
Padellaro rivela onestà, ricordando l’eroico (e dimenticato) antifascismo del Colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo vittima delle Fosse Ardeatine,  capo della Resistenza romana, che fu contrario al terrorismo dei Gap, responsabile dell’attentato di via Rasella da cui scaturì la rappresaglia bestiale delle Fosse Ardeatine.
Padellaro, scrivendo questo libro, si inimichera’ sicuramente l’Anpi e tutto l’associazionismo che fa della militanza antifascista ad 80 dalla Liberazione la sua unica ragion d’essere. Le pagine di Padellaro meritano di essere lette e sono anche  un sicuro  antidoto al velenoso ideologismo  di Canfora e di  Scurati. Fa piacere ad uno come me (che certe cose le scrive  da decine d’anni, trovando spesso indifferenza e ostilità) vedere che molte delle sue riflessioni siano state sdoganate da Padellaro che solo in parte riesce a separare l’attualità politica dalla riflessione storica perché è un giornalista militante.
Infatti il vero punto su cui concentrare l’attenzione è la storicizzazione del fascismo che maestri come Renzo De Felice e Gian Enrico Rusconi hanno avvviato con scarso seguito.
Bastano questi due nomi per ridimensionare  Padellaro che resta infatti un giornalista. Mi domando se anche a lui verrà appioppata l’accusa di revisionismo che è stata affibbiata a tanti come fosse un’eresia meritevole di scomunica. Lerner ha già dato qualche segnale di intolleranza che avrà sicuramente dei seguaci.
Nell’elenco degli “antifascisti immaginari” aggiungerei anche i piccoli storici torinesi che rinvigoriscono le vulgate pseudo-storiche del passato.
Solo Oliva è riuscito a scrivere con il distacco dello
storico vero, partendo dal tema negato delle foibe, per giungere ad essere il vero erede di De Felice e soprattutto di Pavone. Anche lui subì in passato attacchi feroci da parte di una certa accademia settaria  e non è in televisione così di frequente come lo è  Barbero che, invece di limitarsi al Medio Evo, fa continue scorribande nella contemporaneità, prediligendo l’antifascismo.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: I ponti e il 1° Maggio – Dopo la Liberazione – I liberali e la loro storia – Lettere

I ponti e il 1° Maggio
Per molti italiani la Pasqua, il 25 aprile e il Primo Maggio sono stati l’occasione di un maxi ponte o di un ponticello. Mi ha colpito un Amministratore di condomini che ha chiuso gli uffici da Pasqua fino al 4 maggio. Per un lungo periodo i condomini sono stati abbandonati a sé stessi.
Il Primo Maggio quest’anno è diventato il pretesto per la Cgil di lanciare i referendum di giugno che divideranno profondamente il Paese e la stessa opposizione al Governo. Trasformare il referendum in una spallata, anzi in una vera e propria “rivolta”, come dice Landini, può ricompattare la maggioranza. L’estremismo è sempre un cattivo consigliere e il sindacalista a capo della Cgil oggi  non è certo Luciano Lama. A parte che l’insicurezza dell’ incolumità dei lavoratori  è anche colpa dei sindacati che hanno fatto politica più che fare i sindacati, merita una citazione Tito Boeri che giudica “antistorici” i referendum e ritiene che la vittoria dei si’ ”peggiorerebbe la situazione degli stipendi”.
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Dopo la Liberazione
Subito a ridosso del 25 aprile 1945 venne attuata l’epurazione dei fascisti applicando un deliberato del Cln Alta Italia predisposto tempo prima della stessa liberazione. Un regime di libertà che esordisca con un’epurazione può lasciare perplessi perché normalmente le epurazioni sono proprie dei regimi autoritari una volta andati al potere. Ma la storia è cosa complessa e quindi il ricorso all’epurazione  dopo il 25 aprile non era così inspiegabile.
Gianni Oliva
Gianni Oliva, nel libro dedicato ai 45 milioni di fascisti e ai 45 milioni di antifascisti, ha illustrato assai bene la situazione che si determinò che finì di confondere le acque fino ad annullare la linea netta di demarcazione tra fascisti e antifascisti. I veri davvero  epurati furono pochi, per lo più pesci piccoli. Al resto pensò Togliatti con l’amnistia del 1946 rivolta sia a partigiani sia a fascisti. Fu un atto necessario, ma certo inquinò l’intransigenza dell’azionismo fondato sulla illibatezza ideologica  e l’intransigenza rivoluzionaria dell’ala comunista alla Pietro Secchia, che nel biellese avallò i misfatti ignobili di Moranino, condannato all’ergastolo e fatto fuggire nell’Est fino a quando una grazia presidenziale richiesta dal Pci a Saragat non consentì il suo ritorno e la sua rielezione in Parlamento. Si tratta di pagine turbolente, come quella di piazzale Loreto in cui si vide a cosa poteva giungere l’odio della plebe sobillata. Quello di piazzale Loreto non fu popolo, ma plebaglia assatanata sempre presente durante le rivoluzioni.
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I liberali e la loro storia
Il 1925 segnò  l’uscita del libro di Guido De Ruggiero “Storia del liberalismo europeo” che dedica la parte conclusiva alla crisi del liberalismo italiano, considerato dal filosofo un pensiero debole rispetto ai liberalismi europei. Secondo l’autore, la fine dei liberali italiani è dovuta ai socialisti di fronte a cui essi cedettero già con Giolitti. Non so se l’analisi del seguace di Gentile e solo  successivamente di Croce avesse ragione.
Badini Confalonieri
Ci fu infatti soprattutto  un cedimento e un abbaglio nei confronti di Mussolini che provocò danni molto  maggiori. Volendo venire ad una storia più recente l’ipotesi del lib – lab  sostenuto dal PLI di Zanone portò il partito ad avere ministri e sottogoverno, ma appannò la identità storica  liberale. L’idea di porre il PLI a sinistra della DC fu un’operazione non politica, ma di potere che i veri liberali come Ostellino e Martino non poterono approvare. Se avessero meditato De Ruggiero avrebbero capito che il rapporto  succubo con i socialisti non poteva che portare alla confusione: de Lorenzo ministro della Sanità in cambio di una rinuncia ad essere sè stessi. Anche Vittorio Badini Confalonieri non condivise e si dimise dal partito, lui che dopo Gaetano Martino ne era stato il  presidente.
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Le epurazioni e i sequestri del CLN

Il cultore di storia e noto  collezionista di cimeli militari Alberto Turinetti di Priero ha pubblicato su Facebook un elenco di epurati  fascisti subito dopo il 25 aprile ‘45. Molti nomi non ci dicono oggi nulla, ma alcuni si’. Ad esempio, Emilio de la Forest de Divonne, Giorgio Bardanzellu, Giacomo Medici del Vascello, Alessandro Orsi, Vittorio Buratti, Ezio Maria Gray, Vittorio Valletta, Giovanni Agnelli senior, Giancarlo Camerana, Oreste Badellino e altri professori e presidi. Vennero anche sequestrati i patrimoni personali di De Vecchi di Val Cismon, quadrunviro della Marcia su Roma, Gen. Pietro Gazzera che fu ministro della Guerra, Paolo Thaon di Revel, anche lui ministro, Giovanni Agnelli senior, Giuseppe Burgo, Vittorio Cian,Adriano Tournon, Luigi Sambuy, Ugo Sartirana, Orazio Quaglia  e molti altri. Cosa ne pensa?   Tina Paratore

Ho già espresso un giudizio nella rubrica di oggi. Epurazioni e sequestri patrimoniali non sono propri di un regime di libertà. Le responsabilità nei confronti del fascismo furono diverse tra i nomi che Lei cita dei nomi che andrebbero tutti verificati; non sono riuscito a ottenere fonti attendibili in breve tempo quindi non mi assumo responsabilità in merito.  Va inoltre detto che almeno quelli che lei cita non credo abbiano avuto conseguenze serie perchè nel giro di poco furono “riabilitati” o addirittura assolti. Cito due esempi: Bardanzellu e Gray furono deputati della Repubblica, il latinista Badellino venne riconosciuto per il suo  alto valore scientifico come autore unico di un colossale dizionario. Non parliamo di Vittorio  Valletta che fu rapidamente richiamato alla guida della Fiat perché i nuovi amministratori si rivelarono incompetenti e incapaci . Quando Giorgio Amendola entrò alla Fiat indicò l’albero dove andava impiccato Valletta che invece tornò più forte di prima al ruolo di comando della Fiat anche per la morte del sen. Agnelli nello stesso 1945. I giacobini che volevano fare tabula rasa di tutto ,rimasero sconfitti .In alcuni casi ci  furono delle vere e proprie ingiustificabili   persecuzioni come nel caso  del  Gen. Gazzera che non fu mai fascista, come una volta mi disse Arrigo Olivetti che lo stimava molto. Gli eccessi ci furono, ma soprattutto andrebbe ricordato quello che Pansa ha definito il “sangue dei vinti”. I genitori, ad esempio, del prof. Vittorio Mathieu e il padre del prof. Nicola Matteucci sono casi di uccisioni  ingiustificate  che ancora oggi fanno accapponare la pelle.
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Mussolini resta cittadino onorario di Biella
Cosa pensa del fatto che il Comune di Biella che ha un sindaco di Fdi, ha respinto la cancellazione della cittadinanza a Mussolini ?Da biellese sono perplessa.   Teresa Quaglino
Non ho seguito il dibattito del Consiglio comunale di Biella e  quindi mi limito ad osservare che la proposta di togliere la cittadinanza a Mussolini per darla a Matteotti è  discutibile perché le cittadinanze onorarie non si tolgono e soprattutto non si conferiscono ai morti. I morti devono essere lasciati in pace. Per una ragione di rispetto che travalica la politica, direi anche  per una ragione di cultura. E’ gente che, ad esempio, non non ha mai letto i  “Sepolcri” di Foscolo. Trasferire dal Pantheon parigino delle salme di personaggi sgraditi fu cosa abominevole, praticata da giacobini e da  comunardi.
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Celebrazioni genetliache
Ho letto delle sontuose celebrazioni genetliache del signor Marzano-85 anni – presidente degli ex allievi del liceo Cavour con tanto di paginoni pubblicitari sui giornali che annunciano il compleanno. Mi è venuto alla mente il motto del “Cavour” che traduco dal piemontese: “Gli asini dei Cavour si lodano da loro perché nessuno li loda “.
Un ex allievo del Liceo classe di ferro ‘53
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In effetti non detto in piemontese perde un po’ di efficacia ironica; consiglierei al preside di aggiornare il motto, aggiungendo un * come per gli alunni /e.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Una nuova “Alleanza  per Torino” –  Sulla passeggiata Pannella – Lettere 

Una nuova “Alleanza  per Torino”
Lo Russo pone ordine con adeguato anticipo  nel suo futuro di sindaco al secondo mandato. L’annuncio di una nuova associazione che si chiama “Alleanza per Torino”,  che dovrà sfociare nel 2027 in una nuova lista a sostegno del sindaco è un fatto  positivo. Il sindaco di Torino ha dovuto e deve fare i conti con frange della sua maggioranza spesso poco allineate e con idee contraddittorie rispetto ad un centro – sinistra riformatore. Soprattutto l’impegno in questa impresa  di Valentino Castellani, il migliore sindaco di Torino dopo Peyron, è una garanzia perché proprio “Alleanza per Torino” lo portò alla vittoria contro Novelli che rappresentava il paleo comunismo giacobino torinese.

La nuova lista dovrà anche superare l’equivoco dei Moderati, in Comune con Lo Russo e in Regione con Cirio. Inoltre dovrà cercare di mettere insieme Azione e Italia viva, lasciando a casa alcune consigliere dell’estrema sinistra assai bellicose e  poco collaborative con il sindaco. Per non parlare del Consigliere Viale che con le sue disavventure giudiziarie e ‘ ormai alla fine del suo percorso politico. “Alleanza per Torino” ebbe l’apporto dell’ex sindaca repubblicana Cattaneo e del futuro senatore Marino. A questa componente laica dovrà rivolgersi anche la nuova “Alleanza per Torino” perché se è vero che i partiti laici sono morti, è altrettanto vero che gli elettori laici esistono e una parte di essi non sono certo disposti a replicare l’appoggio a “Torino bellissima” che si è rivelata il nulla del nulla.
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Sulla passeggiata Pannella
Il 25 aprile sulla passeggiata Marco Pannella, per iniziativa di Sergio Rovasio, stretto collaboratore del leader radicale, si è svolta una maratona oratoria per il 25 aprile davvero pluralista. Rovasio ha colto il vero e unico valore del 25 aprile dopo 80 anni all’insegna del libero pensiero. Perché i giornali hanno ignorato l’incontro, perché le Tv hanno taciuto?
Questi silenzi sanno di censura o di imbarazzo perché lo spazio giornalistico concesso alle imprese dei centri sociali il 24 aprile in piazza Castello senza parole di condanna, cozza con il silenzio riservato a chi ha festeggiato il 25 aprile nel nome di Pannella , garante di libertà e di tolleranza.
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85 anni al suono dell’inno di Mameli
Come è possibile che con intere pagine pubblicitarie a pagamento si festeggi il compleanno di Marzano ex assessore craxiano del PSI e presidente a vita dell’associazione ex allievi del liceo “Cavour”, diventato come il “D’Azeglio” enclave della sinistra più faziosa? Hanno anche mobilitato l’ex allievo Barbero, l’ex professore di Vercelli ultra celebrato. Il tutto al Museo del Risorgimento al suono dell’Inno di Mameli.     A. M.

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Goffredo Mameli
Non sono in grado di spiegarle le dinamiche dei fatti che lei ci racconta e che sorpresero molto anche me. Sono cose che mi sfuggono.  Io mi limito ad unire il mio augurio per gli 85 anni dell’avvocato Marzano, il prossimo Bruno Segre  da festeggiare fino ad oltre 100 e più anni. Sarebbe comunque interessante sapere chi ha pagato le pagine pubblicitarie del genetliaco.
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E l’Inno nazionale?
Cosa pensa del fatto che al concerto del 25 aprile al Regio non sia stato suonato l’Inno Nazionale? In compenso, fuori programma, orchestra e coro hanno suonato e cantato “Bella ciao”?
F. Rossi
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Era un concerto promosso, oltre che dalla Città di Torino, dall’Anpi. Ineccepibile il discorso istituzionale  del Sindaco. Nei discorsi è  mancato il ricordo dei Caduti del risorto Esercito italiano del Regno del Sud  e degli Internati militari. Una sprovveduta  che ha parlato dal palco ha anche detto che la Costituzione la dobbiamo ai “soli partigiani”. Un’affermazione risibile che ignora i lavori della Costituente. Oggi le conoscenze storiche sono spesso approssimative. Ho apprezzato il presidente Nino Boeti che è venuto in carrozzina e che resta sempre il meglio non solo dell’Anpi.

25 Aprile a Torino, se l’intolleranza soffoca la libertà

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
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La festa del 25 aprile non si è aperta bene a Torino perché i tafferugli hanno creato problemi alla manifestazione del 24 in piazza Castello. I centri sociali e i loro supporter hanno assalito il palco dal quale con i megafoni hanno fatto a modo loro una contro-manifestazione. E’ la prima volta che accadeva. Anche la presenza provocatoria di un consigliere comunale che si autodefinisce radicale,  non ha giovato a calmare le acque agitate. Ma ciò che appare assolutamente fuori discussione è che la festa della Liberazione è stata connotata dalla intolleranza che tende a soffocare proprio la libertà conquistata 80 anni fa. Certo, i climi di guerra tendono a inasprire degli animi e fanno emergere un antisemitismo antico, mai rinnegato, anzi  oggi più che mai orgogliosamente ostentato. Stamattina all’incontro sulla passeggiata Pannella si è vissuto  invece ciò che dovrebbe accadere di norma  alla festa del 25 aprile: un pluralismo di bandiere e di interventi anche di opposto significato in nome del libero pensiero. Questo è il vero modo di rivivere la Resistenza senza intenti egemonici superati dai tempi. Possibile che agli organizzatori dell’incontro in piazza Castello non sia mai venuto  in mente di evitare sempre gli stessi oratori ufficiali ,reclutati sistematicamente da un’unica esclusiva area ideologica e politica?  La ripetitività ha stancato e può anche far capire che ci sia qualcuno che non voglia solo ascoltare delle prediche, ma voglia anche far sentire la propria voce. Non giustifico certo la violenza dei centri sociali, ma diventa un fatto sempre più intollerabile, proprio nello spirito pluralistico del 25 aprile, che a celebrare la Messa cantata in piazza siano sempre gli stessi officianti. Io ho chiuso il mio intervento alla passeggiata Pannella con un “Viva l’Italia!” che certamente sarebbe stato improponibile in piazza Castello e che forse pochi hanno apprezzato alla passeggiata Pannella. Ma è il grido con cui sono morti sotto il fuoco fascista il Generale Perotti e gli eroi del Martinetto.
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(Foto Cosap)

Lutto per Papa Francesco, la laicità dello Stato non è a rischio

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
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Il prof. Quaglieni

Di fronte alla morte le polemiche sono sempre fuori posto perché il rispetto e il silenzio si impongono. Il Governo ha deciso 5 giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco che, morto lunedì, avrà i funerali sabato, una scelta a cui il governo italiano ha ritenuto di uniformarsi. Non ricordo precedenti di questo tipo, ma  il problema non è questo.

Il problema  è invece rappresentato dall’usare la polemica strumentale come   stanno facendo i radicali torinesi  che parlano di una svolta “sudamericana” per il lutto nazionale e chiedono addirittura  una disobbedienza da parte dei sindaci nella applicazione del lutto, teorizzando finti problemi di laicità  dello Stato che non esistono. Papa Francesco è  stato il pontefice del superamento del clericalismo. Basterebbe citare Eugenio Scalfari sulla laicità del Papa che è piaciuto a tanti atei e ha suscitato invece  riserve da parte di non pochi credenti.
Le cose scritte sul Papa  dal professor Odifreddi non meritano confutazioni perché anche nel linguaggio rivelano un ridicolo  malanimo e un pregiudizio che superano  la faziosità dell’avvocato Bruno Segre il quale vedeva in ogni religione l’oscurantismo dell’Inquisizione. Sollevare da parte dei radicali torinesi  il problema dei giorni di lutto, chiedendo la disobbedienza dei sindaci appare, oltre che di cattivo gusto, un pretesto per fare della polemica preconcetta ad ogni costo e in ogni occasione anche la più inopportuna. Il lutto nazionale coincide  anche con la festa del 25 aprile, l’ ottantesimo della Liberazione. E’ difficile pensare che il lutto possa incidere negativamente sul 25 aprile, al di la’ di frasi infelici di qualcuno. In ogni caso contestare un lutto per un personaggio del calibro di Papa Francesco appare una forma di infantilismo politico  o di preoccupante  senescenz.   Marco Pannella dissentirebbe da questi radicali insieme ad Emma Bonino che ha rilasciato dichiarazioni sul Papa che almeno  i radicali dovrebbero aver letto.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: 25 aprile 80 anni dopo – Referendum – Lettere

25 aprile 80 anni dopo
Chi vuole vedere il 25 aprile 1945 come una data storica deve necessariamente storicizzare , evitando le  esaltazioni acritiche. C’è un libro di Dino Messina  dal titolo molto  significativo “Piazzale  Loreto. I due volti della liberazione” che merita di essere letto. Messina analizza i diversi giudizi su quell’ultimo episodio che rappresentò secondo Parri una “carneficina sudamericana”, mentre Bocca giunse a definirlo con la  sfrontatezza dello scribacchino (che era stato anche antisemita) un “atto rivoluzionario”. La violenza non è mai giustificabile di per sé. Questo è un principio sul quale non si può derogare specie se a farne le spese sono dei cadaveri.
Il 25 aprile va comunque celebrato come fine di una terribile guerra durata cinque anni che per altri versi chiudeva una guerra civile europea iniziata nel 1914 la quale ebbe una parentesi di pace tra il 1919 e il 1939: una sorta di guerra dei trent’anni, come è stato detto, forse semplificando molto perché la storia non si ripete mai. Il sogno del 25 aprile fu quello della pace, della libertà, della democrazia che non sempre si realizzarono, anche se  pensiamo anche solo alla guerra fredda. In Italia si aprì  un lungo periodo di libertà e di democrazia garantito da una Costituzione che si è rivelata il frutto migliore e più duraturo del 25 aprile. Non bastò un generico antifascismo perché non tutto l’antifascismo fu democratico. E non bastò neppure il sogno europeo, già nato nella mente di Einaudi ben prima del manifesto di Ventotene, a dare concretezza all’unità europea ,anche se l’Europa, nel suo  pur difficile cammino, ha garantito una pace insperabile: i nazionalismi e le cupidigie nazionali sono dure a morire. I veri valori ad aver vinto il 25 aprile sono però  quelli dell’ Europa oggi putroppo  in profonda crisi. Il modo migliore per festeggiare la Liberazione è quello di guardare al futuro, sperando che Putin e Trump non rappresentino il ritorno ad un passato che speravamo archiviato per sempre. Gli Stati Uniti che diedero un contributo fondamentale alla liberazione dell’Europa, non possono finire ostaggio di un  vecchio visionario pericoloso che cerca di stravolgere il mondo.
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Referendum
E’ legittimo invitare a votare ai referendum indetti dalla Cgil per giugno. Ma non va dimenticato che il referendum implica un quorum e che quindi  è legittimo astenersi dal voto quando l’elettore lo ritenga opportuno. Esistono due vie: il voto contrario e il non voto. Se consideriamo che i promotori intendono dare al voto referendario il valore di una “rivolta sociale”, coloro che non condividono questa scelta  possono opporsi contribuendo a far saltare il quorum. Non si tratta di imitare i consigli del vecchio cardinale Ruini, si tratta di impedire che il referendum rappresenti uno strumento illecito di pressione politica volto a mutare l’esito del voto. Guai a mettere in conflitto il voto referendario con il voto politico a cui ci si oppone con le elezioni e con referendum politicizzati. Dopo il referendum sul divorzio (tema che doveva restare estraneo dal contesto politico contingente) ci furono forze politiche che tentarono la spallata e in parte  ci riuscirono , approfittando del voto referendario, a governare tutte le principali città l’anno dopo nel 1975 attraverso giunte rosse che si ressero anche sul voto di trasformisti che passarono in cambio di assessorati al fronte. Chi non è favorevole a queste conseguenze che Landini evoca parlando persino di fronte popolare, vota contro o si astiene. Con l’astensione puo ‘rendere nullo il referendum come prescrive la legge. E qui si pone un altro problema: sperperare tanti soldi per un referendum che non raggiunge il quorum può significare secondo alcuni giuristi un danno erariale. Facilitare la raccolta delle firme per via informatica senza alzare il numero dei firmatari proponenti  si rivela un errore grossolano di bassa demagogia. Il numero dei richiedenti va innalzato in base al cambiamento dei tempi e alle nuove tecnologie comunicative. Gli appelli di don Ciotti non meritano di essere considerati in termini politici. Sono le solite, trite esternazioni che si ripetono da decine d’anni quasi sempre inascoltate.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Del Din patriota
In riferimento all’articolo sulla Medaglia d’oro al Valor Militare del Din che ho molto apprezzato, vorrei ricordare che la stessa ha detto che preferisce essere definita patriota e non partigiana perché lei si senti’ al servizio della patria e non di una parte. Una scelta molto importante. Ho letto che la Fivl di cui la del Din è presidente onoraria  non raccoglie i partigiani monarchici, ma si estende a quelli socialisti. Mi sembra una sbandata della nuova presidenza che mi allontana dalla Fivl, sempre più simile all’Anpi. Il mio defunto marito patriota nella Resistenza ne sarebbe indignato.     Esterina de Filippis
Non seguo da anni la Fivl di cui fui dirigente in Liguria con Lelio Speranza. Mi sorprende quanto mi dice perché monarchici furono molti resistenti a partire da Enrico Martini Mauri per giungere alla Del Din.La Fivl cacciò il vicepresidente Edgardo Sogno, monarchico , ma il motivo era riconducibile al tentato golpe, reato da cui venne assolto, anche se con un giornalista in punto di morte ammise di aver pensato  realmente ad un golpe. La Fivl avrebbe dovuto attendere prima di cacciare Sogno  anche se, alla fine, stando all’intervistatore, aveva ragione. La Fivl di Lelio Speranza era cosa diversa dalla attuale che dialoga amabilmente con l’Anpi e invita come  unico oratore ufficiale Rosy Bindi. Sarebbe interessante conoscere quanto lo Stato dia annualmente ad una federazione di partigiani senza partigiani perché quasi tutti estinti. Un po’ come i Mille di Garibaldi nel ‘900.
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L’educazione all’affettività
Cosa pensa dell’idea di aggiungere nelle scuole l’educazione all’affettività? A me sembra una sciocchezza o una furbata per inserire a scuola l’Lgbtq in modo surrettizio. E poi quale competenza avrebbero i docenti? Magari essi stessi hanno delle famiglie disastrate e violente…    Alessandra Rizzi
Mi sembra un’idea razionalmente fragile, per usare un termine oggi di moda, un’idea  emotivamente e politicamente poco pensata e poco sensata. L’affettività si apprende vivendo e  amando e non ci sono scuole che servano ad insegnarla. Si apprende amando e soffrendo come abbiamo fatto noi. Non sempre, ovviamente, perché ci sono donne e uomini negati ai sentimenti che al massimo vivono in modo interessato, istintivo o  algido la vita. In passato si voleva l’educazione sessuale a scuola, adesso quella all’affettività. Forse sono io che non riesco a capire la novità che si vorrebbe introdurre. Il mondo dell’intimità potrebbe invece  riguardare la famiglia, ma oggi molti genitori non saprebbero intervenire, ammesso che non abbisognino essi stessi di corsi specifici che insegnino loro l’arte di essere genitore.

Giovanni Quaglia presidente dell’Accademia Albertina di Torino

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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Una delle più importanti e storicamente significative istituzioni culturali di Torino, voluta da Carlo Alberto nel suo slancio riformatore, ha da oggi in Giovanni Quaglia il suo nuovo, autorevole presidente. Bisogna andare indietro alla presidenza del pittore Enrico Paulucci per trovare un Presidente dell’Accademiadella statura di Quaglia, laureato in Lettere, medaglia d’oro di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte, docente universitario. Quaglia venne anche insignito della massima onorificenza dello Stato, il cavalierato di gran croce al merito della Repubblica .
Per due mandati presidente della Provincia di Cuneo, Quaglia ha un cursus honorum che pochi possono vantare a partire dal lungo periodo in cui è stato esemplare presidente della Fondazione Crt di Torino. Non ha mai voluto fare il parlamentare per rimanere legato al territorio piemontese, come solo seppe fare un altro cuneese, Aldo Viglione. Io ricordo di essere stato ospite dell’Accademia in locali cadenti che portavano ancora i segni di una contestazione distruttiva che fece strage della istruzione artistica subalpina. A fatica l’Accademia si riprese. Ricordo che una volta la Rsu ebbe da ridire sul fatto che, insieme al presidente dell’ordine dei giornalisti Sinigaglia, commemorai all’Accademia Oriana Fallaci. Un uomo dalle qualità intellettuali e dalle capacità di governo come Quaglia farà dell’Accademia un polo di eccellenza come dimostrò di saper fare delle officine ferroviarie dismesse in condizioni di abbandono, creando le Ogr . Bisogna essere grati al presidente che ha posto la sua esperienza al servizio di Torino e di una sua importante istituzione che merita di essere guidata da un uomo esperto e colto come lui. Quaglia  viene dalla Granda da dove sono venuti tanti statisti soprattutto democristiani e liberali nel solco tracciato da Einaudi da Soleri e dai tanti cattolici che hanno hanno fatto di Cuneo una provincia bianca a tutela della libertà e della democrazia.