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La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La difesa dei magistrati – Il nuovo Medio Evo – Lettere

La difesa dei magistrati

Il Prof. Gustavo Zagrebelski è una seria e squisita persona  anche se spesso dissento dalle sue idee. Una volta a cena al Circolo del whist dopo un convegno sul giurista Elio Casetta, promosso dall’Accademia delle scienze, ho avuto modo di parlare con lui en amitie’ ed ho anche apprezzato la sua arguzia. Pure il suo ricordo di Bobbio mi era piaciuto, ma la sua ultima uscita – sempre che i giornali riportino il vero – mi è parsa fuori luogo da parte di un ex presidente della Corte Cosituzionale.
Il professore avrebbe “scosso” l’associazione nazionale magistrati dicendo “E’ giunta l’ora di passare al contrattacco, cercando di contestare l’opinione pubblica”. Una difesa acritica dei Magistrati che non si addice ad uno studioso della sua statura.  La procuratrice generale  Lucia Musti si è invece posta una domanda che rivela chi ella  davvero sia: “Perché la fiducia del cittadino nei nostri confronti è pari a poco più di zero?”.  E la dottoressa viene applaudita dal pubblico. Sono atteggiamenti da considerare. Il rispetto dovuto alla Magistratura non può significare un acritico elogio a priori. C’è stato chi addirittura ha detto che sarebbero “comodi due magistrati morti”  per aumentare il consenso. Non è necessario altro sangue. Basta il giudice Bruno Caccia, magistrato integerrimo che rifiutò sempre di schierarsi politicamente, esempio sublime di sacrificio della sua vita, mai alla ricerca della ribalta mediatica.
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Il nuovo Medio Evo

La riproposizione, da parte del ministro della Pi   Valditara, della reintroduzione del latino nella scuola media offre l’opportunità di riflettere sugli studi classici che non vanno confusi con il latinetto opzionale della scuola media che non modificherebbe  nulla. Il discorso di una riforma della scuola alla maniera di Giovanni Gentile non ha nulla a che vedere con i segmenti  disgiunti di una  finta riforma che manca di una  visione culturale d’insieme. Nulla si può inventare con la  faciloneria  e l’improvvisazione, mentre la riforma Gentile fu il frutto di un ventennio di confronto tra Croce ,Gentile e altri intellettuali, tutte  figure che oggi non hanno un corrispettivo. La destra attuale è priva di intellettuali di rango e i pochi  tacciono o non vengono considerati. Anzi, vengono ignorati e magari sbeffeggiati.  Questo è il punto  nodale. Sul tema della scuola c’è una cronica mancanza di idee capaci di far svoltare la scuola italiana dalla deriva populistica di don Milani ,dei cattivi maestri del ‘68 e dei loro seguaci. Un po’ di latino nella scuola media non serve e non basta. La cultura classica è altra cosa e lo studio del latino dovrebbe essere un contributo alla formazione intellettuale  critica dei giovani destinata a restare per la vita intera. Ma essa è altro  da un frettoloso ripristino di facciata che non serve certo  a recuperare  un patrimonio  distrutto  che oggi è  di pochi come in un nuovo Medio Evo. Quanti oggi hanno quel minimo di cultura classica che consente loro un tipo di ragionamento non solo  ragionieristico?
La cultura classica è tornata patrimonio di pochi perché non esistono neppure più i monasteri medievali che ci hanno salvati dal naufragio. Oggi anche l’ultimo crede di essere il primo con quattro parole di inglese  orecchiate e un po’ di Internet. In questo squallido  contesto un modo di pensare che era proprio di una élite intellettuale è andato perduto. Siamo   nell’imbarbarimento dell’inclusione indifferenziata  che snatura la nostra cultura e la nostra lingua. Un po’ di latino diventa quasi una presa in giro. Neppure nei licei classici si studia più con serietà il latino e il greco .Occorrerebbe un nuovo Umanesimo rinascimentale  che oggi appare impossibile. Basta sentire parlare un giovane per rendersi conto dell’ imbarbarimento che sta arrivando e di una incapacità a pensare come si deve ,come  avrebbe detto Pascal. E questo stato di cose non viene assolutamente percepito se non da pochissimi. Stiamo affogando e non ci rendiamo conto dell’abisso culturale dove siamo finiti. Curare con l’ aspirina un moribondo appare drammaticamente ridicolo. I politici per primi sono figli della scuola facile e permissiva che ha creato sacche colossali di  ignoranza  abissale. Volevano eliminare il latino fonte di discriminazione sociale e alla fine hanno abbassato tutti o quasi a livelli che hanno intaccato perfino le basi stesse  della democrazia perché i cittadini sono privi di spirito critico e si lasciano guidare dagli imbonitori di turno. Concetto Marchesi, il comunista Marchesi si oppose inutilmente alla demonizzazione in chiave populistica della classicità  sulla quale si erano formati, diceva lui,  Marx ed Engels, Gramsci e Togliatti. Prevalse la demagogia sessantottina e oggi ripristinare la serietà degli studi diventa impresa impossibile perché i danni sono stati  devastanti. Spero di essere troppo pessimista, ma questa è la mia amara conclusione di docente e di studioso che ha dedicato forse inutilmente  la sua vita alla cultura e alla scuola.
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La sanità è ormai privata
La sanità che ha malamente retto di fronte al Covid, dopo la pandemia non ha più retto alla aggressione dei colossi milanesi privati. I cittadini non hanno più la possibilità di curarsi ,se non mettendo mano ai risparmi. E’ un regresso sociale che ci porta indietro persino alle mutue private anni Anni 50. I poveri non si curano più, non ne hanno i mezzi. E molti medici finiti nel privato dopo la pensione, si fanno i soldi a spese dei malati, ordinando esami costosi I centri medici si moltiplicano  per guadagni milionari. I medici per un piccolo sconto non fanno fatture, sono evasori sfacciati  e la finanza non controlla mai. Questo è uno scandalo sociale vergognoso. Così un pensionato muore e i medici si rivelano più affaristi che medici.  C.T.
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Purtroppo è così. Non sono così pessimista come lei ,ma nella sostanza ha ragione. Proviamo a  sperare nel nuovo piano sanitario? Forse alcuni errori l’ex sindaco di Casale li ha capiti e corretti. Certo, molti medici sono degli affaristi  che non hanno rispetto per i malati. Il Tribunale dei malati esiste ancora? In certi casi andrebbe anche coinvolto il tribunale penale e civile.
I figli di Firpo
Deve essere morto uno dei gemelli  Firpo, figlio dello dello storico Luigi. Era stato un dirigente UTET e con il fratello Massimo è stato il distruttore  morale della figura di suo Padre in un libro subito scomparso dalle librerie. Una pagina da dimenticare.   Aurelio Mo
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Ho solo conosciuto Luigi e mi è bastato. Sì è morto il figlio. L’episodio del libro killer va dimenticato. La sua anima abbia finalmente pace  oltre lo Stige.
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Cultura tra spaghetti e un bicchiere di vino
 . Sarà sicuramente un qualcosa da non perdere, ma è fuor di dubbio che un’osteria non è un centro culturale senza finalità di lucro. Anch’io ho un ‘attività simile in cintura, ma il giornale non pubblica mai le mie serate. G.F.
Nelle osterie non c’è molta cultura. Quando fui invitato attraverso l’editore a parlare di Mario Soldati e del vino, l’osteria   Vedrà che forse anche lei avrà le attrattive culturali del giro di amici da non  perdere mai. I giornali di questi tempi sembrano perseguire sempre lo stesso storico fine: perdere lettori ogni giorno.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Bagarre per Almasri – Il libero scambio e il protezionismo –  Il Circolo e i politici – Lettere

Bagarre per Almasri

La bagarre politica attorno al generale libico accusato di atrocità con cui i nostri governi hanno intrattenuto rapporti, rivela superficialità, inadeguatezza politica da parte di ministri importanti e di oppositori volgari e settari. Quella del generale libico era una questione di Stato da risolvere senza fare speculazioni. Ma il tutto ci rivela pubblici dipendenti che ritengono già il pomeriggio del venerdì di essere nella pausa domenicale e inviano documenti di Stato importanti il lunedì  mattina. Il linguaggio in Parlamento rileva una classe politica ancora una volta inadeguata. E la presidente del Consiglio, degradata presidente del “coniglio” inquisita da un magistrato non proprio noto per la sua imparzialità, non aveva nessun motivo per non riferire in Parlamento. I due ministri in contraddizione uno con l’altro non hanno saputo essere efficaci. Governo e opposizioni riflettono la povertà dei tempi come l’Europa si rivela inesistente con Trump.
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Il libero scambio e il protezionismo 

Il libero scambio è  il sistema proprio delle democrazie liberali. I dazi sono un odioso  retaggio medievale che non favorisce la pace tra i popoli, ma attizza contrasti che potrebbero degenerare in tensioni di guerra. Il Protezionismo è un ferro arrugginito del secolo scorso. Trump è un nazionalista illiberale privo di una condotta politica degna di un grande paese come gli USA. Biden si è rivelato un incapace, l’attuale presidente – sospendo il giudizio finale – una mina vagante che dà speranze di pace attraverso la prepotenza. Un ossimoro strano, ma la politica è realismo e non eticità. Non c’è da fidarsi di un uomo rancoroso come lui, ma non esprimo giudizi, semmai timori e perplessità. Il suo sostenitore più ricco del mondo Elon Musk è un futuro Trump che prima sostenne i democratici ed oggi è passato dall’altra parte. La plutocrazia è inconciliabile con la democrazia, ma il diritto di arricchirsi lecitamente non può essere negato da un pauperismo altrettanto illiberale e antidemocratico. La verità è che siamo mal messi e non sarà la piccola Presidente italiana a salvarci dagli estremismi americani e dal bullismo europeo.
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Il Circolo e i politici

Non mi esprimerò sui veleni interni al circolo dei lettori, un circolo diventato fondazione con denari pubblici verso cui esprimo riserve dalla sua nascita. Beatrice ne diceva delle belle sulla sua origine.
Ma lasciamo andare. Va però ricordato che l’attuale direttrice era stata eletta consigliera  regionale radicale e che il suo seggio venne preso da Chiamparino per cinque anni, come la fondatrice del circolo divenne assessore di Chiamparino. Ciò ci consente di dire che il Circolo è sempre convissuto con la politica, non sempre migliore.  Il presidente del circolo ha continuato a fare il suo mestiere di sempre: il notaio. Esso è diventato quasi  magna pars del Salone del Libro con operazioni forse un po’ azzardate ma per lui fruttuose. E’  diventato un qualcosa di altamente politicizzato.  La cultura è in subordine. C’è chi dall’estrema destra vorrebbe imporre un direttore di estrema sinistra. Una delle tante ambiguità di un carrozzone che monopolizza la cultura torinese con soldi pubblici e ha messo in crisi istituzioni torinesi come i  circoli degli artisti e della stampa. Loewenthal ha lavorato bene, è donna colta e intelligente, ma non basta . Ormai il circolo
è un giocattolo in mano ai politici.
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Il Giorno del ricordo  in tono minore?
Ho assistito al Giorno del ricordo on line, collegandomi al sito del Comune di Torino. Un giorno davvero in tono minore con posti vuoti nella Sala Rossa. Il prefetto assente, il sindaco e assessori  e consiglieri vari idem. Parlamentari totalmente assenti anch’essi. Ad officiare la inappuntabile presidente Grippo. Una cerimonia meno partecipata degli anni scorsi con  discorsi  in parte non all’altezza. Peccato!   N. Dosio
Io ero presente in Sala e non ho avuto un’idea così negativa. Anzi vedo con piacere che quest’anno non ci sono state polemiche. Io fui relatore del primo giorno del ricordo insieme a Violante e Missoni. Certo allora palazzo Carignano si riempì.  Ci fu anche un messaggio di Ciampi. Ma ci furono anche i negazionisti a far polemica. Quest’anno forse il basso profilo scelto ha consentito di evitare  almeno per ora  le annose discussioni del passato. La data sta diventando condivisa? Io lo spero.
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Taxi a Torino
Prendo spesso il taxi e noto che a Torino molti taxi sono ormai auto giapponesi basse e scomode . Taxi comodi tipo Mercedes non ne circolano più e spesso gli anziani ( a cui è stata tolta ogni agevolazione del Comune )stentano ad entrare .  Il taxi è un servizio pubblico : deve poter accogliere chi ha più difficoltà a spostarsi. Giulio Preti
Concordo con Lei. Basterebbe una 500 Lunga per risolvere i problemi che Lei indica. Ma la Fiat non la produce più. Certo le auto giapponesi sono scomode . Chi è alto non può trovarsi a suo agio . La crisi dell’auto impone delle scelte che vanno oltre i taxisti che a Torino sono accoglienti e gentili.

Professore sotto tutela  

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
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Il caso del prof. Federico Vercellone che accusato di “sguardi lascivi ” durante un esame da una studentessa venne sospeso per un mese dall’insegnamento è rivelatore del clima perverso che si respira in un ateneo da tempo  fuori controllo non solo per l’occupazione devastante  filo palestinese.
Ma adesso l’umiliazione evidente inferta a Vercellone che terrà lezioni ed esami con un tutor appare davvero scandalosa.  Gli assistenti avevano il compito di collaborare con il docente, adesso avrebbero la funzione di controllare il professore.
Neppure il ‘68 giunse a tanto. E che il rettore taccia può essere comprensibile, ma non accettabile. Che i docenti tacciano e subiscano un atto chiaramente intimidatorio mette in crisi la dignità stessa  del mestiere di insegnare. Sono cose da capo caseggiato nella Russia sovietica o nel ventennio fascista. I candidati rettori non possono esimersi dal prendere una chiara e netta  posizione.
Va precisato che il prof. Vercellone è stato sospeso dall’insegnamento  per un mese l’anno scorso senza che ci fossero atti formali contro di lui da parte di studentesse o di chiunque altro. Vercellone fece ricorso al TAR contro la sospensione, senza finora ottenere risposta. Contro di lui si sono sollevati dubbi senza uno straccio di  prove e l’accusa nei suoi confronti  è apparsa labile a parere di più giuristi. Come studioso Vercellone appare legato da sempre  al giro di Gianni Vattimo e non può  essere sospettato di appartenere a correnti di pensiero men che ortodosse rispetto alle vulgate prevalenti nell’ Università di Torino. Anche questo è un altro punto oscuro di una vicenda che disonora non Vercellone, ma almeno una parte dell’Ateneo.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Il giorno della memoria  attraverso il racconto di Guareschi – Paolo Macchi Cacherano di Bricherasio – Lettere

Il giorno della memoria  attraverso il racconto di Guareschi
Lunedì , giorno della memoria,  tra le tante manifestazioni programmate a Torino  c’è una manifestazione speciale: il ricordo degli Imi, gli 800 mila internati  militari italiani  in Germania  tra il 1943 e il 1945.  Ornella Pozzi leggerà  al Centro Pannunzio delle pagine di “Diario clandestino “ di Giovannino Guareschi deportato in Germania come ufficiale fedele al giuramento prestato al Re. Guareschi ci ha lasciato una testimonianza unica. Era un umorista, ma sapeva affrontare le situazioni drammatiche come la sua  prigionia, scrivendo  persino pagine di  delicato lirismo. L’inventore di “Don Camillo” era stato prigioniero dei tedeschi , anche se gli internati non godettero delle garanzie sancite dalla convenzione  in quanto considerati “badogliani” traditori. Alessandro Natta che fu anche lui internato, ha parlato di un’altra Resistenza, sia pure con molto ritardo, perché i comunisti mai avrebbero equiparato gli internati  ai partigiani. Gli internati, oltre che militari, erano  dei veri patrioti, orgogliosi delle  stellette portate con grande  dignità. Il libro dovrebbe essere letto  nelle scuole. Anni fa mi invitarono a parlare  in prefettura a Savona nel giorno della memoria. Il fatto che io avessi  citato Guareschi   e la principessa Mafalda di Savoia non  venne gradito da alcuni antifascisti intolleranti savonesi e non mi invitarono più in quella città  che ha ancora una via intitolata a Stalingrado. Dovetti aspettare il 2024 per tornare a Savona invitato a parlare  dal Comando dell’Esercito Liguria.  Forse quegli antifascisti erano anche  un po’ fascisti, come diceva Flaiano.
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Paolo Macchi Cacherano di Bricherasio
Venerdì sono stato a ricordare il mio amico Paolo Macchi Cacherano di Bricherasio, ultimo erede di una delle più aristocratiche famiglie del vecchio Piemonte che diede alla storia il generale che sconfisse i Francesi all’Assietta e uno dei fondatori della Fiat escluso in modo un po’ banditesco  da Giovanni  Agnelli dalla conduzione dell’azienda a cui aveva dato i suoi capitali all’atto della fondazione. Paolo l’ho ricordato  in più occasioni come un grande amico colto e raffinato che si dedicò  totalmente agli studi filosofici e storici come un un umanista  del Rinascimento. Venerdì mi sono ricordato di un episodio di cui mi ero dimenticato. Nel 1975 tenevo un seminario a Scienze Politiche sui manifesti di Gentile e Croce usciti nel 1925. Lo invitai a parteciparvi, ma quando seppe che il seminario era “fiscalizzato” e dava un 27 garantito senza sostenere l’esame di Storia dei partiti e dei movimenti politici , mi disse che non  si iscriveva perché vedeva il seminario “fiscalizzato” come una furbata sessantottina. Era un po’ indietro in qualche esame perché amava lo studio più che laurearsi in fretta , ma rifiutò quella che riteneva come una facilitazione non dignitosa. Una grande lezione anche umana  in una università preda dei contestatori che volevano anche lo sconto sugli esami, come una volta disse il mio maestro Franco  Venturi che di fronte alla richiesta dei contestatori di ridurre i programmi d’esame rispose beffardamente: sono d’accordo, potete ridurre del 50 per cento i libri, leggendo una pagina si’ e una pagina no. Paolo era un grande uomo di studi severi ed austeri. Ma quando andavamo alla “Posta” di Cavour, non lontana da  Bricherasio dove viveva, mangiavamo, bevevamo  e ridevamo di gusto, come diceva il Verri del Caffè. Era nipote di Edoardo Calleri di Sala primo presidente della Regione Piemonte e mio collega in Comune. Non mi parlò mai  dello zio durante tutto il periodo in cui fu presidente. Anche con Edo nacque un’amicizia rigorosamente fuori dalla politica. Questo era lo stile di una famiglia di grandi piemontesi, anzi di grandi italiani.
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Il nuovo centro
Ho letto un post di Marco Calgaro sul nuovo “centro” di del Rio e Marini. Giustamente Calgaro che è stato vicesindaco di Torino e deputato, solleva qualche perplessità. Anch’io credo sia un progetto velleitario, peggio di quello di Renzi. Cosa ne pensa?  Gino Raiterio
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Anch’ io ho perplessità. Il pensiero di Calgaro per me è un punto di riferimento da quando era vicesindaco e dialogavamo  al Lions ospiti dell’avv. Tosetto, un vero presidente del Lions come il senatore Cravero. Oggi tutto è decaduto. Il centro nelle mani di Del Rio, quello che ha abolito le Province, fa sorridere. Non suscita neppure il riso o il pianto. E’  il nulla. Renzi al confronto un piccolo statista.
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3 gennaio 1925
Mussolini il 3 gennaio 1925 tenne un discorso che viene considerato l’inizio della dittatura . Lei da storico cosa ne pensa? Maria Pia Stella
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Mussolini tenne un discorso in cui si assunse le sue responsabilità , sfidando la  Camera a  porlo in stato d’accusa  per il delitto Matteotti ai sensi dell’articolo 47 dello Statuto e quindi processato dall’alta corte di giustizia. La Camera e il Senato non raccolsero la sfida . Rimasero a “cercare  farfalle sotto l’arco di Tito” per dirla con Mussolini che cito’ Carducci. L’opposizione antifascista dopo il sacrificio di Matteotti fu vile e velleitaria.  Più che resistere fuggi’ sull’Aventino a commemorare Matteotti, ma fu incapace di raccoglierne il testimone. Durante il discorso del 3 gennaio tacquero e dopo incominciarono a pensare di andare all’estero.  I combattenti antifascisti  militanti  furono quasi esclusivamente i comunisti, pochi socialisti  pochi cattolici, pochi liberali. Il discorso di Mussolini l’ho riletto storicamente di recente. E’ una sfida a cui gli antifascisti non seppero rispondere in modo adeguato. Questa purtroppo  è la verità storica. Filippo Turati disse, quando era già  esule in Francia, che erano stati loro a consegnare l’Italia al fascismo. Molti storici alla De Luna e Barbero dovrebbero rifletterci su invece di replicare la solita vulgata, come se non fossero passati cento anni. Un secolo.
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Caccia alla poltrona
Balza evidente da una cronaca del “Corriere della sera” l’operazione in atto  al   c i r c o l o  dei lettori e al Polo del 900 per collocare ai vertici persone di fiducia, ma non si parla di   B i i n o presidente del Circolo e del presidente Sinigaglia al Polo. Hanno anche età  da pensione, ma saranno  forse destinati a restare a vita? Questa lotta per il posto è mortificante. I risparmi del bilancio regionale c’è da sperare che riguardino anche questi due enti. C’è un direttore che scalpita per andare al circolo. Era di estrema sinistra  e scriveva di terroristi rossi suoi parenti, adesso è passato all’altra sponda. Voleva anche la direzione del Salone del libro.
C u l i c c h i a   non cessa mai di stupire.        U. A.
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Forse la deludo, ma questi personalismi da basso sottogoverno doroteo non mi interessano. La cultura deve volare alto. Io ho sempre contestato i due leviatani (Circolo e Polo) nel loro insieme come produttori di conformismo. Essi hanno distrutto l’associazionismo culturale torinese  dal circolo degli artisti al circolo della Stampa, privilegiando i servili di turno.

Luca Beatrice, il coraggio della cultura libera

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Il cuore di Luca Beatrice ha ceduto alla fatica di vivere e lavorare in una Torino nella quale la feroce egemonia gramsciana rende tutto difficile a chi non si piega. Luca  fu critico d’arte di rilievo nazionale e internazionale  come lo fu Philippe Daverio che voglio accomunare a lui in questo ricordo e che come lui fu un uomo libero. A Torino essere uomini liberi è arduo. Luca ci ha indicato con l’esempio la strada da percorrere, anche se lui generosamente  disse una volta che ero stato io  in primis a praticarla tanti anni fa. Quando fu presidente del circolo dei lettori io ricordo le tensioni che ebbe con la direttora del tempo. Lui sempre pluralista, lei spesso vittima di una politica che la portò alle massime cariche politiche. Ricordo come impose al Circolo un adeguato ricordo di Enzo Tortora con il procuratore Saluzzo e la sen. Scopelliti. Ci fu anche un messaggio di Napolitano. Fu un presidente del Circolo che garantì l’agibilità politica per tutti senza preconcetti ideologici. Mi spiace di non averlo frequentato abbastanza. Ora sento un grande vuoto in una cultura torinese livida, avida, servile. E’ il vuoto incolmabile lasciato da Luca.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Il Piemonte contro la violenza – Solidarietà ad una docente perseguitata – Il Latino è un’altra cosa – Lettere

Il Piemonte contro la violenza
L’iniziativa-incontro  del presidente del Consiglio regionale del Piemonte  Davide Nicco di martedì 21 gennaio dedicata alla  necessità di ribadire in  modo inequivocabile ed assoluto che il confronto politico non deve mai degenerare in violenza, è molto importante perché segna  uno spartiacque tra chi strizza l’occhio agli estremisti che devastano le nostre città e ricorrono alla violenza contro le forze dell’ordine e chi condanna senza ambiguità l’’uso della violenza.
E’ bene ribadirlo anche rivolti al passato, partendo da Marx che riteneva la violenza il forcipe della storia, per giungere a Marinetti che inneggiava alla violenza, sia pure in focosi discorsi che rimanevano tali. Come “reduce”   in Spe di scelte e battaglie  democratiche e liberali contro il ‘68 e le violenze che degenerarono  nel terrorismo armato, esprimo una profonda adesione all’iniziativa del Presidente Nicco. Vedo in lui lo spirito che fu  di un mio grande amico, il presidente Aldo Viglione, capace di rappresentare l’intero Piemonte, come forse nessun altro presidente del Consiglio Regionale.
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Solidarietà ad una docente perseguitata
La docente della scuola elementare “Sinigaglia” di Torino Laura Prunotto è stata assolta dal tribunale di Torino  in cui era stata trascinata dalle accuse veementi, piene di odio,  lanciate contro di lei  da alcuni genitori di suoi alunni. E’ storia che si è trascinata per 10 anni. La docente venne sospesa dall’insegnamento in base ad accuse (maltrattamenti aggravati) che oggi si rivelano una vera e propria diffamazione in quanto il Tribunale ha stabilito che “il fatto non sussiste”. Sono i risultati di una scuola nella quale l’autorità del docente è stata calpestata per dare spazio solo a discenti e genitori che pretendono di condizionare anche le autorità scolastiche.
Il direttore scolastico regionale in carica è stato invece molto  chiaro e ha detto che chi è assolto ha il diritto di tornare ad insegnare. I genitori che si erano accaniti contro la docente fanno indebita pressione sulla Procura perché  si appelli contro la sentenza. E’ una storia vergognosa di persecuzione di cui su questa rubrica mi ero già occupato fin dagli inizi di questa vicenda,  che segna la fine della Scuola di Stato divenuta una scuola privata al servizio dei genitori. I casi di docenti e di capi di istituto fatti oggetto di vere campagne  diffamatorie sono numerosi e sono una delle cause per cui nella scuola l’insegnamento  è condizionato dall’indice di popolarità da raggiungere, a prescindere dalle competenze didattiche  degli insegnanti. La caccia ai docenti all’apparenza  più fragili è stata condotta anche da alcuni presidi che colpiscono un docente per “educarne”  cento e far vedere il loro potere. La scuola galleggia in queste acque putride da troppi decenni. La dignità dei docenti non viene difesa neppure dai sindacati confederali della scuola. Essere sottoposti ad un processo (da cui la docente in questione è uscita a testa alta) per il fatto di incappare in alunni e genitori che vorrebbero una scuola a misura dei propri comodi, appare davvero una cosa incredibile che va denunciata con fermezza. Il bullismo ha le sue radici lontane in questi soprusi contro i docenti  fin dalla scuola elementare. Chi indennizzerà la docente Prunotto del danno, delle sofferenze, delle umiliazioni subite ? E chi le ha rubato dieci anni della sua vita pagherà qualcosa per la cattiveria dimostrata?
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Il Latino è un’altra cosa
Che rientrino nella scuola media il Latino, la storia e la geografia e anche lo studio della civiltà occidentale e della Bibbia non deve creare scandalo, anzi può anche allietare uomini di solida cultura come il maestro Massimo Coco. Il problema è più complesso. Come rientrano? Mi riferisco  in particolare al Latino. Un po’ di Latinetto opzionale non serve a nulla Con Luciano Perelli constatammo  che nella media non era  più insegnato da docenti all’altezza. Gli studi classici sono cosa seria e richiedono tempo e impegno.
Andrebbero ripristinati anche al liceo classico dove sono scaduti. Nei licei scientifici si studiano pochissimo o vengono aboliti senza problemi. Non entro nel merito delle altre materie che ci porterebbero troppo lontani. Obietto con Gianni Oliva che studiare la Bibbia in una scuola laica può suscitare delle  perplessità anche perché i docenti non si improvvisano. La scuola avrebbe necessità di una riforma vera, ma la destra delle tre I ha solo pasticciato con le sue ministre, come sta facendo l’attuale. Sono  improvvisatori senza competenze specifiche. Prima madamine, adesso un giurista.  La sinistra anch’essa ha pasticciato nella scuola, pur offrendo persone più qualificate. Bisogna definire un asse culturale che non si riesce a fissare. Piccoli ritocchi servono a poco. Una  spruzzata di latinetto opzionale rischia di diventare il “latinorum” di don Abbondio. Non basta. Ci sono laureati in lettere che non hanno studiato il latino: sono ragionieri, geometri, periti. Codignola fece il disastro di aprire gli accessi universitari. I valori della cultura classica snobbati, anzi cancellati, sono molto importanti, ma vanno trattati con cura. Un ministro  salviniano non può farlo, al di là della sua volontà. Con Gentile, si è visto, hanno qualche difficoltà a rapportarsi e quindi è meglio lasciar perdere.
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Craxi 25 anni dopo
A 25 anni dalla morte di Craxi escono altri libri che non danno contributi significativi alla lettura di un vero statista che ha saputo governare il Paese con competenza ed efficacia . Le accuse contro di lui legate a Tangentopoli non dovrebbero oscurare i suoi meriti.  Dante Giulio
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Craxi  va considerato in termini storici andando oltre il “codardo” oltraggio, seguito al “servo encomio” dei cortigiani. Lo dissi ad un anno dalla morte quando lo ricordai a Torino con Stefania Craxi, Giorgio Cavallo, Maria Magnani Noya, andando contro il clima da caccia alle streghe instaurato da Borrelli e Di Pietro. Craxi ha rappresentato una linea di continuità con il socialismo di Turati, di Matteotti, di Saragat e dell’ultimo Nenni. Un socialismo non succubo del Pci che sembrava essere scomparso negli anni di piombo, del compromesso storico, del brigatismo. Mario  Soldati era un ammiratore sincero e disinteressato di Craxi. Mi portò a conoscerlo e debbo dire che rimasi colpito dalla sua forte personalità.
Bobbio lo detestava, ma io finii di condividere la scelta di Soldati. Quando Craxi venne eletto, alcuni socialisti filo comunisti dissero con sarcasmo che era nata la socialdemocraxia. Seppi poi con certezza che questi personaggini erano dei comunisti infiltrati nei ranghi del PSI con lo scopo di  sabotare il partito socialista. E tanti sbandamenti del PSI e dello stesso Nenni si possono comprendere solo vedendo il ruolo che ebbero le quinte colonne. Una di esse mi disse di odiare Craxi più dei fascisti. A riprova finì per militare in Rifondazione comunista. Craxi fu capace di guidare il partito socialista verso l’autonomia dal PCI e dal marxismo. Dietro di lui ci furono due martiri come Matteotti e Rosselli. E’ un qualcosa che non va dimenticato. Craxi aveva dei grandi ideali per cui ha combattuto. Semmai, furono molti i socialisti inadeguati e anche disonesti attratti dal potere. Questa è la discriminante storica che va fatta. Craxi fu un politico che aveva letto Machiavelli ma aveva anche letto Tocqueville. Queste letture fanno la differenza rispetto a certa sinistra odierna che continua ad essere geneticamente anticraxiana.
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Mussolini
Egregio professore, più’ volte Lei ha espresso le Sue riserve ai libri di Scurati su Mussolini, definendoli non storici. Adesso vedo con piacere che dopo i film anche Cazzullo e Travaglio criticano Scurati.   Renzo Struzzi
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Le critiche sono di tipo diverso e mi preoccuperebbe essere sulla loro linea. Ma e’ fuor di dubbio che manca la storicità. Lo dice molto bene Giordano Bruno Guerri. Scurati è un piccolo scrittore che ha tratto notorietà, successo, soldi e premio Strega da Mussolini. Dovrebbe essergli grato…

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Bulli, delinquenti, autonomi a Torino – Il sindaco Lorusso e l’insicurezza  urbana – Daniele Sacco e il “Cambio” – Lettere

Bulli, delinquenti, autonomi a Torino
Il bullo e delinquente che getto’ dai Murazzi una bicicletta elettrica che colpì un giovane universitario, oggi paraplegico e che ha avuto la vita rovinata, ha avuto una sentenza di cinque anni inferiore (perché scelse il rito abbreviato) della ragazza che fu presente al fattaccio dei Murazzi, ma non vi partecipò. 16 anni sono molti per un concorso morale non facilmente dimostrabile. C’è da domandarsi perché la ragazza non prese le distanze dai suoi amici, ma il mondo del bullismo ha regole mafiose.
C’è da dire, pur senza aver letto le carte e pur condannando l’ omertà  della ragazza, summum ius, summa iniuria.
Soprattutto, rifiuto l’idea delle sentenze esemplari:  esse contengono in sé elementi illiberali che non potrò mai condividere.
In concomitanza con la sentenza  ci sono state le violenze di autonomi e studenti che hanno imbrattato Torino, danneggiato vetrine, ferito due poliziotti e un carabiniere.  Momenti di violenza  urbana, si dice oggi, che il prefetto vede legati anche alla criminalità. Un commento a se’ meriterebbe il solito sociologo (come aveva ragione Croce a tenere in nessun conto i sociologi) che giustifica la violenza dei “fragili”, incitando ad un dialogo con loro. Ma le sue parole sono talmente fuori da ogni logica che discuterle sarebbe uno sforzo inutile. Vanno citate  per documentare ancora una volta a che punto giungano certi intellettuali come nel 1968 e nel 1977, per non ricordare i complici di Lotta Continua e delle Br.  Nel caso dei violenti e nostalgici degli anni di piombo non ci possono essere indulgenze. Lo Stato deve tutelare i veri fragili che sono i cittadini. Ma, in ogni caso,  senza sentenze esemplari che sminuiscono il valore della nostra democrazia

Il sindaco Lorusso e l’insicurezza  urbana
In un ‘intervista al “Corriere della Sera”, il sindaco di Torino ha dichiarato che “l’illegalità colpisce soprattutto i fragili” Ed ancora “la sinistra non può aver paura di parlare di sicurezza” , riecheggiando l’ex sindaco Veltroni, oggi editorialista del “Corriere”, che considera un errore pensare alla sicurezza non  come una priorità sottovalutata dalla sinistra.
Ha anche ragione il sindaco di Torino nel dire che l’insicurezza non è solo problema di ordine pubblico, ma certi giustificazionismi  da tardo positivismo sociale di Verdi e Sinistra italiana sono superficiali e falsi. Lo Stato deve essere presente nelle periferie come nelle Ztl.
Ma in certe zone il degrado e il permissivismo hanno raggiunto dei livelli tali che neppure i Carabinieri sono sufficienti: gli spacciatori – ricorda il sindaco di Torino – si spostano dai luoghi presidiati di trecento metri e riprendono il loro mercato.  Sono problemi che vanno risolti , altrimenti  continueremo a baloccarci con la insicurezza percepita, mentre l’obiettivo è neutralizzare quella reale. Anche in una dichiarazione dell’on. Laus ci sono spunti di riflessione che meritano di essere considerati. Vorrei aggiungere che gli spacciatori che si arricchiscono, vanno perseguiti nel modo più duro, direi manu militari. Per loro nessuna comprensione diventa accettabile.
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Daniele Sacco e il “ Cambio”
Dicono che il conte di Cavour, che pranzava al “Cambio”,  si senta più solo dal 1 gennaio quando il cav. Daniele Sacco ha lasciato dopo 42 anni la direzione del ristorante, che con lui si era aperta alle novità, rimanendo una valida tutela della tradizione dell’unico locale storico di Torino, fondato  nel 1757.  Nella sua storia più recente Sacco ha attinto all’esempio del proprietario e direttore il comm.  Parandero, che tenne mirabilmente il locale per lunghi decenni persino durante la guerra. I locali del “Cambio” appartengono oggi all’erede di Parandero che è molto orgogliosa di suo padre. Ricordo i pranzi con la mia famiglia : mio padre era di casa anche per motivi di lavoro.
Ma non posso dimenticare che Arrigo Olivetti volle fondare al Cambio il Centro “Pannunzio” e Soldati  nel 1982 fondò  nella sala “Risorgimento” il Premio “Pannunzio”. E nelle sere d’estate, come scrisse Valdo Fusi, cenare nel  dehors a contatto visivo con palazzo Carignano suscita delle emozioni proustiane. Il “Cambio” ha avuto visitatori e clienti illustri a livello internazionale. Sacco con diplomazia e caparbietà tutta piemontese ha tenuto alto il nome di uno dei luoghi mitici di Torino. Lo ha fatto con il passo di corsa del bersagliere perché questi 42 anni sono passati in fretta Ricordo il primo  Premio “Pannunzio” del 1982 con il presidente del Consiglio Spadolini, che smaniava perché Galante Garrone ricordasse nella sua laudatio che lui a 25 anni era già professore, mentre Sacco da una parte e chi scrive dall’altra cercavamo di far funzionare le cose.
In un  elegante libro al quale io stesso ho collaborato, uscito  per i 200 anni del locale, Chiamparino ha banalizzato il ristorante, mettendo insieme agnolotti e Risorgimento. Fu una delle tante volte che non mi sentii rappresentato dal sindaco. Sacco dopo oltre quarant’anni è  rimasto giovane: ad un certo punto della storia del ristorante ha dovuto affrontare momenti difficili che ha fatto superare con la sua autorevolezza da tutti riconosciuta. Cosa farà  il diversamente giovane Sacco dopo la pensione ? Non è facile pensarlo anziano seduto su una panchina a svernare in riviera.
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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com
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Follie metropolitane
A Chieri l’abbonamento alla sosta delle auto in centro è aumentato da 80 a 400 euro. Una follia. Il centro di Chieri verrà ucciso da una giunta di demagoghi e incompetenti. Cosa ne pensa? Barbara Enrico

Mi sembra un provvedimento privo di buon senso. Chieri non vuole essere da meno di Moncalieri che ha chiuso il centro storico, facendone un deserto.  Basta a volte un sindaco o un assessore verde per provocare guasti terribili che distruggono  il tessuto urbano di una città. A Torino via Roma tutta pedonale provocherà dei contraccolpi che solo i ciechi non possono prevedere.

Daniele Sacco e il “Cambio”

IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni 
Pier Franco Quaglieni

Dicono che il conte di Cavour, che pranzava al “Cambio”,  si senta più solo dal 1 gennaio quando il cav. Daniele Sacco ha lasciato dopo 42 anni la direzione del ristorante, che con lui si era aperta alle novità, rimanendo una valida tutela della tradizione dell’unico locale storico di Torino, fondato  nel 1757.  Nella sua storia più recente Sacco ha attinto all’esempio del proprietario e direttore il comm.  Parandero, che tenne mirabilmente il locale per lunghi decenni persino durante la guerra. I locali del “Cambio” appartengono oggi all’erede di Parandero che è molto orgogliosa di suo padre. Ricordo i pranzi con la mia famiglia : mio padre era di casa anche per motivi di lavoro.

Ma non posso dimenticare che Arrigo Olivetti volle fondare al Cambio il Centro “Pannunzio” e Soldati  nel 1982 fondò  nella sala “Risorgimento” il Premio “Pannunzio”. E nelle sere d’estate, come scrisse Valdo Fusi, cenare nel  dehors a contatto visivo con palazzo Carignano suscita delle emozioni proustiane. Il “Cambio” ha avuto visitatori e clienti illustri a livello internazionale. Sacco con diplomazia e caparbietà tutta piemontese ha tenuto alto il nome di uno dei luoghi mitici di Torino. Lo ha fatto con il passo di corsa del bersagliere perché questi 42 anni sono passati in fretta Ricordo il primo  Premio “Pannunzio” del 1982 con il presidente del Consiglio Spadolini, che smaniava perché Galante Garrone ricordasse nella sua laudatio che lui a 25 anni era già professore, mentre Sacco da una parte e chi scrive dall’altra cercavamo di far funzionare le cose. In un  elegante libro al quale io stesso ho collaborato, uscito  per i 200 anni del locale, Chiamparino ha banalizzato il ristorante, mettendo insieme agnolotti e Risorgimento. Fu una delle tante volte che non mi sentii rappresentato dal sindaco.
Sacco dopo oltre quarant’anni è  rimasto giovane: ad un certo punto della storia del ristorante ha dovuto affrontare momenti difficili che ha fatto superare con la sua autorevolezza da tutti riconosciuta. Cosa farà  il diversamente giovane Sacco dopo la pensione ? Non è facile pensarlo anziano seduto su una panchina a svernare in riviera.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Paolo Vitelli un grande italiano – “Abbiamo consegnato noi l’Italia al fascismo” – Lettere

Paolo Vitelli un grande italiano
Parlare di Paolo Vitelli come di un grande torinese ci impedisce di cogliere la portata internazionale dell’industriale più importante al mondo nel campo della nautica da diporto, messa su, si può dire, partendo dal nulla ad Avigliana. L’Azimut venne da lui fondata quando era ancora studente e già al liceo dimostrava spirito d’impresa, vendendo sci e cravatte agli amici. In qualche armadio ho ancora qualche sua cravatta vendutami in piazza Carignano dove posteggiava la macchina con il baule diventato una vetrina. Apparteneva ad una famiglia di ricchi imprenditori. Il padre era a capo della “Venchi” e poi di un’azienda tessile; fu presidente della Camera di Commercio di Torino da cui l’arroganza ignorante di un ministro socialdemocratico avrebbe voluto estrometterlo per piazzare un modesto personaggino senza titoli.
L’avv. Vitelli, assistito dall’avv. Bachi altro grande gentiluomo di quegli anni straordinari di Torino, ricorse al TAR e riebbe il suo posto. In quell’epoca i piccoli politicanti erano banditi. Paolo Vitelli si era formato in quell’ambiente torinese della Facoltà di Economia ,del miracolo economico, del lavorare con onestà, della serietà assoluta ereditata dal vecchio Piemonte. Egli ha portato nel mondo quello stile Torino ed il marchio del Made in Italy che ha reso grande un Paese manifatturiero totalmente privo di una politica industriale. Vitelli ha fatto di più, ha preservato la sua azienda dalle ondate demagogiche sindacali, anzi la ha ampliata, accorpando il prestigioso marchio in crisi di Benetti. Non hai mai pensato di vendere agli stranieri – i suoi maggiori clienti – l’azienda , come tanti imprenditori italiani hanno fatto. E non si è mai lasciato invischiare nel piccolo cabotaggio della torinesità  come tanti destinati a galleggiare nella mediocrità metropolitana. Lui  che in cuor suo, penso, non tenesse in grande considerazione la politica perchè era un uomo del progettare e del fare, accettò anche di candidarsi in Parlamento, riuscendo eletto senza bisogno di particolari appoggi perché il suo nome era una garanzia assoluta. Dopo due anni tornò ad occuparsi delle aziende deluso da un mondo politico parolaio e inconsistente. Lo stesso Monti non era certo un nuovo Einaudi. Se penso come e dove è finita la più grande fabbrica torinese, ho ancora di più l’idea che Paolo sia stato un fuoriclasse. Ha avuto una figlia che ha portato ai vertici aziendali quasi fosse presago di  dover preparare  con adeguato anticipo un ricambio. E così è stato. Torino dovrà rendere omaggio ad uno dei suoi cittadini migliori tra i due secoli, magari ricacciando nell’oblio quelli che, portati avanti  da meriti inesistenti, oggi continuano a detenere posizioni che non hanno mai meritato.
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“Abbiamo consegnato noi l’Italia al fascismo”
Il 3 gennaio 1925, cent’anni fa, ci fu un discorso di Mussolini alla Camera che segnò il superamento della crisi provocata dal delitto Matteotti e l’inizio della dittatura fascista paradossalmente annunciata con  un discorso in Parlamento. Quel discorso merita di essere letto per capire compiutamente cosa sia stato il fascismo anche nelle sue ambiguità che gli consentirono di avere appoggi impensabili. La vicenda del delitto Matteotti fu affrontata dal fronte, quasi subito diviso, degli antifascisti in modo superficiale e contraddittorio.
L’ Aventino fu un grave errore che consentì al duce di riorganizzarsi.  E’ sbagliato concentrare tutta l’attenzione sul discorso del 3 gennaio perché andrebbe indagato senza indulgenze l’Aventino che fu  anche una fuga rispetto all’impegno di opporsi al fascismo. Filippo Turati scrisse anni dopo :”Abbiamo consegnato noi l’Italia al fascismo”. E’ una confessione dell’impotenza dell’opposizione e degli errori commessi vedendo nel fascismo un qualcosa che non corrispondeva alla realtà. Liberali, socialisti, comunisti, popolari non furono in grado di capire la realtà e di porre fine alla loro litigiosità. Mussolini prima e dopo il delitto Matteotti trovò antifascisti pronti allo scontro di piazza, ma incapaci di agire politicamente in modo lucido. Anche delle vecchie volpi della politica come Giolitti stentarono a capire cosa fosse il fascismo. Sarà il 1925 /26 ad aprire loro gli occhi.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

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Codice Salvini
Il nuovo Codice della strada firmato Salvini suscita molte perplessità. Esso tra l’altro azzera la privacy del conducente. Che le Forze dell’Ordine possano accedere al cellulare e leggere i numeri di telefono chiamati e soprattutto i messaggi appare illegittimo. Cosa ne pensa? Io sono contraria.  Enrica Cais
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Le cose targate Salvini peccano quasi sempre di eccessi,  a partire dall’esibizione a suo tempo di rosari e crocifissi fuori luogo, tanto per citare un solo esempio. Anche il Codice risente di un protagonismo legislativo fuori luogo, ad esempio, in materia di etilometro. E’ giusto combattere gli abusi, appare sacrosanto garantire al massimo una guida sicura a tutela di sé stessi e degli altri utenti della strada, ma il controllo dei cellulari come lei indica mi sembra una violazione della privacy evidente. Il testo di un messaggio è ad ogni effetto  una forma di comunicazione epistolare tutelata dall’ articolo 15 della Costituzione che parla di inviolabilità che può essere limitata  solo da un provvedimento motivato dell’ Autorità giudiziaria. Ancora una volta l’abc del liberalismo appare del tutto sconosciuto. I messaggi non servono solo a scambiarsi auguri ed amenità varie. Sono un mezzo di comunicazione che a volte sostituisce il telefono.
Ciò detto va anche riconosciuto che l’uso del cellulare in auto sia diventato un comportamento non tollerabile perché causa di incidenti. L’esistenza del viva voce dovrebbe essere il modo corretto di usare  il cellulare in auto, evitando assolutamente  di digitare messaggi e numeri telefonici.
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L’assessore Sestero
Ho visto  ben due intere pagine de “La Stampa “ dedicate ad un ex assessore comunale di Torino, irriducibile comunista. Mi è sembrato un  esagerato culto della personalità che i vecchi comunisti rimasti tali- malgrado l’apparente ravvedimento- hanno dedicato alla loro compagna mancata. Il segno di un ritorno al passato. Neppure a Carpanini hanno dedicato questo spazio.   Ettore Bietti  
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Credo che si possa e si debba ricordare la prof. Maria Grazia Sestero che ha saputo mantenere una coerenza assoluta fino alla fine. Comunista era e comunista è rimasta. L’ho conosciuta in più occasioni e quasi mai ho potuto consentire con lei. A chi muore va sempre portato il massimo rispetto, anche se sinceramente non credo molto  alla  statura politica di chi non ha voluto comprendere che il comunismo è stato una delle più grandi tragedie dell’umanità. Posso giustificare un operaio poco scolarizzato, ma non chi ha diretto anche un liceo. Maurizio Ferrara, direttore de “L’ Unità” vissuto anche a Mosca disse che non leggeva certi libri perché altrimenti avrebbe dovuto cambiare la sua vita. L’assessore e anche parlamentare Sestero non credo che si sia posta questi problemi perché le sue convinzioni erano talmente radicate da non avere mai un dubbio ideologico. Tanti che oggi dimenticano il loro granitico passato comunista dovrebbero imparare dalla sua onestà.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La guerra e l’apocalisse – Il Sindaco Lo Russo sta prendendo il toro per le corna – L’Anno Santo e le ragioni della fede – Lettere

La guerra e l’apocalisse 
L’informazione televisiva ci invade inevitabilmente di immagini di guerra, di distruzione e di morte. Non è possibile rimanere indifferenti di fronte a tanta carneficina. Io non sono mai stato pacifista  e non violento a prescindere, perché chi studia la storia sa bene che la violenza e la guerra appartengono alla vita dell’uomo fin dai tempi più antichi. La violenza stessa non si combatte di per sé con la non violenza, a parte l’interpretazione rivoluzionaria di Marx che vede nella violenza il forcipe della storia. L’antiviolenza è una scelta nobilissima di vita personale , ma non vale per i popoli che a volte sono costretti a ricorrere alle armi per difendere se’ stessi. Il ripudio della guerra richiamato all’articolo 11 nella nostra Costituzione tiene conto del ricorso obbligato alla guerra in certe condizioni. Pur ammirando le anime candide, ho studiato troppo Machiavelli per non capire che il mondo non si governa con i “pater noster”.
Ma oggi i pericoli che corre l’umanità portano a schierarsi convintamente per la pace, direi disperatamente per  la pace, sia perché si è raggiunto il livello della più brutale bestialità sia perché il pericolo del ricorso al nucleare si avvicina sempre di più.
Nei fatti siamo già arrivati a praticare l’infame idea che la guerra sta all’uomo come la maternità alla donna. In una civiltà come quella romana, fondata sulla guerra di conquista, vi fu il poeta Tibullo che si domandava chi, malvagio e feroce,  inventò per primo  le orrende spade. La sua voce elegiaca fu trascurata a favore delle arti marziali e del culto della romanità. Ma ad aggravare in modo orrendo la situazione di oggi è lo sviluppo della scienza e della tecnica che ha aumentato in maniera agghiacciante i morti nelle guerre, in primis le vittime civili. Con due guerre mondiali nel secolo scorso, sembrava che avessimo capito la durissima lezione della storia che già Hegel definì un immenso “mattatoio” dell’umanità. Oggi non è possibile rimanere insensibili alle parole del Papa che incessantemente ci richiama tutti alla ragione laica, neppure a quella religiosa. Il 2025 che sta arrivando deve vedere un ripensamento collettivo che vada oltre le sterili e violente manifestazioni di piazza che si rivelano inutili. Diversamente, stiamo correndo verso una catastrofe senza ritorno. Oggi i toni apocalittici sono gli unici che  ci portano a cogliere con realismo un mondo sull’orlo del baratro. Il grande storico della guerra civile americana  Raimondo Luraghi, di fronte agli orrori ottocenteschi che anticiparono quelli della Grande  Guerra, usò il richiamo all’Apocalisse.  Basta riempire i nostri arsenali di armi come vorrebbero anche certi ministri che si esaltano ad indossare un giaccone militare a Natale.
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Il Sindaco Lo Russo sta prendendo il toro per le corna
L’opposizione alla maggioranza al Sindaco di Torino Lo Russo sembra non esserci più. A parte “Torino bellissima” e il suo fondatore  che non ha quasi mai  fatto sentire la sua voce, sembra non esistere una opposizione nel suo complesso che esprima una qualche strategia. Forse è colpa dei giornali che trascurano ed ignorano, preferendo dedicare ampi  articoli al nuovo “matrimonio” molto chic  dell’assessore Foglietta  o forse è doveroso cogliere una immagine  (che si sta consolidando) del Sindaco Lo Russo che lo rende in sintonia con la città, malgrado alcuni assessori piuttosto carenti. Balza evidente infatti  un  forte impegno del Sindaco a rilanciare una città che rischia la marginalizzazione per le note vicende di “Stellantis” e non solo.
Stefano Lo Russo, sindaco di Torino

Si coglie nel silenzio di tanti la volontà del Sindaco che non si arrende alle difficoltà. Stiamo vivendo una crisi che è peggiore di quella del 1864, provocata dal trasferimento della capitale a Firenze. Gli sciocchi che dalle Olimpiadi in poi hanno pensato ad una città turistica al posto di quella industriale sono ormai al capolinea perché si è dimostrata un’utopia velleitaria puntare tutto sulle mummie egizie. Il sindaco Lo Russo sta prendendo il toro per le corna, cercando di rimettere in moto una città in affanno come non mai. Lo Russo si sta rivelando l’uomo giusto al posto giusto anche perché privo di quell’ideologismo  intellettualistico che ha rovinato Torino. I tempi di Appendino sono davvero lontani e credo che si possa dar fiducia ad un sindaco pragmatico che è l’ultima ancora di salvezza.

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L’Anno Santo e le ragioni della fede
I giornali enfatizzano compiaciuti l’arrivo di milioni di turisti  e pellegrini a Roma per l’Anno Santo. Oltre al significato religioso dell’evento, trascurato da molti, c’è chi ne sottolinea soprattutto  la portata politica e c’è anche chi calcola la ricaduta economica non solo su Roma dove sarà difficile trovare una stanza d’albergo disponibile.
L’Anno  Santo farà aumentare i prezzi e renderà Roma invivibile. Sono tutte osservazioni fondate, ma non è facile leggere un commento sulla dimensione religiosa e spirituale dell’Anno  Santo. Lo scandalo delle indulgenze che diede l’occasione a Martin Lutero per dar vita alla Riforma protestante, sembra ancora pesare, magari inconsapevolmente. Un Papato quasi totalmente impegnato sul terreno politico porta  oggi quasi a dimenticare l’aspetto preminente. Sia pure per nobili ragioni la Chiesa è più che mai legata alle vicende mondane. Può sembrare assurdo che appaia così un pontificato che rigetta l’aspetto esteriore della magnificenza del romano pontefice, ridotto su una carrozzella come tanti anziani non più autosufficienti. Il mondo attuale non induce alla spiritualità: dove ben poche cose vengono ancora considerate peccato è difficile concentrarsi sulle indulgenze che permetterebbero di liberarsi pienamente dalle conseguenze  del peccato. Può sembrare un’osservazione peregrina, mentre essa ci porta  a capire la vita di tanti  che non ritrovano più nel Cristianesimo una ragione di fede convinta.
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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com
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Il parco del Valentino 
Voglio dirle che mi sono commossa a vedere una parte del Valentino, quella tra corso Vittorio e corso Massimo che sta  riprendendo vita. Era diventato un angolo di Torino invivibile legato alla mia infanzia. Era un angolo di Torino pieno di bambini che giocavano spensierati. Anch’io lo frequentavo con mia zia e mia cugina. Riuscirà la Città  a rendere di nuovo vivibile il Valentino? Io lo spero tanto.
Barbara Valentini
Anch’io venivo accompagnato quasi tutti i giorni  dalla primavera all’autunno al Valentino  dove c’era anche la Fontana luminosa che diede il nome ad un ristorante famoso che era anche gelateria (il celebre Varesio). Era il segno di una Torino che non c’è più. Non illudiamoci. Io avevo una bicicletta Gerbi  talmente luccicante  che sembrava d’argento. E concordo con lei quando si riferisce ai bambini: parafraserei il Pascoli, dicendo che erano prati “fioriti di occhi di bambini”.
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Bergami, il gobettiano coerente
Il Prof. Giancarlo Bergami era uno studioso di Gobetti che fu molto stimato da Bobbio. Perché nessuno ha scritto di lui nel momento della sua morte?  È stato sbianchettato dalla  solita vulgata? Dava ombra a Polito  al centro Gobetti ? Cosi si disse.   Ennio Repetto
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Io non appartengo al giro dei gobettiani e non so dirle quasi nulla. Bergami era uno studioso di discreto livello, non credo abbia fatto una carriera universitaria. Sicuramente meritava un ricordo. Forse la morte nei giorni di Natale ha impedito una adeguata attenzione.Era  stato  in verità già dimenticato da anni. Per alcuni  forse non era abbastanza “fazioso”.