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Edilizia, Bartoli: “Pratiche sbloccate, sviluppo sostenibile rispettoso dell’ambiente”

“Oggi in I e II Commissione congiunta abbiamo approvato il nuovo DDL che sblocca migliaia di pratiche urbanistiche in Piemonte, ferme dopo la sentenza della Corte Costituzionale che aveva annullato la precedente legge regionale. A nome del gruppo Lista Cirio Presidente, ho voluto sottolineare l’importanza di questo intervento, che offre risposte concrete a cittadini e operatori. Ringrazio l’Assessore Gallo per la rapidità con cui ha affrontato la questione. È un primo passo significativo, ma continueremo a lavorare per perfezionare la normativa, garantendo uno sviluppo edilizio sostenibile e rispettoso dell’ambiente”, è il commento di Sergio Bartoli, consigliere regionale e presidente della V Commissione Ambiente.

Nallo (IV): A trent’anni dall’alluvione del ’94, alla ferita si aggiungono nuovi tagli per il dissesto idrogeologico

“30 anni fa una tremenda alluvione colpì le province di Cuneo, Torino, Asti e Alessandria causando decine di morti e migliaia di sfollati. Ci uniamo al ricordo e al cordoglio di quelle vittime. Ma proprio oggi scopriamo l’ennesimo taglio del Governo che riduce di 41 milioni i fondi destinati alla prevenzione del dissesto idrogeologico.

Eppure, già nel 2019, Italia Viva aveva lanciato il Piano Shock, individuando 12,8 miliardi per la mitigazione del rischio idrogeologico, oltre a fondi per la manutenzione delle reti fognarie e gli acquedotti.

Tragedie come l’alluvione del ’94 o quella di questi giorni a Valencia sono un monito per tutti noi. Eppure c’è chi continua a negare la crisi climatica, e a non considerare il legame tra la salute del pianeta e la sicurezza del territorio. Oggi, più che mai – conclude Nallo – è fondamentale agire perché disastri come questi non si ripetano mai più”.

Così in una nota la consigliera Vittoria Nallo, Presidente Gruppo Stati Uniti d’Europa per il Piemonte.

Ruffino: Nucleare la via migliore

La battaglia di Azione per il ritorno al nucleare ha riscosso un grande successo presso l’opinione pubblica, come conferma la rapidità con cui sono state raggiunge le 50 mila firme per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare. Insieme ad altre forze politiche e associazioni, Azione ha alzato la bandiera di chi rifiuta il fondamentalismo ideologico che vorrebbe la tutela dell’ambiente a scapito dello sviluppo e della crescita. L’idea di decarbonizzare l’Italia con le sole energie alternative è un totem che costa caro alle imprese e alle famiglie che pagano le bollette energetiche più care d’Europa.
Ambiente e sviluppo possono, devono andare insieme e il nucleare di ultima generazione offre quelle garanzie giustamente richieste per la sicurezza delle persone e dell’ambiente. Fukushima o Chernobyl sono gli spettri di un’altra epoca. Evocarli per opporsi al nucleare diventa una forma di terrorismo emotivo, nocivo all’ambiente e allo sviluppo.
Così l’on Daniela Ruffino, commissario Azione in Piemonte

L’autonomia perduta della Cisl

di Claudio Chiarle *

Caro direttore,

anche la Cisl ha perso la sua autonomia dai partiti o meglio dal governo di turno. Leggo un contributo di Giorgio Merlo su “ilTorinese” in cui parla dell’autonomia del sindacato dagli schieramenti politici. Vengono raffrontati i due modelli: quello Cgil e Cisl. Concordo in parte sull’analisi della Cgil in quanto dentro di essa vi è comunque una dialettica tra le categorie, dove non tutte fanno riferimento a Landini, novello grillo-schleniano ma resiste una parte riformista.

Mi sembra invece molto lontana dalla realtà l’analisi sulla Cisl sopratutto dove, abbracciando tutta l’erba in un fascio, si fa della continuità della linea di fondo, da Pastore a Sbarra, un modello sindacale. La storia della Cisl è fatta di grandi discontinuità e cambiamenti e se nei primi anni, sino a Macario, ha seguito un percorso in cui anche il rapporto con la Dc era organico ma dialettico, senza invasioni di campo ma contiguo; con Carniti avviene una svolta profonda dove l’autonomia dai partiti, dalla Dc, diventa concreta, dove la Cisl diventa il sindacato pragmatico, della prassi, della contrattazione.

In quegli anni fiorisce una Cisl pluralista, dove il confronto interno diventa risorsa e rinnovamento. Una Cisl in cui sono presenti dai gruppi extraparlamentari della sinistra sino alla destra democristiana. Una dialettica che fa fiorire mille idee e dove la Cisl si attornia di intellettuali ed economisti. Uno per tutti, Tarantelli che pagò con la vita le sue scelte e che Carniti portò avanti sino alla rottura della Cgil sull’accordo per la scala mobile. Pensare a Carniti che rompe l’unità sindacale significa che le sue idee e convinzioni erano talmente forti che prevalsero su uno dei pilastri su cui ha fondato l’idea di Cisl: l’unità sindacale. Una rottura sui contenuti. Come nel 2001 la Fim, insieme alla Uilm, firmò il contratto nazionale dei metalmeccanici sul merito e la Fiom ideologicamente si autoescluse. Successivamente, con un cambio di impostazione, la gestione cislina di Marini aveva l’obiettivo di riportarla alla normalizzazione riducendo il ruolo dei Carnitiani, operazione proseguita con D’Antoni. Infine la debole gestione di Pezzotta consegnò l’organizzazione a Bonanni, ma ormai era un’altra Cisl. Quindi non c’è una sola Cisl da Pastore a Sbarra ma tante Cisl.

Dal dopo Pezzotta, il Patto per l’Italia fu una trappola del centrodestra in cui la Cisl di allora cascò, le rotture dell’unità sindacale furono ideologiche, di appartenenza o sostegno a schieramenti politici oppure contro l’altro blocco sindacale. Come si può dimenticare l’asse Bonanni-Sacconi con le loro inutili linee-guida su ogni materia inerente il lavoro. La gestione Bonanni ha trasformato più di altri la fisionomia Cisl. Un sindacato che non fa più “dell’autonomia dalla politica la sua carta identità indiscussa ed indiscutibile” ma quasi rivendica senza dichiarala un’appartenenza a un campo politico.

Ci sono tre modi per entrare nel merito delle questioni, per contrattare. La prima è non entrare nel merito e dire sempre no o ripetere slogan, questa appartiene in parte a Landini. La seconda è contrattare in autonomia con proposte proprie chiare, che significa fare conoscere a chi rappresentiamo la piattaforma di partenza e poi il risultato finale e comparare i risultati tra ottenuto e richiesto. C’è poi il terzo metodo che è quello maggiormente applicato dalla Cisl di Sbarra. Non avere più un riferimento iniziale dei contenuti; accordarsi con la controparte, in questo caso il governo, e poi fare un rilancio su quello che sappiamo già che il governo proporrà. Oltretutto è un metodo molto pericoloso con questa maggioranza, al punto che sovente la Cisl si è trovata spiazzata.

Un esempio della Cisl a trazione “sbarriana” di come si entra nel merito: da quando si è deciso in Cisl che siamo contro la progressività delle tasse e a favore della riduzione degli scaglioni Irpef? Oppure dire che c’è nella manovra finanziaria un “importante aumento degli stanziamenti del Fondo sanitario nazionale” quando persino la maggioranza cerca di evitare l’argomento sanità perché sa benissimo che gli stanziamenti sono irrisori e che non sono nemmeno sufficienti per stipendi e assunzioni. E poi perché si mette nella stessa frase la sanità e la detassazione dei premi di risultato per il privato spacciandoli per una cosa sola mentre sono due questioni completamente diverse? Da quando chiediamo uno sforzo aggiuntivo per il ceto medio sapendo che i salari non crescono e sapendo che il lavoro dipendente in buona parte si sta allontanando dal ceto medio, impoverendosi. Basti pensare alle difficoltà del rinnovo del contratto dei metalmeccanici proprio sulle richieste salariali. Sono solo alcuni esempi “di merito” ma ci aggiungerei il “ni” sull’autonomia differenziata che penalizza il Sud quando proprio lo stesso Sbarra e tutta la Cisl fanno del Sud una priorità.

Ma ricordo anche che nella piattaforma unitaria di aprile 2023 (la trovate sul sito Cisl) che lanciava le tre manifestazioni nazionali unitarie c’era scritto che occorreva “contrastare le disuguaglianze con una riforma fiscale fondata sulla progressività costituzionale… Siamo decisamente contrari sia alla flat tax di qualunque genere che alla riduzione del numero delle aliquote” e sulla sanità diceva: “Potenziamento occupazionale e incremento dei finanziamenti al sistema sociosanitario pubblico per garantire il diritto universale alla salute e al sistema di istruzione e formazione, maggiore sostegno alla non autosufficienza”. Dov’è finita la nostra proposta sulla non autosufficienza tanto sbandierata dalla Cisl e dai suoi pensionati? Siamo soggetti con autonomia rivendicativa o a sovranità limitata? Potrei continuare ma mi limito ad aggiungere che l’autonomia della Cisl si è infranta nei marosi di un riposizionamento o meglio ripiegamento su uno schieramento con cui si è pensato di scambiare una legge sulla Partecipazione, attraverso una campagna di raccolta firme per una legge di iniziativa popolare, con un atteggiamento più remissivo nei confronti del governo. Ingenuità sindacale pensare che la nostra proposta che prevede, tra l’altro, una modifica costituzionale sia realizzabile attraverso uno scambio con questo governo.

Ovviamente per realizzare questa politica serve una Cisl a “pensiero unico” e anche questo è stato fatto. Oggi non esiste dibattito in Cisl, gli organismi sono un rituale finalizzato al consenso. Il dibattito non è più a due sensi ma solo dall’alto verso il basso: si comunica cosa ha deciso il vertice Cisl, la base assiste e conferma. La forza della Cisl di Carniti, invece, era il confronto. Basti pensare che ai vertici Cisl il segretario generale e il segretario generale aggiunto provengono tutte e due dalla stessa categoria e da due territori contigui del sud. Nel nostro territorio la futura segreteria dei pensionati della Cisl Piemonte sarà rappresentata da tre componenti tutti provenienti dalla stessa categoria. E non sono gli unici esempi. Nemmeno più nella composizione dei gruppi dirigenti c’è pluralismo. Non è un caso ma è storia che ancora oggi, in Cisl, c’è chi sussurra nei corridoi di essere carnitiano, vorrà ben dire qualcosa.

* Già Segretario Generale FIM-CISL Torino e Canavese (2008-2019)

L’autonomia di Luigi Sbarra e la modernità della Cisl

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

Il protagonismo politico, e partitico, del capo indiscusso della Cgil Maurizio Landini ripropone, in
termini nuovi ed aggiornati, il ruolo e la funzione del sindacato nella società contemporanea. Ora,
che ci sia storicamente una profonda diversità di vedute tra il “sindacato rosso” e il sindacato
bianco” nella società e nella politica italiana è un dato che ormai non fa neanche più notizia. Ma
forse, in questi ultimi anni, questa divaricazione si è ulteriormente accentuata al punto da
consegnare plasticamente due modelli di sindacato. Due disegni politici sostanzialmente
contrapposti ed alternativi che evidenziano anche una cultura politica e sindacale profondamente
diversa. Parlo, come ovvio, della Cgil da un lato e della Cisl dall’altro.
Oa, senza entrare nei dettagli, è abbastanza chiaro che c’è un caposaldo che divide i due campi
sindacali. Da un lato non possiamo non evidenziare il postulato costitutivo della Cisl che ruota
attorno al rispetto quasi fideistico dell’autonomia del sindacato nei confronti della politica. Per non
parlare dei partiti. Una autonomia che, del resto, ha caratterizzato l’intera storia della Cisl nel suo
concreto percorso sindacale. Da Pastore in poi quel principio è stato alla base in qualsiasi
stagione politica e con tutti i vari segretari generali che si sono susseguiti. Con una accentuazione
più o meno forte riconducibile anche e soprattutto al carattere dei vari dirigenti. Da Marini a
Furlan, da D’Antoni a Storti per citarne solo alcuni quel principio è sempre stato la stella polare da
cui nessuno si è mai dissociato. Un caposaldo che ha trovato, per fermarsi all’oggi, un
protagonista assoluto in Luigi Sbarra, attuale segretario generale della Cisl. E quindi, rispetto
rigoroso dell’autonomia del sindacato, centralità alla contrattazione, discussione sul merito delle
questioni e disponibilità al dialogo e al confronto con qualsiasi governo senza ridicoli pregiudizi
politici e, men che meno, singolari pregiudiziali di carattere ideologico.
Ed è proprio su questo versante che si registra, e del tutto legittimamente, una profonda diversità
nei confronti dell’attuale guida dello storico “sindacato rosso”, la Cgil. Una gestione altrettanto
importante che però fa della scelta di campo la sua linea politica guida. E quindi, e di
conseguenza, un sindacato profondamente e schiettamente schierato a livello politico e partitico.
Al punto che ormai non si sa più chi ditta l’agenda a chi. Ovvero, se il sindacato al Pd e all’intero
“campo largo” o il Pd e il “campo largo” al sindacato. Insomma, una concezione del sindacato
che supera di gran lunga la storica “cinghia di trasmissione” tra il vecchio Pci e il corpaccione
dell’antica Cgil. Con la differenza, non trascurabile, che la gestione di Luciano Lama, per citare
forse il più autorevole dirigente di quel sindacato, manteneva comunque sia una forte
indipendenza di giudizio e un tasso di autonomia significativo rispetto al partito di riferimento.
Ma, al di là delle singole vicende storiche, è di tutta evidenza che la difesa gelosa e coraggiosa
dell’autonomia sindacale dalla politica e dai partiti è, oggi, la vera sfida per ridare credibilità,
prestigio e autorevolezza all’intero sindacato e alle forze sociali nel loro complesso. E la Cisl, su
questo versante, conferma di avere una concezione del sindacato straordinariamente moderna ed
attuale. Anche perchè la riproposizione di un piatto ed acritico collateralismo con uno
schieramento politico riduce inesorabilmente il sindacato ad una appendice della politica e dei
partiti. Il che, come ovvio, non può essere la ricetta migliore per rimarcare il sempre più
indispensabile e necessario ruolo del sindacato nella società contemporanea.

Fondi per il settore auto: prima sottovalutati, ora agognati

Giachino: “Quanto costa al Paese l’incompetenza?”

Caro Direttore,
Scrivo a Te  perché con la crisi dei partiti, che una volta erano la vera Scuole di formazione sui  problemi del Paese, ora i Vostri articoli rimangono l’unico mezzo di formazione-informazione di parlamentari,  consiglieri regionali e  uomini di governo.
A fine 2021 quando mi accorsi che nell’ultima Legge di Bilancio di Draghi non vi era una lira per il settore auto , lanciai una proposta ai deputati eletti nelle regioni dove si producono auto o parti di auto  affinché presentassero in Parlamento una Mozione parlamentare che avrebbe potuto portare il Governo a stanziare fondi per un settore importante che ha  contribuito più di tutti nel dopoguerra a dare un sistema industriale alla Italia che si stava rialzando . Il settore auto ha rappresentato la più importante filiera industriale del nostro Paese ma Sindaci e governi negli ultimi trent’anni non lo hanno difeso come invece si è fatto in Germania Spagna e Francia. La mia proposta trovo’ il favore di alcuni parlamentari benemeriti e soprattutto dell’on. Molinari che presentò una Mozione che convinse il Governo Draghi a stanziare 8,7 miliardi in più anni. Quei fondi in questi tre anni hanno aiutato la domanda di nuove auto che stava scendendo perché in Europa, grazie a sinistra PD e Verdi decideva di puntare solo sulla auto elettrica così che nessuno ha più cambiato l’auto per acquistare una euro 6 ultima generazione, ma nello stesso tempo pochissimi han acquistato la auro elettrica molto cara. Oggi le fabbriche europee sono in crisi.   Capisco che chi doveva muoversi perché ogni anno nella Legge di Bilancio venissero confermati quei fondi non abbia voluto riconoscere a me e a Molinari  il merito di aver fatto una cosa importante per il settore industriale più importante per il Piemonte. Forse non lo hanno fatto perché io non prendessi molti voti di preferenza come avrei meritato  alle elezioni regionali di giugno. Neanche gli elettori han capito l’importanza di quello che avevo fatto per la Tav e per il settore auto. Neanche i dipendenti della Fiat e delle aziende dell’indotto.
Peggio, nei giorni scorsi qualcuno ha anche attaccato gli incentivi dimenticando che il Ministro Urso voleva usare quei fondi per rilanciare la produzione italiana. Così causa i margini ridotti del Bilancio dello  Stato e solo a cose fatte, qualcuno si è accorto che quei fondi sono stati ridotti e ora piange lacrime amare.
Se uno sa cosa vale una cosa la valorizza e la difende con forza ma se uno svaluta per anni ciò che avevamo fatto io e l’on. Molinari anzi, nei giorni scorsi e’ arrivato  a criticare gli incentivi: e’ chiaro che in una fase di fondi limitati può succedere ciò che è successo.  Ora,  come ho detto all’Ansa,  occorre che almeno tutti i parlamentari delle regioni in cui ci sono stabilimenti Fiat ripetano l’operazione di due anni fa per rifinanziare i fondi a un settore che dà lavoro direttamente a  300.000 persone e poi tutto l’indotto.
Il miglioramento della politica e dell’attività di governo e di rilancio di Torino e del Paese arriverà anche grazie al grande lavoro di informazione dei giornalisti.
Mino GIACHINO 
SITAV SILAVORO

Il Centrodestra chiede un Consiglio Regionale aperto sull’automotive

I capigruppo di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Lista Cirio Presidente Piemonte Moderato e Liberale chiedono la convocazione urgente di un Consiglio Regionale aperto sull’automotive.

La transizione ecologica con costi sociali enormi – dichiara Carlo Riva Vercellotti, Capogruppo di Fratelli d’Italia – è stato un errore che ora stiamo pagando ed è bene trovarsi per valutare le azioni migliori per contrastare la deriva green e tutelare il lavoro in Piemonte”.

Le misure previste dalla legge di bilancio, contro cui oggi le forze di minoranza si scagliano dando la colpa al governo, sono le conseguenze dei provvedimenti folli che le stesse sinistre hanno appoggiato a Bruxelles – afferma il Capogruppo leghista Fabrizio Ricca -. La transizione all’auto elettrica, votata a maggioranza dai colleghi che adesso gridano allo scandalo, costringe le aziende a ridurre la produzione dell’endotermico. Il mantenimento dei posti di lavoro e il risanamento delle aziende restano prioritari per la Lega. L’apertura di un confronto diretto con gli addetti del settore servirà a trovare la soluzione a un problema che ci riguarda da vicino.”

Siamo estremamente preoccupati per il futuro dell’automotive in Piemonte e soprattutto a Torino. Il capoluogo piemontese in particolare ha sempre rappresentato la capitale dell’automotive e della grande industria in Italia ora è indispensabile un confronto serio sull’argomento in Consiglio regionale dove ogni attore ci metta la faccia. Il rischio di perdere come comparto 10mila lavoratori costituisce una bomba sociale che va disennescata. Da questa convinzione nasce l’esigenza di un Consiglio aperto in Regione” a dichiararlo Paolo Ruzzola Capogruppo Forza Italia in Regione Piemonte

“Affrontare in modo aperto il tema dell’automotive – afferma Silvio Magliano, Capogruppo della Lista Civica Cirio Presidente Piemonte Moderato e Liberale -, è doveroso per dare un riscontro a una filiera fondamentale per il territorio: qualità ed esperienza di tutti gli addetti, operai, impiegati e dirigenti, sono un valore per Torino e per il Piemonte che va tutelato e che non può assolutamente andare perduto. Dobbiamo dare risposte alle famiglie che sull’indotto dell’auto hanno creato esistenze e costruito le basi per il proprio futuro e che ora, giustamente, temono che tutto questo venga messo in discussione”.