politica- Pagina 422

Scuola, Ruffino (Fi): “Azzolina decida e non scarichi sulle Regioni”

   Il ministro Lucia Azzolina ha scritto al governatore della Lombardia Attilio Fontana per invitarlo a tornare sulla decisione di applicare la Dad alle scuole superiori. Non è un invito generico, se è vero che il ministro chiede al governatore di “contribuire con oculatezza, attenzione e capacità di confronto” a garantire il diritto all’istruzione.

Azzolina chiede a Fontana di sfoderare qualità che lei per prima si è rifiutata di mostrare nei confronti del Parlamento. Ci vuole una buona dose di sfrontatezza per chiedere a Fontana e a De Luca, ma presto anche ad altri governatori, di trovare soluzioni alternative alla didattica a distanza, soluzioni che il governo per primo avrebbe dovuto trovare negli otto mesi trascorsi dalla prima ondata pandemica.

     Possono i governatori potenziare il trasporto pubblico locale? Con quali risorse? O possono assumere polizia locale con compiti di ordine pubblico così da costringere i ragazzi a filarsela a casa invece di assembrarsi in strada? Il ministro riteneva forse, ma voglio escludere in lei tanta colpevole ingenuità, che una volta messe le rotelle ai banchi e distribuito gel alle scuole, la didattica potesse ripartire come se nulla fosse. Il suo collega Boccia ha capito la mala parata e tenta adesso una mediazione fra il ministro e le Regioni. Naturalmente ne uscirà un pastrocchio, con il solo scopo di salvare la faccia al governo e caricare le Regioni di ulteriori responsabilità. Un ministro simile non è tollerabile in tempi normali. Diventa fatale per la scuola in tempi di pandemia.

La Ganga, il riformista. La storia gli ha dato ragione

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / La morte di Giuseppe La Ganga segna la fine di un’esperienza politica durata alcuni decenni che ha caratterizzato la vita politica piemontese ed italiana.

La Ganga era un uomo colto e preparato, stimato da Bobbio e da Mussa Ivaldi che patrocinarono la sua prima candidatura alla Camera dei deputati. Era un politico nato. Fin dagli anni del liceo “d’ Azeglio” si mise in luce per il suo impegno. Io lo ricordo nel 1966 a coordinare un bel convegno al teatro “Carignano“ su Massimo d’Azeglio promosso dal liceo di via Parini.
Ci conoscemmo anni dopo alla Sioi , la società di studi internazionali che offriva ai giovani interessati alla politica una dimensione internazionale dei problemi. Esordimmo insieme nel 1970 in due consigli comunali della cintura: lui a Rivoli dove batte’ il capolista Eugenio Scalfari (che quell’onta se la legò ad un dito e da allora odiò La Ganga) ed io a Moncalieri. Per lui fu l’inizio di una sfolgorante carriera  politica, per me la presa di coscienza che non ero tagliato per la politica anche se non volli arrendermi subito alla realtà. La Ganga, che nasceva come giolittiano, una corrente socialista di intellettuali da non confondersi con quella filoconunista di Lombardi, fu tra i primi ad aderire alla nuova linea politica di Craxi, creando qualche problema ai vecchi autonomisti nenniani  torinesi di Corrado Calsolaro. La Ganga divenne segretario della Federazione del PSI torinese e  deputato a partire dall’ VIII legislatura nel 1979 . Il partito socialista, che continuò ad avere diverse anime,  si caratterizzò in Piemonte con il volto di La Ganga, proconsole di Craxi. Io non aderii mai al PSI, ma con Giusi intrattenni sempre un buon rapporto  personale. Giunse anche ad associarsi al Centro “Pannunzio” e a partecipare a qualche sua attività. La Ganga fu nel 1985 il protagonista della grande svolta che mandò a casa Novelli e la Giunta di sinistra, inaugurando il nuovo corso amministrativo di Torino che usciva dalla stagnazione imposta da Novelli. Ci fu un momento  in cui Giusi mi propose – pur restando io indipendente – un incarico pubblico di rilievo che io declinai.
.
Nessun altro politico mi fece un’offerta di quel tipo. Il socialismo di Craxi fu una grande e positiva novità per l’Italia perché offrì la prospettiva di un socialismo affrancato dai comunisti, un socialismo liberale di tipo rosselliano. Solo chi non ha conosciuto La Ganga o lo ricorda per la vignetta di Forattini su di lui, non conosce l’intelligenza e la cultura politica che aveva. Avrebbe potuto certamente essere un buon ministro ed aveva talento pari se non superiore a Martelli e a De Michelis. Sappiamo come andò la storia di Tangentopoli e dei giudici che eliminarono per via giudiziaria un’intera classe politica. Io posso testimoniare che Giusi visse sempre probamente senza agi di sorta . In tempi recenti era consigliere comunale di Torino eletto nelle liste del Pd quand’era sindaco Fassino . Abbiamo avuto tante occasioni   di incontro, facilitate anche dal comune amico Salvatore Vullo, capace di essere coerente ed orgoglioso della sua storia politica. Proprio Vullo è stato l’uomo a lui più vicino che lo ha intervistato negli ultimi periodi , pubblicando con Rubbettino un bel libro che serve a farlo conoscere e capire il senso delle sue battaglie politiche. Il libro appena uscito diventa il suo testamento politico.
.
Una malattia ha funestato l’ultimo periodo della vita di Giusi, impedendogli il proseguimento di ogni attività motoria. Oggi, alla notizia della sua morte, ho pensato al giovane siciliano, già barbuto, allievo del “d’Azeglio” che aveva fin da ragazzo sposato la causa del socialismo prima che si scatenasse la bufera del ‘68. Una scelta lucida ed appassionata a cui è rimasto fedele per tutta la sua vita. Voglio ricordarlo piacevole commensale quando, dopo qualche evento culturale in compagnia di Vullo, andavamo a mangiare in trattoria. In quelle occasioni, e non solo in quelle, apprezzai le qualità dell’ uomo semplice di cui mi diceva il nostro comune sarto Ignazio Blunda e di cui una volta mi parlò anche Mario Soldati. Era un uomo deluso ed amareggiato che aveva però mantenuto la schiena dritta e l’orgoglio del socialista  riformista a cui la storia aveva dato ragione. In via Pisa aveva creato il Club dei riformisti dove si svolsero tanti incontri ai quali ho partecipato anch’io. Quell’eredità storica del riformismo torinese che da Morgari a La Ganga  rappresenta un qualcosa di molto importante non solo per il passato , ma anche per il futuro di questo Paese. Nel 2014 ricordammo insieme Giacomo Matteotti. Fu il momento più bello e significativo del nostro rapporto.
.
Scrivere a quaglieni@gmail.com

Il Crocifisso nell’aula di Palazzo Lascaris

Il Crocifisso donato al presidente dell’Assemblea regionale Stefano Allasia dall’arcivescovo della Diocesi di Torino monsignor Cesare Nosiglia è stato affisso nell’Aula consiliare di Palazzo Lascaris.

La decisione di appendere il Crocifisso – offerto da monsignor Nosiglia al presidente Allasia al termine dell’incontro avvenuto il 9 ottobre 2019 al Palazzo dell’Arcivescovado di Torino – è stata assunta in seguito all’approvazione, nel dicembre scorso, di un Ordine del giorno del primo firmatario Andrea Cane (Lega). Il documento impegnava il Consiglio e la Giunta regionale “a difendere e salvaguardare l’importanza storica, culturale e religiosa del Crocifisso” e “a procedere all’affissione di un Crocifisso nell’Aula del Consiglio regionale, dietro i banchi della presidenza”.

E, sempre in seguito all’approvazione di un Ordine del giorno della prima firmataria Francesca Frediani (M5s), è stata appesa nella Sala dei Morando, ove si riuniscono le Commissioni consiliari, la celebre fotografia di Tony Gentile che ritrae i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Elezioni americane, come si svolgono?

Le elezioni presidenziali americane sono un evento d’interesse mondiale, appassionano tutto il globo terrestre.

Ogni quattro anni i cittadini americani sono chiamati ad eleggere il proprio presidente. Il sistema elettorale americano è molto complesso: proviamo a capirlo assieme senza dilungarsi nel tecnicismo politico bensì in maniera semplice.
Intanto è molto diverso dal nostro…

Negli USA abbiamo 2 grandi partiti che dominano la scena elettorale da sempre: il partito democratico ed il partito repubblicano.
La prima fase di votazione avviene con le Primarie: i cittadini americani maggiorenni aventi diritto al voto scelgono il candidato di partito al ruolo di presidente e vicepresidente della nazione…il “famoso ticket”.

La seconda fase sono le elezioni presidenziali dove i cittadini americani maggiorenni sceglieranno, attraverso il voto, i Grandi Elettori rappresentanti ciascuno dei cinquanta stati americani. Ogni grande elettore, più votato all’interno del proprio stato, voterà uno dei candidati al ruolo di presidente USA e di conseguenza il vicepresidente.
I grandi elettori sono in totale 538. Diventerà Presidente chi otterrà 270 voti.

Trump o Biden? Tra poco lo scopriremo…

 

Vincenzo Grassano

Valter Boero: «Il Papa chiarisce la differenza tra matrimonio e unione civile»

Il Magistero è chiaro: nessuna sovrapposizione

“Vedremo  sui quotidiani e sui media quale spazio verrà dato alle parole di Papa Francesco in tema di unioni civili per i gay racchiuse  in un documentario presentato al Festival del Cinema di Roma” afferma  il prof. Valter Boero, referente nazionale del Popolo della Famiglia.

Certamente sul quotidiano La Croce diretto da Mario Adinolfi, verranno riportate le parole del Papa che ribadiscono la distinzione tra l’istituto del matrimonio tra uomo e donna e le unioni civili per i gay. Una sovrapposizione e una surroga sollecitata da più parti, ma inaccettabile per il Papa e il Magistero della Chiesa  come  ribadito anche recentemente nella Esortazione apostolica in Amoris Laetitia.

Ricorda Adinolfi che “difendere l’istituto del matrimonio significa  tutelare i  bambini che hanno diritto ad avere un papà e una mamma; non possono essere  venduti e comprati e contrastare la pratica dell’utero in affitto significa  difendere la dignità della donna e della sua maternità”.

Il prof. Boero si augura che le  Istituzioni così solerti a tutelare i diritti di pochi, chiedendo per loro trattamenti speciali,  si accorgano di un art.29 della Costituzione per poi passare al 30 e al 31 che riguardano decine di milioni di italiani e che in questi tempi reggono l’onda d’urto della pandemia.

“Bella ciao” e inno nazionale

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

 La ministra dell’Istruzione Azzolina è  favorevole ad introdurre l’insegnamento a scuola di “Bella ciao”, considerata canzone m-simbolo dell Resistenza, secondo una proposta di legge di alcuni deputati del Pd tra cui Piero Fassino, figlio di un noto capo partigiano.

Appare quasi incredibile che la ministra abbia tempo da dedicare a queste vere e proprie quisquilie in tempi di ferro e fuoco per la scuola italiana, aggredita dal virus, ben oltre il previsto.
Vale però  la pena di fare alcune riflessioni storiche in merito perché si rischia la confusione anche su temi che dovrebbero essere chiari a tutti. “Bella ciao” non fu la più cantata canzone partigiana perché lo fu “Fischia il vento“. Certamente essa è  la meno impegnata politicamente perché si limita a parlare di lotta all’ “invasor“ e non di “rossa bandiera“ come l’altra.
Stando alla testimonianza di Giorgio Bocca, giornalista e partigiano, essa non fu cantata durante la Resistenza, ma nacque nel primo dopoguerra e venne lanciata a livello internazionale nel 1947 al festival della gioventù democratica egemonizzato dai comunisti. Ancora Bocca fa un parallelo tra “Bella ciao“ e “Giovinezza”, ricordando che ambedue non furono canti dei partigiani e dei fascisti. “Giovinezza” fu infatti una canzone gioliardica del 1909, di cui si appropriarono i fascisti, imponendola come inno insieme alla “Marcia Reale“ in tutte le cerimonie pubbliche. Anche “Giovinezza” venne imposta nelle scuole italiane.
La proposta dei parlamentari del Pd, di per se’ anche pregevole negli intenti commemorativi del 25 aprile, non tiene però conto che nella scuola italiana non si studia canto da tempi immemorabili.
Quando io frequentavo le elementari mi insegnarono “Fratelli d’ Italia“, l’inno provvisorio della Repubblica italiana, rimasto tale fino a poco tempo fa.  Nessuno ci insegnò le canzoni del Risorgimento e neppure la “Canzone del Piave” che era quella dei nostri nonni e dei nostri zii che fecero la Grande Guerra. Un maestro di musica di pregio, don Bernardo Lomagno, che era anche un matematico, ci insegnò solo “Fratelli d’ Italia” e fece bene. Durante il regime fascista la “Marcia Reale“ venne abbinata ad un inno di parte come “Giovinezza” a dimostrazione di una dittatura imperante. Dopo il 25 luglio 1943 “Giovinezza“ venne eliminata e in tempi successivi la “Canzone del Piave“ sostituì la stessa “Marcia reale” ancora durante il periodo monarchico .
Il fatto incontestabile e’ che l’ Inno nazionale non viene insegnato nelle scuole italiane se non per iniziativa di qualche singolo docente. In una sola scuola torinese, il liceo “Segre’,” quando era preside un uomo di sinistra come Primo Merlisenna che promosse anche un convegno sul Tricolore, venne fatto giornalmente l’alza – bandiera, una cerimonia subito malvista da certa intellighenzia di sinistra presente anche in quel liceo.
I temi patriottici non sono da tempo all’ordine del giorno in Italia, malgrado i tentativi del presidente Ciampi e la comparsa dei tricolori durante la pandemia.
Chiedere che venga insegnata “Bella ciao” e non l’inno di Mameli appare discutibile perché il senso della Nazione e della sua storia andrebbe recuperato nella sua interezza. In ogni caso appare, salvo che per il 25 aprile , del tutto fuori luogo abbinare all’ Inno nazionale  qualunque altra canzone, anche “Bella ciao“. L’ inno da solo rappresenta lo spirito nazionale come lo rappresento‘ in passato la “Marcia Reale”. L’ Inno come la bandiera deve rappresentare tutti gli Italiani, senza distinzioni di sorta perché esprime l’ Unità’ nazionale nella sua totale interezza.

Lega: “Ingressi scaglionati penalizzano scuole di montagna”

“Lo scaglionamento degli ingressi penalizza le scuole di montagna. Ancora una volta decisioni calate dall’alto senza ascoltare il Paese”
“Lo scaglionamento degli ingressi nelle scuole previsto dal nuovo Dpcm per evitare assembramenti e il congestionamento dei mezzi pubblici può essere utile nelle città, ma nei piccoli centri crea solo ulteriori disagi –dichiara il responsabile del Dipartimento montagna della Lega, l’europarlamentare Alessandro Panza.
”Nei piccoli centri e per le scuole di montagna soprattutto, dove il trasporto pubblico non è così scontato come in altre parti del paese, molto spesso c’è un solo mezzo a disposizione per il viaggio di andata e per il ritorno. Andare a modificare l’orario delle lezioni, senza aver prima concordato la questione con i vettori del trasporto pubblico locale, rischia di lasciare  i ragazzi in strada per almeno un’ora in attesa dell’inizio delle lezioni, oppure potrebbe costringerli ad uscire un’ora prima mancando un’alternativa per il ritorno a casa.
Come sempre non si ascoltano i territori e non si considerano le peculiarità locali, non si tiene conto delle difficoltà di chi vive in determinate aree del Paese, specialmente nelle zone montane dove le difficoltà logistiche sono parte integrante di queste comunità. Si sarebbe dovuta lasciare piena autonomia e facoltà di scelta di entrata, rendendo lo scaglionamento degli ingressi obbligatorio solo nelle città metropolitane, perché evidentemente quanto può essere giusto in teoria, non vale per la pratica.
Chiediamo pertanto al Governo Conte – conclude Panza – che vengano previste delle eccezioni, che si preveda la possibilità di effettuare delle deroghe in concertazione con i presidi, i sindaci, i gestori del TPL e i presidenti delle regioni.“

 

Covid, le proposte di Meritocrazia Italia

Riceviamo e pubblichiamo / Nella conferenza stampa dell’altra sera, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha annunciato le novità del prossimo DPCM prevedendo ulteriori restrizioni. 

In una comune prospettiva di voler arginare i contagi ma, di evitare, al contempo, una paralisi dell’intera economia del Paese, Meritocrazia Italia ha elaborato diverse proposte molte delle quali hanno trovato un positivo riscontro.

In particolare Meritocrazia Italia aveva proposto di:

– Evitare un lockdown generalizzato,

– Un potenziamento dello Smart working,

– Decontribuzioni per le aziende che assumono i giovani,

– Defiscalizzazione e abbassamento del cuneo fiscale,

– Apertura a scaglioni delle scuole con un piano organico effettivo,

– Logica territoriale sull’applicazione di eventuali “zone rosse”,

– Didattica a distanza solo in casi di particolari criticità e flessibilità nell’organizzazione delle attività didattiche a partire dalle istituzioni scolastiche di secondo grado.

Meritocrazia Italia ribadisce le proposte già avanzate con i precedenti comunicati nazionali ed, in particolare, propone:

– Defiscalizzazione dei tributi e degli oneri contributivi a favore dei locali, ristoranti e bar con contributi proporzionati al reale calo di fatturato sostenuto;

-Contributi effettivi basati sull’ultimo fatturato a sostegno delle ASD e, nel caso in cui le stesse si avvalgano di impianti pubblici, la sospensione dei canoni dovuti e del pagamento delle utenze;

– Azioni a sostegno dei lavoratori dello spettacolo e del suo indotto al fine di attutire gli impatti economici da essi sostenuti;

– Azione a sostegno delle PMI e delle partite Iva in genere che hanno subito un calo di fatturato rapportato al calo effettivo di introiti;

-Implementazione del sistema di trasporto pubblico locale anche attraverso l’utilizzo di convenzioni con privati;

 – in caso di chiusura delle scuole superiori, garantire, agli Istituti che hanno in programma esami di certificazione internazionale (ad esempio gli esami IGCSE in programma già da oggi in alcune scuole superiori) la possibilità di svolgere detti esami di certificazione;

-Rafforzamento immediato, anche attraverso nuove assunzioni, del sistema di presidio sanitario locale;

-Principi oggettivi nelle decisioni territoriali al fine di non lasciare ampia discrezionalità nelle decisioni dei singoli Sindaci e o strutture Regionali.

Da mesi il mondo intero è succube del virus Covid19 che sta cambiando, volenti o nolenti, le nostre abitudini di vita quotidiana, in ogni aspetto economico, sociale, ludico e persino religioso. Le previsioni sono di lunga durata e pertanto chi amministra la “cosa pubblica” è costretto a definire soluzioni rapide e innovative ai problemi che man, mano di presentano.
Una delle difficoltà emerse finora è quella del mantenimento delle distanze fra le persone, soprattutto nelle scuole che, sebbene sia tuttora luoghi pressoché sicuri e a bassissima intensità virale, restano comunque in cima ai pensieri di tutti perché frequentati ogni giorno, da settembre a giugno, dai nostri figli. Motivo per cui le cautele e le misure di sicurezza devono essere al massimo livello.
E al momento pare che le norme dei protocolli Covid19 stiano funzionando, garantendo ancora la possibilità dell’insegnamento in presenza, che soprattutto per gli alunni più piccoli è ritenuto fondamentale e insostituibile, sia dagli insegnanti che dalle famiglie.
Infatti, il Governo ha confermato che la scuola non chiuderà e non verrà trasformata nel modello “da remoto” come molti vorrebbero, al fine di evitare e ridurre al minimo le possibilità di contagio fra scolari, insegnanti, personale scolastico e famigliari. L’ultimo Dpcm del 18 ottobre scorso ribadisce che l’attività scolastica rimane in presenza, per il primo ciclo di istruzione, mentre agli istituti di formazione di secondo grado è consentito organizzare gli orari e la tenuta delle lezioni in modo autonomo, col solo obbligo di aprire le porte dopo le 9 del mattino.
Questa decisione, che si abbina a quella di delegare alle università la predisposizione di piani di organizzazione delle didattica e delle attività culturali in funzione delle esigenze proprie, nel pieno rispetto dell’autonomia giuridica degli atenei italiani, va comunque ad incidere sul flusso dei trasporti pubblici in ogni angolo del paese. Materia che comunque resta in gran parte nelle competenze regionali e delle città metropolitane più grandi. Inoltre, il dpcm delega ai sindaci le responsabilità nell’applicazione delle norme e dei divieti e quindi anche della amministrazione dei servizi civici e territoriali di competenza.
Tenuto conto, quindi,della sostanziale immutata condizione del settore scolastico, nonché delle limitazioni all’orario di apertura e chiusura degli esercizi commerciali dedicati alla ristorazione, ci sentiamo di rivolgere alcuni suggerimenti a coloro che amministrano il trasporto pubblico piemontese:
– in primo luogo, sarebbe utile rivedere il meccanismo “tempi&orari” delle città per renderlo più confacente alle normative Covid19 in atto e a quelle che presumibilmente interverranno in futuro;
– rispetto al trasporto degli studenti da/per i plessi scolastici, gli istituti e le sedi universitarie, si potrebbe distinguere il flusso degli studenti da quello degli altri cittadini, magari attivando linee dedicate supplementari a quelle già in servizio, attingendo ai pullman e bus privati che al momento sono fermi sempre a causa delle disposizioni governative, tenendo conto che quasi tutti gli studenti sono dotati di apposito abbonamento mensile/annuale al servizio pubblico;
– per le scuole elementari /medie e gli asili, invece, si dovrebbe aumentare la sorveglianza all’ingresso e all’uscita, magari grazie al servizio volontaristico delle associazioni di Protezione Civile o degli agenti di Polizia Municipale di ogni comune piemontese;
– si potrebbe, quindi, rispolverare l’idea del “nonno vigile” che assista l’ingresso degli scolari in modo da controllare il traffico automobilistico circostante e velocizzare le operazioni di prelievo/rilascio dei bimbi da parte dei genitori;
– sempre in questo caso, non è da scartare l’ipotesi del “piedibus” per aggregare gruppi di scolari e relativi parenti nella fase di accompagnamento mattutino alle scuole, puntando sulla legalità e l’esempio educativo dei più anziani ai più giovani;
– infine, in senso generale, si potrebbero anticipare i metodi di rilevazione tecnologica delle presenze a bordo dei mezzi pubblici, che agevolerebbe in modo significativo la scelta del bus su cui salire da parte delle persone, nonché il difficile lavoro dei conducenti pubblici.

Valle- Sarno (PD): “Assessore Poggio in ritardo sui bandi”

Da Palazzo Lascaris / Nel corso della Commissione cultura di oggi l’Assessora Poggio ha indicato per venerdì la data in cui verranno assegnate le risorse alla direzione cultura.

 

Solo dalla prossima settimana potranno quindi essere adottati tutti gli atti conseguenti e necessari all’uscita dei bandi e al finanziamento delle convenzioni: difficilmente, dunque, i bandi usciranno entro la fine di ottobre com’era stato promesso solo qualche settimana fa al presidio davanti a Palazzo Lascaris.
Un ritardo insostenibile alla luce dell’emergenza Covid che si è abbattuta su questo settore più che su altri. La scelta di questa Giunta è stata di non offrire al settore risorse straordinarie, di straordinario c’è solo questo ritardo che rischia di mettere in pericolo le erogazioni degli anticipi, specie con le difficoltà a cui andiamo incontro.
Anche su altri aspetti siamo fermi come da inizio legislatura: sostegno allo spettacolo da vivo, la rete delle residenze sabaude e la rete delle biblioteche, in particolare il collegamento tra quelle di Torino e quelle della Provincia. L’emergenza Covid non può fermare tutto, soprattutto non può fermare la programmazione e gli indirizzi politici da continuare a sviluppare anche per superare l’emergenza di questi mesi.

Daniele Valle – Vicepresidente Commissione Cultura del Consiglio regionale del Piemonte
Diego Sarno – Portavoce Pd Commissione Cultura del Consiglio regionale del Piemonte

Scuole antifasciste, provocatori e Costituzione

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ Il liceo “d’Azeglio“ è il più’ famoso della città ed ha avuto sempre una tradizione di sinistra. In quell’edificio resta vivo il culto del venerato maestro Augusto Monti, totalmente dimenticato altrove, in
primis dal suo editore Einaudi che ha ceduto i diritti ad un piccolo editore di Cuneo 

Dei ragazzi fanatici e stupidi hanno appiccicato alcuni volantini di un’organizzazione giovanile di destra  a fianco di due pietre d’inciampo a ricordo di ex allievi morti in  campo di sterminio. Quelle pietre vanno rispettate e nessuno può porre impunemente  vicino ad esse cose estranee di carattere politico o non politico . Esse parlano da sole e l’idea balzana e puerile  dei giovani di destra va condannata in modo inappellabile. In particolare, in questi tempi difficili per la scuola ogni iniziativa volta a creare turbolenze inutili negli Istituti va condannata. E’ già difficile studiare in condizioni di normalità, figurarsi se si aggiunge anche la politica. Toccare certi temi al “d’Azeglio” equivale toccare un nervo scoperto perché fu il liceo in cui insegnò Francesco  Coppellotti considerato un docente eretico e revisionista, traduttore di Nolte. Coppellotti era un provocatore nato, ma era anche un uomo colto e intelligente. Il preside Giovanni Ramella gli garantì libertà di insegnamento, malgrado le proteste che la sua presenza suscitava.Un grande esempio, quello di Ramella, sicuramente di sentimenti antifascisti, di rispetto della scuola pubblica come scuola di tutti. Sulla stupidità di certi giovani ebbi io stesso prova  quando mi  insultarono  pesantemente  scrivendo su un muro a caratteri cubitali che <<il prof. gr. uff . Quaglieni>>  era impotente. Allora commentai che, tutto sommato, era una critica molto lieve per un professore perché l’accusa riguardava solo me e mia moglie, ma non toccava il mio insegnamento. Chiesi di non cancellarla perché in fondo mi rendeva onore in quanto non avevano altra critica da rivolgermi. In anni lontani al liceo “Segré” di Torino si ebbe la caccia all’allievo fascista da parte di certa sinistra precollinare che però in tempi successivi non volle dei profughi africani nella caserma di via Asti perché avrebbero creato disagi al quartiere.
I cretini che attaccano volantini a fianco alle pietre d’inciampo sono casi patologici come quelli che scrivevano offese sui muri a Venturi, ad Allara, ad Elisabetta Chicco ed a me. Fascitelli neri ed anche rossi che vogliono provocare ad ogni costo, spesso ricorrendo alla volgarità.
Io, quando ho avuto un allievo di idee contrarie alle mie, anche fasciste, l’ho rispettato e l’ho trattato come gli altri. Avevo in mente una frase di Bobbio detta a Tobagi in cui il filosofo così caro all’antifascismo, diceva di non trovare nulla di plausibile per trattare un fascista in modo diverso da qualsiasi altra persona.
Antifascismo deve essere libertà per tutti, come stabilisce l’art. 21 della Costituzione che non parla di cittadini di serie b, se fascisti, privati della libertà di  manifestare il loro pensiero. Una democrazia matura deve contemplare scuole “aperte” in cui c’ è spazio anche per Coppellotti. Un quid di dissenzienti è un fatto fisiologico
alla democrazia. Guai se tutti fossero costretti a dire le stesse cose. Altrimenti, più o meno inconsciamente, cadremmo  in un regime che è l’esatto opposto della  democrazia repubblicana  delineata nella nostra Costituzione. Le lettere di genitori scandalizzati ai giornali appartengono ad un vecchio rituale che pensavamo superato. Il Cogidas dei genitori“ democratici e antifascisti “ era un’associazione nata nel clima della contestazione sessantottina morta e sepolta perché superata dai tempi come buona parte degli organismi previsti dai Decreti Delegati.
Nella scuola e fuori di essa il nemico da combattere,  seguendo prudentemente le regole del distanziamento, è uno solo: la pandemia.

 

scrivere a quaglieni@gmail.com