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Operatori gioco legale: “5mila posti a rischio in Piemonte”

Durante una pausa dei lavori d’Aula il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia – alla presenza degli assessori Fabio Carosso, Marco Protopapa e Andrea Tronzano – ha ricevuto una delegazione di rappresentanti e operatori del gioco d’azzardo legale che questa mattina ha manifestato sotto Palazzo Lascaris.

I delegati dei lavoratori Valentina Gullino e Mara Pasquale hanno evidenziato i timori di perdere il lavoro qualora la legge regionale non venga modificata, dal momento che già 1.700 posti sono stati persi e 5.000 rischiano la stessa sorte dopo il termine di maggio, data di scadenza dei cinque anni previsti dalla legge per consentire agli imprenditori di mettersi a norma rispetto alla distanza delle slot-machine dai luoghi sensibili.

I rappresentanti di Sapar Alessia Milese e Astro Massimiliano Pucci hanno invece contestato che la legge abbia sortito negli anni gli effetti certificati dagli operatori e che la riduzione del gioco legale abbia favorito di gran lunga quello illegale.

Per la maggioranza sono intervenuti il capogruppo della Lega Alberto Preioni e il primo firmatario della proposta di legge Claudio Leone che hanno evidenziato l’impossibilità di far tornare il provvedimento in Commissione, la volontà di prevedere fondi aggiuntivi per i Serd e la necessità di preservare il gioco legale contro l’illegalità e i posti di lavoro messi a forte rischio.

Per la minoranza sono intrervenuti i consigliere Marco Grimaldi (Luv), Monica CanalisDomenico Rossi e Diego Sarno (Pd) che si sono dichiarati disponibili ad aprire un tavolo per discutere e risolvere i problemi evidenziati e hanno sottolineato la disponibilità ad aderire alla proposta avanzata da Fi di prevedere una proroga ai cinque anni previsti anche in considerazione dei ritardi e delle difficoltà provocate dalla pandemia.

Erano presenti all’incontro anche i consiglieri Andrea CaneMichele Mosca, Andrea Cerutti (Lega), Paolo Ruzzola (Fi), Paolo Bongioanni (Fdi) Raffaele GalloAlberto AvettaMaurizio Marello (Pd), Ivano Martinetti (M5s), Mario Giaccone (Monviso) e Silvio Magliano (Moderati).

Grimaldi (LUV): “Fanatici antiabortisti allontanati da consultori e ospedali”

Messaggi antiabortisti sui muri del Valdese

“Questo è il genere di messaggi a cui la destra vorrebbe aprire le porte dei consultori piemontesi, ricordiamocelo. Questa mattina imbrattavano i muri di un ospedale direttamente col simbolo di una mano che impugna una bandiera tricolore: solo il simbolo ma non il nome, sia chiaro, perché gli autori sono tanto feroci quanto codardi” – dichiara il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi, avendo appreso che questa mattina, affissi sui muri dell’Ospedale Valdese di Torino, campeggiavano volantini recanti messaggi quali: “L’Italia ha bisogno di figli non di aborti”, “figli per combattere non pillole per abortire”, “libertà di vivere non di uccidere”.

“Non cesserò di dire che movimenti per la vita, affini e sodali, che io preferisco chiamare fanatici antiabortisti, vanno allontanati, non avvicinati a consultori e presidi sanitari dove ogni donna ha diritto a esercitare la propria libera scelta. Se è il caso, vanno denunciati e perseguiti” – prosegue Grimaldi.

“Ciò che questi personaggi fanno non è informazione, ma sabotaggio del servizio sanitario e di assistenza e terrorismo psicologico” – conclude Grimaldi. – “A più di 40 anni dalla sua approvazione la legge 194 è ancora sotto attacco da parte di forze reazionarie e oscurantiste, allergiche a ogni forma di libertà e soprattutto allergiche all’idea che le donne siano artefici del proprio destino. Ma sono relitti del passato e col passato passeranno, non ci fanno paura”.

Legambiente: “TAV: un nuovo autoporto per TIR?”

“Ai neo Ministri Enrico Giovannini e Massimo Cingolani chiediamo di dare un segnale tangibile, sospendendo le autorizzazioni e i finanziamenti dell’opera affinché sia possibile discutere se questo progetto sia realmente coerente con gli obiettivi di rinascita e resilienza di cui il Paese ha bisogno”

A San Didero nuovo enorme consumo di suolo e di risorse pubbliche per un autoporto dedicato ai TIR. Non è sufficiente quello di Orbassano a poco più di 30 km, sarà smantellato quello di Susa, a poco più di 10 km.

Riceviamo e pubblichiamo / “Continua un inaccettabile azione di devastazione ambientale nel nome di un progresso basato su un progetto vecchio di decenni del quale, ad oggi, non è stato realizzato un solo metro”.

In questi giorni in Valle Susa è nuovamente salita la tensione grazie all’inizio dei lavori per un nuovo autoporto nel Comune di San Didero. Un’opera che divorerà 68.000 metri quadri di prati e che prevede, fra l’altro, la realizzazione nuovi svincoli autostradali e nuovi sovrappassi. Una nuova colata di cemento a soffocare la Valle di Susa.

“Continua un’inaccettabile opera di cementificazione nel nome di un progresso basato su un progetto vecchio di decenni del quale, ad oggi, non è stato realizzato un solo metro – dichiara Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – Stiamo parlando di un cantiere che cancellerà 7 ettari di prati, impermeabilizzando un’ampia area del fondovalle. Eppure a meno di 30 minuti c’è l’Autoporto di Orbassano. Eppure a Susa, a meno di 10 minuti, esiste una struttura analoga che sarà smantellata. Continua l’emorragia di risorse pubbliche e di democrazia in nome di un’opera dall’impatto ambientale enorme, progettata decenni fa sulla base di previsioni risultate totalmente errate e di cui non è stato realizzato ad oggi un solo metro”.

Sul TAV Torino Lione, Legambiente è chiara: è un progetto da non realizzare e non finanziare, come indicato nella proposta di PNRR che abbiamo presentato lo scorso febbraio (Per un’Italia più verde, innovativa e inclusiva. Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che serve al Paese -> https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/recovery-plan-ecco-il-pnrr-di-legambiente/  ). Una posizione fermamente basata su quanto documentato dalla Corte dei Conti Europea, che nel suo rapporto 2020 mette in luce i ritardi accumulati (ad oggi più di 15 anni); l’inconsistenza delle previsioni di traffico, ampiamente smentite nel corso dell’ultimo decennio e giudicate dall’ECA eccessivamente “ottimistiche” (nel 2035 24 milioni di tonnellate di merci contro i 3 attuali); i vantaggi ambientali chiaramente sovrastimati.

“Proprio su quest’ultimo dato – continua Giorgio Prino – riteniamo di doverci soffermare. ECA sottolinea come, se si rispettassero le previsioni (che ritiene ottimistiche), occorrerebbero 25 anni di attività a pieno regime per compensare i 10 milioni di tonnellate di CO2 derivanti dalla sua costruzione. Arriveremmo al 2055. Ma la stessa ECA ritiene poco realistici tempi e flussi preventivati e sottolinea come, se i flussi fossero solo la metà, si finirebbe almeno al 2080. Fuori perimetro rispetto a tutte le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici previste nel Green Deal europeo: nel 2050 dovremo aver azzerato tutte le emissioni di CO2 dell’Unione Europea. Il tutto in presenza di una linea esistente ed ampiamente sottoutilizzata (meno del 15% della sua capacità potenziale: bloccando completamente il traffico stradale, sia sul Frejus che sul  Moncenisio, la linea esistente sarebbe in grado di garantire il trasporto di tutte le merci in transito). Possiamo aspettare la Torino-Lyon per la lotta all’emergenza climatica?”.

La Torino-Lyon è un banco di prova fondamentale per la verifica degli impegni assunti con la nuova denominazione del Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili e del Ministero per la Transizione Ecologica. L’aspettativa per un cambio di rotta è molto forte. Ai neo Ministri Enrico Giovannini e Massimo Cingolani chiediamo di dare un segnale tangibile, sospendendo le autorizzazioni e i finanziamenti dell’opera affinché sia possibile discutere se questo progetto sia realmente coerente con gli obiettivi di rinascita e resilienza di cui il Paese ha bisogno.

Giovani, Ruffino (Cambiamo!) Sì a iniziative a favore dell’occupazione giovanile

“I giovani non si sentono ascoltati e spesso ci danno un forte segnale di ribellione. Ogni governo ha avuto approcci diversi mancando di continuita’ su certe politiche, il family act e’ un segnale ma non e’ sufficiente, dobbiamo pensare a un aiuto piu’ poderoso che permetta ai nostri giovani un cammino verso l’autonomia e l’emancipazione”.

Dichiara in aula la deputata di Cambiamo! Daniela Ruffino intervenendo nella discussione sulla mozione per le iniziative a favore dell’occupazione, della formazione e dell’emancipazione giovanile. “La formazione professionale e’ una Cenerentola, chi la frequenta e’ visto come un giovane con pochi strumenti. Qui il governo deve fare un cambio di passo perche’ la formazione professionale e’ la grande occasione per inserirsi nel mondo del lavoro, deve essere sostenuta e rafforzata. La politica deve costruire un dialogo nuovo perche’ i nostri giovani chiedono coerenza ed ascolto e noi quello che diciamo lo dobbiamo fare. Bisogna stanziare piu’ fondi per i luoghi d’incontro, il servizio civile volontario va rivisto per permettere l’accesso a tutti. Il gruppo di Cambiamo! votera’ a favore con la caratteristica che ci contraddistingue sempre di essere propositivi e aspettarci reali risultati”, conclude.

Nasce Italexit Valsangone

Nella giornata di sabato 17 aprile si è ufficialmente costituita la sezione di Italexit in Valsangone: un nuovo fondamentale tassello per la crescita del partito del senatore Gianluigi Paragone in Piemonte. 

 

Alla presenza di Rinaldo Scarano, segretario provinciale torinese, la riunione degli iscritti ha votato con scrutinio segreto Roberto Varrone come proprio referente politico. Varrone, già consigliere comunale a Giaveno e con una consolidata esperienza politica nel valsangonese, commenta così la nascita della sezione: “Italexit rappresenta una boccata di aria fresca per questi territori prima illusi e poi abbandonati dai grandi partiti. L’ultimo anno è stato particolarmente duro per i cittadini, i lavoratori e le imprese dei nostri Comuni: nonostante la rassegnazione di molti, noi vogliamo restituire

 

ottimismo con una nuova proposta politica capace di opporsi fermamente allo status quo. Serve inoltre una riflessione particolare sul turismo pressoché azzerato con le restrizioni vigenti: la Sacra di San Michele deve diventare, insieme agli altri siti culturali della Valsangone, un riferimento per il sempre più apprezzato turismo ecocompatibile”. Varrone sarà supportato nella sua attività da Paolo Garello (in qualità di responsabile organizzativo) e Giorgio Marra (tesoriere).

 

Scarano esprime la sua soddisfazione dopo l’incontro con i militanti locali: “Ho avuto modo di parlare con persone competenti che, indipendentemente dal loro percorso personale e politico, oggi vogliono trovare una sintesi condivisa nelle battaglie di Italexit. La lunga tradizione industriale e agricola della Valsangone è stata via via smantellata negli ultimi  30 anni di Unione Europea: dobbiamo dire basta a tutto questo”.  ===

Il rischio calcolato non produca danni incalcolabili

Il premier Draghi ha dichiarato che il programma di aperture programmato dal governo risponde ad un rischio calcolato.

Non la pensano nello stesso modo i più importanti virologi del nostro Paese che paventano il pericolo che una ripresa del contagio possa imporre a breve nuove e maggiori restrizioni.  Se fosse così i danni che si produrrebbero sarebbero incalcolabili perché l’economia, le imprese e le persone difficilmente sopporterebbero un nuovo lockdown.
I dati sull’andamento della pandemia e delle vaccinazioni giustificano  la decisione del premier che si è assunto la responsabilità di decidere? Lo spero.
In altri Paesi le misure , molto più severe di quelle adottate in Italia, sono state allentate in presenza di una crescita esponenziale delle vaccinazioni che rappresentano l’unico antidoto efficace nei confronti di una ripresa del contagio. Da noi ( e non per colpa del governo ma per la difficoltà a disporre dei vaccini e per l’esistenza di situazioni molto diverse tra Regione e Regione)  le vaccinazioni non proseguono con la rapidità che sarebbe necessaria e che il governo per primo aveva auspicato.
Fino a ieri si era dichiarato che esisteva un nesso strettissimo tra vaccinazioni e allentamento delle misure.
Sia chiaro: la situazione sociale del Paese rischia di esplodere. La crisi che vivono interi settori e migliaia di famiglie è drammatica. Gli aiuti del governo, di questo e di quello precedente, hanno  solo in parte mitigato gli effetti della pandemia sull’economia e sulla stessa sopravvivenza di molte imprese e sono stati condizionati dalle inefficienze, dalle storture che da decenni caratterizzano il sistema.
Che si debbano creare le condizioni per tornare al più presto alla normalità ( dopo mesi di blocco) e fuori discussione. Solo in Italia ha potuto essere alimentata una polemica strumentale tra presunti rigoristi e presunti aperturisti come se esistesse chi si diverte a condannare il Paese al declino.
Il problema è che vanno create le condizioni di sicurezza per consentire che le aperture non diventino nel giro di poco tempo nuove chiusure con danni incalcolabili proprio per quelle imprese che si dichiara di voler difendere.
Il premier ritiene che queste condizioni esistano. Mi auguro che abbia ragione e che nei prossimi giorni le vaccinazioni procedano al ritmo di 500 mila al giorno, che partano quelle  all’interno dei luoghi di lavoro e che nessuno interpreti le aperture che si verificheranno dal 26 come una sorta di ” liberi tutti”. Perché se non sarà cosi, Draghi o non Draghi, il disastro è annunciato e a farne le spese saremo tutti.
WILMER RONZANI

“Materne Paritarie, puntualità dei contributi necessaria alla tenuta del sistema”

Magliano: “che cosa ne pensa l’Amministrazione?”

Lo chiederò alla Giunta lunedì con un’interpellanza: Istituti a rischio se i contributi dovuti non saranno erogati nei tempi previsti. Dopo un 2020 terribile, le ultime settimane di attività a singhiozzo sono state un ulteriore colpo subito. 

Lunedì in Consiglio Comunale chiederò alla Giunta Appendino, con un’interpellanza, quando l’Amministrazione abbia intenzione di versare il contributo comunale 2020 alle Materne Paritarie. La puntualità nell’erogazione dei fondi comunali a sostegno delle Scuole Paritarie FISM (Federazione delle Materne) è ancora più determinante alla luce della crisi pandemica e delle passate settimane di Zona Rossa, che hanno fatto sentire pesantemente i propri effetti negativi. Dopo un 2020 tremendo, gli ultimi mesi di attività a singhiozzo hanno inferto un nuovo, tremendo colpo alle Scuole. Chiederò inoltre se l’Amministrazione abbia individuato altre modalità per sostenere gli istituti scolastici paritari aderenti alla FISM in questa delicatissima fase, dal momento che la sola puntualità, pur necessaria, potrebbe non essere sufficiente. Il ruolo delle Materne è fondamentale inoltre per garantire alle mamme e ai papà la possibilità di conciliare famiglia e lavoro e i rispettivi tempi nel corso della giornata e della settimana. Le Materne Paritarie aderenti alla FISM ospitano oltre 5.500 bambini e danno lavoro a più di 500 persone. Molto spesso i versamenti del Comune sono erogati con forti e gravi ritardi, fatto che, come Moderati, abbiamo più volte portato all’attenzione dell’Amministrazione con atti consiliari presentati in questi anni. Non possiamo permetterci che il sistema delle Scuole Paritarie crolli: in gioco c’è la libertà di educazione, diritto costituzionalmente sancito, e il futuro di tante Scuole Paritarie (messe in gravissima difficoltà dagli ultimi mesi di emergenza); ma si tratta anche di difendere centinaia di posti di lavoro e, in ultima analisi, la tenuta dell’intero sistema pubblico, che non avrebbe la possibilità strutturale, organizzativa e didattica di assorbire un improvviso e cospicuo surplus di alunni.
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Silvio Magliano – Capogruppo Moderati, Consiglio Comunale Torino.

Ferrero (Rifondazione): “Inaccettabile ferimento militante no Tav”

Paolo Ferrero -Rifondazione Comunista, Vicepresidente Partito della Sinistra europea, interviene sulla reazione delle forze dell’ordine e sul “ferimento grave di una attivista No Tav”
” In primo luogo voglio esprimere la mia solidarietà a Giovanna, ricoverata in ospedale per fratture al viso, colpita da un candelotto sparato ad altezza d’uomo.
Ieri ero alla pacifica manifestazione NO TAV che si é svolta a San Didero. È inaccettabile che le forze di polizia che si comportano in Val di Susa come forze di occupazione sparino candelotti lacrimogeni ad altezza d’uomo, usando nei fatti i lacrimogeni come fossero proiettili. Si tratta di una palese illegalità, che esula completamente  dai modi in cui la polizia può intervenire in uno stato democratico. Incredibile che la magistratura torinese non apra indagini su questo modo di procedere”.

Associazione Pannella: Conferenza online sui Diritti Umani violati

Domenica 18 aprile, l’Associazione Marco Pannella di Torino terrà una Conferenza online  sui Diritti Umani violati nel mondo dando la parola a molti protagonisti che si battono per chiedere democrazia e il rispetto dei Diritti Umani nei loro paesi

Interverranno rappresentanti di Hong Kong, del Tibet, del popolo Uiguro, della Cambogia, del Venezuela e dell’Iran. 
I lavori saranno aperti dal saluto del Presidente del Consiglio Regionale del Piemonte Alberto Cirio e da una relazione introduttiva dell’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, già Ministro degli Esteri, Presidente del Global Commettee for the Rule of Law Marco Pannella e Presidente d’onore del Partito Radicale, transnazionale e transpartito. A seguire, tra gli altri, interverranno il Presidente del Consiglio Generale del Partito Radicale Makar Thai, dalla Presidente della Comunità tibetana in Italia, Kalsang Dechen, da uno dei più autorevoli rappresentanti del popolo Uiguro in esilio in Germania, Enver Can, A seguire interverranno rappresentanti di Società Libera, Nessuno Toccchi Caino e del Partito Radicale.
Modera i lavori Sergio Rovasio, Presidente dell’Associazione Marco Pannella di Torino.
Verrà data lettura di un testo preparato ad hoc da alcuni esponenti del movimento studentesco  di Hong Kong che, per motivi di sicurezza, dovranno mantenere l’anonimato.
Nella locandina che segue sono elencati tutti gli interventi previsti.
Per seguire l’evento online (piattaforma Zoom) invitiamo a scrivere alla seguente email:

L’equivoco del 18 aprile 1948

Le elezioni politiche del 1948 si tennero il 18 aprile. Per la seconda volta, a guerra finita e liberazione avvenuta, si votava a suffragio universale. Una campagna elettorale dura, senza esclusione di colpi , si consumò nel paese nel breve volgere di un mese e mezzo.

Il mondo diviso in blocchi dalla “guerra fredda”, il piano Marshall e il peso degli Stati Uniti d’America in Europa , l’influenza della chiesa cattolica,  determinarono prima  la frattura nel governo a tre che vedeva insieme DC,PCI e PSI , con l’esclusione delle sinistre, inasprendo le polemiche nel paese, e poi il ricorso alle urne. Il 20 marzo 1948, a un mese dal voto, il segretario di Stato Usa George Marshall,  artefice del piano di aiuti economici definito dal governo di Washington per la ricostruzione dei Paesi europei “amici”, dichiarò che gli aiuti economici all’Italia (erano già arrivati 176 milioni di dollari in tre mesi) sarebbero cessati nel caso di una vittoria elettorale delle sinistre. Parole velenose, pronunciate mentre prendeva corpo l’idea che dal responso delle urne  dipendesse la scelta tra occidente e comunismo. Si fronteggiarono così, a muso duro,  la Democrazia Cristiana, con il pieno e incondizionato appoggio del mondo ecclesiastico, e il Fronte popolare, al quale aderivano principalmente comunisti e  socialisti.  Il simbolo delle sinistre  era una stella a cinque punte con la faccia di Garibaldi. Pio XII mobilitò la Chiesa cattolica a sostegno dello Scudo crociato “per impedire che l’Italia cada nelle mani dei comunisti”.

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L’italico stivale era un paese profondamente cattolico e la paura che la libertà di culto potesse essere messa in pericolo era un argomento di forte presa emotiva  sull’elettorato. La Chiesa , inoltre, rappresentava  l’istituzione più diffusa e radicata nel territorio, con 282 diocesi, 25.647 parrocchie, 4.456 istituti di assistenza e di beneficenza (con 232.571 assistiti)  e ben  249.042 ecclesiastici fra cui 71.072 preti, 27.107 religiosi professi e 150.843 professe. Per non parlare delle Case religiose maschili e femminili, delle associazioni giovanili e sportive. Insomma, un vero e proprio esercito che, buttatosi a corpo morto nella mischia,  ripeteva all’infinito lo slogan più in voga in quei giorni: “Nel segreto dell’urna Dio vi vede, Stalin no”. A due mesi dal voto Luigi Gedda, l’ex presidente dell’Azione Cattolica, fondò i Comitati civici, che svolsero un fondamentale ruolo di collegamento tra Democrazia cristiana e parrocchie. Gedda era il deus ex machina che risolveva i problemi di una Dc ancora priva di una struttura degna di un partito di massa. Lo stesso Gedda definì quelle elezioni di metà aprile come “una seconda Lepanto in quanto se Lepanto ha impedito ai turchi di invadere l’Italia, il 18 aprile impedirà a Stalin e a Tito di conquistare l’Europa”. Che dire? Tanto tuonò che piovve. E non furono gocce d’acqua ma voti, tanti voti, una tempesta di alla Dc che , raggiungendo il 48,5 per cento, si assicurò la maggioranza assoluta nei seggi, mentre il  Fronte popolare  si assestò su di un modesto 31 per cento. Il resto dei consensi andò ai missini-; ai monarchici e ai repubblicani con un paio di punti a testa, mentre i liberali raccolsero il 3,8 per cento  e i socialdemocratici di Unità socialista il 7,1.

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Gli altri dovettero accontentarsi delle briciole. «L’impero del male» (come i democristiani definivano il comunismo) non trionfò e la sintesi che fede il Bollettino Parrocchiale redatto da don Giovanni nel maggio di quell’anno non lasciava dubbi a chi attribuirne il merito: “La vergine SS. ciò non ha permesso; una volta ancora Ella ha vegliato su di noi e ha salvato l’Italia”. Per non farsi mancare niente, il 25 aprile  si cantò il «Te Deum» in Parrocchia per ringraziamento a Dio. E il 6 maggio successivo si svolse un pellegrinaggio di riconoscenza al Santuario della Madonna della Bocciola, a Vacciago. Eppure, nonostante la sua verve, ci fu un episodio in quella campagna elettorale dove Don Giovanni non riuscì a trovare le giuste parole per contraddire l’onorevole Figurelli e dovette affidarsi a ben altri argomenti. Il fatto avvenne una fredda domenica mattina sul sagrato della chiesa del paese più grande della valle. A quel tempo s’usava inscenare  il pubblico contraddittorio e il luogo prediletto dai comunisti era proprio l’area antistante i luoghi di culto, nell’ora d’uscita dei fedeli dalla messa grande. La scena era sempre la stessa.

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L’oratore del Fronte popolare che esortava i cattolici ad aprire gli occhi, a guardare la realtà senza farsi rincitrullire dai preti, insistendo sui temi sociali e sulle libertà. Viceversa gli uomini di fede rispondevano lanciando anatemi e strali contro i “senza Dio”, materialisti senz’anima e coscienza, pronti a bruciare le Chiese per costruire poi, sulle macerie delle case del Signore, delle sale da ballo ( cosa che nessuno, sinceramente, aveva in mente di fare ma che faceva presa sui credenti che ascoltavano atterriti, sgomenti ). Quel giorno, l’onorevole, rivolgendosi al parroco, guardandolo dritto negli occhi, disse: “Signor curato, moderi i termini. Lei non ha idea di cosa sia il suo Gesù Cristo per me”. Stupito, perplesso, il Don, quasi balbettando, replicò: “E che sarebbe? Lo dica, su.. lo dica, lo dica”. Vincenzo Figurelli non se lo fece ripetere due volte e rispose  con voce di tuono: “Cristo è mio cognato!”. Un urlo s’alzò dalla folla, mentre il prete – paonazzo in volto – si mise ad agitare le braccia, gridando “ Blasfemo bestemmiatore! Finirai all’inferno, in mezzo alle fiamme e alla pece bollente! “. L’onorevole, con un ghigno sornione, resosi conto di aver fatto perdere le staffe al prelato, precisò: “Calma, prete. Non farti venire un colpo che non voglio averti sulla coscienza. Posso spiegare tutto. Vedi, mia sorella si è fatta monaca e in quanto tale è diventata sposa di Gesù Cristo e quindi, io ne sono diventato il cognato, non credi? “. Fu a quel punto che, dopo alcuni istanti di assoluto silenzio, la folla dei credenti, non trovando parole adatte  per la replica, dimenticando ogni buona maniera e qualsiasi principio di tolleranza, assaltò la vecchia Balilla dei comunisti, rovesciandola e costringendo i cinque esponenti del Fronte popolare ad una repentina fuga nei boschi vicini. Di fronte all’enormità del fatto, non solo venne presa  la decisione di non porgere l’altra guancia all’offesa ma di di passare alle vie di fatto, di offendere – sul piano fisico – chi li aveva affrontati con tanta improntitudine. Se Figurelli e i suoi non avessero scelto la via della ritirata strategica, i guai sarebbero stati molto seri. L’episodio fece il giro della valle e dei dintorni. L’eco dei fatti giunse anche nella campagne della bassa novarese, ringalluzzendo ancor più gli ambienti cattolici. Tra le file comuniste ci furono invece alcuni che, negli anni a venire, continuarono ad  interrogarsi sul perché e sul per come lì , in quella valle tanto operosa, il pensiero sociale non attecchisse e i voti a sinistra si contassero sulle dita delle mani, senza l’ausilio del pallottoliere. Forse avrebbe giovato ragionar meglio sui legami di parentela? Probabilmente sì. 

Marco Travaglini