POLITICA
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Nuova tegola sul Pd di Elly Schlein: la proposta di Delrio sull’antisemitismo spacca il partito
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Nuova tegola sul Pd di Elly Schlein: la proposta di Delrio sull’antisemitismo spacca il partito
Niente da fare. È un copione che si ripete quasi meccanicamente. Ed è un film che, puntualmente
e quasi meccanicamente, si recita quasi sempre nel campo della sinistra. Seppur nelle sue
diverse e multiformi espressioni. Certo, la destra non ne è affatto esente. Come dimostra la sua
stessa esperienza storica. Ma è indubbio che è proprio sul versante della sinistra – e ieri come
oggi il film, seppur mutatis mutandis, si ripete in modo quasi identico – che le contraddizioni
esplodono soprattutto quando si entra in una stagione dove la partecipazione popolare e una
rinnovata presenza politica dell’estrema sinistra aumenta creando, di conseguenza, enormi
problemi all’intera galassia di questo campo politico, culturale e sociale.
Ora, e per fermarsi agli ultimi accadimenti, è appena sufficiente elencare in filigrana alcuni termini
e citare alcune persone per rendersi conto che l’antica e mai indomita “zona grigia” continua ad
essere un tassello importante, nonchè imbarazzante, nel dibattito politico italiano. E, nello
specifico, della dialettica all’interno dell’attuale sinistra l’italiana. Da Francesca Albanese ai Pro
Propal; dal ruolo dei ‘centri sociali’ alla conclusione violenta degli ormai innumerevoli cortei di
protesta organizzati o dalla Cgil o dai sindacati di base o da gruppi e movimenti comunque
collocati nell’estrema sinistra; dal giudizio sull’avversario politico – che è quasi sempre un nemico
da abbattere definitivamente ed irreversibilmente – al rapporto concreto con i movimenti e le
proteste violente che si scatenano in molti gangli della società.
Ecco, è proprio all’interno di questi meandri che emerge quella “zona grigia” difficilmente
decifrabile da parte della politica ufficiale e degli stessi organi di informazione. Una “zona grigia”
che negli anni drammatici che vanno dalla fine dei ‘60 alla metà degli anni ‘80, ruotava attorno ad
alcuni celebri e famosi slogan: dai “compagni che sbagliano” al tragico “nè con lo Stato e nè con
le Br”. Archiviata, per fortuna, quella infausta e delirante stagione storica, si tratta di capire oggi
dove si manifesta quella “zona grigia” e con quali contenuti. È persin troppo facile ricordare alcuni
slogan contemporanei: “no alla violenza, però”; “sì alla libertà di stampa e di opinione, ma”; “sì
alla legalità, però”. Insomma, una gamma di affermazioni – le citazioni sono infinite – che sono
sempre tese a comprendere, se non addirittura a condividere, alcuni comportamenti che
oggettivamente sconfinano nella violenza o in atti teppisti o addirittura squadristi come è
concretamente capitato nei giorni scorsi alla redazione della Stampa di Torino.
Per queste ragioni, semplici ma oggettive, si tratta oggi di scegliere da che parte si vuole stare.
Perchè, e paradossalmente e memori anche dell’esperienza del passato, c’è sempre un bivio di
fronte a cui ci troviamo. E cioè, o si sta in modo netto, chiaro ed inequivoco dalla parte della
democrazia, della legalità, del rispetto dell’avversario e nel pieno rispetto dei principi e dei valori
contemplati nella Costituzione oppure, e al contrario, finiamo – magari anche inconsapevolmente –
per rialimentare se non addirittura consolidare quella “zona grigia” che era, e resta,
drammaticamente alternativa rispetto alle ragioni basilari della democrazia e della libertà. E la
sinistra italiana -soprattutto i suoi capi – seppur molto plurale e articolata al suo interno, ha oggi il
dovere morale e politico di dire una parola chiara e netta al riguardo. Soprattutto nel rapporto con
tutto ciò che si colloca nella sua parte più radicale, estremista, ideologica e movimentista.
Questa censura imbavaglia gli intellettuali per impedire che la maggioranza della popolazione italiana, che è contro la guerra e contro il riarmo, possa fermare le sciagurate scelte politiche dei Crosetto e delle Von der Leyen. Questi stanno distruggendo lo stato sociale per aumentare le spese militari e ci vogliono portare in guerra contro la Russia, calpestando la volontà di pace del popolo italiano.
Contro questa situazione dobbiamo far sentire la nostra voce.
Invitiamo tutti e tutte a partecipare
Martedì 9 dicembre alle ore 18, in Piazza Palazzo di città,
ad un sit in contro la censura di guerra e contro l’aumento delle spese militari”.
Non ho mai apprezzato la sagacia politica dell’ on. Del Rio a cui si deve la fine delle Province. Ho letto il suo disegno di legge sull’antisemitismo che poteva essere scritto meglio, ma del Rio ha da sempre dei limiti oggettivi insuperabili e non si può pretendere da lui molto di più. In linea di massima sono contro ogni legge che limiti il libero pensiero. Non ero favorevole alla Legge Mancino e ho delle perplessità sul ddl Del Rio. Ma le reazioni ostili che ho letto, mi portano a ritenere non priva di fondamento l’idea di chiarire il tema dell’antisemitismo che è dilagato in modo maldestro come un torrente in piena. Tutti gli incolti, i fessi, i fanatici si sono scoperti non solo contro Israele, ma antisemiti. Riuscire a definire cosa si possa intendere per antisemitismo e soprattutto per genocidio credo possa essere utile a chiarire le idee. Ma la storia si decide scrivendo libri e facendo ricerche, non scrivendo leggi e soprattutto evitando di mettere le basi per un ricorso ai tribunali, come avvenne per il negazionismo.
Se leggo le reazioni piuttosto isteriche della signora Albanese, mi viene voglia di sostenere Del Rio, ma credo che il problema dell’antisemitismo latente e poi divampato in modo devastante nella sinistra italiana, sia in primis un problema culturale. La strumentalizzazione di certi temi è tutta politica e rivela una profonda ignoranza di parte della classe politica italiana che ha rinunciato a studiare e si limita alla polemica sterile e dozzinale dei dibattiti televisivi. I militanti e gli attivisti da parte loro si limitano a ripetere slogans privi di significato storico, ma ridondanti di violenza non solo verbale.
“La sinistra chiude ospedali, noi li rendiamo più efficienti”
Torino, 4 Dic – “Respingiamo le preoccupazioni sollevate dai banchi della sinistra sul futuro accorpamento dell’ospedale Sant’anna e del Regina Margherita. Abbiamo ricevuto un mandato preciso dai cittadini che per il Piemonte chiedevano una salute più vicina alle loro esigenze e il lavoro fatto in questo anno dall’Assessore Riboldi, dal Presidente di commissione Icardi e dalla maggioranza risponde esclusivamente a questa logica. I presidi manterranno la loro piena operatività, col pregio di ridurre i costi e migliorare l’efficienza complessiva del sistema sanitario. Non stiamo togliendo niente a nessuno; al contrario, stiamo mettendo al centro donne e bambini candidando inoltre l’azienda ospedaliera a Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico… dunque non proprio una scalata verso il basso! I colleghi della sinistra chiudono gli ospedali, noi continuiamo a lavorare per l’efficienza della sanità piemontese”. Così Fabrizio Ricca, capogruppo Lega in Piemonte.
“L’Assessore ignora università e cittadini”
– Torino 04 dicembre 2025 – “Questi giorni hanno svelato la realtà: la maggioranza prosegue con lo scorporo del P.O. Sant’Anna da Città della Salute senza una visione e senza chiarezza su costi, organizzazione o ricadute sui pazienti, che rischiano di doversi spostare tra poli diversi per ottenere le cure oggi erogate in un unico percorso”. Così la Consigliera Regionale Vittoria Nallo (Stati Uniti d’Europa per il Piemonte), intervenendo in dichiarazione di voto sullo scorporo del Sant’Anna dalla Città della Salute e l’accorpamento al Regina Margherita. “L’aspetto più grave? L’esclusione dell’Università di Torino, attore imprescindibile nella formazione, nella ricerca e nella qualità dell’assistenza. Una riforma che stravolge l’assetto degli ospedali senza coinvolgere chi forma i medici è una riforma sbagliata. La “rivoluzione tranquilla” di Riboldi – prosegue Nallo – funziona sui social e agli eventi di Fratelli d’Italia, ma non per i cittadini piemontesi, che nel frattempo rinunciano alle cure e affrontano liste d’attesa insostenibili. Qui non c’è alcun progetto di rilancio della sanità piemontese: c’è un’operazione di potere e propaganda, mentre la sanità resta in crisi.”
“Non è la prima volta che in qualità di Coordinatore regionale del Popolo della Famiglia esprimo apprezzamento per l’operato dell’amministrazione regionale e, in particolare, dell’assessore regionale alle Politiche Sociali, Maurizio Marrone – dichiara Cristina Zaccanti – Ovviamente apprezziamo l’assegnazione di maggiori investimenti al fondo “Vita Nascente” per finanziare nuovi ambiti e nuove attività, stanziamento che l’opposizione denuncia come “regalo” ai pro life e un attacco alla 194. Magari lo fosse! Il Popolo della Famiglia, a differenza di tutte le forze politiche al governo, contesta infatti una legge che comunque legittima un omicidio.
Apprezziamo ovviamente il sostegno ai parti in anonimato come l’incentivo al lavoro di squadra delle istituzioni pubbliche di assistenza con il volontariato privato di aiuto alla vita.
Noi auspichiamo però un salto di qualità ulteriore: le risorse regionali finanzino quella che sarebbe davvero una soluzione rivoluzionaria. Mi riferisco alla versione regionale del Reddito di Maternità (RdM), proposta di legge di iniziativa popolare, lanciata nel 2018: 1000 € al mese alla mamma che decidesse di occuparsi in esclusiva della cura del proprio bambino per i primi 8 anni di vita. Rinnovabile al secondo e terzo figlio successivi, per diventare vitalizio al quarto figlio o qualora il bambino fosse disabile.
Questa misura incentiverebbe le nascite determinando un cambio di mentalità, l’apertura alla vita contro il suicidio di una civiltà, la primavera contro l’inverno demografico.
Consideriamo Vita Nascente e l’assessore Marrone apripista coraggiosi e intelligenti. Con l’attuazione di un RdM regionale davvero il Piemonte potrebbe diventare un modello di ispirazione anche per altre Regioni, e non solo quelle governate dal centrodestra.
Cristina Zaccanti
4 dicembre 2025 – “I Consiglieri regionali del Gruppo del Partito Democratico voteranno, convintamente, contro la delibera sullo scorporo del Sant’Anna che rappresenta un “non senso” e un passo indietro. Questo testo non rappresenta una semplice riorganizzazione tecnica, né tanto meno un aggiustamento amministrativo. È un’operazione politica che smantella il progetto sanitario più importante per il Piemonte degli ultimi trent’anni, scaricando il peso di questa scelta sulle categorie più fragili: donne in gravidanza e bambini. Inoltre, l’invarianza finanziaria presente nel provvedimento non è credibile. I fatti ci daranno ragione e vedremo presto che i costi ci saranno!” afferma la Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Gianna Pentenero.
“Inoltre, la vicenda dello scorporo dell’ospedale Sant’Anna dalla Città della Salute conferma, ancora una volta, un metodo che non possiamo accettare: decisioni assunte senza il necessario coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali interessati. La rettrice dell’Università di Torino, Cristina Prandi, ha giustamente denunciato di non essere stata interpellata su un’operazione che riguarda direttamente l’Azienda ospedaliera universitaria. È un fatto grave: l’Università è parte integrante della governance sanitaria e non può essere relegata a spettatrice di scelte che incidono sulla didattica, sulla ricerca e sulla qualità dell’assistenza. L’Assessore alla Sanità Riboldi avrebbe dovuto aprire un confronto serio e trasparente con l’Ateneo prima di tirare dritto e portare in Aula la delibera sullo scorporo. Non farlo significa indebolire il sistema e creare fratture istituzionali che rischiano di compromettere il futuro del Parco della Salute e la stessa credibilità della Regione” prosegue Gianna Pentenero.
“Invece di potenziare la sanità, si frammenta ulteriormente il sistema, moltiplicando centri di spesa e confusione amministrativa. La delibera avrebbe dovuto essere subordinata alla presentazione di un Piano attuativo completo, con analisi economico-finanziaria e organizzativa. Quella voluta dal centrodestra non è pianificazione sanitaria, ma confusione amministrativa mascherata da modernità, una decisione che pagheranno le cittadine piemontesi e che dimostra tutta la miopia di Cirio, della sua Giunta e del centrodestra” conclude Gianna Pentenero.
I lavoratori continuano a resistere: il presidio dell’Ilva di Novi Ligure prosegue senza sosta così come quello a Racconigi, simboli di una battaglia che non riguarda solo un territorio, ma l’intero futuro industriale del Paese.
Alice Ravinale
Valentina Cera