NAPOLI E IL RE SOLDATO

La storia di una città non si affronta con le censure postume

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Il Sindaco-magistrato  di Napoli Luigi de Magistris  intende eliminare dalla  toponomastica partenopea il nome di Vittorio Emanuele III. E’ una scelta sicuramente dettata o almeno indotta dal ritorno della sua salma in Italia e dalle proteste suscitate dal  suo ritorno. Abbiamo più volte evidenziato il modo improvvisato e dilettantantesco di una traslazione non adeguatamente preparata. Il sindaco di Napoli aveva già avanzato la sua proposta prima delle polemiche di dicembre e gennaio,ma sicuramente le polemiche incandescenti suscitate e il processo al re imbastito a Roma ha ulteriormente rafforzato l’idea del sindaco  di Napoli.
L’aver concentrato tutto l’interesse sulle leggi razziali,definite recentemente razziste,ha impedito una riflessione storica di più ampio respiro. Le leggi razziali del fascismo vanno senza incertezze condannate perché in profondo,inequivocabile contrasto con i diritti fondamentali e irrinunciabili dell’uomo a cui,tra l’altro,era ispirato lo stesso Statuto di Carlo Alberto che garantiva parità di diritti agli ebrei che si integrarono pienamente nel regno di Sardegna prima e in quello d’Italia dopo.Gli stessi ebrei furono partecipi attivi del Risorgimento e della Grande Guerra  e molti di loro furono fascisti.Questa e’ la storia che le leggi razziali tentarono di cancellare.Le responsabilità del re Vittorio Emanuele sono un dato oggettivo che non si può disconoscere.Non vale  a questo proposito il discorso sciocco del vero promotore del ritorno della salma del re in Italia il quale sostiene che un re costituzionale avrebbe dovuto firmare leggi votate dal Parlamento perché nel 1938 in Italia non esisteva più un libero Parlamento.

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Ma scaricare sul solo sovrano la responsabilità di quelle leggi appare ingiusto sia perché finisce di ridurre le responsabilità stesse di Mussolini e del fascismo, sia perché ,ad esempio, nel Senato del Regno i senatori nominati durante l’età giolittiana non si opposero alle leggi razziali ,limitandosi a disertare i lavori del Senato. Le responsabilità di quelle leggi barbare sono di molti e non solo del re ,come sembrerebbe leggendo le polemiche che lo hanno riguardato e che mancano del necessario distacco storico. Quel re fu anche il re del suffragio universale, delle conquiste sociali e della legislazione sul lavoro nel quindicennio giolittiano. Non riconoscerlo appare storicamente sbagliato e profondamente ingiusto. Le recenti polemiche sul re hanno condotto ad un rinnovato interesse dell’opinione pubblica sul sovrano del tutto superficiale se e ‘ vero ,come e’ capitato  di ascoltare a chi scrive, che c’è stato chi ,visitatore occasionale del Museo centrale del Risorgimento al Vittoriano di Roma, si è detto sorpreso di vedere un busto del re nella sezione dedicata alla Grande Guerra .Quel signore ignorava il ruolo del re nella IV Guerra per l’indipendenza che concluse  il Risorgimento, condizionato dal fatto che di oltre 45 anni di regno si sia parlato solo delle leggi razziali che, certo, ripeto, vanno condannate senza se e senza ma. Il sindaco di Napoli non considera il fatto che l’intitolazione al terzo re di una via di Napoli non è un fatto casuale, ma da inserire nella storia della città . Non si possono, dimenticare tre fatti inoppugnabili : quel re era nato a Napoli   e  fu il primo principe di Napoli , i napoletani votarono al referendum del 2 giugno 1946 al 79,99% per la monarchia, ci fu un decennio tra gli anni 50 e 60  del secolo scorso in cui a governare la città’  fu un partito dichiaratamente monarchico . Poi il giudizio politico  su come governò e’ un altro discorso e  il giudizio storico sul sindaco Achille Lauro , per tanti versi anticipatore del partito personale della seconda repubblica, difficilmente potrebbe essere  anche solo parzialmente positivo. Ma il dato di fatto non discutibile e’ che i napoletani sono stati monarchici nella loro stragrande maggioranza . La storia di una città non si affronta con le censure postume.

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Totò ,ad esempio, che fu  fieramente nostalgico del re ,sicuramente non apprezzerebbe la scelta del sindaco de Magistris  che forse ignora che nel giugno 1946 subito , dopo il referendum istituzionale, tra gli undici morti in via Medina durante una manifestazione monarchica  ci fu anche la diciannovenne Ida Cavalieri che manifestava avvolta nel tricolore e che fu travolta barbaramente da un’ autoblindo della Celere. La Cavalieri era ebrea e monarchica. Così accadeva a Napoli che si liberò dai tedeschi già nel settembre 1943  durante le quattro giornate e che non conobbe quindi gli orrori della dominazione tedesca e repubblichina di Roma e del Nord Italia . Quegli undici caduti monarchici indussero sicuramente il re Umberto II ad affrettare la sua partenza da Roma per risparmiare all’Italia una seconda, sanguinosa guerra civile .Il referendum non fu una prova di democrazia e la Repubblica nacque nel peggiore dei modi possibili con un paese diviso a me. Il re Umberto II disse che le monarchie non potevano reggersi su esili maggioranze e ne trasse le conclusioni storiche,malgrado le ombre sul voto referendario. Non senza ragione ci fu chi, parlò di brogli e di irregolarità .Forse ce ne furono da ambedue le parti, ma è fuor di dubbio che al Nord la propaganda monarchica sia stata spesso impedita .Il clima avvelenato dalla guerra civile impedì un confronto secondo le regole della democrazia .A Napoli le cose andarono diversamente e quindi una via dedicata al re Vittorio ebbe una ragion d’essere perché i sentimenti della maggioranza dei napoletani era per la monarchia . Non riconoscerlo significa violentare la storia di Napoli. Nessun  sindaco comunista, da Valenti  a Bassolino, ebbe l’idea di cancellare quel nome. Sarebbe assai più opportuno che de Magistris si occupasse dei problemi di Napoli che, dopo otto anni di sindacatura, si sono aggravati. Napoli e’ una città abbandonata a se’ stessa e al degrado. Il disordine e la sporcizia regnano sovrane, forse persino più che a Roma. Lavorare per la città sarebbe il compito del suo sindaco che dovrebbe lasciare la storia agli storici. Magari potrebbe farsi promotore di una targa in via Benedetto Croce 12 sul palazzo Filomarino dove insegno ‘ Gian Battista Vico e visse Benedetto Croce, potrebbe onorare degnamente il centenario della nascita di Alda Croce che si è battuta per la tutela del centro storico di Napoli. Il sindaco de Magistris non può ignorare che proprio sul municipio di Napoli c’è una lapide che riporta le parole  di Vittorio Emanuele III tratte dal proclama del 24 maggio 1915  poste a fianco del bollettino della Vittoria di Armando Diaz del 4 novembre 1918.Proprio nel centenario della fine della Grande Guerra cancellare il nome del re soldato dalla toponomastica appare un gesto giacobino che offende la storia di Napoli.