Tra i più in voga quelli alla Nietzsche, alla Dalì, alla Clarke Gable, persino, anche se meno frequente perché foriero di brutti ricordi, alla Hitler. Ma il baffo più famoso resta quello a manubrio di Vittorio Emanuele II
La moda dei baffi ha fatto storia e, simbolo di virilità e fascino, non tramonta, addirittura si son venuti a creare prototipi prendendo spunto da uomini famosi nel tempo. Tra i più in voga il baffo alla Nietzsche, alla Dalì, alla Clarke Gable, persino, anche se meno frequente perché foriero di brutti ricordi, alla Hitler ma il baffo più famoso resta quello a manubrio di Vittorio Emanuele II.
Immortalato in innumerevoli ritratti, monumenti, medaglie, monete, considerato” Il Re Galantuomo” da chi nutriva sentimenti patriottici grazie alla sua difesa della libertà costituzionale dopo la disfatta di Novara e l’abdicazione di Carlo Alberto nel 1849 ma anche molto chiacchierato per le avventure amorose, in particolare con la Bella Rosina e l’attrice Laura Bon, aveva davvero un phisique du role avvalorato dalla prestanza fisica ma anche dai particolari baffi che hanno colpito l’immaginario collettivo.
Tant’è che proprio nel 1878, anno in cui morì il Re, un pasticcere di Casale, Domenico Rossi, ebbe l’idea di creare biscotti con la forma dei suoi baffi. Talmente buoni e simbolici al punto di ottenere riconoscimenti quali la medaglia di bronzo alla Esposizione Universale di Torino nel 1884, il diploma di Provveditore della Casa Reale del Duca d’Aosta e della Real Casa d’Italia, oltre al Gran Diploma d’Onore dell’Esposizione di Casale nel 1900. La notorietà si accrebbe negli anni 20 quando l’azienda fu rilevata da Angelo Ariotti per poi raggiungere fama internazionale nel 1953 con la famiglia Portinaro che tuttora ha affermazioni straordinarie; fa testo la lettera del Presidente Americano Clinton che, omaggiato da un consigliere regionale del Piemonte di una scatola di Krumiri, come furono denominati i biscotti, ringraziò con un entusiastico “ Wonderful Krumiri”.
Un dolce baffo che può essere paragonato all’intuizione artistica di un pasticcere inventore che, senza rendersi conto, in qualche modo anticipò le allusioni Dada che elevavano a dignità d’arte oggetti quotidiani, in questo caso i biscotti. E, a proposito come non pensare al Duchamp della “ Gioconda coi baffi”?
Giuliana Romano