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A Monteu Da Po una “giornata sui binari della storia con il ferrociclo”

Con visite al sito archeologico di Industria

“La stazione ferroviaria di Monteu Da Po, e così questa tratta della linea Chivasso-Asti, sabato 3 settembre riprenderà vita con l’esperienza del ferrociclo per grandi e piccini, sulle rotaie rimesse a nuovo da RFI e su iniziativa della Fondazione FS Italiane – commenta Gianluca Gavazza, consigliere regionale del Piemonte -. La stessa iniziativa era stata organizzata nel settembre dello scorso anno a Cavagnolo con un successo in termini di partecipazione davvero straordinario, che aveva dato un segnale forte a tutte le Istituzioni”.

Sabato 3 settembre alla stazione di Monteu Da Po si ritorna a un primo utilizzo della ferrovia con le corse sui ferrocicli, mezzi su rotaia utilizzati sulle ferrovie turistiche di tutta Europa, attrazione per bambini e famiglie proposta dal Museo Ferroviario Piemontese, con il patrocinio del Consiglio regionale del Piemonte e del Comune di Monteu Da Po, in collaborazione con la Direzione Regionale Musei Piemonte, l’Associazione Culturale Athena, Co.M.I.S. – Coordinamento per la Mobilità Integrata e Sostenibile, Pro Loco Monteu Da Po, Circolo La Nostra Collina, grazie alla disponibilità di RFI – Rete Ferroviaria Italiana.

“Sarà un’occasione per provare sui binari della linea Chivasso – Asti, attualmente sospesa, il ferrociclo, mezzo di locomozione realizzato dai volontari del Museo Ferroviario Piemontese utilizzato per fini turistici e ambientali – spiega nel dettaglio il consigliere regionale del territorio Gianluca Gavazza -. Si tratta di un carrello con ruote ferroviarie, struttura in tubi metallici e propulsione a pedali o a pedalata assistita, in grado di trasportare due o più persone, che prende spunto dalle vecchie “draisine a pedali”, un tempo utilizzate per la manutenzione lungo le linee ferroviarie e soprannominate dai ferrovieri “biciclette”.

L’appuntamento con i ferrocicli è dalle ore 10 alle 12.30, e nel pomeriggio dalle ore 15 alle 18 presso la stazione ferroviaria di Monteu Da Po e l’iniziativa è a titolo gratuito.

Nel contempo dalle ore 10 alle 16 sarà possibile effettuare visite guidate al sito archeologico di Industria, adiacente alla stazione. Si tratta di una città romana sorta in posizione strategica sulla riva destra del Po, quasi alla confluenza con la Dora Baltea, tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C., in seguito alla romanizzazione dell’area che in precedenza era abitata da popolazioni celto – liguri.

Industria deve la sua importanza alla funzione di polo commerciale sulle rive del Po e, a partire dalla seconda metà del I secolo d.C., al santuario dedicato alle divinità orientali di Iside e Serapide, motivo di ricchezza e di fama.

Per info e prenotazioni visite a Industria tel. 379/1592724 mail: athena.as.culturale@gmail.com.

Mai trascurare lo stato infiammatorio

Lo stato infiammatorio, in qualunque parte dell’organismo si verifichi, non deve mai essere trascurato perché, diventando cronico, aumenta di molto il rischio di cancro

In condizioni normali, l’infiammazione risulta essere una potente arma del nostro sistema immunitario ed è la risposta rapida e non specifica rivolta ad eliminare tutto ciò che di estraneo penetra nel nostro organismo.
I tessuti interessati dal processo infiammatorio sono dolenti e risultano assai ispessiti, presentando un gonfiore localizzato nell’area interessata dall’infiammazione il cui scopo è quello di isolare l’agente estraneo e distruggerlo rapidamente, cercando di evitare danni ai tessuti sani e iniziare nel tempo più rapido possibile, il processo riparativo-cicatriziale.
Se l’infiammazione resiste alle cure, o è trascurata, si ha la condizione della infiammazione cronica, che può durare per settimane o mesi, o addirittura anni e, sua prerogativa caratteristica è rappresentata dalla contemporanea riparazione e distruzione dei tessuti e, uno stato simile, L’infiammazione persistente è alla base di molte malattie croniche, come la psoriasi o l’artrite reumatoide e, in seguito al perdurare di tale stato, possono verificarsi le premesse per il verificarsi di gravi danni, sia localmente, che a distanza dalla zona interessata dal processo infiammatorio.
Rudolf Virchow (1821-1902), fu il primo a intuire un possibile legame tra infiammazione e cancro e spese buona parte della sua vita a indagare il comportamento dei globuli bianchi nei tessuti infiammati, descrivendo come fosse molto facile lo sviluppo di neoplasie nelle flogosi croniche.
La sua intuizione è stata successivamente suffragata dalle sperimentazioni degli studiosi di comunità scientifiche di tutto il mondo ed oggi è universalmente accettata. È stato infatti osservato come in pazienti in cui sono state diagnosticate malattie infiammatorie oggi ben conosciute, come le epatiti, le pancreatiti croniche o il morbo di Crohn, presentano un rischio notevolmente elevato di sviluppare una neoplasia.
Solo nel 2008 che la relazione diretta tra infiammazione e cancro è stata confermata per la prima volta; gli studiosi sono giunti a tale conclusione valutando il comportamento delle citochine, proteine fondamentali per controllare la crescita e l’attività di altre cellule del sistema immunitario e delle cellule del sangue.
Quando vengono rilasciate, la loro presenza in circolo, fa si che si attivi il sistema immunitario per evitare che l’infiammazione cronica causi danni al DNA una condizione patologica che, se viene trascurata senza applicare le cure opportune, si sviluppa il cancro.
È nota, dunque, la correlazione fra citochine e cancro, anche se sfugge ancora l’esatto meccanismo con cui avvengano le varie reazioni che terminano con la comparsa della neoplasia.
L’ipotesi più accreditata e che le cellule tumorali riescano ad utilizzare la risposta infiammatoria per crescere indiscriminatamente, una condizione che termina con la comparsa del tumore
Se si verificano lesioni o danni di qualsiasi natura ai filamenti del delicato meccanismo del DNA, il nostro organismo ha le risorse per poterli riparare, ma solo entro certi limiti. Se il danno è di una certa entità può succedere che, le cellule danneggiate, non possano essere più riparate. Il fallimento del tentativo di riparazione cellulare può far si che possa iniziare a svilupparsi un tumore composto da un aggregato di poche cellule che però, si accrescono e si dividono, aumentano velocemente di numero e richiedono quantità via via maggiori di ossigeno e di sostanze nutritive, necessarie al loro sostentamento
Queste cellule crescendo e separandosi, richiedono quantità sempre maggiori di ossigeno e sostanze nutritive e il processo continua fino a che le cellule tumorali cominciano a rilasciare composti chimici , veri e propri segnali in grado di richiamare macrofagi e granulociti , cellule del sistema immunitario coinvolte nella risposta infiammatoria, facendo si che il processo infiammatorio, si cronicizzi, promuovendo in tale modo la risposta anomala ed eccessive delle cellule che conduce allo sviluppo del tumore.
L’attività infiammatoria cronica facilita inoltre la formazione di metastasi e questo avviene perché nei tessuti infiammati, le cellule tumorali possono staccarsi più facilmente dall’aggregato cellulare, potendo così raggiungere altri tessuti attraverso il flusso sanguigno e stabilirvisi, potendo venire trasportate in altri organi.
Durante l’infiammazione cronica, le cellule infiammatorie potrebbero dunque agire come promotori del tumore influenzando la sopravvivenza cellulare, la proliferazione, l’invasione dei tessuti adiacenti ed è questa la ragione per cui, alla luce delle attuali conoscenze, è doveroso evitare di trascurare qualsivoglia infiammazione nell’organismo, ma attuare tutto quel che suggerirà lo specialista, per evitare la degenerazione di una patologia che può essere risolta facilmente, evitando così di incorrere in guai ben più seri e pericolosi per la salute.

Rodolfo Alessandro Neri

I 100 anni del “Principe di Piemonte” di Viareggio

Di Pier Franco Quaglieni

Quest’anno compie cent’anni il mitico “Principe di Piemonte” di Viareggio ed è anche uscito un libro per ricordarlo e si tengono manifestazioni speciali di tipo mondano – culturale di un certo spessore, anche se è difficile competere con la “Versiliana”.

Il “Principe“ e’ un luogo caro a me e alla mia famiglia. Conservo delle fotografie di mio padre vestito di un abito estivo elegantissimo scattate davanti all’hotel. Ci sono stato io stesso molte volte e sempre mi provoca una certa emozione soggiornare al “Principe” che in effetti assunse questo nome nel 1938 anche se nacque nel 1922.
Viareggio oggi è in piena decadenza e quell’ hotel tiene alto il nome di una grande tradizione turistica di una élite che non c’è più.  Stare in una delle sue suite e’ quasi come immergersi proustianamente nel tempo perduto, malgrado la massiccia ristrutturazione fatta dopo gli anni della crisi. A Viareggio sono riusciti a mantenere quel clima elegante che mi descriveva mio padre, mentre la riapertura recente del Grand Hotel di Alassio,
che sorse alla fine dell’Ottocento, ha coinciso con una trasformazione così forte che per me, che ci andavo bambino, appare totalmente cambiato, adatto ad un turismo di massa come è accaduto fino a poco tempo fa con gli oligarchi russi che non hanno proprio nulla da spartire con l’aristocrazia russa raffinata che frequentava l’albergo agli albori del secolo, prima della Rivoluzione d’ottobre.  Il “Principe di Piemonte” sembra celebrare il suo centenario quasi un po’ vergognandosi della sua intitolazione. Viene ricordato il soggiorno del radical chic al caviale Fabrizio De Andre’ che sapeva trattarsi bene, malgrado il suo detestabile estremismo settario, ma non si ricorda in modo adeguato il nome del Principe Umberto di Savoia a cui è intitolato l’hotel. Nella Viareggio di forte tradizione repubblicana e’ già tanto che nessuno- almeno che sappia io -abbia proposto di censurare il nome dell’ultimo Re d’Italia, ma forse è ancora difficile rievocare un’intitolazione storica che è stata motivo di orgoglio per noi piemontesi, che in Versilia abbiamo sempre privilegiato quell’Hotel. Mio padre mi ricordava che nel salone di ingresso c’era un grande ritratto del Principe ereditario Umberto che non era certo amato dal regime fascista e che per il centenario dovrebbe ricomparire. Sono personalmente pronto ad offrire un ritratto del giovane Principe di Piemonte. Vittorio Sgarbi che come me in gioventù e’ stato di sentimenti monarchici, dovrebbe intervenire con la sua autorevolezza ( ha scritto un bel saggio nel libro rievocativo del centenario ) per far sì che il ricordo del Principe di Piemonte sia adeguatamente rinverdito. L’altro ieri agli incontri promossi dall’hotel è stato ospite Calenda con la sua campagna politica, una scelta del tutto inopportuna in periodo elettorale perché c’erano decine di ospiti più autorevoli di lui da invitare. Ma c’è sempre tempo per rimediare e fare meglio. Ritornerò presto all’Hotel dove risiedo abitualmente quando presento i miei libri in Versilia. Non credo sia un assurdo che chi ha pubblicato quest’anno “I doveri“ di Mazzini si faccia promotore di un ricordo sabaudo. La storia è quella e va rispettata. Senza quel nome quell’hotel sarebbe un elegante hotel della Versilia,  ma nulla di più.  Non va dimenticato che i vecchi piemontesi, ad esempio la famiglia di Mario Soldati, preferivano la Versilia alla più vicina Liguria in un rapporto che forse nessuno ha ancora adeguatamente studiato.

Il “Cammino di Don Bosco” Tredici camminate tra i colori e i sapori della collina torinese

Dal 28 agosto al 12 novembre

Chieri (Torino)

I sabati e le domeniche del villaggio. Il “Cammino di Don Bosco”: con questo slogan prende avvio l’itinerario escursionistico ideato e programmato dal “Tavolo tecnico” del progetto “Strade di Colori e Sapori” e realizzato dall’Associazione Sportiva Dilettantistica “Nordic Walking Andrate”, che propone, a partire da domenica 28 agosto fino a sabato 13 novembre, tredici “camminate gratuite”, organizzate in concomitanza di una fiera, di una sagra o di un evento culturale o enogastronomico, che veda protagonisti i 13 Comuni della collina torinese aderenti alle “Strade di Colori e Sapori”.

 

Si inizia domenica 28 agosto, con “Cammina Pralormo” (in occasione di “Pralormo Experience & Food – Beicà che bun”), con partenza alle ore 9 da Via Lunga, al bivio con la strada provinciale 133, e si termina sabato 12 novembre, a Chieri, in occasione della “Fiera di San Martino”, dove verranno premiati i dieci partecipanti con il maggior numero di presenze. “Questa iniziativa – spiega l’assessora allo “Sviluppo e Promozione del Territorio e al Turismo” del Comune di Chieri Elena Comollo fa parte di un progetto più ampio di rilancio del ‘Cammino di Don Bosco’ e di promozione del Chierese. Attraverso l’organizzazione di camminate che vedono protagonisti i Comuni aderenti, uniamo l’attività fisica alla possibilità di approfondire la conoscenza del territorio a partire dalle eccellenze agroalimentari locali e alle fiere e sagre costruite attorno ad esse; il tutto all’insegna di un turismo ‘lento’, che attraversa i nostri paesaggi e si ferma per apprezzarne i prodotti (dalle ciliegie di Pecetto al miele di Marentino, dalla Freisa di Chieri al pomodoro Costoluto di Cambiano) e l’offerta culturale”.

Questi gli altri appuntamenti in programma:

–       sabato 3 settembre: Riva presso Chieri (“Fiera Zootecnica”)

–       sabato 10 settembre: Andezeno (“AgriCultura – Festa dell’agricoltura e del paesaggio”)

–       sabato 17 settembre: Montaldo Torinese (“Montaldo Green Fest”)

–       sabato 24 settembre: Marentino (“Fiera del Miele”)

–       domenica 25 settembre: Pecetto Torinese (“Non solo ciliegie: dal Paleopo a Monspheratus, da Covacium a San Sebastiano”)

–       sabato 1 ottobre: Sciolze (“Sagra della zucca”)

–       domenica 2 ottobre: Baldissero Torinese (“Sagra dell’uva e del vino Cari”)

–       domenica 9 ottobre: Pavarolo (“De Rerum Natura – opere di A. Raphael Mafai, Kim Smith e Cindy Sherman”)

–       sabato 15 ottobre: Pino Torinese (“Pino cielo&terra: dal Planetario all’agricoltura”)

–       domenica 23 ottobre: Cambiano (“Tra il Pianalto e le colline”)

–       domenica 30 ottobre: Cinzano (“Fiera dei vini della Collina Torinese”)

–       sabato 12 novembre: Chieri (“Fiera di San Martino”)

Info e iscrizioni: tel.334/6604498scuolanordicwalkig@viviandrate.itinfo@camminodonbosco.eu

g.m.

Nelle foto:

–       Veduta di Pralormo

–       Don Bosco

Spirito geniale. Scrittori, ispirazione e alcol

Penne e drink, capolavori e banconi dei bar, centinaia di righe scritte in compagnia di cocktail che hanno ispirato la creatività e donato leggerezza a molti scrittori, indiscussi talenti della letteratura

 

Alcuni ne hanno abusato, ne hanno fatto uno stile di vita non sempre benefico, altri sorseggiando meravigliosi cocktail e istaurando con l’alcol un rapporto affettivo più equilibrato, di equa e sobria distanza, hanno dato vita a opere letterarie altresì straordinarie.

Il bevitore per eccellenza fu Hernest Hemingway, “bevo da 15 anni e nessuna cosa mi ha dato più piacere” affermava. Genio della forma scritta, coraggioso nei reportage di guerra, Premio Nobel per la Letteratura con Il vecchio e il mare, non si vergognò mai della sua debolezza terrena, del suo amore per il vino anzi “un uomo intelligente a volte è costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti” diceva. Tra i sui cocktail preferiti il Mojito, foglie di menta, lime, zucchero bianco di canna, ghiaccio spezzato, rum e soda e il Daiquiri, da egli stesso reso celebre, fatto con una miscela di rum, limone, zucchero, ghiaccio tritato e maraschino. Tra le sue preferenze pare ci fosse anche il whisky, assolutamente senza ghiaccio. Oscar Wilde, eccezionale scrittore e drammaturgo irlandese, era un tradizionalista e amava moltissimo lo Champagne. In seguito, dopo il suo trasferimento a Parigi in seguito a vicende giudiziarie che biasimarono la sua moralità, si dedicò all’Assenzio che considerava poetico, incline all’amore e per cui “è necessario il silenzio, la meditazione, la dolce pazzia”.

L’autore del mistero e del terrore Edgar Allan Poe amava invece il Brandy. L’alcol è spesso protagonista delle sue opere come ne Il gatto nero dove colui che narra la storia è proprio un bevitore ostinato. A causa del suo vizio ebbe problemi già ai tempi dell’università, la sua vita fu difficile, ma il suo animo tormentato diede vita a opere incredibili, poetiche e passionali. “Ciò che non cura il brandy è incurabile” dichiarava, riferendosi molto probabilmente al dolore per la morte della moglie, un evento che lo fece sbandare ma che non gli impedì di scrivere magnifiche e indimenticabili capolavori del brivido.

La birra, signora alcolica morbida ma decisa, “scoperta più grande del fuoco” come affermava Wallace è stata magnificata da molti scrittori. Charles Bukowsky la mischiava con qualsiasi altra bevanda, Goethe affermava che sapere dove si “spilla” la birra aiuta a conoscere la geografia, Poe le dedicava poesie, Rimbaud scriveva che “giugno sa di vigne e birra” e Milan Kundera: “Non è la birra una santa libagione di sincerità? La pozione che dissipa ogni ipocrisia, ogni sciarada di belle maniere?”. Il nostro Gabriele D’annunzio, poeta esuberante e trasgressivo, fu testimonial dell’Amaro Montenegro e Amaretto di Saronno, ma il suo rapporto con il vino rimane ancora un mistero, “non bevo vino dall’infanzia” diceva, “Iersera bevvi una certa “malvasìa” a me donata dai Càlabri! E tu sai che io son quasi astemio”.

Forse, come scriveva Euripide, ”bevendo gli uomini migliorano” e sicuramente l’alcol avrà favorito momenti di pura creatività e attutito periodi bui di dolore esistenziale, ma bere non può essere una condotta abituale, una consuetudine giornaliera che diventa indispensabile, una terapia o una automedicazione. Un bicchiere con gli amici, un drink dopo il lavoro, una concessione saltuaria per rilassarsi un po’ e distendere le tensioni che la quotidianità ci procura, solo questo può essere, un piacere effimero. Bere responsabilmente invece può anche aiutare l’organismo infatti l’alcol può funzionare come antiossidante, grazie al polifenolo contenuto nella buccia dell’uva, e come antinfiammatorio, maggiormente attivo nel vino rosso.
Insomma, come dice un anonimo è molto probabile che l’alcol sia un propellente che fa andare lo spirito in orbita, ma rimanere ben ancorati e sobriamente a terra è molto più salutare.

 

Maria La Barbera

Quel lungo “viaggio” in ascensore con Mr. James

Ascoltare e vedere per credere

“Basta ca rump nen le bale”: avevamo appena lasciato in sala pranzo la raffinata coppia  della Granda, quando simpaticamente ondeggiando me lo vedo arrivare. Eccolo a due passi. A vederlo, pacioso e sorriso senza fine, ha l’aria (e lo sarà anche) del gigante buono. Camicione hawaiano a maniche corte, dai colori vivaci – che di più – con variopinte fantasie floreali, taglia XXXL (esponenziale) e bermudoni fucsia – magenta elettrico – che faticosamente scavalcano gli “addominali” (si fa per dire) per riposare pesantemente sotto le ginocchia, Mr. James ci raggiunge – il sottoscritto e mia moglie – davanti all’ingresso dell’ascensore. In mano ha ancora lo smartphone, gioiello d’ultima generazione, con cui avrà scattato la trecentesima foto (forse più) con i vicini di tavolo e d’abbuffate e gran bevute. Il colorito é rubicondo bruciacchiato dal sole su epidermide bianco-candida all’origine, la fronte come sempre copiosamente imperlinata da vistose (anche loro!) gocce di sudore e i capelli bianchi perfettamente spettinati alla maniera del suo, non meno eccentrico, compatriota Boris, primo ministro UK. Un attimo di imbarazzante panico. Poi sbotta con un chiassoso ridanciano “Hi” e aggiunge ” Come with you?”.
“???”, io (zero in inglese).
“Let me see how many people”, viene in soccorso mia moglie. Pausa. ” ???”, sempre io (sempre zero in inglese).
“It’s ok”, ancora mia moglie.
“Ok”, pappagalleggio io.
“Today bad weather”, James.
“Just for two hours”, se non ci fosse quella santa donna di mia moglie! Io, timido colpettino di tosse. Mi sento tanto Totò e Peppino (scegliete voi) spaesati e sperduti davanti al “ghisa” in piazza Duomo a Milano. Evito il “nous volevon savoir” (sarebbe troppo!) e in soccorso ci si aprono le porte del mai tanto agognato ascensore. Due piani, noi. Quattro, lui, senza mascherina (d’obbligo), fra l’altro! Poco più di un minutino di imbarazzante, dannata eternità. Dentro é un tornado di parole e risatone a senso unico. Fa tutto lui. Domanda e si risponde. E ride e ride. Rido anch’io e mi sento un ebete vestito e calzato di tutto punto. Su una travolgente cascata di un centinaio di parole, ne colgo due o tre: Italy, good wine, Italiani very very nice! Yes, ridacchio. Ci mancano solo più: pizza, pasta e mandolino. Vai che vai. Ed eccoci al secondo piano. Il mio sorriso diventa urlo di gioia. Imperlato di goccioloni di sudore adesso lo sono anch’io. E James continua. Lo sentiamo ridere anche ad ascensore riavviato. Troverà la stanza giusta? Ci grida ancora dall’alto: ” Hi hi!”. Io sussurro impaurito: ” Goodbye”. ” Ma che ‘goodbye’ “, mi rimbrotta mia moglie. ” Troppo ufficiale. Basta ‘hi’!”. “Hi, hi”, “Ahi, Ahi”, sussurro un po’, ma appena un po’, rimbambito. Che viaggio, ragazzi! Non trovo neanche più le chiavi della stanza.

Gianni Milani

San Candido, è qui la festa

Incomincia venerdì la festa patronale di San Candido di Murisengo con la ventiduesima edizione della ‘Sagra del Tajarin cun l’oca’. Per tutte le sere ci saranno i consueti appuntamenti con lo stand gastronomico e il banco di beneficenza. Venerdì si danza con Mama Feel Good, sabato c’è, dalle 15, una Gimkana Mountain Bike con annesso Nutella Party e la sera il tributo a Vasco Rossi con i Rewind. Domenica il programma diventa intenso: alle 9 il raduno di auto e moto d’epoca per la nona edizione dell’ormai tradizionale raduno. Alle 13 ci sarà il pranzo del raduno (solo su prenotazione) e la sera, oltre allo stand gastonomico dalle 22 dj set Luciano Trex Tirelli e Riccky Montano by Farinelli Group.

Per info più dettagliate: 339/3292664 e 333/3824212.

La lettura…

LIBERAMENTE di Monica Chiusano

Diciamo sempre che non abbiamo il tempo di leggere e che sarebbe bello farlo…
Impariamo ad afferrare i libri, i più dotti e significativi. Diveniamo spettatori delle novelle più divertenti o dei racconti più appassionanti. Divoriamo la fantasia altrui e rendiamoci curiosi ai racconti della vita o anche a quelli che vanno aldilà dell’immaginazione più comune.
Facciamolo in qualche modo ma facciamolo, alla fine un modo per leggere lo si trova sempre, basta volerlo ….!

La 500 storica del Comune di Serrastretta torna in attività

Il Comune di Serrastretta (CZ) è forse l’unico in Italia ad avere ancora in uso una Fiat 500 storica.

La presentazione dell’auto, nella sua nuova veste fiammante appena ristrutturata, è avvenuta il 6 agosto presso il Municipio, alla presenza degli amministratori e delle personalità. Quel giorno, a corredo dell’emozionante cerimonia di presentazione, c’erano altre Fiat 500 storiche, partecipanti al raduno organizzato dalla fiduciaria del Fiat 500 Club Italia Angela Fazio, che ha così festeggiato i 10 anni del Coordinamento di Serrastretta. Tanta l’emozione dei presenti nel vedere questa importante auto, che ha rappresentato e ancora rappresenta l’Italia nella sua accezione migliore, riprendere finalmente servizio grazie ad restauro pienamente riuscito.
La storica Fiat 500 è uno dei simboli indiscussi della ripresa e nel viaggiare lungo le strade, specialmente di piccoli comuni come Serrastretta, continua a portare ai passanti sorrisi, ricordi e grandi emozioni.

Superga maestosa

In questa suggestiva foto di Giada Grigoli la basilica di Superga in tutta la sua bellezza e solennità