lifestyle- Pagina 2

Sarajevo, una sera alla casa del dispetto

Una sera Goran volle a tutti i costi portarmi a cena all’Inat Kuca. Diceva che non si poteva immaginare quant’è bella e accogliente Sarajevo senza passare almeno una serata bevendo birra Sarajevsko e scoprendo le delizie della cucina bosniaca. Quindi, cosa poteva offrire di meglio la città di quel ristorante che i sarajevesi considerano una vera e propria istituzione? L’atmosfera di questa costruzione in stile turco affacciata sulla Miljacka con un superbo dehors sul fiume, è sempre speciale. Il menù propone piatti tipici della tradizione bosniaca, non facili da trovare negli altri ristoranti del centro della città. Anche a tavola Sarajevo esprime quel suo carattere orgogliosamente meticcio, multiculturale nonostante tutto, influenzato tanto dalle tradizioni ottomane e balcaniche quanto da quelle mitteleuropee e mediterranee. Del resto non può essere diversamente per una città il cui nome trae origine dal turco antico “saraj”, cioè il palazzo ma anche luogo d’incontro e scambio. Se spesso ci sedevamo davanti a un chiosco della Bascarsija, rimpinzandoci di birra, Ćevápčići e burek, secondo il tradizionale rito del fast food balcanico, quella sera cenammo su tavoli di legno antico, con tovaglie ricamate e una infinità di proposte interessanti a base di zuppe, carni, verdure e legumi. Intendiamoci: a me è sempre piaciuto pranzare nel locale spartano di Zeljko o nei chioschi affollati e vocianti delle vie attorno al bazar. Vado matto per i Ćevápčići, quelle deliziose polpette un poco allungate di carne di agnello arricchita di spezie e cipolla e cucinate sulla brace. E il burek? Quella specie di torta salata dalla sfoglia sottile ripiena di carne (o verdure e formaggio, nella versione vegetariana) e cotta  ricoprendola interamente con le braci ardenti, è gustosissima. All’Inat Kuca, volendo, ci sono gli stessi cibi della cucina povera bosniaca. Ero tentato di restare sul già sperimentato ma Goran insisteva perché assaggiassi il bosanski lonac (“bosnian pot” sul menù in inglese, ovvero pentola bosniaca),piatto molto saporito che consiste di verdure assortire, carne, pomodoro e spezie, fatte cuocere a lungo in casseruola. E poi una particolarissima pita fatta di sottilissima pasta fillo arrotolata ripiena di carne o verdure.

 

Preparata dentro a dei grandi tegami rotondi chiusi con un coperchio e infilati sotto una coltre di brace ardente. Ci venne servita caldissima con kíselo mlijèko , lo yogurt casalingo, spalmato sullo stesso piatto. Goran non si tirava mai indietro quando sedeva a tavola. Si divorò anche un piatto di súdžukice, gustosa salsiccia arrostita sempre sulla pietra. Per giustificarsi mi disse che si trattava di una mala pórcija, la porzione piccola (tanto per darvi un’idea erano tre salsicce) e non una ben più robusta e impegnativa vèlika pórcija, cioè la porzione grande da cinque salsicce. Che dovevo dirgli? Salute, Goran. E complimenti per il tuo stomaco di ferro. Io ero sazio e non riuscivo  a mandar giù più niente. Lo convinsi a rinunciare (anche se dall’espressione del suo volto direi che lo fece a malincuore) ai dolci. Terminammo con una bella tazza di bósanska kafail caffè bosniaco non filtrato,  preparato e servito nelle caffettiere in rame e un giro di rákija, la grappa nazionale  ( in ragione del distillato di frutta fermentata cambia il nome e quella era la dúnjevača, uno straordinario e profumato liquore di mela cotogna. Goran raccontò la storia dell’originale nome di quella casa che da tempo ospitava il ristorante. Mi disse che attorno al XIX secolo si trovava sulla riva opposta del fiume quando ne venne disposto l’abbattimento da parte delle autorità austroungariche per fare posto alla biblioteca nazionale, l’imponente Vijećnica. Il proprietario non intendeva ragioni e, pressato dalle autorità dell’Impero viennese, si intestardì fino a sfidarle, pretendendo che la abitazione venisse trasferita, pietra su pietra, dall’altro lato del fiume. Pensava che la cosa fosse impossibile e invece il suo capriccio venne esaudito in poco tempo e nel breve di due anni venne costruito al suo posto l’imponente edificio. Così oggi l’Inat Kuca, la casa del Dispetto, sorge sulla sponda opposta della Miljacka proprio di fronte all’imponente mole della biblioteca che, dopo il rogo provocato dalle granate dei nazionalisti serbi il 25 agosto del 1992, è stata ristrutturata e oggi ospita il municipio. Pagato l’onestissimo conto, uscimmo e ci incamminammo verso la Bascarsija, alzando lo sguardo sui minareti che parevano voler fare il solletico a un cielo notturno ricamato da milioni di stelle. C’era in giro ancora parecchia gente per le vie attorno alla moschea del Bey , la Begova Dzamija, uno dei più notevoli monumenti turchi in Europa. Era un buon segno, a riprova che l’anima della città, nonostante il dolore e le rovine di quel fine secolo di conflitti e violenze, era viva.

Marco Travaglini

Choco Tram e Museo del Cioccolato e Gianduja: alla scoperta di una delle iniziative più belle

Torino, città dalla storia ricca e dal fascino intramontabile, continua a sorprendere con nuove

attrattive culturali. Tra queste, spiccano il Choco Tram e il Museo del Cioccolato e del

Gianduja , un luogo che racconta al grande pubblico il meraviglioso mondo del cioccolato.

Questo Museo nasce dalla collaborazione tra Francesco Ciocatto , proprietario della

storica Pasticceria Pfatisch di Torino, ed Eddy Van Belle , imprenditore e collezionista

belga. Van Belle è noto per aver ideato i musei Choco Story, presenti in Belgio, Francia,

Repubblica Ceca, Libano e Messico.

Torino segna un importante primato, ospitando il primo museo dedicato alla storia del

cioccolato in Italia.

Situato in Via Paolo Sacchi 38 , nei laboratori della storica Pasticceria Pfatisch, il Museo

celebra l’antica tradizione cioccolatiera della città, rendendo omaggio a uno dei suoi simboli

più amati.

Un’esperienza imperdibile per chi vuole scoprire il legame profondo tra Torino e il cioccolato.

“Torino desiderava da tempo un museo dedicato alla storia del cioccolato, e grazie

all’incontro tra Van Belle e Ciocatto, questo sogno è diventato realtà”.

Il laboratorio di Ciocatto, con le sue macchine antiche dei primi del 900, offre un

affascinante viaggio nel tempo.

Un giro all’interno del Museo del Cioccolato e del Gianduja

La prima tappa del magico mondo della storia del cioccolato, ci porta subito all’epoca degli antichi Maya, con i loro strumenti per lavorare il cacao. All’inizio, esso veniva consumato

solo come bevanda, quindi unicamente in forma liquida. I Maya utilizzavano il cacao per

rituali magici e benevoli, poiché, come ben sappiamo, ha proprietà benefiche per il corpo

umano.

L’atmosfera della prima sala è intrisa di figure mitologiche e suoni ispirati alla natura,

offrendo ai visitatori un’esperienza immersiva e coinvolgente.

Proseguendo il percorso, ci si imbatte nelle Metate, antichi strumenti di pietra utilizzati per

lavorare le fave di cacao. Questi strumenti, vere e proprie macchine preistoriche,

trasformavano le fave in una pasta oleosa, pronta per essere assaporata e apprezzata per il

suo gusto unico.

Ma non finisce qui: i visitatori possono anche ammirare le riproduzioni virtuali delle

piantagioni di cacao, immergendosi visivamente nell’ambiente in cui tutto ha origine. Un viaggio tra tradizione e natura che svela i segreti del cioccolato.

Il percorso fa rivivere anche l'atmosfera degli antichi galeoni spagnoli. Con

l’accompagnamento dei suoni del mare e una vista spettacolare sull’oceano, si può

immaginare il grande viaggio che, secoli fa, ha portato il cacao dall’America in Europa,

grazie agli esploratori europei.

Filmati ambientati in epoche passate: valore aggiuntivo della visita

Non solo un percorso visivo ma anche interattivo.

Il Museo del Cioccolato e del Gianduja, ha incorporato nel percorso esplorativo quattro video

installazioni che narrano l’utilizzo del cioccolato nella storia, a partire dal XVII secolo fino al

XX secolo.

Nella terza tappa, ad esempio, è possibile visionare un piccolo corto del XVI secolo, periodo

in cui il cioccolato era ancora in forma di bevanda e consumato esclusivamente da ceti

sociali di alto rango, poiché aveva un costo importante.

Tutti i video ad ambientazione storica sono stati realizzati da Alessandro Rota per

l’Associazione Culturale Officine Ianós con il coinvolgimento del gruppo di rievocazione

storica Le Vie Del Tempo e la consulenza storica di Alessia Giorda.

Viaggio sensoriale e non solo

Nel percorso dedicato al XVII secolo, i visitatori saranno coinvolti in un viaggio sensoriale

unico, dove l’olfatto diventa protagonista.

Si potranno percepire le fragranze delle antiche ricette della prima bevanda al cioccolato che

venne “patentata” alla fine del XVII secolo proprio a Torino: la prima autorizzazione per il

commercio di una bevanda a base di cacao fu concessa a Giovanna Battista di Savoia

Nemours, madre di Vittorio Amedeo II.

Un momento che segna l’inizio del legame tra Torino e il cioccolato.

Il viaggio prosegue con la scoperta di raffinate cioccolatiere d’epoca, arricchite da monitor

interattivi, giochi multimediali e una collezione di tazze storiche , alcune delle quali

progettate con particolari supporti per proteggere i baffi degli uomini, per evitare che se li

sporcassero, mentre gustavano la cioccolata.

Il percorso include anche una suggestiva rievocazione della sala del trono, dove è possibile

scattare divertenti fotografie. Inoltre, è possibile guardare un nuovo video storico , girato

presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi, che racconta come il consumo del cioccolato si

sia evoluto nel tempo.

La prima forma di cioccolato solido arriva nell’800.

Gianduja

Lungo il percorso non poteva mancare una sezione dedicata a Gianduja , la storica

maschera simbolo di Torino, il cui nome ha ispirato la creazione del celebre Gianduiotto , il

cioccolatino tipico del Piemonte.

Questo dolce iconico nasce dall’incontro perfetto tra cioccolato e nocciole , ingredienti che rappresentano la tradizione gastronomica locale.

Il percorso interattivo e visivo (sempre in collaborazione con Le Vie Del Tempo) racconta la

storia di Michele Prochet e Paul Caffarel , i due maestri cioccolatieri che, grazie al loro

ingegno, inventarono il Gianduiotto, il primo cioccolatino incartato della storia.

Una vera e propria innovazione che ha segnato un'epoca, dando vita all’industrializzazione

del cioccolato e alla nascita di tante note imprese, come Pfatisch, Ferrero, Gerla, Ziccat,

Ferrero e molte altre.

Un’altra “chicca” interessante?

Il Museo ospita un prezioso e originale costume di Gianduja , gentilmente fornito dalla

Famija Turineisa; che arricchisce ulteriormente questa esperienza immersiva nella

tradizione torinese.

Le decorazioni di cioccolato di Stefanella Bergiotti

A metà del viaggio all’interno del museo, nella stessa galleria che ospita statue e quadri di

cioccolato, si incontreranno le creazioni pasquali di Stefanella Bergiotti, consorte del

titolare di Pfatisch.

«Amo disegnare e, da moglie di un cioccolatiere, mi sono ritrovata immersa nel magico

mondo del cioccolato. È così che ho iniziato a dar vita ai miei personaggi utilizzando sac à

poche e cioccolato. Ho creato coniglietti, galline e molti altri soggetti, sempre con

espressioni buffe e divertenti, perché il mio sogno di bambina è sempre stato quello di

diventare una fumettista.

L’idea di decorare uova di cioccolato è nata durante il lockdown in Italia di qualche anno fa.

In quel periodo, ho trovato grande gioia e ispirazione dedicandomi a questa attività, e per la

Pasqua sono arrivata a realizzarne circa 500!

Ogni uovo era un piccolo capolavoro,

decorato con cioccolato colato, dettagli e ghirigori fatti a mano, e arricchito con frutta e foglie

modellate in cioccolato plastico. È stata un’esperienza creativa straordinaria, e da allora non

ho mai smesso di farlo.

Col tempo ho perfezionato le tecniche e reso il processo più veloce per soddisfare i nostri

affezionati clienti di Pfatisch. Vedere la gioia negli occhi di chi riceve una delle mie creazioni

è una soddisfazione immensa, la prova che la passione e l’arte possono davvero regalare

felicità agli altri.»

Finiamo il giro al Museo e saliamo sul Choco Tram

Il giro al Museo del Cioccolato si conclude con un’esperienza dolce e coinvolgente: piccoli

assaggi di cioccolato accompagnano la visita ai macchinari originali della storica pasticceria

Pfatisch, risalenti agli anni ’20 e tutt’ora funzionanti.

Uno di questi macchinari è messo in funzione ed è affascinante osservarne i movimenti e sentirne il rumore.

Proprio qui scopriamo come, dopo la creazione del Gianduiotto, il cioccolato abbia trovato

nuovi abbinamenti con ingredienti come zucchero a velo, mandorle e altri sapori.

Queste combinazioni hanno ispirato la creazione di macchine innovative per lavorazioni

sempre più ricche e golose, aprendo la strada a un’evoluzione che ha portato alla

realizzazione di cioccolatini, dolci e torte raffinate.

L’ultima parte del tour è un vero viaggio nella fabbrica del cioccolato di Torino, dove

tradizione e innovazione si incontrano.

Prima di lasciare il Museo, una sosta alla pasticceria Pfatisch è assolutamente imperdibile!

Qui, tra creazioni dolciarie straordinarie, prodotti artigianali e bevande di caffetteria, ogni

visitatore potrà concedersi un momento di pura golosità.

Un’esperienza che unisce gusto, storia e arte in un crescendo di emozioni indimenticabili.

Il viaggio prosegue a bordo del bellissimo e vintage Choco Tram,vettura originale del 1924,

già protagonista delle riprese dei video presenti nell’esposizione permanente del museo.

L’Associazione Torinese Tram Storici permette così di far vivere ai passeggeri, su questo

meraviglioso mezzo, diversi quartieri torinesi, mentre i rievocato de “Le Vie del Tempo”,

affascinano i viaggiatori con interessanti aneddoti riguardanti Torino e il suo legame con il

cioccolato.

In alcune date selezionate ogni mese, dalla fermata situata proprio di fronte al Museo, sarà

possibile vivere questa esperienza unica.

Preparatevi a salire a bordo per un viaggio indimenticabile nel tempo!

Francesco Ciocatto

«Nel 2020, rilevando Pfatisch, ho subito compreso che il successo risiedeva nel valorizzare

la Storia di questo luogo iconico e nel proiettarlo nel futuro. Sognavo un museo del

cioccolato a Torino, da realizzare proprio qui, in questa pasticceria centenaria che

custodisce l’eleganza e l’operosità tipiche della nostra città, insieme ai macchinari originali

perfettamente funzionanti.

La mia idea era andare oltre: innovare, aprire il “dietro le quinte” del cioccolato e coinvolgere

il pubblico con esperienze sensoriali. Grazie all’incontro con Eddy Van Belle, questo sogno è

divenuto realtà: nasce così il Museo del Cioccolato e del Gianduja, Choco Story.»

Sign. Ciocatto, avete progetti per il 2025?

«Choco Story è in continua evoluzione. A Gennaio 2025 aprirà il Choco Story LAB: un luogo

dedicato ai workshop per persone di tutte le età che potranno sperimentare la creazione del

proprio cioccolato!»

Curiosità: il Museo è visitato maggiormente da turisti o torinesi?

«Sono davvero moltissimi i turisti esteri, ma anche italiani provenienti da fuori città. I torinesi

sono in grande numero, segno che il Museo è stato molto ben accolto. Nei suoi primi mesi

(abbiamo inaugurato il 26 Giugno!) ha riscosso un grande successo.»

Ci sarà qualche “dolce” proposta per Natale 2024?

« Assolutamente si, abbiamo i nostri panettoni, versione classica e quella speciale, fatta con

pan di zucchero, lievitato soffice senza canditi, lieve zucchero, impasto gianduja e marron

glacè. Un prodotto nostro sul mercato da più di 30 anni.»

Prossime date disponibili

Dicembre 2024:

Sabato 7 dicembre

Venerdì 20 dicembre

Sabato 28 dicembre

Gennaio 2025:

Sabato 25 gennaio

Prenotazioni sul sito:

www.choco-story-torino.it/choco-tram

Non perdete l’occasione di vivere un’esperienza unica che celebra l’eccellenza e la

tradizione torinese.

Il Museo del Cioccolato e del Gianduja, insieme all’affascinante viaggio a bordo del Choco

Tram, è un autentico tuffo nella storia, nel gusto e nell’eleganza della nostra città.

Un orgoglio tutto torinese, da scoprire e riscoprire non solo durante il magico periodo delle

feste, ma in ogni stagione dell’anno.

Lasciatevi conquistare da un percorso che unisce

cultura, intrattenimento e sapori in un modo davvero indimenticabile.

CRISTINA TAVERNITI

‘Gran Galà degli Sposi’, Caramagna Piemonte capitale italiana del Wedding

Al ‘Lago dei Salici’ va in scena l’eccellenza nel matrimonio firmata Giovanni Riggio

Oltre 500 persone, fra spose, sposi e accompagnatori hanno partecipato all’edizione 2024 del ‘Gran Galà degli Sposi’, l’appuntamento di settore più atteso in Italia nel settore del wedding. Un rito d’essai che, quasi una funzione sacra e solenne, va in scena perfettamente da oltre vent’anni e che vede, quale elegante e inarrivabile cornice, il ‘Lago dei Salici’ di Caramagna Piemonte, al confine tra la provincia di Cuneo e Torino.

Un luogo incantevole e altrettanto incredibile per la capacità d’accoglienza (può ospitare fino a cinque cerimonie nuziali in contemporanea per oltre 2.000 invitati) magistralmente guidato dal patron Giovanni Riggio. Professionista instancabile, imprenditore visionario, anche quest’anno ha richiamato a sé quanti hanno celebrato il giorno più bello della vita nel 2024 per una festa che, dire coi fiocchi, è quantomeno il minimo.

Accanto ai protagonisti dell’evento, anche un parterre ricchissimo di stelle dello showbusiness e del jet-set internazionale venute a dare il proprio contributo alla memorabile serata tra cui Katherine Kelly Lang, famosa interprete di Brook Logan, l’infinito amore di Ridge Forrester nell’eterna e intramontabile soap opera ‘Beautiful’.

Con lei anche l’attore Lorenzo Flaherty, il soprano Katia Ricciarelli e ancora Sasà Salvaggio di ‘Striscia La Notizia’, Simona Tagli con l’ex compagno Antonio Zequila, l’attore comico Franco Neri e Maurizio Scandurra, opinionista de ‘La Zanzara’ di ‘Radio24’, che dichiara: “Il Piemonte è una fucina sorprendente di talenti. Ringrazio l’amica fraterna Simona Tagli per avermi invitato a questa kermesse, rivelatasi una continua sorpresa. Dalla straordinaria ampiezza e originalità del contesto, di certo il più ampio sito italiano dedicato a quanti vogliono sposarsi fra classe, natura, eleganza e ottima tavola. Il fondatore Giovanni Riggio come un provetto capitano di lungo corso incarna lo spirito pionieristico dell’imprenditore competente che vive ogni singola azione di sviluppo come se tutto iniziasse oggi, fondendo professionalità e cortesia alla maestria stupefacente di un vero cuore bambino capace di innamorarsi e far innamorare tutti delle piccole cose e di ogni altrettanto impagabile dettaglio”.

La Mandrialoonga conclude le Camminate Reali

Domenica 1 dicembre l’ormai tradizionale Mandrialoonga concluderà il programma delle camminate Reali 2024 della Venaria Reale, proponendo un’esperienza ulteriormente suggestiva ed affascinante per i viandanti che, in compagnia, passo dopo passo, parteciperanno numerosi all’iniziativa. Anche quest’anno i tre itinerari svolti hanno registrato la presenza di migliaia di persone, alla scoperta del territorio e delle Residenze Reali Sabaude del Piemonte che lo rappresentano, ammirandone scorci indimenticabili e curiosando tra le sue storie.

La Mandrialooonga prevede due percorsi a scelta ad anello di diversa lunghezza ( 26 e 12 km) che, tra paesaggi sorprendenti immersi nei colori dell’autunno del Parco della Mandria e zone limitrofe, partono e si concludono entrambi nella magnificenza dei giardini della Reggia si Venaria, con il meritato pranzo finale previsto negli imponenti spazi della Citroniera juvarriana.

Il programma delle camminate Reali nasce con l’intento di realizzare nel tempo un cammino strutturato vero e proprio, che valorizzi turisticamente le Residenze sabaude e il loro territorio di pertinenza attraverso un approccio di visita nuovo e consapevole rispetto alle tematiche culturali e della sostenibilità, rivolgendosi ad un target di settore sempre più numeroso e partecipe. Le camminate Reali si presentano come una manifestazione non competitiva aperta a tutti e prendono spunto dal libro racconto di Enrico Brizzi “La via dei Re. Viaggio a piedi tra le Residenze sabaude” , proponendosi come una prima espression3 di tale cammino da ripetersi negli anni.

Per iscrizioni, informazioni, aggiornamenti:

camminatereali.it, residenzerealisabaude.com, la venaria.it

I Nocciolini di Chivasso protagonisti di un francobollo celebrativo

I nocciolini di Chivasso, simbolo dell’eccellenza sul territorio, saranno protagonisti di un francobollo celebrativo che verrà emesso il 10 settembre 2025 nell’ambito del programma delle carte valori approvato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Con tre soli ingredienti, zucchero, albume e nocciole, e appena un grammo di peso, il nocciolino di Chivasso aggrega cultura, storia, commercio e enogastronomia, in un territorio che sta dimostrando una gran voglia di crescere.

La decisione, annunciata dal Sottosegretario di Stato Fausta Bergamotto, pone l’accento sull’importanza dei tributi filatelici come veicolo di promozione del patrimonio culturale, naturale e produttivo italiano.

“Il programma 2025 intende valorizzare i valori sociali, le eccellenze culturali e il made in Italy – ha dichiarato il Sottosegretario – per rappresentare un’Italia sempre più protagonista a livello internazionale “.

Il francobollo dedicato ai nocciolini di Chivasso si inserisce in un programma filatelico che celebra figure, eventi e marchi illustri, tra cui il 550esimo anniversario della nascita di Michelangelo Buonarroti, la canzone italiana, le aziende centenarie e ultracentenarie, e momenti storici come la liberazione d’Italia.

La proposta si includere il dolce più piccolo al mondo tra le eccellenze italiane da celebrare anche con un francobollo speciale è stata avanzata da Ascom Confcommercio Torino e Provincia.

“ La scelta del Ministero di accogliere la nostra segnalazione – sottolinea la presidente Maria Luisa Coppa – rende omaggio ai quasi due secoli di storia dei Nocciolini, ai 120 anni dal deposito del brevetto e ai 30 anni dalla festa dei Nocciolini, ideata da Ascom nel 1995.

Questo francobollo è un simbolo del legame tra tradizione e territorio e qualità, caratteristiche che rendono il Made in Italy unico al mondo.

Il presidente di Ascom Chivasso, Carlo Nicosia, ha espresso grande soddisfazione. “Il francobollo rappresenta un riconoscimento non solo per il nostro dolce tipico, ma anche per un settore, quello della pasticceria piemontese, di grande livello e per gli stessi imprenditori chivassesi che custodiscono questa tradizione. La storia dei nocciolini, nata nel laboratorio Giovanni Podio nel 1810 e ufficializzata con il brevetto del 1904, prosegue oggi grazie al lavoro appassionato di Pasticceria Bonfante, Dolce Canavese, Fontana, Pasticceria Piccoli, produttori associati Ascom.

I quattro produttori hanno accolto con entusiasmo la notizia sottolineando il valore storico e culturale che il francobollo porterà alla città e al prodotto simbolo della tradizione pasticcera di Chivasso.

Mara Martellotta

Martini, un mondo di vermouth. Una mostra a Pessione

La storia della Casa Martini rivive in una mostra nella grande fabbrica di Vermouth a Pessione, frazione di Chieri. Dieci pannelli illustrano 160 anni di storie uscite dagli archivi che ricostruiscono il lungo cammino della Martini dal 1864 ai giorni nostri. Furono l’imprenditore Alessandro Martini, Teofilo Sola e Luigi Rossi a fondare la Martini &Rossi a Torino nel 1863 ma scelsero Pessione, vicino a Torino, per fondare il nuovo stabilimento. Nel 1993 Martini & Rossi entrò nel gruppo della famiglia Bacardi e oggi produce oltre 200 milioni di bottiglie l’anno inviate in un centinaio di Paesi.
In vetrina a Pessione si possono vedere documenti dell’archivio storico Martini &Rossi con centinaia di fascicoli, registri, prodotti, immagini, oggetti sulla storia dell’azienda e del marchio, aneddoti, curiosità e informazioni. C’è tutta la storia dell’azienda, da quando mosse i primi passi a Torino, in quegli anni capitale del Regno d’Italia, per poi finire a Pessione per motivi “strategici”, un borgo vicino al capoluogo e alla ferrovia con la possibilità di espandere gli impianti. “Martini&Rossi, sottolineano i promotori dell’iniziativa, si trasformò ben presto in una fabbrica-famiglia diventando un punto di riferimento per il territorio chierese”. Alla fine dell’Ottocento la Martini aprì a Buenos Aires la prima delle sedi estere diventando, alcuni anni dopo, la più grande fabbrica di vermouth del mondo. All’inizio del Novecento produceva 20 milioni di litri all’anno e il vermouth Martini diventò il più venduto in America. Nel 1961 fu aperto il Museo Martini di storia dell’enologia e la Terrazza Martini. La mostra “Martini a Pessione, 160 anni di storie dagli archivi” è aperta al pubblico nella piazzetta di Casa Martini fino al 31 dicembre. Per visitare il Museo Martini, aperto dal giovedì al lunedì con orario 11-19, è obbligatoria la prenotazione.         Filippo Re

In piazza Carlo Felice apre Zanivan Hair Salon Suite 

UNA SUITE PER LE HAIR LOVERS NEL CENTRO AULICO DI TORINO

 

Nicola Zanivan, figura di riferimento per l’eccellenza nella cura e nello styling dei capelli, già affermato come il ‘re delle bionde’, apre Zanivan Hair Salon Suite il suo nuovo salone a Torino, in Piazza Carlo Felice 19.

Dopo l’inaugurazione del 24 novembre, martedì 26 apre al pubblico il primo salone dedicato alle hair lovers – donne che amano i loro capelli quali parte essenziale della propria identità – con i suoi spazi dal sapore art déco, caratterizzati da un’elegante palette di nuance che spaziano dall’avorio al biscotto.

L’apertura del salone non rappresenta solo un traguardo per Zanivan e la sua squadra, ma anche un contributo significativo alla riqualificazione di un tratto dei portici aulici di Torino. Questo tratto, segnato da importanti chiusure commerciali negli ultimi anni, ritrova nuova vitalità grazie all’inaugurazione di spazi come il salone di Zanivan e il vicino negozio di articoli sportivi, consolidando il valore culturale e commerciale di un’area centrale della città.

“Il nuovo salone è stato pensato come un luogo dove ogni cliente possa sentirsi accolta in un ambiente raffinato e professionale” spiega Nicola Zanivan, “dove la cura dei capelli è il cuore dei nostri trattamenti, realizzato con rituali e prodotti esclusivi, frutto di una selezione maniacale. Accanto ad un servizio eccellente, vogliamo offrire alle nostre clienti anche un’esperienza estetica e sensoriale unica”.

Il salone incarna pienamente la filosofia di Zanivan, basata su tre principi cardine: la cura della salute del capello, la ricerca di uno stile elegante e distintivo e un servizio che pone al centro i desideri e la personalità della cliente.

L’apertura segna un passo importante per il tessuto commerciale torinese, ribadendo il ruolo di Piazza Carlo Felice come luogo d’incontro tra tradizione, innovazione e alta qualità.

www.nicolazanivan.com

Silvia Caroline, “ambasciatrice” di Torino

Quest’anno, Torino si è affermata come una delle città più dinamiche e vivaci del panorama culturale e artistico internazionale. Grazie alla combinazione di eventi straordinari e figure di rilievo che l’hanno rappresentata con passione, il 2024 ha segnato un capitolo di rinascita per la città. Tra queste spicca Silvia Caroline, influencer, promotrice culturale e ambasciatrice torinese della moda e della sostenibilità, che ha saputo portare il fascino sabaudo su palcoscenici internazionali.

Con il suo impegno instancabile e il profondo amore per la città, Silvia Caroline ha contribuito a far risplendere Torino non solo attraverso i suoi eventi ma anche grazie alla sua personalità magnetica. In un’intervista esclusiva, Silvia ci racconta alcune delle esperienze che hanno caratterizzato quest’anno, offrendo uno sguardo dietro le quinte della sua affascinante carriera.

Un viaggio nei ricordi e nelle emozioni: dai 60 anni di Vogue Italia al Festival del Cinema di Venezia

Alla domanda su come si è sentita a partecipare alla celebrazione dei 60 anni di Vogue Italia , Silvia risponde con una nota nostalgica:
“È stato un momento magico, mi sono ritrovata a percepire sensazioni speciali che mi hanno riportato alla mia prima sfilata nel lontano 2011 . Quando ami la moda, è come se ti scorresse nelle vene: è una passione viscerale che o hai, o non hai.

Il Cinema fa parte della mia quotidianità sin da quando ero piccola, difatti anche la mia partecipazione al Festival del Cinema di Venezia mi ha reso entusiasta nel potermi confrontare un talenti del mondo del Cinema”.

Un altro evento clou per Silvia è stato il Festival del Cinema di Venezia. Esserci, racconta, è stato un traguardo personale ed emotivo:
“Pensavo solo a far andare tutto bene. Il momento più emozionante è stato pochi secondi prima di percorrere il red carpet. Mi sono sentita piccola di fronte ai grandi del cinema, ma anche orgogliosa : ho sempre lavorato sodo, amo imparare e crescere Quel momento mi ha ripagata di tutto.”

Moda sostenibile e passione per il profumo

Silvia ha anche brillato durante il Camera Moda Sustainable Fashion Awards 2024 , dove ha sottolineato l’importanza di sensibilizzare sull’impatto ambientale dell’industria della moda:
“È straordinario vedere come alcuni brand stanno davvero cambiando le cose, educando alla sostenibilità attraverso le loro creazioni. La moda può essere tanto bella quanto responsabile.”

Un altro tema a lei caro è la profumeria di nicchia, una passione che descrive quasi poeticamente:
“Io amo il mondo del profumo: è tramite gli odori che spesso comincio a scrivere. Come riaffiorano i ricordi chiusi nei cassetti, così fanno le fragranze. In questo momento dell’anno prediligo sentori caldi e speziati, come vaniglia, oud, sandalo e bergamotto.”

Silvia condivide con entusiasmo l’apertura della prima Scuola di Alta Profumeria in Italia, l’ASP, un progetto nato proprio in Piemonte, che mira a diffondere la conoscenza di questo raffinato universo.

Torino, il cuore di tutto

Ma per Silvia, Torino rimane sempre al centro. Partecipare alla prima di Manon Lescaut al Teatro Regio è stato un momento speciale:
“Torino è la mia città, la mia casa, come una sorella. È velata da un mistero e una malinconia che la rendono unica. Raccontarla e portarla ai confini del mondo per me è un onore.”

E ancora:

Ho partecipato, per la mia prima volta, all’’opening del Torino Film Festival alla sua 42 edizione, è per me un onore poter presenziare ad un evento conosciuto e dall’importanza internazionale sul nostro territorio.

Guardando al futuro, Silvia ha deciso di continuare il suo impegno sia per Torino che per la moda sostenibile, coinvolgendo sempre più la comunità locale:
“Torino ha un potenziale immenso. Ama rimanere un po’ in disparte, ma chi la conosce a fondo non può che innamorarsene. Io sono qui per farla brillare, in ogni modo possibile.”

Un futuro radioso per Torino e Silvia Caroline

Con personalità come Silvia Caroline, il 2024 sarà ricordato come un anno fondamentale per la rinascita di Torino. Grazie alla sua dedizione, al suo amore per la cultura e la sostenibilità, e alla sua capacità di portare la città sotto i riflettori internazionali, Torino si prepara a un futuro pieno di nuove opportunità.

CRISTINA TAVERNITI

Lady Poopise

PENSIERI SPARSI  di Didia Bargnani

Curiosando su Instagram alla ricerca di personaggi, aziende di famiglia più o meno grandi, negozi particolari , tutti aventi come comune denominatore l’essere di Torino o provincia, mi sono imbattuta in questo nome: Lady Poopise. Curioso, ho pensato, chi sarà mai questa signora?
Lady Poopise è una performer torinese di Burlesque, un’antica forma di spettacolo teatrale nata nel periodo dell’Inghilterra Vittoriana, caratterizzata da un’ironia pungente che si trasformava in satira contro la classe dirigente. Con il passare degli anni lo spettacolo ha perso il suo carattere sovversivo ed è diventato una sorta di varietà dove la donna, grazie anche a meravigliosi e scenografici costumi da pin-up per lo più succinti ma mai volgari, diventa protagonista della storia messa in scena.
La sua più acclamata performer, l’americana Dita von Teese, ha riportato in auge il Burlesque negli anni duemila e da allora questo tipo di spettacolo si è sempre più diffuso; nella sola Torino, mi racconta Lady Poopise, ci sono due scuole di Burlesque, Amazing Flamingo Art Studio di Vanille Bon Bon e quella di Mara Scagli, inoltre tutti gli anni si tiene l’International Cabaret Burlesque Festival al Teatro Q77 in corso Brescia.
Perché hai scelto di diventare una performer di Burlesque?
“Tre anni fa, durante una lezione di canto, ho conosciuto un’insegnante di questa fantastica arte e dopo averle fatto vedere un mio numero le ho chiesto d’inserirmi nel suo spettacolo e da allora non mi sono più fermata. Sono partita avvantaggiata in quanto la danza, il canto e la passione per la moda e gli abiti degli anni ‘30, ‘40 e ‘50 sono sempre stati la mia passione.”
“ Dal primo Festival al quale ho partecipato, ho capito che per essere una performer lo devi essere a 360 gradi- spiega Lady Poopise- io canto dal vivo, ballo, spesso invento il mio ‘act’ (la storia), creo e cucio personalmente gli abiti di scena, quante ore passate a cucire strass, paillettes, perline e piume! La musica ha un ruolo importantissimo, può essere funky, rock, blues, classica, jazz,  dipende dalla storia, se è Classic o Comic; lo spettacolo finisce sempre con uno strip-tease, mai nudità totale, basato sulla seduzione, non sulla volgarità”.
Si tratta di uno show divertente, colorato che per le sue ambientazioni spesso ci porta agli anni ‘40, ‘50 o al periodo dei Varietà, dei Musical, spettacoli colmi di lustrini, luci e balletti.
Il Burlesque è l’arte che celebra il corpo e la sensualità senza falsi moralismi, sempre con un tocco d’ironia , “ l’aspetto teatrale si mescola al gioco di seduzione, sdrammatizzando la sensualità attraverso il cabaret e l’umorismo, mostrando e giocando con il proprio corpo in modo libero”.
“ La parte fisica è impegnativa – continua Lady Poopise- le performance richiedono preparazione sia per quanto riguarda la danza e il canto ma anche per la coordinazione e la presenza scenica, la reazione del pubblico è uno degli aspetti più gratificanti, si crea infatti una grande empatia tra la performer e chi guarda”.
Attraverso il Burlesque possiamo dunque entrare in contatto con il nostro corpo, imparare a vivere la sensualità con gioia, senza paura di osare e liberarci dalle imposizioni sociali per celebrare davvero chi siamo senza alcun tipo d’inibizione o vergogna.

La Perla di Torino apre all’evento più magico dell’anno: “Ho fatto l’albero”

Sabato 14 e domenica 15 dicembre, La Perla di Torino riapre le porte per l’evento più magico del Natale:”Ho fatto l’albero”, un workshop rivolto a un pubblico di ogni età, durante il quale sarà possibile decorare e personalizzare un albero di Natale di cioccolato guidati dai maestri cioccolatieri dell’azienda. Un‘occasione imperdibile per realizzare un regalo speciale arricchito di dettagli unici. Il pubblico, composto da adulti e bambini, sarà accompagnato da maestri cioccolatieri nelle decorazioni di un albero di cioccolato. Sarà possibile dare libero sfogo alla fantasia personalizzando l’albero secondo i propri gusti. Un’occasione imperdibile per realizzare un dono natalizio artigianale e speciale, creato a mano e arricchito da dettagli unici. Al termine dell’attività ogni partecipante dovrà portare a casa la propria creazione  confezionata con cura da un’elegante packaging completo di nastro e fiocco. Ogni partecipante riceverà un kit che comprenderà un albero di cioccolato scelto al momento della prenotazione con variante tra cui latte, fondente, bianco, pistacchio e senza lattosio, indumenti quali camice, guanti e calzari per accedere in sicurezza al laboratorio, strumenti per la decorazione  tra cui cioccolato, pasta da zucchero e sac a poche, oltre a una confezione natalizia realizzata a mano dal team de La Perla. Il workshop si terrà presso il laboratorio dell’azienda situata in Lungodora Colletta, a Torino.

Per partecipare è necessario compilare il modulo di prenotazione sul sito www.laperladitorino.it, indicando il numero dei partecipanti, la data e l’orario desiderato. La durata dell’evento sarà di 90 minuti.

Mara Martellotta