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“Fiori dentro l’anima”: quarto libro e primo romance di Arianna Frappini

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E’ un romance, anzitutto storia d’amore tra Ariel e e il suo corrispettivo maschile, l’orgoglioso ma dolce imprenditore Gabriele Temperelli, che cerca l’amore in grado di ammorbidire i suoi spigoli, ma parla anche di temi importanti come la disabilità, la libertà di scelta, il rispetto e la lotta ai pregiudizi. 

 

L’AUTRICE

Arianna Frappini è nata nel 1997 a Gualdo Tadino, piccola città tra le colline e le montagne dell’Umbria, in provincia di Perugia. Scrive da sempre, da quando ne ha memoria, e questa passione è cresciuta con lei, sviluppandosi lentamente e venendo coltivata, ma se non ci fosse quella scintilla che la collega ad altri mondi e alla dimensione meravigliosa in cui esistono i personaggi dei quali racconta le storie, niente di questo sarebbe possibile. Scrivere per lei è respirare: semplice, naturale, spontaneo, necessario.

E scrive per se stessa, poi se lo legge qualcun altro e arriva alla pubblicazione, ne è felice. Ha pubblicato varie poesie in raccolte collettive con altri autori all’interno di iniziative dell’Aletti Editore e una silloge personale, “Di una vita” nel 2013. Tuttavia, ha sempre sostenuto e ripetuto che la sua vera vocazione è quella di romanziera e allora sono usciti quattro libri: “L’ultimo dono prima di morire” (Albatros, 2020) e “L’eternità per ritrovarsi” (Albatros, 2023), due romanzi storici collegati tra loro, ambientati nel Cinquecento e nel Seicento, tra Spagna, Italia e Impero turco, “Il soldato che amava l’alba” (Zona, 2022) ispirato ai racconti del militare di suo padre e “Fiori dentro l’anima”, (Amazon, 2025), che è quello di cui parleremo oggi, primo romance contemporaneo e prima esperienza in self-publishing. Attualmente gestisce il blog personale “Oltre” in cui parla di libri e di musica e coltiva tutte le sue passioni: scrivere, leggere, ascoltare la musica (soprattutto quella di Ermal Meta), concerti inclusi ovviamente, e seguire il tennis (sta ancora festeggiando e si sta ancora emozionando per la vittoria di Jannik Sinner a Wimbledon).

IL LIBRO

Fiori dentro l’anima” è il suo nuovo romanzo ed è uno dei libri a cui tiene di più e in cui ha messo più di sé. In effetti, le persone che lo hanno letto hanno sottolineato a più riprese la sincerità sentita di queste pagine. La protagonista è Ariel Serenelli, scrittrice, giardiniera, consulente floreale (a ogni fiore un significato, a ogni personalità il suo insieme di fiori), creatrice e sostenitrice dei giardini sensoriali (percorsi da fare a occhi bendati e a piedi nudi). È sincera, determinata, testarda, orgogliosa, dolce con chi vuole, molto selettiva e senza filtri e senza maschere, crede nell’amore, più per i suoi personaggi, ed è convinta che non faccia per lei, temendo che possa ostacolare la sua libertà spirituale. È anche ipovedente, come l’autrice, e vedono entrambe la disabilità come una possibilità e un dono, non come qualcosa verso la quale provare pietà.

Sì, perché “Fiori dentro l’anima” è un romance, anzitutto storia d’amore tra Ariel e e il suo corrispettivo maschile, l’orgoglioso ma dolce imprenditore Gabriele Temperelli, che cerca l’amore in grado di ammorbidire i suoi spigoli, ma parla anche di temi importanti come la disabilità, la libertà di scelta, il rispetto e la lotta ai pregiudizi. A rendere questo libro davvero speciale e possibile non sono solo le discussioni anche divertenti tra i due protagonisti, non solo i loro caratteri forti che non possono far altro che scontrarsi e incontrarsi, non solo la convinzione che l’amore nasca dalle e nelle imperfezioni, ma le amiche. Ariel ha un gruppo di amiche che assomigliano più a sorelle: insieme a lei Amina, Mia e Serena. Sono inseparabili, capaci di esserci, protettive a volte anche troppo, però sono disposte a fidarsi delle altre, pure oltre le proprie convinzioni. Sono quella famiglia che si sceglie e costituiscono un modo per combattere i pregiudizi e conoscere: Ariel è ipovedente e vede la disabilità come una ricchezza e poi è una scrittrice e viene etichettata come strana, come tutti gli artisti; Amina è nata in Italia da genitori tunisini, si sente italiana e viene considerata da troppa gente una straniera senza diritti; Mia ama il sesso e i ragazzi e per la società è una poco di buono, mentre, se fosse un ragazzo, sarebbe ammirata; Serena è lesbica , perfettamente in linea con la sua natura e troppe persone la vedono come contronatura. Ariel, Amina, Mia e Serena esistono e meritano di essere viste e di non doversi nascondere.

 

Per acquistare Fiori dentro l’anima, copertina flessibile, Kindle e anche Kindle Unlimited:

https://amzn.eu/d/9PU5zGb

 

Per visitare il blog dell’autrice:

https://oltreblogdiariannafrappini.wordpress.com/

Ettore Pacetti: “Il sigillo di Parsifal”, un giallo storico avvincente

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Il Sigillo di Parsifal è un romanzo che parla di storia, di legami che intercorrono fra periodi lontani, di cambiamenti intervenuti nel concetto di cultura, il tutto senza abbandonare un passo narrativo stringente e spesso anche ironico e le coordinate tipiche del plot di un classico giallo

 

IL LIBRO

Il sigillo di Parsifal è un giallo storico il cui fulcro è costituito da due documenti sonori immaginari: la registrazione del Parsifal, l’ultimo capolavoro operistico di Richard Wagner, eseguito nel 1951 al Teatro alla Scala di Milano dal grande direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler, uno dei numi dell’interpretazione musicale del Novecento, la cui fortuna era stata spesso associata al momento culminate della dittatura nazista, e quella di un colloquio riservato tra Mussolini e Hitler carpito di nascosto nel corso della visita del primo a Roma nel 1938 durante un ricevimento in onore del capo di Stato tedesco a Palazzo Venezia. Si svolge quindi tra gli anni Trenta del secolo scorso e i nostri giorni, passando per il primo dopoguerra, fra Milano, Torino e Roma. Vi si mescolano varie componenti: la ricostruzione dei momenti storici in cui vennero realizzate le due registrazioni, la mancata risoluzione di molti conflitti del passato, dovuti al non aver fatto i conti con la propria storia, la diversa percezione del ruolo della musica nella società odierna oltre all’intreccio più propriamente da “thriller” riguardante le vicende che accompagnano i documenti in questione, inclusa la scia di delitti che si lasciano dietro.

La vicenda ha origine nel ventennio fascista e attraversa quasi un secolo per arrivare all’epoca odierna e coinvolge i possessori dei due documenti sonori, dalla creazione del più antico, con la ripresa nascosta della conversazione segreta fra i due dittatori fatta da uno di due gemelli adottivi di una nobile famiglia romana apertamente schierata col regime fascista, all’altro documento, contenente la registrazione del Parsifal di Wagner diretto da Furtwängler da parte di un appassionato collezionista, segnato anch’esso da un torbido passato nella Repubblica Sociale Italiana.

Nel dopoguerra, i due documenti vengono riversati su un unico supporto e passano per varie mani finché la loro casuale scoperta nei magazzini di una importante fonoteca a Roma, dove giacevano dimenticati da tempo, provoca una sequela di misteriosi delitti. Sarà un giornalista a tempo perso e dongiovanni impenitente, Corrado della Nera, a indagare sul fatto. Dopo esserne venuto incidentalmente a conoscenza, si appresterà fare luce su di esso, squarciando il velo di silenzi e di mistero che vi aleggia intorno. Nel corso dell’indagine, gli si para di fronte una nutrita galleria di inquietanti personaggi viventi o defunti: aristocratiche ciniche e viziose, collezionisti dai torbidi trascorsi, che cercano di occultare i loro vecchi misfatti dietro una facciata di rispettabilità, dirigenti pubblici e professionisti dell’informazione corrotti e senza scrupoli, la cui sola molla è l’ambizione personale, criminali neofascisti dalle perverse inclinazioni e dal sordido passato familiare. Gli saranno d’aiuto una enigmatica e affascinante rossa e una sua vecchia conquista dal temperamento irruente.

Il Sigillo di Parsifal è un romanzo che parla di storia, di legami che intercorrono fra periodi lontani, di cambiamenti intervenuti nel concetto di cultura, il tutto senza abbandonare un passo narrativo stringente e spesso anche ironico e le coordinate tipiche del plot di un classico giallo.

L’AUTORE

Ettore Pacetti è nato a Roma dove ha compiuto gli studi classici e musicali.

Nel 1984 è assunto in Rai, dove si è specializzato nell’archiviazione dei documenti musicali e poi di tutti i documenti radiofonici, divenendo nel 2006 funzionario di RAI Teche per la catalogazione e gestione degli archivi sonori, carica che esercita fino al congedo per pensionamento.

Nel 2002 pubblica per RAI ERI insieme a Paolo Donati il saggio C’erano una volta nove oscillatori, dedicato alla storia dello Studio di Fonologia di Milano della RAI.

Nel 2009 esordisce nella narrativa col romanzo Segreti concerti, al quale fanno seguito i romanzi Gli stratagemmi della notte (Calibano Editore, 2023), I cerchi delle tenebre (Bertoni Editore, 2024) e Il sigillo di Parsifal (Bertoni Editore, 2025).

IL SIGILLO DI PARSIFAL

Bertoni Editore, 2025

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https://www.bertonieditore.com/shop/it/home/1436-il-sigillo-di-parsifal.html

https://www.amazon.it/sigillo-Parsifal-Ettore-Pacetti/dp/8855359061/

https://www.ibs.it/sigillo-di-parsifal-libro-ettore-pacetti/e/9788855359061

“L’ultimo profeta” di Luciano Lavarra. Una corsa contro il tempo per salvare il mondo

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Quello che sembrava solo un viaggio di lavoro si trasformerà in una corsa contro il tempo, perché dalla pubblicazione di quel romanzo non dipende solo il destino della casa editrice, ma anche quello dell’intera umanità.

IL LIBRO
“Se quello che ho scritto è giusto che non si avveri, sarà la storia a farsi trovare”
Stella è una giovane editor che si ritrova per le mani un potenziale best seller che potrebbe rilanciare la casa editrice per cui lavora, sull’orlo del fallimento dopo un passato prestigioso.
È il gennaio 2020 e il romanzo, scritto tre anni prima, racconta l’estinzione dell’umanità a causa di un virus che diventa pandemico proprio in quell’anno. Che si tratti del virus che sta mietendo vittime in Cina? L’occasione è ghiotta, così Stella e due colleghe si mettono alla ricerca dell’autore, svanito nel nulla.
Un viaggio che da Milano le porterà in Puglia, dove leggende di accabadore in grado di donare la morte ai moribondi con la sola forza del pensiero si intrecciano a quelle delle guaritrici di paese, capaci di sistemare slogature e togliere il malocchio. La ricerca proseguirà poi a Londra, e quello che sembrava solo un viaggio di lavoro si trasformerà in una corsa contro il tempo, perché dalla pubblicazione di quel romanzo non dipende solo il destino della casa editrice, ma anche quello dell’intera umanità.
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L’AUTORE
Luciano Lavarra è un autore e artista poliedrico che da oltre vent’anni dedica la sua vita al teatro e alla narrazione. Nel 2003 fonda la compagnia teatrale Figli di Farinella. Da allora scrive, dirige, interpreta e produce commedie e spettacoli. Tra le sue opere più acclamate spicca L’ultimo profeta, da cui nasce l’omonimo romanzo, che ottiene una menzione speciale al prestigioso concorso nazionale Fitautori e che gli ha permesso di aprire un nuovo capitolo della sua carriera. Oltre al teatro, recita in vari film e produzioni televisive. Dal 29 giugno partecipa alla trasmissione “Facci Ridere” su Rai 2 in qualità di comico.
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Titolo: L’ultimo Profeta
Autore: Luciano Lavarra
Casa editrice: Bookabook ( Milano )
Distributore: Messaggerie Libri
Note:
Questo libro è stato pubblicato il 15 maggio 2025 e in 10 giorni ha venduto 200 copie
Contatti:
Cell. 3339499579
Si può ordinare in tutte le librerie in Italia
Oppure su tutte le piattaforme di librerie online
SU AMAZON
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SU BOOKABOOK

Il Libro del Mese. La Scelta dei Lettori

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Il libro più discusso nel gruppo Un Libro Tira L’Altro Ovvero Il Passaparola Dei Libri nel mese di giugno è stato Io Che Ti Ho Voluto Così Bene, drammatico romanzo di Roberta Recchia che racconta l’esperienza di un uomo che cresce col fardello di essere fratello di un assassino e che ha conquistato il cuore dei nostri lettori, risultando il più commentato per due mesi di fila.

Ecco alcuni suggerimenti che riguardano le novità in libreria del mese di luglio.

Tra le uscite più attese, segnaliamo La Mia Personale Idea Di Inferno, di Giulio Somazzi (Accento) un romanzo che parla di dinamiche complesse e contraddizioni familiari, in libreria dal 9 luglio; Vengo Io Da Te di Rebecca Kauffman che racconta la quotidianità domestica di una famiglia, in uscita il 9 luglio per Sur; Il buio Della Quiete di Claudio Calabrese, il ritorno dell’ispettore Andrea Pantaleo, in uscita l’8 luglio per Solferino.

 

 

 

Consigli per gli acquisti

 Questa è la rubrica nella quale diamo spazio agli scrittori emergenti, agli editori indipendenti e ai prodotti editoriali che rimangono fuori dal circuito della grande distribuzione.

L’Idea Di Te (Auto-pubblicazione, 2025), romanzo dell’esordiente Sara Bruni, un racconto, delicato ma potente, che analizza il percorso del recupero della consapevolezza e offre una chiave per mettere in guardia chiunque dal pericolo di una relazione tossica.

 

Controcanto (Il Foglio, 2025) è la nuova silloge poetica di Sylvia Zanotto che torna a esplorare le profondità dell’animo umano messo di fronte al mistero della morte. Da non perdere.

 

Manuale Di Sopravvivenza Per Imprenditori, Manager E Professionisti,  di Gabriele Pensieri,  (Jolly Roger, 2025) è una guida per chi vuole prosperare nel mondo del business, mantenendo al contempo un alto livello di benessere personale.

 

 

Incontri con gli autori – Speciale Lucca Comics 2025

E’ appena uscita la lista degli scrittori ospiti della prossima edizione di Lucca Comics, dal 29 ottobre al 2 novembre e i nomi annunciati sono di quelli che muovono migliaia di appassionati: abbiamo quindi pensato di dedicare questa rubrica al loro elenco, per permettere agli interessati di organizzarsi e provare ad incontrarli.

Per la prima volta, arriva in Italia Rick Riordan, autore della saga fantasy di Percy Jackson e sarà una prima volta anche per  Cassandra Clare, l’autrice di Shadowshunter, che parteciperà alla manifestazione con Holly Black, la creatrice di Spiderwick; sarà presente al salone lo scrittore Glenn Cooper, uno dei più amati autori della nostra community, che presenterà il suo nuovo romanzo La Chiavi Del Cosmo.

Maggiori informazioni sul sito della manifestazione.

 

Per rimanere aggiornati su novità e curiosità dal mondo dei libri, venite a trovarci sul sito www.ilpassaparoladeilibri.it

Loredana Cella, la passione per i libri grazie a Carlo Fruttero

 

La scrittrice e curatrice racconta il suo legame con Torino e il Piemonte.

Con Loredana Cella non è stata solo una intervista, ma una piacevole chiacchierata, uno scambio tra donne che amano Torino e si nutrono della sua unicità e della sua bellezza.

Loredana è una donna gentile e garbata, ma anche determinata, eclettica e vulcanica. Scrive, è curatrice di libri di successo, gestisce fortunate rubriche sui social come il Caffè letterario di Lory su Facebook e Insoliti punti di vista – Quello che le donne non dicono ed è ideatrice insieme a Paolo Menconi di format radiofonici come La Clessidra su Caffè Italia Radio, una interessante collana di interviste lampo di 10 minuti che presenta insieme a Dario Albertini.

Il suo spettro di collaborazioni è molto ampio così come è importante la sua dedizione all’ attività di sensibilizzazione e supporto nei confronti di chi convive con la sclerosi multipla. A proposito di questo tema medico scientifico, ma anche sociale Loredana Cella ha curato la creazione del libro “Una vita da sclero” (Graphot/Spoon River), una collezione di storie, raccontate da pazienti affetti da questa grave malattia del sistema nervoso centrale, realizzata in collaborazione con il San Giovanni Bosco e l’Aism di Torino. 

La sua è una vita dinamica divisa tra produzione editoriale, creazione di eventi, ma anche impegno sociale a favore di diverse realtà del territorio. È una torinese doc, ma con una apertura culturale ampia. Le parole, scritte e pronunciate, sono la sua passione, così come le storie del territorio, quello a cui è fortemente radicata. Il suo modo di affrontare temi e argomenti è collettivo, condiviso e sinergico come dimostrano i lavori di cui si è occupata.

Loredana come definiresti il tuo rapporto con Torino?

È un bellissimo rapporto. Ho sempre vissuto in centro, nello stesso stabile di Carlo Fruttero che ha influenzato il mio amore per la scrittura; la mia vita è stata caratterizzata dai libri e faccio parte di diversi gruppi di lettura. Il mio sogno è sempre stato quello di poter mettere su carta le storie e le bellezze della mia città. Il primo libro, che ho scritto insieme a Giuliano Vergnasco, è stato “Piazza Statuto e Porta Susa” edito da Graphot e grazie a questa pubblicazione Edizioni della Sera di Roma mi ha proposto di curare la realizzazione di diverse antologie come “Torinesi per sempre”, “Piemontesi per sempre” e “Chiacchierate Torinesi” che vede la città raccontata attraverso i suoi meravigliosi e unici bar. Questo lavoro antologico ha permesso la nascita di nuove amicizie e di osservare la città e la regione con uno sguardo emotivo, appassionato e profondo. Non posso non citare un’altra raccolta che è “Piemonte sulle vie del vino”, pubblicato da Affiori, del Gruppo Giulio Perrone, che racconta di vigneti, dolci colline e borghi che narra la vendemmia e il processo magico che si cela dietro alla produzione del vino. 

Ti sei dedicata molto anche alle donne di Torino e alle loro gesta?

Esatto. Grazie alla Neos edizioni è uscito il libro “Le Torinesi Ribelli”, diciannove storie per ricordarle.

Sono dei brevi racconti scritti da diverse autrici e autori dedicate a straordinarie “signore” che hanno segnato periodi e nuove consuetudini per l’emancipazione e la conquista della libertà della donna come Rita Levi Montalcini, Adelaide di Susa, Carol Rama, Isa Bluette, ecc. Ciascuno con il proprio stile e la propria scrittura ha ridato vita a queste eroine che hanno avuto il coraggio di affermare diritti e desideri. L’idea di realizzare questo libro è nata anche dal fatto del mio sentirmi ribelle e dalla mia ammirazione per la fermezza con cui queste donne si sono imposte andando spesso contro convenzioni, ma anche in contrasto con la propria famiglia.

Progetti per il futuro?

Entro fine anno usciranno altri due libri, il primo è un’antologia per la Neos Edizioni dedicata a Torino e al Natale per cui non sarò curatrice, ma autrice e promotrice mentre il secondo sarà pubblicato da Aede Books, di Milano, e prevedrà’ anche una serie di attività nell’ambito della scuola che coinvolgeranno molti lettori. Ad ottobre, inoltre, ripartirà una nuova stagione della Clessidra. Per il 2026 ho in previsione altri interessanti  progetti per i quali sto già lavorando.

Maria La Barbera

Le sere torinesi di Gozzano: la malinconica poesia del quotidiano

Solo Gozzano è riuscito a descrivere Torino come in effetti è. Il poeta parla della sua città natale con una splendida ironia malinconica, prendendola un po’ in giro, ma con garbo e con affetto, esaltandone i caratteri sommessi, le cose quotidiane; del nostro capoluogo sottolinea l’anima altezzosa ed elegante, intellettuale e civettuola, riuscendo a far emergere i tratti che ne contraddistinguono la bellezza e l’unicità, nel presente e nei suoi aspetti “d’altri tempi” con un gusto da stampa antica.

Nel componimento “ Le golose”, Gozzano considera un semplice momento di vita quotidiana, elevandolo a situazione poetica: in questo caso Guido, grazie alla sua vena brillante e ironica, gioca a descrivere il comportamento delle “giovani signore” torinesi all’interno di Baratti, uno dei bar storici della città. Le “signore e signorine”, che subito riusciamo ad immaginarci tutte imbellettate, con tanto di cappellino e veletta, non resistono alla tentazione di assaporare un pasticcino, e, davanti alla invitante vetrina dei dolciumi, indicano con il dito affusolato al cameriere quello che hanno scelto, e poi lo “divorano” in un sol boccone.

È un momento qualsiasi, è l’esaltazione del quotidiano che cela l’essenza delle cose. Nella poesia citata l’eleganza torinese è presa alla sprovvista, colta in flagrante mentre si tramuta in semplice golosità. Ma Gozzano sfalsa i piani e costringe il lettore a seguirlo nel suo ironizzare continuo, quasi non prendendo mai niente sul serio, ma facendo riflettere sempre sulla verità di ciò che asserisce. Se con “Le golose” Guido si concentra su una specifica situazione, con la poesia “Torino”, dimostra apertamente tutto il suo amore per il luogo in cui è venuto alla luce.
Guido Gozzano nasce il 19 dicembre 1883 a Torino, in Via Bertolotti 3, vicino a Piazza Solferino. È poeta e scrittore ed il suo nome è associato al Crepuscolarismo – di cui è il massimo esponente – all’interno della corrente letteraria del Decadentismo. Inizialmente si dedica all’emulazione della poesia dannunziana, in seguito, anche per l’influenza della pascoliana predilezione per le piccole cose e l’umile realtà campestre, e soprattutto attratto da poeti stranieri come Maeterlinck e Rodenback, si avvicina alla cerchia dei poeti intimisti, poi denominati “crepuscolari”, amanti di una dizione quasi a mezza voce. Gozzano muore assai giovane, a soli trentadue anni, a causa di quello che una volta era definito “mal sottile”, ossia la tubercolosi polmonare. Per questo motivo Guido alterna alla elegante vita torinese soggiorni al mare, alla ricerca di aria più mite, (“tentare cieli più tersi”), soprattutto in Liguria, Nervi, Rapallo, San Remo, e anche in montagna. Un estremo tentativo di cura di tale malattia porta Guido a intraprendere nel 1912, tra febbraio e aprile, un viaggio in India, nella speranza che il clima di quel Paese possa migliorare la sua situazione, pur nella triste consapevolezza dell’inevitabile fine (“Viaggio per fuggire altro viaggio”): il soggiorno non migliora la sua salute, ma lo porta a scrivere molto.

Al ritorno redige su vari giornali, tra cui La Stampa di Torino, alcuni testi in prosa dedicati al viaggio recente, che verranno poi pubblicati postumi nel volume “Verso la cuna del mondo” (1917). A parte l’ampio poema in endecasillabi sciolti, le “Farfalle”, essenziali per comprendere la nuova poesia di Gozzano sono le raccolte di versi “La via del rifugio” (1907) e “I colloqui” (1911), il suo libro più importante. Questo è composto da ventiquattro componimenti in metri diversi, legati tra loro da una comune tematica e da un ritmo narrativo colloquiale, con, sullo sfondo, un giovanile desiderio di felicità e di amore e una struggente velatura romantica. Intanto il poeta scopre la presenza quotidiana della malattia (“mio cuore monello giocondo che ride pur anco nel pianto”), della incomunicabilità amorosa, della malinconia. Egli ama ormai le vite appartate, le stampe d’altri tempi, gli interni casalinghi, ma, dopo aver esaltato le patetiche suppellettili del “salotto buono” piccolo borghese di nonna Speranza con “i fiori in cornice e le scatole senza confetti, / i frutti di marmo protetti dalla campana di vetro”, non esita a definirle “buone cose di pessimo gusto”. Di contro al poeta vate dannunziano, all’attivismo, alla mitologia dei superuomini e delle donne fatali, egli oppone la banale ovvietà quotidiana, alla donna-dea oppone “cuoche”, “crestaie” (“sognò pel suo martirio attrici e principesse, / ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne”), alla donna intellettuale contrappone una donna di campagna (“sei quasi brutta, priva di lusinga/ …e gli occhi fermi e l’iridi sincere/, azzurre d’un azzurro di stoviglia”). Si tratta di Felicita che, con la sua dimessa “faccia buona e casalinga” , gli è parsa, almeno per un momento, l’unico mezzo per riscattarsi dalla complicazione estetizzante.

Eppure non vi è adesione a questo mondo, mondo creato e nel contempo dissolto, visto in controluce con la consapevolezza che a quel rifugio di ingenuità provinciale il poeta non sa ne può aderire e, tra sorriso, affetto e vigile disposizione ironica, si atteggia a “buon sentimentale giovane romantico”, per aggiungere subito dopo: “quello che fingo d’essere e non sono”.
Oltre che per questa nuova e demistificante concezione della poesia, l’importanza di Gozzano è notevole anche sul piano formale: “egli è il primo che abbia dato scintille facendo cozzare l’aulico col prosaico” (osserva Montale), e che, con sorridente ironia, riesca a far rimare “Nietzscke” con “camicie”. Gozzano piega il linguaggio alto a toni solo apparentemente prosastici. In realtà i moduli stilistici sono estremamente raffinati. E la sua implacabile ironia non è altro che una difesa dal rischio del sentimentalismo. La consapevolezza ironica abbraccia tutto il suo mondo poetico, le sue parole, i suoi atteggiamenti, i suoi gesti.

Avviciniamoci ancor di più al letteratissimo poeta torinese disincantato e amabile, e cerchiamo di approfondire il suo contesto familiare. Guido nasce da una buona famiglia borghese.
Il Dottor Carlo Gozzano, nonno di Guido, amico di Massimo D’Azeglio, appassionato di letteratura romantica del suo tempo, presta servizio come medico nella guerra di Crimea. Carlo Gozzano, borghese benestante, possiede ampie terre nel Canavese. Il figlio di Carlo, Fausto, ingegnere, porta avanti la costruzione della ferrovia canavesana che congiunge Torino con le Valli del Canavese. Fausto si sposa due volte, dalla prima moglie ha cinque figli; dopo la morte della prima consorte, Fausto incontra nel 1877 la bella diciannovenne alladiese Diodata Mautino, che sposa e dalla quale ha altri figli, tra cui Guido. La donna ha un temperamento d’artista, ama il teatro e si diletta nella recitazione, ed è altresì la figlia del senatore Massimo, un ricco possidente terriero, proprietario della villa del Meleto, ad Agliè (la villa prediletta dal poeta).

Guido frequenta dapprima la scuola elementare dei Barnabiti, poi la «Cesare Balbo», avvalendosi anche dell’aiuto di un’insegnante privata, poiché il piccolo scolaro è tutt’altro che ligio al dovere.
Da ragazzo viene iscritto nel 1895 al Ginnasio-Liceo Classico Cavour di Torino, ma la sua svogliatezza non lo abbandona, egli viene bocciato e mandato a recuperare in un collegio di Chivasso; ritorna a studiare nella sua Torino nel 1898, poco tempo prima della morte del padre, avvenuta nel 1900 a causa di una polmonite. Le difficoltà scolastiche del futuro poeta lo costringono a cambiare scuola ancora due volte, finché nel 1903 consegue finalmente la maturità al Collegio Nazionale di Savigliano. Le vicissitudini tribolanti degli anni liceali sono ben raccontate da Guido all’amico e compagno di scuola Ettore Colla, scritti in cui si evince che il giovane è decisamente più interessato alle “monellerie” che allo studio.

Nel 1903 vengono anche pubblicati sulla rivista torinese “Il venerdì della Contessa” alcuni versi di Gozzano, di stampo decisamente dannunziano (qualche anno dopo, in un componimento del 1907 “L’altro” il poeta ringrazia Dio che – dichiara – avrebbe potuto “invece che farmi Gozzano /un po’ scimunito ma greggio / farmi gabrieldannunziano /sarebbe stato ben peggio!”). Guido si iscrive poi alla Facoltà di Legge, ma nella realtà dei fatti frequenta quasi esclusivamente i corsi di letteratura di Arturo Graf. Il Professore fa parte del circolo “Società della cultura”, la cui sede si trovava nella Galleria Nazionale di via Roma, (poi spostatosi in via Cesare Battisti); anche il giovane Gozzano entra nel gruppo. Tra i frequentatori di tale Società, nata con lo scopo di far conoscere le pubblicazioni letterarie più recenti, di presentarle in sale di lettura o durante le conferenze, vi sono il critico letterario e direttore della Galleria d’Arte Moderna Enrico Thovez, gli scrittori Massimo Bontempelli, Giovanni Cena, Francesco Pastonchi, Ernesto Ragazzoni, Carola Prosperi, il filologo Gustavo Balsamo Crivelli e i professori Zino Zini e Achille Loria; anche Pirandello vi farà qualche comparsa. Nell’immediato dopoguerra vi parteciperanno Piero Gobetti, Lionello Venturi e Felice Casorati.

Gozzano diviene il capo di una “matta brigada” di giovani, secondo quanto riportato dall’amico e giornalista Mario Bassi, formata tra gli altri dai letterati Carlo Calcaterra, Salvator Gotta, Attilio Momigliano, Carlo Vallini, Mario Dogliotti divenuto poi Padre Silvestro, benedettino a Subiaco e dal giornalista Mario Vugliano.
Va tuttavia ricordato che per Guido quel circolo è soprattutto occasione di conoscenze che gli torneranno utili per la promozione dei suoi versi, egli stesso così dice “La Cultura! quando me ne parli, sento l’odore di certe fogne squartate per i restauri”. Con il passare del tempo, matura lentamente in lui una più attenta considerazione dei valori poetici della scrittura, anche grazie (ma non solo) allo studio dei moderni poeti francesi e belgi, come Francis Jammes, Maurice Maeterlinck, Jules Laforgue, Georges Rodenbach e Sully Prudhomme.
Da ricordare è anche la tormentata vicenda amorosa (1907-1909) tra Gozzano e la nota poetessa Amalia Guglielminetti, una storia destinata alla consunzione, caratterizzata da momenti di estrema tenerezza e molti altri di pena e dolore.

Ma torniamo a Torino, la sua città natale, la amata Torino, che è sempre nei suoi pensieri: “la metà di me stesso in te rimane/ e mi ritrovo ad ogni mio ritorno”. Torino raccoglie tutti i suoi ricordi più mesti, ma è anche l’ambiente concreto ed umano al quale egli sente di appartenere. Accanto alla Torino a lui contemporanea, (“le dritte vie corrusche di rotaie”), appare nei suoi scritti una Torino dei tempi antichi, un po’ polverosa che suscita nel poeta accenti lirici carichi di nostalgia. “Non soffre. Ama quel mondo senza raggio/ di bellezza, ove cosa di trastullo/ è l’Arte. Ama quei modi e quel linguaggio/ e quell’ambiente sconsolato e brullo.” Con tali parole malinconiche Gozzano parla di Torino, e richiama alla memoria “certi salotti/ beoti assai, pettegoli, bigotti” che tuttavia sono cari al per sempre giovane scrittore. “Un po’ vecchiotta, provinciale, fresca/ tuttavia d’un tal garbo parigino”, questa è la Torino di Gozzano, e mentre lui scrive è facile immaginare il Po che scorre, i bei palazzi del Lungo Po che si specchiano nell’acqua in movimento, la Mole che svetta su un cielo che difficilmente è di un azzurro limpido.
Il poeta fa riferimento alle “sere torinesi” e descrive così il momento che lui preferisce, il tramonto, quando la città diventa una “stampa antica bavarese”, il cielo si colora e le montagne si tingono di rosso, (“Da Palazzo Madama al Valentino /ardono l’Alpi tra le nubi accese”), e pare di vederlo il “nostro” poeta, mentre si aggira per le vie affollate di dame con pellicce e cappelli eleganti, e intanto il giorno volge al termine e tutti fanno ritorno a casa.

Gozzano, da buon torinese, conosce bene la “sua” e la “nostra” Torino, di modeste dimensioni per essere una grande metropoli, e troppo caotica per chi è abituato ai paesi della cintura, un po’ barocca, un po’ liberty e un po’ moderna, stupisce sempre gli “stranieri” per i “controviali” e i modi di dire. Torino è un po’ grigia ed elegante, per le vie del centro c’è un costante vociare, ma è più un chiacchiericcio da sala da the che un brusio da centro commerciale, è piccola ma a grandezza d’uomo, Torino è una cartolina antica che prova a modernizzarsi, è un continuo “memorandum” alla grandezza che l’ha contraddistinta un tempo e che, forse, non c’è più. Di Torino è impossibile non innamorarsi ma è altrettanto difficile viverci, e, se uno proprio non se ne vuole andare, c’è solo una cosa che può fare, prestare attenzione alla sua Maschera: “Evviva i bôgianen… Sì, dici bene,/o mio savio Gianduia ridarello!/ Buona è la vita senza foga, bello/ godere di cose piccole e serene…/A l’è questiôn d’ nen piessla… Dici bene/ o mio savio Gianduia ridarello!…”

Alessia Cagnotto

La pace derisa

La pace derisa, ultima silloge poetica di Maria Grazia Minotti Beretta, è interamente ispirata dalla sua storia personale e dalla sensibilità con la quale guarda agli aspetti più intensi dell’esistenza. Un’autrice che, giunta al suo quindicesimo volume di poesie, ripensa e propone le sue liriche con voce limpida. Dopo un breve periodo di silenzio e riflessione, Minotti Beretta ritorna così alla poesia con un libro che viene da lontano, frutto di un dialogo intenso con la tradizione. Dopo le iniziali evocazioni familiari (l’autrice è nata a Milano in piena guerra, sotto i bombardamenti, perdendo il padre Ettore, partigiano, ucciso dai nazisti il 7 aprile 1945, e poco più tardi la madre) la raccolta, segnata da una profonda riflessione sul senso del tempo, si apre con la poesia “a mio padre adottivo” dove la poetessa intende recuperare la potenza nominante delle parole, dentro uno spazio rigoroso, secondo una precisa misura: “Era un burbero benefico, che ho amato come padre”. L’autrice è ormai distante dalle esperienze poetiche degli inizi e la parola è diventata custode del tempo, capace di riportare in superficie qualcosa di nascosto che è in noi. Le parole, dunque, non si disperdono diventando rivelatrici di senso per questo il libro che assume la forma di un luogo protetto, evocativo e dialogante. I temi della poesia ci sono tutti: i ricordi della guerra e del dopoguerra, la malinconia e la solitudine, l’interrogazione sull’essere e sul morire, la fragilità e l’attesa, il desiderio che sconfina nella delusione, la trepidazione del sentire, l’amore e l’amicizia come beni che perdurano all’ansia e alla pena, l’urgenza di chiudere in una frase il senso di una possibile risposta. La poesia della Minotti nelle centoventitré  liriche propone anche riflessioni sulla realtà drammatica di un mondo dove ogni giorno la pace viene derisa, vilipesa, sopraffatta da chi vuole imporre il suo credo, forza, potere e la collega nella spoglia interiorità dei versi  alla semplicità severa di antichi valori e sentimenti che meriterebbero di non essere mai dimenticati. In questo senso La pace derisa conferma come la poesia resta ancora oggi la sua compagna fedele, la nicchia dove custodire i ricordi e lo specchio sincero della sua anima.

Marco Travaglini

A Bari, con il Salone di Torino, sarà “Lungomare di Libri”

Organizzata dal “Salone Internazionale del Libro”, ritorna nel capoluogo pugliese la grande manifestazione letteraria. Tema: “Liberazioni”

Da venerdì 27 a domenica 29 giugno

Bari

Sarà il tema, potente e oggi di assoluta attualità, “Liberazioni”, a fare da suggestivo collante agli appuntamenti ai pensieri alle voci e alle storie della quinta edizione di “Lungomare di Libri”, tradizionale evento in programma a Barida venerdì 27 a domenica 29 giugno. Già, “Liberazioni”. Da che? “Liberazioni dalle ingiustizie – sottolineano gli organizzatori – dai soprusi, dai conflitti. Ma anche dalle relazioni soffocanti, dalle costrizioni fisiche e mentali e dalle limitazioni delle tecnologie digitali. Riflessioni sui diritti civili e umani, sul significato e il valore della libertà, sulla dignità delle persone e delle comunità. E pur anche omaggio ai valori della Resistenza italiana, a 80 anni dalla Liberazione”.

Come sempre, la manifestazione trasformerà il capoluogo pugliese, grazie alla presenza dei librai, in una grande “libreria a cielo aperto” affacciata sul mare e in una “Fiera dell’editoria indipendente pugliese”, grazie agli editori del territorio, confermandosi suggestivo “crocevia di incontri” con la partecipazione di autrici e autori da tutta Italia. L’evento si snoderà, come da tradizione, lungo la “Muraglia” e nei “luoghi simbolo” della città: da Piazza del Ferrarese al Fortino Sant’Antonio, fino a Largo Vito Maurogiovanni, dall’ex Mercato del Pesce allo Spazio Murat, toccando quest’anno anche il “Museo Civico”, il “Museo Archeologico di Santa Scolastica” e lo “Spazio Giovani” dell’“Assessorato alle Culture”.

Più di 70, articolati nell’arco di tre giorni (dal pomeriggio alla sera) gli appuntamenti programmati che andranno dalle “lezioni magistrali” alle “presentazioni editoriali” ai “reading” alle “mostre” e alle “attività appositamente pensate per bambine e bambini” nonché ai migliori “consigli di lettura”. Una mole di interventi e una trentina abbondante di ospiti di sicuro richiamo: da Rula Jebreal a  Loredana Lipperini, a Mario Desiati, fino (e solo per citarne alcuni) a Claudio Martelli a Luca Sofri e a Luciano Canfora, con Uliano Lucas, Enzo Amendola, Andrea Piva e Leonardo Palmisano.

Il programma dettagliato su: www.salonelibro.it o www.comune.bari.it o www.presidi.org .

Nello specifico. 25 Librerie di Bari e del territorio barese accoglieranno lettrici e lettori, turiste e turisti lungo la “Muraglia” del Lungomare, all’interno delle tipiche casette bianche in legno che contraddistinguono la manifestazione e davanti alle quali prenderanno vita diverse attività di animazione e performance per adulti e bambini. Bella “novità”: in occasione dei due appuntamenti dedicati ai “consigli dei librai”, venerdì 27 e sabato 28 giugno, i titoli suggeriti saranno “dati in dono” al pubblico tramite un sorteggio in diretta.

Un’altra grande novità è la presenza di un “editore ospite”, iniziativa mutuata dalla felice esperienza di “Portici di Carta” di Torino: “ospite” di quest’anno, la casa editrice “Voland”, fondata nel 1994 a Roma da Daniele Soria e Sergio Giordano, specializzata in letteratura slava e “Premio alla Cultura” nel 1999 (“Presidenza del Consiglio dei Ministri”), nonché “Premio” del “Ministero per i Beni e le Attività Culturali” nel 2003.

Per la prima volta, inoltre, “Lungomare” proporrà uno speciale incontro mattutino: la “rassegna stampa” del  “Post con il direttore editoriale Luca Sofri e il giornalista Luca Misculin, in programma sabato 28 giugno mattina.

Non solo. Altra novità 2025 è la collaborazione con il “Centro di Eccellenza Jean Monnet DIGITIMPACT” dell’“Università degli Studi di Bari Aldo Moro”, che propone una mini-rassegna sotto la denominazione di “Liberazioni digitali”, e con il “Consorzio Nazionale SUM City School”, che organizzerà laboratori. Gli eventi avranno luogo al “Museo Archeologico di Santa Scolastica”.

Spazio ai giovani: per l’edizione 2025, grazie alla collaborazione con due Istituti scolastici di Bari, gli studenti e le studentesse del “Liceo Linguistico” e “Istituto Tecnico Economico Statale Marco Polo” saranno i volontari della manifestazione e venerdì 27 giugno (ore 19), al “Museo Archeologico di Santa Scolastica” organizzeranno un talk sul tema delle “Biblioteche Scolastiche”, mentre l’“Istituto Tecnico Tecnologico Panetti Pitagora”, attraverso la sua “Radio Panetti” dedicherà le sue trasmissioni ai libri e agli ospiti della manifestazione.

Organizzata dal “Salone Internazionale del Libro” di Torino, promossa dalla “Città di Bari” e da “I Presidi del Libro” con il sostegno della “Regione Puglia”“‘Lungomare di Libri – concludono organizzatori e promotori – è un progetto di promozione del libro e della lettura, ispirato alla fortunata formula di ‘Portici di Carta’ di Torino, che passa attraverso la promozione turistica dei centri storici cittadini e il coinvolgimento delle fertili realtà territoriali della filiera editoriale, come le librerie indipendenti, le biblioteche e gli editori locali”.

g.m.

Nelle foto: immagini di repertorio

Ho 50 anni e allora? Carlo Griseri contro l’age shaming nel cinema

Ieri pomeriggio nell’elegante e raccolta cornice della sala Musica del Circolo dei Lettori, si è tenuta la presentazione del nuovo libro del critico cinematografico Carlo GriseriHo 50 anni e allora? 5 dive contro l’age shaming, edito da Bietti Edizioni. A dialogare con l’autore, il critico del Corriere della Sera Fabrizio Dividi, per un incontro che è andato ben oltre la classica presentazione editoriale: è stato un vero momento di confronto sul ruolo dell’età e delle donne nel cinema.

Griseri non è nuovo all’indagine sul ruolo delle donne nel mondo del cinema. Con il volume precedente Ritratte. Storie di donne che hanno scelto il cinema, aveva già tracciato una galleria di 10 registe che hanno saputo ritagliarsi un posto in un mondo prevalentemente maschile. Ho 50 anni e allora? è il naturale proseguimento di quel lavoro: se nel primo libro erano le donne dietro la macchina da presa a essere protagoniste, ora lo sono cinque attrici internazionali che, giunte alla soglia dei cinquant’anni e ben oltre, rifiutano di scomparire o di farsi pilotare dalle regole della società e dell’industria dello spettacoloche per anni hanno imposto alle donne una data di scadenza sullo schermo.

Griseri è partito condividendo una riflessione personale che ha accompagnato il suo percorso nella stesura di questi due libri: «nel mio lavoro di giornalista di cinema cerco di dare il mio contributo nel tenere viva l’attenzione sulle discriminazioni di genere in questo campo. Cerco di adottare una prospettiva femminista, pur consapevole che, quando un uomo si definisce tale, può essere guardato con sospetto: da un lato rischia di sembrare un tentativo di captatio benevolentiae, per cercare il facile consenso dalle donne, dall’altro alcune femministe potrebbero obiettare che non spetta a un uomo attribuirsi questa etichetta, ma piuttosto dimostrarlo nei fatti e lasciare che siano le donne a riconoscerlo.» È con questi presupposti che nasce il libro e dall’esigenza di rispondere a una domanda tanto semplice quanto urgente: “perché la durata della carriera delle attrici tende a essere più breve di quella dei colleghi uomini?

Griseri ha raccontato come per anni il mondo del cinema abbia imposto alle attrici una narrazione rigida: bellezza, giovinezza, seduzione tutto il resto – gravidanze, il passare del tempo, le rughe – andava rimosso, perché considerati “difetti” da dissimulare. Passata una certa età le attrici venivano spesso relegate a ruoli marginali, o scomparivano dal set.

Una cultura, quella dell’age shaming, che ha colpito in modo sistemico le donne, in un’industria che invece ha sempre concesso agli uomini di “invecchiare bene” sullo schermo. Basti pensare, ha ricordato Griseri, a star come Ava Gardner che confessava di invidiare Greta Garbo per essersi ritirata prima di perdere la bellezza, o Gloria Swanson che, a cinquant’anni, veniva già chiamata “nonna” a Hollywood. E senza andare troppo lontano nel tempo Meryl Streep, a Cannes 2024, ha rivelato che all’inizio della carriera credeva che, una volta madre e trentacinquenne, avrebbe dovuto dire addio ai ruoli importanti. Una paura che molte colleghe hanno vissuto.

Griseri ha sottolineato come oggi qualcosa stia cambiando: il pubblico è più consapevole, i ruoli iniziano ad ampliarsi, e le attrici mature non sono più invisibili. A dimostrazione di questo al centro del libro ci sono cinque attrici esemplari per aver rotto questo anacronistico modello e che rappresentano alcune risposte possibili allo stereotipo dell’“attrice bella e basta”: Julia Roberts, Jennifer Connelly, Nicole Kidman, Penélope Cruz e Cate Blanchett. Donne che, superati i 50 anni, hanno scelto ruoli complessi, insoliti e a volte anche scomodi e controversi.

Griseri non si limita a celebrarle, ma per ognuna individua un filmchiave in cui la loro interpretazione riesce a spezzare il cliché della donna decorativa, mettendo in luce maturità, profondità e talento oltre l’estetica. Tra tutte, forse è proprio Cate Blanchett a incarnare con maggiore evidenza il superamento dello stereotipo della “bella attrice”: non solo per la potenza di un ruolo come quello di TÁR, ma per la sua capacità trasformista che l’ha sempre portata a esplorare ogni angolo dell’identità umana, ben oltre l’apparenza.

Un esempio perfetto arriva già nel 2003, quando interpreta un doppio ruolo in Coffee and Cigarettes di Jim Jarmusch. Appare sia nei panni di sé stessa sia in quelli di una cugina rockettara, sfacciata e vagamente invidiosa. Fu lei stessa a inventarsi quel secondo personaggio – “con un seno più abbondante, voce più roca, tacchi e atteggiamento da outsider”, raccontò Jarmusch. Quando Bill Murray vide il film, chiese: «Cate è brava, ma l’altra chi è?». Era sempre lei, ma talmente immersa nel ruolo da diventare irriconoscibile.

La stessa versatilità emerge con forza in Manifesto (2015), video-installazione poi trasformata in film, dove interpreta tredici personaggi diversi che recitano altrettanti manifesti artistici. Un esercizio estremo di identità fluida: è sempre Cate, ma ogni volta è “altra”.

E come dimenticare il suo Bob Dylan in Io non sono qui di Todd Haynes (2007)? Scelta tra cinque uomini, è l’unica donna chiamata a incarnare il mito musicale. Alta, androgina, magnetica: “Era una richiesta così folle che non potevo dire di no”, raccontò Blanchett, che già ai tempi della scuola si era abituata a interpretare ruoli maschili, frequentando un liceo femminile.

Al centro di tutto, per lei, resta la dedizione assoluta alla recitazione, vissuta come un mezzo per indagare l’essere umano, non un’occasione per esibire fascino o perfezione. “Di che sesso sia il personaggio, non mi è mai importato. Mi interessa raccontare l’essere umano”, ha dichiarato.

In sala si è respirata la sensazione di un dibattito aperto con un pubblico partecipe e curioso che non ha esitato a porre domande, condividere riflessioni. Griseri, non solo ha sviscerato le ambiguità e le resistenze del sistema grazie alla sapienza delle domande poste da Dividi, ma ha offerto storie emblematiche di donne che hanno cambiato le regole dimostrando che il cambiamento è già in corso ed è necessario spianarne la strada. Ho 50 anni e allora? non è solo un libro sulle attrici mature: è un manifesto contro la cultura dell’età come limite, una richiesta di pari dignità narrativa e visiva per le donne dentro e fuori dal grande schermo. Un incontro intenso, partecipato, che ha messo a fuoco un messaggio chiaro: non è l’età a decidere il valore di un’attrice. È il talento.

GIULIANA PRESTIPINO 

In copertina foto di Elisabeth Armand

Cerboneschi: “Le Terre di Dreora & La Profezia del Guardiano”, guerre tra luce e oscurità

Informazione promozionale

Una profezia dimenticata annuncia il ritorno dell’Oscurità Primordiale e la ricerca di un nuovo Guardiano

L’AUTORE SI RACCONTA
Mi chiamo Alessio Cerboneschi, sono nato a Firenze nel 1993, sono un tecnico informatico, ma da sempre nutro una passione profonda per la scrittura e il mondo della narrazione. Questo viaggio ha avuto inizio quando ero solo un bambino, con un libro che ha cambiato per sempre il mio modo di immaginare: Il Signore degli Anelli. Quel capolavoro di J.R.R. Tolkien non solo ha acceso la mia immaginazione, ma ha anche instillato in me un amore duraturo per il fantasy, un genere che mi affascina per la sua capacità di intrecciare storie di coraggio, magia e mondi vasti e complessi. Sin da allora, il desiderio di creare universi miei ha preso forma, e con il passare degli anni ho affinato la mia scrittura, guidato dalla voglia di raccontare storie che potessero trasportare i lettori lontano dalla quotidianità. Scrivere per me non è mai stato solo un passatempo: è un atto creativo, una porta verso mondi inesplorati, un modo per dare vita a personaggi, luoghi e trame che abitano nella mia mente. Quasi dieci anni fa, ho deciso di trasformare questa passione in un progetto concreto. È iniziato così un lungo e impegnativo viaggio creativo che oggi prende vita con la pubblicazione del mio primo romanzo: La Profezia del Guardiano. Questo libro non è solo il capitolo iniziale della saga Le Terre di Dreora, ma rappresenta anche il culmine di anni di dedizione e lavoro. Mi piace creare personaggi che non siano mai completamente eroi o antieroi, ma che rispecchiano la complessità dell’essere umano: le loro scelte, le loro paure e i loro trionfi sono il cuore pulsante della mia narrazione. Le Terre di Dreora non sono solo un mondo immaginario, ma un luogo dove chiunque può trovare rifugio e lasciarsi trasportare da storie epiche, battaglie avvincenti e profonde esplorazioni dell’animo umano. Ho voluto costruire un universo pieno di dettagli, dalle mappe alle lingue, dai miti antichi alle creature uniche che popolano le sue terre.
IL LIBRO
Le Terre di Dreora & La Profezia del Guardiano è il primo volume della mia trilogia fantasy ed è ambientato nelle affascinanti Terre di Dreora, un mondo forgiato dagli Dei e lacerato da millenarie guerre tra luce e oscurità e dove un fragile equilibrio regna da secoli. Ma quando il Protettore Supremo, ultimo baluardo di pace, si ammala gravemente, vecchie minacce cominciano a riemergere dall’ombra. Ener, un giovane cacciatore cresciuto nella tranquilla cittadina di Valhem, conduce una vita semplice, fatta di caccia e legami familiari. Ma quando misteriose creature oscure iniziano a riemergere dai confini del mondo conosciuto e si diffondono voci sulla malattia del Protettore Supremo, il giovane si ritrova coinvolto in eventi molto più grandi di lui. Una profezia dimenticata annuncia il ritorno dell’Oscurità Primordiale e la ricerca di un nuovo Guardiano. Spinto da un destino che non può più ignorare, Ener intraprende un viaggio pericoloso che lo porterà ad affrontare antichi poteri, creature leggendarie e le verità nascoste sul proprio passato. Al suo fianco, amici leali e inaspettati alleati lo accompagneranno nella lotta contro un male che minaccia di risorgere e gettare Dreora nel caos.
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