Intervista con Alicia Giménez Bartlett

La “Camilleri spagnola” è una ironica eterna ragazza

di Laura Goria

.

Alicia Giménez Bartlett, la “Camilleri spagnola”, arriva a Torino e con i suoi noir – protagonista l’ispettrice Petra Delicado- fa registrare il pienone al Circolo dei Lettori.

Lei è una simpaticissima signora che usa l’ironia non solo nei suoi gialli, ma anche come arma per affrontare la vita, e non perde occasione per sfoderare intelligenza e battute argute. In poche parole, è idillio con il pubblico. E’ una scrittrice a tutto campo, capace di passare dalle “novelas negras” con poliziotta sui generis (e il suo vice Fermin Garzon) a romanzi di grande spessore, come “Exit”, “Una stanza tutta per gli altri” e l’ultimo “Uomini nudi”, sulla prostituzione maschile; tutti fiori all’occhiello dell’editore Sellerio. Con il suo italiano spagnoleggiante parla volentieri di sé e delle sue opere, racconta aneddoti…e chi già ama i suoi libri non può che innamorarsi anche di lei.

Sottolinea come una volta i gialli fossero considerati letteratura di serie B; mentre oggi la loro qualità è cambiata, con maggiore attenzione all’interiorità. «Il giallo permette di parlare dei problemi della gente normale, che così torna ad essere protagonista» ci dice.

Perché ambienta i suoi gialli proprio a Barcellona e non, per esempio, a Madrid?

«Barcellona presenta una serie di caratteristiche ottimali: è sul mare, ha una precisa piramide sociale con al vertice l’alta società, a scalare verso i poveri in basso. Poi ha molti   immigrati ed è una città tutto sommato piccola, ma con tanti sguardi differenti. Invece Madrid è più grande con quartieri molto più mescolati e maggiori difficoltà per trovare uno scenario che attiri i lettori».

Dove nasce l’ispirazione per le trame dei suoi libri, sia gialli che romanzi?

«Nella società: osservo le persone, ascolto come parlano dei loro problemi, constato come tutti siano coinvolti da preoccupazioni simili. Vedo un po’ com’è l’atmosfera generale e sociale. E riscontro che siamo in un momento storico terribile, in cui mancano valori e solidarietà».

 

E’ vero che raccoglie molti spunti nei bar?

«Si, lì c’è un’umanità varia, basta stare a guardare. Ma non prendo appunti, piuttosto memorizzo molto».

Un aneddoto?

«Una volta un oste consigliò un piatto dicendo “questo resuscita i morti” e un signore rispose “va bene, purché non sia Francisco Franco” (ndr. il generalissimo, dittatore spagnolo dal 1939 fino alla sua morte nel1975) Ecco questa è l’ironia del mio paese».

Anche i suoi gialli ne sono intrisi, che ruolo ha nella sua vita?

«Enorme. Sono ironica con me stessa, nelle cose che faccio quotidianamente, nelle mie relazioni con gli altri, a partire da quelle con i figli. L’ironia è un tesoro meraviglioso, diffuso soprattutto nel sud Europa».

Quanto c’è di Alicia nell’ispettrice Petra Delicado?

«Non sono io. Rispetto a me lei è molto più coraggiosa, si arrabbia di più, è più pratica, non ha paura di offendere gli altri …e poi…non invecchia mai, mentre io si».

Come passa dai noir ai romanzi?

«Penso che tutti gli scrittori abbiamo delle storie in testa che trovano il loro momento ideale per venire fuori. E’ la storia che impone la sua forza. Quando sono triste, stanca e magari ho appena scritto un romanzo, sento il bisogno di tornare a Petra e di due parole sconce…ecco questo mi fa sorridere. Ho provato a scrivere due libri contemporaneamente, ma non sono così schizofrenica, per me è troppo difficile, direi impossibile».

Il suo ultimo romanzo “Uomini nudi” parla di strip tease e prostituzione al maschile, da dove arriva l’idea ?

«Con un’amica ho visto uno strip tease maschile in un locale di Barcellona, frequentato da donne che ci vanno in gruppo per fare festa e divertirsi. Così ho indagato questo fenomeno socialmente nuovo».

Praticato da chi?

«In Spagna si dicono “ragazzi da compagnia”: sono giovani, abbastanza belli, colti, educati, ragazzi normali che non hanno trovato altre possibilità di guadagno. Si spogliano in pubblico ma possono anche essere i compagni di una cena, da presentare agli amici, e con cui poi magari passare la notte. Le donne che li pagano sono sempre di una classe sociale elevata e ricche: cercano compagnia, la possibilità di essere accolte in società con al fianco uno più giovane. E’ la dimostrazione che le cose sono cambiate; anche le donne cercano di non sfracellarsi più in relazioni amorose serie. Esiste la prostituzione e alcune che ne fanno uso».

Il titolo è una metafora?

«Si, siamo tutti nudi: di fronte ad un grande problema si vede come siamo nel profondo, il nostro modo di affrontare la vita».

Oggi in Spagna quanto è ampio il divario tra aspirazioni ed effettivi sbocchi lavorativi?

«E’ terribile ed è un problema generazionale e generale. I giovani che hanno studiato e si sono preparati, trovano davanti un muro. Molti vanno all’estero, altri svolgono lavori al di sotto delle loro aspettative professionali».

Cos’è per lei scrivere, ed è vero che se passa qualche giorno lontana dal computer è di pessimo umore?

«Lo sostiene mio marito che a volte mi dice “Vai a scrivere che sei insopportabile”. Non ne sono   cosciente, forse è perché quando scrivo sono sola con me stessa e i miei pensieri, senza dover correre indaffarata in continuo movimento. Questa pausa introspettiva è molto importante, a volte ho proprio bisogno di starmene completamente da sola… e la scrittura è   questo».

Ha detto che per essere scrittori è necessario che la letteratura sia la cosa più importante della vita, ma che lei non ne sarebbe capace. Allora cosa conta di più?

«La vita in se stessa. Mi piace osservare la natura, gli animali, l’amore. La vita è piena di possibilità e pensare che sia importante solo il tuo libro, la tua carriera o l’idea di scrivere un capolavoro, ecco tutto questo per me non è stato possibile. Perché io ho voglia di vivere».

 

Ha avuto 2 mariti, 2 figli naturali e 2 acquisiti; come si è trovata nella famiglia allargata?

«Mi sono divertita parecchio. Adesso sono adulti ma quando erano piccoli, e in alcuni periodi stavano tutti con noi, ridevano, scherzavano…in vita mia non ho mai cucinato tanto così, ma ero contenta ed è stata un’esperienza positiva».

Che effetto fa essere definita la “Camilleri spagnola”?

«Una volta un giornalista si sbagliò definendomi “la Camilleri italiana”; l’editore mi chiamò divertito annunciandomi che non ero più… solo… la Camilleri spagnola, ma anche italica. E’ chiaro che per me è un onore. Lui è un maestro e scrive tantissimo; io non ho la stessa agilità e facilità. E non ci siamo mai conosciuti, pur essendo entrambi autori della Sellerio».

Chi è Alicia Giménez Bartlett?

«Una ragazza che è diventata vecchia senza accorgersene».

Il prossimo libro?

«Dopo 5 anni avevo bisogno di tornare a Petra. Sto scrivendo la sua nuova avventura e la consegnerò all’editore a fine estate. Questa volta parlerò di un assassino seriale, anche se rendere la storia verosimile è piuttosto impegnativo»