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Cani e gatti non sono pacchi di contrabbando

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Si dice “il cane è il miglior amico dell’uomo”. Già. Ma troppo spesso l’uomo si conferma il peggior nemico del cane. La cronaca ci racconta dei cuccioli di labrador venduti in provincia di Torino come merce da contrabbando: senza pedigree, senza microchip, senza garanzie sanitarie. In pratica: pacchi da sballare, non esseri viventi.

Ora, la questione non è soltanto legale, ma culturale. Finché gli animali saranno trattati come oggetti da esibire, status symbol da pagare a peso d’oro, ci sarà sempre chi se ne approfitterà, lucrando sulla pelle – è il caso di dirlo – di creature indifese. La verità è che chi vuole davvero un cane o un gatto non ha bisogno di mercati grigi e allevatori improvvisati: basta varcare la soglia di un canile o di un gattile. Lì, dietro le sbarre, decine di occhi aspettano da anni qualcuno da amare, senza chiedere pedigree o certificazioni.

C’è chi obietta che un quattrzampe preso in adozione “non è di razza”, come se l’amore avesse etichette. È un’illusione borghese che fa più male agli animali che bene all’uomo.

Ecco allora l’importanza di leggi come quella voluta da Michela Vittoria Brambilla, che finalmente riconoscono gli animali come esseri senzienti e non come beni di consumo. Pene più severe per chi maltratta, traffica o abbandona non sono vendetta: sono giustizia minima, è la società che si ricorda di avere una coscienza.

Perché se non siamo capaci di rispettare chi non ha voce, difficilmente riusciremo a rispettare anche noi stessi.

Iago Antonelli

Pipe di crack a San Salvario? La resa non è civiltà

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C’è sempre qualcuno che scambia la resa per civiltà. A Bologna, qualche mese fa, hanno deciso di distribuire pipe “sterili” per fumare crack, convinti che almeno così i tossicodipendenti non si infettino tra loro. Ora la stessa pensata viene proposta a San Salvario, cuore ferito di Torino. Ma davvero crediamo che basti cambiare il tubo perché la sostanza diventi meno devastante? Qui non si tratta di igiene: si tratta di disperazione. Lo Stato che offre la pipa al tossico non è un padre che cura, ma un becchino che si limita a lucidare la pala.

Iago Antonelli

Un orgoglio ferito e un volto spaccato

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La legge si rispetta. Sempre. Ma rispettarla alla lettera, sorvolando  sull’umanità, può trasformarla in una beffa.

Lucia Regna è stata massacrata: 21 placche di titanio, un occhio compromesso per sempre. Il marito, invece, è “da comprendere”. Perché? Perché lei avrebbe “sfaldato un matrimonio”.

Tradotto, sembrerebbe che un volto spaccato valga meno di un orgoglio ferito. Un occhio cieco pesa meno di una fedeltà tradita?

Così la legge, che dovrebbe difendere i deboli, rischia di diventare un salvagente lanciato al violento. E una pietra in più addosso alla vittima. Ora però la procura impugna la sentenza e chissà che le cose non cambino.

Un matrimonio può crollare. È la vita che non dovrebbe essere fatta a pezzi.

Iago Antonelli

(Nella foto: il tribunale di Torino)

I custodi della morale

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Il Pd invoca le dimissioni di un proprio consigliere di circoscrizione a Torino per una frase sessista pronunciata quando l’autore della gaffe pensava che il microfono fosse disattivato. Niente da dire: se predichi virtù, devi dare l’esempio. Ma è singolare come i democratici, a furia di fare i custodi della morale e dell’etica, finiscano per inciampare sulle bucce di banana lasciate da loro stessi. E a quel punto non servono nemici: basta un microfono acceso.

Iago Antonelli

Sottopasso Lingotto, storia infinita (a lieto fine?)

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Finalmente il sottopasso del Lingotto ha riaperto. Ed è una buona notizia: a Torino, quando qualcosa si riapre invece di chiudersi, bisogna stappare lo spumante.

Il cantiere, ci dicono, è costato cinque milioni di euro. Cinque milioni per “rinforzare le strutture in calcestruzzo armato, risanare le parti ammalorate, proteggere muri, pilastri, travi e solette dagli agenti atmosferici”. Un lavoro importante, indispensabile, nessuno lo mette in dubbio.

Ma allora la domanda viene spontanea: perché questa odissea di chiusure a singhiozzo, di disagi infiniti per chi ogni mattina attraversava quel maledetto imbuto di lamiere? Possibile che per mettere a posto un sottopasso occorrano anni, deviazioni, interruzioni, riaperture a tempo, come in una commedia dell’assurdo?

A Roma si direbbe: “Ce voleva tanto?”. A Torino, invece, ci limitiamo a sopportare, con quel senso civico che a volte sconfina nella rassegnazione.

La prossima volta, cari signori delle ruspe e dei bandi, provateci: meno chiusure, meno tempi biblici, meno pazienza chiesta ai cittadini. Perché i torinesi, con tutta la loro sopportazione, non sono asfaltabili come il calcestruzzo.

Iago Antonelli

Non tutti sono Agnelli

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John Elkann ottiene la messa in prova e versa 183 milioni al fisco. Una cifra che all’uomo comune fa girare la testa. La giustizia, così parrebbe, in Italia funziona a cilindrata: più grande è il motore del portafoglio, più dolce è la salita.

E allora il cittadino qualunque si chiede: se avessi evaso anche solo 10 mila euro, che fine avrei fatto? Risposta semplice: cartella esattoriale, interessi da usurai, pignoramenti e magari anche un po’ di galera, giustamente, se facevi il furbo. Altro che messa in prova: messa in croce.

Ma non basta. Perché qui c’è il retrogusto amaro delle vicende familiari: la residenza svizzera della nonna, le liti sull’eredità, i quadri di valore mondiale che vanno e vengono come soprammobili. Non sembra più la saga dei “padroni del vapore”, ma una commedia all’italiana, con tanto di parenti serpenti e codicilli smarriti.

È questa la fine della dinastia Agnelli? Una famiglia che un tempo dava ordini ai governi e oggi fa la fila negli uffici del fisco come un qualsiasi contribuente smascherato? Con la differenza che esce rasserenato, invece che stritolato.

E l’Avvocato, cosa direbbe? Forse scrollerebbe le spalle con quel suo sorriso da sfinge, abituato a coprire le magagne di casa con un colpo di charme. Ma forse, in privato, capirebbe che qui non si sta pagando solo il fisco: si sta pagando con la moneta più dura di tutte, quella del prestigio perduto.

E a pensarci bene, l’unica vera eredità che resta della dinastia è questa: dimostrare che in Italia non tutti sono uguali di fronte alle regole. Alcuni, semplicemente, sono (o erano) Agnelli.

Iago Antonelli

Piazza Castello, Gaza e Israele

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Piazza Castello piange Gaza. Giusto. Ma tace sul massacro del 7 ottobre e sugli ostaggi israeliani. Sbagliato. Il dolore, se è a senso unico, non è dolore: è ideologia.

Iago Antonelli

 

Il cappio di Piazza Baldissera

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Il Comune di Torino ha rimesso mano a piazza Baldissera. Obiettivo: sbloccare il nodo del traffico. Risultato: il nodo è diventato cappio. Ma guai a lamentarsi: gli ingegneri hanno studiato, i politici hanno inaugurato, le ditte hanno fatturato. Se poi i torinesi restano imbottigliati, è un dettaglio. In fondo, mica si governa per i cittadini: si governa su di loro.

Iago Antonelli

Cirio e Cavour

Frecciate Cirio chiama a testimonial della campagna vaccinale Cavour. Lo lasci stare. Emergerebbero troppo le differenze abissali tra i due.

L’Arciere

Un Risorgimento speciale

FRECCIATE  Al Museo del Risorgimento di Torino il 17 marzo è stato festeggiato da suore,  religiosi ed esponenti musulmani, parlando di ius solis. Un Risorgimento davvero molto speciale.

L’arciere

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