ECONOMIA- Pagina 3

Il futuro di Mirafiori (e di ciò che resta di Fiat) tra timori e speranze

Ci si interroga, soprattutto a Torino, su quali saranno le sorti di ciò che resta della galassia Fiat, a fronte dell’addio improvviso di Tavares e delle rassicurazioni provenienti da Stellantis (che sembra aver trovato una tregua nei burrascosi rapporti con il governo) a proposito del futuro di Mirafiori.

Intanto nella lettera inviata all’inizio dell’anno ai dipendenti del Gruppo, il presidente di Stellantis John Elkann scrive: “Con l’inizio del 2025, dobbiamo essere orgogliosi di quanto fatto fino ad oggi: di fronte alle grandi sfide del nostro settore, nei quattro anni trascorsi dalla creazione di Stellantis abbiamo raggiunto molti traguardi importanti ”.

E prosegue: “Quest’anno dovremo ispirarci alla storica capacità dei nostri meravigliosi brand di adattarsi e plasmare il nostro mondo. Insieme, facciamo in modo che il 2025 sia un anno fantastico”

“In Europa, abbiamo un’offerta leader del settore composta da 40 veicoli elettrici a batteria, tra cui Alfa Romeo Junior, Citroen e-C3, Fiat 500e, Jeep Avenger, Opel Grandland, Peugeot E-208 e una gamma di furgoni Pro One completamente rinnovata. In Brasile, dove Fiat è ancora una volta il brand leader di mercato, abbiamo introdotto l’innovativa tecnologia bio-ibrida grazie ai modelli Fastback e Pulse. In Medio Oriente & Africa siamo leader nella trasformazione della micro-elettromobilità con le nostre Citroen AMI, Fiat Topolino e Opel Rocks-e. In collaborazione con Leapmotor, una delle più innovative aziende cinesi di mobilità elettrica, stiamo offrendo veicoli elettrici a prezzi accessibili in Europa grazie all’esperienza della nostra rete di distribuzione”.

Il presidente di Stellantis ha poi scritto nella sua rassicurante missiva che, “oltre a sviluppare i nostri prodotti e le nostre tecnologie continuiamo a sostenere le comunità in cui operiamo grazie ad attività come Motor Citizens, grazie alla quale l’anno scorso più di 4.500 dipendenti hanno svolto attività di volontariato”. Insomma, parole di ottimismo che non sembrano corrispondere alla situazione descritta, per esempio, dai sindacati o dalle aziende dell’indotto.

Elkann nelle scorse ore ha poi commentato il suo ingresso  nel CDA di Meta:  “sono onorato di poter contribuire al futuro di una delle aziende più importanti del 21 esimo secolo”. Ancora John Elkann: “Non vedo l’ora di portare la mia esperienza globale e la mia prospettiva di lungo termine nel board, mentre Meta continua a plasmare a spingere in avanti le prossime frontiere dell’innovazione e della tecnologia”. Grandi successi personali, ma le prospettive di Stellantis sono altrettanto rosee?

A questo punto, dunque, tra annunci ottimistici, problemi giudiziari legati all’eredità Agnelli e in attesa dei conti relativi al quarto trimestre del 2024 e all’intero 2024, rivelati da Stellantis il prossimo 26 febbraio 2025, ci si chiede: in tutto questo confuso scenario, quale sarà il futuro dell’auto nella sua storica capitale, Torino?

Pubblichiamo di seguito un interessante articolo di Giuseppe Chiaradia, tratto da lineaitaliapiemonte.it, dedicato alle figure di Gianni Agnelli e del nipote John Elkann:

 

Leggi al link sottostante:

I due autodemolitori: tale nonno, tale nipote

Incubo Stellantis: azioni tra le peggiori di Piazza Affari dopo dati immatricolazioni. “2024, anno nero”

 

 

Cessione da John Elkann a Elon Musk in arrivo? Ecco cosa c'è di vero

Autotrasporto: “stangata di inizio anno”

Aumento delle accise e rincari dei pedaggi autostradali (+1,8%)

 

Non c’è pace per l’autotrasporto. Con l’avvio del nuovo anno, puntuali, scattano i rincari dei pedaggi autostradali che riguardano sostanzialmente le tariffe delle autostrade pubbliche. Il rincaro stabilito dal Ministero delle Infrastrutture è pari all’1,8%, come il tasso d’inflazione programmata. Ma, agli aumenti dei pedaggi autostradali si potrebbe aggiungere l’aumento delle accise sul diesel, che il Governo è in procinto di validare.

Viaggia a marce basse anche l’autotrasporto del Piemonte, limitato dalla mancanza di turn over fra gli autisti per la cronica carenza di personale, e schiacciato dalla concorrenza straniera, dalle attività prive di automezzi che svolgono solo attività di intermediazione, dal caro-tassi che frena la transizione green e dalle elevate accise sul gasolio (le più alte in Europa).

 “L’aumento delle accise e i rincari dei pedaggi autostradali potrebbero generare una tempesta perfetta e mettere in ginocchio le imprese di trasporto –afferma Giovanni Rosso, Presidente Autotrasporto Confartigianato Imprese Piemonte- Infatti, l’ipotizzato rincaro del gasolio potrebbe incidere pesantemente sulle aziende dell’autotrasporto, visto che il costo del gasolio incide per il 30% sulle spese complessive. A rischiare la stangata saranno 3,3 milioni di veicoli su un parco complessivo di 4 milioni di mezzi: circa 3 milioni non hanno una massa di 7,5 tonnellate, mentre altre 300 mila viaggiano con un motore Euro 3 o 4. In sofferenza sono i mezzi utilizzati in conto proprio da edili, impiantisti e idraulici, ma anche quelli del trasporto merci medio e leggero: autocarri tra 3,5 e 7,5 tonnellate, oltre ai furgoncini dei corrieri. Esclusi dal rimborso anche gli Ncc e gli autobus gran turismo.”

“Siamo preoccupati – aggiunge Rosso – perché l’aumento delle accise sul gasolio inciderebbe su micro, piccole e medie imprese che si troverebbero a sostenere costi notevoli: a questo punto sarebbe utile impiegare gli introiti per meccanismi di compensazione come incentivi pubblici per l’acquisto di veicoli meno inquinanti e che consumano meno”.

“Chiediamo  alla politica – conclude Rosso – maggiore attenzione per il nostro comparto che ha già vissuto una crisi generalizzata. Anziché incrementare, in maniera metodica, i pedaggi autostradali e le accise, è necessario uscire dalla contingenza e dalla rincorsa delle emergenze per tracciare un disegno complessivo per dotare il Nord Ovest di infrastrutture moderne senza le quali rischiamo di compromettere il futuro del comparto dell’autotrasporto. Occorre, inoltre, creare le premesse culturali e normative per valorizzare il ruolo dell’autotrasportatore, rendendo attraente per giovani, disoccupati e inoccupati una professione sostanzialmente disprezzata nonostante il ruolo essenziale e strategico per l’economia.”

CS

I dieci punti di Uncem per la ripartenza della montagna

Buon inizio d’anno! Si riparte – o meglio, si prosegue – da dieci punti che vedono Uncem lavorare e pensare. Strategia e concretezza vanno insieme. Da oggi e da domani. Dieci punti per tutte le Istituzioni della Repubblica. Eccoli.

1- LA MONTAGNA NEI PROGRAMMI EUROPEI E NAZIONALI
È il principale impegno. Montagna, aree interne e zone rurali sono un perno della nuova strategia di crescita dell’Italia, secondo le direttrici richieste dall’Uncem: Green economy con le Green Community, innovazione, sostenibilità, Smart economy. Devono stare nei programmi europei e nazionali di investimento. Correggiamo gli errori del PNRR. Lavoriamo per un PON Montagna [come vi è il PON Metro, perché non dovremmo avere un Programma Operativo nazionale specifico?] dal 2028. Togliendo di mezzo ogni assistenzialismo con fondi UE o nazionali, cambiando la PAC e ripensando le “indennità compensative”. Serve Managerialità, unita a programmazione e visione.
2- NUOVO WELFARE PUBBLICO
Dietro lo slogan “una ambulanza e un medico [e un pediatra] di base in ogni comune” c’è la volontà di ricostruire un nuovo welfare pubblico – a partire dalla sanità territoriale, come imparato dal covid19 – che colmi i divari strutturali storici del vivere in montagna, agendo su scuola, sanità, trasporti, socio-assistenziale, servizi. Asili nido per tutti, scuole di valle e didattica moderna, in strutture innovative, sicure. Comunità al centro con le “cooperative di comunità”, con le “comunità energetiche”, con le “Associazioni fondiarie”. Affinchè le tante “buone pratiche” possano tradursi in Politiche, da fiori a bouquet. Facciamolo NOI!
3- CAMBIAMENTI CLIMATICI E SPOPOLAMENTO, ASSI CENTRALI
I due terreni di azione sono il cuore della nuova politica montana che dobbiamo mettere in campo. C’è ancora troppa sottovalutazone del rischio, dei disastri climatici che arrivano prima in montagna. I territori sono e devono diventare resilienti, per tornare a ripopolarsi, neopopolarsi. Agricoltura e Turismo non sono scindibili per questo obiettivo. La crisi climatica e la crisi demografica plasmino politiche, le pervadano. Sottovalutarle o ignorarle è peccato politico grave. Le Città sono in dialogo e in sinergia con i territori rurali, montani e interni. Interveniamo per eliminare ogni sperequazione, ogni distanza: creiamo “patti”, “città delle alpi insieme con le valli”, Appennino Parco d’Europa in stretto legame con le zone urbanizzate. Protezione è sviluppo, conservazione è rigenerazione. Futuro.
4- LEGGI CORNICI GIURIDICHE
Legge forestale, Legge sulla Green Economy, Legge sui piccoli Comuni agiscono efficacemente, completando il quadro normativo con una legge sulla montagna che non rimanga inattuata come la precedente 97/94. Dalle Regioni serve più impegno: troppe non hanno investimenti e un articolato per le montagne [e per i Comuni che lavorano insieme]. Si attuino strategie integrate [aree interne, green community, foreste, sviluppo sostenibile] per le montagne con chiare leggi-cornici che delineino strumenti e opportunità per superare sperequazioni.
5- DEFINIZIONE DEI LEP CON SPECIFICITA’ MONTANA
In Italia di discute da 20 anni di come attuare il Titolo V della Costituzione, che prevede i “livelli essenziali delle prestazioni”. Troppo tempo si è perso. Nel definire una Autonomia per le Regioni – insieme – e dicendo come in questa stanno le Autonomie locali, deve essere scritto nero su bianco che questi livelli essenziali devono tener conto della peculiarità montagna come area di sovracosti strutturali permanenti che devono essere garantiti per il diritto di cittadinanza di tutti.
6- LE AZIENDE PUBBLICHE DEVONO INVESTIRE
Le aziende pubbliche (Enel, Eni, Anas, Ferrovie dello Stato, Rfi, Terna, ecc.) non devono più considerare il territorio come logica coloniale, ma devono cominciare a investire in montagna creando valore sociale e non solo finanziario, impegnando risorse e competenze per la transizione energetica ed ecologica. Questo vale guardando alla positiva esperienza fatta negli ultimi due anni con Poste Italiane, chiudendo storici conflitti e aprendo una nuova stagione. Quello è il modello. Che deve essere concreto e carico di investimenti, con una strategia chiara e stabile.
7- CONCESSIONI IDROELETTRICHE CON COMUNITA’ LOCALI AL CENTRO
Sulle concessioni idroelettriche parte una fase nuova, sono da rivisitare attraverso il ristoro ai territori e gli investimenti da realizzare, come Uncem ha sempre chiesto a partire dal “diga day” del 2010. Non solo le Regioni ai tavoli di concertazione, ma anche gli Enti locali: che esprimono le esigenze delle comunità. Non si creino nuove polarizzazioni. Acqua e forza dei gravità hanno un valore da riconoscere pienamente. Così le foreste con i “crediti di sostenibilità” da portare sul mercato.
8- RUOLO DEI COMUNI
Nella logica della legge vigente sui piccoli Comuni, va programmato insieme lo sviluppo locale, attribuendo ai Comuni [grandi e piccoli] associati la funzione operativa per crescita e investimenti, evitando colli di imbuto statali o regionali. Comunità montane ovvero Unioni montane di Comuni siano per tutti: 500 aggregazioni di Comuni che rigenerano la PA, i servizi, la crescita, lo sviluppo locale, l’economia dei luoghi.
9- I GIGANTI DEL WEB
Occorre prevedere un pagamento dell’uso delle reti immateriali da parte dei giganti del web, trovando in questo modo risorse per investimenti nelle aree montane. Qui si innesta il lavoro su fiscalità differenziata, centri multiservizio, difesa del commercio di vicinato, contrasto alla desertificazione. L’Europa sia attenta alla montagna partendo da questa logica europea di remunerazione.
10- DIGITALIZZAZIONE
L’innervamento digitale della montagna è obiettivo prioritario. I Comuni ne sono il perno fondamentale. Vale già, in questa direzione, il prezioso lavoro che Uncem sta facendo sulle reti e sul contrasto al divario digitale, con Operatori Telco e Ministeri e Regioni. Serve uno scatto, con investimenti e sincronizzando Piano banda ultralarga, Piano Italia 5G, Piano Italia 1Giga, che da soli sono perduti.

Legge Bilancio, Uncem: “Da rivedere tagli ai Comuni”

“C’è molta preoccupazione tra i Sindaci per i tagli agli investimenti dei Comuni, previsti nella legge di bilancio 2025. Vengono meno le risorse per i Comuni con meno di 5mila abitanti – 80mila euro due anni fa, 58mila nel 2024 – e vengono meno anche le risorse date per i Comuni in base alla dimensione, partendo da 50mila annui per i più piccoli. Tagli di circa mezzo miliardo di euro, per investimenti, destinati ai Comuni per interventi di manutenzione di edifici, messa in sicurezza del territorio, piccole opere. Uncem, tenendosi lontana da qualsiasi volontà polemica politica, di parte o ideologica, chiede al Parlamento di intervenire individuando fondi per gli investimenti e le opere nei Comuni fino a 15mila abitanti in particolare, e con una nuova azione specifica nei Comuni con meno di mille abitanti. Una operazione che è decisiva per la tenuta istituzionale degli Enti stessi”.

Lo afferma Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem.

La Mostra di San Giuseppe compie 76 anni e diventa nazionale

La San Giuseppe compie 76 anni e per la prima volta si fregerà del prestigioso titolo di Mostra Nazionale a dimostrazione della notevole crescita avvenuta negli ultimi anni 

L’evento si terrà al Polo Fieristico Riccardo Coppo di Casale Monferrato dal 14 al 23 marzo 2025 organizzato dalla società D&N Eventi S.R.L. con il patrocinio della Regione Piemonte, del Comune di Casale Monferrato.

La Fiera Campionaria di Casale e del Monferrato, darà ampio spazio come di consueto, alle categorie produttive del commercio, dell’agricoltura, dell’industria e dell’artigianato, confermando la formula che negli ultimi anni ha sempre portato a presenze di pubblico da record, peraltro di aumento di anno in anno. Verrà ripetuta la ‘formula’ gradita da visitatori ed espositori: ingresso gratuito e percorso obbligato a giornali alterni. E amche quest’anno sarà visitabile il sabato mattina.

Sarà presente, come tutti gli anni, lo spazio dedicato alle “Eccellenze Enogastronomiche” da sempre momento di grande attrazione in Mostra – con la Piazzetta del Gusto, la Piazza del Vino, ospitanti le specialità gastronomiche provenienti da tutta Italia.

A questi appuntamenti si aggiungeranno tante novità con particolare attenzione alla cultura, al turismo, all’ambiente, nell’ottica della valorizzazione delle ricchezze del territorio .

Nello stesso periodo in cui si svolgerà la Fiera, non mancherà neppure il tradizionale Luna Park installato in piazza D’Armi, di fronte al Polo Fieristico Riccardo Coppo, appuntamento molto atteso ogni anno da giovani e giovanissimi

Per informazioni ed iscrizioni rivolgersi a 

D&N Eventi S.r.l.

Cell. 335/7404114

info@mostrasangiuseppe.it

www.mostrasangiuseppe.it

Finalmente si torna a parlare dell’importanza dell’industria dell’auto

IL COMMENTO di Mino Giachino

Caro Direttore, è proprio vero che a volte occorre arrivare sin sull’orlo del burrone per svegliarsi e reagire.

È ciò che sta capitando all’industria dell’auto , ancora oggi la filiera industriale più importante in Italia e in Europa. Proprio oggi un commerciante di via Bertola mi saluta e mi dice ho visto che il Presidente degli industriali dice le cose che dice Lei sul settore auto. Non capita solo qui , capita anche in Germania dove il cancelliere socialista si è accorto che la delibera votata dalla sinistra, dai verdi e dal PD in Europa che punta solo sull’auto elettrica e che dal primo gennaio di quest’anno mette sanzioni pesantissime sulla vendita di auto tradizionali, che ha di fatto  bloccato le vendite da alcuni mesi, può far sparire la filiera industriale più importante d’Europa . Ricordo che da anni a Torino non si puntava più sulla industria ma tutto sul turismo, sulla cultura e ora sui grandi eventi senza accorgersi che questi settori molto importanti contengono però una quota di salari poveri e a tempo parziale molto alta mentre l’industria prevede lavoro a tempo indeterminato e quindi più sicuro: ma a Torino questo non lo hanno capito nemmeno i commercianti per cui nessuno lega il fatto che la caduta della crescita economica della nostra Città ha avuto effetti pesanti proprio sul commercio .

Quando a fine 2021 il Parlamento votava l’ultima Legge di Bilancio del Governo Draghi che non prevedeva neanche un euro a favore del settore auto ho dovuto muovermi io a sottolineare la gravità di quella scelta e a proporre di rifinanziare il settore. Ringrazio il Capogruppo Riccardo Molinari che accolse la mia proposta che portò alla nascita del fondo Giorgetti per il settore auto.
Pochi mesi prima il Governo giallorosso non aveva detto nulla sulla cessione della Fiat alla Peugeot. Bastava mettere la golden power e Tavares non avrebbe combinato i guai che ha combinato taglieggiando il nostro indotto e portando la costruzione della nuova 600 e della nuova Lancia all’estero.
 C’è voluto il Ministro Urso per chiedere a Tavares che in cambio dello stanziamento di un miliardo per il 2024 Stellantis tornasse a rialzare la produzione di auto in Italia a un milione l’anno. C’è voluta la Meloni per avere un tono molto duro e chiaro con John Elkann.  Quando però il mercato ha iniziato a rallentare con forza la vendita delle auto con motore endotermico senza che crescessero le vendite dell’auto elettrica, malgrado gli incentivi, si è arrivati alle dimissioni di Tavares che aveva tre avversari il sindacato americano, il sindacato francese e il Governo italiano.
Il calo delle vendite di auto che ha riportato la produzione italiana di auto al livello del 1956, mentre la Fiat nel 1989 era la prima in Europa per quote di mercato, ha risvegliato il timore di perdere un comparto molto importante e che avrà ancora un ruolo nel futuro.
Nel settore auto un occupato ne genera tre all’esterno,  tra indotto, concessionarie, pubblicità, design industriale, servizi di terziario , commercio, ristorazione etc.etc.
Alla iniziativa del Governo che da un anno cerca alleati in Europa per modificare una delibera catastrofica, sulla quale il silenzio della Schlein , del PD e di una parte del sindacato e’ fortissimo , ora si aggiunge la disponibilità del Cancelliere  tedesco e la disponibilità di Ursula che a dispetto della Schlein ha un ottimo rapporto con Giorgia.
Qui a Torino il sindacato invece di appoggiare  il Governo per difendere il settore si   è messo in mezzo tra Tavares e Urso. Lo Russo pur di avere l’appoggio de La Stampa, addirittura si è lamentato col Governo per aver litigato con Tavares quando era chiaro a tutti che Tavares non avrebbe mai favorito Torino e dopo aver firmato un accordo con Regione e Comune di un certo tipo, vista la insistenza del Governo e’ stato costretto fine a promettere l’arrivo della 500 ibrida a Mirafiori.
Ora la cosa più urgente è difendere le aziende dell’indotto cui le case automobilistiche europee  hanno azzerato gli ordini e che si trovano le Banche alle calcagna. Occorre prevedere interventi creditizi come quelli usati durante il Covid. Le nostre aziende dell’indotto che lavorano per gran parte delle case automobilistiche sono un patrimonio industriale di grande livello e danno un contributo al PIL di Torino  e del Piemonte ancora superiore a quello del turismo e della cultura e inoltre sono uno sbocco lavorativo interessante per i neodiplomati e neolaureati che altrimenti andrebbero a cercare un futuro all’estero portandoci via così  le energie migliori.
Sarebbe bene che anche in Consiglio regionale si discutesse di questo argomento vitale per la economia piemontese e per il futuro lavorativo dei nostri giovani.

Arrivano i saldi. A Torino e provincia la spesa stimata è di 140 euro a testa e 300 a famiglia

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In conformità a quanto stabilito nella seduta della Commissione Sviluppo Economico della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome del 14 ottobre 2024, la data di inizio delle vendite di fine stagione per il   periodo invernale decorre dal 4 gennaio 2025 come previsto dall’Accordo della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome , non sono consentite le vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti le vendite di fine stagione.

Saranno 16 milioni le famiglie italiane che si dedicheranno allo shopping nel periodo dei saldi, a partire da sabato 4 gennaio. Secondo le stime dell’Ufficio Studi Confcommercio ogni persona spenderà circa 138 euro e ogni famiglia 307 euro per un giro di affari di 4,9 miliardi di euro. A Torino e provincia la spesa stimata è di oltre 390 milioni di euro.

«I saldi che stanno per partire – sottolinea Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia – rimangono un momento importante non più solo per abbigliamento ed accessori ma anche per altri comparti, come l’intimo, il tessile, l’arredo e gli accessori per la casa, fino alla tecnologia e agli elettrodomestici. Rispetto agli anni passati i saldi invernali forse saranno meno smaglianti, anche perché arrivano troppo a ridosso di altri appuntamenti come il Blackfriday che, di fatto, anticipano gli sconti in prossimità del Natale. Ma non va dimenticato che sono numerosi i negozi che adottano politiche di qualità e di serietà verso i clienti durante l’anno, lasciando ai saldi il momento magico dello sconto.

Non è semplice fare previsioni per la stagione dei saldi, ma possiamo osservare che gli acquisti natalizi sono stati poco orientati su cappotti e capi pesanti e potranno lasciare ai saldi occasioni interessanti per un’ampia fascia di clientela. Per chi è rimasto in città sabato l’occasione sarà ghiotta».

«Con il commercio anche i saldi stanno cambiando – evidenzia Roberto Orecchia, presidente del Gruppo Moda di Ascom Confcommercio Torino e provincia -. Rispetto a 10 anni fa, quando i clienti aspettavano i saldi per comprare quel capo in più che diventava accessibile con il 30 o 40% di sconto, oggi si punta all’acquisto del ‘necessario’ per la vita quotidiana. Soprattutto per la fascia media e per chi non vuole il fast fashion, il saldo significa poter acquistare capi di qualità da indossare tutti i giorni. Si venderanno sicuramente pantaloni, camicie, maglie, giubbotti, giacconi da usare ancora in stagione.

Il saldo è un’ottima occasione per chi vuole un prodotto di pregio e quello speciale servizio di consulenza che non manca mai nei nostri negozi. Saranno certamente saldi qualificati, in continuità con le proposte della stagione, e permetteranno uno shopping più consapevole e più attento da parte di una clientela, che si orienta sempre di più su capi anche importanti e di brand magari anche cari, ma con un’attenzione particolare all’utilizzo di ciò che si acquista».

Gli allevamenti animali risorsa energetica e ambientale preziosa

Con biogas, biometano e pannelli fotovoltaici sui tetti

Gli allevamenti animali del territorio metropolitano di Torino potrebbero fornire gas metano da immettere in rete, biometano per autotrazione ed energia elettrica sufficiente a soddisfare le esigenze energetiche di oltre 100mila famiglie. Un dato, quest’ultimo, che mette insieme la quota producibile da biogas e quella da pannelli fotovoltaici installati sui tetti dei fabbricati aziendali. Si tratta di ben il 4,5% del fabbisogno energetico del Torinese: tutta energia pulita che potrebbe aiutarci nell’approvvigionamento di gas metano fossile in quest’epoca di crisi internazionali.

«Proprio in questi giorni in cui anche il nostro territorio si interroga sul possibile rialzo dei prezzi del metano fossile – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Vogliamo ricordare che gli allevamenti animali hanno un potenziale energetico enorme. Per un numero sempre crescente di aziende zootecniche il metano è una fonte rinnovabile di produzione energetica che contribuisce a diminuire la dipendenza dal metano fossile importato dall’estero, una dipendenza che è un problema per il nostro sistema economico locale».

Oltre all’energia elettrica prodotta con i pannelli sui tetti delle aziende zootecniche c’è, infatti, la grande potenzialità della produzione di biometano. Il metano che si può produrre dagli allevamenti animali e può essere utilizzato per autotrazione, come nel caso del Gruppo Maganetti di Tirano (SO), che per la sua flotta di tir utilizza biometano prodotto da un allevamento Torinese, la Cooperativa Speranza di Candiolo. Lo stesso impianto cooperativo di Candiolo, brucia biogas e riscalda, in teleriscaldamento, l’ospedale dell’Istituto per la ricerca contro il cancro.

«In queste giornate in cui scattano i blocchi contro il traffico e di apprensione per il nostro approvvigionamento energetico – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – vogliamo ribadire che la zootecnia può dare un contributo significativo al miglioramento della qualità dell’aria grazie alla produzione innovativa di energia da fonti rinnovabili e pulite. Con questa nuova frontiera si può affiancare alla tradizionale produzione di cibo per tutti anche la produzione di energia elettrica immessa in rete per tutti noi, di calore per impianti di teleriscaldamento, di metano per auto, furgoni e tir e di anidride carbonica per l’industria alimentare. Se l’agricoltura è sotto attacco ambientale è perché non si vogliono prendere in considerazione gli impieghi degli effluenti per produrre energia e metano da autotrazione. Sostenere questa funzione porterebbe benefici a tutti i cittadini».

In provincia di Torino sono presenti 3.000 aziende agricole con allevamenti bovini per un totale di 242.000 capi. Un vero patrimonio energetico. Da queste mucche sarebbe infatti possibile ricavare 66mila metri cubi di biogas che, bruciato in centrali termoelettriche annesse alle aziende agricole o in centrali consortili, potrebbe produrre 623 GWh di energia di cui 250 GWh di energia elettrica: il 2,4% del fabbisogno elettrico torinese e ben il 94% del fabbisogno agricolo. Le stesse aziende potrebbero produrre 400mila metri cubi di biometano.

Al termine del processo di produzione energetica e di biometano rimane il “digestato”, concime pronto per la fertilizzazione dei campi: risorsa altrettanto preziosa in periodo storico in cui i fertilizzanti sono una materia diventata rara con il conflitto in Ucraina.

A queste potenzialità ricavabili dalle deiezioni animali si sommano i 259 MW producibili utilizzando i tetti dei fabbricati ricoperti da pannelli fotovoltaici: un altro 2% del fabbisogno elettrico dei torinesi.

«Ma le nostre aziende zootecniche si scontrano con la mancanza di sostegni a questa svolta green, sostegni che dovrebbero derivare, oltre che dalle politiche agricole anche da quelle energetiche regionali e locali. Inoltre, va abbattuta la burocrazia e soprattutto vanno garantiti tempi brevi per gli allacciamenti alle reti energetiche e per il pagamento della vendita in rete dell’energia elettrica e del biometano».

Confartigianato Imprese Piemonte. “Manovra poco coraggiosa”

La Manovra di Bilancio 2025, nelle intenzioni del Governo, dovrebbe segnare una tappa cruciale per il rilancio dell’economia italiana. Con interventi per 30 miliardi di euro, il provvedimento è stato presentato come finalizzato a favorire la ripresa economica e incentivare la spesa delle famiglie.

“Le buone intenzioni sono apprezzabili ma le misure non sono adeguatamente mirate a sostenere in modo concreto anche le micro e piccole imprese, che rappresentano la vera spina dorsale dell’economia italiana e del Piemonte”. Questo il commento del Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte, Giorgio Felici.

“Una manovra commenta Felici– poco coraggiosa e troppo rigorosa che concede poco spazio allo sviluppo. La riduzione dell’IRES al 20%, destinata alle società di capitali che reinvestono utili e creano occupazione stabile, è certamente un passo nella giusta direzione, peccato però che questo tipo di agevolazione escluda molte micro e piccole imprese, che costituiscono la maggioranza del tessuto produttivo nazionale e regionale.”

“Anche il Fondo di Garanzia per le PMI, prorogato per il 2025, sulla carta punto valoriale della manovra –prosegue Felici– con un massimale di 5 milioni di euro per impresa, così come il rifinanziamento della legge Sabatini a sostegno degli investimenti, non potrà dare i risultati sperati in quanto l’introduzione di costi aggiuntivi sui prestiti bancari rischia di penalizzare le aziende più fragili, che già oggi faticano ad accedere al credito. Serve, invece, un approccio più strutturale per garantire accesso al credito senza oneri eccessivi, soprattutto per le realtà più piccole”.

Un tema centrale è quello dell’innovazione. La manovra introduce semplificazioni apprezzabili e significative per il programma Transizione 5.0, rendendolo più accessibile alle micro e piccole imprese per favorire investimenti tecnologici ed energetici. Purtroppo, i limiti posti agli incentivi per la Transizione 4.0 rappresentano un freno per la digitalizzazione delle aziende, che spesso sono già in ritardo rispetto ai competitor internazionali.

“Gli investimenti agevolabili spiega Felici– sono stati limitati a un tetto complessivo di 2,2 miliardi di euro, con un sistema di prenotazione che rischia di escludere le imprese meno strutturate. Inoltre, l’eliminazione del credito d’imposta per i software e la ristrettezza dei tempi per completare gli investimenti rendono la misura meno accessibile per le MPI, che spesso mancano delle risorse per rispettare scadenze così serrate”.

Nel settore edilizio, la riduzione delle detrazioni fiscali per ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche rappresenta un duro colpo per molte imprese artigiane. La manovra abbassa le percentuali di detrazione e limita le agevolazioni a determinati interventi, riducendo la domanda per lavori che coinvolgono molte piccole realtà del settore.

A questi problemi si aggiungono nuovi adempimenti burocratici, come l’obbligo di utilizzare strumenti di pagamento tracciabili per dedurre determinate spese (obbligo irragionevolmente previsto anche per spese indeducibili) e l’integrazione dei registratori telematici con i sistemi di pagamento elettronico. Questi cambiamenti, non accompagnati da incentivi per l’adeguamento, rischiano di aumentare i costi amministrativi per le imprese.

Anche il lavoro e l’occupazione sono al centro del dibattito. Le misure come la deduzione maggiorata per le assunzioni a tempo indeterminato e l’esonero contributivo per le neoimprese sono un primo passo ma non sufficienti.

“Confartigianato Imprese Piemonte – sostiene Felici – da tempo chiede maggiori investimenti sull’apprendistato professionalizzante, una risorsa strategica per combattere la disoccupazione giovanile e ridurre il divario tra competenze richieste e offerte.”

“È necessario conclude Felici– andare oltre superando le rigidità imposte dall’UE. Serve un approccio più organico, coraggioso e lungimirante, che riconosca pienamente il valore delle micro e piccole imprese e del loro legame con il territorio. Queste realtà costituiscono il cuore pulsante della nostra economia e meritano politiche più strutturali.”

Ai Comuni con meno di mille abitanti 58mila euro

Tra le riduzioni di risorse della legge di bilancio, è invece stato mantenuto il contributo ai Comuni italiani con meno di mille abitanti. Sarà di 58mila euro per il 2025, in linea con quello del 2024 (59mila). I fondi, come Uncem ha sempre ribadito, è importante possano essere interpretati dai Comuni piccoli in una logica “di valle”, nel dialogo tra i Sindaci che ne beneficiano, per costruire insieme congiuntamente un percorso anche pluriennale, visto che è confermato che le risorse per i Comuni con meno di mille abitanti restino almeno fino al 2027. I Comuni avranno conferma di queste risorse nelle prossime settimane e potranno già fare una variazione ai bilanci preventivi per introitarli e spenderli immediatamente.

UNCEM PIEMONTE