È’ morto Gianni Vattimo all’età di 87 anni dopo anni travagliati e difficili. E’ fatale per chi appartiene alla mia generazione riandare ai miei ricordi universitari. Il mio primo esame all’Universita’ di Torino fu quello di Estetica, sostenuto con Gianni Vattimo che fu molto buono con me: mi fece parlare liberamente , vide la mia emotività al primo esame e mi promosse con un 27 non meritato. Ho poi avuto diverse occasioni di incontrarlo e di ascoltarlo, anche se le sue scelte sono sempre state distanti dalle mie. Ci furono occasioni di dialogo, senza mai andare oltre ad una certa formalità. Un discorso diverso quello con Luigi Payreson e con Giuseppe Riconda di cui sono diventato amico. Una mia collega “filosofa “ presento’ negli anni ‘80 Vattimo come un maestro di laicità perché il suo “pensiero debole “poteva prestarsi ad essere letto come il rifiuto delle metafisiche religiose. In effetti il suo non fu un rifiuto delle metafisiche ideologiche e delle vulgate. In Vattimo
È’ morto Gianni Vattimo all’età di 87 anni dopo anni travagliati e difficili. E’ fatale per chi appartiene alla mia generazione riandare ai miei ricordi universitari. Il mio primo esame all’Universita’ di Torino fu quello di Estetica, sostenuto con Gianni Vattimo che fu molto buono con me: mi fece parlare liberamente , vide la mia emotività al primo esame e mi promosse con un 27 non meritato. Ho poi avuto diverse occasioni di incontrarlo e di ascoltarlo, anche se le sue scelte sono sempre state distanti dalle mie. Ci furono occasioni di dialogo, senza mai andare oltre ad una certa formalità. Un discorso diverso quello con Luigi Payreson e con Giuseppe Riconda di cui sono diventato amico. Una mia collega “filosofa “ presento’ negli anni ‘80 Vattimo come un maestro di laicità perché il suo “pensiero debole “poteva prestarsi ad essere letto come il rifiuto delle metafisiche religiose. In effetti il suo non fu un rifiuto delle metafisiche ideologiche e delle vulgate. In Vattimo





“La Resistenza oggi, ottant’anni dopo”. Sarà questo il lungo fil rouge su cui, venerdì 8 settembre, si inaugureranno al “Polo del ‘900” di Torino (dove il 2 agosto scorso era già stato il presidente Sergio Mattarella, a “benedire” il prezioso lavoro condotto dal Centro sui temi di “Memoria, futuro e partecipazione”), le manifestazioni celebrative a 80 anni, tondi tondi, dall’inizio della “Resistenza” o “Secondo Risorgimento” italiano contro l’oppressione e la dittatura nazifascista. Non casuale la scelta del giorno. Era, infatti, l’8 settembre del 1943 quando il generale e 34° presidente degli USA Dwight D. (Ike) Eisenhower e un’ora dopo, alle 19,42 dai microfoni dell’“EIAR”, il maresciallo d’Italia (nonché capo del governo dal 25 luglio 1943 all’8 giugno 1944), annunciarono l’entrata in vigore dell’armistizio firmato dall’Italia, cinque giorni prima, il 3 settembre, a Cassibile, con gli anglo – americani. Il 9 settembre sarebbe nato il CNL (Comitato Nazionale di Liberazione). L’armistizio segnò uno spartiacque nella storia italiana: finiva l’alleanza con la Germania nazista, ma contestualmente iniziarono gli ultimi sedici mesi di guerra, mesi terribili, mesi di stragi, bombardamenti e rappresaglie, che portarono al 25 aprile del 1945. Alla liberazione del Paese, alla fine del fascismo e della guerra. Il giorno stesso della firma dell’armistizio gli anglo – americani sbarcavano a
Tutto ciò sarà oggetto di riflessione e discussione della “lectio magistralis” dal titolo “8 settembre 1943: disobbedire” di Giuseppe Filippetta – già direttore dell’“Archivio Storico” e della “Biblioteca” del Senato, e autore de “L’estate che imparammo a sparare. Storia partigiana della costituzione” – che aprirà ufficialmente, venerdì 8 settembre alle 18.30, le celebrazioni dell’Ottantesimo, che proseguiranno per i prossimi tre anni a cura di “Istoreto” (“Istituto piemontese per la storia della Resistenza ‘Giorgio Agosti’”) e degli Enti del “Polo”. Alle 17, in “Sala900”, sarà anche accolto per la prima volta il “Comitato d’onore”. Come spiega il presidente Alberto Sinigaglia: “Quando la Città di Torino e la Regione decisero che il ‘Polo del ‘900’ sarebbe stato coordinatore delle manifestazioni per gli 80 anni dell’inizio della Resistenza pensammo che sarebbe stato necessario avere accanto i protagonisti di quella storia e i figli dei protagonisti che non ci sono più”. Con il partigiano Bruno Segre, che proprio al “Polo” ha festeggiato lunedì scorso i suoi 105 anni, sono quindi stati invitati Paola e Aldo Agosti, Patrizia Antonicelli, Lisa e Renzo Levi figli di Primo, Fabio Levi, Claudio e Mariapia Donat-Cattin, i cui cognomi identificano insegne prestigiose tra gli Istituti che compongono il “Polo”. Naturale proseguire con Carlo e Alessandra Ginzburg, che si apprestano ad affidare al “Polo” il prezioso archivio di Leone Ginzburg, e ancora con Andrea e Marco Bobbio, Nicoletta Bocca, Alberto e Stella Bolaffi, Andrea Casalegno, Francesco Cordero di Pamparato, Ludovico Einaudi, Margherita Fenoglio, Giovanna Galante Garrone, Anna Giubertoni moglie di Massimo Mila, Andrea Gobetti, Elena Loewenthal, Lodovico Passerin d’Entrèves, Gianguido Passoni, Giuseppe Perotti, Marco Revelli e Fabrizio Salmoni. E non solo. Da Palazzo San Daniele infatti “ si attendono altre risposte e adesioni”.

Al centro del Santuario una lapide pavimentale ricorda che lì sotto, un tempo lontano, venivano seppelliti i defunti ma quello era anche un passaggio segreto, una sorta di galleria che, secondo la tradizione popolare, collegava il tempio alla chiesa parrocchiale di San Bartolomeo e al cinquecentesco castello della famiglia Della Rovere. È il Santuario di San Desiderio, primo patrono di Vinovo, posto all’interno del cimitero. Ed è per questo motivo che non è facile trovarlo aperto e per vederlo bisogna approfittare di alcune ricorrenze religiose come la festa patronale alla fine di agosto o di qualche evento particolare. Con un po’ di fortuna è anche possibile contattare il custode che aprirà il portone. Comunque sia, anche se fa parte del cimitero ed è sovente chiuso, è un santuario molto caro ai vinovesi. Le notizie più antiche si trovano nei documenti dei Conti della Rovere e risalgono al Duecento anche se a quell’epoca la chiesa era molto più piccola ed era la sede della parrocchia di Vinovo. Ma c’è anche un’altra leggenda che aleggia intorno al santuario ed è quella che ricorda che sull’antica strada che da Moncalieri portava a Piobesi sorgeva un pilone votivo dedicato alla Madonna Addolorata. Per la rabbia di aver perso al gioco, un ragazzo, transitando da quelle parti, lanciò una pietra contro l’immagine della Madonna dipinta sul pilonetto e un rivolo di sangue cominciò ad uscire dal suo viso. La notizia fece velocemente il giro del paese e centinaia di vinovesi accorsero sul luogo del “miracolo” e da allora il ritratto della Madonna continua ad essere venerato. San Desiderio fa bella
mostra di sé in mezzo a due angeli nella lunetta in ceramica sul portale della chiesa. Un altro “miracolo” si può considerare il fatto che il Santuario e la cittadina furono risparmiate dai pesanti bombardamenti della II guerra mondiale e la stessa Vinovo fu posta sotto la protezione della Madonna Addolorata. Una ricca collezione di ex voto, tra cui uno che ricorda il passaggio intimidatorio dei bombardieri sopra Vinovo, è conservata in chiesa. L’edificio religioso fu costruito nel Settecento sulle rovine della cappella originaria di San Desiderio eretta attorno al pilone votivo per conservare l’immagine della Madonna. La cappella era molto diversa dal santuario che vediamo oggi, molto più piccola, non ancora circondata dal cimitero e isolata in mezzo alla campagna. Nel Quattrocento la sede parrocchiale fu trasferita da San Desiderio alla chiesa di San Bartolomeo, patrono di Vinovo. San Desiderio fu ristrutturato più volte nel Settecento e nel 1820 fu edificato il cimitero attorno alla chiesa. Filippo Re