CULTURA- Pagina 40

Premio di Narrativa “Parole in collina”

Ad Asti la presentazione della seconda edizione dedicata quest’anno al “Monferrato, terra di borghi e di città”

Lunedì 15 gennaio, ore 18

Asti

Obiettivo, occhi e penna sul Monferrato. Un mare di colline, morbide o irrequiete, boschive o selvagge. E poi il paradiso dei vigneti, piccoli borghi e splendide città ricoperte di storia, case chiese e palazzi e i tipici, secolari “Infernot” scavati nella “Pietra da Cantoni” per affinare il vino, paesaggi che vivono nel più poetico dei sogni e che sanno d’infinito e di un “oltre” precluso al reale. “E allora tanto vale stare qui, attendere e guardare la collina. E’ così bella”, scriveva Umberto Eco. E bello sarà anche descriverla a parole impresse su pagina. Sullo scorrere di emozioni che possono farsi, appunto, pagina letteraria, per tramandare storie individuali e di comunità e far conoscere l’incanto di una “terra di borghi e di città” qual é il nostro Monferrato, dal 22 giugno 2014 “Patrimonio Unesco”, insieme a Langhe e Roero, per la sua “unica particolarità” di territorio. Così, raccontare il Monferrato – nei suoi più tipici aspetti paesistici o nelle vicende di donne e uomini che hanno impresso nella storicità di quell’angolo di Piemonte le loro esistenze – è proprio il tema della seconda edizione del Premio di Narrativa “Parole in collina. Monferrato, terra di borghi e di città” che verrà lanciata il prossimo lunedì 15 gennaio (ore 18) ad Asti, presso la “Biblioteca Astense Giorgio Faletti”, in via Luigi Goltieri 3. Nell’occasione verrà presentata anche l’antologia “Monferrato paesaggio vivo”, pubblicata da “Neos edizioni”, che raccoglie i racconti selezionati nella prima edizione del Premio, nel 2023. Saranno presenti gli autori e i fotografi dell’antologia, insieme allo scrittore Gian Marco Griffi (alessandrino di nascita, oggi residente ad Asti) e all’assessore alla Cultura di Asti, Paride Candelaresi, accompagnati dai “vertici” della “Biblioteca Astense”, dall’editore Silvia Maria Ramasso e da Patrizia Monzeglio, responsabile del Comitato organizzatore del “Premio 2024”.

“Come ‘Neos edizioni’ – sottolinea Silvia Maria Ramasso, amministratore unico dell’editrice – da più di vent’anni ci occupiamo di manifestazioni ed eventi culturali legati al territorio, spesso utilizzando la scrittura narrativa per metterne in luce i valori o per dare voce a esperienze poco conosciute. All’interno di questo percorso è nato nel 2023 il Premio di narrativa ‘Parole in collina’, che nella prima edizione ha sviluppato il tema ‘Monferrato, paesaggio vivo’.  Il grande successo del contest e la qualità dei racconti raccolti in un’antologia, ci hanno indotto a proseguire in questo progetto con una seconda edizione del Premio che quest’anno avrà come tema ‘Monferrato, terra di borghi e di città’. Il Premio sarà aperto a chiunque voglia narrare storie, memorie, esperienze, sentimenti ispirati dai borghi e dalle città del Monferrato sotto forma di racconto inedito ambientato in una località del territorio realmente esistente e riconoscibile. I quindici racconti selezionati dalla giuria saranno premiati con la pubblicazione in un’antologia, che costituirà una rappresentazione letteraria del territorio e, al contempo, una sua promozione”. Gli elaborati dovranno essere spediti in 5 copie dattiloscritte ed anonime a “Neos edizioni srl”, in via Beaulard 31, a Torino (tel. 011/7413179), entro il prossimo 15 aprile.

La premiazione avverrà quest’autunno presso il “Salone del Senato” della Biblioteca di Casale Monferrato.

Il Comune in cui sarà ambientato il racconto vincitore verrà premiato con la targa di “Paese narrato 2024” e con l’inserimento di una sua “scheda di visita” all’interno dell’antologia. Inoltre, gli autori dei primi cinque racconti classificati riceveranno la “Targa del Premio 2024”.

Bando visibile su: www.neosedizioni.it

g.m.

Nelle foto:

–       Colline del Monferrato: Vignale vista da Sala, Ph. Eleonora Ceresa, gentilmente concessa dall’Associazione “Club per l’Unesco” di Vignale Monferrato

–       Cover antologia “Monferrato, paesaggio vivo”, Neos edizioni, 2023

–       Silvia Maria Ramasso, amministratore unico “Neos edizioni”

Visitatori in crescita al Museo Nazionale della Montagna di Torino

Nel 2023 quasi 70.000 presenze, oltre 3.000 nelle vacanze di Natale

 Il Museo Nazionale della Montagna di Torino ha registrato un +3.800 di visitatori nel 2023 rispetto all’anno precedente, totalizzando 67.891 presenze, anche grazie a un fitto calendario di mostre e iniziative sotto la guida della direttrice Daniela Berta, in carica dal 2018.

 

Bilancio positivo anche per il periodo natalizio: tra il 23 dicembre e il 7 gennaio sono stati registrati 3.478 visitatori e utenti.

 

Tra le mostre originali prodotte dal Museomontagna fuori sede, ha spiccato “Walter Bonatti. Stati di grazia – Un’avventura ai confini dell’uomo”, inaugurata presso la Galleria Civica di Bolzano l’8 novembre, che dalla sua apertura fino al 7 gennaio ha registrato 3.496 visitatori.

Saluzzo, un borgo romantico

Stradine, piccole piazze, chiese, balconi fioriti, una fortezza arroccata in cima, una atmosfera poetica decorata da storia e arte, questa è Saluzzo; molto di più di quello che ci si aspetta leggendola sulla guida, perché, pur essendo una miniatura, i contenuti sono considerevoli, la posizione suggestiva, grazie al Monviso che la domina, la ricchezza culturale sostanziosa

 Un perfetto set cinematografico, uno scenario dove ambientare film storici, ma anche storie d’amore dal sapore antico o dallo stile contemporaneo.

Una destinazione amata dai piemontesi, a cui generalmente dedicano una gita giornaliera, una meta irrinunciabile per i turisti che visitano il Piemonte.

Il Marchesato di Saluzzo risalente al XII secolo fu rigoglioso e fortunato, Manfredo, figlio di Bonifacio del Vasto diede vita ad una dinastia che durò per 14 regnanti. Il massimo splendore arrivòin seguito nel XV secolo durante il quale l’arte prosperava e si diffondeva floridamente.

Oggi Salusse, in lingua Piemontese,  è un comune di 17.200 abitanti della provincia di Cuneo, uno dei borghi medievali meglio conservati del Piemonte con bellezze urbane e artistiche di altre epoche come la settecentesca e  sofisticata Corso Italia che ci accoglie subito all’arrivo.

In entrata al curato ed elegante centro storico troviamo la Cattedrale di Santa Maria Assunta, terminata nel 1501 e attuale sede vescovile, semplice nella facciata, abbellita dalle statue di San Pietro e Paolo. E’ all’interno che esprime invece tutta la sua importanza grazie soprattutto ai diversi e magnifici dipinti e una struttura maestosa. Andando avanti verso Piazzetta dei Mondagli troviamo Casa Pellico, dove nacque e visse l’autore de Le mie prigioni. All’interno del museo molti sono i ricordi e i manoscritti appartenuti  famoso letterato e intellettuale dell’800.

Proseguendo in salita per le antiche e deliziose stradine e seguendo le indicazioni che portano  al castello, troviamo il Palazzo Comunale e all’interno la Pinacoteca Matteo Olivero.

Dopo poco finalmente ecco La Castiglia, in posizione dominante, nel punto più alto della città.  Simbolo di Saluzzo e teatro di molteplici vicende storiche, fu il vanto residenziale del Marchesato ma vide anche periodi di degrado e abbandono quando dopo il XV secolo diventò prima caserma e poi prigionefino alla fine del secolo scorso. Oggi ospita tre percorsi museali: quello della Memoria Carceraria, la Civiltà Cavalleresca e l’esposizione permanente delll’IGAV.

Riprendendo il sentiero, suggestivo e di antica bellezza, sono diverse le chiese di storico e artistico interesse che si incontrano,meritano indubbiamente una visita San Giovanni e San Bernardo.

Di singolare fascino ed eloquente per rivivere la ricchezza della vita nobiliare del Marchesato in epoca rinascimentale, è Casa Cavassa, antica residenza di Galeazzo Cavassa oggi Museo Civico.

A completare e deliziare la visita di questo luogo incantato sono le pasticcerie che espongono in vetrina attraenti creazioni e  diversi ristoranti dove gustare le specialità del posto.

A fine primavera e all’inizio dell’estate diverse sono le manifestazioni che animano questo centro artistico e romantico: a maggio la Fiera dedicata all’antiquariato, arte e artigianato, a giugno la festa della birra con C’è Fermento e a luglio il Marchesato Opera Festival, rassegna di concerti ed eventi culturali.

Maria La Barbera

Musei Reali, bilancio di un anno e nuovi progetti

All’alba del nuovo anno, i Musei Reali di Torino guardano al 2023 attraverso i numeri.

Il bilancio che ne deriva conferma la posizione di prestigio dell’istituzione torinese, che risulta tra le più apprezzate e visitate a livello nazionale.

Sono infatti 626.359 le persone che, nel 2023, hanno ammirato le collezioni e le proposte espositive dei Musei Reali, superando di 168.422 (+ 36%) il dato del 2022.

Particolarmente premiata dal pubblico (25.000 visitatori) è stata la mostra A tu per tu con Leonardo. Il genio e il suo tempoche, dal 7 aprile al 9 luglio, ha raccontato la vita e il tempo di Leonardo attraverso il prezioso nucleo della Biblioteca Reale, tredici disegni autografi e il Codice sul volo degli uccelli, affiancati da una preziosa selezione di opere dalle collezioni dei Musei Reali.

Molto gradita è stata anche l’Estate Reale, il programma connesso ai percorsi museali e alle mostre temporaneeattraverso il filo conduttore della musica che ha visto alternarsi, ai Giardini Reali e al Teatro Romano, concerti e performance.

Il successo dei Musei Reali è proseguito anche durante le feste natalizie con 40.908 visitatori tra sabato 23 dicembre e domenica 7 gennaio 2024, che conferma la crescita rispetto a quanto totalizzato nello stesso periodo dello scorso anno. L’esposizione temporanea nelle Sale Chiablese, Africa. Le collezioni dimenticate, è stata ammirata da 2.870 persone e sarà aperta fino al 25 febbraio.

Il 2024 si apre con la prosecuzione della mostra dossier Giulia & Tancredi Falletti di Barolo collezionisti, in occasione del bicentenario della nascita del Distretto Sociale Barolo. Fino al 7 aprile, la rassegna curata dai Musei Reali in collaborazione con l’Opera Barolo, celebra i marchesi Giulia e Carlo Tancredi Falletti di Barolo, personalità di spicco della società piemontese del XIX secolo, illustrandone il gusto collezionistico, le committenze e gli interessi culturali, ricostruendo il nucleo originario della loro raccolta attraverso una selezione tra le 45 opere d’arte anticadonate nel 1864 con lascito testamentario alla Regia Pinacoteca, oggi Galleria Sabauda, esposte in dialogo con dipinti e sculture un tempo parte della stessa collezione.

La primavera ai Musei Reali propone un ricco programma d’iniziative.

 

Dal 23 marzo al 28 luglio, nelle Sale Chiablese si tiene una mostra dedicata al pittore Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, protagonista della scena artistica italiana nella prima metà del Seicento. Perno del percorso espositivo è il nucleo di opere appartenenti alle collezioni della Galleria Sabauda e della Biblioteca Reale, accostate a dipinti, disegni, incisioni in prestito da musei e collezioni italiane e internazionali. In particolare, la mostra sviluppa il tema del mestiere del pittore, nelle sue relazioni con la committenza, con il mercato e con il pubblico, inserendo il percorso creativo e stilistico dell’artista nel quadro più ampio e intrecciato delle dinamiche economiche e sociali del suo tempo. 

Dal 28 marzo al 30 giugno, l’appuntamento con Leonardo da Vinci in Biblioteca Reale è dedicato quest’anno all’Autoritratto, il percorso espositivo, che si giova anche di prestiti prestigiosi, ne delinea la storia dalla sua genesi, quale testamento umano e spirituale, alla sua diffusione a partire dal Cinquecento, quale rappresentazione universale che Leonardo ha scelto di lasciare di sé alle generazioni future, fino a divenire, nell’età contemporanea, icona globale del genio da Vinci.

Per i 300 anni dalla nascita del Museo di Antichità, dal 23 aprile al 10 novembre 2024, lo Spazio Scoperte della Galleria Sabauda ospita l’esposizione La scandalosa e la magnifica. 300 anni di ricerche in Piemonte su Industria e sul culto di Iside, un viaggio attraverso la città romana di Industria, la città “mercato sul Po”, le cui sorti archeologiche hanno accompagnato la storia e le vicende del museo torinese e del casato sabaudo, tra le più antiche attestazioni in Italia del culto di Iside, dea orientale definita “La scandalosa e la magnifica” nell’Inno del III-IV secolo a. C. rinvenuto a Nag Hammadi, in Egitto. Dalla Iside Cabalistica, opera seicentesca presente nelle collezioni del duca Carlo Emanuele I, si approda a Industria-Bodincomagus, città romana alpina dalle forti connotazioni cosmopolite che lega culti locali, orientali, rapporti economici e culturali con l’Egeo orientale.

Quaglieni ricorda Bobbio in diretta Facebook

Martedì 9 gennaio ore 17 sulla pagina Facebook del Centro Pannunzio Carla Sodini dialogherà con Pier Franco Quaglieni sul tema “ Le distanze da Bobbio. A vent’anni dalla morte del filosofo. Un ricordo, non una agiografia”.  Il Centro Pannunzio che ebbe Bobbio tra i suoi amici, entra nel dibattito aperto in questi giorni sui giornali. (Nella foto Quaglieni e Bobbio)

“Le storie escono dai libri”

Finite le feste in bellezza per le famiglie che hanno scelto di portare i bambini alle Fonderie Limone di Moncalieri allo spettacolo di Silvano Antonelli, I brutti anatroccoli per la serie :”Le storie escono dai libri” con la compagnia Stilema.
Le storie sentite dalla voce di un attore rimangono nell’ immaginario e nel tempo, ancora di più se legate ad uno spettacolo animato ed interpretato con naturalezza e partecipazione, aiutano i piccoli spettatori all’ avvicinamento sia alla letteratura infantile, sia al teatro, ottima scelta educativa e un ora e mezza di spettacolo scorrevole e piacevole per i nonni è un po’ tornare bambini.

GD

“La Ferrovia” al centro dei “Dialoghi tra prosa e poesia”

 In programma presso Diagon Hall il 17 gennaio 2024

Andrà in scena il 17 gennaio 2024 presso la nuova sede dell’ARTeficIO, Diagon Hall, alle ore 19, nell’ambito dei ‘Dialoghi tra prosa e poesia’, l’incontro condotto da Gian Giacomo della Porta e da Jacopo Marenghi sul tema della ferrovia.

La ferrovia, da sempre, è un simbolo non soltanto letterario, ma che è stato capace di ispirare anche il mondo artistico legato in particolare all’universo della pittura. Se verso la metà dell’Ottocento il treno era ormai diventato il simbolo dello sviluppo industriale, dal carattere inarrestabile e molto rapido, nelle tele ricordiamo il pittore inglese William Turner che in un dipinto del 1844, diede significato al treno attraverso la pioggia, il vapore e la velocità. Nella sua tela la forza del treno che procede dritto sulle rotaie, non cede alla forza distruttrice della tempesta in corso, che sembra piegare quasi tutto, eccetto il treno stesso. È come se si trattasse di uno scontro tra due potenze in cui nessuna intende cedere: il treno a non cedere alla forza della natura procedendo sulla sua strada. Questo tema, in campo pittorico, è stato ripreso da Claude Monet che, nell’inverno del 1876, aveva preso in affitto un monolocale nella zona del Pont de l’Europe, un quartiere parigino in cui si trovava la Gare Saint Lazare, che trovò ricca di fascino e suggestione. Era attratto dai treni, dalle imponenti sagome nere in arrivo e in partenza, dalle rotaie di ferro, a volte sinuose, paragonabili a direttrici prospettiche. Era anche affascinato dall’aspetto aereo delle travature di ghisa, molto pesanti, ma dalle fattezze leggerissime, e dal fumo che usciva dalle locomotive e che andava a mescolarsi con le nebbie della città, creando giochi di luce e di colori. Tutti questi elementi spinsero Monet a dipingere una serie di oli in cui l’atmosfera della stazione era rappresentata in diversi momenti della giornata.

Guardando i binari, spesso ci coglie un senso di ignoto, come è capitato a Harry Potter salendo su quel treno che è una porta di accesso al mondo della magia.

È capitato anche a Poirot, personaggio di Agatha Christie, in “Assassinio sull’Orient Express”, in cui il treno diventa simbolo della clessidra del tempo che ci è concesso. A volte la vita, a volte una semplice storia da ricomporre.

La ferrovia è presente anche nelle storie che simboleggiano il fascino dell’Ovest americano, dove famiglie intere corrono sui binari alla ricerca della Terra Promessa. La ferrovia diviene simbolo di fuga e contemporaneamente di un nuovo inizio.

Le ferrovie hanno segnato epoche intere, sono state mezzo di conquista e disperazione. Ne sanno qualcosa gli indiani d’America che, dopo una strenua difesa, hanno dovuto lasciare le loro terre per far posto, spesso, alla costruzione delle grandi ferrovie, la nuova civiltà dei bianchi.

Nel corso dell’incontro si affronteranno questi temi attraverso le storie e le poesie di alcuni grandi autori, racconti ed emozioni impregnati di mistero, gioia e malinconia, gli stessi sentimenti che proviamo quando ci troviamo a guardare la partenza di un treno che non sappiamo se tornerà o, se lo farà, percorrendo lo stesso binario.

Mara Martellotta

“La cultura del dono” alla Biblioteca Nazionale Universitaria per i trecento anni della fondazione

A conclusione delle celebrazioni per i trecento anni dalla sua fondazione, la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino presenta la mostra “La Cultura del Dono”, dedicata al tema del dono in ambito culturale, risultato di tre anni di lavori su alcuni fondi librari conservati presso l’Istituto. La mostra è stata inaugurata mercoledì 20 dicembre alle ore 18 presso l’Auditorium della Biblioteca Nazionale, in piazza Carlo Alberto 5, con i saluti istituzionali, la presentazione del progetto espositivo e una visita alla mostra con i curatori.

Nell’agosto del 2020 la Biblioteca Nazionale ha deciso di valorizzare un corpus di libri custoditi nei suoi magazzini, recuperando circa 17 mila volumi e 11 mila opuscoli, per un totale di 556 metri lineari di opere provenienti da tutto il mondo, di cui la maggior parte antiche e di interesse culturale rilevante. Il nucleo principale di questo patrimonio è costituito da doni giunti in seguito al grande incendio della biblioteca di via Po, che innescò un’immediata gara di solidarietà.

Tra agosto e dicembre del 2020 è stata ritrovata anche documentazione inedita afferente all’archivio storico della biblioteca. Si ricostruì l’arrivo dei doni, la loro consistenza e gli scambi epistolari con i loro donatori, prima fondamentale traccia per una sistemazione fisica dei volumi.

Nasce così l’idea di un progetto integrato che, nell’ambito di un piano di conservazione, tutela e valorizzazione, ha portato alla ricognizione completa dei beni attraverso il riordino, l’inventariazione, la catalogazione dei volumi e dell’archivio storico. È anche stato realizzato un portale 3D ove è possibile sfogliare alcuni dei libri virtualmente.

La mostra si articola in un duplice livello di narrazione, di cui uno sistematico, che affronta il difficile percorso dell’acquisizione del materiale, esplicitato attraverso tre personaggi guida, una linea cronologica e i testi a corredo, e l’altro tematico, in cui a narrare ricchezza e varietà dei doni saranno i volumi stessi, organizzati fisicamente in quindici filoni narrativi.

Trai temi proposti, doni del Cinquecento, un’eleganza fragile, un opuscolo per ogni occasione.

Vittorio Amedeo II, il re fondatore della Biblioteca; Erminia Caudana, la restauratrice che guidò per oltre 50 anni il laboratorio di restauro istituito dopo l’incendio del 1904, e Stelio Bassi, il direttore che traghettò la biblioteca dalla sede di via Po a quella attuale in piazza Carlo Alberto, sono i mentori che accompagnano visitatori e visitatrici alla scoperta degli oltre ottanta volumi protagonisti dell’esposizione.

La mostra sarà visitabile fino al 22 marzo 2024, presso la sala mostre Juvarra, l’atrio annesso e la sala storica della Biblioteca Nazionale, da lunedì al venerdì dalle 10 alle 16, ingresso gratuito.

Mara Martellotta

Ecco i Re Magi, perché portano oro, incenso e mirra?

Una notte di duemila anni fa apparve in cielo una luce. Gaspare, Melchiorre e Baldassarre riconobbero il segnale che attendevano da tempo e partirono verso Betlemme in Giudea attraversando infiniti paesi in un viaggio lungo e avventuroso. I tre Re Magi, come racconta il Vangelo secondo Matteo, l’unico Vangelo che ne parla, portarono con sé un dono da offrire a Gesù bambino. Ma perché proprio oro, incenso e mirra? L’oro, donato da Melchiorre, il più anziano dei Magi, era un dono riservato ai Re e Gesù, per i tre misteriosi personaggi, era il re dei re. É il metallo più prezioso, simbolo di bellezza e luce divina, energia e ricchezza, trasmette calore e forza e da sempre è associato alla luce e al sole. Tutte le civiltà hanno usato l’oro per celebrare ed esaltare Re e divinità. L’incenso, portato da Gaspare, il più giovane dei tre, è una resina ricavata dalla corteccia di alcuni alberi e fin dai tempi antichi fu utilizzato per cerimonie religiose e rituali gradite agli dei. Il fumo dell’incenso bruciato facilitava la meditazione e la purificazione del corpo. Il magio Gaspare onora Gesù con un dono prezioso che generalmente veniva offerto in sacrificio agli dei. La mirra, resina estratta da piante che crescono in India e in Africa, veniva utilizzata nelle sacre unzioni e per conservare le salme durante i funerali. Sono tutti doni ricchi di significato e molto costosi e pertanto degni di un re. Anche la mirra, portata da Baldassarre, il re magio dalla pelle scura, è una resina molto profumata e conosciuta fin dall’antichità per le sue proprietà antibatteriche. Nella Bibbia viene citata spesso perché veniva usata come olio di unzione per profumare le vesti dei sacerdoti. Le sacre Scritture parlano di alcuni Magi ma non dicono che erano tre e neanche ci dicono che i loro nomi fossero Gaspare, Baldassarre e Melchiorre. E poi ci sarebbe anche un quarto Re Magio, non menzionato nei Vangeli ma presente nella tradizione cristiana da sempre, che rende ancora più fitto un mistero di 2000 anni. Molte leggende infatti narrano di un quarto Re Magio che non giunse mai a Betlemme perché si perse lungo la strada e si dice che per tutta la vita abbia continuato ad errare alla ricerca di quel Bambino.
Filippo Re

Il Politecnico di Torino celebra il talento di Carlo Mollino nel cinquantenario della scomparsa

All’Archivio di Stato la mostra Mollino // Politecnico Le culture dell’architettura e dell’ingegneria a Torino

 

A settant’anni dall’ingresso al Politecnico di Torino di Carlo Mollino nelle vesti di docente, a cinquant’anni dalla sua morte e dal conseguente trasferimento presso la Facoltà di Architettura del suo preziosissimo archivio di documenti, l’Ateneo intende celebrare colui che forse più di tutti ha rappresentato e rappresenta la cultura architettonica torinese nel mondo, attraverso disegni, fotografie, scritti che aiutano a conoscere e comprendere il valore di una personalità eccezionale, politecnica per ampiezza di vedute e ricchezza di contenuti.

Presso la Sezione Corte dell’Archivio di Stato di Torino, il percorso allestitivo progettato dal Politecnico di Torino, in collaborazione con l’Archivio di Stato di Torino, propone una mostra articolata in dieci differenti sezioni che esplorano la figura di Carlo Mollino attraverso la sua formazione, la sua carriera accademica e professionale, le sue opere e persino le sue bizzarrie.

Un’occasione imperdibile per raccontare il passato, il presente e magari il futuro dell’Ateneo stesso attraverso la vita e le opere del celebre architetto in un percorso non legato alla sua biografia, ma piuttosto alle varie discipline politecniche – dell’architettura e dell’ingegneria – grazie alla partecipazione corale e attiva in qualità di curatori di diversi docenti e ricercatori dell’Ateneo con formazioni estremamente diverse fra loro.

La mostra parte dalla sezione Città, a cura di Caterina Barioglio, Daniele Campobenedetto e Davide Rolfo, che testimonia di un Mollino che frequenta poco l’urbanistica, ma che comunque arriva a concepire edifici ed interi quartieri. Nella sezione Costruzione, a cura di Guido Callegari e Marika Mangosio, si indagano i concetti di “Involucro” come nel Teatro Regio e di collegamento verticale, mentre in quella dedicata al Design, a cura di Bernardino Chiaia e Pier Paolo Peruccio, vengono ricordati i tavolini, le sedute e i numerosi prodotti iconici del design italiano progettati da Mollino. Nella sezione Disegno, a cura di Maurizio Bocconcino, Giorgio Garzino, Fabrizio Natta, Enrico Pupi, Roberta Spallone, Marco Vitali e Mariapaola Vozzola, sono presentati schizzi, particolari costruttivi e progetti che evocano il rapporto tra disegno e soluzioni progettuali sul tema della casa ideale. Macchine, a cura di Enrico Cestino e Nicola Amati, racconta invece della passione per il volo e dell’acrobazia aerea di Mollino. Progetto, a cura di Antonio De Rossi e Carlo Deregibus, ripercorre le soluzioni eclettiche adottate dal maestro soprattutto per le sue architetture alpine. La sezione Scritti, curata da Michela Comba e Juan Carlos De Martin, raccoglie una selezione di racconti, articoli, libri, interventi prodotti dal 1933 al 1965; nella sezione Tecniche, a cura di Arianna Astolfi, vengono invece approfonditi la copertura e l’acustica del Nuovo Teatro Regio di Torino; in Territori, sezione a cura di Alberto Cina e Roberto Dini, viene raccontata la passione per l’alpinismo, che ha consentito all’architetto di lavorare sugli elementi naturali e sui luoghi. Infine il capitolo dedicato al Masterplan curato da Antonio De Rossi e Carlo Deregibus, che mostra l’influenza e l’ispirazione del lavoro di Mollino sui progetti di espansione e trasformazione dei luoghi del Politecnico di oggi e del futuro.

La mostra rimarrà aperta con ingresso gratuito fino al 28 gennaio 2024 e sarà visitabile nei giorni di giovedì e venerdì dalle 15.00 alle 19.00; il sabato e la domenica dalle 11.00 alle 20.00.

La mostra è realizzata a cura di:

Enrica Bodrato

Antonio De Rossi

Sergio Pace

 

Con la collaborazione di:

ARIA – Affari Generali, Relazioni istituzionali e Archivi Politecnico di Torino

Archivio di Stato di Torino

Agenzia del Demanio

Maggiori informazioni sul sito web