CULTURA- Pagina 2

Il calendario di Porta Palazzo “In palmo di mano”

Una piazza aperta come il palmo di una mano che fatica, accoglie, saluta e lavora. A Porta Palazzo, uno dei mercati più multiculturali d’Europa, convivono circa 55 gruppi differenti, ciascuno con le proprie storie e esperienze
Per narrare la pluralità delle identità di questo luogo, la Città di Torino, insieme all’Assessorato al Commercio e al MAO, Museo di Arte Orientale, presentano “In palmo di mano”, il calendario di Porta Palazzo 2026, esito di un progetto partecipato che ha coinvolto istituzioni, artisti, studenti e professionisti del territorio.
Il percorso è iniziato nell’ottobre 2025 con tre giornate di incontri rivolte alle classi de l liceo Artistico Passoni e un tour guidato dall’architetto Guido Scianca per esplorare la storia e la dinamica della piazza; la proiezione di film girati o ambientati al mercato, un successivo tour fotografico nel mercato, nel quale gli studenti hanno reinterpretato alcune scene dei film,  infine un workshop dedicato alla  creazione di font, condotto dal designer Hamza Tihouna.
Da questo lavoro sono nati i materiali  fotografici e, in particolare, un carattere tipografico originale, ispirato ai cartelli dei prezzi scritti a mano sulle bancarelle dove lingue, alfabeti e stili differenti si intrecciano in maniera imprevedibile, utilizzati per la realizzazione del calendario, il cui obiettivo finale è quello di restituire la ricchezza culturale e l’estrema vitalità di un mercato e di un intero quartiere, con le sue contraddizioni e ibridazione.
Contribuiscono a completare questo mosaico visivo  alcuni frame cinematografici del  Museo Nazionale del Cinema, che arricchiscono la narrazione con suggestioni filmiche e rimandi culturali legati alla città di Torino e alla sua storia culturale.

“Porta Palazzo  è un mercato unico, un luogo di lavoro, di scambi e di relazioni che rappresenta una risorsa sociale oltre che economica per la Città  di Torino, dove incontrare genti  e culture anche di Paesi lontani che qui convivono, immersi in una moltitudine di colori, odori e sapori – ha dichiarato Paolo Chiavarino, Assessore al Commercio- anche quest’anno la città realizza il Calendario di Porta Palazzo, progetto che in questa terza edizione,  dal titolo “In palmo di mano”, vede la preziosa collaborazione del MAO, che ne ha curato la realizzazione anche attraverso un laboratorio rivolto alle scuole e per la prima volta al Museo del Cinema. Viene presentato in una giornata, il 12 dicembre, alle soglie del Natale, dopo un anno che ha visto il restauro delle Tettoie dei Contadini e dei Casalinghi, la sistemazione delle esedra dell’area Ortofrutta e Merceria e il rifacimento della pavimentazione interna della Tettoia dell’Orologio, le cui pareti si arricchiscono da oggi di un percorso di immagini di Porta Palazzo. Il filo della memoria”.

Mara Martellotta

Ricordi di viaggio Dipinti dal Giappone al Castello di Agliè

Allestimento dei dipinti giapponesi restaurati e della Sala nuova

Dal 13 dicembre 2025

 

 

Rane musicanti che suonano tamburi, corvi, cortigiane con il parasole, donne allo specchio e uomini in volo su una mongolfiera riportati alla loro intensità originaria: al Castello di Agliè (TO) le Residenze reali sabaude restituiscono, dopo un importante intervento di restauro, un raro nucleo di 21 dipinti giapponesi ottocenteschi provenienti dalla collezione del duca Tomaso di Savoia-Genova e acquistati in Giappone durante il viaggio al comando della corvetta Vettor Pisani (1879-1881). L’allestimento, distribuito tra l’anticamera della Sala Cinese e la Sala Cinese, offre una lettura rinnovata della presenza dell’Oriente nella residenza sabauda e valorizza i kakemono su seta, mettendoli in dialogo con le armature da samurai del XVII secolo giunte ad Agliè tramite la medesima spedizione. Ricordi di viaggio. Dipinti dal Giappone al Castello di Agliè è un progetto che intreccia ricerca, conservazione e valorizzazione e, per la prima volta, permette di apprezzare l’intera collezione dopo il restauro. Completano l’esposizione, 28 vasi giapponesi da giardino in ceramica blu e bianca, acquistati a Yokohama nel 1880: antichi contenitori per bonsai originari soprattutto di Seto (provincia di Owari), già documentati negli inventari storici del Castello.

Le opere sono state oggetto di un articolato intervento di restauro a cura della Fondazione Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, con il sostegno della Fondazione CRT – bando Cantieri Diffusi, erogato tramite Art Bonus, e il contributo del Ministero della cultura. L’intervento ha affrontato le criticità tipiche dei supporti orientali su montaggi occidentali, restituendo stabilità, leggibilità e qualità estetica a questo nucleo di dipinti rimasto a lungo arrotolato in deposito, che compare già nell’inventario del 1908, quando un corridoio del secondo piano fu denominato “Galleria detta del Giappone”, segno del radicamento della raccolta nella storia del Castello.

La maggior parte dei dipinti – disegni ad inchiostro ed acquerelli su carta – porta la firma del noto pittore Kawanabe Kyōsai (1831-1889), autore di scenette satiriche, popolate di animali, caricature e rappresentazioni di vita quotidiana con personaggi giapponesi e occidentali realizzati con sorprendente rapidità esecutiva. Alcuni kakemono e dipinti sono opere a quattro mani (gassaku) nati durante i conviviali seki-ga, performance pittoriche di “pittura seduta” di moda in Giappone tra Otto e Novecento. Kyōsai in particolare è ricordato per il suo talento e l’instancabile attività che lo rendeva capace di dipingere per ore e ore e i rotoli della collezione attestano proprio questa produzione per il segno rapido e impalpabile e il tono a tratti dissacrante. Tra i suoi soggetti più ricorrenti, il corvo, a cui lega la sua fama; rane musicanti raffigurate mentre suonano tamburi, saltellano con altri strumenti o si prendono gioco di un serpente e diventano, nel mondo fantastico di Kyōsai, una rappresentazione della società per il potenziale comico che le caratterizza. In altri lavori l’artista utilizza tratti caricaturali per rappresentare gli uomini: nasi che si allungano all’infinito su cui si arrampicano strane creature, gambe sottili che si tendono per arrivare a cogliere rigogliosi frutti di kaki, giocatori di dakyu vestiti all’occidentale che si contendono la palla. Si distinguono poi i soggetti legati al mondo naturale e botanico, secondo una tradizione antica e identitaria della produzione giapponese: folti e flessuosi rami di bambù, canne e orchidee, e poi scene di genere, dalla figura femminile allo specchio alla cortigiana con il parasole, dai pescatori agli uomini in volo su una mongolfiera, mezzo di trasporto osservato con curiosità dal mondo orientale.

I vasi, invece, sono caratterizzati dall’invetriatura dal vivido colore blu intenso (ruri) ottenuta aggiungendo alla vetrina trasparente dell’ossido di cobalto. Sul fondo blu sono realizzate decorazioni con motivi geometrici o rilievi figurati come medaglioni, ventagli o motivi vegetali come corolle di crisantemo, rami di pino, foglie di loto o di felce e uccelli. Queste decorazioni più complesse erano modellate separatamente e applicate sulla superficie ceramica non ancora cotta, secondo la tecnica haritsuke. Estremamente tridimensionali, spesso di colore bianco, contribuivano a creare effetti di grande impatto visivo, volti a simulare il volo di gru e passeri fukura tra boschetti di bambù sullo sfondo di un intenso cielo blu. Oltre a questa tipologia, nella collezione è presente un unico esemplare di grande vaso dipinto con paesaggio e gru in blu e azzurro.

Il nuovo allestimento è arricchito dalla pubblicazione Ricordi di viaggio. Dipinti dal Giappone al Castello di Agliè, a cura di Laura Gallo e Giuseppe Milazzo; il volume, che offre approfondimenti sulle collezioni e sull’intervento di restauro, è realizzato da Editris ed è disponibile per l’acquisto direttamente sul sito dell’editore: www.editris2000.it.

 

«L’allestimento dei 21 dipinti e dei 28 vasi giapponesi – dichiara Filippo Masino, direttore delle Residenze reali sabaude – per noi è molto più di una semplice esposizione. Restituiamo al pubblico opere che per anni sono rimaste invisibili nei depositi, e delle quali ora possiamo cogliere la delicatezza, l’ironia e la forza espressiva, rivelando quanto le loro immagini abbiano dialogato nel tempo con la storia stessa del Castello. È il primo passo di un rinnovamento che vuole riportare il Castello di Agliè a raccontarsi attraverso le sue collezioni e un invito a riscoprire uno sguardo più intimo e più consapevole sul patrimonio che lo abita».

«Il restauro del nucleo di dipinti e degli oggetti giapponesi del Castello di Agliè rappresenta un gesto di cura verso un patrimonio che parla di incontri, di viaggi e di cultura condivisa – afferma la presidente della Fondazione CRT Anna Maria Poggi –. Restituire al Castello la bellezza originaria di questi beni significa offrire al pubblico non solo opere straordinarie, ma anche una nuova possibilità di comprendere come il dialogo tra mondi lontani abbia segnato la nostra storia. Sostenere interventi che uniscono ricerca, conservazione e valorizzazione è per noi un impegno costante nella tutela del patrimonio e nella sua trasmissione alle comunità di oggi e di domani».

«L’intervento di restauro – precisa Alfonso Frugis, Presidente del Centro Conservazione Restauro “La Venaria Reale” – ha visto un coinvolgimento multidisciplinare tra i nostri Laboratori di Restauro delle aree Carta e Fotografia e Manufatti Tessili insieme ai Laboratori Scientifici e testimonia un impegno costante e un percorso condiviso tra il Centro e le Residenze reali sabaude promotrici di un rinnovamento museologico e museografico della storica residenza dinastica».

 

Oltre alla presentazione dei dipinti, sabato 13 dicembre, si inaugura anche la rinnovata Sala nuova, ripensata come spazio introduttivo al percorso museale. Il progetto comprende un nuovo impianto di illuminazione, pannelli grafici con una linea del tempo che ripercorre gli snodi fondamentali della storia del Castello e del Parco e un modello tattile tridimensionale dell’edificio che facilita l’orientamento dei visitatori. Nell’Ottocento la Sala nuova era destinata alle funzioni amministrative come Sala dell’Intendenza e conserva ancora oggi la volta originaria, il camino e una porta storica, valorizzati dal nuovo allestimento.

Incipit Offresi a Chieri

 

Martedì 16 dicembre, ore 17.30

Il primo talent letterario itinerante che scopre nuovi autori e trasforma gli incipit in storie da pubblicare

 

Pubblicare un libro, grazie a un incipit: il primo talent letterario itinerante è alla ricerca di aspiranti scrittori a Chieri (TO). La terza tappa, la prima nel torinese, dell’undicesima edizione è in programma martedì 16 dicembre alle 17.30 alla Biblioteca Nicolò e Paola Francone. Presenta Nicole Dubois.

Incipit Offresi è un vero e proprio talent della scrittura, lo spazio dove tutti gli aspiranti scrittori possono presentare la propria idea di libro. L’obiettivo non è premiare il romanzo inedito migliore, ma scovare nuovi talenti, promuovere la lettura e valorizzare le biblioteche come luoghi di partecipazione e di promozione culturale. In 10 anni Incipit Offresi ha scoperto più di 150 nuovi autori, pubblicato oltre 80 libri e coinvolto circa 12mila spettatori l’anno, 30 case editrici e più di 80 biblioteche e centri culturali.

Partecipa Selvatiche Edizioni (Seed), la casa editrice indipendente identificata dal selvaticismo in tutte le sue accezioni più profonde.

 

I partecipanti, in una sfida uno contro uno, avranno 60 secondi di tempo per leggere il proprio incipit o raccontare il proprio libro. Il/la concorrente che, secondo il giudizio del pubblico in sala, avrà ottenuto più voti, passerà alla fase successiva, dove avrà ancora 30 secondi di tempo per la lettura del proprio incipit prima del giudizio della giuria tecnica che assegnerà un voto da 0 a 10. Una volta designato il/la vincitore/trice di tappa, si aprirà il voto del pubblico per il secondo classificato. Chi otterrà più voti potrà partecipare alla gara di ballottaggio. Il vincitore o la vincitrice di tappa si aggiudicherà un buono libro del valore di 50 euro. I primi classificati di ogni tappa e gli eventuali ripescaggi potranno accedere alle semifinali per giocarsi la possibilità di approdare alla finale, in programma a giugno 2026.

I concorrenti primo e secondo classificato riceveranno rispettivamente un premio in denaro di 1.500 euro e 750 euro. Saranno inoltre messi in palio il Premio Scuola Holden con un corso di scrittura; il Premio Italo Calvino, con la partecipazione gratuita al prestigioso premio letterario; i Premi Golem e Leone Verde, con la pubblicazione dell’opera; il Premio Miraggi costituito da una lampada artistica fatta di libri; i Premi Indice dei Libri del Mese, Fondazione Circolo dei lettori, Pagina 37 e il Premio Archimede per gli under 35, con la pubblicazione del proprio racconto nella raccolta Archimedebook e, da questa edizione, il Premio Sostenibilità, a cura del Centro Scienza, un riconoscimento speciale agli scritti che affrontano temi ambientali, ecologici e climatici.

 

Incipit Offresi è un’iniziativa ideata e promossa dalla Fondazione ECM – Biblioteca Archimede di Settimo Torinese e Regione Piemonte, con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo e la collaborazione di Emons Edizioni, Fondazione Circolo dei lettori, Scuola Holden e FUIS – Federazione Unitaria Italiana Scrittori.

Il Premio Incipit e il campionato sono dedicati a Eugenio Pintore, per la passione e la professionalità con cui ha fatto nascere e curato Incipit Offresi.

Grandi eventi, sviluppo culturale e una nuova identità: la Fondazione per la Cultura Torino presenta il programma 

 

Per la prima volta dalla sua nascita, nel 2012, la Fondazione per la Cultura Torino presenta in anteprima le linee strategiche e il palinsesto delle attività dell’anno successivo. Una novità che rappresenta un passaggio significativo nel percorso di crescita della Fondazione, con un ruolo sempre più centrale e operativo all’interno delle politiche culturali della Città di Torino. La road map del 2026 è stata presentata  nel foyer del Teatro Regio dal segretario generale Alessandro Isaia, alla presenza del sindaco e presidente della Fondazione Stefano Lo Russo e dell’assessora alla Cultura Rosanna Purchia.

“La cultura – dichiara il sindaco Stefano Lo Russo – è un importante veicolo non solo di conoscenza ma anche di inclusione sociale. Per questo, come amministrazione, anche attraverso il lavoro di Fondazione per la Cultura Torino, lavoriamo per promuovere programmi culturali accessibili e adatti ad un pubblico il più possibile trasversale. In quest’ottica nasce ad esempio il progetto finanziato con le risorse del Pnrr per la nuova Biblioteca Civica Centrale, che sorgerà nell’ex Torino Esposizioni come luogo di conoscenza all’avanguardia, accessibile e digitale, pensato come spazio di studio, ricerca e cittadinanza attiva, e che punta ad essere un esempio a livello nazionale e internazionale di come si possa favorire la crescita anche attraverso le infrastrutture culturali. Insieme alla Fondazione e alle altre istituzioni cittadine, poi, siamo al lavoro per un obiettivo ambizioso: quello di candidare Torino come Capitale Europea per la Cultura 2033”.

“Negli ultimi anni le iniziative affidate alla Fondazione per la Cultura sono cresciute in modo costante – dichiara il segretario generale di Fondazione per la Cultura Torino Alessandro Isaia –. La Fondazione, nel suo ruolo di strumento operativo delle politiche culturali della Città, rappresenta un unicum a livello nazionale. Lo confermano le richieste di approfondimento giunte da altri comuni italiani interessati a replicarne il modello, così come l’efficacia del modello gestionale che ci consente di gestire numerosi progetti, mantenendo ridotti i costi di struttura”.

Tra le principali novità che accompagnano il 2026, la Fondazione rinnova il proprio logo e l’immagine coordinata, grazie al progetto vincitore del bando promosso da Fondazione Italia Patria della Bellezza e realizzato dall’Agenzia Tembo. A partire da marzo 2026, al termine dei lavori di ristrutturazione in corso, la Fondazione avrà una nuova sede operativa, aperta al pubblico: sarà un centro informativo con bookshop e biglietteria, situato di fronte a Palazzo Civico, in piazza Palazzo di Città.

Nel 2026 la Fondazione per la Cultura Torino si occuperà della gestione di 19 programmi culturali, dei quali 8 attivi lungo tutto l’arco dell’anno e 11 manifestazioni culturali, lungo un palinsesto articolato tra aprile e dicembre.

Il 2026 sarà certamente dedicato a proseguire il percorso di Torino verso la candidatura a Capitale Europea della Cultura 2033, con l’inizio del lavoro per la costruzione del dossier.

Sul fronte della formazione proseguiranno per il terzo anno consecutivo i corsi di formazione musicale, co-gestiti con la Divisione Cultura della Città di Torino, uno dei servizi culturali più consolidati e partecipati. Nell’anno scolastico 2024–2025 il progetto ha coinvolto quasi 800 iscritti, con un’offerta che spazia dall’apprendimento del singolo strumento ai laboratori di musica d’insieme classica, jazz e pop-rock.

Continuerà e si svilupperà anche nel 2026 Torino Futura, progetto dedicato alle giovani generazioni nato nel 2023 con l’obiettivo di promuovere la partecipazione del pubblico under 18 alle iniziative culturali cittadine. Dopo i risultati del 2025 – con oltre duemila presenze di studenti a Democrazia Futura e più di 700 under 14 coinvolti nelle principali manifestazioni musicali – il progetto punterà ora a trasformare i giovani nei veri protagonisti dei processi culturali. Ad esempio attraverso la nascita di un’orchestra giovanile all’interno del Torino Jazz Festival 2026, composta da studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado e delle scuole musicali del territorio.

Sempre nell’ambito delle politiche di partecipazione e welfare culturale, tornerà La Cultura dietro l’Angolo, iniziativa in collaborazione con la Fondazione Compagnia di San Paolo. Per il 2026 sono stati selezionati 13 soggetti culturali e 10 presidi territoriali, che proporranno un programma di 390 appuntamenti distribuiti lungo tutto l’anno.

Tra le attività gestite direttamente dalla Fondazione il 2026 vedrà il lavoro propedeutico al decennale di Biennale Democrazia nel 2027. Sono previste attività di avvicinamento con le scuole e il pubblico, una pubblicazione dedicata ai vent’anni di attività e una serie di podcast sui temi più rilevanti delle precedenti edizioni.

In primavera prenderà il via la terza edizione di EXPOSED – Torino Foto Festival, in programma dal 9 aprile al 2 giugno. Promosso da Città di Torino, Regione Piemonte, Camera di Commercio di Torino, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT e Intesa Sanpaolo, il festival sarà organizzato da CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia. Il tema scelto per l’edizione 2026, con direttore artistico Walter Guadagnini, è “Mettersi a nudo”, un invito a interrogare il rapporto tra identità e rappresentazione, corpo e immagine, visibile e invisibile.

Dal 25 aprile al 2 maggio appuntamento con la quattordicesima edizione del Torino Jazz Festival, diretto da Stefano Zenni. Il programma, che aprirà con un concerto per celebrare la Festa della Liberazione, proporrà oltre venti concerti nelle principali sale cittadine, con grandi nomi della scena jazz internazionale, giovani talenti, produzioni originali e i tradizionali Jazz Blitz nei luoghi di cura, accoglienza e incontro. Il festival si conferma inoltre una fucina di nuove produzioni, come dimostra il recente riconoscimento SIAE Music Awards 2025 attribuito a una partitura commissionata proprio dal TJF.

Maggio sarà il mese del Salone Internazionale del Libro di Torino. La trentasettesima edizione, dal 14 al 18 negli spazi del Lingotto Fiere, vedrà la Grecia come Paese ospite. La Fondazione rinnova per il terzo anno consecutivo il proprio ruolo di co-organizzatore della manifestazione e per la prima volta contribuirà anche alla programmazione culturale del Salone.

L’estate sarà caratterizzata dai festival musicali cittadini e dalle attività nei punti estivi, culminando a settembre con MITO SettembreMusica, il festival internazionale di musica classica che sarà diretto per la prima edizione da Speranza Scappucci. Il programma, che aprirà a Milano e si concluderà a Torino, proporrà numerose produzioni originali che coinvolgeranno le principali orchestre nazionali e internazionali. A Torino proseguirà inoltre il progetto MITO per la Città, con numerosi appuntamenti itineranti nei luoghi di cura, assistenza e accoglienza.

Tra settembre e ottobre torneranno la Festa dello Sport e Circoscrizioni in Mostra, che si svilupperanno in otto giornate distribuite nei diversi quartieri cittadini, durante le quali le associazioni sportive e culturali locali coinvolgeranno la cittadinanza in numerose attività.

Nel mese di ottobre si terrà anche la quarta edizione delle Giornate della Legalità della Città di Torino, progetto che apre le porte dei luoghi simbolo del diritto e della giustizia – sedi istituzionali, sale consiliari, tribunali, caserme, istituti penitenziari – per trasformarli in spazi di dialogo, confronto, laboratori e performance.

Negli stessi giorni, la diciannovesima edizione di Portici di Carta trasformerà il centro storico di Torino in una grande libreria a cielo aperto, tra incontri con autori e autrici, dialoghi e attività per tutte le età.

Trasversale a tutte le attività resta infine l’impegno della Fondazione per la sostenibilità ambientale e sociale. Nel 2026 proseguirà l’implementazione di sistemi di gestione certificati, l’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi previsti dal Ministero dell’Ambiente e l’adozione di pratiche coerenti con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU. Un percorso che mira a ridurre l’impatto ambientale delle manifestazioni e a rafforzare inclusività, accessibilità e partecipazione, affinché la cultura sia sempre più un bene comune privo di barriere.

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 Fondazione Mirafiore ospita  Giada Messetti e Patrizia Balbo

La Fondazione Mirafiore, a Serralunga d’Alba, chiude l’anno con un dittico d’incontri che, pur provenendo da mondi lontani, condividono lo stesso intento: quello di leggere con sguardo critico e divertente il tempo in cui viviamo. Venerdì 19, alle ore 19, e sabato 20 dicembre, alle 18.30, la Fondazione porterà sul palco due protagoniste capaci di illuminare due realtà diverse, ma ugualmente decisive: da un lato la Cina contemporanea, raccontata da Giada Messetti, dall’altro il viaggio nel cielo guidato da Patrizia Balbo.

Parlare di Cina significa parlare anche di noi. Nel suo ultimo libro “La Cina è un’aragosta”, edito da Mondadori, Giada Morsetti, ospite del teatro della Fondazione Mirafiore di Serralunga d’Alba, venerdi 19 dicembre alle ore 19, descrivere un Paese in piena mutazione, alle prese cin un cambiamento profondo che riguarda tanto la politica quanto la società. Il giovane, alle prese con nuove incertezze, le donne, che ridefiniscono il proprio ruolo, gli anziani che si riappropriano del tempo, le città che cambiano volto per segnare un cielo sempre più limpido sopra Pechino. Un’evoluzione che ha concrete conseguenze sull’Europa e sull’Italia, e che richiede uno sguardo libero da stereotipi e pregiudizi. Sinologa e divulgative, Giada Messetti restituirà un ritratto vivo e non ideologico della Cina di oggi, mostrando come il dragono stia incidendo sulla nostra vita. Perché la Cina, come ricorda il titolo dell’incontro, non è solo vicina, ma già qui.

Sabati 20 dicembre, alle ore 18.30, l’attenzione si sposterà dal presente globale al futuro personale e collettivo, con l’appuntamento guidato da Patrizia Balbo, una delle voci più autorevoli dell’astrologia contemporanea. La Fondazione propone un incontro che invita a interrogare il cielo, non per cercare risposte magiche, ma per comprendere quali energie accompagneranno l’anno che sta per iniziare e come possono diventare un sostegno nelle nostre scelte quotidiane. Divulgatrice, consulente, ideatrice di format innovativi che intrecciano astrologia, psicologia e creatività, Patrizia Balbo offrirà una lettura chiara e coinvolgente del 2026, mettendo in relazione i movimenti dei pianeti con i temi che potrebbero caratterizzare il nuovo anno sul piano emotivo, sociale e relazionale. Il suo approccio, rigoroso e contemporaneo, restituisce all’astrologia il suo valore culturale e interpretativo, capace di aiutare ciascuno a conoscersi meglio e a guardare al futuro con lucidità e fiducia.

Ingresso libero per entrambi gli appuntamenti – prenotazione dal sito fondazionemirafiore.it

Mara Martellotta

Che gran “cinquina” di scrittrici a “Contemporanea”!

Nell’ultimo appuntamento dell’anno, il Festival ideato dalla biellese “BI-BOx – APS” chiude nello storico “Palazzo Ferrero” con cinque ospiti di alta classe

Sabato 13 dicembre, ore 15,30 – 19,30

Biella

Non poteva brindare al nuovo anno con “bollicine” migliori “Contemporanea. Parole e storie di donne”, il Festival “al femminile” realizzato a Biella da “BI-BOx-APS” (a cura di Irene Finiguerra e Barbara Masoni), giunto al suo ultimo round del 2025 con un appuntamento, in programma sabato 13 dicembre (dalle 15,30 alle 19, 30), che vedrà dialogare e invitare al dialogo cinque autrici sicuramente di gran richiamo impegnate a raccontarsi e a raccontare le loro ultime produzioni letterarie. Cinque incontri che si terranno presso lo storico “Palazzo Ferrero” (corso del Piazzo, 25), per chiudere insieme l’anno, in compagnia di parole storie idee ed emozioni ruotanti intorno ai temi delle relazioni, fra quotidianità e antiche consuetudini mai del tutto sopite. Cinque scrittrici in dialogo con il pubblico, in un critico suggestivo interfacciarsi fra loro e le loro ultime opere. I loro nomi: Maria Grazia CalandroneIrene FacherisTiziana FerrarioMariachiara Montera e Linda Laura Sabbadini.

Scrittrice, poetessa, drammaturga e artista visiva, sarà la milanese Maria Grazia Calandrone, già finalista (fra i numerosi “Premi”) allo “Strega 2021”, ad aprire i giochi, portando a Biella il suo recente “Dimmi che sei stata felice” (“Einaudi”, 2025): un romanzo, ambientato sull’insolito – per un libro di Narrativa – litorale di “Nuova Ostia”, che “mescola vicende intime e tensioni collettive” (tra Aurora, psicologa cinquantenne, già nonna, e Viola, illustratrice, nasce un sentimento intenso), nato da un’accurata indagine storica che attraversa il periodo dalla Seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri, seguendo le esistenze di ben tre generazioni di donne.

“Tutti gli uomini hanno lo straordinario privilegio di potersi far ascoltare da un altro uomo”: parole decise, dal contenuto e dai sottintesi ben chiari espressi un giorno da Irene Facheris (seconda ospite di “Contemporanea”), anche lei milanese, formatrice e attivista, dal 2014 impegnata nelle “soft skills” e nelle “tematiche di genere”. Ebbene, proprio da quelle sue succitate riflessioni e parole,  è nato prima un podcast di interviste, “Tutti gli uomini – voci maschili si raccontano per cambiare”, in cui si esprimeva l’idea che il ruolo del maschile nell’eliminazione della violenza di genere fosse centrale, anche se non semplice, e poi il libro (“Tlon”, 2025) che sarà presentato a “Contemporanea” e in cui sono state raccolte decine di testimonianze di uomini che parlano di sé, delle relazioni, delle difficoltà e delle possibilità di cambiamento. Un accorato invito ad aprire un dialogo autentico, per capire e trasformarsi.

Terzo incontro, quello con con Tiziana Ferrario, celebre volto televisivo, scrittrice e giornalista, inviata di guerra (dall’Afghanistan al Medio Oriente all’Africa) e politica estera (corrispondente da New York), nominata nel 2003 “Cavaliere al merito della Repubblica” dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nello staff del TG1 fin dai primi Anni ’80, la Ferrario metterà al centro del suo incontro a “Palazzo Ferrero”, la sua “Anna K” (“Fuoriscena”, 2025). In particolare, gli anni finali di Anna Kuliscioff, la “signora del socialismo”, dal 1912 alla vigilia del fascismo: un periodo attraversato da guerre, lotte politiche, passioni civili e figure femminili straordinarie. Quello mirabilmente tracciato da Tiziana Ferrario è un ritratto potente di una donna che ha segnato la storia italiana, narrato da un’altra donna, una delle più importanti giornaliste del nostro Paese.

A chiudere la ben combinata “cinquina” saranno Mariachiara Montera e Linda Laura Sabbadini. Salernitana di nascita ma oggi residente a Torino, la prima, foodwriter e content creator presenterà il suo ultimo libro “Sugo” (“Blackie Edizioni”, 2025), in cui emerge tutta la sua predilezione per il tema – racconto “cibo”, in pagine che invitano però a “guardare oltre il piatto, per illuminare le dinamiche che ci hanno reso le persone che siamo”. Statistica e pioniera negli studi di genere e già direttrice “ISTAT”, la seconda, arriverà a Biella con il suo “Il Paese che conta. Come i numeri raccontano la nostra storia” (Marsilio, 2025), libro in cui l’autrice ricostruisce la storia recente dell’Italia da una prospettiva unica, restituendo il ritratto di un Paese per molti aspetti diverso da quello che si penserebbe: un Paese dove gli uomini si dilettano nel ricamo e le donne preferiscono l’enigmistica, ma anche dove “più di sei milioni di italiane hanno subito violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita”. E per finire con gusto una bella “tavola imbandita”. Un ricco banchetto sì, ma a base di libri. “Disposti sopra i piatti, legati da nastri o poggiati su tovaglie di lino, i volumi – spiegano le organizzatrici – diventano i veri invitati a questo banchetto ideale. Ogni libro è un posto a tavola, un invito a sedersi, a condividere parole, storie, pensieri. La tavola è imbandita come per le grandi occasioni. Ma al centro, invece del convivio del cibo, c’è il convivio delle idee”.

g.m.

Nelle foto: Maria Grazia Calandrone (Ph. Barbara Ledda); Irene Facheris; Tiziana Ferrario (Ph. Mirta Lipsi_5) 

Attraversamenti inconsueti

L’opera degli antropologi Arduino Catini e Barbara Carraro, “Il respiro di Banaras”(Gondur edizioni del Centro studi Silvio Pellico, collana Etnograffi), ha innescato un’esperienza di prossimità e immersione. Dopo l’incontro all’Università di Torino, dall’11 dicembre ha avuto avvio una serie di appuntamenti sul territorio regionale. Il tour “Attraversamenti inconsueti” e stato stimolato dall’opera sopracitata, riuscito connubio tra rigore scientifico e potenza narrativa. Si tratta di un’idea di promozione nomade, capace di far vivere il libro fra le persone e le comunità, al di là delle aree e dei circuiti di distribuzione. Dall’11 al 20 dicembre, dopo l’incontro all’Università di Torino, con il prof. Gianni Pellegrini, curatore dell’opera, nel pomeriggio del 10 dicembre il tour si è attestato in Piemonte. Nei vari appuntamenti, come avvenuto nelle 40 tappe in centro Italia, sarà possibile incontrare aneddoti e personaggi del libro, tra cui la donna in catene, la lavandaia eletta “libera officiante del rito”, la delicata, saggia, lucente forza di Hari Dastyagi, il mistero e l’ombra di RudraNat, e un’umanità che si arrangia e arranca, commercia, accoglie o imprigiona, trasmette o ricerca le vie del corpos, del sacro, del sé, della saggezza e della liberazione, tra meraviglia e turbamento. Emergeranno spazi inconsueti di affermazione e libertà. Antropologi, etnografi, ricercatori, gli autori propongono ben più di una presentazione, ma un viaggio sui sentieri dell’India tra narrazione poetica, etnografia e riflessione antropologica, un testo che nasce da un percorso inconsueto tra India e Occidente.

Per immergersi nell’esperienza, il blocco del tour è su https://attraversamenti.blog/

Mara Martellotta

“Egitto. Nothing But Gold”, la mostra firmata dal fotografo Al Salerno

Da “Combo” a Torino, anteprima sull’Egitto d’oggi

Domenica 14 dicembre, ore 17,30

Quando nel 1922, fu chiesto al famoso archeologo britannico Howard Carter che cosa mai riuscisse a vedere dallo spioncino di una tomba, scoperta in Egitto nella Valle dei Re, durante gli scavi finanziati da Lord Carnarvon, Carter rispose con la celebre frase “Nothing But Gold – Nient’altro che oro, solo oro”. Ma quella non era una tomba “qualunque” e quella scoperta segnò un’era. La tomba, infatti, era quella di Tutankhamon (nota anche come “KV62”), giovane faraone della XIII dinastia – durante il periodo della storia egizia noto come “Nuovo Regno” – che salì al trono a solo nove anni e morì nove anni dopo, a 18. Tomba ritrovata quasi intatta, la sua scoperta ricevette ai tempi una copertura mediatica mondiale, suscitando un rinnovato interesse pubblico per l’Antico Egitto, per il quale proprio la “maschera funeraria” del giovane faraone, conservata nel “Museo Egizio” del Cairo, rimane forse il simbolo più popolare. Tant’è che reperti provenienti dalla sua tomba hanno compiuto negli anni il giro del mondo. E perfino le parole pronunciate da Howard Carter divennero lapidarie nel loro esaltante stupore. E dunque, eccole ancor oggi accompagnare, nel titolo, “Egitto. Nothing But Gold”, la mostra – parte del più ampio Progetto “A occhi aperti” – del fotografo analogico torinese (di base a Palermo) Al Salerno, ospitata in una decina di eccellenti e suggestivi scatti negli spazi del “Combo”, innovativo “hub culturale e ricettivo” situato a Porta Palazzo nell’ex “Caserma dei Vigili del Fuoco”, in corso Regina Margherita 128, a Torino.

Curata dal fotografo torinese Stefano Carini, l’esposizione è visibile la prossima domenica, 14 dicembrealle 17,30, nell’ambito del pomeriggio culturale “Spedizione in Egitto”, pensato per raccontare, in modo particolare, l’Egitto di oggi e per mostrare e raccontare il nuovo “Museo Egizio” de Il Cairo – riaperto il 4 novembre scorso con i suoi oltre 100mila reperti, tra cui l’intera collezione del “tesoro di Tutankhamon” esposta per la prima volta al completo – per finire con l’esposizione delle immagini del “Deserto Bianco”, chiuso alle rotte turistiche per oltre dieci anni a causa di problemi di sicurezza.

L’intera organizzazione dell’evento si deve ad “Archètravel”, tour operator torinese che, da sempre, si occupa non solo di organizzare viaggi, ma anche di proporsi come “motore d’iniziative culturali”. Dopo aver dato vita, negli scorsi anni, a “Guide” e “Podcast”, ora “Archètravel” organizza anche iniziative culturali dal vivo: la giornata torinese sarà la prima e verrà poi replicata a Milano, Bologna e Roma.  Non solo. A queste ne seguiranno, infatti, altre su Paesi diversi e la proposta non si fermerà a questo: “La nostra concezione del viaggio – spiegano infatti i responsabili, Andrea Dattoli e Tiziano Salerno – nasce dal significato originario del ‘Grand Tour’, quello che si sviluppò tra il XV e il XVI secolo: un percorso pensato per la formazione dell’individuo attraverso l’incontro con il mondo. Non un viaggio di mera fruizione, ma un’esperienza per crescere, osservare, dialogare, lasciarsi attraversare dalla storia, dall’arte, dalle comunità”.

Nel corso del talk, moderato dalla giornalista Chiara Priante, si potranno ascoltare i racconti di Alberto De MinTour Leader e Travel Designer, e Federico Genre, Product Manager di “Archètravel”, che racconteranno l’Egitto di oggi, al di là delle rotte più note, oltre alla voce del fotografo Al Salerno e del curatore Stefano Carini, nonché a quella dei fondatori di “Archètravel” ed esperti viaggiatori, Tiziano Salerno e Andrea Dattoli.

“ ‘Nothing But Gold’ – spiega il curatore Stefano Carini – è un diario visivo che trasforma un’esperienza individuale in un linguaggio condivisibile. Ciò che l’autore restituisce non è l’Egitto come concetto, ma l’Egitto come incontro: una terra stratificata, complessa, in cui la bellezza convive con l’inesorabile. E dentro questa complessità, ciò che emerge con più forza – nelle persone, nei colori, nella luce – è quella stessa percezione che Carter tentò di tradurre un secolo fa aprendo per la prima volta da millenni la tomba di Tutankhamon: un sentimento di meraviglia che, pur non essendo mai spettacolare, rimane innegabile”.

Parole che ben concordano con le affermazioni dello stesso fotografo Al Salerno“Non ho nessun dubbio su cosa sia la cosa che più mi ha colpito tra caotiche città e deserti silenziosi: l’anima della gente. La gentilezza dei volti, l’empatia mai centellinata. Il mio viaggio è stato questo e questi sono i miei ricordi in fotografia. E quando qualcuno mi chiederà che cosa ho visto laggiù non potrò che rispondere in un solo modo: ‘Nothing But Gold’”.

Attenzione! Nel corso della serata è previsto anche un aperitivo. Per partecipare: https://www.archetravel.com/live/evento-egitto-torino/

Per info: “Archétravel”, via Frassinetto 49, Torino; tel.011/19821722 o www.archetravel.com

Gianni Milani

Nelle foto: Al Salerno “Alle piramidi di Giza”, Il Cairo, 2025; “Templi di File ad Aswan: Alberto De Min, Tiziano Salerno e Alberto Salerno”; “Al mercato di Downtown”, Il Cairo, 2025

Aperta la selezione per “Fringe in progress” 2026

“Fringe in progress” è la selezione aperta ai progetti work in progress che necessitano di residenze artistiche, tutoraggio, supporto tecnico, accompagnamento alla finalizzazione e diffusione. La call è dedicata ad artisti e compagnie under 35 che operano in Italia. Il bando è aperto fino a venerdì 19 dicembre 2025. Con “Fringe in progress”, il festival conferma la sua volontà di sostenere i progetti creativi offrendo spazi, tempi e occasioni d’incontro con professionisti del settore. Il progetto prevede un momento di presentazione tra compagnie e artisti selezionati e gli operatori di Fringe in rete, nata nel 2019 per favorire la circuitaziknenazionale degli spettacoli. La curatela e selezione dei progetti sarà guidata dalla direzione artistica del Torino Fringe Festival, in collaborazione con una commissione di mentore composta da Settimo cielo (Arsoli), Compagnia Abbondanza-Bertoni (Rovereto), Spazio KOR (Asti), Teatro del Carro residenza MigraMenti (Badolato). Dal 2013, il Torino Film Festival è uno dei principali appuntamenti nazionali dedicati alle arti performative contemporanee e al teatro OFF, capace di coinvolgere centinaia di compagnie nazionali e internazionali, per più di 3 mila repliche in 120 spazi tra teatri, luoghi non convenzionali, al chiuso e all’aperto, raggiungendo migliaia di spettatori. La 14esima edizione è in programma dal 19 al 31 maggio 2026. A “Fringe in progress” possono partecipare artisti e compagnie residenti in Italia, professionisti del settore con almeno il 50% dei componenti under 35, con progetti appartenenti a qualsiasi ambito performativo. Ogni artista/compagnia può proporre il proprio progetto.

www.torinofringe.it

Mara Martellotta

La “conversione” di Vito. A Fossano, secondo appuntamento di “Granda in Rivolta”

Con la presentazione del libro di Vito Alfieri Fontana “Ero l’uomo della guerra”

Domenica 14 dicembre, ore 18

Fossano (Cuneo)

Da fabbricante d’armi a coraggioso “cacciatore” di mine. Un gran salto. E una storia di redenzione, tormentata e dolorosa, quella che racconta Vito Alfieri Fontana nel suo libro (scritto a quattro mani con il giornalista Antonio Sanfrancesco“Ero l’uomo della guerra. La mia vita da fabbricante d’armi a sminatore” (Ed. Laterza, 2023). Libro che, insieme al suo autore, sarà protagonista di presentazione e discussione nella serata organizzata a Fossano (Cuneo) dall’Associazione “Grande in Rivolta”domenica 14 dicembre (alle 18) presso la “Vineria in Piazzetta” di via Garibaldi 40.

Un appuntamento sicuramente di grande attualità, visti i tempi di incredibile ferocia bellica che da più parti tormentano il nostro mondo. Senza segnali concreti e credibili, nonostante i proclami (proclami al vento!) da parte dei Potenti “burattinai” della Terra, di possibili venti di pace all’orizzonte. “Un appuntamento – sottolineano gli organizzatori – di profonda riflessione sulle responsabilità individuali e sull’industria bellica”, tanto più nella sua messa in gioco di esperienze personali che, ancor oggi, sono dolorosi strappi nella carne di chi a quel “gioco al massacro” ha prestato una parte importante della propria vita, delle proprie competenze e dei propri guadagni.

Al centro dell’incontro fossanese, infatti, sarà lo stesso Vito Alfieri Fontana, ingegnere e per circa vent’anni, dal 1977 al 1993, la mente della “Tecnovar italiana” di Bari, una delle più grandi aziende produttrici di “mine antiuomo” e “anticarro” a livello mondiale. In quel periodo, Fontana ha progettato, costruito e venduto oltre due milioni e mezzo di mine antiuomo. E forse non avrebbe mai smesso, se a un tratto nella sua vita non avesse deciso di imboccare, a seguito di una profonda crisi d’identità e di coscienza, la sua personale “via di Damasco”, alla ricerca di quella miracolosa “luce” capace di sconfiggere definitivamente le “tenebre” dell’anima. Ma, soprattutto, a fare di lui un altro uomo fu la semplice innocente domanda del figlio allora di otto anni Ma papà, con il lavoro che fai anche tu sei un assassino? Parole ingenue e, nello stesso tempo, terribili che toccano a fondo il cuore di Fontana e che nell’immediato gli fanno decidere di dare una svolta alla sua vita e di chiudere, nel 1993, con l’azienda di famiglia, proprio in parallelo con l’avvio della “Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo”.

Due anni dopo, inizia quella che lui stesso definisce la sua “seconda vita”: da “armaiolo” diventa “sminatore”, trascorrendo quasi vent’anni, dal 1999 al 2016, nell’area balcanica (Kosovo, Serbia, Bosnia) come “capo missione” per progetti umanitari, prima con l’“Ong Intersos” e poi con la “Cooperazione italiana”.
Ho progettato, costruito e venduto due milioni e mezzo di mine antiuomo. Ne ho tolte migliaia, per quasi vent’anni… Dal punto di vista numerico, il bilancio è impari. Da quello della mia coscienza pure, perché il male compiuto resta. Per sempre” scrive Fontana nel suo libro.
Il libro non è solo una storia personale di redenzione, “ma un’analisi cruda e senza reticenze – si sottolinea – del mondo delle armi, che interroga ciascuno sulle responsabilità rispetto ai fatti della storia”. Si parla della quantità di mine prodotte – del modello di punta la “Tecnovar” ne produceva 3mila al giorno – e della loro micidialità. L’autore affronta anche temi come l’uso dell’uranio impoverito e l’impatto disastroso delle armi sui civili.
Al termine della presentazione, ci sarà la possibilità di cenare e intrattenersi con l’autore e il co-autore. Per l’apericena è richiesta la prenotazione ai numeri 0172/633706 o 331/7502831.
Intanto giovedì 11 dicembre proseguono gli appuntamenti di “Granda in Rivolta” alla “Biblioteca di Trinità” (Cuneo); ospite Giulia Arduino, ricercatrice del “Laboratorio di Storia delle Alpi”, che presenta “Che ne sarà di noi? Ricordi di partigiani piemontesi a ottant’anni dalla Liberazione” (“arabAfenice”, 2024), portando testimonianze preziose sulla Resistenza piemontese.

 

Per ulteriori info: “Granda in Rivolta”, Fossano (Cuneo); tel.0172/633706 o grandainrivolta@gmail.com

 

g. m.

 

Nelle foto: Vito Alfieri Fontana; Cover “Ero l’uomo della guerra. La mia vita da fabbricante d’armi a sminatore” (Ed. Laterza, 2023); Vito Alfieri Fontana nelle vesti di “sminatore”