CULTURA- Pagina 2

‘Bruno Barbey, gli Italiani’, a Palazzo Falletti di Barolo dal 12 settembre

Dal 12 settembre prossimo Palazzo Falletti di Barolo ospiterà, fino all’11 gennaio 2026, la mostra fotografica dedicata a Bruno Barbey, in collaborazione con Magnum Photos e l’archivio Bruno Barbey.

L’esposizione, che si intitola “Bruno Barbey. Gli Italiani” è  prodotta da Ares e nasce da una selezione eseguita dallo stesso artista,  nato in Marocco nel 1941 e deceduto a Parigi nel 2020, una selezione composta da un centinaio di fotografie in bianco e nero scattate tra il 1962 e il 1966.

Si tratta di una mostra di fotografie che raccontano l’Italia all’epoca del cosiddetto miracolo economico, immagini di un’Italia, quella degli anni Sessanta del secolo scorso, vista attraverso le istantanee di Bruno Barbey, fotografo francese di origini marocchine, uno dei maestri di Magnum Photos che, in oltre cinquanta anni di  carriera, ha documentato conflitti internazionali e mutamenti sociali in tutto il mondo.
Tra il 1962 e il 1966, poco più che ventenne, Bruno Barbey ha esplorato la penisola italiana in tutta la sua estensione, al volante del suo maggiolino  Volkswagen, documentando una società in completo mutamento, da una parte ancora fiaccata dalla guerra, ma dall’altra già rinvigorita da nuove speranze, con il Nord lanciato verso il sogno metropolitano e il Sud che procedeva a fatica nella ricostruzione.
Bruno Barbey costruisce un vero e proprio affresco visivo di un’Italia in via di trasformazione, sospesa tra modernità e tradizione, tra sviluppo economico e tensioni sociali. Il suo approccio, profondamente empatico e mai invadente, riesce a cogliere l’essenza vera degli italiani nel loro senso di comunità, nella loro teatralità, resilienza e gioia di vivere.
Attraverso i suoi ritratti di mendicanti, aristocratici, suore, bambini di strada, ci ha restituito uno dei reportage più vividi dell’Italia degli anni Sessanta.
“Gli Italiani” di Bruno Barbey rappresentano un documento prezioso, capace di far rivivere un passato recente con uno sguardo nuovo e di far riflettere sull’identità culturale del nostro Paese. Il centinaio di fotografie in bianco e nero che compongono la mostra sono state selezionate dall’artista poco prima della sua scomparsa.

Mara Martellotta

Torna “Attraverso Festival”

Tra pensiero critico, grande musica, comicità e poesia nei paesaggi patrimonio UNESCO del Piemonte meridionale

dal 28 al 31 agosto

Giovedì 28 agosto
OVADA (AL), Parco Villa Gabrieli
ore 18.30
RAFFAELLA ROMAGNOLO
Manuale per scrittori di successo
con la partecipazione di Paola Bigatto

Venerdì 29 agosto
CASTELLAZZO BORMIDA (AL), Chiesa di Santa Maria della Corte
ore 21.00, ingresso 20 €
STEFANO MASSINI
La ricerca della felicità
musiche dal vivo di Luca Roccia Baldini

Sabato 30 agosto
MORNESE (AL), Piazza del Municipio
ore 21.00, ingresso 18 €
UMBERTO GALIMBERTI
Dialogo con Platone sulle cose dell’amore

Domenica 31 agosto
ALESSANDRIA (AL), Teatro Alessandrino
Ore 21.00, ingresso 25 €
FILOSOFÀ – Disquisizioni comiche da divano
con CORRADO NUZZO e MARIA DI BIASE
la partecipazione di MATTEO SAUDINO
con Orchestrina Filosofante e Federico Basso
in occasione del Capodanno alessandrino
incursioni urbane con la BANDAKADABRA
Dopo una breve pausa ricomincia la decima edizione di Attraverso Festival che porta nel cuore del Piemonte meridionale grandi protagonisti della cultura, della filosofia e del teatro. Dal 28 al 31 agosto sarà la provincia di Alessandria a farsi palcoscenico di quattro appuntamenti di grande richiamo, che intrecciano narrazione, pensiero e comicità.

Si comincia giovedì 28 agosto a Ovada con Raffaella Romagnolo, finalista al Premio Strega, che insieme a Paola Bigatto presenta il nuovo Manuale per scrittori di successo: un incontro che unisce letteratura e teatro, offrendo al pubblico una riflessione ironica e disincantata sul mestiere dello scrivere.

 

Venerdì 29 agosto a Castellazzo Bormida sarà protagonista Stefano Massini, tra i più grandi narratori italiani, con La ricerca della felicità, accompagnato dalle musiche di Luca Roccia Baldini: un affresco potente che intreccia storia e attualità, capace di restituire in scena le contraddizioni e i sogni del nostro tempo.

Sabato 30 agosto il cortile del Collegio Santa Maria Mazzarello a Mornese accoglie il filosofo Umberto Galimberti, che in dialogo con Platone affronta il tema eterno e sempre attuale dell’amore: uno spazio di riflessione che unisce la classicità alla contemporaneità, con il rigore e la passione che caratterizzano il suo pensiero.


Umberto Galimberti, foto di Fabrizio Travaglio

Gran finale a Alessandria domenica 31 agosto per il “Capodanno alessandrino”, dove il Teatro Alessandrino ospita Filosofà – Disquisizioni comiche da divanoCorrado Nuzzo e Maria Di Biase, insieme al professore-filosofo Matteo Saudino, all’Orchestrina Filosofante, a Federico Basso e con le incursioni urbane della travolgente Bandakadabra, danno vita a uno spettacolo che mescola filosofia, musica e comicità per la manifestazione, nata nel 2004 grazie all’intuizione della fondatrice Monica Moccagatta, che dedica la ventiduesima edizione “all’anno cibernetico”.

 

 

Attraverso Festival è un progetto dell’Associazione Culturale Hiroshima Mon Amour ETS e Produzioni Fuorivia con la collaborazione dell’Ente Aree Protette Appennino Piemontese. Con il patrocinio di Unesco World Heritage List – Paesaggi Vitivinicoli di Langhe Roero e Monferrato, è realizzato grazie al sostegno di Ministero della Cultura, Regione Piemonte e grazie al contributo di Fondazione CRT, Fondazione CRC, Fondazione CRAL e di Banca d’Alba. Con la collaborazione e il sostegno dei comuni di Alessandria, Alba, Bergolo, Bosio, Bra, Busca, Calamandrana, Casale Monferrato, Cassano Spinola/Gavazzana, Castellazzo Bormida, Canelli, Cherasco, Gavi, Gamalero, Grinzane Cavour, La Morra, Morbello, Mornese, Nizza Monferrato, Novi Ligure, Ovada, Rocca Grimalda, Saluzzo, San Cristoforo, Savigliano, Trisobbio. Un ringraziamento speciale va inoltre alla Direzione Regionale Musei Piemonte, ai numerosi soggetti che operano sul territorio e che sono partner fondamentali di questo Festival: Fondazione Amleto Bertoni, Occit’amo, Distretto del Novese, Amici del Forte di Gavi, Associazione Libarna Arte Eventi, Enoteca Regionale Piemontese Cavour – Castello di Grinzane, Ente Turismo Langhe Monferrato e Roero, Alexala, i Consorzi dei vini, i produttori, le associazioni culturali e sociali del territorio.

www.mailticket.itI biglietti per gli spettacoli si possono acquistare tramite il circuito

Liberty misterioso: Villa Scott

Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato

È luomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nellarte 

Lespressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo luomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché  sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare.

Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo.  Non furono da meno gli  autori delle Avanguardie del Novecento  che, con i propri lavori disperati, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto Secolo Breve.

Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di ricreare la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i ghirigori del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa ledera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di unarte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che larte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso. (ac)

Torino Liberty

1.  Il Liberty: la linea che invase l’Europa
2.  Torino, capitale italiana del Liberty
3.  Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio
4.  Liberty misterioso: Villa Scott
5.  Inseguendo il Liberty: consigli “di viaggio” per torinesi amanti del Liberty e curiosi turisti
6.  Inseguendo il Liberty: altri consigli per chi va a spasso per la città
7.  Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità
8.  La Venaria Reale ospita il Liberty:  Mucha  e  Grasset
9.  La linea che veglia su chi è stato:  Il Liberty al Cimitero Monumentale
10.  Quando il Liberty va in vacanza: Villa  Grock

Articolo 4. Liberty misterioso: Villa Scott

Talvolta il cinema va in cerca di luoghi suggestivi e unici, per rendere la pellicola ancora più indimenticabile. Uno di questi ambienti da cellulosa si trova nella collina torineseuna villa silenziosaNascosta in un elegante “vedo non vedo” tra il verde degli alberil’abitazione si affaccia indifferente sul panorama torinese che si prostra poco più in  delle sue fondamenta. È Villa Scott, situata in Corso Giovanni Lanza 57, uno dei più fulgidi esempi dello stile floreale a livello nazionale. Il committente, Alfonso Scott, consigliere delegato della Società Torinese Automobili Rapid, nel 1901 acquista un appezzamento di terreno precollinare affidando l’incarico di costruire una villa per la propria famiglia all’ingegnere Fenoglioche allora aveva 36 anni

Fenoglio si impegna nella costruzionedando al  progetto caratteristiche architettoniche di alto pregio, con una chiara apertura al Liberty, e con prospetti caratterizzati da decorazioni floreali in litocemento e in ferro battutoAlla morte di Alfonso Scott, la villa passa alle Suore della Redenzioneche la utilizzano per ospitare un collegio femminilenoto con il nome di Villa Fatima. Fenoglioche lavora al progetto di Villa Scott in collaborazione con il collega Gottardo Gussonirisolve le difficoltà di realizzazione – dato che vi è un dislivello di ben 24 metri tra la villa e il cancello d’ingresso – con una scalinata e con l’inserimento di diversi corpi di fabbricaaccanto al complesso principale lievemente curvilineo della villa. Il volume della costruzione è arricchito da un apparato decorativo che trae vita anche dalla scala esternaL’edificio viene completato nel 1902, anno in cui Fenoglio si dedica anche alla palazzina Fenoglio-La Fleur di corso Francia angolo via Principi d’AcajaNel contesto dell’ampio spazio verde in cui è ubicata Villa Scott, si stagliano netti i due corpi laterali a torrettauno su quattro livelliun altro sutre, ma con un bovindo quadratocollegati da una veranda vetrata sormontata da una terrazza.  La pianta di Villa Scott è amabilmente articolata in un gioco di loggebovindivetrategli elementi litocementizi di finitura murariaripieni e turgidi con misura, quasi rinviano all’ultimo barocco, con radiosi richiami ecletticiLa fantasmagoria floreale, la fitta lavorazione del terrazzinogli ariosi loggia-ti laterali, la decorazione a stucchi e boiseries di color crema e oroil tutto perfettamente in armoniacon l’arredo interno, un mobilio apertamente ispirato a un fioritoLuigi XVI, ne fanno una dimora elegante e raffinata, e piuttosto suggestivatanto che il regista Dario Argento vi ha ambientato uno dei più celebri gialli italianiProfondo rosso, del 1975.

Villa Scott viene infatti scelta per essere la villa del bambino urlante e gioca un ruolo essenziale per lo svolgimento della trama: è tra queste mura che si trova la soluzione del mistero. Tra gli appassionatialcuni indentificano la sfarzosa e terribile residenza del film giallo-horror con l’altrettanto celebre Villa Capriglioanch’essa situata in collina e nascosta tra la vegetazionesede inquietante di vicende 

orrorifichepurtroppo più veritiere rispetto a quelle altrettanto spaventose ma irreali di Villa Scott. 

Occorre ricordare che all’epoca delle riprese la villa era utilizzata come collegio femminile e abitata da suore e fanciulle che ovviamente non potevano rimanere  mentre veniva girato il film. La produzione dovette allora trovare un escamotagepoiché non si poteva abbandonare quella location così perfettamente suggestiva! Si decise dunque di offrire un periodo di villeggiatura a Rimini alle suore e a tutte le ragazze del collegio, le quali non opposero alcuna obiezione e con la loro vacanza inaspettata contribuirono alla realizzazione di una delle pellicole horror più conosciute. Dopo un breve periodo di abbandono, la villa è stata  restaurata e adibita a residenza privata.

Alessia Cagnotto

La Torino oscura di Profondo Rosso

Cinquant’anni fa, nel settembre del 1974, iniziavano a Torino le riprese di Profondo Rosso, un film che sarebbe diventato un riferimento classico per gli appassionati di cinema, uno dei migliori thriller italiani di sempre. Il regista Dario Argento per la terza volte sceglieva la prima capitale d’Italia e le sue atmosfere magiche dove si scorgono, oltre alle piazze e alle vie più note del centro, il Teatro Carignano, la Galleria San Federico e piazza CLN, dove si riconoscono le fontane di fronte alle quali Gabriele Lavia e David Hemmings assistono al primo terribile delitto del film, quello della sensitiva Helga Ullman ( l’attrice Macha Méril). Hemmings (che nel film interpretava il pianista inglese Marc Daly ) incrociò sulla collina torinese alcune dimore importanti come Villa della Regina (residenza storica dei Savoia), lungo la Strada Comunale Santa Margherita, per poi raggiungere l’obiettivo della sua ricerca: Villa Scott, in Corso Giovanni Lanza, 57.

 

È quella, infatti, la lugubre “villa del bambino urlante” che si trova in Borgo Po, sulle colline della città: un edificio bellissimo, uno degli esempi più straordinari dell’art decò. “L’avevo scoperta per caso — confessò il regista — mentre giravo in auto in cerca di posti interessanti dove girare il film. La villa era in realtà un collegio femminile diretto dalle monache dell’Ordine delle Suore della Redenzione e, siccome ne avevo bisogno per un mese, offrii alle occupanti una bella vacanza estiva a Rimini, dove si divertirono tantissimo. Con noi restò una monaca-guardiano, che sorvegliò le riprese con austerità”. Un’ulteriore curiosità merita di essere segnalata. Quando Marc, nel film suonò al campanello di casa del suo amico Carlo, si trovò di fronte la madre di lui (Clara Calamai) che lo fece entrare in un appartamento ricco di cimeli e foto d’ogni sorta. La casa era davvero quella dell’attrice e, quindi, ciò che si vede nel film era probabilmente in gran parte ciò che davvero c’era in quell’appartamento nel 1974, diventato set per l’ultima avventura cinematografica della grande interprete del cinema italiano. Il film, quinta prova dietro la macchina da presa per Dario Argento, uscì nelle sale il 7 marzo 1975 e lo consacrò, grazie al successo, come il vero maestro del brivido made in Italy.

Marco Travaglini

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Un  violento antisemitismo che riaffiora dal passato – Ungaretti fascista  e il mancato Nobel – La notizia e la malattia – Lettere

Un  violento antisemitismo che riaffiora dal passato
Salvo Umberto Terracini e pochi altri, i comunisti sono sempre stati anti israeliani.  Il loro antisionismo diventava spesso  anche antisemitismo. Il sionismo ha avuto  prevalentemente  una matrice socialista non marxista e questo aspetto socialdemocratico era un’altra delle fobie dei comunisti che  ad un certo punto odiarono Craxi più di Almirante. Vedo che si sta riscoprendo persino l’adesione di gran parte degli ebrei italiani  al fascismo, al fine di denigrarli, dimenticando volutamente  le leggi razziali del 1938, la deportazione in Germania e il loro sterminio. Magari torneremo anche a dover leggere pagine negazioniste o forme di esaltazione del Gran Mufti’ di Gerusalemme  che fu alleato di Hitler nella caccia agli Ebrei. Il clima odierno prevalente  è quello di un antisemitismo che divampa in Italia e in Europa in modo sempre più virulento e colpisce gli ebrei, come ha denunciato il presidente della comunità ebraica  di Milano.
L’attacco del 7 ottobre è stato dimenticato. Io non sostengo Netanyahu da cui anzi dissento, ma non posso per altri versi  sostenere in modo acritico la Palestina che come Stato non esiste e quindi non può essere riconosciuto. I primi a diffidare dei Palestinesi sono i Paesi arabi confinanti con quell’area maledetta. Chi scrive ha sempre diffidato dalla politica filoaraba di molti governi Italiani, citata oggi  come esemplare da chi avversò quei governi. La stessa Lega araba ha diffidato Hamas a non insistere con le sue imprese terroristiche. In molti post comunisti è riaffiorato l’antisemitismo della loro giovinezza in nome del quale Stalin uccise e deportò milioni di ebrei, seguendo e inasprendo la logica antisemita dell’ impero degli Zar. Anche Putin, il nuovo zar post – sovietico è antisemita. Circolano pure in Italia eleganti magliette con la controversa bandiera della Palestina esibite  snobisticamente anche al mare e un po’ dappertutto come una specie di divisa. L’episodio più folle mi è sembrato quello di un medico e di un’infermiera che gettano farmaci israeliani. Secondo gli autori, che si sono anche filmati,  il loro sarebbe “un gesto simbolico per la pace”. L’atto non merita un commento.

Merita invece solidarietà Tommaso Cerno (nella foto di copertina), direttore del “Tempo”, letteralmente aggredito e minacciato di morte  da  gruppi anarchici  per le inchieste giornalistiche sulla contiguità tra ambienti politici italiani ed estremisti arabi. C’è da sperare che a Cerno giungano tutte le più alte solidarietà a tutela della libertà di stampa minacciata. E’ scontato il sostegno della presidente del Consiglio e di alcuni governatori del Centro – destra. Va riconosciuta la solidarietà  a Cerno di Giuseppe Conte, non così scontata. Ma non basta, perché essere solidali con chi è stato minacciato di morte è un dovere da parte di tutti coloro che rifiutano la violenza. Difendere la libertà di pensiero e di stampa è un dovere elementare di tutti. C’è da augurarsi che la campagna di odio non abbia cancellato  anche  la tolleranza volterriana di chi non condivide le idee altrui. Voltaire diceva di voler lottare fino alla morte per difenderle.
Oggi la faziosità è tale che l’idea di Voltaire appartiene ad un passato remoto.  Per altri versi lo stesso filosofo e polemista francese era, a sua volta, un intollerante. Ciò non giustifica chi, di fronte alle minacce contro Cerno e i giornalisti del “ Tempo”, volta gli occhi da un’altra parte, fingendo di non capire. Ma ci sono anche gli estremisti filo-palestinesi, i fondamentalisti  professionali che da sempre  stanno dalla parte dei violenti. E sono orgogliosi della loro faziosità manichea contro la democrazia liberale e l’Occidente.
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Ungaretti fascista  e il mancato Nobel
Giuseppe Ungaretti fu fascista e amico di Mussolini che conobbe durante la I Guerra Mondiale. La sua prima raccolta di poesie divenuta poi “L’allegria “venne dedicata al futuro Duce di cui si dichiarò “fieramente” sostenitore. Venne nominato Accademico d’Italia e poi chiamato nel 1942  “per chiara fama” , quindi senza superare concorsi, ad insegnare Letteratura italiana  alla “Sapienza” di Roma. Non ci sono documenti che attestino una sua laurea neppure all’estero: a Parigi consegui’ un diploma biennale Dopo la caduta del regime tolse la dedica a Mussolini alla sua raccolta poetica e fece il pesce in barile.
Croce chiese che venisse riconsiderata la sua posizione universitaria. Venne difeso dal neo- comunista ex crociano  Natalino Sapegno, da Carlo Bo ed altri e venne reintegrato in cattedra. Fu  anche difeso da  Giuseppe De Robertis ,studioso delle “varianti ungarettiane” (che ignoro’ la cancellazione della dedica  e la premessa rimaneggiata) il quale aveva ricoperto la cattedra di Attilio Momigliano, cacciato per motivi razziali. Ungaretti, togliendo la dedica e cambiando la  compromettente premessa, passò indenne nella bufera del dopoguerra. Ma la cosa non passò inosservata alla Giuria del Nobel dove tentò parecchie candidarsi all’ambito e lucroso riconoscimento. Ebbe immeritatamente il Nobel Salvatore  Quasimodo piccolo poeta del secondo Ermetismo, mentre il poeta ermetico per eccellenza, Ungaretti, almeno in una parte della sua produzione,  rimase a bocca asciutta. Ebbe invece  il Nobel il più grande poeta italiano del ‘900 Eugenio Montale, ma lo ebbe scandalosamente anche il guitto Dario Fo, contiguo all’estremismo  rosso. Tutto sommato, se lo ebbe Fo, l’avrebbe dovuto ottenere Ungaretti che si allineò al fascismo come la maggioranza degli intellettuali. Andrebbe inoltre ricordato che Fo andò volontario nella  X Mas della Repubblica sociale italiana, niente al confronto di una dedica in un libro di poesia.
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La notizia e la malattia
Ho letto del ricovero in un ospedale di un alto prelato con nome e cognome per insufficienza respiratoria. La notizia si completa, facendo sapere anche  le gravi condizioni dell’illustre degente.
La privacy è gravemente violata, ma soprattutto nessuno ha pensato alla possibilità che il degente possa leggere la notizia che lo riguardi. Mi pare un giornalismo che non  sa rispettare i malati e gli effetti che anche poche righe possono determinare sulle persone.
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Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com 
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Il futuro dei monarchici
Ho letto  in un suo articolo della sua sorpresa in merito al fatto storico che il principe Emanuele Filiberto  di Savoia ha posto fine alla diatriba dinastica con i cugini Aosta e ha fatto passare dalla sua il grande storico  e senatore prof.  Mola che è presidente della Consulta dei Senatori del Regno d’Italia che dichiarò addirittura la illegalità della discendenza del ramo legittimo  dei Savoia per il matrimonio di suo padre  Vittorio Emanuele IV che fu massone  e amico di Gelli come il grande Storico di Torre San Giorgio. È un bell’esordio anche in Piemonte ad un convegno a   Racconigi e a un pranzo a Piea. A ranghi riuniti i monarchici sapranno tornare ad essere decisivi per il futuro dell’Italia. Giuseppe Cuzzolin
Pubblico la Sua lettera perché cerco di dare spazio a tutte le opinioni anche a quelle  che altrove non troverebbero accoglienza. La Sua lettera mi ricorda molto l’operetta, un genere decaduto da tempo. Io mi ero limitato a segnalare un convegno su Umberto II a cui come relatori c’erano il principe e il prof. Mola, sostenitore  dei Duchi d’Aosta e autore di un documento in cui veniva dichiarato decaduto Vittorio Emanuele a causa del suo matrimonio. Adesso lei mi da’ una lettura dei fatti che non sapevo. Sarà così? Il futuro di questo disgraziato paese  comunque non dipende, per nostra fortuna, dalle novità che Lei ci racconta  quasi come un cortigiano devoto, miracolosamente   sopravvissuto alla fine del secolo scorso.
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I vaccini
Il ministro della Sanità  Schillaci ha azzerato la commissione sul Covid  da lui stesso creata perché composta anche da novax. È un atto di faziosità assurda che nega il pluralismo. Francesca di Nola
Io concordo con il ministro che ha ,sia pure tardivamente, escluso i novax che sono quelli che hanno remato contro il Paese in balia della tragedia pandemica in nome di una falsa  libertà che in effetti è licenza irresponsabile. Sono d’accordo su una commissione che valuti con equità  l’operato di Conte e Speranza e soprattutto dei loro più stretti collaboratori, persone  queste ultime, non proprio esemplari. A discolpa di Conte e di Speranza c’è il fatto incontestabile che si trovarono repentinamente di fronte ad una realtà totalmente nuova, anche se l’Italia avrebbe dovuto aggiornare il piano anti pandemico che rimase per anni lettera morta. Ci sono i soliti fessi che approfittano della confusione per chiedere la non obbligatorietà dei vaccini, dimostrando una superficialità infantile. I vaccini  – va ribadito – devono restare obbligatori. Altrimenti cadiamo nel baratro di un nuovo Medio Evo.
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Casa Pound
Secondo il ministro Giuli Casa Pound non deve essere sgombrata. Se vera è un’affermazione gravissima che dimostrerebbe la  sudditanza del governo verso l’estrema destra extra-parlamentare
Vincenzo Vittorelli
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Concordo con Lei. Nel mio articolo, in cui plaudo allo sgombero del Leoncavallo, ho scritto che adesso tocca a tutti i centri sociali che occupano abusivamente locali abusivi, in primis casa Pound che occupa locali del Comune  di Roma. Mi domando perché Gualtieri sia stato inerte, come la sindaca grillina. Ogni acquiescenza verso gli estremisti di destra e di sinistra sarebbe  anche un gravissimo errore politico da parte del Governo, direi che sarebbe  anche un regalo alle opposizioni, offerto su un vassoio d’argento.

I Toret: le voci d’acqua di Torino

C’è un suono che accompagna Torino in silenzio, giorno e notte, estate e inverno: quello dell’acqua che scorre senza sosta dai Turet, o Toret, le fontanelle verdi che punteggiano strade e piazze (e che sono anche il simbolo del nostro giornale, il Trinese). Sono piccoli totem urbani, semplici e discreti, ma per chi li conosce raccontano più di un secolo e mezzo di storia cittadina.

Il loro nome, turet, in piemontese significa “toretto”: un vezzeggiativo che richiama la testina di toro in bronzo da cui l’acqua sgorga. È lo stesso animale che compare nello stemma della città, ma qui diventa amico benevolo che offre ristoro a chi passa.

Un incontro tra modernità e tradizione

La loro storia comincia nel 1862, quando Torino, prima in Italia, si dota di un acquedotto moderno. Per celebrare quel traguardo e garantire a tutti un accesso all’acqua potabile, il Comune installa la prima fontanella in piazza Carlo Felice. Da allora il modello non è quasi cambiato: un cilindro in ghisa, dipinto di verde, con la testa taurina come firma inconfondibile.

Nel tempo i Turet sono diventati centinaia – oggi circa 700 – disseminati tra vie, parchi e cortili. Sempre uguali, eppure sempre diversi: chi è cresciuto a Torino ne ha uno del cuore, quello vicino a scuola, al mercato, o lungo il tragitto verso il lavoro.

Piccoli custodi di memoria

Bere a un Turet non è soltanto dissetarsi. È compiere un gesto antico, condiviso da generazioni: la mano che si piega sotto il getto, l’acqua fresca che sorprende, la pausa che riconcilia col cammino. È un rito quotidiano, gratuito, democratico, che lega chi vive la città da sempre e chi la attraversa solo per un giorno.

Torinesi e turisti li fotografano, li raccontano, li trasformano in simboli: souvenir, opere d’arte, persino mappe digitali che guidano alla scoperta di queste fontanelle come fossero tappe di un itinerario poetico.

L’acqua come promessa

L’acqua che sgorga dai Turet non si ferma mai, nemmeno nelle notti d’inverno, quando il gelo avvolge le strade. È acqua buona, la stessa che arriva ai rubinetti delle case, custodita e garantita dalla rete dell’acquedotto. E quella generosità incessante è forse la loro magia: ricordano a chiunque che l’acqua è un bene comune, da condividere e proteggere.

Un simbolo che vive

Così i Turet, con la loro modestia, sono entrati nell’anima della città. Non hanno la grandiosità della Mole né la dolcezza dei gianduiotti, ma sono l’emblema più autentico di una Torino che sa unire funzionalità e poesia. Piccole fontanelle che, da più di 150 anni, offrono a tutti lo stesso dono: un sorso di freschezza e un attimo di intimità con la città.

Questa domenica torna Castelli Aperti

24 agosto 2025

Per informazioni dettagliate e aggiornamenti su tutte le aperture:
www.castelliaperti.it

Il viaggio tra le dimore storiche del Piemonte continua e, nella domenica del 24 agosto, la rassegna Castelli Aperti, giunta alla sua trentesima edizione, invita i visitatori a lasciarsi guidare dal fascino di borghi antichi, castelli e musei che punteggiano il territorio regionale. Non si tratta solo di aperture straordinarie, ma di esperienze capaci di trasformare una gita estiva in un vero incontro con la storia, l’arte e il paesaggio.

In Monferrato, tra le vigne e le colline di Alessandria e Asti, le visite si muovono tra le sale del Castello dei Paleologi di Acqui Terme, la raffinata Villa Ottolenghi con i suoi giardini d’artista, fino alla Torre medievale di San Giorgio Scarampi che svetta a dominare il panorama. La scoperta si intreccia con il gusto nelle cantine del Castello di Razzano, dove l’arte incontra la tradizione vitivinicola, mentre a Rosignano Monferrato i visitatori potranno passeggiare nel borgo riconosciuto Patrimonio Unesco per il paesaggio vitivinicolo.

Salendo verso il Biellese, il festival culturale “Viaggio. Orizzonti, frontiere, generazioni” anima Palazzo Gromo Losa, mentre a Villa Flecchia si aprono al pubblico le collezioni d’arte dell’Ottocento e del Novecento in un contesto intimo e suggestivo. Sempre nel cuore della provincia, il Ricetto di Candelo – una delle architetture medievali meglio conservate d’Europa – accoglie i visitatori con le sue atmosfere senza tempo.

La Granda propone un itinerario che da Alba e Barolo conduce a castelli e musei di grande fascino: dal WiMu, tra i musei del vino più innovativi al mondo, al Castello della Manta con i suoi affreschi cavallereschi, passando per le residenze di Govone, Roddi e Serralunga d’Alba, gioielli che raccontano l’intreccio tra storia nobiliare e paesaggio collinare. Saluzzo, con la Castiglia e Casa Cavassa, rinnova la sua identità di città-museo, mentre a Fossano e Cherasco i castelli diventano porte d’accesso a un patrimonio ricco e stratificato.

Nelle terre novaresi l’eleganza aristocratica del Castello Dal Pozzo e l’atmosfera raccolta del maniero di Vinzaglio offrono esperienze più riservate, da vivere esclusivamente su prenotazione.

Infine, nel Torinese, due grandi protagonisti: il Castello e Parco di Masino, con i suoi vasti giardini affacciati sulla pianura canavesana, e il Castello di Miradolo, che unisce la suggestione storica alla vivacità di mostre e iniziative culturali.

Castelli Aperti, nato nel 1995 con il sostegno della Regione Piemonte, celebra quest’anno trent’anni di attività, confermandosi un progetto unico capace di mettere in rete oltre ottanta luoghi della cultura. Ogni domenica fino al 2 novembre, il pubblico avrà l’occasione di conoscere da vicino dimore storiche, musei e giardini che non sono semplici custodi di memoria, ma organismi vivi pronti a dialogare con il presente.

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Elenco delle aperture per domenica 24 agosto, organizzate per province, con costi e orari.

PROVINCIA DI ALESSANDRIA
Acqui Terme – Castello dei Paleologi – Civico Museo Archeologico: aperto dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00, con visite guidate incluse nel biglietto di ingresso. Ingresso: Intero 4€, Ridotto 2€.
Acqui Terme – Villa Ottolenghi Wedekind: visite guidate su prenotazione alle ore 16.30 (orario soggetto a riconferma, Tel. 335 6312093), con degustazione (circa 2 ore e 30 minuti, durata totale).Ingresso: Intero 15€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/ville/villa-ottolenghi-a-acqui-terme.html
Alfiano Natta – Tenuta Castello di Razzano: aperto con orario 15.00 – 17.00. Visita libera al Museo Artevino e alle cantine di invecchiamento: 5 €, visita libera al Museo Artevino e alle cantine di invecchiamento + degustazione di 3 vini: 15 €
Bistagno – Gipsoteca Giulio Monteverde: aperto con orario 10.00-13.00 e 14.00-18.00. Ingresso: Intero 5€
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/musei/gipsoteca-giulio-monteverde-a-bistagno.html
Rivalta Bormida – Fondazione Elisabeth de Rothschild a Palazzo Lignana: visite guidate solo su prenotazione con orario 10.00-19.00. Si consiglia di prenotare la visita almeno con un giorno di preavviso al Tel. 345 8566039.  Ingresso: Intero 10€.
Rosignano Monferrato – Borgo: visite accompagnate nei seguenti orari: 10.00, 11.30, 15.00, 16.30 con partenza dall’ Infopoint.  Caldamente consigliata la prenotazione anticipata.  Ingresso: offerta libera.
Prenotazioni tel. 334 1011278 oppure: https://castelliaperti.it/it/beni/sistemi-museali-e-circuiti-di-visita-cittadini/borgo-di-rosignano-monferrato.html
Trisobbio – Castello di Trisobbio (salita alla Torre): dalle ore 17.30 solo su prenotazione al numero Tel.  345 6044090. Ingresso: Intero 2€.

PROVINCIA DI ASTI
Castagnole delle Lanze – Torre del Conte Ballada di Saint Robert: dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.00. Ingresso: Solo risalita Intero 3€. Risalita con calice di vino: Intero 8€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/torri/conte-ballada-di-saint-robert.html
Castelnuovo Calcea – Area del Castello di Castelnuovo Calcea: visite libere con i seguenti orari 10.00-19.00. Ingresso: Gratuito.
Costigliole d’Asti – Castello di Rorà: aperto con orario 10.30 – 12.30 e 14.30 – 18.30. Ingresso: Intero 5€.
Nizza Monferrato – Gipsoteca Formica: visite accompagnate ai musei organizzate dalla IAT con orario 11.30 e 16.30. Ingresso: Intero 7€
San Giorgio Scarampi – Torre Medievale: aperta con visite guidate alle ore 10.30e 15.30. Sarà possibile visitare la torre per tutto il resto della giornata anche senza accompagnatore. Ingresso: offerta libera.

PROVINCIA DI BIELLA
Biella – Palazzo Gromo Losa: Mostre del festival “Viaggio. Orizzonti, frontiere, generazioni” 6° ed. dalle 10.00 alle 19.00. Biglietteria presso Palazzo Ferrero.  Intero: 10€
Biella – Palazzo La Marmora: aperto con orario 16.00 – 20.00. Ingresso: a partire da 8€ per visita libera
giardino, 15€ per visita guidata completa.
Candelo – Ricetto di Candelo: accesso libero tutti i giorni. Per visite guidate contattare: Tel. 015 2536728.
ufficiocultura@comunedicandelo.it; info@prolococandelo.it.
Magnano – Collezione Enrico a Villa Flecchia: visite guidate dalle ore 14.30 alle ore 18.30.
Costo biglietto: Intero: 8€, Iscritti FAI: 4 €.Prenotazione consigliata. Tel: 0125 778100; faiflecchia@fondoambiente.it

PROVINCIA DI CUNEO
Alba – Museo Diocesano di Alba: aperto con orario 14.30 – 18.30. Ingresso: Intero 5€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/musei/museo-della-cattedrale-mudi-alba.html
Barolo – Castello Falletti di Barolo e WIMU Wine Museum: aperto dalle 10.30 alle 19.00. Ingresso: Intero 9€; ridotto 7€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/musei/castello-falletti-di-barolo-wimu-wine-museum.html
Bra – La Zizzola:  parco e museo della Zizzola aperti dalle ore 10.00 alle ore 18.00. Ingresso gratuito.
Bra – Museo Civico di Storia Naturale Craveri: aperto dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30. Ingresso: Singolo Museo 5€; Musei Civici Bra 10€.
Bra – Museo Civico di Palazzo Traversa: dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30. Ingresso: Singolo Museo 5€; Musei Civici Bra 10€.
Caraglio – Il Filatoio: visite guidate alle ore 11.00, 15.30, 17.30. Ingresso: Intero 9€
Cherasco – Palazzo Salmatoris:  dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30. Ingresso: Gratuito.
Corneliano d’Alba – Torre di Corneliano d’Alba: aperto solo su prenotazione, con almeno due giorni di anticipo, contattando il Tel. 338 9654524 o Tel. 340 8026232.
Dronero – Museo Civico Luigi Mallé: dalle 15.00 alle 19.00 (ultimo ingresso ore 18.30). Ingresso: Gratuito.
Fossano – Castello dei Principi D’Acaja: aperto con partenza tour alle ore 11.00, 15.00 e 16.30. Biglietteria presso l’Ufficio Turistico (corte interna del maniero). Consigliata la prenotazione. Numero Verde 800 210 762 – Tel.  0172 601 60; iatfossano@visitcuneese.it. Ingresso: Intero 5€; ridotto 3€.
Govone – Castello Reale: dalle 10.00 alle 12:30 e dalle 15:00 alle 18.00 (ultimo ingresso ore 17.30). Ingresso: Intero 7€; ridotto 5€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/castelli/castello-reale-di-govone.html
Magliano Alfieri – Museo dei soffitti in gesso e Teatro del Paesaggio – Castello degli Alfieri di Magliano: aperto con orario 10.30-18.30. Ingresso: Intero 5€ (un museo); Intero 7€ (due musei).
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/musei/castello-degli-alfieri-di-magliano.html
Manta – Castello della Manta: aperto con orario 11.00-19.00.  Ingresso: Intero 11€; Visita guidata Intero 15€.
Mombasiglio- Museo del Gen. Bonaparte nel Castello di Mombasiglio: dalle ore 10.00 alle ore 18.00. Ingresso: Intero 8€, Ridotto 6€.
Pamparato – Borgo e Castello: visite guidate su prenotazione alle ore 10.30 e 15.30. Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/cuneo/borgo-antico-e-castello-di-pamparato.html
Priero – Borgo e Torre Medievale di Priero: visite guidate su prenotazione dalle 10.00 alle 18.00. Info: Tel: 3331714232;  torre@prieroturismo.it. Ingresso: Intero 4€ .
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/cuneo/borgo-e-torre-maestra-di-priero.html
Roddi – Castello di Roddi: visite esclusivamente guidate con i seguenti orari: 10.30; 11.30; 12.30; 14.30; 15.30; 16.30; 17.30. Prenotazione consigliata. Info: Tel: 0173 386697castelloroddi@barolofoundation.it. Costo
Biglietto: Intero 6€. Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/castelli/castello-di-roddi.html
Saluzzo – Casa Cavassa: orario 10.00-13.00 e 14.00-19.00. Ingresso: Intero 6€; ridotto 3,5€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/musei/museo-civico-casa-cavassa-di-saluzzo.html
Saluzzo – Casa Natale di Silvio Pellico: visite accompagnate dalle 14:00 alle 19:00. Ingresso: Intero 3,5€; ridotto 2,5€. Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/musei/casa-pellico-casa-museo-di-saluzzo.html
Saluzzo – La Castiglia: orario 10.00-13.00 e 14.00-19.00. Ingresso: Intero 8€; ridotto 6€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/castelli/la-castiglia-di-saluzzo.html
Saluzzo – Torre Civica e Pinacoteca Olivero: orario 10.00-13.00 e 14.00-19.00. Ingresso: Intero 3,5€; ridotto 2,5€. Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/torri/torre-civica-di-saluzzo.html
Saluzzo – Villa Belvedere Radicati:  orario 10.00-13.00 e 14.00-19.00. Ingresso: Intero 5€; ridotto 3€. Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/ville/villa-belvedere-di-saluzzo.html
Savigliano – Museo Civico A. Olmo e Gipsoteca D. Calandra:  orario 10.00-13.00 e 15.00-18.30.
Ingresso: Intero 5€; ridotto 3€.
Savigliano – Palazzo Muratori Cravetta: visite guidate con prenotazione consigliata allo 0172/370736 o mail ufficioturistico@comune.savigliano.cn.it. Turni previsti ore 11.00 e 15.30 (presentarsi qualche minuto prima dell’orario presso l’Ufficio Turistico di piazza santa Rosa; il personale dell’Ufficio Turistico accompagnerà i visitatori nella visita del Palazzo o Torre fornendo le relative notizie).  Ingresso: Intero 3€.
Savigliano – Torre Civica:  visite guidate con prenotazione consigliata allo 0172/370736 o mail ufficioturistico@comune.savigliano.cn.it. Turni previsti ore 11.00 e 15.30 (presentarsi qualche minuto prima dell’orario presso l’Ufficio Turistico di piazza santa Rosa; il personale dell’Ufficio Turistico accompagnerà i visitatori nella visita del Palazzo o Torre fornendo le relative notizie).  Ingresso: Intero 3€.
Serralunga d’Alba – Castello di Serralunga d’Alba: aperto con visite guidate alle ore 10.30; 11.15; 12.00; 12.45; 14.30; 15.15; 16.00; 16.45; 17.30. Ingresso: Intero 6€; ridotto 3€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/castelli/castello-di-serralunga-dalba.html

PROVINCIA DI NOVARA
Oleggio Castello – Castello dal Pozzo: visite guidate su prenotazione al mattino. Per informazioni e prenotazioni: Tel: 0322 53713, 335 6121362, contact@castellodalpozzo.com. Ingresso: Intero 15€.
Prenotazioni: https://castelliaperti.it/it/beni/castelli/castello-dal-pozzo-a-oleggio-castello.html
Vinzaglio – Castello di Vinzaglio: aperto solo su prenotazione contattando il numero Tel: 346 7621774

PROVINCIA DI TORINO
Caravino – Castello e Parco di Masino: aperto con orario 10.00-18.00. Ingresso: (Castello e Parco) Intero 15€; Ridotto 8€; Iscritti Fai ingresso gratuito.
San Secondo di Pinerolo – castello di Miradolo: aperto dalle 10.00 alle 19.00. Prenotazione consigliata: Tel. 0121/502761 prenotazioni@fondazio necosso.it. Ingresso: Intero 15€.

La triste e sfortunata vita di Emilio Salgari

L’incontro con Emilio Salgari, il papà di Sandokan, Yanez, Tremal-Naik e del Corsaro Nero avvenne tanto tempo fa. E fu un amore improvviso, intenso. I primo due libri furono “I misteri della Jungla Nera” e “Le Tigri di Mompracem”, nelle edizioni che la torinese Viglongo pubblicò negli anni ’60.

 

Vennero letteralmente divorati. Toccò poi all’intero ciclo dei pirati della Malesia e a quelli dei pirati delle Antille, dei Corsari delle Bermude e delle avventure nel Far West. Mi recavo in corriera da Baveno a Intra, da una sponda all’altra del golfo Borromeo del lago Maggiore, dove – alla fornitissima libreria “Alberti” – era possibile acquistare i romanzi usciti dalla sua inesauribile e fantasiosa penna. Salgari, nato a Verona nell’agosto del 1862, esordì come scrittore di racconti d’appendice che uscivano su giornali  a episodi di poche pagine, pubblicati in genere la domenica ma, nonostante un certo successo,visse un’inquieta e tribolata esistenza. A sedici anni si iscrisse all’Istituto nautico di Venezia, senza però terminare gli studi.

 

Tornato a  Verona intraprese l’attività di giornalista, dimostrando una notevole capacità d’immaginazione. Infatti, più che viaggiare per mari e terre lontane, fece viaggiare al sua sconfinata fantasia, documentandosi puntigliosamente su paesi, usi e costumi. Scrisse moltissimo, più di 80 romanzi e circa 150 racconti, spesso pubblicati prima a puntate su riviste e poi in volume. I suoi personaggi sono diventati leggendari: Sandokan, Lady Marianna Guillon ovvero la Perla di Labuan, Yanez de Gomera, Tremal-Naik, il Corsaro Nero e sua figlia Jolanda, Testa di Pietra e molti altri. Nel 1900, dopo aver soggiornato alcuni anni nel Canavese ( tra Ivrea, Cuorgnè e Alpette) e poi a Genova, si trasferì definitivamente a Torino dove cambiò spesso alloggio, abitando nelle vie Morosini e  Superga, in piazza San Martino ( l’attuale piazza XVIII Dicembre, davanti a Porta Susa, nello stesso palazzo all’angolo nord dove De Amicis scrisse il libro “Cuore“), in via Guastalla e infine in Corso Casale dove, al civico 205 una targa commemorativa ricorda quella che è stata l’ultima dimora del più grande scrittore italiano di romanzi d’avventura. Schiacciato dai debiti contratti per pagare le cure della moglie, affetta da una terribile malattia mentale, con quattro figli a carico, si tolse la vita con un rasoio nei boschi della collina torinese.

 

Era il 25 aprile 1911. Ai suoi editori dell’epoca, che stentavano a pagargli i diritti, lasciò questo biglietto: “A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna“. Ai quattro figli scrisse: “Sono ormai un vinto. La malattia di vostra madre mi ha spezzato il cuore e tutte le energie. Io spero che i milioni di miei ammiratori che per tanti anni ho divertito e istruito provvederanno a voi. Non vi lascio che 150 lire, più un credito di lire 600… Mantenetevi buoni e onesti e pensate, appena potrete, ad aiutare vostra madre. Vi bacia tutti col cuore sanguinante il vostro disgraziato padre“. I suoi funerali passarono quasi inosservati perché in quei giorni Torino era impegnata con l’imminente festa del 50° Anniversario dell’Unità d’Italia. La sua salma fu successivamente traslata nel famedio del cimitero monumentale di Verona. Un tragico e amaro epilogo per l’uomo che, grazie alle sue avventure, fece sognare tante generazioni di ragazzi.

Marco Travaglini

Tristemente Amalia

Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato
Torino e le sue donne
Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce.

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Con la locuzione “sesso debole” si indica il genere femminile. Una differenza di genere quella insita nell’espressione “sesso debole” che presuppone la condizione subalterna della donna bisognosa della protezione del cosiddetto “sesso forte”, uno stereotipo che ne ha sancito l’esclusione sociale e culturale per secoli. Ma le donne hanno saputo via via conquistare importanti diritti, e farsi spazio in una società da sempre prepotentemente maschilista. A questa “categoria” appartengono figure di rilievo come Giovanna D’arco, Elisabetta I d’Inghilterra, Emmeline Pankhurst, colei che ha combattuto la battaglia più dura in occidente per i diritti delle donne, Amelia Earhart, pioniera del volo e Valentina Tereskova, prima donna a viaggiare nello spazio. Anche Marie Curie, vincitrice del premio Nobel nel 1911 oltre che prima donna a insegnare alla Sorbona a Parigi, cade sotto tale definizione, così come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack. Rientrano nell’elenco anche Coco Chanel, l’orfana rivoluzionaria che ha stravolto il concetto di stile ed eleganza e Rosa Parks, figura-simbolo del movimento per i diritti civili, o ancora Patty Smith, indimenticabile cantante rock. Il repertorio è decisamente lungo e fitto di nomi di quel “sesso debole” che “non si è addomesticato”, per dirla alla Alda Merini. Donne che non si sono mai arrese, proprio come hanno fatto alcune iconiche figure cinematografiche quali Sarah Connor o Ellen Ripley o, se pensiamo alle più piccole, Mulan.  Coloro i quali sono soliti utilizzare tale perifrasi per intendere il “gentil sesso” sono invitati a cercare nel dizionario l’etimologia della parola “donna”: “domna”, forma sincopata dal latino “domina” = signora, padrona. Non c’è altro da aggiungere. (ac)

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9. Tristemente Amalia
Negli articoli precedenti ho voluto proporre storie di donne medico, donne soldato, paladine dell’istruzione, figure imponenti, dal carattere forte che non deflette. Eppure non tutte le eroine sono fatte della stessa pasta, in più, parlando di protagoniste al femminile, è impossibile non incappare in una storia d’amore, legata ai canoni romantici della passione travagliata e devastante, tipica delle eroine tragiche che si consumano per qualche immeritevole eroe, con la medesima grazia di Madama Butterfly o con la cruda, suicida determinazione di Didone.  Amalia Guglielminetti nasce a Torino il 4 aprile 1882. Rimane orfana di padre a soli cinque anni e viene accolta nella casa del nonno paterno, Lorenzo. Il nonno è molto religioso e fedele ai valori tradizionali del cattolicesimo ortodosso, delega quindi l’educazione della bambina ad istituti privati di stretta osservanza cattolica. All’età di 22 anni, Amalia dimostra passione per la letteratura e doti di scrittrice pubblicando la sua prima raccolta di poesie “Voci di Giovinezza”, di impronta carducciana. A Torino frequenta la Società di Cultura insieme a illustri personaggi quali Thovez, Pastonchi, Graf, Gozzano e Borgese; è in questo ambiente che la giovane cresce e diventa donna appassionata e sensibile, sempre vestita all’ultima moda parigina, proprio secondo i canoni del gusto Liberty. Nel 1907 pubblica “Le vergini folli” dove si intravvedono i temi che saranno poi dominanti nei lavori successivi. E’ questo scritto a incuriosire il poeta torinese Guido Gozzano, che si interessa a lei e con cui Amalia inizia una travagliata, intensa e breve storia d’amore. La relazione tra i due poeti viene ricostruita attraverso una serie di carteggi, che vedono Gozzano proiettato in una dimensione letteraria scritta e cerebrale, mentre Amalia desidera trasformare il rapporto in un concreto legame sentimentale. Da questa altalenante esperienza nascono “Le seduzioni”, poesie in cui si trova riflesso l’amore sognato e perduto, già presente nelle precedenti raccolte poetiche. L’influenza della relazione con Guido rimane evidente, tuttavia Amalia sa andare oltre e si colloca con autorevolezza nella storia letteraria italiana del primo Novecento. D’Annunzio la definirà “l’unica vera poetessa che abbia oggi l’Italia”. Nel 1909 pubblica “Emma” un volumetto di poesie dedicato alla sorella morta di tifo a soli 29 anni. Nel 1911 cura l’introduzione del volume “Versi”, edito a Torino dai Fratelli Pozzo, di Edmondo Rubini Dodsworth, il futuro primo traduttore italiano (nel 1923) dell’opera di William Blake. Nello stesso anno pubblica “l’Amante ignoto”, prima opera teatrale e omaggio a D’annunzio. L’opera diventa nota anche grazie all’attrice Lyda Borelli, diva del cinema muto tra le più amate dal pubblico, che recita qualche scena nel salotto “Donna di Torino”.Nel 1913 esce l’ “Insonne”, volume poetico all’interno del quale la lirica “Risposta a un saggio” sembra essere un controcanto alle poesie di Gozzano “L’onesto rifiuto” e “Una risorta”. Questo è l’ultimo lavoro poetico impegnativo di Amalia, che nel 1934 pubblicherà “I serpenti di Medusa”, senza particolari novità artistiche. Scriverà ancora versi, soprattutto per volumi rivolti all’infanzia. Intanto si dedica ad opere narrative, in cui tuttavia i personaggi femminili restano in linea con le tematiche oggetto della precedente produzione in versi. Sempre nel 1913 esce il suo primo lavoro in prosa, “I volti dell’amore”, ma la critica è piuttosto severa. Amalia collabora anche con alcune riviste su cui scrive di poesia e di prosa. In questo contesto conosce lo scrittore e critico letterario Dino Segre (di dodici anni più giovane) e con lui inizia una difficile relazione che tuttavia si protrae per alcuni anni. Nel 1917 esce “Nei e cicisbei” e nel 1919 “Il Baro dell’amore”, lavori che saranno un clamoroso insuccesso.

Amalia torna in auge con il romanzo del 1923 “La rivincita del maschio”, in cui è evidente l’influenza di Pitigrilli, (pseudonimo di Dino Segre), ma la pubblicazione le procura problemi giudiziari. I guai per la poetessa si intensificano con l’interruzione della relazione con Pitigrilli che finisce malamente con denunce, calunnie e querele; il tutto termina con una condanna di quattro mesi di reclusione per Amalia stessa, che pare avesse falsificato alcune lettere nel tentativo di far passare Pitigrilli come antifascista. La donna viene anche processata per oltraggio al pudore nel 1935, a motivo di un articolo sulla rivista “Cinema illustrazione”. La vicenda tormentata della Guglielminetti non trova pace nemmeno alla fine della sua vita. Muore il 4 dicembre 1941 per setticemia, provocata da una ferita che si era causata qualche giorno prima, cadendo da una scalinata per raggiungere il rifugio anti-aereo, in seguito all’allarme per il bombardamento che stava per incombere su Torino. Aveva lasciato poco tempo prima le sue volontà relative alle modalità di sepoltura: una tomba a piramide con l’iscrizione “Essa è pur sempre quella che va sola” e l’istituzione di un premio letterario a suo nome. Entrambe le richieste non saranno realizzate. E’ sepolta al Cimitero Monumentale di Torino e il suo valore di poetessa è oggi, purtroppo, quasi completamente dimenticato e ignorato.

 

Alessia Cagnotto

L’eclettismo culturale di Mario Soldati

Il 19 giugno del 1999 Mario Soldati moriva a Tellaro, piccolo borgo marinaro ligure. Nato a Torino nel novembre del 1906, Soldati è stato uno dei più grandi intellettuali del Novecento italiano.

Scrittore, giornalista, regista e sceneggiatore cinematografico e televisivo, ha contribuito moltissimo alla cultura e al costume italiano. Intellettuale finissimo, regista di autentici capolavori come “Piccolo mondo antico” e “Malombra”, autore di romanzi come “America primo amore”, “Le lettere da Capri” (premio Strega nel 1954), “I racconti del maresciallo”, di reportage famosi come “Viaggio lungo la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini”, Soldati ha lasciato un segno indelebile con la sua poliedrica attività artistica. Lo storico e saggista Pier Franco Quaglieni, l’ha ricordato con il libro “Mario Soldati. La gioia di vivere”, pubblicato nel ventennale della morte dello scrittore e regista torinese. Un testo di grande interesse aperto da un ampio saggio del direttore del Centro Pannunzio, amico personale di Soldati che fu uno dei fondatori del sodalizio culturale subalpino, presiedendolo per due decenni. Un altro grande amico di Soldati, il novarese Enrico Emanuelli, grande firma de La Stampa e del Corriere della Sera, ne tratteggiò così il profilo: “Soldati è scorbutico. Dicono che spesso lo sia per posa. E’ anche legato ad umori repentini, una cosa gli va o non gli va, un po’ a capriccio. Ma dietro a questi suoi estri, vi è una natura d’uomo indipendente, acuto, pieno di difetti appunto perché ha virtù non comuni”. Il brevissimo racconto che segue ( La camelia di Mario Soldati) è un piccolo omaggio alla sua memoria.

“Mario l’aveva portata da Tellaro a Corconio, dalla frazione più orientale del comune di Lerici, nello spezzino, dove aveva scelto di vivere i suoi ultimi anni, al luogo che, forse, più di altri, aveva lasciato un segno, una traccia indelebile nel suo animo, sulla collina che guarda il lago d’Orta. La “General Coletti” era una camelia bella,forte e rigogliosa, con i suoi grandi fiori doppi, a peonia, rosso ciliegia intenso chiazzato a macchie di un bianco candido, puro. L’aveva curata con le proprie mani, pazientemente, con l’attenzione necessaria che si presta ad una creatura apparentemente fragile e delicata. Così l’aveva portata con sè, sul lago d’Orta. Tornare in quel luogo dove aveva vissuto, con il suo più caro amico, “l’altro Mario”, un lungo momento magico, tra l’autunno del 1934 e la primavera del 1936 quando il destino li appaiò, assecondandoli nella scelta di un volontario esilio sul lago d’Orta, si era rivelata una buona idea. Anche portare in dono la camelia agli eredi delle due sorelle Rigotti, l’Angioletta e la Nitti, che all’epoca gestivano l’alberghetto dove dimorarono, era stata un’ottima e gradita intuizione. La locanda non c’era più e il suo posto era stato preso da un’abitazione privata che, però, aveva mantenuto intatta la fisionomia dello stabile. Lì, entrambi, quasi adottati da quella famiglia, misero radici e vissero intere stagioni alloggiando in “una stanza d’angolo, la più bella e più soleggiata dell’albergo, con una finestra a nord e una a ovest”. I ricordi erano come un fiume in piena. Le lunghe chiacchierate davanti al fuoco del camino, mangiando castagne arrosto o bollite, bevendo il vino nuovo nelle ciotole, si accompagnavano alle pagine che vennero scritte, ai libri che presero forma, agli articoli e ai saggi critici che consentirono a entrambi di racimolare il necessario per poter vivere “da scrittori”. L’ambiente circostante si era offerto con generosità ai “due Mario”, Soldati e Bonfantini, ricompensando i loro sguardi con l’intensa bellezza del paesaggio da una sponda del lago all’altra; da Gozzano a Orta, fino ad Omegna e da lì verso Oira, Ronco, Pella e Lagna. Dal balconcino della casa di Corconio, il panorama era rimasto intatto. Mario guardava, ammirato, la camelia dai fiori color panna e fragola. Poi, chiusi gli occhi, annusando l’aria, immaginava i colori del lago. Mario dubitava di potervi tornare. L’età non consentiva grandi progetti e nemmeno di coltivare illusioni. Lo consolava il pensiero che la più bella delle sue camelie potesse rimaner lì, a dimora. Un gesto d’amore di un uomo che in quei luoghi aveva lasciato una parte del suo cuore”.

Marco Travaglini