Sul territorio piemontese giganteggia la lotta tra Francesco I, re di Francia, e l’imperatore Carlo V, reduci dalla grande battaglia di Pavia. Sono le “guerre d’Italia” tra i due grandi sovrani europei che si sfidano per imporsi nella penisola. A Ceresole d’Alba, il 14 aprile 1544, va in scena un altro atto del lungo e straordinario duello tra i giganti d’Europa
Almeno 10.000 caduti tra gli imperiali, circa 2000 francesi tra morti e feriti, un territorio percorso e devastato da 30.000 soldati che causarono lutti e sofferenze nella popolazione locale. In quel giorno di primavera Ceresole d’Alba diventò un immenso campo di battaglia. Nel paese di poco più di 2000 abitanti, a una decina di chilometri da Carmagnola, il Museo della Battaglia, aperto lo scorso autunno, racconta il sanguinoso scontro tra le truppe francesi di Francesco I e l’esercito imperiale di Carlo V che lasciò sul terreno migliaia di morti, feriti e mutilati.
Nato dalla collaborazione tra i Comuni di Ceresole d’Alba e di Saint Paul de Vence, il “Mubatt” illustra le fasi salienti di una delle più importanti battaglie combattute da eserciti stranieri in Italia. Mentre a Pavia i due monarchi presero parte allo scontro, il 14 aprile del 1544, alle porte di Torino, non c’erano né Carlo V né Francesco I, i due sovrani che hanno segnato gran parte delle vicende europee nella prima metà del Cinquecento, ma i loro condottieri, Francesco di Borbone, conte di Enghien, per i francesi e Alfonso d’Avalos per gli spagnoli-imperiali. Vinsero i francesi, vinse il giovane conte di Enghien che il re trattava quasi come un figlio. Fu grande l’eco della vittoria oltre le Alpi. Le mura che circondano Saint Paul de Vence, il celebre borgo degli artisti, furono fatte costruire da Francesco I proprio per commemorare la vittoria di Ceresole. Il cannone posto davanti alle mura della cittadina provenzale è stato soprannominato Lacan, dal nome dell’artigliere di Saint Paul che lo avrebbe portato come trofeo dopo la vittoria dei francesi in quel 14 aprile 1544. La pace
firmata a Crépy sarà solo una tregua di breve durata. Dopo Ceresole d’Alba i francesi dilagarono in Piemonte. Anche Alba, Chieri, Casale, Ivrea e gran parte del Monferrato caddero nelle mani dell’armata transalpina. A metà del Cinquecento un’ampia fetta del Piemonte era stata annessa al regno di Francia ma dopo pochi anni la situazione internazionale mutò drasticamente. Nel 1557 la disastrosa sconfitta dei francesi a San Quintino (Saint-Quentin), nel nord della Francia, annientati dalle truppe imperiali condotte da Emanuele Filiberto, duca di Savoia (battaglia celebrata dal Caval’d brons in piazza San Carlo a Torino) condusse poco alla volta alla pace di Cateau-Cambrésis nel 1559 che pose fine alle guerre d’Italia. Enrico II di Francia abbandonò i territori occupati in Savoia e in Piemonte anche se estese il suo dominio al Marchesato di Saluzzo e mantenne presidi militari nelle cittadelle di Torino, Chieri, Pinerolo e Chivasso. La prematura morte del conte d’Enghien, all’età di ventisette anni, fu causata da un banale incidente durante un gioco in un castello. Quando il Museo di Ceresole verrà riaperto, una volta superata l’emergenza sanitaria, il visitatore potrà seguire le tattiche e i movimenti degli eserciti sul territorio attraverso dei video raccontati da storici ed esperti militari ammirando reperti e cimeli storici.
Filippo Re
Bella «come una Diana cacciatrice con gli artigli di velluto», come la definì sagacemente non molti anni or sono Jacques Séguéla, leggendario pubblicitario e collaboratore di quella vecchia volpe di Nicolas Sarkozy, «noiosa», come la ricorda l’arcinota (e ben più trasgressiva) compagna di sfilate Kate Moss.
barba a tutte noi. A ogni modo, alla fine della fiera, non sono certo stati i suoi anni all’Eliseo a passare alla storia. Che dire di quella femminilità graffiante che esibiva senza remore sulle passerelle più importanti del mondo negli spensierati anni 90? Per rinfrescarvi la memoria, eccovi una carrellata dei suoi momenti migliori nello sfavillante e deliziosamente ipocrita mondo della moda. Un plaisir pour les yeux!
Nelle foto:
Come ha detto Cacciari, liberò dal vecchio positivismo e dall’ideologismo marxista la ricerca filosofica. Allievo di Ludovico Geymonat, era andato oltre il maestro. Bobbio una volta mi disse che Geymonat viveva soprattutto di certezza ideologiche , mentre noi laici siamo attratti dai dubbi.
“Storie dal Marocco. Oggetti testimoni di identità e memoria”. Fino al 30 agosto
e i piccoli oggetti adibiti al makeup. Oggetti partecipi di una sorta di “museo ideale”, selezionati dalle famiglie e in particolare dalle donne marocchine per farne memoria viva del loro Paese, curando- con il personale del Museo di via San Domenico- ogni dettaglio della piccola ma suggestiva mostra, dalla scelta dei materiali all’esposizione in vetrina fino alla scrittura delle didascalie. “Nel passaggio dall’oggetto al suo racconto – dicono ancora gli organizzatori – il patrimonio materiale si è così arricchito di un prezioso aspetto immateriale di ‘memoria’ e ‘testimonianza’: la cultura oggettiva e i ricordi personali delle partecipanti hanno in tal modo preso forma in tante narrazioni legate a oggetti iconici”. In cui raccontarsi, in un “mettersi in mostra” che è voglia e desiderio palese di confronto e dialogo. Mano tesa e voce amica. Per davvero bella da ascoltare.
XXXIII edizione del Premio Italo Calvino. Annuncio delle opere finaliste /
I testi finalisti e i loro autori
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Ok, l’amore della sua vita è caduto in trincea, ma non vuol dire che anche lei deva vedere finita la sua vita. E’ tenace e coraggiosa, il primo passo che compie è allontanarsi da una madre piagnucolosa e soffocante, inacidita dalla morte del marito e del figlio primogenito. Violet non si lascia incastrare dai suoi ricatti emotivi, lascia la casa natia di Southampton e si trasferisce a Winchester.
L’Australia assolata e dal caldo rivente è lo struggente fondale sul quale si muovono i personaggi tormentati di questo splendido noir. E’ il terzo romanzo della scrittrice di radici britanniche (nata a Manchester nel 1980), ma cresciuta a Melbourne dall’età di 8 anni, Jane Harper. Il suo libro di esordio “Chi è senza peccato” si era guadagnato il premio come miglior poliziesco australiano nel 2017, e “L’uomo perduto” non è da meno.
Cosa legava coppie famose dell’Olimpo artistico e culturale della levatura di Liv Ullmann e Ingmar Bergman, Boris Pastor e Rada Preml, Dario Fo e Franca Rame o Raffaele La Capria e Ilaria Occhini?