CULTURA- Pagina 14

Intrepide. Storie di donne, viaggi, sogni e avventure

Alla Precettoria di “Sant’Antonio di Ranverso”, la fotografa iraniana Marjan Moghaddam racconta la vita di trenta donne straniere residenti in Italia

Dal 28 luglio al 31 agosto

Buttigliera Alta (Torino)

Nonostante tutto. Volti che negli occhi conservano gelosamente la speranza del sorriso. La speranza e il coraggio. Donne forti, determinate, orgogliose delle loro origini, coraggiose, “Intrepide”, come le definisce il titolo della mostra ospitata, da sabato 28 luglio a domenica 31 agosto, nel “Complesso Monumentale” di arte gotica (XII secolo) della Precettoria di “Sant’Antonio di Ranverso”, lungo la “via Francigena”, nella bassa Valle di Susa, a circa 20 chilometri da Torino.

Trenta donne. In rassegna, fissate con notevole abilità di mestiere e di verve narrativa, i loro volti, accenni di usanze e costumi, espressioni che raccontano tenacia e serenità nell’affrontare esperienze di vita così diverse e in terre così lontane dai loro Paesi d’origine. A fissarle in scatti decisi e nitidi, con occhio attento e pronto a cogliere l’attimo “fuggente” del gesto irripetibile, Marjan Moghaddam, fotografa iraniana, nativa di Teheran, ma dal 1997 residente in Italia, a Torino. E’ lei stessa a raccontare: “La mia ricerca si concentra su temi come la ‘diversity’, ‘equity and inclusion’, la memoria, la tolleranza, l’identità culturale, l’integrazione sociale e i diritti umani; con i miei scatti tento sempre di catturare le emozioni e mettere al centro l’essere umano e la sua realtà, per stabilire un dialogo, capire i suoi stati d’animo e instaurare un rapporto empatico e spontaneo”.

In tal senso, anche “Intrepide” non vuole essere una semplice descrittiva esposizione, ma “un viaggio profondo nelle vite di circa trenta donne provenienti da ogni parte del mondo”. Le loro sono “storie autentiche”, storie che si confondono con mille altre, proprie di chi ha scelto di lasciare, in vario modo e per molteplici ragioni, la propria terra d’origine per iniziare una nuova vita in Italia, inseguendo i sogni di un futuro migliore e ben consapevoli di affrontare sfide non sempre, anzi quasi mai, facili, imboccando strade in salita e percorsi ricchi di ostacoli, di sguardi e parole che feriscono i cuori, di tante resistenti invalicabili barriere e pochi “ponti” e àncore cui affidarsi per superare mari in burrasca. Attraverso i loro volti e le loro storie, fermate da Marjan, emerge comunque, e sempre, un racconto di coraggio, di grande forza e determinazione.

Le fotografie sono arricchite da testi che approfondiscono le esperienze personali delle protagoniste, provenienti da  innumerevoli Paesi, che vanno dall’Armenia alla Romania, alla Russia, via via fino all’India, Singapore, Australia, Camerun, Kenya, Nigeria, Senegal, Brasile, Stati Uniti, Canada e molti altri ancora.

Gli sguardi delle donne emigranti, i loro sorrisi e le loro espressioni sono il “nucleo pulsante” di un Progetto, portato avanti dalla fotografa iraniana insieme ad altri di sicuro effetto: da “Il Romanzo di una Vita” a “Io attraverso Te”. Il primo è un vero e proprio “viaggio fotografico”attraverso sguardi, gesti, parole e ricordi di anziani, “espressioni della nostra memoria”, esposto nel 2023 prima alla “Fondazione Colonnetti” e in seguito all’“Archivio di Stato”di Torino. Il secondo, da poco concluso in collaborazione con l’Ospedale “Molinette” di Torino riguarda il tema della “donazione del sangue” come gesto di generosità e consapevolezza. Il Progetto verrà esposto da luglio fino a dicembre in diverse locationcittadine, fra le quali la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi e ancora l’“Archivio di Stato” di Torino.

In fase di conclusione e di estrema attualità, infine, il Progetto (antecedente, nella sua ideazione e partenza, allo scoppio della terribile crisi mediorientale) “Iran. Famiglia, vita, libertà”. Obiettivo, “quello di sensibilizzare – racconta l’artista – l’osservatore sulla complessa realtà dell’Iran, mostrando soprattutto la forza dei legami familiari e la situazione della vita quotidiana che, sebbene possa sembrare tanto distante dall’Occidente in taluni aspetti, in altri è sorprendentemente vicina a noi”.

Gianni Milani

“Intrepide. Storie di donne, viaggi, sogni e avventure”

Precettoria di “Sant’Antonio di Ranverso”, Buttigliera Alta (Torino); infowww.ordinemauriziano.it

Dal 28 giugno al 31 agosto

Nelle foto: Marjan Moghaddam, “Fé – USA” ed “Elida – Brasile”

Candidina Bolognino di Agliè, un’amica per i Gozzano

Con la scomparsa delle cartoline che Gozzano aveva mandato dall’Oriente a Candidina Bolognino, si perdonoelementi anche utili a comprendere la formazione di Guido.

Un compito dello storico è il documentare il passato e, nel caso, loposso ancora fare, perché, da sempre, mi è consueto Agliè, dove ritrovo, oltre ai parenti nostri, i riflessi di qualche amicizia di famiglia e, tra queste, l’amica di mamma: Mary Prola col marito, dottor Roberto Bolognino! Sono persone che animano i nostri ricordi più lontani e, nella vivacità dei loro incontri, caratterizzati dal racconto del loro vissuto, che era sempre partecipato da tutti, costituiscono esempi, divenuti consueti anche a noi, di vita domestica, quando le loro presenze erano ancora usuali. Io, che ascoltavo gli adulti, in caso di necessità, richiedevo direttamente i chiarimenti che sentivo necessari

Il periodare facile ed il vociare faceto dei famigliari erano scanditi dal timbro baritonale della voce del Bolognino, un compagno di facoltà dell’avvocato Agnelli… che, col gradimento di tutti, raccontava della sua prima infanzia (per nulla inficiata dalla prematura scomparsa di quel suo padre medico, nato come Guido nel 1883). Egli ricordava le visite ad Agliè, e la zia Candidina che,presente Diodata Mautino, la madre di Gozzano, invitava lui,Roberto bambino, a recitare a memoria qualche brano poetico di GuidoAdulto, egli sarebbe stato un impiegato dell’INPS, ma rimanendo uno sportivo, diviso nella pratica tra il ciclismo, il nuoto e lo sci (quasi coll’approvazione postuma del Poeta di Agliè).

Quanto a luogo, noi riconosciamo un’abitazione storica dei Bolognino (sarà quella una delle due per cui, fin dal Seicento, essi furono esentati dalle tasse, per volere e grazia dei San Martino d’Agliè?). Quella in questione è un bel palazzo sei-settecentescodai lineamenti sobri, con un’ala a doppio porticato sovrapposto, il quale fa da sfondo alla signora Gozzano, ritratta con una nipote del marito, in una fotografia del 1940!

Fi qua tutto bene, ma, allora, chi era e che cosa faceva ad Agliè la zia di Bolognino?

Si diceva che, giovanissima, Tota Candidina avesse avuto un incidente in bicicletta e che, rimasta azzoppata, si muovesseaiutandosi col bastone, che fosse un’insegnante e che preparasse i ragazzi agli esami di licenza

Battezzata Candida (Giuseppa Silvia) (Agliè, 1879-1953), era la figlia maggiore dell’esattore Giuseppe Bolognino e di sua moglie,la saviglianese Felicita Vineis (un nome che sembra tratto dal campionario poetico di Guido)! La coppia aveva avuto altri tre figli: Luigi (1880-1882), Eugenio, (Agliè, 1883 – Torino, 1918), il futuro medico chirurgo padre del dottor Roberto, e la più giovane,Claudia (San Giorgio Canavese,1889 – Torino, 1941) che andòsposa a Francesco Ciurnelli da Perugia.

Candidina aveva lo stesso nome della sua nonna paterna.

Luisa Candida Quintina Pezza che era stata battezzata a Vico Canavese, dov’era nata, perché era una figlia del notaio di Agliè Francesco Zaverio Pezza (Torino, 1772 – Agliè, 1851) che, essendo anche avvocato, fu giudice di prima istanza e, sposo di Paolina del conte Vittorio Bosco di Ruffino, ebbe alcuni figli, nati nelle sedi che egli occupò, nel progredire della sua carriera.Candida Pezza aveva poi sposato il chirurgo Giovanni Battista Bolognino di Agliè.

Ad Agliè, Zaverio Pezza era stato il padrino di battesimo diMassimo Secondo Zaverio Mautino (Agliè, 1816-1873), il cui padre, misuratore Massimo Felice Mautino era morto prima che egli nascesse, pertanto l’avv. Pezza fu una figura maschile diriferimento per il commendator Mautino, il nonno di Guido Gozzano. Per questo motivo (e anche perché i fratelli Bolognino erano vicini in età ai figli di Diodata) le famiglie Bolognino e Gozzano furono sempre in buona amicizia.

Su Candidina Bolognino dice il necrologio, pubblicato sul bollettino parrocchiale di Agliè in data 6 gennaio 1954: «Bolognino Candida d’anni 74. Non era laureata, ma era chiamata professoressa per i molti alunni che ha preparato con felici esiti ad un Diploma. Molto conosciuta nel campo letterario anche per la sua amicizia col poeta Guido Gozzano. I giornali di Torino e la R.A.I. la ricordano come l’amica e confidente di Guido Gozzano. Buona e praticante cristiana, chiuse gli occhi alla terra nella semplicità francescana».

Si trattava di una zia nubile, più giovane di pochi mesi di Erina Gozzano, la sorella maggiore del poeta, che a sua volta era la sorella del medico Eugenio, come Guido Gozzano nato nel 1883, il quale aveva avuto una figlia, nata in Friuli, dov’egli era statomedico condotto, e del nostro torinese dottor Roberto!

Si sono immaginate tante storie sul nostro Poeta e, senza tener conto della malattia, che tanto pesò sulla sua vita, si è fantasticatotanto sulle donne che egli poté frequentare ma probabilmente, se si fosse indagato meglio, senza dar retta troppo retta a suo fratello Renato, la veri storica, e non i suoi ipotetici «pallidi amori», avrebbe detto meglio...

Carlo Alfonso Maria Burdet

(Ricordando l’amicizia tra le nostre mamme, dedico queste paginea Daniela Bolognino

che qui ringrazio soprattutto per il prezioso ritratto della sua prozia).

Quando il re e Cavour inaugurarono il Conte Verde

Situato al centro di piazza Palazzo di Città, davanti al Comune, il monumento rappresenta Amedeo VI di Savoia

Situato al centro di piazza Palazzo di Città, dove risiede il Palazzo Civico sede dell’amministrazione locale, il monumento rappresenta Amedeo VI di Savoia detto il Conte Verde, durante la guerra contro i Turchi, mentre trionfante ha la meglio su due nemici riversi al suolo. La riproduzione dei costumi mostra grande attenzione ai particolari secondo i canoni “troubadour” e neogotico, stili in voga nell`Ottocento, ispirati al medioevo e al mondo cortese-cavalleresco.

 

Figlio di Aimone, detto il Pacifico e di Iolanda di Monferrato, Amedeo VI nacque a Chambery il 4 gennaio del 1334. Giovane, scaltro ed intraprendente, Amedeo VI in gioventù partecipò a numerosi tornei, nei quali era solito sfoggiare armi e vessilli di colore verde, tanto che venne appunto soprannominato Il Conte Verde: anche quando salì al trono, continuò a vestirsi con quel colore. Il monumento a lui dedicato non venne però realizzato subito dopo la sua morte ma bensì nel 1842, quando il Consiglio Comunale, in occasione delle nozze del principe ereditario Vittorio Emanuele II con Maria Adelaide arciduchessa d`Austria, decise di erigere il monumento al “Conte Verde”. Il modello in gesso della statua, ideata da Giuseppe Boglioni, rimase nel cortile del Palazzo di Città finché re Carlo Alberto decise di donare la statua alla città. La realizzazione del monumento, che doveva sostituire la statua del Bogliani, venne però commissionata all’artista Pelagio Palagi. I lavori iniziarono nel 1844 e terminarono nel 1847, ma la statua rimase nei locali della Fonderia Fratelli Colla fino all’inaugurazione del 1853. Il gruppo statuario rappresenta Amedeo VI di Savoia in un episodio durante la guerra contro i Turchi alla quale partecipò come alleato dell’imperatore bizantino Giovanni V Paleologo. Ma qui subentra una piccola diatriba scatenata dall’ “Almanacco Nazionale” che vedrebbe come protagonista del monumento non Amedeo VI ma bensì suo figlio Amedeo VII detto invece il “Conte Rosso”, durante l’assedio alla città di Bourbourg nella guerra contro gli Inglesi. Il 7 maggio 1853 re Vittorio Emanuele II inaugurò il monumento dedicato al “Conte Verde” alla presenza di Camillo Benso Conte di Cavour. All’inizio la statua venne circondata da una staccionata probabilmente in legno, sostituita poi da catene poggianti su pilastrini in pietra e quindi da una cancellata.Nel 1900 il Comune decise di rimuovere la cancellata “formando un piccolo scalino in fregio al marciapiede”; una nuova cancellata, realizzata su disegno del Settore Arredo e Immagine Urbana, venne collocata intorno al monumento in seguito ai lavori di restauro effettuati nel 1993. Per dare anche qualche informazione di stampo urbanistico, va ricordato che la piazza in cui si erge fiero il monumento del “Conte Verde” ha subito negli anni numerose trasformazioni.Piazza Palazzo di Città è sita nel cuore di Torino, in corrispondenza della parte centrale dell’antica città romana. L’area urbana su cui sorge l’attuale piazza aveva infatti, già in epoca romana, una certa importanza in quanto si ritiene che la sua pianta rettangolare coincida con le dimensioni del forum dell’antica Julia Augusta Taurinorum, comprendendo anche la vicina piazza Corpus DominiPrima della sistemazione avvenuta tra il 1756 e il 1758 ad opera di Benedetto Alfieri, la piazza aveva un’ampiezza dimezzata rispetto all’attuale. All’inizio del XVII secolo, Carlo Emanuele I, avviò una politica urbanistica volta a nobilitare il volto della città che essendo divenuta capitale dello Stato Sabaudo doveva svolgere nuove funzioni amministrative e militari; piazza Palazzo di Città con annesso il “suo” Palazzo di Città (noto anche come Palazzo Civico), ne sono un esempio lampante. Nel 1995, sotto il controllo della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte, sono stati avviati i lavori di riqualificazione della piazza; la totale pedonalizzazione, la rimozione dei binari tranviari che collegavano Via Milano a piazza Castello e la realizzazione di una nuova pavimentazione, hanno restituito ai cittadini una nuova piazza molto più elegante e raffinata. Da ricordare come piccola curiosità, il fatto che per tutti i torinesi piazza Palazzo di Città sia conosciuta con il nome di “Piazza delle Erbe”, probabilmente a causa di un importante mercato di ortaggi che, nell’antichità, aveva sede proprio in questa piazza. 

(Foto: il Torinese)

Simona Pili Stella

Palazzina di Caccia di Stupinigi: Le reali villeggiature

Domenica 10 agosto, ore 15.45

La Palazzina di Caccia di Stupinigi è stata dal 1909 al 1919 il rifugio estivo della prima vera Regina d’Italia, Margherita di Savoia, l’ultima illustre e regale abitante della Palazzina.

L’incontro di domenica 10 agosto “Le reali villeggiature a Stupinigi” è un viaggio nella vita di corte di inizio Novecento per scoprire, di sala in sala, i segreti del luogo di villeggiatura e loisir dove i reali trascorrevano le vacanze all’inizio del secolo scorso.

 

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (TO)

Domenica 10 agosto, ore 15.45

Le reali villeggiature a Stupinigi

Prezzo attività: 5 euro + biglietto di ingresso

Biglietto di ingresso: intero 12 euro; ridotto 8 euro

Gratuito: minori di 6 anni e possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Royal Card

Prenotazione obbligatoria per l’attività entro il venerdì precedente

(Per prenotazioni via e-mail attendere sempre una conferma scritta, controllare anche lo spam)

Info: 011 6200601 stupinigi@biglietteria.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio

Oltre Torino: storie miti e leggende del Torinese dimenticato

È luomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nellarte. 

Lespressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo luomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché  sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare.

Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo.  Non furono da meno gli  autoridelle Avanguardie del Novecento  che, con i propri lavori disperati, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto Secolo Breve.

Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di ricreare la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i ghirigori del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa ledera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di unarte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che larte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso. (ac)

Torino Liberty

1.  Il Liberty: la linea che invase l’Europa
2.  Torino, capitale italiana del Liberty
3.  Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio
4.  Liberty misterioso: Villa Scott
5.  Inseguendo il Liberty: consigli “di viaggio” per torinesi amanti del Liberty e curiosi turisti
6.  Inseguendo il Liberty: altri consigli per chi va a spasso per la città
7.  Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità
8.  La Venaria Reale ospita il Liberty:  Mucha  e  Grasset
9.  La linea che veglia su chi è stato:  Il Liberty al Cimitero Monumentale
10.  Quando il Liberty va in vacanza: Villa  Grock

Articolo 3. Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio

Con lEsposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna del 1902, Torino assume il ruolo di  polo di riferimento per il Liberty italiano. LEsposizione del 1902 è un evento di grandissimo successo, e numerosi sono gli architetti che offrono il proprio contributo, ma il protagonista indiscusso di questa stagione èPietro Fenoglio, il geniale ingegnere-architetto torinese, che abitònella palazzina di Corso Galileo Ferraris, 55.

Allinizio del Novecento, Torino vede in particolare il quartiere di Cit Turin al centro della propria trasformazione. A partire da Piazza Statuto si dirama il grande Corso Francia che, con le sue vie limitrofe, costituisce in questa zona un quartiere ricco di architetture in stile Art Nouveau unico nel suo genere. Un tratto urbanistico in cui sono presenti numerose testimonianze dellopera di Fenoglio, riconoscibile dai caratteristici colori pastello, dalle decorazioni che alternano soggetti floreali a elementi geometrici e dallaudace utilizzo del vetro e del ferro. 

Personalità artistica di estremo rilievo, Pietro Fenoglio contribuisce in modo particolare a rimodellare Torino secondo il gusto Liberty. Nato a Torino nel 1865, larchitetto-ingegnere orienta il suo campo dinteresse nelledilizia residenziale e nellarchitettura industriale. Nato da una famiglia di costruttori edili, frequenta la Regia Scuola di Applicazione per ingegneri di Torino; subito dopo la laurea, conseguita nel 1889, inizia unintensa attività lavorativa, raggiungendo ottimi risultati in ambito architettonico. Partecipa, nel 1902, allOrganizzazione internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino e in questoccasione approfondisce la conoscenza dello stile liberty, riuscendo poi a concretizzare quanto appreso nei numerosi interventi edilizi di carattere residenziale, ancora oggi visibili nel territorio cittadino. La sua attività di progettista si estende anche al campo dellarchitettura industriale, come testimoniano la Conceria Fiorio (1900 – Via Durandi, 11) o la Manifattura Gilardini (1904 – Lungo Dora Firenze, 19). Nel 1912, Pietro entra a far parte del Consiglio di Amministrazione della Banca Commerciale Italiana ed è tra i promotori della SocietàIdroelettrica Piemonte. Colto da morte improvvisa, Pietro Fenoglio muore il 22 agosto 1927, a soli 62 anni, nella grande casa di famiglia a Corio Canavese.

Tra tutte le sue realizzazioni spicca lopera più bella e più nota per la ricchezza degli ornati: Casa Fenoglio-La Fleur (1902), considerata unanimemente il più significativo esempio di stile Liberty in Italia. Progettata in ogni più piccolo particolare da Pietro Fenoglio per la sua famiglia, la palazzina di Corso Francia, angolo Via Principi dAcaja, trae ispirazione certamente dallArt Nouveau belga e francese, ma lobiettivo dellIngegnere è di dar vita al modello Liberty. La costruzione si articola su due corpi di fabbrica disposti ad elle, raccordati, nella parte angolare, da una straordinaria torre – bovindo più alta di un piano, in corrispondenza del soggiorno. Manifesto estetico di Fenoglio, ledificio – tre piani fuori terra, più il piano mansardato –  riflette lestro creativo dellarchitetto, che riesce a coniugare la rassicurante imponenza della parte muraria e le sue articolazioni funzionali, con la plasticità tipicamente Art Nouveau, che ne permea lesito complessivo. Meravigliosa, e di fortissimo impatto scenico, è la torre angolare, che vede convergere verso di sé le due ali della costruzione e su cui spicca il bovindo con i grandi vetri colorati che si aprono a sinuosi e animosi intrecci in ferro battuto. Unedicola di coronamento sovrasta lelegante terrazzino che sporge sopra le spettacolari vetrate.  Sulle facciate, infissi dalle linee tondeggianti, intrecci di alghe: un ricchissimo apparato ornamentale, che risponde a pieno allautentico Liberty. Gli stilemi fitomorfi trovano completa realizzazione, in particolare negli elementi del rosone superiore e nel modulo angolare. Altrettanto affascinanti per la loro eleganza sono landrone e il corpo scala a pianta esagonale. Si rimane davvero estasiati di fronte a quelle scale così belle, eleganti, raffinate, uniche. Straordinarie anche le porte in legno di noce, le vetrate, i mancorrenti, e le maniglie dottone che ripropongono lintreccio di germogli di fiori. 

La palazzina non è mai stata abitata dalla famiglia Fenoglio, e fu venduta, due anni dopo lultimazione, a Giorgio La Fleur, imprenditore del settore automobilistico, il quale volle aggiungere il proprio nome allimmobile, come testimonia una targa apposta nel settore angolare della struttura. Limprenditore vi abitò fino alla morte. Dopo un lungo periodo di decadenza,  la palazzina venne frazionata e ceduta a privati che negli anni Novanta si sono occupati del suo restauro conservativo.

Alessia Cagnotto

Spettacoli, festival e rassegne: la Regione lancia 20 bandi per la cultura

STANZIATI 11,5 MILIONI DI EURO

L’assessore Chiarelli: «Una grande opportunità per le realtà culturali del nostro territorio»

 

Apriranno domani, giovedì 7 agosto, i 20 bandi per la cultura 2025 previsti all’interno del Piano triennale. La dotazione sarà di 11,5 milioni di euro che serviranno a sostenere le realtà del territorio con un intervento puntuale e concreto.

La programmazione nasce da un lavoro di ascolto, confronto e condivisione con oltre 50 associazioni di categoria. Dai tavoli è nata la necessità di garantire più bandi triennali e maggiore attenzione alle aree non capoluogo e a bassa densità culturale.

Sono abbracciate tutte le espressioni artistiche: dallo spettacolo dal vivo, con la programmazione di festival, rassegne e stagioni e la produzione di teatro, lirica, danza e circo contemporaneo, fino alla valorizzazione della musica popolare e amatoriale, come cori e bande. Interventi mirati sosterranno il settore del cinema, sia nella realizzazione di progetti culturali che nella promozione e riqualificazione delle sale. Ampio spazio sarà dedicato anche alle attività espositive, alla divulgazione culturale attraverso convegni e festival, alle rievocazioni e ai carnevali storici, alla formazione musicale e artistica – dai corsi pre-accademici ai percorsi professionali – e al sostegno delle residenze artistiche, stabili e diffuse sul territorio.

«La partenza di questi bandi era molto attesa dalle realtà culturali e grazie all’instancabile lavoro degli uffici, siamo riusciti a garantire l’apertura delle candidature nonostante il mese di agosto – spiega l’assessore alla Cultura Marina Chiarelli -. In questo Piano triennale abbiamo impresso delle scelte politiche precise: dare maggiore sostegno a chi sceglie di portare la cultura dove è più necessario e allo stesso tempo garantire maggiore continuità e stabilità al comparto con una programmazione pluriennale. Con questa visione strategica vogliamo rendere il Piemonte un’eccellenza culturale sempre più riconosciuta a livello nazionale e internazionale».

Le modalità di partecipazione (con scadenza 25 settembre 2025) sono consultabili al link: https://www.regione.piemonte.it/web/temi/cultura-turismo-sport/cultura/bandi-cultura-2025

Il Museo Diffuso della Resistenza ricorda il 6 agosto 1945 con ‘Hiroshima mon amour’ di Resnais

Le due bombe atomiche sganciate dagli Stati Uniti il 6 e il 9 agosto 1945 su Hiroshima e Nagasaki causarono tra le 150 mila e le 220 mila vittime, in maggioranza civili, portando il 15 agosto il Giappone alla resa, alla fine della seconda guerra mondiale.
Aggiunsero, però, un nuovo orrore a molti altri di una guerra totale in cui il numero complessivo dei morti civili superò per la prima volta quello dei caduti militari. Queste bombe diedero inoltre inizio a un’altra era in cui il rischio di un uso militare dell’energia nucleare continua a essere incombente su tutta l’umanità.
Ottanta anni dopo, il Museo Diffuso e l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza hanno deciso di richiamare l’attenzione su questo rischio e di manifestare il loro incondizionato rifiuto di tutte le guerre,  organizzando una proiezione del film intitolato “Hiroshima mon amour” di Alain Resnais, con la sceneggiatura di Marguerite Duras. Esso affronta con esiti indimenticabili l’inscindibilità del rapporto del passato con il presente e l’angoscia e la paura che incombono sul nostro avvenire. L’appuntamento è  per mercoledì  6 agosto alle ore 18 presso l’Auditorium del Polo del ‘900, in piazzetta Franco Antonicelli a Torino, per condividere un momento di riflessione su quel passato e su questo presente.

Mara Martellotta

 

Ersilia Zamponi, la scrittrice che insegnava l’italiano con i giochi di parole 

Ci ha lasciati Ersilia Zamponi, straordinaria insegnante, educatrice e scrittrice. Era nata a Omegna nel 1040, vent’anni dopo uno dei suoi grandi maestri, Gianni Rodari, anch’esso omegnese. Ricordarli insieme è un fatto naturale. E’ passato più di mezzo secolo anni da quel 1973 che vide la casa editrice Einaudi pubblicare la Grammatica della fantasia di Rodari. Un libro che, come dice il sottotitolo, rappresenta una “introduzione all’arte di inventare storie”. È l’unico volume che lo scrittore nato sulla sponda più a nord del lago d’Orta, non dedicò alla narrativa proponendo un contenuto teorico, dovuto alla paziente trascrizione a macchina da parte di una stagista di Reggio Emilia di alcuni appunti rimasti a lungo dimenticati. Gli appunti in questione, risalenti agli anni ’40, facevano parte della raccolta del Quaderno della fantasia. La Grammatica della fantasia era una sorta di manuale utile a stimolare la creatività. Un libro attuale e utilissimo, ricco di spunti, suggerimenti e strumenti per chi crede nella pedagogia della creatività e attribuisce il giusto valore educativo e didattico all’immaginazione. Partendo dalle parole o dalle lettere che compongono le parole stesse, Rodari suggeriva una quarantina di giochi attraverso immagini, nonsense, indovinelli e favole. Ogni gioco aveva un forte valore simbolico che apriva a un infinità di possibilità creative sia per il bambino che per l’insegnante, utilizzando come strumento la propria fantasia.

Leggendo il libro si apprende come le fiabe non siano intoccabili e come si possa giocare con esse, smontandole e ricreandole, coinvolgendo i bambini in prima persona nel loro processo formativo. La prova migliore che è possibile imparare l’italiano in un modo divertente e creativo attraverso i giochi di parole, in piena continuità con il lavoro di Rodari, venne offerta proprio da Ersilia Zampini con un libro molto bello, diventato ormai un classico: i Draghi locopei. Ersilia Zamponi, anch’essa concittadina del più grande autore italiano per ragazzi del Novecento,  pubblicò questo bellissimo testo nel 1986 da Einaudi,  quand’era docente di lettere presso la scuola media “Gianni Rodari” di Crusinallo, una delle frazioni di Omegna, esplicitando bene l’uso intelligente fantasioso dei giochi di parole (lo stesso titolo dell’opera non era che l’anagramma dell’espressione “giochi di parole”). Il piacere dell’invenzione linguistica, l’emozione dell’intuire e dell’indovinare, la trasgressione del nonsense, l’intelligenza dell’ironia venivano stimolate magistralmente, pagina dopo pagina. Scriveva Ersilia Zamponi: “Nei giochi di parole il gusto che si prova assume molteplici forme; può essere: la soddisfazione per una invenzione linguistica che piace, l’emozione dell’intuire e dell’indovinare, la sorpresa di una combinazione casuale, la sfida dell’enigma o la trasgressione del nonsense, la spensieratezza della comicità, l’intelligenza dell’ironia…Giocando con le parole, i ragazzi arricchiscono il lessico; imparano ad apprezzare il vocabolario, che diventa potente alleato di gioco; colgono il valore della regola, la quale offre il principio di organizzazione e suggerisce la forma, in cui poi essi trovano la soddisfazione del risultato”. Un modo strepitoso di raccogliere l’eredità di Rodari, facendola vivere e respirare. E un modo intelligente, quello di entrambi, di insegnare l’uso corretto di una lingua che oggi, troppo spesso e con leggerezza, viene sottoposta a quotidiane violenze e scempiaggini. Umberto Eco, nella presentazione del libro scrisse: ”Ci lamentiamo che i nostri ragazzi, spendendo ore e ore alla tv, non siano più capaci di parlare e usare bene la lingua. Basterebbe insegnargli che con la lingua si può anche giocare, e si divertirebbero persino ad andare a caccia degli errori sintattici dei presentatori tv”. E concludeva con una nota di speranza: “Coraggio ragazzi, malgrado i programmi ufficiali la scuola sopravvive”. Credo sia un modo corretto per ricordare Ersilia Zamponi, alla quale intere generazioni debbono esserle riconoscenti e grate.

Marco Travaglini

 

Torino non va in vacanza: l’estate 2025 accende la città tra arte, sport, cultura e magia

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Mentre molte città italiane rallentano, Torino rilancia. Il capoluogo piemontese, da sempre punto di riferimento culturale e turistico, si trasforma durante l’estate in un palcoscenico a cielo aperto: tra mostre, spettacoli, festival, grandi eventi sportivi e itinerari suggestivi, la città accoglie residenti e turisti con un’offerta ricchissima e diffusa.

Le emozioni firmate Somewhere: Torino Magica®, Torino Sotterranea e Ferragosto al Cinema

Tra le esperienze più iconiche dell’estate torinese non possono mancare i tour firmati Somewhere, che anche ad agosto non vanno affatto in vacanza. Al contrario, si vestono di suggestioni speciali per accompagnare cittadini e visitatori in un viaggio unico nel cuore misterioso della città.

La notte di Ferragosto sarà animata da una special edition di Torino Magica®, lo storico tour esoterico della città, che per l’occasione si svolgerà a bordo di un bus cabrio rosso fiammante. Un percorso notturno tra simboli nascosti, enigmi massonici e leggende antiche, immersi nel fascino dei tetti torinesi illuminati dalle stelle.

Per chi cerca frescura e avventura, c’è Torino Sotterranea, il tour che porta il pubblico tra cripte, rifugi antiaerei e cunicoli segreti, offrendo una prospettiva inedita e coinvolgente della città… a basse temperature.

Infine, per gli amanti delle atmosfere cinematografiche e del noir, il 15 agosto torna anche Ferragosto al Cinema: un viaggio tra i luoghi iconici del cinema torinese e storie affascinanti, che si conclude con un brindisi sotto le stelle in una location segreta del centro. Un appuntamento firmato Somewhere che unisce cultura, racconto e magia.

Arte e bellezza: le grandi mostre dell’estate

Torino conferma anche nel 2025 la sua vocazione culturale con un cartellone espositivo di altissimo livello. A Palazzo Madama, fino al 7 settembre, è in corso Haori, una raffinata mostra dedicata al Giappone del primo Novecento, tra kimono, arti decorative e influenze occidentali.

A Palazzo Chiablese, fino al 28 agosto, l’esposizione Da Botticelli a Mucha – Arte, Bellezza e Seduzione accompagna i visitatori in un percorso visivo tra Rinascimento e Art Nouveau, esplorando l’estetica della grazia e del desiderio attraverso secoli e correnti artistiche.

I Musei Reali di Torino ospitano invece Estate Reale 2025, un programma trasversale che fino al 31 ottobre alterna concerti, letture poetiche e spettacoli teatrali nei luoghi simbolo del patrimonio sabaudo.

Festival urbani e cinema sotto le stelle: Mappa Mundi 2025

Fino al 31 agosto, la Caserma La Marmora si trasforma in un’arena culturale grazie a Mappa Mundi 2025: un festival multidisciplinare che propone ogni sera cinema all’aperto, musica, incontri e performance. Un’iniziativa pensata per valorizzare spazi urbani in chiave contemporanea e partecipativa.

Estate ad alta quota: Superga e la tranvia notturna

Per chi desidera una visione panoramica della città, l’estate offre due appuntamenti da non perdere. La Tranvia Sassi-Superga, attiva fino al 23 settembre, propone corse serali straordinarie, permettendo ai passeggeri di raggiungere il colle in un’atmosfera rarefatta e romantica.

Parallelamente, la Cupola della Basilica di Superga apre le sue porte anche di notte: fino al 28 settembre sarà possibile salire e ammirare il profilo di Torino illuminato, in una delle viste più spettacolari del Piemonte.

Sport e spettacolo: il mondo arriva a Torino

Torino accoglie quest’anno due grandi eventi sportivi internazionali. Dal 2 al 10 agosto, la città ospita il Twirling World Championship, con atleti provenienti da ogni parte del globo che daranno vita a una competizione spettacolare tra ritmo, danza e coordinazione.

Dal 23 al 26 agosto, il Piemonte sarà attraversato dalla Vuelta di Spagna, storica corsa ciclistica che per quattro tappe toccherà diverse località della regione:

  • 23 agosto: Venaria Reale – Novara

  • 24 agosto: Alba – Limone Piemonte

  • 25 agosto: San Maurizio Canavese – Ceres

  • 26 agosto: Susa – arrivo in Francia

Un’occasione imperdibile per appassionati e curiosi, che potranno assistere dal vivo al passaggio dei grandi campioni del ciclismo.

I grandi classici della cultura torinese

Oltre agli eventi, la città continua ad affascinare con i suoi luoghi simbolo. La Reggia di Venaria, con i suoi giardini e le mostre temporanee, è uno dei poli culturali più visitati, mentre il Museo Egizio, il più antico al mondo dedicato alla civiltà faraonica, per l’estate propone aperture serali straordinarie, offrendo un’esperienza ancora più immersiva tra i suoi capolavori millenari.

Torino non chiude per ferie, ma si apre al mondo. Con la sua estate fatta di spettacolo, cultura, sport e mistero, la città si conferma una meta viva, accessibile e sorprendente. Un invito a restare – o arrivare – per scoprire un’altra Torino: quella che si racconta meglio quando il sole cala e le piazze si animano.

CRISTINA TAVERNITI

Un fine settimana ricco di eventi a Cesana Torinese

Sabato 2 agosto dalle ore 21, a Cesana, in piazza Vittorio Amedeo, la Projoung Pro Loco di Cesana presenta una serata jazz con il trio “So what” dal titolo  “Donne che incantano”.
Domenica 3 agosto  sempre la Projoung Pro Loco di Cesana presenterà  alle ore 21, alla Sala Formont di via Pinerolo “Sorgenti e sotterranei dai monti della Luna”, un viaggio in un mondo nascosto dentro le montagne, sorgenti di acqua e km di sotterranei nascosti. Il curatore del Museo Chaberton, il dottor Roberto Guasco, si racconterà in un incontro tematico, presentando anche il progetto “Bunker opere del Vallo alpino”.
A Sansicario Nonsoloneve propone un weekend di musica, cultura e arte, mentre la Compagnia Teatrale Torinese Onda Larsen presenta la stagione teatrale ‘Spettacoli di mezza estate… in vetta”.

Da venerdì 1 a domenica 3 agosto si svolge la prima edizione  di “Deipratidellestelle”, il nuovo festival immersivo che nasce a San Sicario  nel cuore della valle di Susa, con l’obiettivo di riportare musica, cultura e arte del paesaggio alpino.
Ideato da Hdemia Collective, con la direzione artistica del pianista e compositore Francesco Taskayali, “Deipratidellestelle” rappresenta un invito a vivere la montagna in modo inedito, lento, condiviso e sensibile.  Si tratta di un Festival che si muove a piedi o in bici, che ascolta in silenzio sotto il cielo stellato, che si costruisce nell’incontro e nella scoperta.
Sabato 2 agosto, alle ore 21, al Cinema Sansicario di San Sicario Alto, viene presentato  “Il sogno di Bottom” di Onda Larsen, scritto e diretto da Lia Tomatis, con Riccardo De  Leo  e Gianluca Guastella.
Domenica 3 agosto  TOradio dalle 10 alle 12 proporrà un podcast live  dal titolo “Siamo freschi”, condotto da Marco Fedeli “ Sansinews”, sport, eventi, cultura,  enogastronomia e musica.
All’Olimpic Park Sport dalle ore 12 alle 14 Open Day Sport Beach Volley Tennis- Basket. Dalle 14 alle 15 sarà la volta del “PusaCafe”, torneo superamatoriale di Beach Volley 4×4 Misto.
Per informazioni e prenotazioni rivolgersi al Nonsoloneve 3494179852.
Domenica 3 agosto  alle 21 al cinema Sansicario di Sansicario Alto si terrà una serata di cinema con il film “Lunana, il villaggio alla fine del mondo” di Pawo Choyning Dorji.

Sabato 2 agosto, a Segnalonga, l’Associazione Segnalonga presenterà alla chiesetta di Segnalonga un concerto di chitarra classica con Paolo Ricci.
Intanto prosegue al museo Casa delle Lapidi di Bousson la mostra “A capo coperto: le cuffie degli Escartons identità e storia, inaugurata il 19 luglio scorso alla presenza del sindaco Daniele Mazzoleni, del vicesindaco Matteo Ferragut e dell’assessore Marco Vottero.
La mostra, curata da Contempora e Raquel Barriuso Diez, resterà aperta tutti i giorni, esclusi i lunedì,  con orario pomeridiano dalle 15.30 alle 18.30 fino al 31 agosto prossimo .

Mara Martellotta