CULTURA- Pagina 138

Nel post Covid 19, la modernità di Giuseppe Ungaretti

A 50 anni dalla scomparsa del poeta simbolo dell’ermetismo / È  trascorso poco più di un secolo, con precisione 101 anni, dalla data di pubblicazione, nel 1919, di “Allegria di naufragi”, una delle raccolte poetiche più note composte da uno dei più significativi poeti del Novecento, Giuseppe Ungaretti. Alla luce dell’evento traumatico e inaspettato per cui il 2020 sarà ricordato sui libri di storia, vale a dire la pandemia mondiale provocata dal Covid 19, e ripensando ad un altro anno sicuramente fatale dal punto di vista storico come fu il 1919, nasce spontaneo un confronto tra i due momenti temporali. E nessuna più della poesia ungarettiana diventa tremendamente attuale in un’epoca come quella che stiamo vivendo.

In fondo il 1919 non fu soltanto l’anno passato alla storia per i trattati di pace che conclusero la prima guerra mondiale, tra cui quello di Versailles con la Germania, quello di Saint Germain con l’Austria, quello di Sevres con la Turchia, ma fu anche l’anno della costituzione della Repubblica di Weimar e della crisi della Germania, che usciva sconfitta dal conflitto, con un pesante debito di guerra e la perdita di tutte le colonie. Ma fu, soprattutto, l’anno dell’inizio della terza ed ultima fase dell’epidemia di spagnola che, tra l’ottobre del ’18 ed il dicembre del ’20, provocò oltre cinquanta milioni di vittime.

Ricordando la poesia ungarettiana “Allegria di naufragi”, risalente al febbraio del 1917, che diede poi il titolo all’omonima raccolta poetica, il testo recita: “E subito riprende /il viaggio/ come/ dopo il naufragio/ un superstite/ lupo di mare”.

Oggi più che mai questa poesia ungarettiana dimostra, secondo me, a piú di cent’anni anni dalla sua stesura, tutta la sua attualità nell’invito che il poeta rivolge al lettore a non cedere mai di fronte alle avversità della vita. Un evento traumatico e devastante, quale fu la prima guerra mondiale o, seppure sotto aspetti diversi, la pandemia da Covid 19, può aver travolto o travolgere l’uomo, ma egli, per la sua stessa natura, è capace di ritrovare la forza vitale che gli consente di riprendere il viaggio della vita. Ungaretti, attraverso questa lirica, vuole proprio far capire al lettore che l’animo umano è costituito apposta per dare il meglio di sé dopo un “naufragio”. La similitudine tra la condizione del naufrago e quella del soldato è evidente; come il naufrago sopravvive al disastro navale, così il soldato riprende a vivere la propria vita dopo essere sopravvissuto alla guerra.

In fondo, usciti dal lockdown della pandemia da Covid 19, siamo un po’ tutti simili a dei naufragi, sia coloro che sono stati direttamente colpiti dalla perdita o dalla malattia di un familiare, sia coloro che, dal punto di vista psicologico ed umano, ne sono rimasti colpiti. Credo, in misura personale, un po’ tutti. Forse, a differenza dell’epoca in cui Ungaretti scriveva questa come altre liriche rimaste uniche nel Novecento, oggi è venuto a mancare, rispetto a cento anni fa, quello spirito di solidarietà, che consentì allora di superare tutti insieme un flagello devastante come fu la prima guerra mondiale, anche grazie alla presenza di valori forti, quali la patria e la famiglia.

Però, a distanza di più di cento anni, l’animo umano, anche se la società è profondamente cambiata, nel suo fondo è rimasto, secondo me, lo stesso ed in ogni dolore  ed evento negativo rimane capace di riscoprire la forza presente dentro di sé  per continuare il percorso di vita e riscoprirne i veri valori, dopo un periodo in cui si è anche temuto di poterla perdere.

Oggi la ripresa del viaggio della vita, nella sua quotidianità, dopo un periodo così difficile, deve passare non soltanto attraverso un comune sforzo di solidarietà e di reciproco avvicinamento spirituale (pur nel mantenimento del distanziamento fisico), ma anche attraverso una riflessione sui veri valori della vita. Questa può essere facilitata anche dalla riscoperta della poesia, che è sempre stata uno degli strumenti che, meglio, riescono a disvelare agli uomini i misteri della vita.

Mara Martellotta

In collaborazione con: www.pannunziomagazine.it

Portare il teatro fuori dal teatro. Ogni piazza un palcoscenico

A partire dal 15 Giugno verranno riaperti i teatri e cinema d’Italia e gli italiani potranno tornare a fare ciò che hanno sempre fatto: non andarci.

Battute a parte, la riapertura di cinema e teatri il 15 giugno è una buona notizia, ma solo a livello teorico. Chi scrive è un attore, conduttore e comico: in passato si sarebbe detto (esagerando) “showman”, oggi va di moda “performer”. Sempre chi vi scrive, fa parte di quel 90% (anche 95 volendo) di lavoratori che vive il mondo dello spettacolo non dalla parte privilegiata di esso ma dalla parte di chi, giorno dopo giorno, si inventa qualcosa per andare avanti. E quindi dovrebbe essere felice della riapertura di cinema e teatri il 15 Giugno; ed è felice di ciò, ma soltanto a livello teorico…

… continua a leggere:

Portare il teatro fuori dal teatro. Ogni piazza un palcoscenico

Per la Festa della Repubblica riaprono i Musei Reali

L’esperienza continua online sulla nuova piattaforma èreale

 

Il 27 maggio la Biblioteca Reale ha riaperto al pubblico con nuove modalità organizzative e, da martedì 2 giugno, tornano a essere visitabili il Palazzo Reale con l’Armeria, la Cappella della Sindone, il primo piano della Galleria Sabauda e il settore Torino del Museo di Antichità. In occasione della riapertura, un esclusivo cortometraggio musicale presenta èreale, il nuovo palinsesto di contenuti video disponibile sul sito dei Musei Reali.

 

I Musei Reali festeggiano il settantaquattresimo compleanno della Repubblica accogliendo nuovamente i visitatori, nel segno della sicurezza e con l’emozione di un nuovo inizio. Dal 27 maggio la Biblioteca Reale è aperta per consultare libri e documenti con una organizzazione che pone in primo piano la salute degli utenti e del personale. Dal 2 giugno, riaprono anche i Musei, con un itinerario studiato per tutelare i visitatori, senza pregiudicare un’offerta culturale di qualità, il più possibile estesa ed inclusiva.

Tra le novità, il restauro “a vista” dell’altare della Cappella della Sindone: dalle grandi finestre aperte nella recinzione del cantiere sarà possibile seguire passo dopo passo il lavoro dei restauratori del Consorzio San Luca, impegnati nella restituzione dell’opera progettata dall’ingegnere matematico Antonio Bertola tra il 1688 e il 1694 per accogliere la Santa Sindone. Un altro “monumento nel monumento” che andrà ad aggiungersi al percorso del Palazzo Reale, dell’Armeria, della Galleria Sabauda e del Museo di Antichità.

Dal reale al virtuale. Dopo le esperienze autogestite del periodo di confinamento, anche l’offerta digitale affronta nuovi traguardi sul web con il progetto èrealela nuova piattaforma per la fruizione di contenuti video prodotti dai Musei Reali, progettata dallo studio MYBOSSWAS, disponibile all’indirizzo ereale.beniculturali.it: un inedito palinsesto lanciato da un videoclip autoriale coinvolgerà il pubblico, mentre brevi documentari tematici, nuovi restauri e mostre virtuali permetteranno di conoscere opere e luoghi meno noti dei Musei Reali.

 

Dice la Direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella:

«Nei due mesi più severi del confinamento il centro della città era deserto, ma i musei non sono mai stati soli, grazie all’impegno della piccola squadra di personale che si alternava a presidiare la sicurezza dei palazzi e delle collezioni. Come molti, anche i musei hanno sperimentato su una scala mai vista prima il lavoro agile, scoprendo opportunità insospettate, potenziando gli strumenti digitali e costruendo, paradossalmente, nella distanza, una nuova solidarietà, tra noi e con il pubblico. Ora, questa riapertura è piena di attese e di speranza. Dalla metà di aprile, quando la luce ha cominciato a filtrare in fondo al tunnel, ci siamo dedicati intensamente al piano di prevenzione e i primi stimoli sono venuti dal lavoro del Politecnico di Torino per la ripartenza delle imprese. Più che mai siamo persuasi del ruolo che i musei possono svolgere nei confronti della comunità, come luogo di conoscenza e di benessere, e anche come memoria e simbolo di grandezze, di bellezze, di sfide che possono ispirarci in questo momento di crisi e di incertezza».

 

LA VISITA AI MUSEI

Nel rispetto delle linee guida post emergenza, i Musei Reali hanno messo a punto, nelle ultime settimane, con l’aiuto di esperti e di concerto con le organizzazioni sindacali, un piano approfondito di percorsi, di dispositivi e di segnaletica per garantire al pubblico e ai lavoratori il massimo grado di tutela. D’accordo con il partner Coopculture, hanno anche deciso di sfidare la crisi – che per i musei d’Italia e del mondo significa una perdita stimata dell’80% dei visitatori – sperimentando l’orario di sempre: saranno aperti da martedì a domenica dalle 9 alle 19, con biglietto gratuito fino a 18 anni e 2 euro da 18 a 25 anni.

Gli accessi saranno contingentati per evitare assembramenti e all’ingresso sarà rilevata la temperatura tramite termo-scanner. È obbligatorio l’uso delle mascherine, eventualmente disponibili per l’acquisto anche alla cassa, e  si favorisce la sanificazione delle mani con gel disinfettante, dislocato lungo il percorso di visita. La prenotazione non è obbligatoria e il biglietto potrà essere acquistato online o direttamente in biglietteria, dalle 9 alle 18. Rispettando la distanza interpersonale di almeno due metri, le sale saranno percorribili seguendo un itinerario monodirezionale di ingresso e uscita, indicato dall’apposita segnaletica e consultabile anche sull’app MRT, integrata con una nuova mappa di orientamento in italiano e in inglese. L’applicazione, scaricabile gratuitamente su Apple Store e Google Play, è lo strumento privilegiato per approfondire il percorso museale: sfiorando il proprio smartphone si potranno ottenere tutte le informazioni necessarie come orari, tariffe, contatti e accessibilità, ma soprattutto esplorare le collezioni e ascoltare l’audioguida con 35 tracce in italiano, delle quali è sempre disponibile anche un’anteprima gratuita.

Dal 2 giugno riapre anche il Caffè Reale, nel rispetto delle norme di sicurezza e del distanziamento interpersonale, grazie alla sistemazione dei tavoli sotto l’ampio porticato della Corte d’Onore.

Dal 6 giugno, ogni sabato e domenica, riprenderanno anche le visite guidate al secondo piano del Palazzo Reale, nell’appartamento dei Principi, condotte dai volontari dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale” e dagli operatori di Coopculture, per gruppi composti al massimo da 8 persone e con la possibilità esclusiva di uscire sul terrazzo per affacciarsi sui Giardini Reali e sulla piazza Castello.

 

LA BIBLIOTECA REALE

La sala lettura della Biblioteca Reale riapre mercoledì 27 maggio con orario provvisorio: dal lunedì al venerdì, ore 9-13.30. Per consultare libri e documenti è necessaria la prenotazione con almeno 24 ore di anticipo scrivendo all’indirizzo mr-to.bibliotecareale@beniculturali.it e indicando tutte le informazioni disponibili per la richiesta, in modo che gli addetti possano predisporre libri e documenti sul tavolo assegnato; è necessario precisare anche l’eventuale esigenza di esaminare gli stessi documenti per più giorni consecutivi. La consultazione diretta degli esemplari è consentita, con mascherina e guanti monouso, qualora non siano disponibili copie digitali in rete o nell’archivio della Biblioteca, oppure in caso di particolari esigenze di studio che saranno valutate dalla Direzione. Dopo la consultazione diretta, i documenti saranno messi in quarantena per dieci giorni, come previsto dalle Linee guida dell’Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro (ICPAL).

 

PROSSIME APERTURE – LA CUCINE E I GIARDINI

Dalla seconda metà di giugno, nel fine settimana, la visita sarà arricchita da ulteriori percorsi speciali a cura di Coopculture, attraverso il Palazzo e l’Armeria Reale, la Cappella della Sindone, l’Appartamento della Regina Elena al pianterreno e le Cucine Reali al piano interrato, secondo calendario e modalità che saranno pubblicati sui siti dei Musei Reali e di Coopculture nelle prossime settimane.

Per tornare a passeggiare nel Giardino Ducale e nel Boschetto bisognerà attendere domenica 28 giugno, al termine del cantiere di rifunzionalizzazione e restauro, che ha purtroppo subito l’interruzione di due mesi dovuta al confinamento. Ma dal 2 giugno la rinnovata pavimentazione in pietra di Luserna posta lungo le facciate del Palazzo Reale e della Galleria Sabauda, collegamento tra la Corte d’Onore e la Manica Nuova della residenza, permetterà l’uscita dal percorso museale e l’accesso al sistema per visitatori con disabilità.

 

LA NUOVA PIATTAFORMA VIDEO SUL SITO DEI MUSEI REALI

La riapertura dei Musei Reali coincide con la presentazione del progetto èreale (ereale.beniculturali.it), piattaforma online che amplia l’esperienza di visita per intraprendere un viaggio virtuale attraverso contenuti video originali, prodotti dai Musei Reali e in parte realizzati con la collaborazione dello studio creativo multidisciplinare MYBOSSWAS di Torino. Approfondimenti tematici accompagneranno i visitatori, da casa, tra stanze finemente decorate, preziosi arazzi, antiche armature e reperti millenari, alla scoperta di tesori poco conosciuti e opere d’arte inedite, svelando i retroscena dei restauri, degli allestimenti museali e della cura del patrimonio.

Il video di lancio intitolato Nasce: è Reale. Il canale dei Musei Reali di Torino è un breve musical realizzato nel vuoto e nel silenzio delle sale. Scritto e creato dal regista e compositore Giorgio Ferrero con il direttore della fotografia e produttore Federico Biasin, autori del pluripremiato film musicale Beautiful Things prodotto dalla Biennale di Venezia e presentato nei principali festival internazionali con distribuzione in oltre 20 Paesi, è un esclusivo cortometraggio musicale cinematografico di tre minuti, in cui danzatori, acrobati, schermitrici e cantanti liriche vivono la magia di un viaggio all’interno dei musei, un sogno che prende vita durante la quarantena. I performer non possono toccarsi, ma il dialogo dei corpi e l’empatia tra le persone distanti è in grado di convergere in un unico inno alla bellezza e al calore umano.

Navigando sulla piattaforma èreale con dispositivi mobili, computer o visori VR, il pubblico potrà fruire gratuitamente anche di visite tematiche in realtà virtuale, per conoscere e approfondire ambienti e collezioni.

Il palinsesto, che si arricchirà nel corso dei prossimi mesi di ulteriori contenuti speciali, presenta anche la playlist Closed In. I Musei visti da dentro, progetto digitale realizzato dallo staff dei Musei Reali durante il lockdown: opere e ambienti sono narrati da curatori, tecnici e operatori, in presa diretta e in modo informale, per vivere il museo attraverso gli occhi di chi ogni giorno ne custodisce il patrimonio.

Nell’ambito di una campagna di ascolto per migliorare la qualità dei servizi offerti dai singoli musei, la Direzione Generale Musei del MiBACT ha promosso un questionario compilabile online (link), finalizzato a delineare quali attività culturali debbano essere maggiormente sviluppate in questo delicato momento di riapertura, in stretto raccordo con le esigenze di sicurezza.

Apologario. Adriana Zarri e le favole di Samarcanda

Quelle contenute in Apologario di Adriana Zarri sono le favole “non innocenti” che la teologa raccontò dagli schermi televisivi della terza rete della Rai dove, per alcuni anni, tenne una sua rubrica fissa all’interno di Samarcanda, il talk show condotto da Michele Santoro

Adriana Zarri, è stata una delle voci più originali e anticonformiste del mondo cattolico. Teologa, scrittrice, giornalista, eremita per vocazione nel silenzio della campagna canavesana, non ebbe mai il timore di andare controcorrente. Anche i brevi apologhi contenuti in questo libro che ho trovato su una bancarella dell’usato, pubblicato da Camunia nel 1990, miravano “a disturbare la coscienza quieta affrontando i grandi temi del malessere sociale: razzismo, emarginazioni e discriminazioni, corruzione, tossicodipendenza e violenza ideologica, distorsione di valori e significati della fede religiosa. Ventinove storie brevi dove s’incontrano peccatori onesti e benpensanti dalla dubbia morale, uomini stolti e animali intelligenti che danno vita a vicende immaginarie ma non paradossali. Attraverso queste parabole la Zarri praticò “lo scandalo della verità” e contestò “un cristianesimo omologato al perbenismo”. Essendo passati trent’anni i protagonisti reali che vengono citati – per lo più politici e religiosi dell’epoca – sono ovviamente “datati” ma resta fresca e attuale la narrazione di questa commedia umana grottesca e drammatica, dove l’ironia pungente della Zarri rivalutava il senso più alto della morale. Tra gli altri è molto bello l’apologo garantista intitolato “Pro reo”, dove la teologa indica al contadino Giuseppe i criteri e la filosofia dello sfalcio del prato ( “Va cautodico,perché, nel dubbio è meglio lasciare in piedi un’infestante che non tagliare un’erba buona”) riferendosi simbolicamente all’amministrazione della giustizia. Ne “La suora” fece invece emergere tutta l’ipocrisia ecclesiastica del tempo sul tema dell’aborto,condannato e osteggiato se garantito dalla pubblica legge a tutela della salute delle donne e, viceversa, tollerato se eseguito in clandestinità e a pagamento, magari da chi “fa obiezione in pubblico per poi poter risolvere in privato”. Suor Liberia, disgustata dalla doppia morale, nell’apologo si rifiuta di prestare servizio in quella clinica e quando la superiora l’ammonisce (“L’obbedienza, sorella, l’obbedienza..”), risponde che “la coscienza vale di più”. Il senso più sincero della frequentazione dei luoghi di culto si afferma in “Omelia polacca”, una delicata favola sui pericoli dell’opportunismo e del conformismo sia antireligioso che religioso. Spesso nei racconti si parla dei migranti, dei tanti pregiudizi e luoghi comuni ai quali fanno da contraltare importanti esempi di solidarietà. Temi attuali, del tutto contemporanei dove Adriana Zarri, nel ricordare che “il primo precetto è la carità”, non usa perifrasi nel condannare la falsa idea di fede dei parrocchiani nell’apologo “Cristo tra i mussulmani” perché – come disse San Paolo –“il vostro Dio è la pancia”. I drammi delle famiglie e il ripudio del figlio in “Dio,patria,famiglia”, l’avidità accecante in “Giuseppe e l’oca”, la parabola del buon samaritano in “La civetta in autostrada”, la stupidità ottusa del razzismo in “Lucia ed Elisabeth”, il tema dell’handicap e delle barriere architettoniche ne “L’ingombro”. E, ultima in ordine di presentazione, una straordinaria riflessione sulla commemorazione dei defunti dove si comunica al lettore il senso della fede cristiana nella resurrezione che altro non è “che un credere strenuamente nella vita che travalica il passo della morte”.Sulla copertina del libro compare l’immagine di Adriana Zarri con il suo gatto Malestro in braccio, sullo sfondo della campagna. Una scelta dell’editore che l’autrice accettò “di buon grado, sia per l’affetto che ho per i miei mici che per l’eleganza della bestia che riscatterà l’immagine di una donna ormai vecchia”.Invisa a molti, soprattutto cattolici – fatto a ben vedere meno paradossale di quanto possa apparire – per l’indomita libertà di pensiero, nel corso della sua lunga esistenza che si è conclusa a novantun anni, la notte tra il 18 e il 19 novembre del 2010, Adriana Zarri ha vissuto in anticipo sui tempi. E anche le pagine dell’Apologario lo confermano. Tutti i suoi libri sono frutto di pensieri profondi, di intuizioni e capacità narrative importanti, in grado di rendere comprensibili i grandi misteri della vita, della fede e del loro rapporto con la natura che ci circonda. Da eremita nel canavese tra Albiano, Fiorano e, infine, Strambino ( a Cà Sàssino, nella frazione di Crotte, in una proprietà diocesana abbandonata offertale in comodato da monsignor Luigi Bettazzi, allora vescovo di Ivrea) le sue giornate, d’estate come d’inverno, venivano scandite secondo uno stile di vita monastico che alternava preghiera e meditazione al lavoro manuale. Di notte scriveva, dalle dieci di sera alle tre di mattina, con il gatto sulle ginocchia e il fuoco acceso nel camino. I suoi scritti ci hanno lasciato un’eredità culturale e morale, fatta di indimenticabili pagine e preziose testimonianze da conservare gelosamente.

Marco Travaglini

ContemporaneA. Parole e storie di donne

A partire da mercoledì 3 giugno, ogni giorno un appuntamento online. Fino al prossimo autunno quando il progetto diventerà, se possibile, un vero e proprio Festival ospitato a Biella E’ sempre l’online, dati i tempi, a guidare e a permettere i giochi

Il primo appuntamento è per mercoledì 3 giugno. Nato all’interno dell’Associazione biellese Bi-Box, da un’idea di Irene Finiguerra e Barbara Masoni ( in collaborazione con la libreria Giovannacci e con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Biella), “ContemporaneA.

Parole e storie di donne” è un progetto che, da subito, si presenta con una doppia anima ed un solo obiettivo: “quello di essere uno spazio – affermano le organizzatrici – per tutte le donne (e non solo) dove confrontarsi, sognare e progettare, dove ascoltare gli interventi di scrittrici, artiste e imprenditrici”. Due le fasi (o anime) in cui s’è concretamente pensato di attuarlo: a giugno nella sua declinazione “rendez-vous”, con appuntamenti e rubriche sui canali social e con la scrittrice milanese e torinese d’adozione Giusi Marchetta – Premio Italo Calvino nel 2008 con “Dai un bacio a chi vuoi tu” e autrice di “Tutte le ragazze avanti!” (Add, 2018) – ad aprire le danze. Programmato invece per l’autunno il “ContemporaneA Festival”, da tenersi a Biella.
Ma andiamo per ordine.

A partire da mercoledì 3 giugno fino a ottobre, su Instagram e su Facebook, una serie di incontri, o per meglio dire rendez-vous ( “ContemporaneA rendez vous”) animerà i canali social di “ContemporaneA” con citazioni, illustrazioni, recensioni ma non solo.

Ogni martedì l’appuntamento al quale non mancare è il “Caffè con le ragazze”. Quindici minuti per chiacchierare con donne impegnate in vari settori: scrittrici, imprenditrici, giornaliste o appartenenti al mondo dello spettacolo. Tutte legate dall’essere protagoniste del loro percorso di vita, lavoro, interessi, passioni. Il tempo di una tazza di caffè, per parlare in libertà fra ragazze, “perché ragazze si è sempre, anche con i capelli bianchi!”. Inaugurano la rubrica Giusi Marchetta (9 giugno) e la scrittrice e traduttrice torinese Marta Barone (16 giugno), in libreria con “Città sommersa” (Bompiani, 2018), romanzo che “racconta il terrorismo attraverso gli occhi del padre”, attualmente in corsa per il Premio Strega.
Il mercoledì è il momento de “L’amica che vorrei”, dedicato alle scrittrici da conoscere, da leggere o da rileggere. Delle amiche da scoprire attraverso le storie delle loro opere, per percorrere insieme nuovi sentieri lungo le loro pagine. Questo format è ispirato al libro di Beatrice Masini, “Le amiche che vorresti”, in cui vengono presentate ventidue eroine della letteratura: “personaggi irriverenti, unici e affascinanti”.

“Chi è la tua scrittrice preferita?”: è a partire da questa domanda, posta ogni volta a un autore diverso, che invece prende vita l’appuntamento del venerdì: “Scrittori per scrittrici”. Per ricordare sempre che non esiste una scrittura al femminile e una al maschile, ciò che conta è che chi scrive sappia regalare storie intense. Venerdì 12 giugno, lo scrittore e autore televisivo Matteo B. Bianchi, fondatore della rivista “Tina”, racconta Eve Babitz e la sua Los Angeles degli anni ‘70. Nelle settimane successive, protagonisti della rubrica saranno Raffaele Riba e Fabio Genovesi.
La settimana si chiude con “La donna della domenica”, appuntamento dedicato alle donne da non dimenticare, magari poco conosciute, che talvolta il mondo ha giudicato strane, inadeguate, eccessive. Ma che meritano di essere ricordate e valorizzate.

Dai social al live. Ecco allora “ContemporaneA Festival”, la “seconda anima” del progetto.
Compatibilmente con le misure di sicurezza in vigore, in autunno (indicativamente nel mese di ottobre) gli incontri si svolgeranno dal vivo, a Biella.
A caratterizzare i singoli eventi, la presenza di alcune delle protagoniste del territorio, vere e proprie madrine del Festival, che presenteranno gli ospiti: scrittrici esordienti o voci contemporanee di rilievo, che attraverso i loro libri raccontano storie di donne moderne e si confrontano con temi propri della sensibilità femminile.

www.contemporanea-festival.com
Facebook: @contemporaneafestival
Instagram: @contemporaneafestival

g. m.

Nelle foto
– “ContemporaneA”: immagine di copertina
– Giusi Marchetta
– Marta Barone
– Matteo B. Bianchi

Il Museo della Scuola… all’aperto! Le iniziative del Musli

MUSLI – Museo della scuola e del Libro per l’Infanzia. Apertura straordinaria martedì 2 giugno con visita guidata al Percorso Libro e incontro sulla storia della scuola all’aperto dai primi del ‘900 ad oggi

La Fondazione Tancredi di Barolo annuncia la riapertura straordinaria del MUSLI – Museo della scuola e del Libro per l’Infanzia, martedì 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica, con cui quest’anno si vuole anche celebrare la riapertura dei musei torinesi. Due sono le iniziative previste per la giornata.

Tra le ore 15.30 e le 18.30 sarà possibile partecipare alla visita guidata al Percorso Libro, itinerario permanente dedicato alla storia del libro per l’infanzia, comprensivo della mostra temporanea “Tante teste tanti cervelli. Lanterna magica delle facce umane”. Si potranno così scoprire circa settanta libri animati, abbecedari e giochi dell’Ottocento e del primo Novecento, così come i rapporti tra libri animati e “precinema”, con un focus specifico sul tema delle metamorfosi del volto. Le visite saranno organizzate a piccoli gruppi ogni ora e con accompagnamento (ingresso 4 euro a persona comprensivo di guida). Il Percorso Libro e la mostra temporanea saranno visitabili anche nelle domeniche di giugno (7, 14, 21 e 28 giugno), dalle 15.30 alle 18.30; il Percorso Scuola è attualmente chiuso, ma sarà possibile visionare alcuni materiali dedicati al tema delle scuole all’aperto.

Sempre tra le ore 15.30 e le 18.30, nel cortile di Palazzo Barolo, si terrà l’incontro “Il Museo della Scuola… all’aperto!”. Le Scuole all’aperto, antesignane dell’“outdoor education”, sono nate nel primo Novecento. Oggi costituiscono un’esperienza di rinnovamento in risposta alle sfide che la scuola deve affrontare dopo l’emergenza coronavirus. Con Pompeo Vagliani, presidente della Fondazione Tancredi di Barolo, interverranno Fabrizio Bertolino dell’Università della Valle d’Aosta, Maria Cristina Morandini dell’Università di Torino, Luciana Pasino della Fondazione Tancredi di Barolo. Per l’occasione saranno esposti materiali originali, libri, quaderni, tabelloni didattici, fotografie provenienti dall’Archivio della Fondazione. La presentazione sarà a ingresso libero a gruppi di 10 persone ogni mezz’ora circa (in caso di pioggia l’incontro si terrà in un’area adiacente al coperto).

LE SCUOLE ALL’APERTO NELLA STORIA

Agli inizi del XX secolo, le scuole all’aperto costituiscono un’esperienza di rinnovamento sanitario, pedagogico e architettonico che va di pari passo con la lotta alle malattie infettive, soprattutto la tubercolosi, e alle loro cause: indigenza, malnutrizione, carenza d’igiene, abitazioni e sedi scolastiche malsane e sovraffollate. Nascono nei paesi del Nord, in Italia si sviluppano principalmente a Padova, Roma, Milano e Bologna tra gli anni ’10 e gli anni ’40, dove si configurano come scuole a tempo pieno con ordinamento speciale oppure come inserimento nel normale curriculum di attività all’aperto, quali giardinaggio, orto scolastico, escursioni e osservazioni della natura. I due filoni si incrociano con la campagna anti TBC e il tema dell’educazione alla salute, che trovano i loro strumenti didattici e di comunicazione in tabelloni scolastici, guide sanitarie e quaderni. Ma nonostante i buoni risultati l’esperienza, rimasta nell’ambito delle scuole speciali, subisce un progressivo declino fino a scomparire quasi del tutto negli anni ’70. L’emergenza “Covid 19” riaccende oggi i riflettori sulla necessità di recuperare un contatto quotidiano dei bambini con la natura. È forse giunta la stagione di rinascita di scuole all’aperto: un percorso intrapreso negli ultimi dieci anni da realtà come le scuole e asili nel bosco, gli agrinidi, le green school, e la recente Rete Nazionale delle scuole pubbliche all’aperto.

LE ESPERIENZE NEL CONTESTO TORINESE TRA OTTO E NOVECENTO

A Torino, la storia delle scuole all’aperto si intreccia con la storia dell’assistenza a bambini gracili e poveri e della prevenzione antitubercolare, tra iniziative pubbliche e private. Il Municipio istituisce nel 1881 le “scuole estive” finalizzate a custodire allievi bisognosi durante il periodo delle vacanze e fonda le colonie alpine e marine “Regina Margherita” (1892). Ma le prime lezioni all’aperto di scuole “normali” risalgono a inizio Novecento, quando i bambini della Tommaseo, con il banco-zaino in spalla, vanno a studiare nei giardini Cavour, quelli della Roberto D’Azeglio (1914) e della Gaspare Gozzi fanno lezione in campagna o coltivano il giardino scolastico. A favorirle è Antonio Ambrosini, Direttore delle Scuole Elementari dal 1897 al 1925, che promuove tra l’altro la trasformazione in scuola all’aperto del Ginnasio ricreativo di Villa Genero, già usato per ospitare scolari poveri durante l’estate e profughi durante la grande guerra.

Tra le iniziative private spicca l’esperienza di Paola Lombroso Carrara, la zia Mariù del Corriere dei Piccoli, dall’ “Assistenza bambini” in tempo di guerra presso la Villa Perroncito di Cavoretto (1915), al “Ricovero dei figli sani di genitori tubercolotici” presso la Casa del Sole (1919), tuttora attiva. Non si trattava di vere e proprie scuole ma di istituzioni con attività ludico-educative all’aria aperta, sostenute in gran parte dalla vendita delle cartoline illustrate.

Gli anni ‘20 vedono un rigoglioso sviluppo delle colonie comunali marine, a frequenza prevalentemente invernale, da quella di Finalpia (1924) a quella di Loano (1927/28) che nel 1929/30 diventa Scuola annuale all’aperto. Anche nei dintorni di Torino, a Lucento e a Mongreno, sempre a scopo profilattico vengono aperte nel 1927 altre due colonie permanenti, parificate nel 1933, in cui si svolgono interamente i programmi ministeriali. La preoccupazione del Regime per la vigoria fisica del popolo si concretizza nella riconversione di Villa Gualino nella Scuola-Colonia Elioterapica 3 Gennaio (1936).

“Torino beach”, il libro che porta il mare in città

Il nuovo romanzo di Valeria Pomba, edito da Spunto Edizioni, parla di musica, danza e amicizia, con una sottile sfumatura noir, sulle rive di una città reale e  immaginata

Torino sarebbe una città più felice se avesse il mare. Queste le prime  parole sulla quarta di copertina di Torinobeach, il secondo libro scritto da Valeria Pomba, pubblicato lo scorso 20 maggio.

Le presentazioni online ad oggi programmate in cui interverrà l’autrice sono: il 18 giugno alle 20.30 sul sito del programma radiofonico Cover Book di Salerno (https://www.radiobase.fm/), il 26 giugno alle 20.00 sulla pagina Instagram della Libreria Ubik di Rivoli e il 3 luglio alle 18.30 sulla pagina Facebook della Libreria Piccoli Labirinti di Parma. Dopo il romanzo d’esordio, La vita di mezzo, pubblicato nel 2014, l’autrice torinese racconta questa volta dei sogni di tre amici che, per una serie di fortuite circostanze e grazie al loro talento, riescono a realizzare le proprie ambizioni. Moreno, aspirante architetto, costruisce uno stabilimento sulle rive del Po, Viola, sfuggente ballerina, apre una scuola di danza, Ace, estroverso musicista, crea una band di successo e avvia una stravagante quanto redditizia attività di comunicazione funebre. Ma realizzare i propri sogni può avere delle conseguenze impreviste: l’amicizia che li lega pare incrinarsi per sempre e strani fatti iniziano ad accadere attorno a loro. Sullo sfondo c’è la Torino dei primi anni del 2000, citata nei suoi luoghi reali, attraversata dal centro alle sue zone più periferiche, come Barriera di Milano. Ma con il procedere del romanzo questa città diventa sempre più enigmatica, coinvolgendo i protagonisti in un mistero da risolvere. Particolare nota meritano le canzoni citate all’interno di Torinobeach, che creano una vera e propria colonna sonora alla storia, opera di cantautori emergenti (Atlante, Nicola Bellini, Fabrizio Olivero, Angelo Busciolà, Loris di Nunzio, Andrea Caputi), coinvolti dall’autrice nel progetto e menzionati nelle note alla fine del libro. La casa editrice, Spunto Edizioni (Buttigliera Alta, Torino), è una giovane realtà, nata da un’idea di Mariapaola Perucca, molto attiva sul territorio nella promozione degli autori emergenti.La nota critica è a cura del regista Pietro Di Legami, direttore del Teatro Circolo Bloom di Torino. Torinobeach è prenotabile in tutte le librerie, inoltre si può acquistare online sul sito della casa editrice: www.spunto.info. Valeria Pomba è nata e vive a Torino, dove ha studiato Scienze della Comunicazione e danza. Scrive per la comunicazione aziendale e per il teatro. Vincitrice del Premio Narrativa Città di Rivoli (1999) del Play Arezzo Award (2007 e 2008) e finalista del Sunday Poets La Stampa (2017), ha pubblicato vari racconti e il romanzo La vita di mezzo (2014). Torinobeach è il suo secondo romanzo.

Dove si trova ël Barabiciu?

Torino, bellezza, magia e mistero

Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli

Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?

Negli articoli precedenti si è parlato del lato buono di Torino, ma nell’urbe augustea sappiamo che ci sono anche poli di energia negativa. Il “cuore nero” della città, com’è noto ai più, si trova in piazza Statuto, dalle parti di Valdocco, nome che può essere ricondotto a “vallis occisorum”, ossia il luogo dove avvenivano le esecuzioni capitali e si inumavano i cadaveri oppure a “vallis occasus”, cioè la direzione in cui il sole tramonta. “Nomen omen”, verrebbe da dire. In piazza Statuto si trova il monumento che commemora l’apertura del traforo del Frejus e i tre ingegneri che lo progettarono, Sebastiano Grandi, Severino Grattoni e Germano Sommeiller. Ai Torinesi tuttavia esso soprattutto ricorda i caduti durante la lavorazione, ben 48 morti tra i 4 mila operai (tra di essi 18 si spensero per un’epidemia di colera). Sul monumento spicca la statua di un angelo con una stella in fronte e una penna nella mano destra, che dovrebbe raffigurare il genio alato della scienza, ma tale figura è associata notoriamente a Lucifero. Se volete sapere come mai la statua sia stata assimilata all’immagine del Diavolo, potete rischiare di andare a chiederglielo di persona, perché all’interno del giardino che la circonda si trova un tombino, che pare non essere un comune scarico fognario, anzi sarebbe nientemeno che la porta degli Inferi. Va segnalato però, che la maggiore concentrazione di energie diaboliche si trova poco oltre l’estremità della piazza, al di là di corso Principe Oddone, dove vi è un giardino, non troppo curato, che passa quasi inosservato, al centro del quale svetta un piccolo obelisco sormontato da un astrolabio. Tuttavia questo non è l’unico luogo in cui si può respirare l’aria malsana di “Chiel là,” o di “ël Barabiciu”, per dirla con una credenza piemontese, per cui è meglio non pronunciare il nome del maligno, perché tutte le volte che qualcuno lo dice, lui si avvicina di sette passi. Potreste incontrare “Belzebù” anche in altri posti. C’è infatti un palazzo, da alcuni soprannominato “Ca dël Diav”, caratterizzato da dicerie per nulla lusinghiere e a dir poco terrificanti.  Si tratta di Palazzo Trucchi di Levaldigi, edificato tra il 1673 e il 1677 dall’architetto Amedeo di Castellamonte (1613-1683), per il ministro delle Finanze Giovanni Battista Trucchi, conte di Levaldigi (1617-1698). La posizione del palazzo, tra via Alfieri e via XX Settembre, ne sottolinea il particolare taglio diagonale della facciata d’ingresso, caratterizzata dal rigoroso tracciato ortogonale della parete. L’aspetto complessivo dell’edificio è severo e imponente, come testimoniano le bugne del basamento, il ritmo delle lesene binate, i cornicioni marcapiano aggettanti e i timpani delle finestre. All’interno gli ambienti sono stati radicalmente rielaborati tra gli anni Dieci e Trenta del Novecento e riadattati alle nuove esigenze occupazionali. Dal 1939 l’edificio è sede della filiale della Banca Nazionale del Lavoro. La costruzione nasconde la sua leggenda di malvagità proprio all’interno di un particolare della struttura architettonica, precisamente nel portone, rimasto quello originario, montato nel 1675 e riccamente intagliato.  Giovanni Trucchi non era nobile di nascita (la famiglia ottenne il titolo comitale – “comes” = “conte” per “concessione d’arma”), ma riuscì ad ottenere una carica che lo rendeva secondo solo al duca Carlo Emanuele I, egli riuscì infatti a rivestire la dignità di Presidente Generale delle Finanze Sabaude, ed era anche soprannominato il “Colbert piemontese”, con riferimento a Jean-Baptiste Colbert, (1619-1683), braccio destro del Re Sole.

.
Si mormorava molto sul denaro posseduto dal conte Trucchi, che sembrava non esaurirsi mai, e lo stesso conte, per burlarsi di tali dicerie, ordinò che il portone venisse montato in una sola notte e di nascosto. In questo modo la gente avrebbe iniziato a bisbigliare che fosse avvenuto un qualche sortilegio, se non proprio un vero patto satanico. Per far sì che non ci fossero dubbi in tal senso, il conte fece inserire al centro del portone un ornamento in bronzo con la forma della testa del demonio, dalla cui bocca – come si può ancora oggi ammirare – escono due serpenti che si intrecciano e formano il batacchio. Ma forse un po’ di malignità in quel luogo c’era sul serio, e lo dimostrano alcuni fatti. Nel 1790, durante una delle feste indette da Maria Anna Carolina di Savoia, una delle ballerine invitate al ricevimento venne uccisa a pugnalate. Successivamente, nel 1817, nel corso dell’occupazione francese, il capitano Du Perrì, che era in possesso di documenti segreti, cercò rifugio tra quelle stesse mura, ma scomparve all’interno del palazzo. Il corpo venne ritrovato vent’anni dopo, murato in un’intercapedine. Un altro punto cittadino in cui si annidano energie maligne è proprio all’interno di un edificio in cui tutto ci si aspetterebbe tranne che entrare in contatto con Satana o con qualcuno dei suoi seguaci. Si tratta del piccolo gioiello architettonico della chiesa di San Lorenzo edificata tra il 1668 e il 1687 su progetto di Guarino Guarini, per l’ordine monastico dei Teatini. L’edificio è a pianta centrale ottagonale, con i lati di forma convessa, con un presbiterio ellittico posto trasversalmente che introduce un asse principale nella composizione. Lo spazio, al livello inferiore, è definito dalla presenza di ampie serliane che delimitano le cappelle laterali, mentre la copertura è costituita da una cupola a costoloni che si intrecciano fino a formare l’ottagono sul quale poggia la lanterna. All’interno è voluto un gioco di contrasti tra luci ed ombre, per cui  in basso domina l’oscurità, accentuata dalla mancanza di finestre, la luce, invece, aumenta man mano che ci si eleva. Si può anche notare che la chiesa è “affollata” da angeli, in tutto più di 400, sono forse così tanti per contrastare qualche altra presenza che è riuscita a insinuarsi tra le sacre pareti? E allora guardiamo con attenzione verso l’alto: tra i costoloni intrecciati è possibile scorgere delle grandi facce demoniache, che si delineano, nette, man mano che lo sguardo vi si fissa, vigile. Se vi è venuta un po’ di angoscia non temete, sono moltissimi i rimedi per scacciare colui che è meglio non nominare, non mettete in tavola mai il pane rovesciato, attenti a non entrare in casa con il piede sinistro, mettete un ferro di cavallo dietro la porta (ma nel verso in cui forma una U), e fate attenzione al sale, se cade siate pronti a lanciarvene un po’ dietro la spalla sinistra. E, soprattutto, se uno sconosciuto, losco e misterioso, vi si avvicina e vi chiede di fare un patto con lui, “daje dël ti al Diav e butlo fora ëd ca”!

Alessia Cagnotto

Sinfonie d’amore

Marco Travaglini

“Stories from Europe”, nella rete teatrale c’è anche lo Stabile

Il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale  ha aderito al progetto internazionale Stories from Europe: Crisis and reflection /   Storie dall’Europa: crisi e riflessioni nato in seno a Mitos21 , network composto dai più importanti teatri europei (fra cui l’Odéon di Parigi, il National Theatre di Londra, il Berliner Ensemble di Berlino, il Dramaten di Stoccolma, il Toneelgroep di Amsterdam, il Katona di Budapest, il Royal Theatre di Copenhagen) e di cui lo Stabile fa parte come unico teatro italiano.

L’iniziativa alla quale, insieme allo Stabile di Torino, partecipano il Berliner Ensemble, il Burgtheater di Vienna, il Kongelige Teater di Copenhagen, il Dramaten di Stoccolma , il Katona Jozsef Theatre di Budapest, il National Theatre di Londra, il Teatre Lliure di Barcellona, il Thalia Theater di Amburgo vuole disegnare un’immagine dell’Europa durante la pandemia partendo da quelle figure professionali che in questo periodo di lockdown hanno continuato a lavorare.

Ci si è voluti interrogare sull’aspetto che la vita quotidiana ha assunto per loro in un momento in cui tutto si è capovolto e quali scelte e complessità hanno dovuto affrontare: infermieri, addetti alle pulizie, tassisti e persone provenienti da tutta Europa impiegate nella fornitura di servizi essenziali sono stati intervistati e i drammaturghi dei diversi teatri hanno adattato le loro storie personali ed esistenziali realizzando brevi monologhi. La guida e il coordinamento di questo progetto sono affidati al Dramaten di Stoccolma, che ha lanciato l’iniziativa.

«L’invito che il Bergman Studio del Dramaten di Stoccolma ha rivolto ai teatri membri del network Mitos21- dichiara Filippo Fonsatti , Direttore del Teatro Stabile di Torino –  non poteva che essere accolto da noi con enorme entusiasmo. Mettere insieme un coro di autori europei per cercare di restituire un grande affresco di storie ai confini del lockdown ci è sembrato il modo migliore per mettere a frutto questo periodo di interruzione forzata. In questo momento di frontiere bloccate, di chiusure, divisioni e di immobilità, unirsi, se pur virtualmente, nel racconto di ciò che è accaduto là fuori, oltre le nostre finestre, ci è sembrato un segnale importante da poter offrire ai nostri spettatori in attesa, la prima di una lunga serie di cuciture che ricomporranno questo strappo. Oltre alle nostre parole, ci saranno quelle scritte a Berlino, Londra, Budapest, Vienna, Copenaghen, Barcellona, Amburgo e, ovviamente, a Stoccolma, e sono certo che ognuno dei brevi monologhi che verranno presentati costituirà la tessera di un mosaico articolato e affascinante, ma soprattutto impreziosito dal numero dei talenti che avranno contribuito a comporlo e dalla loro collaborazione».

Il gruppo di lavoro del Teatro Stabile di Torino, coordinato da Fausto Paravidino , ha deciso di focalizzarsi su taxisti, assicuratori e forze dell’ordine: al termine della stesura di tre testi scritti da Maria Teresa Berardelli, Tatjana Motta, Fausto Paravidino, Pier Lorenzo Pisano, Irene Petra Zani , che fanno parte del gruppo Playstorm e che hanno lavorato collettivamente a questo progetto, i monologhi verranno recitati in video dallo stesso Fausto Paravidino, da Iris Fusetti  Daniele Natali . Il lavoro di scrittura è basato sugli spunti forniti dalle numerose interviste fatte dagli autori nel mese di maggio del 2020 e confluirà in un film sottotitolato in inglese, nato proprio da questa collaborazione tra i teatri della rete internazionale Mitos21 e avviata dal Royal Dramatic Theatre di Stoccolma, che verrà diffuso attraverso i canali digitali dei teatri partecipanti. La prima digitale è prevista il 12 giugno 2020 .

«Questo progetto coordinato dal Dramaten di Stoccolma – scrive Fausto Paravidino , Dramaturg del Teatro Stabile di Torino –  coinvolge una numerosa rete di teatri europei nel tentativo di raccontare la pandemia che stiamo attraversando. In questo periodo, oltre che confinati in casa, ci siamo molto isolati dal resto del mondo, cosa sciocca da farsi in una pandemia. Ci siamo spesso aggrappati all’orgoglio nazionale, anche con gran sventolio di bandiere come se fossimo in guerra e se lo fossimo contro gli altri. Il teatro vive di relazioni interpersonali. Il teatro è fatto di gente che viaggia in lungo e in largo solo per parlare. Non per parlare di una cosa. Per parlare. È la nostra specialità. Purtroppo non si può fare teatro in questo periodo. E anche parlare con le altre persone è al limite della legalità. Per cui è molto difficile per noi trovare il modo di dare il nostro contributo sociale. Questo è un piccolo tentativo: autori di tutta Europa che affrontano creativamente l’evento che stiamo vivendo ognuno dal suo punto di vista».

www.teatrostabiletorino.it
www.dramaten.se/aktuellt/2020/stories-from-europe/