CENTRO STUDI PIEMONTESI- Pagina 2

Marenda sinòira, ecco un sonetto ispirato a questa tradizione piemontese

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Marenda sinòira. Avete presente l’happy hour? I piemontesi lo praticavano dal tempo dei tempi. Sarebbe la nostra tradizionale Marenda sinòira, merenda-cena, o merenda cenatoria. 

“A la ciamo marenda, ma sinòira /ch’a veul dì na marenda ‘n pòch viròira /përchè ch’a l’é come na via ‘d mes…/ … e fin-a farinela,/ ch’an buta ‘n alegrìa, an buta ‘n tema/ përchè ch’a l’é n’anvìt ëd comunion/…/… na copà ‘d vin e tanti bon bocon”

(La chiamano merenda, ma cenatoria/ che significa una merenda un po’ bizzarra/ perché è come una via di mezzo,/… ci mette in allegria, ci mette in tema/ perché è un invito di comunità/… una coppa di vino e tanti buoni bocconi).

Sono alcuni versi di un Sonetto inedito di Giovanni Tesio. 

La sòtola, una parola dai molteplici significati

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

La sòtola. La trottola, un tempo di legno, gioco antichissimo per bambini, ma anche per adulti. La parola piemontese deriva (vedi REP – Repertorio Etimologico Piemontese) “dal latino SALTĀRE: ballare, saltare, balzare…”.  Interessanti i significati che assume oltre al gioco, di “donna leggera” e di “testa” come nei modi di dire: “esse lord come na sòtola” (essere stordito, avere il capogiro, ma anche essere incostante); fè giré la sòtola (far girare la testa);  lustré la sòtola  (tagliare i capelli) ecc… .

(Vedi: Domenio Musci, Còse ëd na vòlta, Torino, Il Punto/Piemonte in Bancarella, 2015;  Gianfranco Gribaudo, Ël Neuv Gribàud. Dissionari piemontèis, Torino, Daniela Piazza, 1996).

Falabrach, un bonario insulto in lingua piemontese

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Falabrach. Persona sciocca, ingenua, inetta. Fa parte una folta schiera di parole usate per insultare bonariamente qualcuno. Ce ne sono una gran quantità. Ne ha fatto uno studio curioso e interessante Luca Bellone, Lo sciocco in piemontese: preliminari di un’indagine onomasiologica, pubblicato sulla rivista “Studi Piemontesi” (XLIII, 2, 2014, pp.435-447): “Dallo spoglio dei principali strumenti lessicografici nostrani, come risaputo principalmente sensibili – seppur con eccezioni – alla sola koinè torinese, si rilevano oltre 210 varianti sinonimiche per designare ‘chi è poco intelligente, privo di vivacità di spirito e di arguzia, superficiale, stupido, babbeo’”. Falabrach è anche il titolo di una bella poesia in piemontese di Giovanni Arpino (1927-1987) (in Bocce ferme, Torino, Daniela Piazza Editore, 1982).

Falabrach: qualche curiosità

E  “ ‘L Falabrach”  è stata la testata di un giornale in piemontese, rarissimo, che si pubblicò a Torino a cominciare dal 1877 fino ad almeno il 1884.  Acquistò popolarità pubblicando in particolare una rubrica di Falabracade (scempiataggini). La storia del «Falabrach» è complicata dal fatto che dall’8 luglio 1888 cominciò ad uscire un settimanale dal titolo «’L neuv falabrach, giornal scassa fastidi», stampato a Torino, ma senza indicazioni tipografiche e l’11 gennaio 1902 cominciò ad uscire un altro settimanale «L’ falabrach modern, umoristich, satirich, politich, regional», stampato sempre a Torino dalla Tipografia Bosio, di cui la Nazionale di Firenze possiede, in forma lacunosa, la prima e la seconda annata, e non si sa se la pubblicazione cessò con il 1903. Vedi Gianrenzo P. Clivio, I Giornali in Piemontese, in Profilo di storia della letteratura in piemontese, Torino, Centro Studi Piemontesi, 2002.

“Na partìa a ciance”, un simpatico detto piemontese

Rubrica a cura di Centro Studi Piemontesi 

Ciance è parola assai nota (e praticata!): chiacchiere! Ciancé, cianciare, fare discorsi futili e oziosi, chiacchierare del più e del meno. Di qui derivano ad esempio ciancèt, chiacchierone; ciancëtta, parlantina, ma anche persona che parla molto; e tanti bei modi di dire e proverbi: avèj mach ëd ciancia, essere vuoto; le ciance a fan nen maja, le chiacchiere non fanno maglia, non producono; Le panse a s’ampinisso nen ëd ciace, le pance non si riempiono di chiacchiere (di grande attualità!). Però quella che mi piace di più è l’espressione Na partìa a ciance, o fé na man a ciance: una partita, una mano (un giro) a chiacchiere!, perché dà l’idea di amici che si incontrano, si ritrovano per contarsela, conversare, stare insieme per “giocare” a parlare. Per l’etimologia di ciancé …cicaleccio vedi Repertorio Etimologico Piemontese REP, a cura di Anna Cornagliotti, Torino, Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2015.

La pera garga, una storia in lingua piemontese

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi 

La pera garga

C’era una volta, in una borgata di campagna negli immediati dintorni di Torino (frazione Bauducchi nel Comune di Moncalieri), oggi sconvolta da autostrade, svincoli, superstrade, industrie, un nucleo di cascine fiancheggiate da una polverosa stradina in terra battuta. Lungo la strada, in una sorta di slargo davanti a quella che era la bottega del fré (il fabbro), a l’ombra giaja delle foglie di un’arbra (un pioppo) c’era una grande pietra rotonda. Questa pietra aveva come antico uso di servire al fré a tiré le roe dij cher e dij carton (tirare, ridare rotondità, risistemare le ruote dei carri). Chiusa la bottega del fré, la pietra era rimasta lì inutilizzata e per la gente del posto era diventata un punto di incontro.

Lì si trovavo i ragazzi a giocare; lì veniva a sedersi la gente le sere d’estate o le domeniche pomeriggio. Ci si fermava su queste pietra-punto di incontro, nei momenti di riposo dal lavoro e così nel lessico familiare di quel posto la pera è diventata garga, cioè pigra, attraverso un investimento in qualche modo magico e primitivo: ossia attribuendo all’oggetto d’uso la condizione dei suoi fruitori.

Gargh come ‘n poj, cosa significa questo detto piemontese?

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Gargh: poltrone, pigro, scansafatiche

Con tutta una serie di parole legate: garga, donna sciatta, meretrice; gargagnan, protettore. Per l’etimologia in dettaglio vedi REP Repertorio Etimologico Piemontese, Torino, Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2015: “famiglia lessicale derivata dal germanico Karc/karg ‘vagabondo, ozioso, avaro’

Modo di dire in piemontese

Gargh come ‘n poj: pigro come un pidocchio, probabilmente perché il pidocchio vive senza lavorare e prospera nel sudiciume.

Contacc, una parola piemontese per indicare il contagio

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi 

Contacc! Parola che negli anni ha assunto un significato “quasi” simpatico, come espressione di meraviglia, o dispetto. Pensiamo alla poesia Ij Bogianen di Angelo Brofferio; all’uso che ne fecero Cavour o Massimo d’Azeglio (se ne trova traccia nei rispettivi Epistolari).
Letteralmente da tradurre con Contagio! “Espressione divulagata in ambiente medico e sanitario e riferita al pericolo di pestilenza, soprattutto durante le epidemie di peste del 1559 e del 1630, disatrose anche in Piemonte…” (per storia e etimologia vedi REP Repertorio Etimologico Piemontese, Torino, Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2015).

Torototela, qual è il significato di questa parola piemontese?

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Torototela: È il titolo di una bella poesia di Nino Costa (1886-1945). La traduzione potrebbe essere “cantastorie”; così lo cita in esergo di poesia Costa: “Menestrello campagnolo, estroso e vagabondo, di cara e giocosa memoria. Nelle feste e nelle baldorie paesane improvvisava, non senza grazia, la poesia la canzone e la satira di circostanza”.

Ma anche “antico e rozzo strumento musicale”. Il REP (Repertorio Etimologico Piemontese, Torino, Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2015) spiega come etimologia “Voce imitativa…dei ritornelli delle canzoni popolari e del suono dello strumento con cui il cantastorie si accompagnava”. E cita una fonte che affianca questo strumento al “corrispondente arabo Arababbah”.

“Esageroma nen!” Qual è il significato di quest’espressione?

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Esageroma nen! La traduzione letterale è “non esageriamo”, ma il senso profondo, caro a Norberto Bobbio, è la coscienza “dei propri limiti e la conseguente diffidenza per chi siede a scranna”. Una sorta di naturale understatement dell’”homo pedemontanus”: “laborioso, leale, probo, di poche parole, riservato nell’espressione dei suoi sentimenti, misurato nei gesti, obbediente, ma non servile…”.

[vedi: RENZO GANDOLFO, Conoscenza – e coscienza – attuale del
passato piemontese, Torino, Centro Studi Piemontesi, 2019 (terza ristampa)]

Merco scuròt, il Mercoledì delle Ceneri in piemontese

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Merco scuròt. Tutti, forse, sanno che passato il martedì grasso, le feste e i bagordi di Carnevale, il giorno dopo, Mercoledì delle Ceneri, ha inizio il tempo di Quaresima. Quel mercoledì in piemontese è il merco scuròt, il mercoledì “scuro”: ad indicare il grigiore delle Ceneri e l’inizio di un periodo di morigeratezza.