ARTE- Pagina 8

La passione secondo Jaquerio. Visita guidata agli affreschi

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

20-21 aprile 2025

La passione secondo Jaquerio

Visita guidata agli affreschi del più grande esponente piemontese del gotico internazionale

 

La Salita di Cristo al Calvario è il capolavoro del pittore torinese Giacomo Jaquerio, maggior esponente del gotico internazionale, realizzata nella cappella adibita a sacrestia della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso nel primo quarto del XV secolo.

Ciò che contraddistingue questa raffigurazione rispetto agli altri affreschi della cappella è la resa dei personaggi che appare più realistica all’interno di una scena drammatica. Per accrescere nei devoti la meditazione e la partecipazione alla sofferenza della Passione di Cristo, Jaquerio ha infatti accentuato i caratteri patetici e drammatici della scena. Lo spazio non è reso con una visione prospettica corretta, ma il senso di profondità è ottenuto disponendo i personaggi ad arco e collocando il volto dei soggetti più arretrati in una posizione più elevata rispetto a quella dei personaggi che sono in primo piano.

Nella folla è evidente la contrapposizione tra il Bene il Male nella scelta di colori e in un certo tipo di gestualità. I personaggi che trattengono la croce o quello che tira Gesù con una corda presentano lineamenti talmente alterati e deformati che sembra abbiano quasi connotazioni non umane. Tra la folla, si riconoscono il fabbro, a cui i giudei si rivolgono per fabbricare i chiodi della croce di Cristo, nell’uomo che tiene in mano tre chiodi e un martello (la sua partecipazione agli eventi della Passione si trova in alcune rappresentazione teatrali popolari diffuse in Francia e Inghilterra) e Giuda con la barba e i capelli rossi (colore che richiama la violenza e le fiamme dell’inferno) e il vestito giallo per evocare il tradimento.

 

INFO

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)

20-21 aprile, ore 15

La passione secondo Jaquerio

Costo attività: 5 euro, oltre il prezzo del biglietto

Biglietto di ingresso: intero 5 euro, ridotto 4 euro

Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone

Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito

Prenotazione obbligatoria

Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):

011 6200603 ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

“Wildlife Photographer of the Year: quando la Natura dà spettacolo

In mostra al valdostano “Forte di Bard”, cento scatti fotografici in arrivo dalla 60^ edizione 

Fino al 6 luglio

Bard (Aosta)

E’ stata, a ragione, definita “una fotografia mozzafiato”. Firmato dal fotoreporter canadese (specializzato in conservazione marina) Shane Gross, lo scatto ci propone il magico mondo sottomarino dei “girini” di rospo boreale (specie oggi fortemente minacciata a causa della distruzione dell’“habitat” e dei predatori), porta il titolo di “The Swarm of Life” (“Lo sciame della vita”) ed è stata premiata come la “migliore fotografia naturalista del 2024” nell’ambito della 60^ edizione di “Wildlife Photographer of the Year”, il più importante riconoscimento dedicato alla “fotografia naturalistica” promosso dal “Natural History Museum” di Londra. Ben 59.228 gli scatti realizzati, nel corso dell’anno passato, da fotografi di tutte le età e livelli di esperienza, provenienti da 117 Paesi. Di questi, in un nutrito numero di Cento, compresi i premiati e i più significativi, sono oggi esposti, fino a domenica 6 luglio, nel sabaudo complesso fortificato sulla rocca che sovrasta il borgo di Bard, in Valle d’Aosta. “Utilizzando il potere emotivo unico della fotografia per coinvolgere ed emozionare il pubblico – dicono gli organizzatori – le immagini fanno luce su storie e specie di tutto il mondo e incoraggiano un futuro a difesa del Pianeta”. Catturate a volte in rapidissimi “istanti” (ah, non farseli sfuggire!) non privi di più o meno faticosi e lunghi a non finire “appostamenti”. E’ il caso, proprio, della premiata fotografia di Shane Gross, catturata mentre il fotografo canadese faceva snorkeling per diverse ore tra tappeti di ninfee nel lago Cedar, sull’isola di Vancouver, nella Columbia Britannica, e muovendosi con estrema attenzione per non disturbare i sottili strati di limo ed alghe che ricoprono il fondale del lago. Attenzione e fatica premiate dallo stupendo “lavoro” portato a casa.

Da segnalare anche, fra le opere esposte, quella di Alexis Tinker-Tsavalas, fotografo tedesco che si è, invece, aggiudicato il “Young Wildlife Photographer of the Year 2024” per l’immagine ravvicinata “Life Under Dead Wood” (“C’è vita sotto il legno morto”), che raffigura i corpi fruttiferi della muffa melmosa ed un minuscolo “collembolo”, fra gli insetti (“Entognati”) più piccoli – solo in alcuni casi superano i 5 mm di lunghezza – esistenti in quasi ogni angolo del mondo e vitali per migliorare la salute del suolo, nutrendosi di microrganismi come batteri e funghi, aiutando così la materia organica a decomporsi. Per scattare questa foto Tinker-Tsavalis ha rotolato con estrema rapidità un tronco, scattando velocemente (con la tecnica del “focus stacking”, in cui vengono combinate 36 immagini, ciascuna con un’area diversa a fuoco) poiché i “collemboli” possono saltare molte volte la lunghezza del loro corpo in una frazione di secondo. Cogliere in un attimo infinitesimale l’“attimo fuggente”. E questi sono i magnifici risultati.

Due gli italiani premiati. Il calabrese di Vibo Valentia, dal 2007 residente in Scozia, Fortunato Gatto, vincitore della categoria “Piante e funghi” con lo scatto “Old Man of the Glen” (“Il vecchio della valle”) e con “menzione d’onore” nella stessa categoria per “High tide indicator” (“Indicatore di alta marea”) e “A carpet of woods” (“Un tappeto di boschi”) e  Filippo Carugati (origini milanesi, ma residente a Torino, e cognome che ricorda il mitico Gino Bramieri) che ha ricevuto la “menzione d’onore” nella categoria “Subacquee” con lo scatto “Green, thin and rare to see” (“Verde, magro e raro da vedere”).

Per celebrare, inoltre, il sessantennale del “Concorso”, è stato introdotto per questa edizione anche il Premio “Impact Award” teso a riconoscere “una storia di speranza e di cambiamento positivo”. Due i premiati. L’“Adult Impact Award” è stato assegnato al fotoreporter australiano Jannico Kelk per “Hope for the Ninu” (“Speranza per i Ninu”), con l’immagine di un “bilby” maggiore in una riserva recintata, in modo che il piccolo marsupiale possa prosperare dopo essere stato portato quasi all’estinzione da predatori come volpi e gatti; alla polacca Liwia Pawlowska è andato, invece, il “Young Impact Award” per “Recording by Hand” (“Registrazione a mano”), dove un esemplare di “sterpazzola” (uccello migratore che ha il suo “quartier generale” nell’Africa sub-sahariana) appare rilassata durante l’inanellamento degli uccelli, tecnica che aiuta gli sforzi di conservazione registrando la lunghezza, il sesso, le condizioni e l’età di un uccello per aiutare gli scienziati a monitorare le popolazioni e a tracciare i modelli migratori.

Gianni Milani

“Wildlife Photographer of the Year”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 6 luglio

Orari: mart. – ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19; lun. chiuso

Nelle foto: Shane Gross “The Swarm of Life”; Alexis Tinker-Tsavalas “Life Under Dead Wood”; Fortunato Gatto “Old Man of the Glen”

Carrie Mae Weems, “The heart of the matter”

Alle Gallerie d’Italia – Torino di Intesa SanPaolo  la mostra dedicata alla grande fotografa americana 

Dal 17 aprile al 7 settembre prossimo Gallerie d’Italia di Torino apre al pubblico  una nuova grande mostra dedicata all’artista di fama internazionale Carrie Mae Weems, dal titolo “Carrie  Mae Weems. The heart of the matter”; si tratta di una fotografa nota per le sue indagini fotografiche sui temi dell’identità culturale, del sessismo e dell’appartenenza di classe.

In anteprima assoluta un progetto commissionato da Intesa Sanpaolo che si inserisce in una retrospettiva costituita da opere tratte dalle serie fotografiche più famose, che condurranno il visitatore lungo l’arco di tutta la carriera dell’artista,  tracciandone un percorso personale e spirituale.

Con il patrocinio della Regione Piemonte e della città  di Torino, l’esposizione è  realizzata in collaborazione con “Aperture” e curata da Sarah Meister.

Per la mostra sono state selezionate un centinaio di opere, che sottolineano il valore unico  di Carrie Mae Weems nell’affrontare la complessità e le ingiustizie del mondo che ci circonda, radicando la sua fotografia in luoghi spesso esclusi dalle narrazioni, quali studi d’artista, piantagioni del Sud degli Stati Uniti, spazi domestici, fino ad arrivare alle “istituzioni invisibili” nate come luoghi di culto della comunità nera durante le oppressioni, accostate a immagini di monumenti e musei che sono stati storicamente luoghi di esclusione.

“Le Gallerie d’Italia si aprono al lavoro straordinario di un’importante artista,  Carrie Mae Weems – spiega Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo – che affida alla bellezza e alla forza espressiva delle sue opere la condivisione di un messaggio di profondo valore umano, sociale  e culturale. Si tratta di un progetto eccezionale che conferma il Museo di piazza San Carlo come principale luogo in Italia per le committenza e la promozione della fotografia  Internazionale,  con a fianco un partner prestigioso come Aperture e con una pubblicazione di grande qualità a cura di Allemandi. Grazie alle immagini di Weems, le Gallerie d’Italia diventano uno spazio vivo di riflessione intorno a temi cruciali, dall’identità all’uguaglianza sociale, in coerenza con la visione più ampia di responsabilità che caratterizza il Gruppo Intesa Sanpaolo”.

Al centro della mostra c’è il nuovo progetto “Preach”, realizzato per questa esposizione su committenza originale, una ambiziosa e intensa installazione che ripercorre la religione e spiritualità per gli afrodiscendenti americani attraverso le generazioni.  La serie celebra le forme di culto profonde, appassionate e gioiose che definiscono l’esperienza della Chiesa Nera di Weems e insieme denuncia la violenza e l’oppressione che sono elementi inseparabili di questa storia.

Weems scrive nel nuovo testo poetico che accompagna questa installazione: ”Nelle fiamme e tra le bombe prega dove e quando puoi; nei porti e nelle capanne, nei palazzi e nei semiinterrati, nei teatri e nei club. Dal tuo nascondiglio segreto hai scoperto nuove forme di culto”. Usando se stessa come musa e guida, Weems ci invita a unirci a questo risveglio spirituale e a condannare la persecuzione che rende questi spazi sacri luoghi di rifugio e di attivismo.

Preach intreccia insieme le prime immagini da Harlem, San Diego e Sea Island, Georgia, con una vasta gamma di nuovi lavori che evocano la realtà trascendentale e profana dell’espressione religiosa per gli americani neri di oggi.

La retrospettiva comprende anche molti dei primi lavori di Weems, come la storica ‘Kitchen

Table Series’ (1990) e Museums ( 2006- in corso); una selezione di progetti più recenti come ‘Scenes and takes ‘( 2016) e Painting The Town (2021) e importanti installazioni video tra cui The Shape of Things (2021) e Leave Now! (2022). Insieme queste opere accompagnano i visitatori in un  viaggio che abbraccia l’intero arco della sua carriera, mostrando la profondità e la varietà del suo linguaggio artistico.

L’esposizione “ Carrie Mae Weems- il cuore della materia”, sarà  accompagnata da un catalogo edito da Società editrice Allemandi insieme ad “Aperture”.

Oltre a numerose immagini delle opere dell’artista americana sarà arricchita da contributi di studiosi appartenenti a diverse generazioni,  sottolineando il valore unico della visione di Carrie Mae Weems.

La mostra verrà affiancata da una serie di eventi e incontri gratuiti, parte del Public Program Inside.

L’esposizione è  realizzata nell’ambito della seconda edizione di “Exposed Torino Photo Festival”. Fino al 2 giugno prossimo, per tutta la durata del festival, i visitatori potranno accedere alla mostra alle Gallerie d’Italia a un prezzo speciale di 5 euro.

Mara Martellotta

E’ tempo di “Seconda Risonanza” alla GAM di Torino

Sotto il collante tematico di “ritmo, struttura e segno”, un super – tris di mostre dedicate a Melotti, Cattaneo e Fioroni … e non mancherà il solito “Intruso”

Fino al 7 settembre

Fra i massimi esponenti dei movimenti d’avanguardia del secolo scorso, da “Novecento” fino alle voci più o meno assonanti degli artisti  gravitanti intorno a “Il Milione” – Lucio Fontana in primis – a Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) scultore, pittore ceramista musicista e scrittore, la “GAM” dedica, fino a domenica 7 settembre, l’attuale “mostra d’apertura” della seconda stagione di “Risonanze”, iter espositivo cui fa capo la nuova programmazione del “Museo”, così ideata dalla direttrice Chiara Bertola“Ritmo, struttura e segno” i termini-chiave cui s’ispira (dopo la prima incentrata su “luce, colore e tempo”) l’attuale “Risonanza” di “seconda stagionalità” che, insieme all’artista roveretano, ospita altre due personali dedicate alla milanese Alice Cattaneo e alla progettazione filmica di Giosetta Fioroni.

L’attuale mostra di Fausto Melotti, dal titolo “Lasciatemi divertire!” (titolo che ben rappresenta “l’approccio giocoso e sperimentale” che nel tempo è stata cifra singolare della sua ricerca) arriva oltre cinquant’anni dopo la personale a lui dedicata nel ’72 dalla stessa “GAM”, che gli guadagnò (a lui che con Torino mantenne sempre un costante rapporto negli anni) il blasone di “cittadinanza onoraria” da parte del grande indimenticato Marziano Bernardi. Curata da Chiara Bertola e da Fabio Cafagna, in collaborazione con la “Fondazione Fausto Melotti” di Milano, la rassegna  si articola in otto sezioni e  comprende oltre 150 opere, ordinate secondo una progressione cronologica e tematica che tocca i vari “gesti” creativi dell’artista passando dalle prime “creazioni astratte” (anni ’30), per arrivare alle sezioni dedicate a “Intervalli e Contrappunti” e a “Pioggia e vento”, in cui traspare quella passione di Melotti per il ritmo e la musica che è componente costante delle sue opere e che trova forma singolare in composizioni di estrema lievità e seducente silenziosa attesa, che furono (curiosità!) fervida fonte d’ispirazione letteraria per il grande suo amico Italo Calvino nella stesura de “Le città invisibili” del ’72. Ampio spazio, in un allestimento che va a coinvolgere non solo le sale espositive, ma anche atrio, vestibolo e giardino della “Galleria”, è infine riservato alla “Ceramica” e ai famosi “Teatrini” abitati da originali  figure antropomorfe e realizzati da Melotti a partire dalla metà degli anni Quaranta.

Accanto alle fantasiose plastiche elucubrazioni del Maestro roveretano, troviamo le cosiddette “anti-sculture” dell’artista milanese Alice Cattaneo, raccolte sotto il titolo di “Dove lo spazio chiama il segno” (suggeritole, pare, da un maestro vetraio di Murano: il vetro s’ha da tagliare “là dove chiama il materiale”) ed accompagnate dalla curatela del critico veneziano Giovanni Giacomo Paolin. Ferro, legno, vetro e carta i materiali utilizzati per strutture di “visionaria precarietà”, che “ possono essere lette – spiega Paolin –  come ‘interruzioni di pensiero’, gesti mossi da una necessità figlia della sua stretta relazione con lo spazio espositivo, seguendo una linea di azione per cui l’artista è chiamata a rispondere secondo le proprie modalità espressive”.

E a chiudere la triade espositiva, una rassegna, a cura di Elena Volpato, dedicata ai film (quattro: “Coppie”“Gioco”“Goffredo” e “Solitudine femminile”) realizzati nel ‘67 da Giosetta Fioroni (Roma, 1932) e conservati nella “Videoteca GAM”. La mostra ha il suo incipit in uno dei suoi dipinti dal titolo “La ragazza della TV” del ’64, un profilo di donna tracciato a riserva nell’argento del fondo che si va sistemando i capelli con le mani. Sottolinea Elena Volpato“Le immagini di Fioroni sembrano sempre consapevoli di essere immagini di immagini, perennemente intente a scrutarsi in qualche riflesso, a truccarsi o pettinarsi, a posare per l’obiettivo o a catturare lo sguardo di qualcuno”. E la stessa Fioroni: “Cercavo la leggerezza quasi di un’antica sequenza dei Fratelli Lumière, del primo cinema, qualcosa che proprio trascorre […], qualcosa che poteva suggerire in chi guardava un che di tremulo, di estremamente lieve: un’apparenza, una dissolvenza”.

Infine. L’immancabile ad ogni “Risonanza” che si rispetti, “Intruso”. In quest’occasione trattasi dei curatori e sound artis Chiara Lee e Freddie Murphy. Loro l’idea di trasformare, in collaborazione con il “MAO” (di cui da circa tre anni curano il public program “Evolving Soundscapes”) gli interstizi delle scale del “Museo” in strumento musicale. A tener loro bordone l’artista sakha (Siberia orientale) Aldana Duoraan.

Gianni Milani

“Seconda Risonanza”

GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e contemporanea”, via Magenta 31; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

Fino al 7 settembre

Orari: mart. – dom. 10/18. Chiuso il lunedì

Nelle foto: Allestimento (Ph. Gonella); Fausto Melotti “Il carro dei rabdomanti”, ottone, 1959 ca.; Alice Cattaneo “Untitled”, ardesia vetro, ferro, 2019; Giosetta Fioroni “Coppie”, 1967

Daniela Rosso Prin e Marco Palma alla galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia

Informazione promozionale

Dal 15 al 26 aprile prossimo due personali

Nell’iter dell’artista Daniela Rosso Prin la profondità dell’immagine e la manualità tecnica convivono, sulla superficie della tela, in un evidente equilibrio compositivo e poetico molto personale. Il racconto è ricco di contemplazione e di una propria tensione simbolica in cui la natura, assoluta protagonista, si fonde con la figura, per cristallizzarsi nell’opera  e invitare l’osservatore alla riflessione. Prin elabora una realtà naturalistica pregna di una prospettiva scenica originale, che si unisce ad una linea intimistica di  evidente contemporaneità  e  di  grande emozione. Il valore della natura e il rispetto per l’umanità, che risiedono costantemente nel suo operare, segnalano un impianto narrativo di carattere contenutistico sempre avvolto da un’affascinante sintesi tra colore, forma e segno. L’immagine paesaggistica e la presenza umana rivelano una perfetta simbiosi pulsante di notevole concezione e  elaborazione, che le  consentono di evidenziare una tecnica originale e personale. La luce ritmata e ben diffusa, la materia ad olio stesa magistralmente e la resa cromatica, di propria identità stilistica, si  sviluppano incisive e espressive all’interno del suo dipinto tanto da ottenere effetti unici.

La presenza e la potenza della natura, a seconda delle sue stagioni, si libera di un’energia straordinaria capace di trasmettere al fruitore un processo creativo di efficace sintesi e di  sostanza strutturale. E’ una linea compositiva, quella della Prin, eseguita con un tratto deciso e con un cromatismo pregno di realismo lirico dove il soggetto viene vivificato da una dimensione interpretativa ricca di naturalezza d’immagine. L’artista fissa nell’opera non solo i luoghi, i fiori e le figure, ma anche molteplici sensazioni e intensi ricordi  che accendono uno scenario unico interpretato con le vere atmosfere del silenzio e dello  spazio naturalistico. Sono opere che prendono vita e che ci trasmettono immediatamente intense emozioni perché vengono concepite dall’artista Prin  con pienezza dei mezzi e con un animo sensibile; linfa per la propria ricerca pittorica.

Daniela Rosso Prin è una pittrice torinese cresciuta sotto la guida del maestro Dino Pasquero. Il suo percorso artistico, iniziato come un gioco e un’incessante sperimentazione capace di osservare, interpretare e rielaborare momenti di vita vissuta, abbracciando la musica, la natura e il teatro. Il mondo di Prin emana freschezza e calore allo stesso tempo; la padronanza delle diverse tecniche pittoriche esalta la profondità dei colori usati per dar vita a soggetti mai banali e ripetitivi. L’artista predilige la tecnica ad olio aderendo alla pittura figurativa, affronta indifferentemente la paesaggistica e la sfida del ritratto, riversando sulla tela le proprie intuizioni ispirative attraverso attente disposizioni tonali, plasmate con il pennello e talvolta con la spatola. Ama anche cimentarsi con le sfumature cromatiche tipiche dei gessetti. Vincitrice di diversi premi, il più recente dei quali al concorso AUPI 2023 Milano, che l’ha portata a classificarsi al primo posto con l’omaggio a Paolo Fresu, le sue opere sono state esposte alla chiesa di Santa Croce di Ivrea, alla galleria d’arte San Michele di Guarene, al Mausoleo della Bela Rosin, alla Casa Olimpia di Sestriere, al Múses Accademia Europea delle Essenze  di Savigliano, a Palazzo Chiabrera di Acqui Terme, alla Sala Civica di Piazza Antenna in Soave, alla Fiera d’Arte Internazionale di Innsbruck, alla Biennale d’Arte di Montecarlo e in diverse sale espositive di Torino, tra cui più volte alla galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia.

La materia in evidente espansione nell’opera dell’artista Marco Palma si dirige verso una composizione di straordinaria libertà espressiva cercando spazi più ampi tra forma, colore e volume. E’ una dimensione pitto-scultorea ricca di autonomia espressiva, che si rinnova costantemente e dove l’energia del colore nero, che si muove in una spazialità assoluta, si trasforma in un’ immagine   piena di simbolismo e di contenuto. La libertà di inventiva, le valenze simboliche e la resa dei materiali conducono ad una ricerca in continua evoluzione che conferisce all’iter dell’artista Marco Palma una tecnica unica dove nuove geometrie astratte vivono in perfetta simbiosi con il processo creativo e progettuale. Si evidenzia un riciclo della materia altamente comunicativo e di chiara valenza concettuale. Gli accostamenti dei materiali industriali di scarto con gli elementi pittorici investono la superficie della tela con forme animate dal movimento gestuale e dalla linearità delle figure geometriche. L’artista Marco Palma valorizza le sue opere con effetto plastico spazia le  assoluto in cui si riflettono contenuti profondi e una libertà di invenzione in continua esecuzione. La sua pitto-scultura , di  notevole e  particolare elaborazione materica , diviene mezzo per trasmettere all’osservatore messaggi di vera evoluzione e trasformazione della materia. Nel suo iter si raddoppia la forza creativa con l’uso del led, effetti luminosi penetrano in una dimensione di gioco della luce  suggestiva in cui l’equilibrio del collage misto su tela alimenta un’arte senza limiti. L’artista Marco Palma, capace di recuperare  materiali non più in uso per realizzare le sue opere, riesce ad interpretare con pieno  personalismo un impianto compositivo rigoroso.

Marco Palma, nato a Varese nel 1975, con alle spalle studi tecnici che lo hanno portato alla laurea in Ingegneria, nel corso del tempo ha cominciato a nutrire una vocazione artistica, la quale l’ha avvicinato alla poesia e alla pittura, sempre in maniera autodidatta. Ad oggi ha pubblicato quattro raccolte di poesie, mentre nel campo pittorico ha partecipato a vari concorsi, e alcuni lavori sono stati pubblicati sul numero 62 della rivista “Arte e Artisti Contemporanei”. L’idea per un quadro o una scultura nasce in lui principalmente dal materiale che vuole utilizzare, il quale gli suggerisce l’impiego nelle sue svariate potenzialità. Esaurito il filone creativo relativo ad un materiale, attende che qualche altro materiale lo stimoli per iniziare una nuova ricerca. L’attività poetica, pittorica e ingegneristica alla fine si amalgamano alimentandosi a vicenda, e nessuna potrebbe esistere senza le altre due. Molto spesso i lavori nascono dall’osservazione dei materiali e dai processi che si svolgono in ambito lavorativo-industriale. La poesia emerge come riposo dopo l’attività pittorica.

Galleria Malinpensa by La Telaccia – corso Inghilterra 51, Torino

Dal 15 aprile al 26 aprile

Incontro con l’artista venerdì 18 aprile dalle ore 18 alle 20

Mara Martellotta

‘Sintassi del Segno Sospeso’, la mostra dedicata all’artista Maria Rosa Benso

Presso il teatro di Palazzo Saluzzo Paesana, in via Bligny 2, dal 9 maggio curata dal critico Angelo Mistrangelo

Verrà inaugurata il 9 maggio, alle 18, presso il teatro di Palazzo Saluzzo Paesana, in via Bligny 2 a Torino, la mostra intitolata “Sintassi del Segno Sospeso”, dedicata all’artista Maria Rosa Benso, con oltre trenta sue opere.

L’esposizione è curata dal giornalista e critico d’arte Angelo Mistrangelo che evidenzia: “Il segno diviene storia, ricerca, immagine sospesa in atmosfere immateriali, in un alternarsi di impressioni che scandiscono il fluire inesausto del dato cromatico all’insegna di una interiore, e interiorizzata, interpretazione delle sottili e vibranti emozioni. La pittura esprime la magia della luce che accende le strutture, in una sorta di trama che si trasforma in sensazioni, ricordi e segnali che presiedono alla formulazione e formazione delle composizioni. Le pagine di un meditato astrattismo rivelano, in estrema sintesi, la persistente volontà di Maria Rosa Benso di fissare le tracce di un percorso che appartiene a una misurata gestualità manifestata in La materia del vento e Strutture fluttuanti. Una misura che nella mostra, allestita nell’ex Teatro del settecentesco Palazzo Saluzzo Paesana, appare caratterizzata da una sequenza di tavole che, da una penetrante scrittura segnica, aapproda a un discorso legato agli assemblaggi risolti con la delicata resa formale de Il peso delle nuvole, in cui le nuvole sembrano affiorare dalle lievissime atmosfere dei versi dello scrittore tedesco Hermann Hesse. Lievi e liriche suggestioni di una linea che definisce paesaggi della memoria, ripercorre desertici silenzi e gli impercettibili tratti di una stagione dell’esistenza rivisitata e ridefinita”.

L’allestimento resterà visitabile fino al 30 maggio da martedì a sabato dalle 15.30 alle 19 con ingresso libero.

Il gesto pittorico assume, quindi, il valore di una personale e, talora, inaspettata, visione d’insieme, dove si avverte il clima di un vitale colloquio con il tempo e la realtà, con le interiori intuizioni e la controllata interpretazione del “corpus” di opere astratto-informali che rappresentano, come suggerisce Adolfo Francesco Carozzi, una condizione, uno stato d’animo, un punto di convergenza, un atteggiamento.

Si coglie, di volta in volta, una vera e propria sintassi dei segni, una grammatica della raffigurazione e un segreto cifrario attraverso il quale “scoprire universi remoti, visceralità ancora inesplorate, mondi arcani”, come scrive Gillo Dorfles.
In questa dimensione, emerge con forza un linguaggio in continuo aggiornamento, che stabilisce connessioni e riferimenti con le esperienze contemporanee, tra disegno e materia, comunicazione e nuove tecnologie.
Una comunicazione che fa parte del cammino della Benso lungo gli itinerari di una poetica che, secondo l’artista Alun Davies, esprime la coinvolgente esperienza di “lavori che sussurrano”. Sottolinea la Benso: “Nelle opere proposte prende forma un pensiero e un linguaggio di segni universale, misterioso, ipnotico, afferrando, talvolta, suoni di una musica sospesa”.

Per informazioni telefonare al numero 338.8256399 o scrivere a deborabocchiardo@gmail.com

Maria Rosa Benso ha iniziato a dipingere giovanissima frequentando l’atelier di Margherita Carena, allieva di Felice Casorati,  e nel corso degli anni ha approfondito e trasformato la sua misurata e meditata ricerca pittorica grazie a percorsi di studi e professionali che, peraltro, l’hanno dapprima condotta in direzione diversa.

Dopo gli studi in Lingue e letterature straniere a Cà Foscari di Venezia e a Torino, dove si è laureata in Lingua e letteratura inglese, ha conseguito infatti la specializzazione in Letteratura Americana all’Università di Urbino e, sempre in ambito letterario, ha preso parte agli incontri e interventi sul teatro shakespeariano di Giorgio Melchiori, Sergio Perosa e Giorgio Strehler, mentre in ambito linguistico e semiotico ha seguito i seminari di Umberto Eco al Centro Internazionale di Studi Semiotici di Urbino.

Tale formazione l’ha condotta ad operare professionalmente per due decenni nel campo della linguistica applicata e, in particolare, nella progettazione e direzione di centri di formazione linguistica professionale d’avanguardia presso enti ed organizzazioni internazionali, ad intrattenere contatti con Centri di ricerca d’eccellenza quali Manchester Business School ed Edinburgh University (Gran Bretagna), Harvard University, Massachusetts Institute of Technology e Stanford University (Stati Uniti) e Beijing University, a Pechino, in occasione del “Fourth World Conference on Continuing Engineering Education” del 1989.

I numerosi viaggi e soggiorni in Paesi europei, Stati Uniti, Cina e Sud America le hanno permesso, nel contempo, di cogliere i diversi aspetti socio-culturali delle popolazioni e studiare i contenuti delle pagine creative, dall’Action Painting all’arte e scrittura araba e cinese, grazie inoltre allo studio di queste ultime due lingue.
In particolare, ha completato la propria formazione con corsi sulla “New York School” e sul collage e assemblage entrando, e lo è tuttora, in più stretto contatto con artisti e curatori del MoMA, Museum of Modern Art di New York.

Del 2010 è la mostra personale Enigma Variations, allestita presso la sede del Piemonte Artistico Culturale di Torino con il patrocinio della Regione Piemonte.

La mostra segna l’inizio di una stagione di rassegne che esprimono il clima di un’esperienza in cui “segno”, “materiali” e “pagine astratte” caratterizzano le mostre Spazi di confine presso la Fondazione Fulvio Croce, Palazzo Capris di Cigliè di Torino (2012), Haiku: la poetica del segno presso la Biblioteca Nazionale Universitaria, Torino (2018) con il patrocinio MiBACT, e Denominatore comune, quadripersonale con Nino Aimone, Piero Ruggeri e Giorgio Stella (2022) presso Palazzo Lomellini, Carmagnola (Torino).

Un percorso che annovera inoltre la Biennale d’Arte di Vallebona (2014), la collettiva al Teatro dei Dioscuri del Quirinale a Roma (2015), le rassegne internazionali Telephone (2015 e 2020) dell’art incubator  “Satellite Collective” di Seattle (USA), la collettiva slideshow presso la sede del MoMA a New York (2020) e, tra le mostre dell’APA, Associazione Piemontese Arte, Pittura e scultura a confronto (2017), Presenze (2018) e Dialogo con i Maestri (2020).
Del 2024 è la collettiva Liquid Sky presso il Galata – Museo del Mare di Genova.

Accanto alle esposizioni, si ricorda l’impegno con l’Associazione Orolontano dell’artista  Alfonso Filieri, Roma, che ha esposto suoi libri d’artista sul tema di The Waste Land di T. S. Eliot negli spazi della Fondazione Monti Aperti di Foggia, del Museo Giacomo Manzù di Ardea (Roma), ed inoltre  della Biblioteca Nazionale di Roma e della Biblioteca Gino Baratta di Mantova, presso le quali si trovano due sue opere.

Maria Rosa Benso fa parte di Post-Millenium New York School (PMNYS), associazione di artisti indipendenti collegati al MOMA e di “Piemonte Artistico Culturale” e “Ponte per l’Arte” a Torino. È stata inoltre iscritta al Circolo degli Artisti di Torino.

Saggi, recensioni, testimonianze scelte: A. Audoli, M. Bernardi, W. Beck, A. Cavallera, M. Centini, A. Davies, K. Lanfranco, G.G. Massara, E. Massone, A. Mistrangelo, M. Paglieri.

Mara Martellotta

Pinacoteca Agnelli, la pista 500 accoglie quattro nuove installazioni site-specific

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Pinacoteca Agnelli presenta la programmazione per la primavera ed estate del 2025. A partire da mercoledì 16 aprile, la pista 500 accoglie quattro nuove installazioni site-specific degli artisti e artiste Allora&Calzadilla, Rong Bao, Francesco Gennari e Silvia Rosi.

Si avvia in aprile inoltre un intenso programma pubblico, che prevede per il terzo anno SUL TETTO DEL SALONE, la speciale collaborazione con il Salone Internazionale del Libro di Torino;  una collaborazione con il MAUTO per giri di auto storiche sulla Pista 500; presentazioni di libri al Fiat Café 500 e al Bookshop Civita, a corollario di esposizioni di edizioni d’arte speciali; la collaborazione con Archivissima e Collezione Maramotti alla sua terza edizione; la seconda edizione del Cinema sulla Pista 500, il programma di proiezioni sul tetto del Lingotto.
Infine, dato il grande successo di pubblico, la mostra “Salvo. Arrivare in tempo” viene prorogata sino a domenica 31 agosto prossimo, presentando un calendario di nuove attività e visite guidate.

La Pista 500, il progetto artistico di Pinacoteca sull’iconica Pista di collaudo delle automobili FIAT, da mercoledì 16 aprile si arricchisce di nuove installazioni site-specific degli artisti Jennifer Allora (1974 Philadelphia, Usa)& Guillermo Calzavilla ( 1971, Havana, Cuba), Rong Bao ( 1997, Beijing, Cina), Francesco Gennari (1973, Fano) e Silvia Rosi ( 1992, Reggio Emilia).
I nuovi progetti prodotti specificamente per Pista 500 si aggiungono alle opere già presenti sul giardino sospeso sul tetto del Lingotto di Thomas Bayrle, Monica Bonvicini, Valie Export,  Sylvie Fleury, Dominique Gonzalez-Foerster, Marco Giordano, Louise Lawler, Finnegan Shannon e SUPERFLEX.
Le nuove opere proseguono e approfondiscono la missione votata all’inclusività della Pinacoteca Agnelli. Martedì 15 aprile alle ore 18.30 è previsto l’opening per le  nuove installazioni con dj-set di Almare e accesso diretto alla Pista 500 da Rampa Nord, Fronte Eataly.

Commissionata e prodotta da Pinacoteca Agnelli  nella rampa Sud della Pista 500, Allora & Calzavilla, duo artistico basato a San Juan in Porto Rico, presenta Graft (Phantom Tree), un’installazione composta da migliaia di fiori realizzati in plastica riciclata che rimandano a quelli del Roble Amarillo, un tipo di quercia autoctona dei Caraibi. Questi fiori, sospesi come se fossero su di un albero, sono spogliati del tronco, foglie e rami, sollevando dubbi sulla loro provenienza e sulle loro origini perdute. Nei Caraibi la biodiversità rimane, infatti, tra le più ricche a livello mondiale, nonostante l’impoverimento significativo iniziato durante il periodo coloniale che continua fino ad oggi.
Il titolo dell’installazione fa riferimento all’innesto, una tecnica utilizzata per unire piante di specie diverse, cosiccome gli alberi fantasma, alberi che non sono mai cresciuti o sono stati rimossi a causa della deforestazione aggressiva.
Il duo, attivo dal 1995, utilizza diversi linguaggi artistici , tra cui la performance, la scultura, il suono, il video, la fotografia e la pittura.

Rong Bao esplora il rapporto tra attrazione e straniamento attraverso sculture e installazioni che combinano immaginari post-umani con un’estetica pop. Per la Pista 500, l’artista presenta “Carnivorous Bloom”, una scultura interattiva che si anima attraverso petali gonfiabili, in continuo movimento vibrando e oscillando come un organismo pulsante.
L’installazione assume l’aspetto di una pianta carnivora dai colori rosa brillanti che ne amplificano il carattere seducente, evocando forme vegetali mutanti e creature aliene.
Con sottile ironia “Carnivorous Bloom” si inserisce nel dialogo tra l’architettura industriale e la dimensione naturale del giardino sospeso sul tetto del Lingotto. L’installazione appare come un’entità fluida, a metà tra creatura e macchina, tra il reale e il fantascientifico. Bao ci sfida a interrogarci sul significato stesso dell’interazione con l’opera, e su come questa esperienza possa sovvertire le nostre aspettative. Il lavoro dell’artista si basa sull’interazione con il pubblico, invitandolo a confrontarsi con forme ambigue e materiali traslucidi, che evocano un mondo al tempo stesso artificiale e organico. Giocando con la percezione del corpo e dello spazio, Bao crea opere che oscillano tra l’affascinante e il conturbante. Le sue installazioni si trasformano in ambienti immersivi che disorientano e al tempo stesso lasciano emergere nuove possibilità di interpretazione della materia e dell’identità.

Francesco Gennari. “Avevo anche sette stelle in tasca” 2025
L’autoritratto è al centro della pratica artistica di Francesco Gennari. Per la Pinacoteca Agnelli l’artista presenta “Avevo anche sette stelle in tasca”, una nuova opera che consiste in una copia in bronzo del suo cappotto. Dopo aver passeggiato lungo la Pista 500, Gennari immagina di giungere alla rampa Sud e di dimenticare sulla balaustra il suo loden, un indumento diventato un tratto distintivo dell’artista spesso ricorrente nelle sue opere. All’interno di una architettura geometrica e asciutta, il cappotto di Gennari si inserisce come un elemento spiazzante, una scultura sartoriale, ch3 porrà il calore umano sulla rampa.
Le stelle in tasca, a cui il titolo del lavoro si riferisce, indicano che il cappotto appartiene a qualcuno che sta progettando un universo, ovvero all’artista che plasma la materia secondo la sua sensibilità e visione. Un gesto semplice come quello di dimenticare un cappotto si trasforma in un autoritratto dell’artista,  dove il suo corpo viene suggerito per assenza.
Parte integrante della ricerca dell’artista sono anche i materiali, legno, bronzo, marmo, vetro di Murano, e elementi organici come sciroppo di menta, gin, scorze d’arancia.
Le opere di Gennari costituiscono un diario intimo che tratteggia un paesaggio metafisico, armonioso ed insieme ricco di contraddizioni.

Silvia Rosi, di cui è esposta l’opera “Omissions” del 2025, artista italo togolese, nelle sue opere esplora temi come l’identità diasporica, la memoria familiare comunitaria, la rappresentazione di soggettività razzializzate e le ramificazioni di processi coloniali ed europei. Per il Billboard sulla pista 500 l’artista presenta “Omissions”, un’immagine che si ispira al suo album di famiglia, con le fotografie scattate a Lomè negli anni Sessanta e Settanta, oltre a quelle dei suoi genitori scattate negli anni Ottanta. “Omissions” mescola gli studi di fotografia tipica dell’Africa occidentale, una tradizione che permetteva ai soggetti di scegliere come rappresentarsi e che oggi offre una preziosa contronarrazione dello sguardo occidentale con quelli delle immagini della diaspora africana, fondendo il dato autobiografico a narrazioni collettive e condivise. Nell’opera Rosi recupera questa ricca identità iconografica per riflettere sulle dinamiche di potere e sul concetto di riappropriazione identitaria. Nello specifico, le due donne rappresentate sul Billboard tengono in mano il tabellone del Ludo, in Italia conosciuto come “Non t’arrabbiare”, un gioco da tavolo nato in India nel VI secolo ed esportato in Gran Bretagna e nelle sue colonie. Vestite coordinate con colori che ricordano la plancia da gioco, le figure sono al contempo giocatrici e pedine, mentre il Ludo, ricordo d’infanzia di Rosi a Lomè, è oggetto d’affezione nelle comunità diasporiche che diventa simbolo delle connessioni storiche e culturali che legano Asia, Europa e Africa occidentale. Anche lo sfondo dell’immagine racconta di questi legami, il materiale con cui è stato realizzato è il wax, un tessuto arrivato dall’Indonesia attraverso le rotte commerciali coloniali olandesi e diventato nel tempo parte integrante dell’identità culturale dell’Africa occidentale.
Nel mercato di Assigamé, a Lomè, proprio questa scacchiera è identificata dalle venditrici come “Ludo”. Vi è una riflessione su ciò che viene tramandato e ricordato nella memoria collettiva e su ciò che viene liberamente omesso e dimenticato dalla storia.

La Pista 500 è un progetto artistico che nasce nel 2022 come iniziativa di scultura pubblica della Pinacoteca Agnelli. È pensato per ampliare l’esperienza di un luogo simbolico della città per renderlo anche una destinazione culturale. Gli interventi sulla pista abbracciano diversi linguaggi della scultura: installazioni audio o ambientali, opere luminose o sonore, interventi video e di cinema espanso, sculture che sperimentano con materiali urbani immagini sul Billboard, progetti funzionali alla necessità di chi attraversa la pista o legate all’architettura industriale. Le opere, interattive e coinvolgenti, fanno riflettere sul significato di “spazio pubblico” oggi, e quali le storie e i monumenti con cui vogliamo abitare. Si confrontano con l’eredità della fabbrica per esplorare le implicazioni sociali e politiche della sua trasformazione. Entrano in dialogo con il giardino e con il paesaggio naturale urbano che circonda l’edificio, facendo emergere la tensione tra naturale e artificiale che lo caratterizza. La riflessione sull’inclusività degli spazi museali e sulla Pista 500 è stata una delle forze trainanti della Piancoteca Agnelli fino all’inizio del suo nuovo corso.

Mara Martellotta

Exposed Torino Foto Festival, mostre e artisti protagonisti alle OGR

Dal 16 aprile al 2 giugno prossimo, Exposed Torino Foto Festival annuncia le due mostre prodotte in occasione del Festival, in collaborazione con OGR Torino e Camera. Si tratta di “Almost Real. From Trace to Simulation”, curata da Samuele Piazza e Salvatore Vitale nel Binario 2 delle OGR, e di Olga Cafiero “Cultus Langarum” presso Camera, curata da Giangavino Pazzola. “Beneath the surface” è il tema della seconda edizione del Festival, organizzato dalla Fondazione per la Cultura di Torino sotto la guide dei direttori artistici Menno Liauw e Salvatore Vitale, e promosso da Città di Torino e Regione Piemonte, Camera di Comemrcio, Intesa Sanpaolo, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT, in sinergia con la Fondazione per l’arte moderna e contemporanea di CRT. Si tratta di 12 mostre, tra personali e collettive, con 16 artisti provenienti da 12 Paesi, Italia, Germania, Regno Unito, Svizzera, Stati Uniti, Taiwan, Hong Kong, Bolivia, Repubblica Democratica del Congo , Zimbabwe, Sud Africa e Palestina. Sette sono le prestigiose sedi espositive, tra cui l’Accademia Albertina di Torino di Belle Arti, l’Archivio di Stato, Camera, Gallerie d’Italia, GAM, OGR Torino e Palazzo Carignano.

Il tema del Festival invita a esplorare realtà contenute sotto la superficie delle immagini, non solo quelle catturate dagli obiettivi degli artisti, ma anche quelle ritoccate attraverso tecnologie avanzate connesse tra loro. In questo solco si muove la mostra collettiva che inaugura il 16 aprile presso il Binario 2 delle OGR Torino, dal titolo “Almost Real. From Trace to Simulation”, curata da Samuele Piazza, senior curator delle OGR Torino, e Salvatore Vitale, uno dei direttori artistici del Festival, con protagonisti scatti e opere Lawrence Lek, Nora Al – Badri e Alan Butler. Dalla relazione tra videogiochi e fotografia, al ruolo della memoria nei musei, fino al confine tra IA e coscienza, la mostra mette in discussione il concetto stesso di verità e autenticità, immaginando anche le implicazioni future delle immagini “IA generated”. Alan Butler si muove tra virtuale e analogico con la serie “Virtual Botany Cyanotypes”. Prendendo spunto dal mondo dei videogiochi, trasforma le piante digitali in stampe fotografiche realizzate con la tecnica della cianotipia, un antico procedimento dell’Ottocento. Il risultato è un dialogo tra pixel e materia, il virtuale che tenta di farsi reale e il reale che si lascia contaminare dal digitale. Nora Al – Badri lavora sul confine tra archeologia e intelligenza artificiale con “The Post – Truth Museum” e “Babylonian Vision” addestra una IA su migliaia di immagini di manufatti mesopotamici, generando nuovi oggetti che non appartengono né al passato né al presente. Il suo lavoro solleva domande su chi ha il potere di conservare la memoria storica e su come la tecnologia possa riscrivere le narrazioni culturali e postcoloniali.

Lawrence Lek porta l’IA al centro della scena con “Empty Rider”, un film ambientato in un futuro distopico in cui un’auto a guida autonoma senziente viene processata per il tentato omicidio del suo creatore. Il video esplora il confine tra reale e coscienza artificiale, ponendo domande sul ruolo etico della tecnologia e su quanto le macchine possano essere responsabili delle proprie azioni.

La storia,  i personaggi e la cultura enologica delle Langhe sono raccontati attraverso l’uso di documenti e materiali di archivio.  Ruota intorno a  questi temi la mostra di Olga Cafiero dal titolo “Cultura Langarum”, che si apre il 16 aprile nella project Room di Camera, Centro Italiano per la Fotografia di Torino. La mostra, sostenuta dall’azienda vinicola Garesio, raccoglie le serie fotografiche realizzate da Olga Cafiero, fotografa italo- Svizzera, vincitrice della prima edizione del Garesio Wine Prize for documentario Photography e fra gli artisti e le artiste  selezionate da Photo Elisée,  Musée cantonale pour la photografie di Losanna per l’edizione  2024 di Futures Photography, piattaforma internazionale  per talenti emergenti della fotografia  di cui Camera è partner insieme ad altre istituzioni europee.

La mostra, curata da Giangavino Pazzola, presenta cinque serie fotografiche che riflettono sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente, utilizzando diverse tecniche visive, tra cui la fotografia aerea, le scansioni digitali e i processi Off camera. Il lavoro di Cafiero offre una visione inedita delle Langhe raccontando il territorio e la cultura enologica attraverso la combinazione di diversi registri visivi e narrativi che mescolano l’approccio quasi scientifico ad una visione poetica ed evocativa. L’opera di Cafiero cattura così l’essenza di un territorio che vive tra tradizione e modernità, tra conservazione e innovazione.

L’Accademia di Belle Arti è anche il cuore pulsante di Exposed, e sarà sede non solo di mostre ma anche di talk con artisti e curatori, e di “Exposed Photo Match”, un nuovo tipo di portfolio che unisce la condivisione collettiva al networking. L’Accademia ospiterà la prima produzione del Festival con le opere di Valeria Cherchi, giovane artista indicata dal British Journal of Photography trabi 16 talenti emergenti a livello globale, e l’artista italiana togolese Silvia Rosi presente anche al Lingotto su Pista 500, vincitrice del C/O Berlin Talent Award 2024; Gregory Alpern, fotografo dell’agenzia Magnum e George Senga, proveniente dal Congo.

Mara Martellotta

Trasferta cinese dei sabaudi “Musei Reali”

In mostra per la prima volta in Cina su prestito dei torinesi “Musei Reali”

Fino al 22 giugno

Titolo e sottotitolo chiariscono subito i contenuti della grande rassegna organizzata in Cina, al “Nanshan Museum” (7mila metri quadrati espositivi) di Shenzhen (città meridionale sul delta del Fiume delle Perle, al confine con Hong Kong) dai nostri prestigiosi “Musei Reali”, costituitisi fra XVI e XX secolo, di pari passo con la storia dei Savoia, inglobando nei loro (a oggi) 30mila metri quadrati anche reperti ben più antichi all’interno delle proprie Collezioni, composte da più di 400mila opere, fra dipinti, sculture, reperti archeologici, tessuti, oreficerie, armi e armature, per finire con libri e disegni. Opere che oggi parlano di Torino e dell’Italia riuniti, fino a domenica 22 giugno, in ben 140 pezzi in un sito museale fra i più prestigiosi della Cina e in una città di 18milioni di abitanti, dichiarata negli anni Ottanta “Zona Economica Speciale” e oggi principale centro tecnologico della Repubblica Popolare, con sede di giganti come “Huawei” e “Tencent”, nonché della “Byd”, fra le maggiori industrie di automobili elettriche del Paese.

Titolo e sottotitolo, si diceva: “Steel of Glory” e “A Knight’s Life of Armor, Blade and Honor”. Come dire “Acciaio di Guerra” e “Una vita da cavaliere fatta di armature, lame e onore”. E’ infatti l’epopea degli antichi cavalieri, con le loro armature, i miti e le leggende a farla totalmente da protagonista della grande, sorprendente esposizione in trasferta dalla Mole a Shenzhen, che, offrendo al pubblico cinese la possibilità di ammirare preziose opere mai uscite dalla loro sede subalpina, “ripercorre la storia della cavalleria e la creazione del suo mito, dalle premesse tra l’VIII e il IX secolo, quando in Europa si verificano le condizioni economiche e sociali favorevoli alla nascita del sistema feudale, fino all’età dell’oro che coincide con il periodo dall’XI al XIII secolo quando la categoria dei cavalieri diventa un ceto sociale”.

Una nutrita selezione di capolavori provenienti dalle collezioni dei “Musei Reali”, in particolare dall’“Armeria Reale”, una delle più importanti al mondo (insieme a quella di Madrid, a quella imperiale di Vienna e a quella dei Cavalieri di Malta) darà la possibilità di ammirare la produzione europea di armi e armature da parata e da torneo tra il XVI e il XVII secolo. In esposizione, il pubblico potrà dunque ammirare pezzi di altissimo valore storico e artistico-artigianale. Fra i più pregevoli un’“armatura completa per cavallo e cavaliere” uscita dopo duecento anni e per la prima volta dall’“Armeria Reale”, insieme ad una rara “armatura da bambino” e a un “elmo modellato a forma di animali fantastici”, tutti risalenti al Rinascimento. Per non dire della “Spada” appartenuta al primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, autentico capolavoro di cesellatura.

Sottolinea Mario Turetta, direttore delegato dei “Musei Reali” torinesi: “Collaborare con un’importante istituzione cinese come il Museo di Nanshan rientra tra le iniziative di valorizzazione volte a promuovere i rapporti tra la Cina e l’Italia attraverso l’organizzazione di attività espositive, straordinaria fonte di accrescimento culturale e di confronto metodologico sulla gestione e sulla conservazione delle collezioni”.

E a lui fa eco Valerio De Parolis, Console Generale d’Italia a Canton: “A Shenzhen presentiamo con orgoglio una pagina di storia italiana che mette in risalto il nostro inestimabile patrimonio di cultura e tradizioni, attraverso questa esposizione molto scenografica e di assoluto prestigio delle collezioni dei ‘Musei Reali’ di Torino. È una mostra che suggella l’incontro tra una delle maggiori istituzioni museali del nostro Paese con un polo museale di prim’ordine del Sud della Cina, e che consente di rafforzare ulteriormente lo scambio culturale e la conoscenza reciproca tra l’Italia e la Provincia del Guangdong”.

Curata dai “Musei Reali” di Torino e ideata e organizzata da “Arteficio”, la mostra resterà a Shenzhen fino a domenica 22 giugno per poi spostarsi in altri tre Musei della Repubblica Popolare Cinese.

Gianni Milani

Nelle foto: “Steel of Glory” Allestimento; “Armatura di ragazzo”, acciaio inciso, 1560/1570; “Armatura di uomo e cavallo” (Particolare), acciaio inciso a bulino e all’acquaforte, circa 1550; Eusebio Zuloaga “Spada d’onore di Vittorio EmanueleII”, acciaio damascato, oro e argento, 1852/1853

Al Museo del Cinema la prima personale del videoartista Donato Sansone

7 aprile – 8 settembre 2025

Dal 7 aprile all’8 settembre 2025, il piano di accoglienza del Museo Nazionale del Cinema di Torino ospita la mostra DONATO SANSONE. METAVERSI, a cura di Bruno Di Marino, la prima personale dedicata a Donato Sansone, artista, animatore e autore di brevi film, videoclip musicali, spot e altri “scherzi” audiovisivi, di lavori surreali e provocatori realizzati con tecniche diverse che traducono in tratto grafico e animazione diverse visioni della realtà.

Sempre lunedì 7 aprile alle ore 20:30 al Cinema Massimo di Torino vi sarà una serata dedicata a Sansone con la proiezione di alcuni suoi film.

Come le storiche avanguardie, Sansone contamina l’alto con il basso, il poetico con il triviale, il comico con il tragico – finendo così per mettere a soqquadro il pensiero comune e suscitando nello spettatore un riso acido. Il suo è il regno dello sberleffo e del paradosso, e il suo stile è all’insegna di un surrealismo ludico e provocatorio, che oscilla tra artigianale e digitale.

I suoi patchwork e video sono stati presentati ai più importanti festival del mondo e in varie gallerie, ma anche in luoghi di grande passaggio come i centri commerciali. È amato dal mondo della musica italiana, collabora da tempo con Subsonica, Manuel Agnelli, Paolo Spaccamonti, Francesco De Gregori, Afterhours e Verdena.

“Accanto all’omaggio ai grandi interpreti del presente e del passato, il Museo Nazionale del Cinema si è da tempo dato il compito di raccontare tutte le declinazioni di quello che definiamo cinema – sottolinea Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema.  Essere al passo con i tempi significa anche interrogarsi sulle nuove espressioni artistiche, proponendo ai visitatori artisti meno noti ma capaci di interrompere la monotona scansione del nostro quotidiano con la vitalità delle loro proposte. E con questo spirito abbiamo accolto l’opera di Donato Sansone, felici di accompagnarlo in questa prima personale che siamo sicuri vi saprà sorprendere”.

“Con questa personale dedicata a Donato Sansone continua l’esplorazione e la valorizzazione di quelle esperienze nate qui in Piemonte ma che hanno saputo conquistare attenzioni e riconoscimenti a livello nazionale e internazionali – afferma Carlo Chatrian, direttore del Museo Nazionale del Cinema. Metaversi è un viaggio nell’universo di un artista inventivo e provocatore, che con abilità e leggerezza adotta diverse tecniche e differenti formati. Amante dello scherzo e dello sberleffo, Sansone è anche profondamente cosciente di quanto la serietà e le “buone maniere” spesso nascondano la paura di confrontarsi con quanto e chi eccede la norma. Vi invitiamo dunque a lasciare vestito e cravatta, tailleur e tacchi alti e lasciarvi sedurre “dai mostriciattoli” e dalle altre irriverenti provocazioni che animano il piano zero della Mole”

La mostra raccoglie vent’anni di attività di Donato Sansone e si articola in un ricco e colorato percorso composto da disegni originali, stampe digitali, installazioni e tantissime immagini in movimento che permettono al visitatore di scoprire la sua eclettica arte visiva. Il metaverso è una dimensione virtuale che si può abitare ed esplorare e l’intento è di far sì che il visitatore si lasci trasportare in un flusso caotico di segni, immagini, suoni, rumori, percezioni, frammenti di corpi e di paesaggi, rapide associazioni visive. Non un unico metaverso, quindi ma tanti metaversi e ognuno potrà trovare dentro questa mostra qualcosa di diverso: di attraente e di perturbante, di comico e di horror, di fisico e di immateriale, di erotico e di fantasmagorico.

In tutte le sezioni del percorso di visita sono presenti dei video LIS e i Servizi Educativi propongono un’attività laboratoriale rivolta ai gruppi dei centri estivi.

A completamento della mostra, è stato realizzato il catalogo Donato Sansone. Metaversi, a cura di Bruno Di Marino. Edito da Silvana Editoriale, il volume, oltre ai materiali della mostra, conterrà la graphic novel dell’autore dal titolo Il gatto.

La mostra si inserisce in un progetto di conservazione e valorizzazione dell’opera di Donato Sansone, del quale la Cineteca del Museo Nazionale del Cinema ha in deposito tutte le opere realizzate dall’inizio della sua carriera.

La mostra rientra nella sezione Echoes di EXPOSED Torino Foto Festival e sarà visitabile per tutta la durata della manifestazione (16 aprile – 2 giugno 2025).

Per info e orari www.museocinema.it