ARTE- Pagina 75

Il PAV, uno dei parchi d’arte più belli d’Italia

A Torino il sito espositivo all’aperto con uno spazio interattivo.

Nato nel 2008 per volontà dell’artista Pietro Gilardi si trova nel quartiere Filadelfia, nella nostra bella capitale subalpina.

Diretto da Enrico Bonaparte, il Parco Arte Vivente (PAV) è composto da un sito espositivo open air e un museo interattivo dalla vocazione sociale intesa come luogo d’incontro e come laboratorio di esperienze legate al dialogo tra arte e natura, tra biotecnologie ed ecologia, tra artisti e pubblico.

Il Parco occupa uno spazio 23.000 mq, di quella che una volta era un’area industriale, sia con opere permanenti come Trèfle, installazione ambientale dell’artista Dominique Gonzalez-Foerster (2006), il Jardin Mandala, giardino progettato dal paesaggista Gilles Clément (2010), che ospitando mostre temporanee e accogliendo altri interventi negli spazi esterni, immersi nel verde, e nei locali interni.

Il tema originale e dominante che ha dato anche il nome al Parco, ovvero l’Arte Vivente, è “una declinazione delle tendenze contemporanee” come la Bioarte, la Biotech, l’Arte transgenica e l’arte biologica. Le sperimentazioni sono realizzare attraverso materiali organici e inorganici, “ la vita, con le attuali riflessioni bioetiche sull’uso di determinate pratiche, è indotta anche attraverso mezzi biotecnologici”.

Molto interessante è il coinvolgimento del pubblico attraverso workshop e seminari condotti dagli artisti stessi. “Il programma propone itinerari di conoscenza teorica e laboratori in collaborazione con esperti di varie discipline, fornendo mezzi e materiali per vivere un’esperienza personale ricca di stimoli cognitivi, emotivi ed espressivi”.

Torino ancora una volte si distingue per l’avanguardia, per la creatività e per la capacità di trasformarsi. In questo caso un’area abbandonata destinata all’oblio e, probabilmente, anche al degrado, grazie ad una perspicace intuizione, è stata destinata all’arte, alla natura e al coinvolgimento attivo della gente attraverso un piano di diffusione culturale sociale. Questo è un ottimo esempio, un modello da seguire per convertire il decadimento in bellezza, il brutto in armonia, il vecchio in un nuovo promettente e al servizio del sapere.

MARIA LA BARBERA

PAV

Centro sperimentale d’arte contemporanea
via Giordano Bruno 31, Torino
T. +39 011 3182235
info@parcoartevivente.it

San Valentino, biglietti per coppie alla mostra “David Bowie / Steve Schapiro: America. Sogni. Diritti”

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Dal 1° dicembre 2022 al 26 febbraio 2023

DAVID BOWIE

Steve Schapiro

America • Sogni • Diritti

Archivio di Stato
Piazza Castello 209 – Piazzetta Mollino. Torino
giovedì e venerdì dalle 15 alle 19
sabato e domenica dalle 11 alle 20

 

martedì 14 gennaio dalle 10 alle 18
per San Valentino
apertura straordinaria
1 biglietto per 2 innamorati
Nella giornata del 14 febbraio 2023 la mostra “David Bowie | Steve Schapiro: America. Sogni. Diritti” (1° dicembre 2022 – 26 febbraio 2023, Archivio di Stato, Torino) sarà aperta straordinariamente dalle 10 alle 18, con un biglietto offrendo 2 ingressi al costo di uno per le persone che si presenteranno, innamorati e in coppia.
La promozione è valida per ogni tipo di coppia!Una bellissima occasione per conoscere il momento clou della carriera di David Bowie attraverso gli scatti del leggendario fotografo americano Steve Schapiro.

David Bowie a metà degli anni Settanta, dopo essere divenuto icona culturale in Inghilterra – suo paese di origine – riesce ad imporsi anche nel mercato più ampio e difficile da conquistare di sempre: gli Stati Uniti. L’album Diamond Dogs, e il relativo tour promozionale in Nord America, anticipano di qualche mese il suo trasferimento a Los Angeles. Nella città californiana Bowie, per sua stessa ammissione, vivrà uno dei periodi più bui della sua vita. Tra l’abuso di cocaina e l’ossessione per l’occultismo, Bowie rischiò di implodere. Ma nonostante la sua salute fisica e mentale fosse stata messa a dura prova, trovò il modo per uscire da quel tunnel che lo stava portando alla morte.Fu in quel periodo, infatti, che iniziarono le riprese di un film che lo avrebbe visto come protagonista, il primo della sua carriera. Grazie a “L’Uomo che Cadde sulla Terra” Bowie dovette imparare a gestire sé stesso in modo da essere professionale sul set. Musicalmente parlando invece, scrisse alcuni brani che avrebbero dovuto essere inclusi nella colonna sonora del film: si trattava perlopiù di musica strumentale che non venne utilizzata per lo scopo che per il quale fu prodotta. Quei landscape sonori divennero però poco tempo dopo il tema principale di due dischi fondamentali come Low e Heroes, dischi che segnano il ritorno di Bowie in Europa e la sua rinascita come artista precursore e innovatore. Ma prima di lasciare definitivamente Los Angeles, Bowie sotto le spoglie del suo nuovo personaggio, The Thin White Duke, registra il suo nono album in studio ovvero Station to Station.

In tutte le fasi dell’avventura americana di Bowie è presente, nei momenti salenti e cruciali, Steve Schapiro, che sarà fotografo di scena di “L’Uomo che Cadde Sulla Terra” e autore degli scatti che compaiono sulla copertina sia di Station to Station sia di Low. Schapiro, nato a Brooklyn nel 1934, è già considerato uno dei maggiori fotografi dell’epoca nonché uno dei più influenti nella storia della cultura popolare americana. Schapiro ha testimoniato con la sua macchina fotografica i momenti salienti della società americana della seconda metà del XX secolo: dall’avvento dei Kennedy passando per l’epopea pop di Andy Warhol e la Factory, dai movimenti per i diritti civili di Martin Luther King Jr. a personaggi dello sport come Mohammed Alì, fino al cinema d’autore per il quale ha lavorato come fotografo di scena in pellicole senza tempo come Il Padrino, Taxi Driver, Un Uomo da Marciapiede (Midnight Cowboy) e Apocalypse Now.

Bowie e Schapiro si incontrano per la prima volta 1974, in un pomeriggio anonimo in uno studio fotografico di L.A. Una delle ragioni di questo servizio era provare diverse idee e personaggi che Bowie avrebbe potuto sviluppare nelle sue performance live o nella sua musica. Il cantante per questo scopo portò con sé dei costumi da provare, la responsabilità di Schapiro fu quella di portare l’immaginazione di David alla luce del sole, tradurla in realtà. Nulla di quel primo servizio era stato preparato in anticipo… Tutte le idee messe in scena sul set nacquero spontaneamente dalla mente eclettica del cantante stimolata da quella del fotografo. Durante quel pomeriggio tra i due nasce una immediata sintonia nutrita dalle reciproche passioni e lavori – che finirono per influenzarsi l’uno con l’altro – e una collaborazione che durerà fino alla fine degli anni ’80.
Grazie ad uno straordinario mosaico di immagini, Schapiro racconta la società americana della seconda metà del secolo scorso, in maniera più chiara, diretta e allo stesso tempo poetica, di tanti romanzi, saggi, canzoni o opere d’arte siano state prodotti per decifrare uno dei periodi più complessi della storia recente. Questa storia, che si interseca con la storia biografica di David Bowie, uno dei grandi protagonisti e mente creative del ‘900, è ripercorsa nella mostra “David Bowie | Steve Schapiro: America. Sogni. Diritti”.

Attraverso la capacità di Schapiro di cogliere l’umanità dei suoi soggetti, il visitatore potrà riscoprire quindi non solo l’aspetto più personale di uno dei grandi miti della cultura popolare del XX secolo ma anche addentrarsi e respirare il clima culturale in cui Bowie creava la sua opera. Entrambi gli artisti, infatti, condividevano una particolare sensibilità per quelli che erano i temi sociali dall’epoca, a cominciare dalle lotte per diritti civili degli afroamericani, delle donne e delle persone queer. Schapiro che queste lotte -importanti allora come oggi – non solo le aveva documentate con la sua macchina fotografica ma anche sostenute di persona, ne fece spesso argomento di conversazione con Bowie, che dal canto suo le aveva sempre sposate, collaborando con molti musicisti di colore e denunciando apertamente MTV colpevole di non trasmettere abbastanza artisti di colore in un momento storico nel quale nelle strade di molte periferie americane stava nascendo l’Hip Hop.

A cura di ONO arte, la mostra è prodotta da Radar, Extramuseum e Le Nozze di Figaro, rappresenta un’anteprima nazionale e si compone di 70 scatti che partendo dal lavoro di Schapiro con David Bowie portano il visitatore a scoprire anche il suo lavoro di fotoreporter e fotografo di scena.

Steve Schapiro (1934 – 2022) scopre la fotografia all’età di nove anni durante un campo estivo. Eccitato dal potenziale della fotocamera, trascorse i decenni successivi aggirandosi per le strade della sua città natale, New York, cercando di emulare il lavoro del fotografo francese Henri Cartier Bresson, che ammirava molto. Dalla pratica dilettantistica passa agli studi al fianco del fotoreporter W. Eugene Smith, la cui influenza su Schapiro fu grandissima. Al fianco di Smith oltre alle competenze tecniche, Schapiro sviluppa la sua cifra artistica.
Durante gli anni Sessanta in America, definito “l’età d’oro del fotogiornalismo”, Schapiro ha prodotto saggi fotografici su temi diversi tra cui la dipendenza da stupefacenti, la Pasqua ad Harlem, l’Apollo Theater, Haight-Ashbury, i movimenti di protesta politica o la campagna presidenziale di Robert Kennedy. Attivista e documentarista, Schapiro ha raccontato con i suoi scatti, molte storie relative al movimento per i diritti civili degli afroamaericani, tra cui la marcia su Washington, le proteste per la registrazione degli elettori e la marcia da Selma a Montgomery. Chiamato dalla rivista Life a Memphis dopo l’assassinio di Martin Luther King Jr, Schapiro ha prodotto alcune delle immagini più famose di quel tragico evento.
Negli anni ’70 Schapiro spostò la sua attenzione sul cinema. Con le principali compagnie cinematografiche come suoi clienti, Schapiro ha lavorato sul set di film come “Il Padrino”, “Come eravamo”, “Taxi Driver”, “Midnight Cowboy”, “Rambo”, “Risky Business” e “Billy Madison”. Ha anche collaborato a progetti con musicisti, come Barbra Streisand, David Bowie e i Velvet Underground per copertine di dischi e opere d’arte correlate.Con il patrocinio di Regione Piemonte
Media partner Radio Veronica One
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Archivio di Stato
Piazza Castello 209/Piazzetta Mollino
Dal dicembre al 26 febbraio
Giovedì e venerdì dalle 15 alle 19
Sabato e domenica dalle 11 alle 20
8 dicembre, 26 dicembre, 1 e 6 gennaio dalle 11 alle20
ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
25 e 31 dicembre chiusoBiglietteria:
intero 12€ | ridotto  9€
Riduzioni: U18, O65, tesserati AICS, possessori abbonamento annuali o plurimensili  GTT , abbonamenti Musei Piemonte e Valle D’Aosta, Abbonati Teatro Concordia

La relazione con l’“Altrove” nella plastica installazione di Leonardo Devito

“Ghost Dance”, in esposizione ad “Osservatorio Futura”

Fino al 20 febbraio

Di primo acchito, non appena varcata la soglia del piccolo spazio espositivo al civico 20 di via  Giacinto Carena (zona piazza Statuto – San Donato) a Torino, la sensazione è quella di trovarsi di fronte ad un’essenziale, non vistosa– nei mezzi e nei passi della narrazione – scenografia teatrale. Essenziale, non vistosa, ma certamente intrigante.

E inquietante, anzichenò. Libere, in una sorta di esoterica propiziatoria danza circolare, figure misteriose a-corporali, tessuti intinti di gesso dal color giallo tendente al verdastro, manichini o “fantasmi” benevoli svolazzanti uniti a semicerchio, nell’angolo a prima vista dello spazio d’ingresso di “Osservatorio Futura”, l’Associazione Culturale – raccoglitore e intelligente divulgatore di giovani libere e futuribili proposte artistiche – creata, per passione e per sfida, nel 2020 da Francesca Disconzi e Federico Palumbo, in comune la subalpina “Accademia di Belle Arti”, poi percorsi diversi ma, sempre, attaccata addosso la grande passione per l’arte declinata al futuro. A terra, la figura bianca (altrettanto a-corporale) di un giovane ragazzo dormiente – il viso in calco gessato – su cui svolazza il birbante “fantasmino” dall’aria ironica che pare volerlo destare – braccia e mani aperte – con il suo inatteso e fastidioso “cù – cù”– Dopo il primo, brusco incontro, l’“installazione site-specific” del giovanissimo Leonardo Devito, ti spinge a girarle intorno, a meglio osservarla, a cercare di capirne genesi e senso. Fiorentino, classe ’97, Leonardo vive e lavora a Torino.

Studi all’“Accademia di Belle Arti” di Firenze e all’“Akademie der  Bildenden Künste” di Vienna, attualmente è iscritto al biennio di pittura dell’“Accademia Albertina” di Torino e la sua formazione è fortemente legata all’“arte urbana”, che ha praticato negli anni utilizzando lo pseudonimo di “Mehstre”. “Quando ho proposto la mostra a Leonardo Devito – spiega Federico Palumbo, che dell’esposizione è anche curatore – gli ho lanciato immediatamente la suggestione di pensare insieme un progetto espositivo che non avrebbe proposto in nessun altro spazio. E questa, in realtà, più che una suggestione è dalle origini il mantra di ‘Osservatorio Futura’, che proponiamo a tutti gli artisti che lavorano con noi: valorizzare il nostro spazio al suo valore fisiologico di ‘project room’, tenendo astutamente a bada la voglia di scimmiottare gli spazi canonici e/o commerciali, tanto cari al mondo dell’arte più ‘classica’. Da qui è nata l’idea di proporre un’installazione scultorea e, più in generale, di ricerca, rivolta esclusivamente ad essa. Non abbiamo esposto la parte più iconica della produzione di Devito: le opere bidimensionali”. Che sono dipinti e sculture di egregia formazione accademica, dove il “valore” fondamentale della “scuola” si riflette tutto e bene nell’arte del giovane Leonardo. A dimostrazione un piccolo “ben compiuto” bassorilievo in argilla. “love in progress” amore che è dolcezza vitale contrapposta all’installazione ( nata da sogni e filosofie brumose ) e tesa ad “alleggerire – sia visivamente che concettualmente – il ‘mood’ generale dell’opera performativa: due innamorati al parco”. Un esempio chiaro della sua formazione classica di base. Su cui l’artista lavora di testa e di visionaria immaginazione. Illuminante la sua attrazione (non facile a crederci!) per quel Niccolò Dell’Arca (Bari, 1435 – Bologna, 1494), fra i grandi protagonisti della scultura dell’Italia settentrionale del XV secolo, autore del grandioso “Il compianto sul Cristo morto”, custodito nella Chiesa di “Santa Maria della Vita” a Bologna, con le sette “Marie”, maschere atroci di dolore intorno al corpo del Cristo, cui forse ha voluto pensare, non per blasfemia ma per seguire l’istinto di libera anarchia pop – new age, il nostro Devito nella sua “Ghost Dance”. Dove pur anche ritornano memorie legate all’omonima espressione rituale del movimento religioso diffuso fra gli Indiani d’America nella seconda metà del XIX secolo, realizzata nella tradizionale danza a cerchio annunciante “la fine del mondo, il ritorno dei morti e dei bisonti, la scomparsa dei bianchi e l’avvento dell’età dell’oro”.

Nella circolarità di “presenze” e misteriche “assenze”, in cui passato e futuro si annunciavano e fra loro comunicavano attraverso i suoni e i ritmi del presente. Sfuggenti filosofie, fatte proprie anche nei versi della “Ghost Dance” (1978, in “Easter”) cantata-recitata dalla “sacerdotessa maudite del rock” Patti Smith: “Eccoci qui, Padre, Signore, Spirito Santo/Pane del tuo pane, fantasma del tuo ospite/ Siamo le lacrime che sono scese dai vostri occhi/ Parola della vostra parola, pianto del vostro pianto. Vivremo ancora, vivremo ancora/Vivremo ancora”. Versi ben noti al giovane Devito e forse “traccia” non da poco al suo lavoro.

La mostra è visitabile solo su appuntamento tramite mail o sui social di “Osservatorio Futura”: www.osservatoriofutura.it o info@osservatoriofutura.it

Gianni Milani

“Ghost Dance”

“Osservatorio Futura”, via Giacinto Carena 20, Torino. Fino al 20 febbraio

Nelle foto di Davide D’Ambra: Federico Palumbo in una fase dell’allestimento, particolari da “Ghost Dance” e “Due innamorati al parco”, bassorilievo in argilla”.

A Torino la prima mostra personale in Italia di JR

Le Gallerie d’Italia aprono al pubblico dal 9 febbraio al 16 luglio 2023 nel museo torinese di Intesa Sanpaolo Déplacé·e·s, la prima mostra personale in Italia di JR, artista francese famoso nel mondo per i suoi progetti che uniscono fotografia, arte pubblica e impegno sociale.

Combinando diversi linguaggi espressivi, JR (1983) porta il suo tocco personale per raccontare la realtà e stimolare riflessioni sulla fragilità sociale nell’ esposizione che occupa circa 4.000 metri quadrati del museo di Piazza San Carlo, realizzata in collaborazione con la Fondazione Compagnia di San Paolo e curata da Arturo Galansino.

“Accogliamo a Torino nel nuovo museo delle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo il lavoro di JR, questo straordinario artista capace di stimolare la partecipazione attiva e la riflessione della collettività su grandi temi quali l’immigrazione e i drammi sociali che le guerre portano con sé. Intesa Sanpaolo, che i risultati del 2022 presentati pochi giorni fa hanno confermato tra le prime banche in Europa, cerca di fare la propria parte per attenuare le emergenze sociali con il più grande progetto privato in Italia di contrasto alla povertà, con aiuti alla popolazione ucraina e con un ampio sostegno dato ad associazioni e organizzazioni non profit – anche tramite il Fondo di beneficenza assegnato alla Presidenza. Le immagini di JR che colgono i sorrisi dei bambini nonostante difficoltà e sofferenze rappresentano un potente slancio di fiducia nel futuro”, ha commentato Gian Maria Gros-Pietro, Presidente Intesa Sanpaolo.

Giovanni Bazoli, Presidente Emerito di Intesa Sanpaolo, ha dichiarato: “La presentazione alle Gallerie d’Italia del progetto realizzato dall’artista di fama internazionale JR, che con talento e sensibilità trasforma l’arte in impegno sociale, conferma come il nostro nuovo museo di Torino sia luogo aperto alla riflessione sulle sfide più urgenti del presente. L’iniziativa interpreta pienamente i valori fondamentali del Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo, volto a costruire società sostenibili e inclusive facendo leva sull’immenso potenziale della cultura”.

“La Fondazione Compagnia di San Paolo ha affiancato Intesa Sanpaolo nella definizione delle strategie delle Gallerie d’Italia – Piazza San Carlo fin dalle sue origini”- ha dichiarato Francesco Profumo, Presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo . “Il museo è concepito come un presidio culturale aperto a tutta la città, in grado di esplorare la complessità delle sfide del futuro legate alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Per la realizzazione della mostra Déplacé·e·s di JR alle Gallerie d’Italia la Fondazione Compagnia di San Paolo ha messo a disposizione la sua ricca rete di relazioni, coinvolgendo negli eventi correlati alla mostra diversi enti del territorio insieme ai quali è impegnata a costruire società più inclusive. Un impegno che si concretizza anche attraverso il supporto ad azioni di sensibilizzazione, formazione e informazione capaci di contribuire a promuovere una nuova e più equilibrata narrazione sulle migrazioni”.

Partito dalla banlieue parigina più di vent’anni fa, JR ha portato la sua arte in tutto il mondo con monumentali interventi di arte pubblica in grado di interagire con grandi numeri di persone e attivare intere comunità, dalle favelas brasiliane ad una prigione di massima sicurezza in California, dalla Pyramide del Louvre alle piramidi egiziane, dal confine tra Israele e Palestina a quello tra Messico e Stati Uniti.

I problemi dei migranti e dei rifugiati, sempre più di scottante attualità, fanno da molto tempo parte dell’indagine di JR. Il progetto Déplacé·e·s, cominciato nel 2022, riunisce per la prima volta in questa mostra alcune immagini scattate dall’artista in zone di crisi, dall’Ucraina sconvolta dalla guerra fino agli sterminati campi profughi di Mugombwa, in Rwanda, e di Mbera, in Mauritania, Cùcuta in Colombia e a Lesbo, in Grecia per fare riflettere sulle difficili condizioni in cui oggi versano migliaia di persone a causa di conflitti, guerre, carestie, cambiamenti climatici e coinvolgere pubblici esclusi dal circuito artistico e culturale all’insegna di valori come liberta`, immaginazione, creatività e partecipazione.

Seppur effimera, l’arte di JR crea un impatto sulla società e sul mondo in cui viviamo. Essa è realizzata per le persone e si realizza con le persone, rivelando l’importanza del nostro ruolo individuale e collettivo per migliorare il presente e per cercare di rispondere ad un quesito centrale per l’artista: l’arte può cambiare il mondo?

Il percorso espositivo prende il via dall’ingresso del museo, con la scalinata trasformata in un trompe l’œil con immagine anamorfica, un’illusione ottica con la quale i visitatori saranno invitati ad interagire.

La mostra continua nelle sale ipogee in cui, attraverso video, fotografie, sculture in legno e l’allestimento scenico di grandi teli raffiguranti le immagini dei bambini incontrati durante le visite nei campi profughi dal Ruanda alla Grecia, il pubblico può ripercorrere e immergersi nell’opera e nei viaggi che hanno portato l’artista parigino a confrontarsi con uno dei grandi temi dei nostri tempi, le migrazioni forzate.

Le opere, frutto degli incontri e delle azioni di arte pubblica messi in pratica da JR, sono protagoniste anche nella sala immersiva delle Gallerie dove una video-installazione creata per l’occasione riproporrà i “viaggi” dei grandi teloni in altre parti del mondo che, in questo specifico progetto, sono il vero fil rouge del racconto.  L’allestimento, una grande installazione site-specific, coinvolge così gli spettatori con opere di scala monumentale, grazie alla straordinaria capacità dell’artista di rendere il pubblico protagonista attraverso il mezzo video e fotografico.

Attorno all’esposizione – come già in occasione delle precedenti mostre – verrà realizzato un ricco palinsesto di eventi inseriti nel public program #INSIDE che, attraverso l’incontro con personalità del mondo della cultura, consentirà di approfondire temi legati alle riflessioni scaturite dalla mostra. La Fondazione Compagnia di San Paolo collabora con le Gallerie d’Italia coinvolgendo nella realizzazione degli eventi correlati alla mostra diversi enti del territorio insieme ai quali è impegnata a costruire società più inclusive.

Il catalogo della mostra, realizzato da Edizioni Gallerie d’Italia | Skira, sarà disponibile da marzo 2023 in edizione italiana, francese e inglese.

Il museo di Torino, insieme a quelli di Milano, Napoli e Vicenza, è parte del progetto museale Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, guidato da Michele Coppola – Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici della Banca.

Un bacio, un mito. Dall’amor cortese a Doisneau. Gymnasium di Camera

I baci più famosi nella Storia dell’Arte

9 febbraio| ore 18.30 | Gymnasium di CAMERA

 

Giovedì 9 febbraio alle 18.30 è in programma a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografial’ultimo incontro del ciclo de “I giovedì in CAMERA”, appuntamenti aperti al pubblico dedicati alla mostra di grande successo che racconta lo sguardo e la sensibilità di Robert Doisneau, uno dei padri della fotografia del Novecento.

Nell’incontro si parlerà dei più conosciuti e interessanti baci della Storia dell’Arte, dall’amor cortese a Doisneau, attraverso le riflessioni del direttore di Palazzo Madama di Torino, Giovanni Carlo Federico Villa.

Si inizierà l’excursus proprio dal 9 marzo 1950, data in cui è stata scattata l’iconica fotografia di Doisneau Le baiser de l’Hotel de Ville: una costruzione quasi teatrale creata su misura per un reportage sugli innamorati parigini commissionato da “Life”. Si passerà poi attraverso un altro scatto di Doisneau di vent’anni dopo, 25 ottobre 1967, dove la Rivoluzione russa viene vista da Akademgorodok e non si capisce letteralmente cosa sia – il perfetto equilibrio tra uomo, natura e scienza nella città giardino – a illustrare un numero speciale de “La Vie Ouvrière”.

Robert Doisneau si rivela autore capace di cogliere la spontaneità dell’utopia in simbiosi con la natura e di costruire un’immagine rispettando le regole auree del perfetto equilibrio compositivo, rivelandosi, così, l’erede della grande tradizione iconografica europea, capace di saldare in uno scatto le suggestioni del Gotico internazionale con il Bacio di Hayez.

Protagonista dell’incontro è Giovanni Carlo Federico Villa, Direttore di Palazzo Madama, Torino e Professore associato di Storia dell’Arte Moderna Università degli Studi di Bergamo e Udine, in dialogo con Walter Guadagnini, direttore di CAMERA.

Intervengono:
Giovanni Carlo Federico Villa, Direttore di Palazzo Madama e Professore associato dell’Università degli Studi di Bergamo e Udine
Walter Guadagnini, Direttore di CAMERA

Ingresso a 3 Euro.

Per prenotazioni, www.camera.to.

Da Torino a New Delhi Capita a “Il Grande Vuoto”, la mostra prodotta dal “MAO”

Un grande orgoglio per Torino, per il suo “MAO – Museo d’Arte Orientale” di via San Domenico in primis e per la “Fondazione Torino Musei”, di cui il MAO è la pedina più recente (inaugurazione, nel 2008) di importante e riconosciuto prestigio.

Parliamo del trasferimento, avvenuto il 13 gennaio scorso, di parte della mostra “Il Grande Vuoto” – che ha dato il via (la scorsa primavera) alla direzione del Museo subalpino di Davide Quadrio, curatore della stessa mostra – verso l’India. Destinazione l’“Istituto Italiano di Cultura” di New Delhi. Dove, fino al prossimo 26 febbraio, della rassegna torinese, presentatasi sotto la Mole “come esperienza multisensoriale – parole dello stesso Quadrio – e come segno forte di speranza per un futuro che si rivela incerto e sconfortante”, saranno visibili alcune delle opere più significative presentate a Torino, fra cui una selezione di 40 immagini di “tulku”, realizzate dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri e che ritraggono i cosiddetti “Buddha viventi”, figure salvifiche la cui “mente di saggezza” rinasce in nuovi corpi per condurre l’umanità verso la salvezza e il “Grande Vuoto … verso la buddhità”. Non semplici ritratti fotografici, ma autentici oggetti di venerazione. Una raccolta iniziata oltre una decina d’anni fa dall’artista Paola Pivi che ha raggiunto il numero considerevole di migliaia di immagini e che costituisce quello che è oggi il più grande archivio di “tulku” al mondo. In mostra, da Torino a New Delhi, è arrivata anche la scultura “Dakini rossa”  dell’artista di origini liguri (Loano, 1969) Maurizio Anzeri.

Scultura terrifica a tecnica mista – filo di cotone e capelli sintetici, materiale a suo dire il più scultoreo di tutti, cuciti e tessuti insieme fino a diventare corpo solido – per la quale Anzeri s’è ispirato alla “Na-ro mkha’ – spyod – ma”, la “Dakini” (spiriti femminili dalla natura ferina quasi demoniaca, di tradizione hindu, IV sec. d. C., assistenti della dea Kali) esposta al MAO nella sezione dedicata al Tibet. La rassegna, promossa dall’“Istituto Italiano di Cultura”, prevede inoltre l’inserimento di alcuni contenuti nuovi e, in particolare, della performance “When I think of Her” della danzatrice Antonella Usai, realizzata su musiche di Vittorio Montalti e Park Jiha, in programma il 10 febbraio.

La partitura coreutica sarà in relazione proprio con l’opera “Dakini rossa”, “un dialogo – sottolinea Davide Quadrio – che porta, di rifrazione in rifrazione, dal ‘Grande Vuoto’ alla ‘dakini’ attraverso una gestualità fatta di movimenti pesanti, viscerali o iconici con richiami a una classicità indoeuropea”.

La tappa indiana de “Il Grande Vuoto” fa parte di un progetto di circuitazione internazionale, in collaborazione con importanti partner istituzionali che coinvolgerà tutti i progetti espositivi del Museo. “Il ‘MAO’ sta infatti costruendo – ancora Quadrio – moduli espositivi che possano essere adattabili a un concetto di collaborazione internazionale. Si tratta di un processo che, partendo da questa mostra, deve però e soprattutto coinvolgere le sue ‘Collezioni’, la vera ricchezza del Museo, su cui intendo investire e lavorare per renderle sempre più accessibili e fruibili”.

Per info: “MAO – Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

 Gianni Milani

Nelle foto:

–       “Tulku” e “Dakini rossa”

–       Davide Quadrio

“Edoardo Sanguineti. Il volto del poeta” alla “GAM” di Torino

Ritratti e altre opere dedicate al grande intellettuale genovese dai suoi “amici artisti”

Fino al 19 febbraio 2023

Il giorno successivo alla sua scomparsa, avvenuta a Genova (dov’era nato il 9 dicembre del 1930), un giornalista, ricordandolo, scrisse a ragione: “Tutta la sua faccia, i lineamenti, persino lo sguardo – come hanno detto altri – appartenevano a una simbologia poetica”. Era il 19 maggio del 2010. Il giorno prima, il 18 maggio, Edoardo Sanguineti, moriva nell’ospedale genovese di “Villa Scassi” e con lui scompariva una figura di “letterato a 360 gradi, fuori e dentro il mondo accademico”. Ci lasciava un grande uomo di cultura piena, un’intellettuale bizzarro e raffinato, fra i protagonisti d’eccellenza delle neoavanguardie letterarie del secondo Novecento. Scompariva fisicamente quell’ironica, scapigliata “immagine d’altri tempi” che ritroviamo nell’intenso misterioso ritratto a lui dedicato dal pittore cubano Manuel Antonio Rodriguez Puente dove la forza dello sguardo “è posta in primo piano rispetto al mezzo busto obnubilato, privato degli stessi occhi”, con quelle grandi mani ossute, protese in avanti, in una sorta di gesto magico o di difesa, a protezione di un volto dal sorriso sottile che pare manifestarsi dal nulla, accompagnato a quel mento ardito in atto d’“arrampicarsi verso il grande naso adunco”. Il dipinto di Rodriguez Puente è solo una delle oltre 40 opere – ritratti ma non solo, appartenenti alla ricca collezione privata di “Casa Sanguineti”  – accolte negli spazi della “Wunderkammer” della “GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea” di Torino e che magnificamente raccontano il forte legame d’arte e d’affetto che univa Edoardo Sanguineti – poeta, drammaturgo, critico letterario, traduttore e saggista, fra i membri fondatori dello sperimentale “Gruppo 63” nonché docente di Letteratura italiana a Torino, Salerno e a Genova – ai numerosi amici artisti che con lui condividevano la consapevolezza della stretta connessione fra parola scritta e immagine segnico-cromatica.

La celebrazione della sua figura, in una rassegna a cura di Clara Allasia e del figlio Federico Sanguineti, si colloca all’interno di “SanguiNetwork: ritratto del secolo breve”, progetto di rilevante interesse nazionale promosso dal “Centro Interuniversitario Edoardo Sanguineti” del “Dipartimento di Studi Umanistici” presso l’Ateneo torinese. Il percorso in mostra si propone proprio di ricostruire, non solo i legami d’amicizia, ma anche le fertili collaborazioni del poeta e intellettuale (nonché militante politico nelle fila del Pci – quando il Pci era ancora Pci – e deputato alla Camera fra gli indipendenti di sinistra dal ’79 all’ ‘83) con alcuni tra i più celebri artisti a lui contemporanei. “Il rapporto – dicono i curatori – si rivela pienamente solo guardando anche alle molte pagine che Sanguineti ha dedicato al mondo dell’arte: tra le immagini e la parola letteraria esiste per lui una relazione profonda”. Che svela, appunto, il “Volto del poeta”. In mostra, si diceva più di 40 opere: dall’aggressiva “Perpetual ikon” del genovese Francesco Pirella (firmatario nel ’95 con Sanguineti, Gillo Dorfles e Mario Persico del “Manifesto dell’Antilibro”) alla curiosa “carta” di Carol Rama che reca variamente il nome della celebre raccolta di poesia di Sanguineti “Laborintus”, il nome dell’amico poeta e una data, venerdì 24 novembre 1972.

E ancora, solo per citarne alcuni, da Emilio Vedova, al “nucleare” “Ritratto della famiglia Sanguineti” di Enrico Baj fino a Pietro Cascella a Ugo Nespolo e ai vigorosi brillanti giochi astratti di Albino Galvano, suo docente al Liceo “D’Azeglio” di Torino. Curiosità: a ciascuna opera s’affianca un testo di Sanguineti, frammenti di saggi, poesie, sonetti ma anche divertenti giochi di parole costruiti sui nomi degli artisti. Accanto alla “carta” di Carol Rama, leggiamo ad esempio: “Mi piace supporre […] che Carol rappresenti egregiamente il caso dell’artista che prova un brivido di spaventato sbalordimento dinanzi al primo materializzarsi del proprio immaginario più profondo, e a lungo studia, in faticoso esorcismo, di raffreddarlo, di aggirarlo, di proiettarlo neutralizzato in una catena di soluzioni equivalenti, ma rese controllabili e sopportabili”. E’ questa, in fondo, l’estrema fatica del fare arte. E poesia “che non è – come scriveva Sanguineti – una cosa morta, ma vive una vita clandestina”.

Gianni Milani

“Edoardo Sanguineti. Il volto del poeta”

Wunderkammer GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

Fino al 19 febbraio 2023

Orari: dal mart. alla dom. 10/18; chiuso il lunedì

Nelle foto:

–       Manuel Antonio Rodriguez Puente: “Edoardo Sanguineti – Fragmenti de una obre”, 2022

–       Francesco Pirella: “Perpetual ikon per Edoardo Sanguinetti (Gatti lupeschi)”, 2011

–       Carol Rama: “Senza titolo”, 1972

–       Enrico Baj: “Ritratto della famiglia Sanguineti”, s. d.

Il Bosco o la Giungla? La costruzione di una maschera di carnevale in realtà aumentata

Palazzina di Caccia di Stupinigi (TO)

Domenica 12 febbraio, ore 15

 

Per Carnevale, alla Palazzina di Caccia di Stupinigi si giocherà, domenica 12 febbraio, con gli animali delle decorazioni delle sale per la costruzione di una maschera di carnevale.

Con la fotocamera del proprio smartphone, si potrà rivivere la storia in un’esperienza totalmente immersiva e nuova. Con Benedetta Frezzotti è in programma un laboratorio per la costruzione della propria maschera come se fosse un’animazione tridimensionale attraverso la realtà aumentata di Meta.

Per partecipare al laboratorio è necessario un cellulare con installata una versione aggiornata di Instagram o Facebook.

 

BENEDETTA FREZZOTTI

Illustratrice, autrice e docente di nuove tecnologie. Autrice e consulente per Pearson, ha collaborato con i più importanti editori italiani. Vive e lavora a Milano, mentre le sue storie viaggiano tra Belgio, Messico, Emirati Arabi e Italia. Attualmente è autrice e curatrice della collana AKAbook, Edizioni Piuma.

 

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (TO)

Domenica 12 febbraio, ore 15

Il Bosco o la Giungla?

Visita alla Palazzina e laboratorio in sala dedicata

Durata: 2 ore e 15 minuti circa

Costo dell’attività: 8 euro, oltre il prezzo del biglietto

Giorni e orario di apertura: da martedì a venerdì 10-17,30 (ultimo ingresso ore 17); sabato, domenica e festivi 10-18,30 (ultimo ingresso ore 18).

Biglietti: intero 12 euro; ridotto 8 euro

Gratuito: minori di 6 anni e possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Royal Card

www.ordinemauriziano.it

Info e prenotazioni: 011 6200634 biglietteria.stupinigi@ordinemauriziano.it

Abraham Brueghel raccontato da Cottino al Centro Pannunzio

LUNEDÌ 6 FEBBRAIO ALLE ORE 17.30

al Centro  Pannunzio in via Maria Vittoria 35H a Torino Alberto COTTINO, docente di Storia dell’Arte alla Università di Torino e Bologna, presentando il suo libro “ABRAHAM BRUEGHEL”, edizioni etgraphiae, parlerà del grande pittore, nato ad Anversa e vissuto prevalentemente in Italia. Introdurrà Pier Franco QUAGLIENI.

Il Grande Fiume in fotografia

Si è svolta a Casale Monferrato, la mostra fotografica personale di Simonetta Guaschino e Maurizio Lupano, visitabile nei fine settimana dal 14 al 29 gennaio 2023.

La fotografa casalese, titolare tra l’altro di un’edicola al quartiere Priocco, da molti anni pratica la fotografia nel tempo libero, con il marito Maurizio Lupano. L’ esposizione fotografica prende il titolo ”Un Po tutti i giorni” nel Torrione del Castello di Casale Monferrato. Visibilli un centinaio di scatti, della poliedrica paesaggista e ritrattista monferrina. Nei giorni della pandemia, durante il lockdown, appena poteva staccava dal lavoro e con il marito, il mattino presto all’alba e sovente anche nelle ore della sera al tramonto e del pomeriggio, con una macchina fotografica reflex, si recava sulle rive del fiume Po, ai murazzi di Casale Monferrato, a riprendere con sguardo curioso e inusuale la natura circostante, fatta di piante e fitti boschi, radure e scorci mozzafiato.

Fino a farle venire l’idea di una mostra, quando cessato il tempo dell’emergenza e ritornata la normalità del post covid-19, anche la vita sociale ha ripreso vigore. Un giorno mi disse che «un’edicola è uno sguardo sul mondo» un punto di osservazione privilegiato, che aiuta l’occhio fotografico a visualizzare il mondo sociale. Luogo tra gli altri, affacciato sulle persone e le cose del quotidiano. Un diaframma panoptico sulla realtà, dove addestrare l’occhio visuale ad estrarre i soggetti della ripresa e il successivo utilizzo della macchina fotografica. Influenzata dallo stile del veneziano Fulvio Roiter e del francese Henry Cartier Bresson, la fotografa casalese non è nuova a mostre personali, nel monferrato e altrove. Ha praticato l’insegnamento della fotografia e con il consorte scatta, stampa, ingrandicse e cura la realizzazione delle immagini. Ha un profilo Facebook e uno Instagram sempre aggiornati e consultabili. Il soggetto paesaggistico invita il fruitore dell’esposizione, a visitare i luoghi fotografati con le luci fredde delle prime luci del mattino o quelle più sature e cromatiche del crepuscolo.


Il fiume è metafora della vita e della storia, ha animato la riflessione spirituale induista e buddista ( il Gange), la riflessione storico- letteraria  ( Riccardo Bacchelli, il mulino del Po), la cinematografia etnografica con Cesare Zavattini, il pensiero politico in Mao Tze Dong e moltissimi altri ambiti e autori. E chiudo con questo aforisma, da uno scrittore immortale:

« Ad ascoltare mi ha insegnato il fiume, e anche tu imparerai da lui. Lui sa tutto, il fiume, tutto si può imparare da lui. Vedi, anche questo tu l’hai già imparato dall’acqua, che è bene discendere, tendere verso il basso, cercare il profondo».

Hermann Hesse, Siddhartha, 1922.

ALDO COLONNA