ARTE- Pagina 69

In mostra a Torre Pelłice le opere di Beny Giansiracusa

Nell’ambito dell’esposizione “Generating Freedom”, un inno alla libertà in vista del 25 aprile

Lo spazio espositivo dedicato all’artista Beny Giansiracusa si anima da sabato 22 aprile a domenica 14 maggio prossimi, presso l’Associazione della Decima Arte “Ada” che propone a Torre Pellice, patria valdese , presso lo spazio culturale a lui dedicato, in via Repubblica 6, l’esposizione “Generating Freedom”(generare la libertà). La mostra tratta opere uniche e molteplici serigrafie sul Tricolore e non solo, a firma di Beny Giansiracusa , notoesponente della decima arte presieduta da Chiara Griglio.

L’ingresso è libero.

L’Associazione detiene la catalogazione e la competenza dell’Archivio di tutte le opere geografiche dell’artista, unitamente alla loro certificazione e autenticità, mentre il fotografo Antonio Attini è responsabile della collezione Beny Giansiracusa e il referente per i contatti relativi alle opere.

Presso lo spazio culturale di via Repubblica 6, si terrà un’esposizione dal titolo “Genereting Freedom”, vale a dire “Generare la libertà”, una serie di opere uniche e moltepliciserigrafie sul tricolore a firma di Giansiracusa.

L’artista torinese, mancato nel 2022, ha prodotto molteplici lavori in omaggio alla bandiera italiana.

Dalla Fiat 500 del 1957  al David di Michelangelo risalente al 1504, alla Venere del Botticelli del 1486, le rivisitazioni di Giansiracusa declinano, attraverso una carrellata immaginifica di varie centinaia di anni, le incarnazioni del vessillo che è il simbolo e la volontà di unificazione della Nazione italiana.

In vista della apertura infrasettimanale presso la sede di Ada, in virtù dei festeggiamenti nazionali di martedì 25 aprile, un allestimento tematico di suoi grandi lavori esposti a vetrina non mancherà di stupire i visitatori.

Inoltre, per una sola giornata, sarà presente una proposta ospite curata dal fotografo Antonio Attini, responsabile della collezione di Beny Giansiracusa, offerta valida solo per i giovani fino a 35 anni di età. Questa proposta sarà rivolta ai nascenti collezionisti che vogliono portarsi a casa la prima opera del noto serigrafo, una tiratura limitata su plexiglass dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, col numero prezioso svettante sulla bandiera tricolore.

Altro evento focus della mostra è quello di sabato 6 maggio in orario 15-18, in occasione della Giornata Mondiale del Colore, in cui la presidente di ADA Chiara Griglio introdurrà, insieme alladirettrice artistica Monica Nucera Mantelli, le opere in sede, collegandole al Word Kids Coloring Day. Questa ricorrenza è natanel 2008 per sensibilizzare i bambini verso i coetanei meno fortunati che non hanno la possibilità di vedere il mondo a colori. L’appuntamento gratuito è aperto a tutti e consentirà di parlare del significato dei colori nell’arte, da Goethe a Kandinsky, ispirandosi al noto esponente della Decima Arte.

Il 14 maggio, in occasione della tradizionale Festa della Mamma, si terrà una performance tra danza, prosa e poesia, coinvolgendo alcuni teatrodanzatori e componenti del direttivo di ADA. Sarà abbinata alle opere di Giansiracusa, che ritraggono donne-icona o che sono state madri o figure genitoriali generatrici di bellezza come Sophia Loren e Penelope Cruz.

Per sottolineare maggiormente l’adesione di ADA ai fondamentali principi annessi ai diritti umani e alla pace tra i popoli, per tutto il periodo dell’esposizione  la balconata esterna sarà addobbata da una ghirlanda di bandierine in rappresentanza della necessaria fratellanza tra i Paesi del mondo.

Il titolo della mostra “Generating Freedom” è  una sorta di slogan manifesto di pensiero dell’associazione, in quanto generare libertà  significa  offrire alle persone strumenti culturali per capire il senso dei valori della vita.  L’Associazione ADA vuole sintetizzare il raccordo tra la libertà e la  capacità  di generare nuova vita, unire simbolicamente l’evento del 25 aprile, annesso alla festa della Liberazione, al 14 maggio, giorno in cui ricorre la Festa della Mamma, passando per l’appuntamento mediano del colore, che si celebra il 6 maggio.

MARA MARTELLOTTA

 

Mostra di Beny Giansiracusa.

Torre Pellice, spazio culturale di via della Repubblica 6

La libertà raccontata a colori

Nella Corte Medievale di “Palazzo Madama”, le immagini di quattro giovani illustratori italiani in occasione di “Biennale Democrazia 2023”

Fino all’8 maggio

Quali sono i colori – e le forme – della “libertà”? E come può la “libertà” essere raccontata attraverso i linguaggi, i più vari, dell’arte visiva? Di certo non esistono, né sono mai esistiti, cliché univoci per trasmettere il concetto di “libertà”. L’arte è di per sé stessa “libertà”. Avventura senza regole, né dogmi prestabiliti. Fatto salvo l’abbicci di base. “La pittura – diceva Picassoè più forte di me; mi costringe a dipingere come vuole lei”. Per il romantico Delacroix, “libertà” era la sua iconica Marianne (“La libertà che guida il popolo”) dai seni scoperti, fra le mani il Tricolore e il fucile, alla guida del popolo e simbolo della Rivoluzione francese; per la contemporanea artista americana Calida Garcia Rawles, “libertà” è lo splendido luccichio delle sue acque, del suo mare in cui l’artista di Los Angeles ama immergere i corpi delle sue donne e dei suoi uomini afroamericani. Varie dunque e totalmente libere e singolari le interpretazioni.

Le forme. I colori. Su questo principio si muove la collettiva “I colori della libertà”, ospitata fino a lunedì 8 maggio, nella Corte Medievale di “Palazzo Madama” a Torino, in occasione di “Biennale Democrazia 2023” (dal titolo quest’anno “Ai confini della libertà”) di cui il Museo di piazza Castello ospiterà quattro degli oltre cento incontri. E di qui l’idea di commissionare a quattro giovani illustratori italiani, di profilo artistico internazionale, una serie di opere realizzate intorno al percorso tematico “Immaginare la libertà”, declinato secondo i quattro elementi naturali comuni a tutte le cosmogonie: aria, acqua, terra e fuoco. Su questo comune fil rouge, troviamo così esposte, in ordine, le illustrazioni del bolognese (oggi residente a Roma) Manfredi Ciminale – autore per Einaudi, Il Saggiatore, L’Espresso, Il manifesto e Linus – del molisano di Matrice Antonio Zeoli – illustratore e fumettista per Rai, Mondadori, Rizzoli Lizard, Feltrinelli, Sergio Bonelli Editore – del bergamasco (residente a Milano) Luca Font – artista per la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Galleria Campari – e di Elisa Talentino – tra i cui principali committenti vi sono The New Yorker, The New York Times, The Washington Post e Corriere della Sera. Quattro artisti per “suggerire l’avvio di un percorso – dicono i responsabili – che possa stimolare il visitatore a una riflessione sulla rappresentazione della libertà nelle arti, dalla letteratura alla musica, dal cinema alla televisione, dalla pittura alla scultura e all’architettura”. Ad affiancare le loro opere, altre 11 illustrazioni, in un allestimento che riprende in parte quanto commissionato nel 2022, in occasione della sessione annuale del “Comitato Interministeriale per gli Affari Esteri” a Torino, con il progetto “Europa. L’illustrazione italiana racconta l’Europa dei popoli”. Ecco allora la “Libertà” illustrata da Camilla Falsini, il “Rispetto della dignità umana” da Elisa Seitzinger, l’“Uguaglianza” da Andrea Serio, la “Democrazia” da Anna Parini, il “Rispetto dei diritti umani” da Irene Rinaldi e lo “Stato di diritto” da Francesco Poroli. Per proseguire con “Palazzo Madama”, disegnato da Matteo Berton, che sottolinea come l’edificio interpreti più di ogni altro, con i suoi duemila anni di storia, l’identità europea – da sede del Senato del Regno d’Italia, che nel 1861 fa l’Italia, per ospitare cent’anni più tardi la firma della “Carta Sociale Europea” – e poi la “Torino” multiculturale, culla del Risorgimento e dell’indipendenza nazionale nel lavoro di Francesco Bongiorni e il “Piemonte”positivista dell’alessandrino Riccardo Guasco.

Due opere, infine, chiudono il percorso: la “Cultura”, nell’interpretazione di Emiliano Ponzi, e la “Pace” nella lettura di Bianca Bagnarelli. “Due opere necessarie– sottolineano ancora i responsabili –  a sviluppare un progetto che avrà una funzione didattica per gli istituti comprensivi di Torino e del Piemonte, oltre a integrare ‘L’aula che vorrei’– l’innovativo programma di Palazzo Madama che trasferisce l’aula in Museo – e stimolare ulteriori cicli di conferenze, incontri a tema e laboratori quali eventi collaterali di questa operazione, che vede un museo civico divenire committente di giovani illustratori italiani di fama internazionale, costruendo un dialogo tra la sua storia millenaria e il linguaggio grafico dell’illustrazione”.

Gianni Milani

“I colori della libertà”

Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica, piazza Castello, Torino; tel. 011/4433501 o www.palazzomadamatorino.it

Fino all’8 maggio

Orari: lun. e da merc. a dom. 10/18; mart. chiuso

Nelle foto:

–       Illustrazioni di Luca Font “Libertà della terra”, Antonio Zeoli “Libertà dell’acqua, Elisa Talentino “Libertà del fuoco”, Manfredi Ciminale “Libertà dell’aria”

–       Matteo Berton: “Palazzo Madama”

–       Riccardo Guasco: “Piemonte”

Vincenzo Buonaguro e Vanni in mostra alla Telaccia

Due gli artisti protagonisti della collettiva in programma da martedì 18 aprile, curata da Monia Malinpensa

 

Vincenzo Buonaguro e Vanni sono i protagonisti della mostra che la galleria Malinpensa by Telaccia dedica a due interessanti personalità del mondo dell’arte, visitabile da martedì 18 al 29 aprile prossimo.

Vanni vive e lavora in terra umbra, contornato da una natura incontaminata, capace spesso di suggerire trame artistiche che vengono poi narrate con una profonda cromaticità, legata alla luce mediterranea, appartenente alle proprie radici. Dopo i primi studi a Roma, Vanni ha perfezionato il suo percorso storico a Parigi, città in cui ha vissuto parecchi anni.

Vanni è un artista che anima il suo cromatismo lirico facendo uso di un piano estetico e della ricerca di una materia assolutamente originale, dando vita a un acconto fortemente emotivo e di intima riflessione, che affascina lo spettatore.

La pittura di Vanni recupera il senso dell’immagine in un’atmosfera intrisa di silenzio e di pace, all’insegna di un messaggio continuo e immediato di amore per la vitae per tutto quello che circonda l’artista.

L’inesauribile spontaneità, la verità di ambientazione e la raffinata sensibilità cromatica presenti nella sua opera aderiscono ad un modulo compositivo figurativo che sconfina nell’astrattismo, pur confermando una narrativa pittorica di notevole evoluzione, condotta con una trasposizione fantasiosa.

Il colloquio da parte dell’artista con la natura è costante e suscita emozione e particolare interesse, dando vita a un’incantevole poetica da cui ne scaturisce un’interpretazione di grande analisi e di viva consapevolezza.

Vincenzo Buonaguro, nato a Nola e laureatosi in Medicina e Chirurgia, ha approfondito i suoi studi artistici presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e con il professor Giuseppe Spinoccia.

Egli predilige gli artisti italiani rivolti verso un’arte spirituale.

La sua prospettiva coincide con il motto che “Dio dà luce e non viceversa”.

Non è facile per l’essere umano accettare che un giorno tutto finirà, senza avere la certezza di cosa lo aspetti in seguito. L’artista, però, può, associando l’arte a Dio, cercare la luce di una salvezza che proviene dalla religione, seguendo il modello di Chagall nelle sue opere in bilico tra la vita di tutti i giorni e il progetto salvifico di Dio.

Ma di analoghi esempi di artisti, filosofi e pensatori ce ne sarebbero a migliaia.

L’artista Vincenzo Buonaguro ha voluto utilizzare una “Cripta”, uno spazio apparentemente chiuso e claustrofobico per raggiungere una luminosità interiore visibile anche ad occhi chiusi, affidandosi alla preghiera e alla lode del Signore.

Così la Cripta si trasforma in un luogo di luce artistica e interiore, arioso di aperture e voli mentali, dove non occorrono macchine o accessori di lusso. Basta creare opere vicine all’uomo, utilizzando aria, fiumi, fiori e preghiere.

D’altra parte nella storia dell’arte traspare spesso nelle opere l’anelito a qualcosa di superiore e di salvifico.

L’uomo non arriva alla perfezione, deve accontentarsi di tutta la sua imperfezione, che non scade in una merasciatteria, nel senso di “non cura delle cose”, ma che consiste, invece, nell’impossibilità di elevarsi dalla propria piccolezza umana pur nella ricerca di un Ente supremo e perfetto. E l’artista non deve arrendersi per cercarlo.

Forse solo così si può sperare di avere quella serenità e quella forza che ci permettono di affrontare le dure prove della vita.

 

La mostra, a cura di Monia Malinpensa, è visitabile presso la galleria d’arte Malinpensa by Telaccia dal martedì al sabato dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.

Festivi e lunedì chiuso.

La galleria è in corso Inghilterra 51, a Torino.

 

MARA MARTELLOTTA

Alberto Moravia, gli amici, le scelte e gli scritti d’arte

Alla GAM, sino al 4 giugno, con la collaborazione del Circolo dei Lettori e del Museo del Cinema

Non ha dubbi Elena Loewenthal che con Luca Beatrice ha curato “Alberto Moravia. Non so perché non ho fatto il pittore”, visitabile nello spazio Wunderkammer della GAM sino al 4 giugno, una trentina di opere pittoriche racchiuse nel giudizio artistico del grande scrittore: “La mostra è un altro grande romanzo moraviano”. Una mostra che non tiene per nulla conto di anniversari, che esula dai contorni stabiliti, che non è freddamente celebrativa, ma una mostra “fuori da ogni anniversario, dal momento che non c’è bisogno di una data per riprendere un omaggio ad uno scrittore ed intellettuale – anche se Moravia amava assai poco il termine” – che ha attraversato un secolo imprimendo un’orma ben precisa non soltanto di scrittore che amava Proust e Dostoevskji ma altresì di giornalista, sceneggiatore e drammaturgo, saggista, critico cinematografico e instancabile reporter di viaggio, politico, esprimendo appieno il vasto panorama dei propri interessi. Una mostra che ha visto la collaborazione (“abbiamo fatto rete e questo è davvero un punto d’eccellenza per la città”) della Fondazione Circolo degli Artisti, della GAM e del Museo Nazionale del Cinema, a cui si sono uniti l’Associazione Fondo Alberto Moravia, Bompiani storico editore e le Gallerie d’Italia.

La mostra – il cui titolo riecheggia quello del volume composto da Alessandra Grandelis intorno alle critiche d’arte dell’autore della “Noia” tra il 1934 e il 1990, anno della scomparsa -, accompagnata da un efficace catalogo edito da Silvana Editoriale, apre uno sguardo nuovo, una gamma di giudizi espressi soprattutto su artisti amici, Enrico Paulucci e Carlo Levi (suo un ritratto “modiglianesco” dello scrittore del ’30: “Alla fine dunque bisognerà pur chiamare Levi un espressionista?… Si potrebbero fare vari nomi a proposito dell’”espressionismo” di Carlo Levi: da Van Gogh a Modigliani, da Soutine a Kokoschka. Ma sarebbero puri riferimenti indicativi; poiché, come abbiamo detto, Levi ha fatto sue queste e altre non meno importanti esperienze trovando ‘belli’ via via Modigliani, Van Gogh, Soutine, Kokoschka e quanti altri ai quali, come un viandante tranquillo che cammini placido e sicuro di sé – e con un mezzo sigaro in bocca -, ha chiesto qualche indicazione per la strada da seguire.”) in primo luogo, sull’incontro con i Sei di Torino, sulla frequentazione di Renato Guttuso e Mario Schifano, sui nomi di Titina Maselli (con i suoi “occhi grandi e attenti spalancati sul reale” di cui ama i colori “acerbi, chimici, squillanti”), sorella di Citto, lui pronto a trascrivere per lo schermo “Gli indifferenti” con una Claudia Cardinale venticinquenne, e Giosetta Fioroni, legata in quegli anni a Guido Piovene, “rifiutando Burri e Fontana, ignorando l’astrattismo, preferendo il racconto delle immagini figurative”, sottolinea Luca Beatrice. Ma trovano anche spazio, tra gli altri, Giacomo Manzù e Leonor Fini, Mario Lattes e Mino Maccari, Giuseppe Capogrossi (“esiste una pittura pura, come la poesia pura? Se esiste, Capogrossi ne è uno dei cultori più accreditati”) e Mario Mafai e Piero Guccione, Antonio Recalcati e Gisberto Ceracchini, autori questi ultimi di due ritratti datati 1987 e 1928, la vecchiaia e la gioventù, un Moravia sempre ombroso, sfuggente. Scriveva Moravia in “Corriere della sera” nel marzo dell’88: “Ma qui comincia il mistero, almeno per me, dei pittori. Come fanno a trasmutare la loro visione del mondo non già come si presenta alla mente, cioè con le parole, ma in immagini, in pittura? Che cosa è successo per esempio nella mente di Recalcati quando ha ripreso nel ritratto, che mi ha fatto con evidente compiacimento, il gesto con il quale appoggio il mento sulla palma della mano? E perché mi ha fatto gli occhi di un colore diverso, più scuro (ho gli occhi che tirano al verde), dell’originale?” Mentre Raffaele La Capria, forse ripensando al ritratto di Ceracchini, nel 2016 scriveva: “Quando ripenso ad Alberto Moravia… io mi sorprendo inevitabilmente a fissarlo in due atteggiamenti: uno è una specie di broncio da ragazzino ingiustamente punito; l’altro una specie di rischiaramento del volto e degli occhi che precedeva un sorriso così disarmante da cogliermi sempre impreparato. In tutt’e due gli atteggiamenti ritrovo l’adolescente che per me era Moravia.”

Articoli per quotidiani, come “La Gazzetta del Popolo” (iniziò nel ’33, tre anni prima alla “Stampa” diretta da Curzio Malaparte, dal ’55 “L’Espresso” lo arruolò per una rubrica di critica cinematografica), presentazioni in catalogo, prefazioni, collaborazioni diffuse. Una passione, un interesse coltivato già negli anni giovanili, tra le mura di casa, dove respirava la vicinanza, in un ambiente borghese, ricco di cultura, del padre architetto e pittore di origini veneziane, dove la sorella Adriana, formatasi con Mafai e Scipione, cresceva per divenire un’artista “di una certa levatura nell’ambiente romano”: “Adriana è un’artista, fin da quando era piccola ha sempre dipinto. Ricordo che da principio faceva dei quadri accademici. Poi è diventata una pittrice vera, un po’ nella scuola di Matisse, e da allora non ha cessato di svilupparsi e di affermare una sua personalità molto originale.”

Affiancandosi allo spazio della GAM, all’assorbimento da parte di quanti vorranno visitare la mostra dei tanti giudizi affettuosi, chiari, netti, intrisi di una introspezione sempre ricca di parole estremamente soppesate, il mondo moraviano prenderà corpo al Circolo dei Lettori con “Nato per narrare: riscoprire Moravia”, una serie di incontri che vedranno al tavolo dei relatori persone di spicco, che in vario modo, nel presente e nel passato, si sono avvicinati a quel mondo: da Dacia Maraini a Carmen Llera Moravia (ad intervistarla Alain Elkann, 9 marzo alle Gallerie d’Italia), Elena Stancanelli che legge l’amore in Moravia nella lectio “L’insudicia amore”, come Umberto Saba definiva il gesto amoroso, le relazioni, il sesso nell’opera moraviana (14 marzo), Alberto Albinati “a partire da alcuni libri dello scrittore passa in rassegna le modalità con cui la scrittura tenta di rendere la fisicità, la sensualità, la consistenza e resistenza materiale di ciò che per sua natura non è traducibile in parole” (17 marzo), Camilla Baresani racconta i viaggi dello scrittura con “Moravia, il nostro Chatwin” (21 marzo) mentre Elena Loewenthal guiderà una “Maratona Moraviana” snodata in tre filoni, pensiero arte corpo, in compagnia di René De Ceccatty, Giorgio Ficara, Alessandro Grandelis, Luca Beatrice e Giorgio Papi. Tangram Teatro proporrà “Io ed Elsa”, uno spettacolo con Bruno Maria Ferraro e Patrizia Pozzi per la regia di Ivana Ferri, sul rapporto tumultuoso tra la Morante e Moravia. Ultimo appuntamento il 20 maggio, all’interno del Salone del Libro, il premio Pulitzer Jhumpa Lahiri ragionerà sulla dimensione oraziana dello scrittore nella lectio “Moravia è un autore classico?”

Necessario era anche un angolo a racchiudere un assaggio del cinema “di” Moravia, esiguo se si pensa che i film tratti da romanzi e racconti dello scrittore sommano a una quindicina, territorio più che appetitoso, con alterne riuscite, per sceneggiatori e registi. Ovvero si sentirà la mancanza di opere come “La romana” di Luigi Zampa, che aveva tra gli sceneggiatori Bassani e Flaiano, e de “La provinciale” di Soldati, grandi successi targati Lollobrigida, o della “Donna invisibile” di Paolo Spinola con una magistrale Giovanna Ralli. Ecco allora nell’atrio del cinema Massimo tredici scatti firmati da Angelo Frontoni e ripresi a Capri sul set del “Disprezzo” di Jean-Luc Godard con la Bardot. La pellicola (in programma il 14 marzo) si unisce a “Il conformista” di Bertolucci (12 marzo), a “La Ciociara” di De Sica (26 marzo) e a “Gli indifferenti”, ritratto impietoso di una famiglia degli anni Venti, attorno al rampollo Michele Ardengo, in un girotondo di noia e di ipocrisie, di disfatte morali, di perfide meschinità, di disfacimenti personali, di un vuoto che offriva nelle pagine del romanzo una visione estremamente moderna. Moravia iniziò a scriverlo nel 1925, durante la sua permanenza nel sanatorio di Bressanone. Lo pubblicò nel 1929, a spese proprie, aveva soltanto ventun’anni.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Elisabetta Catalano, “Alberto Moravia”, 1970, Torino, GAM; Gisberto Ceracchini, “Ritratto di Moravia giovane”, 1928, Roma, Casa Museo Alberto Moravia; Carlo Levi, “Ritratto di A. Moravia”, 1930, Roma, Casa Museo Alberto Moravia; Antonio Recalcati, “Ritratto di Moravia”, 1987, Roma, Casa Museo Alberto Moravia; Enrico Paulucci, Venezia Canal Grande”, 1932, Torino, GAM; Titina Maselli, Tramonto nello stadio”, 1973, Torino, GAM.

“Resistenze. L’Italia monumentale del 25 aprile”

A “Palazzo Madama”, la “Festa della Liberazione” attraverso la memoria delle grandi opere “resistenziali” illustrate da Giovanni Carlo Federico Villa

Mercoledì 19 aprile, ore 17

Una grande lastra in bronzo. Sul lato frontale sono rappresentati un giovane appeso a testa in giù e, accanto a lui, una donna, moglie o madre sopravvissuta, sagoma di dolore illimitato ma raccolto e mano sinistra protesa in un’ultima pietosa carezza. Sul lato opposto troviamo invece un testo poetico dello stesso grande scultore, cui si deve l’opera: “Partigiano ti ho visto appeso immobile. Solo i capelli si muovevano leggermente sulla tua fronte. Era l’aria della sera che sottilmente strisciava nel silenzio e ti accarezzava, come avrei voluto fare io”. Giacomo Manzù, 25 aprile. Al celebre scultore bergamasco, fra i più grandi artisti del secolo scorso, si deve infatti la realizzazione del “Monumento al partigiano” donato alla sua città natale nel 1977, in memoria dei suoi genitori e di tutti gli eroi e martiri della nostra Resistenza. Fra le opere d’arte più iconiche e fondamentali, quella di Manzù permette una lucida poetica lettura e interpretazione visiva di quell’eroica Lotta di Liberazionedall’oppressione nazi-fascista che determinò, a costo di enormi sacrifici di vite umane, la nascita della nostra Italia libera e repubblicana. Il “Monumento” sarà ricordato e indagato, nei suoi risvolti artistici e storici, insieme ad altri non meno illustri e famosi, nella Conferenza organizzata in occasione del “25 aprile – Festa della Liberazione” nella “Sala Feste” di “Palazzo Madama- Museo Civico d’Arte Antica” a Torino, mercoledì 19 aprile (ore 17), nell’ambito della Conferenza tenuta da Giovanni Carlo Federico Villa, storico dell’arte docente all’“Università di Bergamo” e preposto alla “direzione scientifica” dello stesso “Palazzo Madama”, dal titolo: “Resistenze. L’Italia monumentale del 25 aprile”. Accanto al Monumento di Manzù non si potrà mancare di riflettere su alcune delle molte altre opere dedicate in territorio italiano, al tema “resistenziale”. Prime fra tutte quelle di Umberto Mastroianni a Cuneo e a Torino: il“Monumento alla Resistenza” ( “un’esplosione di cristallo” , formata da cunei in bronzo di diverse forme e dimensioni, sostenuta da un traliccio in acciaio, 20 metri per 17), realizzato dall’artista-partigiano di Fontana Liri e inaugurato nel ’69 a Cuneo (città Medaglia d’oro al valore militare) all’interno del parco omonimo che si affaccia sul Viale degli Angeli, all’altezza di corso Dante e “Il Monumento ai Caduti della Libertà” realizzato da Mastroianni (su progettazione di Carlo Mollino) nel 1948, primo monumento commemorativo realizzato in un’area adiacente al viale principale del “Cimitero Monumentale” di Torino. L’opera si compone di due grandi blocchi in pietra: un massello di base in serpentinite che rappresenta il patriota martoriato e una stele in marmo bianco che raffigura lo “spirito libero”.

L’intera composizione è poi racchiusa da un muro perimetrale in blocchi di pietra sbozzata in sienite della Balma. Bergamo, Cuneo, Torino. Ma non solo. Le parole di Villa non mancheranno di sfogliare altre pagine, più o meno illustri, della nostra “Resistenza” raccontata in arte. Portandoci, ad esempio, alla Rotonda del Boschetto” di via Pindemonte (nel Parco del Ferdinando) a Trieste, dov’è collocata un’opera aniconica, in cemento verniciato di bianco, che ricorda la figura e l’esempio di Alma (Amabile) Vivoda, probabilmente la prima partigiana cadutadella nostra resistenza. Vittima di un deplorevole atto vandalico nel settembre del 2022, é uno dei rarissimi monumenti dedicati a una donna in Italia e, come tante celebrazioni dei partigiani e della Resistenza, “la sua collocazione è stata assai tormentata, in un Paese che fatica a fare i conti con il proprio passato”. Come è evidente in tante vicende, a partire da quella intorno al paradigmatico “Monumento al Partigiano”, realizzato fra il 1954 e il 1956 da Marino Mazzacurati (su progetto di Guglielmo Lusignoli), collocato nell’area intorno al “Palazzo della Pilotta” di Parma, dove una coppia di figure incarna i due momenti rappresentativi della Resistenza: nell’immagine del fiero partigiano armato, la lotta e l’eroismo, e in quella del partigiano caduto, il sacrificio e il martirio, negato e vilmente irriso in un attentato nel 1961, dopo che al suo concepimento avevano aderito le massime autorità della Repubblica. E, dopo Parma, il viaggio in Italia toccherà altri luoghi emblematici come la Bologna del “Monumento al Partigiano e alla Partigiana”, una coppia di statue bronzee realizzate da Luciano Minguzzinel 1947 con il bronzo fuso dalla statua equestre di Mussolini proveniente dal “Littoriale Felsineo” (e a sua volta ricavata dal metallo dei cannoni sottratti agli Austriaci nel 1848). E poi la Venezia del “Monumento alla partigiana veneta”, voluto per non dimenticare il prezioso contributo delle donne alla liberazione della città dal nazifascismo: Leoncillo Leonardi esegue l’opera in ceramica policroma che, posizionata ai “Giardini Napoleonici” su un basamento concepito da Carlo Scarpa, viene distrutta nella notte tra il 27 e il 28 luglio del 1961 da un attentato. Una nuova statua sarà commissionata ad Augusto Murer, che realizza in bronzo l’immagine di una donna caduta, la “Partigiana”, il corpo riverso affiorante dall’acqua, le mani legate accanto al viso.

Ingresso libero, fino ad esaurimento posti. Prenotazione consigliata: tel. 011/4429629 o madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Giacomo Manzù: “Monumento al Partigiano” (part.), 1977, Bergamo

–       Giovanni Carlo Federico Villa

Spazio 44, due donne protagoniste dell’arte: Angela Calcagni e Claudia Converso

RITRATTI TORINESI

A Torino, nel cuore di Borgo Nuovo

 

Le donne e l’arte sono un connubio spesso vincente e a dimostrarlo sono due artiste che hanno aperto, alla fine dello scorso anno 2022, uno spazio artistico vitale, lo Spazio 44, sito in via Maria Vittoria 44, in pieno Borgo nuovo.

Sono Angela Calcagni e la socia Claudia Converso, che hanno desiderato creare uno spazio che non fosse solo espositivo delle opere degli artisti più interessanti appartenenti al panorama nazionale e internazionale, ma anche un luogo che potesse diventare di contaminazione tra le diverse espressioni artistiche, figurative, il teatro, un mix tra antico e moderno concentrato nel cuore di Torino, in cui alla sezione espositiva si potessero accompagnare il laboratorio e il bookshop.

La prima mostra che hanno ospitato è stata quella delle opere di Bruno Zanichelli. Spazio 44, inaugurato venerdì 2 dicembre scorso, ha voluto recuperare un locale da tempo inutilizzato per rivitalizzare l’ambiente artistico torinese, nella convinzione che l’arte possa migliorare la qualità di vita, creare un fil rouge con altre espressioni artistiche come la musica e il cinema, diffondendo sensazioni nuove.

La prima mostra presso la galleria è stata quella dedicata a Bruno Zanichelli e inaugurata alla presenza di Edoardo di Mauro, Presidente dell’Accademia Albertina di Belle Arti.

Figura di spicco nella pratica artistica degli anni Ottanta, grazie a una straordinaria capacità di azzerare la differenza presente tra gli elementi culturali alti e quelli bassi, Bruno Zanichelli ha dato il via a una serie di mostre che vedranno anche la partecipazione di Angela Calcagni quale artista protagonista.

Angela Calcagni e Claudia Converso hanno quindi da subito rivolto la loro attenzione alla ricerca underground, realizzando proposte artistiche originali e conformi e ottenendo un immediato e duraturo successo.

La scelta dell’ultimo artista in mostra, il primo di questa sezione di esposizioni primaverili, nasce dall’amore delle galleriste per i personaggi legati alla mitologia di Angelo Barile che, dopo gli studi tecnici, si è dedicato pienamente all’arte, concentrandosi sul tema della nevrosi dell’universo infantile all’interno della società, spesso oggetto dell’egoismo e delle nevrosi degli adulti.

I bambini di Angelo Barile comunicano una tenerezza disarmante, tanto da averlo reso, nel giro di pochi anni, uno dei più noti e stimati artisti del Surrealismo pop, che indaga sul mondo degli adulti, estrapolandolo e portandolo sulle tele.

Sono piaciute molto alle galleriste Angela Calcagni e Paola Converso sia lo stile raffinato e tecnicamente ineccepibile, con cui l’artista ha realizzato i volti, uniti dall’enfasi dell’uso degli occhi come specchio dell’anima, sia l’utilizzazione di cornici finto-barocche. Queste cornici hanno rappresentato un sistema molto efficace per esprimere un messaggio forte e diretto su quei miti e quei riti che la contemporaneità ha reso più deboli.

Angela Calcagni e Claudia Converso con questa scelta dell’esposizione personale di Angelo Barile hanno reso il loro Spazio 44 un nuovo ambiente polivalente nel cuore di Torino, rivolgendo la ricerca allo sguardo underground e a proposte artistiche originali.

MARA MARTELLOTTA

Gli eventi alla GAM, a Palazzo Madama e al MAO di Torino

Ecco l’agenda degli appuntamenti in programma nella settimana

Segnaliamo in particolare:

Mercoledì 19 aprile ore 17

RESISTENZE. L’ITALIA MONUMENTALE DEL 25 APRILE

Palazzo Madama – conferenza con Giovanni Carlo Federico Villa

 

 

Giovedì 20 aprile ore 17

IL GIOIELLO COME OPERA D’ARTE

Palazzo Madama – conferenza con Giovanni Carlo Federico Villa e Paola Stroppiana

Moderano: Maurizio Francesconi e Alessandro Martini

Nell’ambito del ciclo dello IED Torino Racconti. Design tra presente e futuro.

 

 

Giovedì 20 aprile ore 18.30

KODO NISHIMURA. Il monaco buddhista “sui tacchi a spillo”

MAO – incontro con Kodo Nishimura

 

AGENDA APPUNTAMENTI FONDAZIONE TORINO MUSEI

 

MERCOLEDI 19 APRILE

 

Mercoledì 19 aprile ore 17

RESISTENZE. L’ITALIA MONUMENTALE DEL 25 APRILE

Palazzo Madama – conferenza con Giovanni Carlo Federico Villa

In occasione della Festa della Liberazione, Palazzo Madama propone, mercoledì 19 aprile alle ore 17, la conferenza di Giovanni Carlo Federico Villa Resistenze. L’Italia monumentale del 25 aprile.

Alla Rotonda del Boschetto a Trieste è collocata un’opera aniconica, in cemento verniciato di bianco, che ricorda la figura e l’esempio di Alma Vivoda, probabilmente la prima caduta della nostra resistenza. È uno dei rarissimi monumenti dedicati a una donna in Italia e, come tante celebrazioni dei partigiani e della resistenza, la sua collocazione è stata assai tormentata, in un Paese che fatica a fare i conti con il proprio passato. Come è evidente in tante vicende, a partire da quella intorno al paradigmatico Monumento al Partigiano di Parma, dove una coppia di figure incarna i due momenti rappresentativi della Resistenza: nell’immagine del fiero partigiano armato, la lotta e l’eroismo; in quella del partigiano caduto, il sacrificio e il martirio.

Da Parma inizierà un viaggio in Italia, che toccherà luoghi emblematici come la Bologna del Monumento al Partigiano e alla Partigiana e la Venezia del Monumento alla partigiana veneta, voluto per non dimenticare il prezioso contributo delle donne per la liberazione della città dal nazifascismo.
A questi monumenti iconici, nei decenni, molti altri si aggiungeranno, a intessere di memoria la nostra penisola. In un percorso nella storia d’Italia e dei suoi artisti che si svolgerà, tra parole e immagini, sulle tracce di opere come quelle di Umberto Mastroianni a Cuneo e Torino o Giacomo Manzù a Bergamo.

 

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Prenotazione consigliata: t. 011.4429629 (dal lun. al ven. 09.30 – 13.00; 14.00 – 16.00) oppure scrivere a madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

 

 

GIOVEDI 20 APRILE

 

Giovedì 20 aprile ore 15.30

PAGINE GIAPPONESI – L’incontro segreto

MAO – incontri di letteratura giapponese con Fabiola Palmeri

Torna anche per la primavera 2023 il ciclo di incontri mensili con la letteratura giapponese, a cura di Fabiola Palmeri.

Il terzo appuntamento è dedicato a “L’incontro segreto”, Abe Kobo, Atmosphere Libri.

Il protagonista, giovane rappresentante di fantascientifiche scarpe che permettono di effettuare balzi straordinari, si reca in un gigantesco e labirintico ospedale di Tokyo per ritrovare la moglie, inspiegabilmente prelevata da un’ambulanza nelle prime ore del mattino. L’ospedale è dominato da un elaborato sistema tecnologico che spia il comportamento sessuale dei pazienti, che tra quelle algide pareti perdono ogni contatto con l’esterno e trovano nel sesso l’unico mezzo per sfuggire alla solitudine totale. Il protagonista, intrappolato in un mondo assurdo, onirico e senza vie d’uscita, si ritrova ad affrontare i bizzarri e grotteschi personaggi che popolano l’ospedale, alla ricerca della consorte e della sua stessa identità.

L’incontro segreto, con la sua miscela di suspense, erotismo e poesia, è uno dei romanzi più avvincenti di Abe Kōbō, grande genio letterario del secondo Novecento giapponese mai sufficientemente compreso.

Costo: 12 € singolo incontro

Info e prenotazionieventiMAO@fondazionetorinomusei.it

 

Giovedì 20 aprile ore 16:30

TEA TIME ART. Realismo magico

GAM – workshop

Tea Time Art vuole essere una pausa dalle corse quotidiane, in un ambiente speciale come quello dell’Educational Area della GAM, dove incontrarsi, conoscersi e imparare facendo, per trascorrere un paio di ore in compagnia di persone nuove e arte. Questo ciclo di appuntamenti organizzati alla GAM permette di avvicinare il pubblico adulto al museo, inteso come luogo di scambio, conoscenza e integrazione. L’arte diventa uno strumento di vicinanza, scambio intellettuale e emotivo, trasformando gli spazi museali in luoghi di incontro e condivisione di conoscenze diverse. Le opere scelte per le attività contengono il racconto di esperienze personali degli artisti che rimandano ad altri insegnamenti per un confronto intellettuale, emotivo e fisico. Tutti gli appuntamenti prevedono una presentazione delle opere a cura delle guide di Theatrum Sabaudiae e una fase di attività pratica che permetta l’approfondimento di tecniche artistiche diverse.

Porta il tuo the preferito, noi ci mettiamo la tazza e la creatività, per delle pause d’arte a piccoli sorsi.

Giovedì 20 aprile ore 16:30: Realismo magico

La visita permetterà di approfondire la corrente artistica del Realismo Magico sorta ad inizio Novecento e caratterizzata da un particolare sguardo sul mondo, allo stesso tempo lucido e incantato. In laboratorio si realizzeranno effetti stranianti utilizzando la tecnica del collage.

Scopri il calendario completo

Posti limitati, prenotazione obbligatoria

Costo: euro 15 a partecipante (comprensivi di biglietto d’ingresso al museo gratuito, visita guidata, attività pratica, materiali e tazza personalizzata)

Informazioni e prenotazioni: Theatrum Sabaudiae 0115211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

Giovedì 20 aprile ore 17

IL GIOIELLO COME OPERA D’ARTE

Palazzo Madama – conferenza con Giovanni Carlo Federico Villa e Paola Stroppiana

Moderano: Maurizio Francesconi e Alessandro Martini

Nell’ambito del ciclo dello IED Torino Racconti. Design tra presente e futuro, Palazzo Madama ospita la conferenza Il gioiello come opera d’arte con Giovanni Carlo Federico Villa e Paola Stroppiana, storica dell’arte, giornalista e curatrice indipendente.

Qual è il ruolo del gioiello nel mondo dell’arte? Il racconto si snoda attraverso un affascinante percorso dal IV al XXI secolo. Dal Tesoro di Desana si arriva alla modernità, passando dalla Corona ferrea ai gioielli che adornano le gentildonne dei capolavori dell’arte veneta di Lorenzo Lotto, Tiziano e Tintoretto, per giungere alla raffinata sontuosità della stagione napoleonica.

La narrazione di Paola Stroppiana, partendo dal rapporto tra gioiello e scultura nella produzione di Max Ernst, si interseca con un’ampia panoramica, attraverso immagini e documenti sul gioiello d’artista, che va dalla prima metà del XX secolo sino alle ricerche dei primi anni Duemila: da Alberto Giacometti a Anish Kapoor, da Pablo Picasso a Lucio Fontana, da Salvador Dalí a Giuseppe Penone e Giulio Paolini, da Niki de Saint Phalle a Calder, i gioielli d’artista rivelano la straordinaria capacità del singolo artista di declinare la propria creatività in opere d’arte indossabili.

 

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Prenotazione obbligatoriawww.ied.it

 

Giovedì 20 aprile ore 18.30

KODO NISHIMURA. Il monaco buddhista “sui tacchi a spillo”

MAO – incontro con Kodo Nishimura

Il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino ha il piacere di ospitare Kodo Nishimura, l’iconico monaco buddhista “sui tacchi a spillo”, per un incontro dedicato alla libertà e all’accettazione della propria identità profonda, superando convenzioni e rifiutando compromessi.

Nishimura è in Italia in occasione dell’uscita del suo libro “Il Monaco sui tacchi a spillo”, pubblicato dalla casa editrice Ubiliber.

Monaco buddhista, attivista LGBTQ+, make up artist, modello, scrittore: Kodo Nishimura è una figura sfaccettata e complessa. I tanti aspetti della sua vita, apparentemente in conflitto fra loro, hanno trovato una felice sintesi grazie a un lungo cammino interiore, allo studio approfondito della dottrina buddhista e all’accettazione della sua omosessualità.

Costo: 5€. Ingresso fino a esaurimento posti disponibili.

L’incontro si svolgerà in inglese con la traduzione di Fabiola Palmeri.

 

 

 

 

Theatrum Sabaudiae propone visite guidate in museo

alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.

Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

 

“Àprile. Festival delle case per l’arte” Porte aperte in sette appartamenti privati a Torino

Per un week end dedicato alle tante, nuove istanze artistiche

Sabato 15 e domenica 16 aprile, dalle 16 alle 21

Chiamiamole “gallerie d’appartamento” o meglio, data l’origine anglofona, “apartment gallery”. Ovvero alloggi privati prestati e aperti gratuitamente al pubblico per ospitarvi mostre e interventi artistici fra i più svariati. Si tratta di una pratica che, negli ultimi anni, ha sempre più preso piede in grandi metropoli occidentali come New York, Los Angeles, Londra e Berlino e su cui Torino intende allinearsi con l’edizione zero di “Àprile. Festival delle case per l’arte” – con un bell’accento sulla “A” di “Àprile” per un gioco di ironica confusione con il nome del mese e per sottolineare invece il concetto di case a “porte aperte” – che si terrà in città sabato 15 e domenica 16 aprile prossimi, dalle ore 16 alle 21. In concreto: sette appartamenti privati, per il prossimo week end, si apriranno al pubblico offrendo la visita a mostre d’arte lì installate, ma non solo.  Accanto a sculture, installazioni, dipinti e fotografie ogni casa presenterà anche eventi performativi site-specific: microteatro, talk, concerti, performance. L’appartamento diventa insomma un luogo per la cultura. “Dal salotto alla toilette – dicono gli organizzatori, artisti e appassionati d’arte aggregati in una sorta di informale associazione – si offre al pubblico un’esperienza culturale alternativa , dove l’artista (performer, pittore o musicista) è lì ben presente”. Mischiato fra pubblico e proprietari di casa.  In questa edizione zero, “Àprile” presenta, tra le altre, opere di Giuseppe GallaceGiuliano Brancale in arte GibrahContatto MeccanoMarco Gagliardi e Federica Moi; concerti di Ludovico Bellucci (classe 2004) al pianoforte, “The Jay Happy” del collettivo internazionale “Donezk”“Chinò e il mare”, dei “Saturno contro” da Bologna e una jam session con “La locanda alla fine del mondo”; per finire con le perfomance di ManueilaCristian RodriguezMatolivetti“Aire Duo” con Cristina Da Ponte. Arricchisce il programma una prima torinese: “Happy life, estratti di vite a caso”, interessante pièce della compagnia “MALES”.

Ad aprire il Festival, venerdì 14 aprile scorso, la personale di Turi Rapisarda e Simona Galeotti “Storie di spettri e di fantasmi” (in collaborazione con “Oolalala art”– progetto artistico nomade) presso l’“Agnelleria” di via Exilles 84, facente parte di “Casa Museo Zona Rosato”, progetto dello scultore avellinese Gerardo Rosato. Da Vanchiglia a Parella il programma coinvolge sette dimorevia Bava 19 (“due vani e cucina di libera espressione”), via Milano 20 (“Piano B”, co-housing che al suo interno custodisce un prestigioso “Bosend-orfer Gran Piano” più unico che raro), via Exilles 84corso San Maurizio 61 (“Apartment Gallery Rooftop”, dove Neri Muccini e Sonja Kristić presenteranno sabato 15, alle 16, “La galleria d’appartamento: un percorso verso nuovi spazi d’arte”, in dialogo con Edoardo Di Mauro, direttore del “MAU”, in zona Campidoglio, primo Museo d’arte urbana all’aperto in Italia e vice direttore dell’“Accademia Albertina” di Torino), via Borgo Dora 16 ( “Casa Moringa”, abitata dall’acrobata, ballerina e performer Manueila), via De Lellis 30 (“Casa Mercanti”, immersa in atmosfere aleggianti  fra il mistico e il misterioso), Via Carena 10 ( “Casa Carena”, in zona San Donato, la “Casa di Yaga”). Sette dimore e una “costellazione di esperienze che, a partire dallo spazio del quotidiano, la casa, sperimenta modalità alternative di vivere e abitare l’arte”.

L’ingresso in ogni casa è completamente gratuito fino a esaurimento posti disponibili. Dall’App Seetizen, disponibile tramite QR code, è possibile visualizzare la mappa del Festival, leggere il programma, conoscere l’affluenza di ogni casa e organizzare la propria visita a piedi, in bus o con un tour in bici.

g.m.

 

Nelle foto:

–       “Casa Museo Zona Rosato”, via Exilles 84

–       Via Bava, 19

“Mon cher Abbé Bionaz! Mario Cresci per la Valle d’Aosta”

Al valdostano “Castello Gamba”, l’eccentrica ricerca del geniale fotografo ligure in una mostra dedicata al sacerdote-fotografo di Saint-Nicolas

Fino al 18 giugno

Châtillon (Aosta)

“Penso al mio lavoro come a un percorso circolare dove la discontinuità non sia un’interruzione, ma una sospensione perché nella circolarità il presente può coniugarsi a elementi di ogni tempo. ‘Un tempo dilatato’ dove il mio lavoro si muove attraverso la fotografia dentro la storia dell’arte”.

 

Così Mario Cresci, classe ’42, ligure di Chiavari e fama ben guadagnata sul campo a livello nazionale e internazionale descrive quel che è, e ha da essere per lui, l’arte fotografica. “Un tempo dilatato”, uno spazio sperimentale dove la regola accademica non può lasciarsi intrappolare dal “così fan tutti” o dal “dejavu”, ma è invece lasciata libera di girovagare (sia pure su solide basi scolastiche e artigianali) attraverso i territori innovativi di una ricerca votata al “contemporaneo” – faticosa ma gioiosa – in grado di interagire e contaminarsi con le più varie discipline espressive per ingannare il gioco effimero della pura realtà. Fra i maestri, in tal senso, della fotografia come linguaggio singolare inserito a pieno titolo nell’alveo dell’arte contemporanea, a Cresci la “Regione Autonoma Valle d’Aosta” dedica, fino al prossimo 18 giugno, una suggestiva personale nelle Sale del “Castello Gamba – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea” di Châtillon. A cura di Luca Fiore, la mostra (in apertura della stagione espositiva del “Castello) nasce con l’intento di valorizzare le sedici fotografie dell’artista conservate nelle collezioni regionali, ma non si limita a questo. Quello tra il maestro e il territorio valdostano è un rapporto che inizia (dopo la lunga e complessa esperienza dei quindici anni trascorsi a Matera, girovago in Basilicata) nel 1990, quando Cresci venne invitato a partecipare al progetto confluito nella mostra “Viaggio fotografico nell’interno della Valle d’Aosta”, a cui presero parte grandi nomi della fotografia del Novecento come Luigi Ghirri, Mario De Biasi, Gabriele Basilico e Vasco Ascolini, affiancati ad alcuni artisti della Valle. Allora Cresci si confrontò con il tema del “mondo rurale” e delle montagne della Vallée, “nella mente ancora – scrive Luca Fiore – la lezione imparata a Matera” ma già, in certo senso, facendosi guidare “dalle intuizioni maturate esplorando il rapporto fra fotografia e design”.

Fotografo sulla via di Damasco. Folgorato dal desiderio di “novità”, da un linguaggio che rifletta senza incertezze il mondo dell’“arte contemporanea”. Così trent’anni dopo, e siamo nel 2023, ritornando negli stessi luoghi, gli scatta il ghiribizzo di interagire con le immagini dello scrittore, escursionista e fotografo Émile Bionaz (1862-1930), per trentasette anni parroco di Saint- Nicolas – le cui opere sono conservate al “Museo” di Châtillon – e con gli oggetti conservati al “MAV- Museo dell’Artigianato Valdostano” di Fénis. Nascono così due serie di immagini “Mon cher Abbé Bionaz!” e “Fatti a mano” che coniugano il linguaggio contemporaneo con i contenuti della tradizione. Da una parte, Mario Cresci seleziona venti immagini di Bionaz e le rielabora al computer in modo ironico e poetico, giocando con l’immagine dell’uomo nella maestosa caverna di ghiaccio di Courmayeur, con il Cappello – aureola che passa da un prete a un altro, con gli ottoni di una banda di paese, con il sacerdote che mostra come trofeo una grande aquila reale. Dall’altra, utilizzando sempre il computer, isola da foto digitali a bassa risoluzione alcune delle statuette e dei giocattoli del “MAV” e con paziente lavoro ne ridisegna le sagome: il “cavallo”, lo “stambecco”, il “gallo”, l’“uomo con fiasco e scopa in mano”. Quasi loghi, eleganti ed espressivi, che Cresci usa per comporre delle tavole che sono un omaggio all’antica sapienza dell’artigianato valdostano, ma anche tributo a un linguaggio, fortemente voluto, originale e contemporaneo, assolutamente spendibile anche oggi. In tal senso, Cresci, scriveva giustamente il critico Enrico De Pascale, non è un “fotografo puro” alla Cartier-Bresson, ma “un ricercatore”. Non gli interessa “cogliere l’attimo” ma “coniugare la sistematicità e la razionalità del metodo investigativo con la fantasia immaginativa e la sensibilità visiva proprie dell’artista”. Dell’artista contemporaneo.

Gianni Milani

“Mon cher Abbé Bionaz!”

“Castello Gamba”,  Località Crêt-de-Breil, Châtillon (Aosta), tel. 0166/563252 o www.castellogamba.vda.it

Fino al 18 giugno

Orari; dal mart. alla dom. 9/19

Nelle foto:

–       “Saint-Pierre”, 1990, Archivio Mario Cresci

–       Da: “Mon cher Abbé Bionaz!”, 2023, Archivio Mario Cresci

–       Da: “Amato Brunodet, Tatà e Giulio Vuillermoz, Uomo con fiasco e scopa”, 2023, Archivio Mario Cresci

“Deformazioni” in mostra nelle antiche ghiacciaie

Esposizione venerdì 14  aprile ore 19

Mercato Centrale Torino – Piazza della Repubblica 25

Spazio Antiche Ghiacciaie 

Il 14 aprile alle ore 19 inaugura la mostra di Alessandra Nunziante “Deformazioni” nello spazio Antiche Ghiacciaie del Mercato Centrale Torino. L’artista torinese espone nella città nativa, dopo il successo romano presso la Galleria Sacripante.

La nostra esistenza, il nostro corpo, le nostre esigenze e costumi sono in continua evoluzione, spesso veicolati da ritmi sempre più frenetici imposti dalla società.

“Deformazioni” nasce dalla sensazione che proviamo costantemente nei confronti della società, delle malattie, del lavoro e dell’amore. Ognuno di noi si sente con un costante senso di giudizio su come e cosa deve essere ogni giorno. Uno stile di vita veloce, randomico e frettoloso. Accettarsi è sempre più complicato di fronte alla moltitudine di giudizi costanti che ci poniamo in primis noi stessi. Ci si ritrova così ingabbiati in uno stereotipo banalizzato dal consenso di massa e dalla moda del momento, perdendo così l’unicità e il valore dell’imperfezione che rende il proprio essere diverso da tutti gli altri. “Deformazioni”ha dunque un significato sociale, psicologico e formativo.  

L’inaugurazione sarà strutturata sulla linea dei cinque sensi, dando vita ad un’esperienza sensoriale e innovativa. Ogni volto rappresentato sarà associato ad un senso diverso, coinvolgendo varie realtà piemontesi, ognuna diversa dall’altra, per dare vita ad un vero percorso percettivo. La collaborazione con realtà piemontesi, non necessariamente appartenenti al mondo dell’arte, è molto importante per l’artista, grazie a questa sinergia il processo demiurgico termina con la realizzazione delle opere d’arte e delle installazioni.

Si parte dalla vista che sarà rappresentata dalla stessa opera d’arte. Titolo del quadro è “Sguardo interiore ”, occhi color oceano, una lacrima rossa e uno sguardo imperfetto rivolto all’immenso. Per quest’opera sarà utilizzata una luce ottica di Mid Century Style,negozio vintage in via Principe Amedeo 29 a Torino. Si prosegue con il tatto con il dipinto “Nuvola di fuoco”, un volto onirico e soffuso, rinchiuso dai pensieri vortiginosi che si racchiudonosopra il proprio capo. L’opera verrà associata ad una lastra di cemento grezzo a forma di spirali, come i fiori rossi posizionati sulla testa del personaggio, essi rappresentano i vortici dei nostri pensieri. Toccando la lastra si percepirà a pieno il senso del quadro. La realizzazione della lastra è di La Loft Pavimenti Cemento Milano – Luca Corduri. Il dipinto riguardante l’olfatto “Soffio delicato” sarà contornato da una composizione di fiori di Simmi Studio, negozio floreale di Torino che da quarant’anni si prende cura di matrimoni e giorni felici. Ogni partecipante potrà prendere il fiore e annusandolo potrà sentire l’essenza dell’opera. I fiori saranno impregnati dalle fragranze di Laboratorio Olfattivo, progetto nato nel 2009 dalla passione di Daniela Caon e Roberto Drago per il mondo della profumeria artistica. Per il volto associato al gusto dal titolo “Luxuria”, Alessandra Nunziante conoscendo l’attivista, scrittrice e personaggio televisivo, ha voluto renderle omaggio con il suo dipinto. Davanti a questo quadro si avrà la possibilità di assaggiare delle tapas preparate dall’Antica Bruschetteria Pautasso, un luogo dove assaporare la cucina tradizionale piemontese, reinterpretata con cura e passione e scoprire i piatti che nascono dalla scelta attenta delle materie prime a km0 e dall’unione di antichi e moderni sapori.

L’udito, “Santificazione”, sarà l’unico esposto all’interno della ghiacciaia e verrà rappresentato dal ritratto del rapper Diss Gacha, nuova promessa torinese. I partecipanti potranno ascoltare la sua musica direttamente in connessione con l’opera.

I volti imperfetti protagonisti delle opere sono sofferenti e nello stesso tempo combattivi. La lacrima di sangue raffigurata in tutti i dipinti è una lacrima di dolore, ma anche di forza. Rappresenta il coraggio di non arrendersi di fronte agli ostacoli della vita.

“Deformazioni” sarà realizzata anche grazie al contributo della start up di comunicazione Weeup e dal video maker Matteo Biondi. Si ringrazia ulteriormente l’Associazione Culturale Magica Torino, Paolo e Rossella parrucchieri e Eliografia Rossi

Biografia Alessandra Nunziante

Artista irriverente, carismatica e controcorrente.

Alessandra Nunziante, nata a Torino il 16 Maggio 1991 si dimostra fin da piccola una persona creativa e alternativa. Nonna ballerina, nonno gallerista, cresce nell’arte e amplia le sue conoscenze prima con la musica, studiando il fagotto e successivamente con la scrittura.

Dopo vari progetti ed esposizioni artistiche, scrive il suo primo romanzo all’età di ventisei anni “Un giorno al contrario” -Il tema principale, incentrato sulla psicoanalisi alternata dall’ estrosità interiore.  Alessandra non si vuole fermare, i soggetti che dipinge per lei prendono vita, le parlano e sembra di comporre una musica Jazz piena di note colorate.