ARTE- Pagina 54

City playground, un progetto di Graphic Days, uno spazio a misura di cittadino

Dopo il focus sui diritti dell’infanzia e sullo “Slow Learning”, con una selezione di poster art vincitori del concorso Posterheroes, Spazio Portici – Percorsi Creativi e Graphic Days® rinnovano il sodalizio attraverso un nuovo progetto che intende sensibilizzare i passanti di Corso San Martino sui temi del vivere gli spazi pubblici della città.

 

City playgroundun progetto di Graphic Days®, nasce in occasione della terza edizione di Countless Cities – Biennale delle Città del Mondo, promossa da Farm Cultural Park di Favara. Il progetto intende sollecitare i passanti sul ruolo del contesto urbano partendo dalla domanda “Che cosa ti fa star bene nello spazio pubblico?”. Le 10 illustrazioni hanno quindi cercato di interpretare le differenti sensazioni derivanti dalla fruizione di uno spazio a misura di cittadino. Un luogo per nutrire la mente? Una panchina da condividere? Un posto dove curarsi?

Queste sono alcune tra le suggestioni emerse spostandosi da una creatività all’altra e che, attraverso la traduzione in simboli e concetti chiave, rappresentano diverse visioni sulla città del futuro.

“Il successo di Spazio Portici – spiega l’assessora alla Rigenerazione Urbana, Carlotta Salerno – dimostra che l’arte è ovunque e si può fare dovunque. Grazie a questa iniziativa i portici della nostra città si trasformano in musei a cielo aperto, diventando veicoli di diffusione dell’offerta culturale e, al tempo stesso, elemento di rigenerazione urbana e presidio sul territorio. Un’opportunità, per i cittadini, di disegnare la propria città ideale”.

 

 

 

Una mostra ma anche un “gioco” per ragionare sul ruolo fondamentale che lo spazio pubblico ricopre nel vivere quotidiano: inquadrando il QR code presente sui pannelli dell’esposizione, i cittadini potranno infatti disegnare la propria città ideale a partire dall’individuazione delle sue funzioni, rispondendo alle domande:

Che cosa è casa per te? Che cosa ti fa sentire ricaricato? Che cosa ti fa sentire connesso agli altri? Che cosa ti fa sentire nel comfort? Che cosa ti fa sentire ispirato? Che cosa ti fa sentire coinvolto?

Il riferimento teorico è l’emotional design, disciplina nata in ambito di design di prodotto che studia come creare oggetti o servizi che evochino emozioni e che si traducano in esperienze positive per le comunità; Graphic Days® ha applicato i suoi principi a scala urbana per esplorare in che modo la progettazione della città può influire sul benessere delle persone.

 

“L’utilizzo dello spazio pubblico e la riflessione sullo sviluppo urbano sono temi più che mai attuali per la Città – è il commento dell’assessora alla Cultura, Rosanna Purchia – per questo trovo di particolare interesse il progetto. Un luogo di passaggio, come i portici di corso San Martino, rappresenta una grande opportunità per coinvolgere i cittadini riguardo alla città del futuro, attraverso un linguaggio che evoca emozioni e che spinge alla riflessione sul contesto urbano”.

 

“Spazio Portici — Percorsi Creativi vuole essere la nostra occasione per trasformare un luogo di passaggio in un spazio culturale di comunità, afferma Germano Tagliasacchi, Direttore della Fondazione Contrada Torino Onlus. Grazie a questo nuovo progetto espositivo di Graphic Days®, torniamo su Corso San Martino con la mission di Fondazione Contrada: aprire spazi di espressione artistica sotto i 12 chilometri di arcate della città di Torino, valorizzando la creatività giovanile e coinvolgendo il pubblico come fruitore attivo”.

 

A partire dai principi emersi nella realizzazione di interventi di urbanismo tattico nello scenario torinese condotti da Graphic Days®i due isolati compresi tra Piazza XVIII Dicembre e la via Juvarra, con la collaborazione delle Proprietà, si prestano anche questa volta come luogo per far riflettere tutte le classi sociali e le fasce d’età. Attraverso l’utilizzo del social ed emotional design, City Playground mira a creare una connessione emotiva tra il pubblico e le tematiche trattate.

“La mostra presenta in forma simbolica e semplificata i concetti emersi nei percorsi di coinvolgimento della cittadinanza che abbiamo sviluppato in questi anni”, affermano Ilaria Reposo e Fabio Guida, direttori creativi di Graphic Days®. “Attraverso la realizzazione di interventi a carattere temporaneo nello spazio pubblico abbiamo potuto infatti far sperimentare utilizzi innovativi e far ragionare le comunità su modelli di sviluppo urbano differenti, che il linguaggio del visual design ha valorizzato a livello comunicativo. Raccontare questo processo attraverso il percorso espositivo di Spazio Portici ci offre l’opportunità di estendere le riflessioni fatte a un pubblico allargato ed eterogeneo”.

 

 

Spazio Portici – Percorsi Creativi è un progetto di Fondazione Contrada Torino Onlus, realizzato con il sostegno della Città di Torino e Torino Creativa.  A partire dal 2020 gli happening artistici ideati all’interno del progetto Portici Creativi – Percorsi Creativi, hanno trovato collocazione in via Po (street art), via Nizza (video & sound art – in corso), Corso San Martino (graphic art), Piazza Vittorio (allestimento di 3 percorsi di giovani curatori e curatrici).

Incontro con Luca Scarlini alla gam

LA GAM PER “LA CULTURA DIETRO L’ANGOLO” Feste d’Autunno

L’apparenza inganna: un viaggio tra immagini dell’altrove alla GAM

Venerdì 22 settembre alle 18:00

BEEOZANAM, Madonna di Campagna,

via Foligno, 14 Torino

ingresso libero

     

Le collezioni di un museo sono evidenti e allo stesso tempo segrete, il luogo stesso è evidente e misterioso, perché è impossibile padroneggiarlo in tutti gli angoli, a ogni svolta e corridoio. Non per caso i musei sono spesso ambientazione di film gotici o thriller.

Luca Scarlini disegna un racconto tra opere che esplorano luoghi dell’altrove nelle collezioni torinesi.

Per La cultura dietro l’angolo la GAM ha invitato tre intellettuali a interrogarsi sulle ragioni per le quali varcare, magari per la prima volta, la soglia di un museo d’arte moderna e contemporanea come la GAM di Torino e scoprirne le collezioni e le esposizioni. Questa seconda conversazione pensata per le “Feste d’autunno” vede protagonista Luca Scarlini, scrittore, drammaturgo, performance artist.

Raccontatore d’arte, collabora con numerosi musei e insegna tecniche narrative presso la Scuola Holden di Torino, IED e ha collaborato con numerose istituzioni teatrali italiane e europee, tra cui il National Theatre di Londra, la compagnia Lod a Ghent, il Festival Opera XXI a Anversa, La Batie e il theatre amstramgram a Ginevra. Da sempre crea racconti per spazi museali.

GUARDA IL VIDEO

Seguirà un momento musicale a cura di Mito per la Città con il quartetto di sassofoni Kosobate Quartet: Micaela Stroffolino, sassofono soprano, Mariagrazia Massanova, sassofono contralto, Sofia Ferraro, sassofono tenore, Eugenio Enria, sassofono baritono (scuola di sassofono di Pietro Marchetti). Musiche di Johann Sebastian Bach, Edward Elgar, Jean Baptiste Singelée, Pedro Iturralde, John Kander, John Williams, Jean Matitia.

Le Feste d’autunno di La cultura dietro l’angolo si svolgono a Torino da giovedì 21 a sabato 23 settembre 2023. Le case del quartiere, le biblioteche civiche e i presidi del territorio si animeranno di spettacoli teatrali, performance artistiche, incontri, letture, appuntamenti di divulgazione scientifica e molto altro ancora. Tra le novità di questa edizione, vi è la sinergia con Mito per la Città che arricchirà le feste con alcuni momenti musicali: le melodie di Bach, Wagner ed Ennio Morricone accompagneranno il pubblico in un viaggio musicale e si incontreranno nei quartieri con l’arte contemporanea, la fotografia, la storia egizia e i classici della poesia.

La cultura dietro l’angolo è un programma della Fondazione Compagnia di San Paolo realizzato con la collaborazione della Città di Torino e propone attività ed eventi diffusi nelle circoscrizioni della città. Da maggio a dicembre la cultura sarà a poca distanza da casa, ovunque si abiti, con nuove occasioni di relazione, condivisione e partecipazione.

ULTIMO GIORNO – “Florilegium”. Segni e colori per raccontare la magia della natura

In mostra alla “Precettoria” di Sant’Antonio di Ranverso, le immagini “floreali” di Ines Daniela Bertolino

Dal 22 luglio al 24 settembre

Buttigliera Alta (Torino)

Acrilici e acquerelli sono i grandi “alleati” della pittura di Ines Daniela Bertolino. Tecniche, l’acquerello in particolare, di assai difficile gestazione, in cui la pittrice torinese riesce a dare tutto il meglio – e di più – di sé, nel campo di una procedura artistica dov’è ben difficile bleffare, dove il mestiere ti impone di muoverti seguendo certe regole in vista di determinati risultati che non lasciano margini a sotterfugi. O ad attenuanti. E allora il mestiere o ce l’hai o non te lo puoi inventare.

Se ce l’hai, è lì ben evidente davanti a tutti. Ma se non ce l’hai è un disastro, che (ahinoi!) è comunque e sempre lì davanti a tutti. Non capita per la Bertolino. Artista vera, non improvvisata, per  la quale fare arte non significa voler sbalordire a tutti i costi con le più strane interpretazioni del “raccontare per segni e colori”. Fare arte significa poggiare ben bene, e mai dimenticarlo, su solide basi accademiche per poi permettersi di seguire voli fantastici e improvvisazioni emotive che liberano il “soggetto” dagli stretti vincoli terreni per dargli ali capaci di portarlo a rappresentare sogni, fantasie e giochi di poesia che sono manna vitale per la vera opera artistica. In questi spazi si colloca la pittura della Bertolino, forte di studi ben assimilati (dopo il  Liceo Artistico”) all’“Accademia di Belle Arti” di Torino, a “Scuole di grafica pubblicitaria” (che la portano, fra l’altro, a lavorare presso studi pubblicitari, serigrafici e laboratori di ceramica) fino al “Corso Internazionale per l’incisione artistica” presso l’“ISIA-Istituto Superiore per le Industrie Artistiche” di Urbino. Un lungo serio tirocinio che emerge con piena evidenzia nella rassegna a lei dedicata presso l’antica (ultimi anni del XII secolo) “Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso”, a Buttigliera Alta, fino a domenica 24 settembre.

Rinascimentale il titolo della mostra“Florilegium”, vuole subito indicarci che trattasi di una ben accurata raccolta antologica (una ventina di acrilici su tela e tavola) delle tantissime opere dedicate dall’artista alla natura, alle “sue” piante, ai “suoi” fiori, a paesaggi che guardano al cielo, in un connubio di “naturale” e “spirituale” che contraddistingue sempre la poetica delicatezza della sua cifra stilistica e della sua narrativa. Dove la perfezione delle forme lascia, pur anche, spazio a certa piacevolissima immediata informalità compositiva e alla trasparenza di dettati cromatici che inducono a oniriche fantasiose o immaginifiche interpretazioni dei soggetti. Che bello quel “Trittico” di piante – sovrani e maestosi guardiani del bosco – che si ergono verso l’alto in tutta la loro maestosità, quasi sospese da terra e lasciate andare in volo verso l’azzurro intenso del cielo. Pochi colori. Sempre (spesso) l’azzurro o il blu raccolto in tutte le sue più variegate sfumature, da quelle più intense a quelle più diluite. Alla Bertolino piace, è stato fatto notare, il blu, fra i colori primari più usati fin dall’antichità: dall’arte bizantina, a quella egizia fino al Medioevo, a Giotto (pensiamo all’inimitabile volta della patavina “Cappella degli Scrovegni”, oggi “Patrimonio Mondiale Unesco”), via via fino agli impressionisti a Renoir a Matisse (“un certo blu penetra nella tua anima”), al blu “oltremare profondo” di Klein. Van Goghdiceva che il blu “è un colore divino e non c’è nulla di così bello per mettere l’atmosfera intorno alle cose”; per la moderna Psicologia, il blu è il colore dell’affidabilità e consegna all’uomo sicurezza interiore e fiducia in sé. Non fu così per il grande Picasso che, nel famoso “periodo blu” lo usava affiancato spesso al verde per esprimere un profondo stato di malinconia e sofferenza, dopo il suicidio del  caro amico Carlos Casagemas.

Certo, nell’antologica alla “Precettoria”, Ines Daniela Bertolino dà prova di una rara sapienza nell’uso di cromie in cui, se blu e azzurro necessariamente compaiono a far da quinta celeste alle sue composizioni floreali, pur non tralasciano ricche variazioni sul tema fra grovigli di rosso, rosa, verde e blu (“Le rose di Rocco”) o fra l’arancio e il rosso della peruviana “Nastruzio” così come fra le varie sfumature di rosa, bianco e rosso delle più semplici “Pratoline” o delle tenere “Primule”che fanno capolino al primo svanir della  neve. Magnifico quel piccolo nido “Tra i filari nascosti”, fra informali intrecci di arbusti, che fanno da riparo a vite nascenti osservate, fra luci e ombre, da un cielo azzurro che ispira pace, serenità e vicinanza umana. Che meraviglia! E il cielo sa quanto ne abbiamo, oggi più che mai, bisogno!

Per info e prenotazioni: “Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso”, Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (Torino); tel. 011/9367450 (da mercoledì a domenica) o ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

Gianni Milani

Nelle foto:

–       “Trittico”

–       “Le rose di Rocco”

–       “Nasturzio”

–       “Tra i filari nascosti”

Al via Art Side Festival, dialogo tra arte e luoghi della storia e dell’impresa

Ha preso il via Art Side Festival! Una rassegna che si dedica da anni a creare un dialogo tra l’arte contemporanea ed i luoghi della storia e dell’impresa. La nona edizione è dedicata all’ambiente ed al cambiamento climatico e prevede sino al 18 dicembre un fitto calendario di performance, incontri e spettacoli teatrali tra Torino, Govone e Alessandria. Si parte da Torino: al Museo Storico della Reale Mutua a Palazzo Biandrate, in via Garibaldi 22, è ospitata “Labyrinth”, un’installazione tutta in tessuto dell’artista argentina Elisabeth Aro, mentre “Sei stata tu?” è il titolo della proposta di Marco Cordero al Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti, in via Pietro Giuria 15.

Un progetto avviato dall’artista cuneese nel 2009 che partendo dalla sezione verticale di una mela con il volto di Eva scolpito per affrontare il concetto di “colpa”, oggi acquista nuovi significati nel dialogo con la preziosa collezione del Museo della Frutta creando un’unica installazione. Partendo dalla relazione tra mela e parola l’artista che da anni “scolpisce” libri, e non solo, sviluppa lungo tutto il percorso un sottile gioco di rimandi.

 

In ogni ambiente del museo c’è una traccia da scoprire come se Cordero “gettasse un seme” in ogni sala. Un itinerario da percorrere.

Igino Macagno

La pittura innovativa (ma con uno sguardo al passato) di Ilio Burruni

ILIO BURRUNI  (Ghilarza / OR, 25 aprile 1917 – Bioglio / BI, 20 febbraio 2016)

Se, in Piemonte, il Novecento letterario vede le pagine diCesare Pavese impallidire al confronto con quelle diAlbert Camus, la pittura còlta di Felice Casorati,riferimento robusto agli insegnamenti di Piero della Francesca, nulla dovrà a quella di Amedeo Modigliani,pittore giovane, poco attento al passato e maledetto, incline all’alcool e alla droga qui però varrà la pena di soffermarci sui pittori che, in gioventù, frequentarono lo studio di Pavarolo perché genuine espressioni di quella Scuola…

Riprendo le pagine che per Ilio scrissi in momentiprossimi alla sua despedida: poco prima di allora, mi aveva pregato con insistenza di andare nel biellese da lui per potermi parlare più a lungo e senza interruzioni. Purtroppo, però, non avrei potuto farlo, ché, da tempo, ho, per poca salute, rinunciato a ogni mia trasferta!

Burruni lo vidi la prima volta all’Istituto Italiano di Cultura di Rio de Janeiro!

Ero arrivato da Brasilia e stavo cercando un mio ufficio in quella sede (spazio che avrei trovato in anticamera, cioè quasi sul pianerottolo del quarto piano), e sarebbe diventato un ambiente gradevole perché tutti mi passavano davanti ma pochi si trattenevano, così io lavoravo tranquillo, senza sentirmi isolato dal mondo!

Ilio aveva sulle spalle Rodolfo ancora piccolo e la mia collega Marilda me lo presentò, dicendomi che era unpittore di Torino (come me) e che, poco prima che io arrivassi tra loro, aveva esposto i suoi quadri nel grande salone dell’Istituto.

Qualche tempo dopo, ebbi davanti a me il primo quadro di Burruni: uno scorcio di Chieri dai toni caldi dei laterizi e dei tetti in coppo. Fu nell’appartamento di Morosi, il professore addetto all’Istituto che avevatrovato per noi una casa nel palazzo stesso in cui viveva.A prima vista, con i suoi colori e le sue forme, quella tela mi parlava di un ambiente noto, infatti avevo insegnato tutta una stagione in quella cittadina.

Ilio, lo seppi poi, era sardo di nascita e giovanissimo era arrivato a Chieri con i suoi e di là, aveva frequentato a Pavarolo la scuola di Casorati. Questi, non solo gli aveva fatto amare la pittura ma aveva indirizzato i suoi studialla facoltà di giurisprudenza, e là, come il Maestro, anche Ilio si era laureato.

Burruni, però, in diversi momenti della sua vita, avevatratto la sua vitalità proprio dal sud America. Ne parlò durante una visita, che gli facemmo a Botafogo, in un caldo pomeriggio assolato. Là nell’appartamento in cui viveva e dipingeva, eravamo con lui adulti Adele, Carmen ed io, e il piccolo Rodolfo.

Raccontò anche del Brasile della sua gioventù, quando alla Urcala zona di Rio ai piedi del Pão de Açucaraffrescò enormi spazi in alcuni palazzi di abitazione e, tra un lavoro e l’altro, si era concesso dei buoni periodi di vacanza in Europa… E mi parlò anche dell’Argentina di prima dell’ultima guerra, delle ceramiche che aveva realizzato, e mi mostrò alcuni dei suoi lavori su carta:portavano ben visibili i timbri e le scritte delle autorità di quel paese che, insieme con il suo, autorizzavano il loro l’espatrio ... poi ancora parlò della sua Costa Azzurra...

Ma furono i quadri ai quali stava lavorando a prendersitutta la mia attenzione.

Ne ricordo due, in particolare: il cesto di frutta dalCaravaggio e un autoritratto, con zuccotto rosso in testa,dipinto alla maniera di Antonello da Messina. Opere ad acrilico di grande valenza artistica, in cui una bella tavolozza, ricca di gradazioni cromatiche, dà vita a delle pitture dense davvero di significato.

Credo che, nel rileggere i quadri del passato, Ilio abbia realizzato un progetto originale, unico e esclusivo quanto impegnativo e proficuo, per i risultati ottenuti e leinterpretazioni personali che si è concesso. Infatti i fruttidi ispirazione caravaggesca, che nel cesto si ritagliano un loro spazio di luce, sono l’esito di una profonda lettura critica dell’opera del Pittore lombardo e quel quadro, che nella produzione del Merisi costituisce un unico, pieno com’è di chiare luminosità, ben si è offertoagli occhi di Burruni, per una lettura nuova.

Nel secondo quadro poi, la figura di sé, che Ilio ci ha lasciato sotto forma di autoritratto, è un’icona dall’emblematico significato simbolico, dipinta con eccezionale bravura, il cui risultato la pone tra i quadri più ‘moderni’ dei nostri contemporanei. Le luci e i colori rivelano un processo creativo, certamente non veloce, frutto di minuziose sperimentazioni, e, se verrebbe da porla subito tra le riproduzioni, un esame più attento cipermette di rilevare i più reconditi passaggi creativi, nessun ripensamento trascurando, tra quelli che l’Artista del passato ebbe nel realizzare il capolavoro. Questo è il risultato più intenso, il messaggio più completo della Pittura di Burruni: una pittura delicata e còlta che,insieme a unattenta rivisitazione del Passato, creaimmagini innovative, perché non esiste una proposta artistica nuova, senza una (ri)lettura attenta del passato.

Ilio, nel ricordo mio infine, poiché, anche quando,ritornato a Torino, mi capitava di pensare a lui, ecco che,di repente, c’era un quadro, in fotografia o in cornice, asegnalarmi la sua vicinanza, quasi ad avvisarmi lanciandomi un suo personalissimo son qua (aTorino) eccomi! Così in Via Po la locandina per la mostra alla Galleria di Piazza Hermada (nostro primo incontro italiano!), quindi una mia vista al Borgo San Dalmazzo… poi, ancora, nei locali di una Circoscrizione di Torino, dove un’esposizione di panfili e velieri dipinti, costituiva un vero e proprio contraltare per le chiese del Brasile coloniale, altre sue opere che davvero ben conoscevo (e quadri tutti, i cui colori, giocati tra i bianco-grigi e gli azzurri intensi, rimangono esemplariper la sua tavolozza)! Infine, per ultimo, perché ha favorito i nostri ultimi contatti, il quadro dei re Magi(che fu per me sorpresa vedere esposto all’Istituto San Giuseppe) anch’esso impostato sui grigi e sugli azzurri:momento culminante di un crescente interesse di Burruniper l’arte sacra!

Con i suoi ritorni, quasi in sordina, egli chiamava l’attenzione, sempre con discrezione, e, con la sua presenza bonaria, sapeva dire tanto in amicizia vera. Laddove, più che parlare, egli amava fare, e fare bene, efacendo, beneficiava in primo luogo sé stesso poi tutti gli altri, perché con i suoi quadri trasmette ancora serenità, a prescindere dal fatto che, nei periodi più lontani, quelli si facessero carico di travagli espressionisti. Ora però, in un lento processo alchemico – solo questo termine permette di spiegare il lavorio della sua arte – la lezione degli antichi l’ha portato a una figurazione essenziale più sintetica. Sarà così che, vero trait d’union tra l’uno e gli altri, l’artista puro, con fede, agisce in rapporto di continuità con chi l’ha preceduto. Perché qualcosa di grande fa da sottofondo all’essenzialità dell’arte, ed è meno intuibile per sua complessità nel processo creativo! Ora però, senza approfondire questo assioma, concluderò che Ilio era davvero una persona rara perché,ad ogni sua comparsa, rinnovava la gioia dell’incontro,sempre dandogli un senso di immediatezza più che una dimensione di consuetudine. Ed era la sua presenzasenza formalismi, quasi scanzonata, cordiale, verasempre e vivace, come si addice a una persona bella, dallo sguardo più che incantevole incantato e, ad un tempo, intenso e puro!

In Italia, sono diminuite le occasioni che, in Brasile,c’erano di incontrare Persone eccezionali ma, cosciente di questo, custodisco il ricordo di alcuni personaggi che,tuttora, mi fanno compagnia. C’è, a San Paolo, Pietro Maria Bardi che mi accoglie nel suo MASP; a Brasilia, lungo i corridoi dell’Ambasciata italiana, Marcello Candia, Uomo che la Chiesa già annovera tra i Venerabili, che mi esprime il suo piacere di conversarecon me; e, a Rio, ecco c’èIlio Burruni – senza allargarmi a quei brasiliani, scrittori e artisti, che ho visto e rivisto quando ero in Goiás – amici cari che il tempo ha avvicinato a me nessuno scalfirà mai i nostri ricordi:essi rimarranno perfetti, senza patire danno da parte di chi intenda portarceli via!

Carlo Alfonso Maria Burdet

Mandy Barker a CAMERA per Oasi iTierra! di Lavazza

ARTE E SCIENZA PER IL PIANETA

Incontro con MANDY BARKER, 

artista inglese pluripremiata a livello internazionale.  Apertura di Oasi iTierra! di Lavazza

 

21 settembre 2023 | ore 18.30 | Gymnasium di CAMERA, Torino

Ingresso gratuito

Con l’arrivo di settembre, ricominciano gli appuntamenti aperti al pubblico de “I Giovedì in CAMERA”, in occasione della mostra Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro visitabile fino all’8 ottobre nelle sale di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino.

Il ciclo degli appuntamenti si concentra su alcune delle tematiche affrontate negli scatti della fotografa americana che ha tracciato una radiografia visiva di ambienti e condizioni di vita che hanno caratterizzato alcune aree degli Stati Uniti negli anni Trenta e Quaranta del Novecento, ma non così lontane da quanto viviamo oggi in termini di crisi climatica e migrazioni. A partire dalle fotografie di Dorothea Lange, e grazie alla partecipazione di professionisti e narratori della nostra contemporaneità, il programma di incontri è un’occasione per riflettere su tematiche urgenti e attuali e creare, così, occasioni di dibattito.

Giovedì 21 settembre, alle ore 18.30, CAMERA ospita Mandy Barker (1964), artista inglese pluripremiata a livello internazionale, in occasione dell’inaugurazione di Oasi iTierra! di Lavazza. In dialogo con il direttore artistico Walter Guadagnini, Barker ci racconterà il lavoro fotografico, riconosciuto a livello mondiale, che da oltre tredici anni conduce sui detriti plastici marini creando eleganti e suggestive composizioni che viste da vicino raccontano una scioccante realtà: l’impatto della plastica sul mondo marino e sulle barriere coralline. In collaborazione con gli scienziati, attraverso le sue fotografie l’artista mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’inquinamento da plastica negli oceani del mondo, evidenziando gli effetti nocivi sulla vita marina, sui cambiamenti climatici e, in ultima analisi, su noi stessi, inducendo lo spettatore ad agire.

Agli effetti delle attività dell’uomo sull’ambiente è dedicata anche la parte più rilevante della carriera di Dorothea Lange. Nel corso delle spedizioni organizzate dalla Farm Security Administration racconta, infatti, le terribili conseguenze di una forte siccità che negli anni Trenta del Novecento colpisce i territori delle Grandi Pianure, aggravate dall’impoverimento del suolo dovuto dall’aratura aggressiva del terreno, innescando una grave crisi agricola e la migrazione di migliaia di persone.

Intervengono:

Mandy Barker, artista

Walter Guadagnini, direttore artistico di CAMERA

La serata è un’occasione speciale per aprire al pubblico la nuova area break di CAMERAcon il progetto Oasi iTierra! di Lavazza, partner di CAMERA fin dalla sua fondazione.

Lavazza accetta la sfida di migliorare e rendere valoriale il momento della pausa caffè. Oasi iTierra! è un progetto innovativo che nasce con l’obiettivo di trasformare il modo in cui si vive il momento della pausa, portando il consumatore in uno spazio nuovo, ingaggiante, tecnologico e attento alla sostenibilità. All’interno dell’area si potranno gustare le capsule per vending machine Blue iTierra! For Planet Espresso Bilanciato compostabili, che rappresentano l’unione tra qualità e sostenibilità. Anche nella proposta di prodotto la volontà è stata quella di optare per una soluzione allo stesso tempo consapevole e di valore. Nell’Oasi iTierra! troviamo l’attenzione alla sostenibilità sia nel prodotto offerto sia nell’ambiente che ci circonda: uno spazio dal design contemporaneo modulabile e integrabile in qualsiasi ambiente, con materiali 100% naturali, senza plastica o resine ma solo con legno, cemento e vetro che rendono l’oasi una vera e propria isola verde dall’atmosfera tropicale, dotata di purificatore d’aria, diffusore di aromi e ricca di piante e verde vivo.

Per ciascuna Oasi iTierra! Lavazza si impegna a piantare più di 1.000 alberi in diverse parti del mondo a supporto di progetti di riforestazione in collaborazione con Tree-Nation.

 

Exhibi.To celebra le gallerie e gli artisti: Torino al centro del mondo delle arti visive

Dal 21 al 23 settembre, gallerie e spazi indipendenti dedicati all’arte contemporanea riportano Torino al centro del mondo delle arti visive.

Settembre è il momento perfetto per ri-aprire le porte, un open gallery weekend, che accoglie artisti affermati ed emergenti, oltre a visitatori provenienti da tutto il mondo.

 

Fondato nel 2020, l’evento si è consolidato come un punto di riferimento nel calendario artistico della città.

Exhibi.To celebra le gallerie e gli artisti, offrendo esposizioni di alto livello e un’esperienza unica del panorama artistico, connettendo il grande art compound della città e dei suoi spazi espositivi.

 

Exhibi.To non è solo una manifestazione ma un’associazione che collabora con una moltitudine di realtà artistiche disseminate sul territorio per valorizzare l’arte contemporanea, la ricerca e l’educazione culturale.

In questa nuova edizione entra il Comune di Moncalieri con la biblioteca Antonio Arduino, ricca di una importante collezione di opere originali e la galleria BI BOx Art Space di Biella.

Exhibi.To si potrà anche ascoltare. Sono stati prodotti per la prima volta dei Podcast gallery, per ascoltare la voce dei galleristi raccontare in poco più di un minuto cosa hanno scelto di esporre, quali artisti hanno privilegiato, il significato della mostra e quali curatori hanno coinvolto.

Exhibi.To offre un programma di tour gratuiti per appassionati e per chi vuole scoprire la voce e il valore dell’arte contemporanea.

Quest’anno 5 tour mapperanno l’intera città conducendo i partecipanti all’interno degli spazi espositivi per conoscere le opere e i galleristi. La mappa è in distribuzione in tutte le sedi.
Prenotazione obbligatoria al +39 338.142.6301
Immagine incorporata

Gallerie e spazi indipendenti per Exhibi.To 2023

Dedicati all’arte contemporanea aperti al pubblico dal 21 al 23 settembre

 

 

Torna a Torino dal 21 al 23 settembre la rassegna Exhibi.To, manifestazione realizzata con il patrocinio del Comune di Torino, che aprirà le porte di gallerie d’arte e spazi indipendenti dedicati all’arte contemporanea, proponendo anche tour guidati per conoscere i galleristi cittadini, opere e artisti.

Settembre appare il momento perfetto per RI-aprire le porte in un Open Gallery weekend capace di accogliere artisti affermati ed altri emergenti, oltre a visitatori provenienti da tutto il mondo.

Exhibi.To non è solo una manifestazione, ma un’associazione che collabora con una moltitudine di realtà artistiche disseminate sul territorio per valorizzarne la ricerca, l’arte contemporanea e l’educazione culturale.

In questa nuova edizione entra anche il Comune di Moncalieri con la biblioteca Arduino, ricca di un’importante collezione di opere originali e la galleria BI Box Art Space di Biella.

Exhibi.To per la prima volta è anche ascoltabile perché sono stati prodotti per la prima volta dei podcast Gallery per ascoltare la voce dei galleristi, che potranno raccontare in poco più di un minuto cosa hanno scelto di esporre, quali artisti hanno privilegiato, il significato della mostra e i curatori coinvolti.

Cinque tour mapperanno l’intera città conducendo i partecipanti all’interno degli spazi espositivi per conoscerne le opere e i galleristi.

L’opening avverrà giovedì 21 settembre alle ore 15.

Mara Martellotta

“I mondi di Mario Lattes #2” nel centenario della nascita

Proseguono alla “Fondazione Bottari Lattes” le celebrazioni dell’eclettico e “visionario” artista torinese

Fino al 3 dicembre

Monforte d’Alba (Cuneo)

Le tante ombre. “Busti” senza volto, neri e tormentati, presagi di terrifiche ambiguità. Le inquietanti oscurità e le smarrite luci. Luci di rossi e gialli, pur intensi, graffiati da segni e memorie che bruciano immagini e anima, cui l’artista affida il compito di inquadrare il dramma de “L’incendio del Regio” (olio su carta intelata del 1983) o di “nudi” indefiniti e contorti (citazione dal viennese Schiele) e “nature morte” fatte di oscure presenze, concreti riflessi di incubi che rincorrono la vita senza mai dare né darsi pace. Eccoci ancora immersi nei “mondi di Lattes” e l’accesso ci pone, come sempre, di fronte alle consuete insidie. “Occorre adeguarsi alle sue luci e alle sue ombre, intuire l’indefinito pur sapendo che esiste un lato oscuro che non può disvelarsi”: così scriveva, a commento di una recente retrospettiva dedicata a Mario Lattes (Torino, 1923 – 2001) – pittore, scrittore, editore e personaggio di spicco nel mondo culturale piemontese, e non solo, del secondo dopoguerra – l’incisore e critico d’arte Vincenzo Gatti, al quale ancora è affidata la curatela de “I mondi di Mario Lattes #2”, realizzata dalla “Fondazione Bottari Lattes”fino al prossimo 3 dicembre, nella sede di via Marconi 16, a Monforte d’Alba. Mostra che si inserisce all’interno delle celebrazioni organizzate per i cento anni dalla nascita dell’artista e che vedono la “Fondazione” e la sua Presidente, Caterina Bottari Lattes, impegnata ormai da mesi in svariate iniziative. La più recente una mostra di grande successo (“Mario Lattes. Teatri della memoria”) tenutasi fino allo scorso maggio alla “Reggia di Venaria” e prima ancora un’altra anticipatrice retrospettiva (“I mondi di Mario Lattes #1”) ospitata, fino a fine gennaio, sempre nelle sale della “Fondazione” di Monforte d’Alba. Oggi sono oltre quaranta, tra cui diverse raramente esposte in pubblico e alcune di recente acquisizione, le opere di Lattes presenti in mostra e datate tra gli anni ’50 e i primi anni ‘90. A coprire cronologicamente l’intera attività artistica del pittore, troviamo anche un buon numero di dipinti precedentemente separati per vicende collezionistiche e ora riuniti e posti in dialogo con quelli già presenti in parete. Il “mondo” di Lattes è un mondo che intriga. Che ti inquieta, senza mai respingerti. In cui, anzi, non puoi “non entrare”. E ciò che più ti spinge a “capirlo”, a “decodificarlo” è proprio quella sorta di “dark side”, di “lato oscuro” che vibra anche nei contesti di più semplice e consueta quotidianità. E’ quella sottile, onnipresente malinconia, quell’“epico senso dell’inconcludenza umana”, forse propriamente legata (anche nei suoi romanzi e racconti pubblicati fra il ’59 e l’85) alle sue radici e alla consapevolezza della propria “frammentata identità ebraica”. Scrive Vincenzo Gatti: “Molti sono i mondi di Mario Lattes, e misteriosi. Con disincantata franchezza si muove tra diverse dimensioni, com’è ovvio per un intellettuale dalla sensibilità fittamente diramata tra parola e immagine, e giustamente insofferente a stringere l’attitudine creativa in schemi artificiosi e convenzionali categorie. Meglio affidarsi, per le immagini, a una singolare e personalissima interpretazione, intrisa di umori visionari (le suggestioni simboliste e surrealiste affiorano, ma quasi velate da una sottile ironia) in un contesto tutto mentale dove la stessa tecnica esecutiva, costantemente inventata e stravolta con indifferenza accostando materiali e procedimenti eterodossi, contribuisce a evocare, piuttosto che a svelare”. E allora ben scriveva anche Marco Vallora nel 2008, in occasione di un’ampia retrospettiva dedicata all’artista dall’“Archivio di Stato” di Torino: “ Mario Lattes è sempre là dove non te lo attendi”. Sfuggente. Espressionista, sì. Surrealista e simbolista, sì. Ma sempre “cavallo solitario”. Anima insofferente ai “recinti”. Vicino a Schiele e a Soutine. Ma libero a inventarsi segni e colori. Libero di cantare dolori, malinconie, ironiche provocazioni, voglie di solitudine e cascate di amara “memoria”. Diceva lui stesso: “I ricordi sono cicatrici di memoria”. Così anche le “marionette”, i “teatrini”, le “teste”, gli “idoli” e i “manichini” (come i pasticcieri o i valletti o i chierichetti di Soutine) “sono icone – conclude Gatti – di un’individualità attonita, consapevoli delle inquietudini che da sempre pervadono l’animo umano … L’artista-profeta ci indica così un percorso e ci invita a riconoscere i nostri fantasmi per esorcizzarli attraverso la fatica di vivere e guadagnare la nostra esistenza giorno per giorno”.

Gianni Milani

“I mondi di Mario Lattes #2”

Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173789282 o www.fondazionebottarilattes.it

Fino al 3 dicembre

Orari: dal lun. al ven. 10/13; sab. e dom. 11/16,30

Nelle foto: “Senza titolo”, olio su tela, 1959; “L’incendio del Regio”, olio su carta intelata, 1983; “Natura morta”, tecnica mista su cartoncino,, s. d.; “Nudo”, tecnica mista su carta intelata, 1991.

 

De Wan e Petralia in mostra al Castello di Piea

Concomitante all’imminente Fashion Week una gara amichevole fra artisti verrà ospitata al castello di Piea d’Asti, già censito come area museale. Le opere di Roberto De Wan (in alto a destra) saranno qui in competizione con i quadri del Maestro Andrea Petralia (in alto a sinistra). Diplomato all’Accademia di Belle Arti a Catania e presso lo IED a Milano, quest’ultimo vince il Compasso d’Oro nel 1994 e si distingue in svariate esposizioni anche all’estero. Sostanzialmente Petralia rappresenta il poeta dell’immagine classica rivisitata dalla quale traspare la saggezza e la profondità del suo animo mediterraneo. De Wan frequenta invece lo studio del pittore surrealista Pontecorvo durante gli studi liceali a Torino dove si laurea in Scienze Politiche. Già docente presso l’Accademia di Belle Arti di Cuneo e fashion designer, quest’anno il pittore vanta otto diverse esposizioni, fra le quali due personali presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e la Galleria Lattuada di Milano. Le sue opere sono state in mostra anche a Palazzo Cusani e permangono al Museo Storico dell’Arma di Cavalleria di Pinerolo. Esponente di un’arte informale ma raffinata che secondo la critica di Angelo Mistrangelo rilancia la sfida del movimento CO.BR.A. con una potenza espressiva carica di spiritualità, Roberto De Wan racconta così il suo intimo vissuto, ricco di persone, di luoghi fantastici, di miti.

Mostra visitabile dalle ore 15,30 di Domenica 24 settembre sino al 15 ottobre. Ingresso gratuito. Per informazioni: contessadipiea@icloud.com