Così ha commentato la mostra da lui curata, dal titolo “I pittori della luce. Da Caravaggio a Paolini” il suo curatore, il critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi
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Sgarbi porta a Lucca i “luministi”, i pittori della luce da Caravaggio a Paolini
Un viaggio nella storia della musica e nei capolavori dell’iconografia pop del Novecento che hanno rivoluzionato il concetto di disco come oggetto del desiderio. Miró, Warhol, Koons, Bausquiat, Haring, gli italiani Clemente, Paladino, Lodola, Pistoletto, Nereo Rotelli, D’Angelo, Zorio, e grandi fotografi come Araki, Mapplethorpe, Ghirri, illustratori quali Crepax, Manara e tanti altri uniti nel segno della musica. Curata da Vincenzo e Giorgia Sanfo, con la collaborazione di Alessandra Mammì, Red Ronnie, Sergio Secondiano Sacchi, l’esposizione raccoglie 156 vinili, sculture, dipinti, grafiche e documenti di un mondo ancora in buona parte sconosciuto al grande pubblico.
Springsteen e Annie Leibovitz, gli incontri come quello tra Mario Schifano e Andy Warhol sino ad artisti come Ugo Nespolo, Enzo Cucchi o Joseph Beuys che hanno utilizzato il vinile come mezzo di divulgazione delle proprie riflessioni.
Ilario Manfredini. Mostra che considera con attenzione e con un suggestivo sguardo di nicchia i “Tesori d’arte al Castello di Vinovo”. A lungo rimandata per immancabili motivazioni pandemiche, sino al 12 giugno prossimo offrirà la possibilità al visitatore di aggirarsi nel giardino, nelle sale – dal salone d’onore alla Sala del Fregio, dalla Sala degli Stucchi e dei Medaglioni all’ambiente di Carlo VIII – e nello splendido chiostro che, oltre alle grottesche messe in salvo, offre, con le colonne, in alternanza i medaglioni in cotto degli imperatori Nerone e Galba, per confluirli verso quelli della Giustizia Ritrovata. Fregi, pitture riscoperte, curiosi schizzi alle pareti, soffitti riportati alla luce, storia e tradizioni e personaggi, ampi ambienti dove, se non appieno, hanno trovato posto preziosi materiali, come miniature e volumi e documenti – come tre piccole tavole dovute a Gandolfino da Roreto: principali prestatori la Galleria Sabauda, l’Archivio di Stato, Palazzo Madama, Pinacoteche di Pavia e Faenza – che ricreano l’evoluzione di questo alto esempio d’architettura rinascimentale del nostro territorio, costruito su disegno di Baccio Pontelli, come gli ampliamenti che hanno ridisegnano in modo definitivo il “castrum novum”, con l’abbandono del “castrum vetus”. La mostra ha un’appendice anche nella chiesa parrocchiale, dove si può ammirare il complesso scultoreo tardo quattrocentesco del “Compianto”, opera realizzata per il perduto convento del Tivoletto da un ignoto artista forse di area lombarda.

L’artista italiano Salvatore Zito è tra i primi a inaugurare le personali della nuova galleria parigina Art Research Paris (A.R.P.). Proprio di fronte all’Eliseo, il gallerista Jean-Jacques Wattel, già noto esperto d’arte della casa d’aste Tajan, ha infatti appena aperto con François Coudert un grande spazio innovativo per l’arte e ha scelto, tra le personali da ospitare, quella dedicata agli “stick” inconsumabili del torinese Zito, che il filosofo Gianni Vattimo ha definito “un pittore dell’ulteriorità, che nasconde e fa presenti gli orizzonti ulteriori”.
E’ la prima mostra organizzata in Italia su un genere particolarissimo di forma d’arte, da secoli estremamente diffusa in Giappone e in tutta l’Asia orientale, dove assume però nomi differenti. Si tratta del cosiddetto kakemono o kakejiku, un rotolo di tessuto prezioso o carta, dipinto o calligrafato e realizzato con lo scopo di essere appeso durante occasioni speciali o utilizzato come decorazione a seconda delle stagoni dell’anno. Ben 125 possono essere oggi ammirati in una rassegna di grande interesse ospitata, fino al 25 aprile dell’anno prossimo, presso gli spazi del “MAO-Museo d’Arte Orientale” di Torino. A cura di Matthi Forrer, professore di “Cultura materiale del Giappone pre-moderno” all’Università di Leida, la rassegna – comprendente anche ventagli dipinti e lacche dorate – è resa possibile grazie ai prestiti arrivati al Museo di via San Domenico dalla “Collezione Claudio Perino”, un’importante raccolta di opere acquisite dal medico collezionista piemontese, fra i principali prestatori e mecenati dello stesso Museo. I “rotoli appesi” sono distintivi della produzione pittorica di Cina, Corea e Vietnam, oltre che del Giappone stesso, e rappresentano il corrispettivo dei nostri classici “quadri”. Con una sostanziale differenza. Mentre, infatti, le nostre tele o tavole sono caratterizzate da una struttura rigida, i “rotoli dipinti” presentano una struttura relativamente morbida e sono pensati per una fruizione limitata nel tempo.
Sempre al “MAO”, è in corso fino al 27 febbraio del prossimo anno la mostra dell’artista spagnolo Fernando Sinaga, dal titolo “Il Libro delle Sorti e dei Mutamenti”, a cura di Begona Martinez e Pedro Medina. Si tratta di un progetto site specific in cui l’installazione di Sinaga dialoga con due importanti volumi, una copia a stampa del classico cinese “Il Libro dei Mutamenti (I Ching / Yijing)” di metà Ottocento, proveniente dalla Biblioteca dell’Università “La Sapienza” di Roma, e un facsimile del “Libro delle Sorti” proveniente dalla “Biblioteca Nazionale Marciana” di Venezia, pregevole riproduzione dell’opera omonima scritta da Lorenzo Spirito nel 1482. Libri senza pagine, quelli dell’artista spagnolo. In parete troviamo buste sigillate e forme e oggetti stilizzati in cui simbolicamente si concentrano improbabili visioni future, attimi del presente segnato dall’incertezza. Che cancella sogni, speranze, previsti accadimenti su cui (soprattutto dopo i tempi imprevisti della pandemia) non è più lecito fare alcun affidamento. All’interno di quei simulacri appesi ristagna un limbo oscuro fatto di attese, “orfane della visione del futuro e abbandonate al loro incerto destino”. La mostra è realizzata con l’appoggio di “Acción Cultural Española” grazie al “Programma di Internazionalizzazione della Cultura Spagnola (PICE)”.




