ARTE- Pagina 12

I macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia

 Protagonisti di una mostra al Mastio della cittadella, aperta fino ad aprile

 

Al Mastio della cittadella ha aperto lo scorso 3 febbraio la mostra intitolata “I macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”.

Prodotta da Navigare srl con il patrocinio della Regione Piemonte e Città di Torino e con la collaborazione di AICS, l’esposizione riunisce circa novanta dipinti a olio e acquerelli di trenta artisti prevalentemente italiani, con alcune opere di artisti francesi, provenienti da collezioni private e da quella di Palazzo Foresti di Carpi.

L’esposizione vuole evidenziare e studiare la nascita e l’evoluzione della pittura dei macchiaioli nei suoi diversi aspetti, mettendo in risalto le origini e le ragioni di questa importante rivoluzione artistica, i suoi sviluppi e la sua eredità. Obiettivo della mostra è quello di indagare i protagonisti e l’evoluzione di questo movimento, fondamentale per la nascita della pittura italiana contemporanea.

Tra i trenta artisti in mostra, prevalentemente italiani, figurano Cabianca, Fattori, Signorini, De Tivoli e Boldini, accanto ad opere di artisti francesi quali Troyon, Rousseau, Daubigny, Dupré, Millet e Corot, che narrano la storia della pittura macchiaiola tra Toscana, Campania, Piemonte e Francia.

L’esposizione, suddivisa in dieci tematiche, propone un percorso che racconta l’evoluzione del movimento artistico nel contesto europeo e italiano, i suoi rapporti con il realismo della pittura en plein air della scuola francese di Barbizon, quelli con i paesaggisti della scuola napoletana e quelli con la Scuola di Rivara, in Piemonte, dove fu proprio casa Savoia a incentivare la pittura paesaggistica. Tra i temi figura anche l’arte della caricatura alla quale si dedicarono gli artisti che si riunivano intorno al caffè Michelangiolo di Firenze, il primo caffè letterario della città toscana, nato nel 1848, in pieno fermento risorgimentale.

Tra le opere caricaturali ricordiamo quelle di Telemaco Signorini, Angiolo Tricca, Eugenio Cecconi e Vito d’Ancona. A concludere il percorso un tema dedicato all’eredità dei macchiaioli.

Un legame che viene esaminato è quello dei macchiaioli e della fotografia, non solo vista come rivale pericolosa della pittura, ma utilizzata per osservare i contrasti tra luce e ombra nei soggetti di tipo storico, letterario, fino alla tematica del lavoro nei campi e alle scene di vita quotidiana.

Un altro legame che viene approfondito è quello con l’Impressionismo. Silvestro Lega si dimostrò ben disposto verso gli artisti francesi, mentre Giovanni Fattori definì le ombre blu, caratteristica di Signorini, e gli sfondi arancio e rosso tipici di Costa Romano “Cosa vecchia. Nulla di nuovo sotto il sole”.

La mostra è curata dalla storica dell’arte Simona Bartolena ed è ospitata nella struttura affidata a Difesa Servizi, la partecipata del Ministero della Difesa che si occupa della valorizzazione degli asset del Dicastero.

 

La mostra è visitabile al Mastio della Cittadella fino al 1 aprile prossimo

Aperta da lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 19.30, nel weekend dalle 9.30 alle 20.

Ultimo ingresso 30 minuti prima dell’orario di chiusura.

 

MARA MARTELLOTTA

Antonio Galano. Un pittore da riscoprire

Lodevole retrospettiva, al “Collegio San Giuseppe” di Torino, dedicata all’artista di origini pugliesi “sospeso tra Sud e Nord”

Fino all’8 febbraio

La “Torino dell’arte” non è mai stata troppo generosa e attenta, come invece avrebbe dovuto essere, nei confronti dell’attività pittorica di Antonio Galano, artista pugliese originario di Foggia (1911 – 1970), trasferitosi sotto la Mole alla fine degli anni Quaranta, “con un vivace bagaglio di immagini e colori della sua terra”. A rimediare alle dimenticanze di una città che fra gli anni ’50 e ‘60 smaniava appresso tendenze di avanguardie e post-avanguardie sopraggiunte in forza da Paesi d’oltralpe e d’oltreoceano, è indubbiamente lodevole l’iniziativa del “Collegio San Giuseppe” di via San Francesco da Paola, a Torino (sempre più prestigioso spazio espositivo, oltreché riferimento didattico di alto livello per la Città) che a Galano ha inteso dedicare, fino giovedì 8 febbraio, un’interessante retrospettiva (la prima, dopo oltre cinquant’anni dalla sua scomparsa), promossa dalle figlie Enza e Teresa, con la curatela di Giulia Caffaro. Significativo il titolo della rassegna, “Un pittore sospeso tra Sud e Nord”, che presenta 23 dipinti della “Collezione privata Galano”, articolati nelle tre sezioni “Scorci del Sud”“Ritratti” e “Scorci del Nord”. In tutti è ben chiaro il valore di un pittore onesto, assolutamente credibile, votato alle regole di un “figurativo” appreso alla “Scuola di Belle Arti” (fondata a Napoli dal maestro – suo compaesano – Nicola Parisi) capace però di piacevolmente scivolare in irrequiete pagine d’impronta post-impressionista in quell’uso rapido e bizzarro del segno indefinito e di colori lasciati volentieri liberi di esprimere piacevoli e poetiche sensazioni legate ai soggetti affrontati. Quando Galano approda a Torino (in “valigia” le assolate visioni delle “piane” e dei “paesaggi” e della “gente” di Puglia, dono artistico a quel Nord che presto imparerà ad amare nelle sue “piazze” e nei suoi “portici” e nei suoi “mercati”, come nelle sue “colline”, nei suoi verdi “scorci boschivi” e nelle sue magiche “montagne”), troverà un, forse inaspettato, incontenibile fermento culturale, un milieu artistico legato alle figure di Felice Casorati, pittore, e di Luigi Carluccio, critico e gallerista a “La Bussola” insieme alla galleria “Notizie” di Luciano Pistoi, cui si deve la riscoperta del “Secondo Futurismo torinese” e dell’ “Informale” europeo e americano fino allo sbarco sotto la Mole – pigmalioni il gallerista Sperone e il critico Celant – del Gruppo dell’ “Arte Povera”  celebrata dai vari PistolettoMerzGilardiPaoliniPenone e altri. Tutto questo urlato “vociare” lo destabilizza non poco. Cerca di carpirne le “filosofie” e le “motivazioni”, ma con onestà non se la sente di svicolare dai suoi “principi” e capisce con tristezza che, “per i pittori ‘tradizionalisti’ come lui, è rimasto poco spazio nel ‘magma artistico’ della grande ripresa italiana”. Si prende, quindi, una piccola “pausa di riflessione”, ritirandosi a vita privata , “per poi tornare – sottolinea Giulia Caffaro – sulla scena artistica piemontese qualche anno più tardi, con una tecnica pittorica più raffinata, post-impressionista, lirica e narrativa. Nel suo studio paesaggi naturali e abitati hanno il pregio di una realtà viva, piacevole, senza enfasi né retorica. Si tratta di brevi e semplici racconti suggeriti dalla natura e dagli angoli dei centri urbani, macchie colme di colore e di calore, miscelate senza contorni netti”. Assolutamente piacevole quell’“Ombra e luci di Porta Palazzo”, olio su tela del ’68, dove il soggetto appare frammentato in mille rivoli di colore, fra antiche mura, palazzi, piccole quotidiane realtà osservate dall’alto dal cinquecentesco cupolone della “Chiesa di Santa Croce” posta a ridosso della “Galleria Umberto I”; colori che ancora mantengono il calore del Sud (“Dopo la messa”, 1959), pur appropriandosi di più umbratili tonalità proprie della terra d’adozione, come in “Melodia del bosco” (1967) o nel fontanesiano “Al calar del sole” del 1965. E poi i “Ritratti”, figure “che paiono scolpite nel tempo e nella fatica” o che esplodono nell’eccentricità del “Giovanotto” (1960), fino a sbizzarrirsi in un frenetico gioco espressionista nello “Sciuscià” (sempre del ’60). Al termine del percorso espositivo, a salutarci è un ritratto a lui dedicato nel ’61 da Salvatore Scognamiglio, fra gli amici del “Gruppo Nazionale degli Artisti Autonomi” (“G.N.A.A.”), costituito a Foggia e dal ’68 diventato realtà torinese: memoria di un uomo e di un pittore che ha fatto dell’onestà morale e artistica, “in un’epoca – per dirla con un signor critico, quale fu Vittorio Bottino – piena di bari e di traditori dell’arte”, il suo primo obiettivo di vita.

Gianni Milani

“Antonio Galano. Un pittore sospeso tra Sud e Nord”

Collegio “San Giuseppe”, via San Francesco da Paola 23, Torino; tel. 011/8123250 o www.collegiosangiuseppe.it

Fino a giovedì 8 febbraio

Orari: lun. – ven. 10,30/12,30 – 16,30-18,30; sab. 10/12

Nelle foto:

–       “Ombre e luci a Porta Palazzo”, olio su tela, 1965

–       “Dopo la messa”, olio su tela, 1959

–       “Al calar del sole”, olio su tela, 1965

–       “Giovanotto”, olio su tela, 1960

L’arte di Fernanda Core, “Dove porta la neve”

Inaugura sabato 3 febbraio alle ore 16,30, nella Manica Lunga del Castello di Casale Monferrato,  la mostra di oli, acquerelli, acrilici, guache e disegni su carta tinta, nonché  illustrazioni della pittrice Fernanda Core, dal titolo DOVE PORTA LA NEVE. 

Come afferma la critica Giuliana Bussola nella sua bella presentazione, “….è  chiaro il fascino subìto da Caspar David Friedrich,  con cui la pittrice  sente affinità  elettiva, riguardo lo stupore che deriva dalla contemplazione del creato. Ma il suo cammino personale procede diversamente, poiché  non unisce, come il grande pittore romantico, l’attrazione allo sgomento, al terrore  derivato dalla inaccessibilità  della natura aldilà  della comprensione  umana. La contemplazione  della pittrice infatti si risolve nella scoperta di una ottimistica comunione tra uomo e creato.

E più  avanti: “…le tante citazioni del pittore romantico tedesco,  di Segantini,  e in altre occasioni di Piero della Francesca denotano  il desiderio di mantenere la memoria dell’arte del passato, che non richiede  di essere esclusiva dei grandi artisti, ma deve essere linfa e stimolo di una ripresa creatrice, confermando in tal modo l’indissolubile unione di forma e contenuto, di Idea e Mestiere….”

E ancora: “A dimostrazione della perizia anche nel disegno, sono presenti in mostra le chine originali,  gli oli e gli acquerelli che compongono le illustrazioni del libro per bambini “LA GALLINELLA ROSSA DI MAGNEAZ ” il cui testo è costituito da una antica fiaba della tradizione orale della Val d’Ayas,  raccolta  e tradotta dal patois dalla storica maestra del paese,  Anna Brunod, e illustrata e impaginata da Fernanda Core.

Questa mostra personale segna il ritorno della pittrice a Casale Monferrato, e al Castello, dopo l’esposizione fatta insieme alla madre, anch’essa  pittrice,  nel 2016.

Ma qui sono la neve e le montagne a essere protagoniste.  Quella montagna che inspira un sentimento che non ha un nome  nella nostra lingua, ma che si può  definire “senso di intimità” , tra la natura e se stessi, o che proviamo guardando le casette silenziose dalle finestre  illuminate, o al calore delle stufe, dei camini e dell’accoglienza.

Fernanda Core ha studio sia a Casale  Monferrato che a Milano. In qualità  di grafica ha fatto parte del gruppo milanese  Humor Graphic, come  fumettista w vignettista ha preso parte a numerose  rassegne,  come la Biennale di Lucca, Treviso Comics, la Biennale dell’umorismo  di Ferrara, partecipando a prestigiose esposizioni, quali a Palazzo Braschi a Roma, Palazzo  di Re Enzo e Artefiera a Bologna, alla Triennale e Museo Archeologico  a Milano, e ha collaborato con varie testate. Fra le personali come pittrice ricordiamo Milano al Consolato degli Stati Uniti, e da Arter, in Monferrato al Teatro Municipale,  al Castello di Casale Monferrato e  a Villa Vidua a Conzano, ad Asti al teatro Alfieri.  e per il cinquecentenario della morte di Piero della  Francesca  a Sansepolcro e ad Arezzo. Ha inoltre  esposto in Olanda, Svizzera, e presso la Galerie Alphaflor di Friburgo  in Germania.

La mostra DOVE PORTA LA NEVE sarà  visitabile dal 3 al 25 febbraio il venerdì  ore 15,00/19,00.

Sabato e domenica  10,00/13 – 15,00/19 Castello di Casale  Monferrato

Parte dal Forte di Bard il tour di “Wildlife Photographer of the Year 2023”

La natura e i suoi protagonisti. In un click le migliori foto del 2023

59esima edizione. Fra i vincitori anche la piccola torinese Ekaterina Bee

Dal 3 febbraio al 2 giugno

Bard (Aosta)

Un granchio a ferro di cavallo con il suo carapace protettivo dorato, che si muove lentamente sul fango nelle acque protette dell’isola di Pangatalan nelle Filippine, affiancato da tre piccole carangidi anch’esse dorate e a piccole strisce multicolori: siamo di fronte a uno spettacolo naturale in grado di ricordarci quanto sia grande e inattesa la bellezza del Creato, in ogni sua più piccola e vitale espressione. Ma siamo anche di fronte alla grandezza di una foto e di un “maestro” della fotografia capace di cristallizzare, nell’attimo che conta, quella meraviglia che d’improvviso si mostra ai suoi occhi per donarla a tutti noi. “The golden horseshoe è la foto vincitrice in assoluto della 59esima edizione di “Wildlife Photographer of the Year”, il più datato (1964) e prestigioso riconoscimento dedicato alla “fotografia naturalistica”, promosso dal “Natural History Museum” di Londra. E l’artista che la firma (“fotografo naturalista dell’anno 2023”) è il biologo e fotografo marino francese Laurent Ballesta, già vincitore nel 2021.

“Wildlife Photographer of the Year” fornisce “una piattaforma globale” che mette in mostra alcuni dei migliori talenti della fotografia provenienti da tutto il mondo da quasi 60 anni. Le immagini premiate (e giudicate in modo anonimo da una giuria internazionale di esperti in base all’originalità, alla narrazione, all’eccellenza tecnica e alla pratica etica raccontando e indicando possibilmente un futuro a difesa del Pianeta) intraprendono un “tour internazionale” che sarà visto nel complesso da oltre un milione di persone. Per l’Italia la prima tappa è nelle Sale delle Cannoniere al “Forte di Bard”, dove gli scatti premiati nelle 17 categorie saranno presentati, da sabato 3 febbraio a domenica 2 giugno, in un suggestivo allestimento all’interno di light panels (pannelli retroilluminati) capaci di renderli ancora più emozionanti.

Le cifre: sono 49.957 le iscrizioni da parte di fotografi di tutte le età e livelli di esperienza, provenienti da 95 Paesi, registrate nel concorso di quest’anno e scattate nel corso dell’anno appena concluso.

Accanto alla foto vincitrice del francese Ballesta, altro scatto decisamente curioso e intrigante è quello dell’israeliano Carmel Bechler, vincitore del “Young Wildlife Photographer of the Year 2023”, con l’immagine “Owls’ road house” che immortala alcuni barbagianni all’interno di un edificio abbandonato vicino ad una strada trafficata. L’autore ha sfruttato al massimo la luce naturale e ha utilizzato tempi di esposizione lunghi per catturare le scie luminose del traffico in transito. Occhi e mani al servizio di indubbie capacità tecniche e anima attenta alle voci di un’intensa emozionalità.

Tra i vincitori anche gli italiani Alessandro Falco (abruzzese di Montesilvano, menzione speciale nella sezione “Photojournalism”), i romani Barbara Dall’Angelo (menzione speciale nella sezione “Zone Umide”) e Bruno D’Amicis (menzione speciale nella categoria “Talento naturale”) e il milanese Pietro Formis (menzione speciale nella sezione “Ritratti animali”).

Un plauso speciale e (lo confesso) di parte, per l’undicenne torinese Ekaterina Bee (premiata nella categoria 11-14 anni) e già vincitrice del “Wildlife Photographer of the Year 2022” (nella categoria fino ai 10 anni). Titolo della foto presentata quest’anno: “Out of the blue”. Su una barca nelle acque dell’isola di Skye (Scozia), l’isola più grande dell’arcipelago britannico delle Ebridi, Ekaterina ritrae con sorprendente e rapida abilità, attraverso i varchi creati dal pacato ondeggiare delle acque, l’elegante scivolare di una coppia di “delfini tursiopi” men che meno, in questo caso, “acrobati dei mari”, ma placide creature alla ricerca – pare – della migliore posizione per permettere ad Ekaterina di scattare una foto davvero “da incorniciare”.

 

Gianni Milani

 

“Wildlife Photographer of the Year”

“Forte di Bard”, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Dal 3 febbraio al 2 giugno

Orari: Mart. – ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19. Lunedì chiuso

 

Nelle foto:

–       Laurent Ballesta: “The golden horseshoe”, 2023

–       Carmel Bechler: “Owls’ road house”, 2023

–       Ekaterina Bee: “Out of the blue”, 2023

Un pittore torinese contro il Sultano, una mostra in Duomo

Si infila a sorpresa in mezzo alla battaglia con un autoritratto e dipinge la liberazione di Belgrado dall’assedio degli Ottomani nel 1456 quando le bandiere della Mezzaluna minacciavano il mondo cristiano. L’artista torinese del Settecento Pietro Domenico Olivero (1679-1755) appare sul lato destro del quadro, con un manto rosso, la spada in mano e ai suoi piedi il suo amato cane, quasi coperto e protetto da Fra Giovanni da Capestrano, il vero protagonista dell’opera, un coraggioso frate francescano che con il vessillo crociato e il crocifisso in mano uscì dalla fortezza assediata e lanciò i cristiani contro i turchi che circondavano la città mettendo in fuga l’armata del sultano Maometto II che tre anni prima aveva conquistato Costantinopoli. Il religioso ebbe un ruolo importante nella battaglia, incoraggiò soldati e cittadini di Belgrado con le sue preghiere impegnandosi per la libertà dei cristiani.
Con le sue parole infuocate affascinò una folla enorme di giovani, studenti, contadini, borghesi, religiosi, poveri, eremiti e mendicanti diventando l’anima della lotta. La battaglia di Belgrado del 1456 fu vinta da una coalizione serbo-ungherese contro gli Ottomani e ritardò di 70 anni l’invasione turca dei Balcani. Le campane delle chiese suonarono a festa per interi giorni e la notizia della vittoria esaltò l’Europa cristiana. Nato a Capestrano, paesino presso l’Aquila, il francescano Giovanni è stato proclamato santo dalla Chiesa nel 1690. Oggi il frate abruzzese è il patrono dei cappellani militari di tutto il mondo. “Giovanni da Capestrano alla liberazione di Belgrado” è una delle sei opere di Olivero, recentemente restaurate, provenienti dalla Chiesa di San Tommaso ed esposte in via eccezionale in Duomo per pochi giorni, fino all’11 febbraio, negli orari d’apertura della cattedrale, in attesa di trovare una sede adeguata. Si tratta di sei dipinti a olio su tela con le storie di Santi Francescani commissionati nel 1731 a Olivero dai Frati Minori per l’antica chiesa di San Tommaso. Le tele era ridotte assai male, annerite e poco comprensibili, il delicato intervento di restauro le ha riportate all’originario splendore. Oltre alla liberazione di Belgrado, nella navata laterale destra del Duomo si ammirano altre cinque opere di Olivero, l’estasi di San Francesco d’Assisi, Francesco che muta l’acqua in vino, San Salvatore da Horta risana gli infermi, il miracolo della mula di Sant’Antonio da Padova e Sant’Antonio che predica ai pesci. Il restauro è stato fortemente voluto da don Carlo Franco, ex parroco del Duomo, musicista e direttore del Museo diocesano, scomparso un anno fa e proprio a lui è dedicata la mostra. Pittore dei Savoia, Pietro Domenico Olivero nacque e morì a Torino, subì l’influsso dei pittori olandesi e fiamminghi attivi in città alla fine del Seicento. È ritenuto tra i principali autori italiani della pittura bambocciante, scuola pittorica cresciuta a Roma nel XVII secolo.
                                                                      Filippo Re
nelle foto:
“San Francesco muta l’acqua in vino” opera di Pietro Olivero
“San Giovanni da Capestrano alla liberazione di Belgrado” opera di Pietro Domenico Olivero

 Gallerie d’Italia, si apre la mostra “Non ha l’età. Il Festival di Sanremo in bianco e nero 1951-1976”

È aperta al pubblico dal primo febbraio al 12 maggio 2024, alle Gallerie d’Italia, a Torino, la mostra “Non ha l’età. Il Festival di Sanremo in bianco e nero 1951-1976”, a cura di Aldo Grasso e promossa da Intesa Sanpaolo
L’esposizione, che si avvale del patrocinio della Regione Piemonte e della Città di Torino, presenta 85
fotografie provenienti dall’Archivio Publifoto Intesa San Paolo sul Festival di Sanremo, la più celebre
manifestazione sulla canzone italiana, che rappresenta un capitolo decisivo non soltanto della storia della
della musica e della televisione, ma anche della storia sociale d’Italia. Le fotografie in mostra si soffermano
solo in pochi casi sulle esibizioni degli artisti sul palco, ma conferiscono un grande rilievo ai fuori scena, ai
cantanti durante le prove, alle passerelle degli artisti in giro per la città, agli autografi, al pubblico, agli artisti
ritratti in situazioni curiose, alla sala trucco, all’orchestra e alla sala stampa. Grazie alla media partnership
con la Rai, l’esposizione è arricchita da contributi video-sonori in collaborazione con Rai Teche.
La più celebre manifestazione della canzone italiana nasce nel 1951, organizzata dalla RAI di Torino, in tre
serate, e trasmessa radiofonicamente in presa diretta dal Salone delle Feste del Casinò di Sanremo.
Le prime edizioni furono trasmesse soltanto alla radio, ma dopo il successo crescente, la televisione decise
di appropriarsene. I fotoreporter dell’agenzia Publifoto intuirono l’importanza della manifestazione e, negli
anni in cui l’evento fu ospitato al Casinò di Sanremo, realizzarono circa 15 mila fotografie del Festival, ora
esposte alle Gallerie d’Italia. Nel 1955 la manifestazione comincia ad acquisire una certa popolarità e la
televisione decide di trasmetterla in diretta.
“Il Festival di Sanremo – spiega il critico e curatore della mostra Aldo Grasso – nasceva agli albori come
promozione turistica, sulla copia del Festival del Cinema di Venezia. Infatti le famiglie della buona borghesia
torinese erano solite andare a ‘svernare’ a Sanremo. Amilcare Rambaldi, partigiano e consulente del
Comune di Sanremo, voleva una manifestazione canora per sfruttare ancora di più le potenzialità turistiche
della città. Erano gli anni delle grandi trasformazioni radiofoniche in cui noti presentatori, come Nunzio
Filogamo, si cimentavano nei radiodrammi. La preparazione del Festival di Sanremo avvenne a Torino. Le
prime polemiche che scoppiarono furono relative allo scontro tra i melodici, gli amanti del belcanto, e i
cosiddetti ‘urlatori’. Polemica che negli anni proseguì su più fronti, compreso quello della direzione artistica
da impartire al Festival, chiedendosi se fosse meglio favorire la canzone pop o quella impegnata, in un’epoca
come quella del dopoguerra in cui tutti gli italiani cercavano di ritrovare la gioia del vivere anche attraverso
queste manifestazioni. Il titolo della mostra, “Non ha l’età”, si riferisce alla canzone di Gigliola Cinquetti, del
1964, con la quale vinse il Festival di Sanremo. L’immagine simbolica della mostra è iconica e rappresenta un
giovane Adriano Celentano, intento a cantare dando le spalle al pubblico, un modo di stare sul palcoscenico
oggi totalmente accettato ma che, a quel tempo, diede scandalo. Nel 1955, anno in cui vi fu la prima
trasmissione televisiva del Festival, la presentatrice fu Maria Teresa Ruta, zia dell’attuale, e forse più nota,
Maria Teresa Ruta. L’esposizione ripercorre anche gli anni successivi al 1968, quando fu organizzato un
controfestival da parte di Franca Rame e Dario Fo. Nei primi anni Settanta, durante il periodo dell’austerity,
la RAI si disamora del Festival di Sanremo e, nell’annata in cui i programmi RAI si concludevano alle 22:30,
non fu possibile conoscere neanche il vincitore del Festival. La televisione si appropriò della manifestazione
canora quando questa venne trasferita dal Casinò al teatro Ariston, a parte l’anno in cui si tenne, con scarso
successo, al Palafiori. Con lla presentazione da parte di Pippo Baudo, il Festival si trasformò in una
manifestazione dalle caratteristiche più televisive che non canore, pur tenendo al centro la canzone”.
“Ciò che apprezzo oggi maggiormente di Sanremo è il fatto che abbia riaperto le porte ai giovani musicisti –
precisa Aldo Grasso – invitando per esempio sul palco i vari vincitori dei ‘Talent’. I giovani, oggi, sono ancora
attenti al Festival, anche se la loro percezione dell’evento è diversa da quella degli adulti, proprio perché è
differente l’uso che fanno della televisione, mediata ormai attraverso i social”.
Ne nasce un album di fotografie spesso curiose, inconsuete, che ritraggono gli artisti lontano dai riflettori,
nei momenti di vita che accompagnano le frenetiche giornate del Festival, con una ingenuità e
immediatezza che ce li fanno sentire piuttosto familiari.
Sono fotografie che testimoniano di un’Italia che ha fretta di dimenticare la guerra e la povertà, che vuole
affidare alle canzoni una ritrovata serenità, come nel caso della canzone “Vola colomba”, che esprime un
desiderio di rivalsa circa la questione triestina o giuliana.
La colonna sonora dell’esercito di liberazione americano era stato il boogie-woogie, una musica piena di
energia, ma sconosciuta in Italia. Bisognava trovarne una italiana, legata alla tradizione melodica e al
belcanto.
La mostra si inserisce nell’ambito delle iniziative di valorizzazione dell’Archivio Publifoto, costituito da oltre 7
milioni di fotografie dell’agenzia fondata da Vincenzo Carrese nel 1937, che risulta la più importante agenzia
fotogiornalistica privata nata in Italia negli anni Trenta. L’Archivio è stato acquistato da Intesa Sanpaolo nel
2015 con un’operazione che ne ha evitato la dispersione, ed è curato e gestito dall’Archivio Storico Intesa
Sanpaolo presso le Gallerie d’Italia di Torino. In occasione della mostra, l’Archivio ha completamente
restaurato, digitalizzato e catalogato le oltre 15.000 fotografie dei servizi realizzati al Festival dall’agenzia
Publifoto, e ora consultabile online sul sito dell’Archivio Storico dell’Intesa Sanpaolo.
Lungo il percorso espositivo i visitatori potranno rivivere l’atmosfera di un’antica sala stampa grazie agli
elementi di design provenienti da ADI Design Museum Compasso d’Oro di Milano. L’allestimento è
ulteriormente arricchito dalle copertine originali di vinili che richiamano varie edizioni di Sanremo, grazie al
prestito dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi e da un Cinebox della Mival, grazie a un prestito
concesso da Faro Games.
La mostra presenta inoltre una serie di contenuti audio scaricabili attraverso l’app Gallerie d’Italia, con
approfondimenti dedicati all’iniziativa e all’Archivio Publifoto.
Info: Gallerie d’Italia, piazza San Carlo 156, Torino
Orari: martedì, giovedì, sabato e domenica 9:30/19:30 – mercoledì 9:30/22:30 – lunedì chiuso
Mara Martellotta

Il nuovo Direttore del Castello di Rivoli si presenta

Il nuovo Direttore del Castello di Rivoli Francesco Manacorda, che ha assunto l’incarico a inizio anno, ha incontrato la stampa oggi, martedì 30 gennaio 2024, per presentare le linee guida del suo mandato e il Programma espositivo 2024.

Francesca Lavazza, Presidente del Museo, nel dare il benvenuto al nuovo Direttore, ha affermato Con l’ingresso del nuovo Direttore Francesco Manacorda, il Castello di Rivoli riconferma la propria identità e prospettiva nel contesto artistico internazionale. Da quarant’anni, il Museo ha sviluppato una cultura dinamica che ha consolidato la propria posizione di spicco nell’ambito dell’arte contemporanea e dei suoi linguaggi. Questa istituzione ha contribuito a esplorare la complessità della nostra epoca, partendo dai movimenti creativi che qui si sono generati, e che da qui si sono diffusi. Il Castello di Rivoli è un punto di riferimento per un pubblico sempre più ampio, grazie all’apertura verso nuove iniziative progettuali, che sono certa Francesco Manacorda porterà avanti con entusiasmo, lungimiranza e competenza. Fin dalla sua fondazione nel 1984, il Museo ha anticipato tendenze e sperimentazioni, che hanno permesso di comprendere e interpretare il mondo in continua evoluzione. Voglio augurare un buon lavoro al nuovo Direttore, e a tutta la squadra del Castello, per la realizzazione di un programma ambizioso quanto innovativo”.

La missione principale di un museo di arte contemporanea è quella di ‘incastonare’ l’arte nella società civile, rendendola visibile, rilevante e significativa.” – afferma Francesco Manacorda, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea – “In questo processo, il Museo deve costruirsi attorno una crescente comunità di persone che comprendano, interpretino e partecipino alle innovazioni artistiche. Il punto centrale di questa vocazione civica risiede nella modalità in cui il museo valida, ovvero dà forza e valore all’arte contemporanea, e nel suo dovere di abilitare il pubblico all’esperienza intellettuale ed emotiva di tale validazione. Il Museo ha chiari doveri verso il pubblico, gli artisti e la cultura di cui è strumento. Per il pubblico, il Museo deve essere una piattaforma in cui, attraverso la cultura, mette i suoi partecipanti in condizione di decodificare il mondo che li circonda. Nei confronti degli artisti, deve amplificare la loro voce e permettere loro di rappresentare i temi per loro più urgenti. In relazione alla cultura, il Museo ha il compito di far dialogare civiltà lontane e continuare ad arricchire il patrimonio artistico della sua comunità”.

Malinpensa by La Telaccia, Federico Montesano: “Transito metafisico”

Si è inaugurata giovedì 25 gennaio, alla galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia, la personale dedicata a Federico Montesano dal titolo “Transito metafisico”, in programma fino al prossimo 8 febbraio.

 

Federico Montesano, nato a Monza nel 1990, si è diplomato e specializzato in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, e ha frequentato il corso di Scenografia dell’Accademia del teatro alla Scala. Da sempre opera nel campo delle arti visive, spaziando tra pittura, disegno e installazioni, oltre che nel campo della scenografia. Ha partecipato con successo a diverse mostre, tra cui quella collettiva al museo-fondazione Luciana Matalon, e a numerosi concorsi che l’hanno visto vincitore di alcuni premi. A Milano ha esposto alla Zoia Gallery, alla galleria Spazioporpora e presso Arnaout Spazio Arte. Ha partecipato alle mostre dell’associazione culturale Circuiti dinamici ed è stato finalista al Premio Arte 2016 a Palazzo Reale di Milano. Con le sue opere ha preso parte ad eventi internazionali quali il Convegno Geometry et Fine Arts and Design Faculties-Fine Arts of the University di Porto. Ha conseguito il premio Paris Artexpo 2021 presso la galleria Thuillier di Parigi e ha preso parte alla nona Biennale di Montecarlo. In passato ha già partecipato a una mostra presso la galleria torinese Malinpensa by La Telaccia nella collettiva “In scena la natura”. Nel 2022 ha debuttato alla galleria Magenta nella personale “Cavalleresco contemporaneo”. Nel 2023, sempre alla galleria Malinpensa by La Telaccia è stato protagonista della mostra personale dal titolo “Stanze introspettive”.

Le opere di Federico Montesano trasportano lo spettatore in una dimensione onirica altamente suggestiva, in quanto capaci di cogliere l’immediatezza del tempo e di comunicare emozioni e contenuti di vera intensità poetica che coinvolgono interamente il fruitore della sua arte. Le sue vedute paesaggistiche, dalla “Tematica” a “Transito metafisico” di chiara valenza simbolica, oltrepassano la realtà andando al di là del soggetto, per rappresentare l’essenzialità, la spiritualità e il grande mistero dell’esistenza. L’artista Federico Montesano si dedica ad un ampio progetto che comprende anche i disegni su carta e le opere in plexiglass, dimostrando sempre una accurata analisi sia nella resa formale sia negli effetti scenici e strutturali. Le tematiche “Oltre lo spazio fisico” e “Racconto introspettivo” fanno emergere una propria individualità e una rinnovata espressività che si traducono nei materiali quali la tela, la carta, l’acrilico, la garza e il plexiglass. Tutti in grado di mettere in rilievo la sua ricerca e il suo rigoroso impegno.

 

Tra natura e concetto si respira un silenzio universale in cui la terra, a volte inaridita da sole, priva di vegetazione o presenza umana, emette un’azione dinamica della luce di notevole elaborazione, capace di scandire l’immagine di un valore sentimentale e di un vedutismo scenografico unico e personale. Questo dimostra una sua alta manualità e intellettualità. La solarità atmosferica, accentuata da bagliori e dettagli di pennellate incisive dal forte tonalismo riescono a creare un gioco da cui nasce un contrasto vivace di cromatismi di rara narrativa pittorica. Le accentuazioni luministiche e la spazialità del segno si diffondono in uno scenario di alta qualità estetica e di solida modalità tecnica. Colore, luci e ombre sono ben calibrati nell’opera e generano caldi riflessi cromatici in cui i gialli e i colori ocra fanno da contrappunto, nell’opera, con il blu del cielo, definendo il suo percorso ricco di studio e di coerenza. Ogni sua opera è avvolta da una soluzione straordinaria dal punto di vista formale, che assume un diverso impatto visivo e si carica di una notevole forza vitale. Si tratta di una realtà affascinante interpretata con un preciso stile compositivo, in cui la pittura diventa un puro stato d’animo e esprime una sensibilità diffusa.

Gli accordi armonici, il senso volumetrico, l’ampiezza prospettica vengono alimentati da una ricerca ininterrotta che si concretizza in un risultato artistico tangibile che è sempre capace di comunicare, nel fruitore, delle emozioni. I movimenti della luce, che nell’opera di Montesano si accendono di una vibrazione assolutamente unica, svelano una pittura intrisa di effetti chiaroscurali magistrali, dall’ampia risonanza e dal forte impatto emotivo. La natura, maestosa nelle sue opere, si sublima di una forza descrittiva e di una evidente simbologia, diventando spazio dell’anima e inserendosi in una struttura pittorica vibrante di grande rilievo estetico e emotivo. L’originalità dell’arte di Federico Montesano consiste, quindi, nella fluidità della materia ad acrilico su tela, nei toni preziosi del colore e nella strutturazione del disegno, capaci di accendere la sua opera di emozioni.

Galleria Malinpensa by La Telaccia, C.so Inghilterra 51, Torino

Orario: 10:30/12:30 – 16:00/19:00

Contatti: 011 5628220

 

Mara Martellotta

 

Gli appuntamenti culturali della Fondazione Torino Musei

26 gennaio – 1 febbraio 2024

 

 

VENERDI 26 GENNAIO

Venerdì 26 gennaio ore 14.30

UN NUOVO QUARTIERE AL POSTO DELLA CITTADELLA

Palazzo Madama – percorso guidato in città

Il percorso guidato, legato alla mostra Liberty. Torino Capitale, in corso a Palazzo Madama fino al 10 giugno 2024, intende presentare un’area della città fortemente caratterizzata da costruzioni sorte durante il periodo del Liberty con esempi di edifici destinati sia alla residenza che alla produzione e all’istruzione. Passeggiando lungo le strade sarà possibile cogliere esempi di architetture e decorazioni ispirate sia all’Art Nouveau floreale che ai modelli più geometrici tipici dello Jugendstil.

Dopo la demolizione della Cittadella, Torino vide una rapida espansione urbana nell’area prossima al Maschio salvato dalla distruzione; nel nuovo quartiere scuole e palazzi sorsero prima secondo il modello definito “Umbertino” e successivamente con spiccati riferimenti al Liberty.

Ritrovo ore 14.30 davanti al monumento di Pietro Micca in via Cernaia angolo corso Galileo Ferraris

Costo singolo itinerario: 14€ intero; 11€ ridotto (possessori di Abbonamento Musei e under 18); gratuito under 6

Durata: 2 ore

Pacchetto tre visite: 38€ intero; 29€ ridotto

Ai visitatori che parteciperanno alla visita guidata della mostra Liberty. Torino Capitale (in calendario ogni lunedì alle ore 11 e ogni venerdì, sabato e domenica alle ore 16.30) abbinata a uno o più percorsi tematici sul Liberty sarà riservata una tariffa speciale:

costo visita guidata mostra Liberty. Torino Capitale + itinerario singolo Liberty in città: 18€

costo visita guidata mostra Liberty. Torino Capitale + pacchetto itinerari Liberty in città: 36€

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun – dom 9 – 17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

 

Prossimi appuntamenti

Giovedì 1 febbraio ore 14.30: Palazzina Lafleur e la bizzarria del nuovo stile Liberty

Domenica 25 febbraio ore 10.30Un nuovo quartiere al posto della Cittadella

SABATO 27 GENNAIO

Sabato 27 e domenica 28 gennaio ore 10-13 e 14-17

LETTERE LIBERTY

Palazzo Madama – workshop di calligrafia con Massimo Polello

Questo workshop di due giorni vuole analizzare le lettere fluide, espressive e a volte idiosincratiche create da artisti e designer del Liberty dal 1890 fino ai primi anni del XX secolo.

Negli anni Novanta dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento artisti e designer di tutta Europa crearono un lettering che si distaccava dalle tradizionali aspettative di proporzioni classiche, di posizionamento prevedibile di spessori, di nozioni di equilibrio interno, di spaziatura coerente e di leggibilità. A volte le lettere si ondulavano, si gonfiavano o strisciavano per creare inaspettate contorsioni in sintonia con gli aspetti floreali e gusto del tempo. Il Liberty fu a tutti gli effetti un momento di gloriosa libertà per le lettere. Spesso le lettere erano viste come parte integrante del disegno, alla pari di illustrazioni e ornamenti. In effetti queste lettere sono effettivamente disegnate, distaccandosi nettamente dalla classica calligrafia. Assistiamo per la prima volta a quello che oggi chiamiamo “design del lettering” cioè una sorta di “font” dell’epoca.

I partecipanti saranno introdotti alla vasta gamma di lettere e forme del periodo Liberty; si analizzeranno ed esploreranno i metodi e le tecniche utilizzate da questi artisti e designer, concentrandoci sulle svariate possibilità di deformazioni per rendere le lettere eleganti e funzionali alla composizione estetica.

Si arriverà infine alla creazione e alla composizione del proprio monogramma, poi di semplici parole fino a composizioni decorative più complesse.

Questo corso è aperto a tutti i livelli e non richiede alcuna esperienza precedente con la calligrafia.

Il workshop della durata complessiva di 12 ore sarà accreditato per l’aggiornamento degli insegnanti (legge 170 del 21/03/2016 art. 1.5).

 

Materiale occorrente: matita HB o 5B, biro di qualsiasi tipo, roller, penne gel, matite colorate. Righe e/o squadre, gomma da cancellare, cutter, colla stick. Inoltre l’insegnante metterà a disposizione per il tempo del workshop: pennino e porta pennino per ciascun partecipante, inchiostro, blocchi di carta per schizzi esercizi Favini; fogli di carta della migliore qualità bianca e colorata.

 

Massimo Polello, graphic art-designer e artista, vive e lavora a Torino. Ha tenuto seminari presso la School of Visual Arts New York, Concordia University e UQUAM Montréal, Adobe di San Francisco ed è stato invitato alle Conferenze Internazionali di Type Designer a Mosca, Istanbul, San Paolo. È membro onorario di Letter Exchange di Londra ed ha collaborato con l’Università La Sapienza di Roma e Biblioteca Laurenziana di Firenze. Ha collaborato con Peter Greenaway e Luca Ronconi per l’allestimento e le calligrafie della mostra La Bella Italia, per il 150° dell’Unità di Italia.

Una delle sue ultime opere è un libro di pregio a edizione limitata per il RIJKS Museum di Amsterdam.

Attualmente è Presidente e insegnante presso l’Associazione Calligrafica di Torino “Dal Segno alla Scrittura”.

 

Costo: € 140 a persona

Prenotazione obbligatoria: tel. 011 4429629 e-mail: madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

Sabato 27 gennaio dalle 14.30 alle 17.30

ARTE E TÈ IN ORIENTE

MAO – Visita guidata alla collezione cinese e workshop di preparazione del tè

A cura di Theatrum Sabaudiae in collaborazione con The Tea

L’evoluzione e la diffusione della cultura del tè in Cina e in Giappone incontra e influenza la storia della produzione ceramica traducendosi in un connubio artistico di grande raffinatezza. La visita guidata alla galleria del MAO dedicata alla Cina e incentrata sulle manifestazioni di arte funeraria, seppur in assenza di riferimenti direttamente riconducibili all’ambito del tè, si soffermerà su alcuni nuclei di opere della collezione esemplificativi di tecniche ed estetica della ceramica cinese, dalla terracotta al grès, in un arco temporale che spazia dal periodo neolitico alla dinastia Tang (618-907 d.C.). Ispirandoci alle sfumature dei tè protagonisti del laboratorio, seguiremo nelle sale l’intensità dei colori e la luminosità delle superfici invetriate che caratterizzano i manufatti in esposizione, in un suggestivo itinerario di scoperta di tradizioni e concezioni rivelate dai corredi funerari della Cina antica.

Workshop di preparazione del tè a cura di Claudia Carità (The Tea)

L’attività del T-LAB è un’occasione per avvicinarsi e conoscere i vari tipi di tè utilizzando lo strumento professionale universale e applicando le modalità di valutazione tecnica. Ogni tipo di tè sarà preparato con un set dedicato. Il set si compone di tazza, coperchio e coppetta in porcellana di colore bianco ed è l’accessorio utilizzato dalla figura professionale del tea tester durante la valutazione qualitativa dei tè. Ogni partecipante potrà così prendere familiarità con gli elementi necessari che lo guideranno per la corretta scelta e preparazione del tè. T-LAB Area CINA ABC del TÈ cinese: foglie di tè bianco, verde e rosso. In occasione di questa attività si valuteranno tè ottenuti con tre diverse ossidazioni delle foglie. Il laboratorio si concluderà con la preparazione di un quarto tè con gaiwan, ovvero una tazza priva di manico dotata di coperchio e piattino utilizzata per l’infusione del tè. È un accessorio che appartiene alla tradizione cinese le cui origini ci riportano alla dinastia Ming. L’utilizzo della gaiwan introdurrà anche la buona pratica di infondere il tè più volte, tempi e temperature adeguate.

Sintesi dell’attività di laboratorio: – preparazione di n.3 tè con Set Tea Taster (3 set per partecipante) – preparazione di wulong con gaiwan (1 per tavolo).

Ogni tè proposto sarà presentato e successivamente preparato da ogni partecipante in autonomia. Tutti i partecipanti potranno poi provare ad utilizzare la gaiwan sfruttando la possibilità di infondere più volte le stesse foglie di tè e offrendolo quindi ai partecipanti allo stesso tavolo. Il tè finale infuso con gaiwan sarà accompagnato da piccole dolcezze in abbinamento.

Prenotazione obbligatoria entro giovedì 25 gennaio, l’iniziativa verrà attivata al raggiungimento di un numero minimo di partecipanti, fino ad esaurimento posti disponibili.

Informazioni e prenotazioni: 011.5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com (da lunedì a domenica 9.30 – 17.30).

Costo: 24 € a persona.

Costi aggiuntivi: biglietto di ingresso al museo; ingresso gratuito per possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte.

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio

DOMENICA 28 GENNAIO

 

Domenica 28 gennaio ore 16

DIAMO FORMA ALL’ARGILLA

MAO – attività per famiglie

In visita alla mostra temporanea Tradu/izioni d’Eurasia, per osservare le preziose opere esposte: fiasche, piatti e brocche a forma di gallo forniranno lo spunto per il laboratorio di manipolazione. Durante l’attività l’argilla prenderà forma e ogni partecipante potrà realizzare il proprio oggetto.

Adatto a tutte le età

Prenotazione obbligatoria: 011.4436927/8 maodidattica@fondazionetorinomusei.it

Costo: bambini 7 €, adulti ingresso ridotto alla mostra

GIOVEDI 1 FEBBRAIO

 

Giovedì 1 febbraio ore 14.30

PALAZZINA LAFLEUR E LA BIZZARRIA DEL NUOVO STILE LIBERTY

Palazzo Madama – percorso guidato in città

Il percorso guidato, legato alla mostra Liberty. Torino Capitale, in corso a Palazzo Madama fino al 10 giugno 2024, intende presentare un’area della città fortemente caratterizzata da costruzioni sorte durante il periodo del Liberty con esempi di edifici destinati sia alla residenza che alla produzione e all’istruzione. Passeggiando lungo le strade sarà possibile cogliere esempi di architetture e decorazioni ispirate sia all’Art Nouveau floreale che ai modelli più geometrici tipici dello Jugendstil.

La zona intorno all’attuale Piazza Peyron e la parte terminale di corso Francia presentano una serie di edifici ispirati al nuovo stile del Novecento. Abitazioni e stabilimenti vennero costruiti secondo lo stile floreale che troverà nella fantasia di Pietro Fenoglio il suo principale interprete a Torino.

Ritrovo in piazza Amedeo Peyron angolo via Bagetti

Costo singolo itinerario: 14€ intero; 11€ ridotto (possessori di Abbonamento Musei e under 18); gratuito under 6

Durata: 2 ore

Pacchetto tre visite: 38€ intero; 29€ ridotto

Ai visitatori che parteciperanno alla visita guidata della mostra Liberty. Torino Capitale (in calendario ogni lunedì alle ore 11 e ogni venerdì, sabato e domenica alle ore 16.30) abbinata a uno o più percorsi tematici sul Liberty sarà riservata una tariffa speciale:

costo visita guidata mostra Liberty. Torino Capitale + itinerario singolo Liberty in città: 18€

costo visita guidata mostra Liberty. Torino Capitale + pacchetto itinerari Liberty in città: 36€

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun – dom 9 – 17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com

 

Prossimi appuntamenti

Domenica 25 febbraio ore 10.30: Un nuovo quartiere al posto della Cittadella

Giovedì 14 marzo ore 14.30Liberty in Borgo Crimea

 


Theatrum Sabaudiae
 propone visite guidate in museo
alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.
Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

In Barriera ritorna “In.FEST.ante”, Festival di Musica Contemporanea

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Negli spazi inediti dello storico “Circolo Arci Banfo” di via Cervino

Da sabato 27 gennaio, ore 19,30

Si inizia in pieno inverno e si chiude a primavera appena iniziata. Da sabato 27 gennaio a sabato 23 marzo. Fa indubbiamente una bella corsa, proponendo appuntamenti musicali d’indubbio interesse, la seconda edizione di “In.FEST.ante”, il “Festival di Musica Contemporanea e di Ricerca”, promosso dallo storico “Circolo Arci Banfo”di Torino in partenariato con la torinese associazione “Babelica aps” e la romana “Magma aps”, forti del sostegno della “Fondazione Compagnia di San Paolo”. L’idea alla base è quella di portare la “musica di ricerca” fuori dai circuiti convenzionali, in un quartiere che, contro i luoghi comuni, è il più “europeo” della città e il più ricco di realtà ed energie creative. Ispirandosi ai “tiny desk concert”, concerti con allestimenti molto semplici in “luoghi inaspettati”, “In.FEST.ante” va così in scena negli spazi del “Circolo Arci Banfo” in via Cervino 0, a Barriera di Milano. Un “luogo altro”, dunque, che si apre ai set e alla “ricerca musicale” per un progetto che prevede di avvicinare non solo appassionati e addetti ai lavori ma anche tanti curiosi. Un’incursione è anche prevista alla “Galleria Gagliardi & Domke” di via Cervino 16, che ospiterà una data del festival, nella quale la musica creerà interazioni visive e concettuali con le opere d’arte esposte.

Gli artisti selezionati dalla direttrice artistica Rosy Togaci sono tutti noti a livello nazionale ed internazionale e rappresentano appieno, e nella maniera migliore, la “sperimentazione artistica” e la “multidisciplinarietà” dei linguaggi musicali. Sottolinea la stessa Togaci: “Per la sua seconda edizione, In.FEST.ante allarga il suo focus allo scambio e all’incrocio di culture. La rassegna, che ha le sue radici nel quartiere multietnico di Barriera di Milano, ha voluto invitare artisti nazionali e internazionali dalle identità musicali complesse, per sviluppare coralmente un “mosaico di suoni” tra origini e prospettive globali, mappe musicali, universi di ritmi, battiti, e tonalità che generano nuove cartografie sonore”.

Musica e musiche, ma non solo. Nella mattina  del giorno del loro set, infatti, i musicisti si faranno anche “maestri”, realizzando una lezione per “spiegare” e “condividere” la loro musica con i bambini delle scuole del quartiere, protagonisti abituali delle attività del “Circolo”, che ospita anche una “Biblioteca popolare”, una “streetview art gallery” e organizza attività di “doposcuola”, nonché corsi di lingua italiana per i residenti stranieri.

Ad aprire le danze, sabato 27 gennaio, sarà il chitarrista romano, arrangiatore e “manipolatore elettronico”, Marco Bonini che si esibirà in uno spettacolo dalle grandi sorprese e suggestioni, dal titolo “Rituale domestico”.

A chiudere i giochi, sabato 23 marzo, negli spazi della “Galleria Gagliardi & Domke”(via Cervino, 16 – Unica esibizione “fuori casa”, tutte le altre sempre al “Circolo Banfo”) sarà “Here The Was Once A Sea” con Pouya Ehsaei, musicista, sound designer e promotore iraniano, attualmente residente a Londra, dov’è considerato uno dei musicisti elettronici più prolifici.

In mezzo, sabato 10 febbraio, “Didjin Beat”con Christian Muela (Italia-Congo), musicista specializzato in “didjeridoo”, strumento a fiato aborigeno con cui Christian compone musica contemporanea elettronica e sonorità urbane provenienti dal Trip hop, Dub e Techno. A seguire (24 febbraio) la romana Barbara De Dominicis con Christian Maddalena ed Elio Martusciello, in “Body Maps”, mentre (sabato 9 marzo) andrà in scena “Zaleska”, con Caterina Palazzi, leader della band “Sudoku Killer” e annoverata, nel 2022, tra i venti migliori bassisti italiani di sempre dalla rivista “Rockit”.

Tutti gli appuntamenti si terranno a partire dalle 19,30. Ingresso libero con la formula “up to you”.

Dettagli sugli appuntamenti e sulle singole iniziative previste in: www.circolobanfo.it/in-fest-ante-2024

g.m.

Nelle foto:

– Marco Bonini

– Caterina Palazzi (ph. Paolo Cruschelli)

– Barbara De Dominicis

– Pouya Ehsaei