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Come aiutare gli agriturismi?

La modifica dei regolamenti europei consente, rimodulando le risorse residue disponibili, di attivare una nuova misura del Psr per concedere un ulteriore contributo a fondo perduto agli agriturismi e, a nostro giudizio, anche ad altri settori in crisi. Questa possibilità è stata illustrata dalla Regione nel corso della riunione del comparto agricolo tenutasi ieri alla presenza dei rappresentanti di Cia Piemonte.

“Già in sede di comitato di sorveglianza sul Psr – spiega Gabriele Carenini, presidente di Cia Piemonte -, avevamo proposto di destinare maggiori risorse al settore agrituristico, fortemente colpito dalla crisi legata al Covid. Accogliamo, quindi, con favore l’ipotesi di attivazione della misura 21 in Piemonte”.

”E’ vero che gli agriturismi sono già destinatari del bonus previsto dal “Riparti Piemonte” – sottolinea Carenini -, ma va detto che l’importo è limitato ad un massimo di 2500 euro e che per la maggior parte delle strutture esso non supererà i 1300. Una disparità di trattamento sulla quale bisognerebbe agire, parificando i contributi per tutte le aziende agrituristiche”.

“Noi  – conclude Carenini – proponiamo di finanziare l’intervento in favore degli agriturismi  e di altri settori, qualora ci fossero le risorse, con lo storno delle restanti risorse della Misura 1. Volendo fare un intervento ancora più corposo, si potrebbero attingere fondi dalla Misura 16, ferma a progetti del 2016 non ancora partiti. Riteniamo che non siano in alcun modo da toccare, invece, le risorse per l’insediamento dei giovani agricoltori e per lo scorrimento della graduatoria del bando investimenti del 2019”.

Contro la cimice asiatica arriva la vespa samurai

Il presidente della Regione Alberto Cirio e l’assessore all’Agricoltura Protopapa presenti ai primi lanci del piano triennale di lotta biologica

In Piemonte sono iniziate le operazioni di contrasto alla cimice asiatica attraverso la diffusione del parassitoide Trissolcus Japonicus, noto come vespa samurai, nemico naturale della cimice. In questi giorni in 100 siti individuati su tutto il territorio piemontese si stanno effettuando i lanci della vespa samurai, che a discapito del nome è un insetto di circa 1,5 mm ed è innocuo per l’uomo e gli animali, comprese le api.

Ai primi lanci avvenuti nei giorni scorsi hanno partecipato anche il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio e l’assessore regionale all’Agricoltura e Cibo, Marco Protopapa.

“Stiamo compiendo un passo importante per tutelare l’ortofrutticoltura piemontese che vuole essere di qualità e per confermarsi tale non deve essere schiava della chimica – sottolinea il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio – . La vespa samurai ci consentirà di risolvere il grave problema della cimice asiatica in modo naturale, dando così certezze ai nostri agricoltori e a chi vuole investire in Piemonte. Per fare questo ci sono voluti anni di ricerca, oltre alla modifica di normative a livello internazionale per poter importare questa specie dall’Oriente. L’agricoltura di qualità e d’eccellenza, naturale e biologica è il futuro del nostro Piemonte. Una delle leve su cui dobbiamo investire per garantire posti di lavoro e ricchezza alle generazioni di domani”.

Al presidente Alberto Cirio fa eco l’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopapa: “Grazie al lavoro di vari soggetti istituzionali – sottolinea l’assessore all’Agricoltura e Cibo, Marco Protopapa – si è potuto attuare concretamente un progetto di aiuto alle imprese agricole per prevenire e contenere i danni dell’insetto che sta devastando le produzioni ortofrutticole e di nocciole del Piemonte. Con i primi lanci della vespa samurai abbiamo avviato il piano di lotta biologica che ha una valenza triennale e il cui obiettivo finale è ottenere una progressiva riduzione delle infestazioni da cimice asiatica nel rispetto dell’ambiente e della salute umana”.

La lotta biologica alla cimice asiatica è stata avviata per fronteggiare un’emergenza che ha colpito fortemente l’agricoltura piemontese distruggendo intere coltivazioni di frutteti, ortaggi e corilicole: nel solo 2019 in Piemonte i danni derivanti dalla Halyomorpha halys ammontano a 170 milioni di euro e hanno interessato 13.500 aziende agricole.

La Regione Piemonte pertanto ha aderito al piano triennale nazionale di lotta biologica, emanato dal Ministero dell’Ambiente.Il Piemonte è infatti tra le Regioni del Nord Italia che hanno presentato richiesta ufficiale per l’immissione in natura del parassitoide T. japonicus per la lotta biologica, nell’ambito del Programma nazionale di contrasto alla cimice asiatica, elaborato dal Servizio Fitosanitario Nazionale in collaborazione con il CREA e le Regioni interessate. Dopo un complesso iter a livello nazionale per far modificare la normativa esistente del Ministero dell’Ambiente e consentire la lotta biologica con organismi utili alloctoni, si è arrivati all’autorizzazione ministeriale dell’introduzione del parassitoide oofago Trissolcus japonicus per le Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Provincia autonoma di Bolzano e Provincia autonoma di Trento.

Il Piemonte è impegnato dal 2018 nella ricerca e sperimentazione di nuove soluzioni di difesa dalla cimice asiatica attraverso il gruppo di lavoro che coinvolge la Regione Piemonte tramite il Settore Fitosanitario e Servizi Tecnico-Scientifici (SFR), l’Agrion – Fondazione per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura piemontese, il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino (DISAFA), le Organizzazione dei Produttori e le Organizzazioni Professionali.

Le diverse azioni attivate in questi anni, dal monitoraggio territoriale, mediante trappole a feromoni e frappage, all’uso delle reti escludi-insetto, all’impiego di sostanze ad azione battericida e al rilievo degli antagonisti naturali, sono state rese possibili grazie al supporto di Regione Piemonte, Fondazione CRC – Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione CRT – Cassa di Risparmio di Torino e Ferrero Hazelnut Company.

Fondi per il biologico e i giovani agricoltori

La Giunta regionale del Piemonte, su proposta dell’Assessore all’Agricoltura e Cibo, Marco Protopapa, ha recepito ufficialmente le modifiche al Programma di sviluppo rurale 2014-2020 del Piemonte, approvate il 5 giugno 2020 dalla Commissione europea, consistenti in una rimodulazione dei fondi: oltre 30 milioni di euro complessivi vengono concentrati sulle misure del Psr per l’agroambiente, il biologico, l’indennità compensativa e i giovani agricoltori.

“Il recepimento è un atto formale – sottolinea l’assessore regionale, Marco Protopapa – ma dal mese scorso sono già stati emanati i bandi regionali sulle misure 10, 11 e 13 del Psr sotto la responsabilità dell’Autorità di gestione. Abbiamo voluto procedere con immediatezza per dare liquidità alle aziende agricole che richiedono i contributi sulle misure del Psr a superficie”.

“In questo momento – prosegue Protopapa – dove l’attenzione della Regione Piemonte è quella di sostenere il settore agricolo dopo il critico momento a causa del COVID-19, con questa azione ben 11000 aziende troveranno un concreto aiuto economico utile per un’ auspicata ripresa”.

30 milioni di euro sono così rimodulati sulle seguenti misure del PSR 2014-2020:

– 1 MLN euro di finanziamenti regionali integrativi viene inserito sull’operazione 6.1.1 “insediamento giovani agricoltori”, al fine di favorire l’accesso dei giovani all’attività agricola.

– 22,3 MLN euro a favore dell’operazione 10.1.1 “produzione integrata”: questo importo aggiungendosi ai 4 milioni di euro circa di economie già presenti sulla misura, consentirà l’apertura per l’annualità 2020, prolungando così di un ulteriore sesto anno il bando quinquennale aperto nel 2015. Verranno finanziate circa 5mila aziende per il 2020.

– 8,3 MLN euro complessivi, tra modifiche ed economie della misura, a favore dell’operazione 13.1 “indennità compensativa per l’agricoltura in zone montane”, al fine di contribuire all’apertura del bando 2020 per circa 7 mila aziende.

– 1,16 MLN euro a favore dell’operazione 11.1.1 “conversione agli impegni dell’agricoltura biologica” che permetterà anche in questo caso il prolungamento degli impegni al sesto anno  al fine di garantire la possibilità a tutte le aziende che hanno aderito a tale operazione e vedono l’impegno terminato nel 2019 di proseguire ancora un anno, andando ad interessare complessivamente 680 aziende, attraverso l’adesione ai bandi.

Il trasferimento di fondi permetterà di aprire anche il bando sull’operazione 11.2 relativa al mantenimento degli impegni dell’agricoltura biologica, completando così il quadro del sostegno offerto dalla misura 11 (sia per le aziende che proseguono gli impegni sia per quelle in conversione dal convenzionale al biologico).

 

Prodotti fitosanitari, la deroga delle Regioni

È stato approvato nell’ultima seduta della Conferenza Stato Regioni, il decreto del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali finalizzato ad integrare il DM 309/2011, che stabilisce un limite massimo di residui di sostanze non ammesse in agricoltura biologica, oltre il quale il prodotto contaminato non può essere commercializzato come “biologico”.

Il decreto, in procinto di emanazione, prevede una deroga nel caso di residui di acido fosfonico nonché, per il vino, anche di acido etilfosfonico. Il decreto ministeriale del 2011, infatti, con riferimento ai prodotti fitosanitari non presenti nell’allegato II del Reg. (CE) n. 889/2008, ha fissato a 0,01 mg/kg il limite inferiore, inteso come “soglia numerica” al di sopra della quale non è concedibile la certificazione di prodotto biologicoanche in caso di contaminazione accidentale e tecnicamente inevitabile, a meno che non siano previsti limiti inferiori dalla legislazione applicabile per particolari categorie di prodotto.

Poiché in base ai metodi di analisi più utilizzati nel settore – dichiara Giuseppe L’Abbate, Sottosegretario alle Politiche Agricole – questo valore risulta difficilmente applicabile nel caso di acido fosfonico, è stato opportuno prevedere una deroga alla precedente disposizione. Per tale ragione, il Decreto su cui si è trovata l’intesa prevede una nuova soglia specifica per questa sostanza, pari a 0,05 mg/kg, stabilendo al tempo stesso un periodo transitorio di due anni, durante il quale si applica il limite più elevato di 0,5 mg/kg per le colture erbacee e 1 mg/kg per quelle arboree”.

Il provvedimento contiene, inoltre, una specifica norma per la contaminazione di acido etilfosfonico nel vinoderivante da un processo di produzione spontanea che si verifica durante il processo di trasformazione. Al fine di incentivare l’agricoltura biologica, il periodo di transizione sarà applicabile anche alle aziende che si saranno convertite al biologico successivamente all’emanazione del decreto.

Alla luce delle indicazioni fornite dal CREA e con un attento confronto tecnico – conclude Giuseppe L’Abbate – poniamo fine ad una controversa situazione su cui si ingeneravano numerosi falsi positivi e che rischiava, di fatto, di penalizzare le nostre imprese biologiche, rendendo vani i loro sforzi”.​

“Servono certezze per le aziende agrituristiche”

Ad oltre un mese dalla firma dell’accordo sul turismo la Regione non ha ancora erogato il bonus previsto per gli agriturismi. A denunciare la situazione è il presidente di Cia Piemonte, Gabriele Carenini.

“Il 22 giugno, già con grave ritardo, sarebbero dovute partire le PEC per tutte le strutture ricettive – spiega Carenini -, ma ad oggi le aziende non hanno ancora ricevuto nulla. Mancano ancora gli elenchi degli agriturismi con ristorazione che la Regione si era impegnata a trasmettere alle organizzazioni agricole per verificare l’effettiva presenza di tutte le aziende che hanno diritto al bonus di 2.500 euro previsto dal riparti Piemonte”. 

“Le buone intenzioni della Regione – aggiunge Carenini – si stanno arenando sulle secche di una burocrazia inefficiente. Le aziende hanno bisogno di certezze e tempi rapidi. I nostri uffici sono subissati dalle telefonate dei soci spazientiti che chiedono spiegazioni. Dopo tre mesi di blocco totale, il settore sta cercando di ripartire ma la pubblica amministrazione sta dimostrando una volta di più di avere tempi non compatibili con quelli degli imprenditori”. 

“Chiediamo alla politica e alle amministrazioni pubbliche – conclude il presidente di Cia Piemonte – di garantire che i provvedimenti legislativi siano attuati in tempi celeri. In questo lungo periodo di emergenza troppi provvedimenti sono rimasti nel limbo delle buone intenzioni. Ma l’economia reale ha bisogno di concretezza, le idee da sole non bastano”.

A Roma per la ripartenza dell’agricoltura

Mercoledì 3 giugno, presso la sede nazionale di Via Mariano Fortuny a Roma, avrà luogo la giunta nazionale di Cia- Agricoltori italiani, la prima post Covid.

Oltre a tutti i presidenti regionali Cia, saranno presenti il ministro Bellanova e gli assessori regionali all’agricoltura di ogni regione. 

“Un’iniziativa importante – commenta Gabriele Carenini, presidente di Cia Piemonte e membro della giunta nazionale -, fondamentale per discutere della ripartenza dell’intero settore agricolo nazionale. Per il Piemonte, collegato in video conferenza, ci sarà l’assessore Marco Protopapa, al quale, nel corso degli ultimi mesi, abbiamo fatto presenti, settore per settore, tutte le misure che a nostro avviso devono essere adottate per la nostra agricoltura regionale. Richieste che presenteremo anche al ministro Bellanova in occasione di questa riunione”.

“Il territorio piemontese – sottolinea Carenini – ha caratteristiche peculiari e necessita di interventi ad hoc. Il nostro settore agricolo, vero e proprio motore dell’economia nazionale, non si è mai fermato, ma ha subito comunque una pesante crisi. Quel che serve al Piemonte è una strategia forte, che possa far ripartire il comparto senza esitazioni ed incertezze”.

Confagricoltura chiede risposte urgenti

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte: “Il Ministero deve tener conto che per coltivare un ettaro di vigna da noi servono 600 ore di lavoro all’anno,  in altre realtà ne bastano 50”.

 

“Apprezziamo l’impegno della Regione nell’affrontare l’emergenza che si è creata nel comparto vitivinicolo, ribadendo la necessità di decisioni rapide, per poter mettere in atto tutte le iniziative necessarie nei tempi utili”.

Confagricoltura, che ha partecipato nei giorni scorsi alla videoconferenza organizzata dalla Regione Piemonte per discutere sulle misure da adottare per far fronte alle difficoltà che si sono create in seguito alla pandemia che negli ultimi due mesi ha di fatto ha bloccato le esportazioni e le vendite nel canale dei pubblici esercizi e della ristorazione, sottolinea l’importanza di intervenire con un piano di azioni coordinate, dalla distillazione di crisi alla vendemmia verde, fino alla promozione, per salvaguardare le specificità di un territorio che produce oltre il 90% dei vini a denominazione di origine controllata e controllata e garantita.

Nel corso della videoconferenza la Regione ha illustrato le proposte del Ministero delle Politiche agricole, che puntano ad attivare bandi a livello nazionale per la distillazione di crisi, ma soltanto per i vini da tavola, e per la riduzione delle rese di uva in vista della prossima vendemmia, destinando a queste iniziative risorse per 150 milioni di euro.

Si tratta di uno stanziamento insufficiente per la gravità del momento – dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte – che ben difficilmente riuscirà a tonificare il mercato“.

L’assessore regionale all’agricoltura Marco Protopapa e il vice presidente Fabio Carosso hanno annunciato che la Regione interverrà con un contributo finanziario aggiuntivo di circa 4 milioni di euro, da destinare sia all’incremento del contributo nazionale sulla distillazione, destinato ai vini doc e docg a condizione che l’operazione sia praticabile, sia attivando una misura strutturale per favorire lo stoccaggio dei vini da invecchiamento.

Alla Regione – conclude Allasia – abbiamo ancora ribadito la necessità di intervenire sul Ministero perché si possa arrivare a decisioni rapide, in quanto i viticoltori hanno bisogno di poter programmare l’eventuale vendemmia verde e anche la distillazione di crisi. Ciò che dobbiamo impegnarci, tutti insieme, a far comprendere al Ministero, è che la nostra viticoltura è particolarmente onerosa. Solo per fare un esempio: per coltivare un ettaro (10.000 m²) di vigneto in Piemonte occorrono mediamente 600 ore di lavoro all’anno, mentre in altre realtà di pianura e completamente meccanizzate, le ore di lavoro scendono a 90 e, in alcuni casi, addirittura sotto le 50 per ettaro. È perciò indispensabile tener conto di questa specificità, per evitare che la nostra viticoltura venga penalizzata”.

Ripartiamo dalla terra

“Il Decreto Rilancio dedica attenzione all’agricoltura, ma non è ancora abbastanza”

Slow Food: le risorse devono premiare la filiera agroalimentare attenta alla salute dell’uomo e dell’ambiente

«Un Paese che dimentica la terra è un Paese debole, un Paese che non valorizza i suoi contadini, pescatori, pastori, artigiani è un Paese che non sa riconoscere la bellezza e non ha il coraggio di coltivare il sogno». «La cucina italiana è una lunga catena dalle maglie fitte, ogni maglia rappresenta un contadino, un allevatore, un casaro, una trattoria, un ristorante, un’osteria, un pescatore, un vignaiolo, un pastaio. Oggi questa catena è più fragile, molti anelli si sono indeboliti e necessitano dell’aiuto di tutta l’Italia prima che si spezzi». Sono queste le parole con cui Massimiliano e Raffaele Alajmo, del pluristellato ristorante Le Calandre di Sarmeola di Rubano (Pd), hanno accompagnato la propria firma all’appello Ripartiamo dalla terra.
Appello rivolto al Governo italiano, sottoscritto a oggi da oltre 7000 tra cuochi, artigiani del cibo, contadini, allevatori, accademici, politici e cittadini, che chiede di sostenere, con iniziative concrete, l’agricoltura che rispetta l’ambiente e l’uomo e la ristorazione di qualità.
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L’iniziativa, voluta dai cuochi che aderiscono al progetto dell’Alleanza Slow Food, mette in evidenza come sia necessario per la ripartenza dopo il Covid-19 un grande gioco di squadra che coinvolga tutta la filiera agroalimentare, i ristoranti e i consumatori, perché come ci ricorda Oskar Messner dell’osteria Pitzock in Val di Funes (Bz): «I produttori mettono l’anima nel lavoro che fanno, per noi cuochi il compito è portare quest’anima nel piatto, rispettandola e raccontandola».

Non va dimenticato, infatti, che la cucina italiana è grande anche grazie a produttori di piccola scala già stretti dalla morsa della grande distribuzione e della produzione massiva, che questa pandemia ha mandato ulteriormente in crisi. «Ad oggi 184.000 ristoranti coprono il 13% del Pil del Paese e assorbono dal 30 al 40% dei prodotti coltivati sul suolo nazionale. Siamo un fiore all’occhiello e rappresentiamo i valori italiani anche all’estero, vogliamo essere ascoltati e trattati con dignità» sottolinea Cesare Battisti del Ratanà di Milano, segretario generale dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto.
Il Decreto Rilancio, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 19 maggio, riserva grande attenzione all’agricoltura. Oltre a uno stanziamento consistente di risorse, prevede provvedimenti importanti, come la possibilità di usufruire della cassa integrazione o di accedere ad agevolazioni e bonus. Ma non basta. Bisogna lavorare affinché gli stanziamenti vadano a premiare l’agricoltura e le filiere autenticamente sostenibili e in particolare, come si chiede nell’appello: “(…) estendere il credito d’imposta agli acquisti di prodotti agricoli e di artigianato alimentare di piccola scala legato a filiere locali, in una misura pari almeno al 20%, da aumentare al 30% nel caso in cui tali aziende pratichino un’agricoltura biologica, biodinamica, o siano localizzate in aree marginali, disagiate e di particolare valore ambientale del nostro Paese”.Proposte essenziali per costruire un futuro diverso e trarre un insegnamento da questa pandemia, perché i veri nemici da abbattere “saranno ancora la perdita di biodiversità, l’erosione del territorio, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, l’impoverimento della fertilità nei nostri terreni, la cementificazione, l’abbandono delle aree rurali e dei piccoli borghi, lo spreco alimentare, lo sfruttamento del lavoro, l’indifferenza per chi produce con attenzione alle ragioni e ai tempi della natura e l’individualismo, che fa prevalere l’io sul senso di comunità. Se vogliamo porre le basi di un futuro diverso dobbiamo cambiare prospettiva”.

Crediti Marco Del Comune & Oliver Migliore

«Dobbiamo ripartire dalla solidarietà sociale, dall’economia di relazione e da un grande impegno collettivo per dare valore al territorio e alla sua cultura» spiega Roberta Capizzi, titolare del ristorante Me Cumpari Turiddu, nel centro di Catania e fra le prime firmatarie. «Per questo sosteniamo l’appello di Slow Food».

Tutti insieme possiamo farcela. Bisogna però avere la volontà di mettere in atto un cambiamento vero. Occorre correggere il paradigma della produzione e distribuzione dei prodotti agricoli e avere il coraggio di dire molti “basta”: all’uso di pesticidi, a derrate alimentari che fanno il giro del mondo o sono prodotte a danno degli ecosistemi, a monoculture e allevamenti intensivi.

Non a caso l’appello ha raccolto moltissime adesioni da parte dei parchi italiani. «Da dieci anni nel nostro parco abbiamo avviato una intensa collaborazione tra agricoltori, allevatori locali, piccoli artigiani e ristoranti del territorio e pensiamo che sia questa la strada giusta. Per questo l’appello ci trova assolutamente d’accordo» afferma Fausto Giovanelli, presidente del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano».

Slow Food auspica che i proclami per un’agricoltura più green, più equa e più rispettosa dell’ambiente, di chi produce e consuma diventino al più presto realtà e che la politica sappia tradurre questa forte esigenza in provvedimenti costruttivi a partire da subito e chiede un intervento in questa direzione nell’iter parlamentare che attende il Decreto Rilancio.

“Agricolandia” per la tutela delle aziende agricole

Cia Piemonte presenta il progetto Agricolandia, che nasce dalla constatazione delle difficoltà dei genitori che dovranno gestire i figli nella fase 2 dell’emergenza sanitaria. Una fase in cui non verranno riaperte le scuole, anche se continuerà l’erogazione della didattica a distanza fino al termine naturale dell’anno scolastico. Il progetto punta a creare un’alternativa possibile con la quale sollevare le famiglie dall’impegno di dover provvedere alla custodia dei bambini durante le ore di lavoro dei genitori, facendo fare ai bambini attività divertenti e utili anche dal punto di vista formativo.

“Non tutte le famiglie  – spiega Gabriele Carenini, presidente di Cia Piemonte – possono contare sul supporto di parenti prossimi a cui affidare i figli minori e non tutte le famiglie hanno la possibilità di avvalersi di baby-sitter. L’idea è quella di consentire alle Fattorie Didattiche, agli Agriturismi e alle Aziende Agricole, che si renderanno disponibili, di aprire dei centri diurni di accoglienza per bambini e ragazzi, organizzati possibilmente per fasce di età e in piccoli gruppi, a cui proporre attività ludico-formative, prevalentemente outdoor, durante il periodo delle vacanze scolastiche”.

Si è partiti dalla considerazione che l’Outdoor Education, letteralmente educazione all’aperto, è una forma di insegnamento che si svolge in contesti naturali (nei cortili, nei parchi, sino ad arrivare alle escursioni) e consente di far vivere ai bambini esperienze concrete, in un contesto informale e stimolante.

Alcune ricerche fatte sostengono che la vita all’aria aperta accresce positivamente lo sviluppo globale del bambino. Per esempio: riduzione dello stress e dell’ansia, rinforzo delle difese immunitarie, migliori competenze nell’area della memoria e dell’attenzione, maggior sviluppo del gioco spontaneo, della socializzazione e dell’attività fisica, stimolazione della produzione di vitamina D, con conseguente diminuzione delle malattie da raffreddamento.

Per altro, facendo attività all’aria aperta si riducono i rischi infettivi, che sono maggiori nei locali chiusi, poco areati e talvolta molto riscaldati.

L’obiettivo educativo è andare alla scoperta del mondo dell’Agricoltura, “Agricolandia” appunto, attraverso laboratori e attività ludiche che stimolino e favoriscano l’apprendimento di nuove nozioni e la socialità, imparando a rispettare nuove regole di convivenza. Senza dimenticare del tutto la Scuola tradizionale, poiché si potranno anche prevedere momenti in cui svolgere i “compiti”, seguiti da un tutor in modo che il rientro a scuola dopo le vacanze sia più fluido.

Sarà necessario organizzare preventivamente un prospetto con maggior dettaglio sulle metodologie operative rispettose delle indicazioni di sicurezza: luoghi, metodi e tempi di attuazione delle attività dovranno tenere conto delle prescrizioni in vigore. Pertanto prima dell’attuazione del progetto, sarà necessario avere un confronto con gli esperti di sicurezza e salute che possano dare indicazioni in merito. Non ultimo, sarà necessaria una corretta valutazione sulle opzioni di scarico delle responsabilità degli operatori che erogano il servizio qualora gli utenti non abbiano comportamenti in linea con le disposizioni ministeriali in vigore.

Per le attività di tutorial si potrebbe valutare di avvalersi di studenti maggiorenni degli ultimi anni di scuola superiore o universitari, che abbiano una formazione in corso compatibile a questo tipo di attività, valutando anche l’opzione di poter sfruttare i progetti di alternanza scuola/lavoro o di quelle attività che possano essere utili a conferire punteggio nel curriculum del giovane.

Per la somministrazione dei pasti, se l’azienda che ospiterà i bambini non è attrezzata in tal senso, si potrà creare una rete di aziende che si potranno specializzare nella preparazione dei pasti da somministrare ai piccoli ospiti. Senza dimenticare che anche il momento del pasto potrà diventare occasione per fare educazione alla corretta alimentazione e alla conoscenza dei prodotti agricoli in tavola. Il tutto in una logica di prodotti a km0.

Questo impianto progettuale, nato certamente dall’esigenza di far fronte ad una criticità determinata dall’emergenza sanitaria, vuole porre le basi per diventare anche una forma stabile di educazione e di erogazione di servizi come possibile integrazione e/o alternativa a quanto già previsto per i bambini e i ragazzi. 

Se da un lato fornisce un’opzione utile alle famiglie nel periodo non coperto dalle attività scolastiche ministeriali, dall’altro offre l’opportunità di creare una rete di servizi innovativa e che, oltre a dare servizio, procura lavoro a quella parte di aziende del settore agricolo maggiormente colpite dal lockdown (per es. fattorie didattiche o agriturismi).

Servizi che potranno facilmente essere utilizzati anche dalle famiglie residenti nei centri abitati più piccoli o marginali, che spesso hanno maggiori difficoltà ad accedere ai servizi presenti nelle città.

Parallelamente offre l’opportunità di creare un canale formativo coinvolgente, che muove dall’esperienza diretta, per trasmettere ai bambini sia la conoscenza della natura e dell’ambiente – inteso anche nel significato più ampio di ecosistema – sia di acquisire una consapevolezza maggiore sul valore dell’agroalimentare visto sotto ogni punto di vista: dalla cura della terra e degli allevamenti, alla conoscenza delle differenze dei prodotti, alla stagionalità fino alla cultura delle buone pratiche di coltivazione, e dunque indirettamente al riconoscimento della qualità.

Il tutto farcito anche da una buona dose di sano divertimento.

Le proposte di Cia per il settore vitivinicolo

Cia Agricoltori italiani Piemonte, nei lavori del Gruppo di Interesse Economico del settore Vino, ha elaborato alcune proposte indirizzate alla Regione Piemonte per gli strumenti da adottare a salvaguardia delle aziende, il cui comparto economico è messo a rischio dall’emergenza Coronavirus.

Eccole nel dettaglio:

–              Aumento dal 15% al 30% dei tagli migliorativi: la legge prevede che si possano fare dei “tagli di annata” mettendo nella stagione attuale una percentuale di vino nell’annata precedente (che risolve le giacenze passate)

–              Vendemmia verde facoltativa, ossia le operazioni di diradamento delle uve per diminuire le rese dei vigneti entro il 30 luglio. Cia chiede l’attivazione di questo strumento per alleggerire la produzione 2020 che avrà un deficit di mercato. Con domande presentate nel mese di maggio/giugno, le aziende possono percepire un contributo  regionale o nazionale che vada a compensazione del reddito, in modo da garantire il reddito dell’anno precedente.

–              Distillazione facoltativa: adottata in bassa percentuale ed anche per piccole quantità in modo da poter essere utilizzata dalle piccole-medie aziende. La situazione si configura quando si ha un prodotto giacente in cantina che difficilmente sarà venduto sul mercato. L’intervento di sostegno prevede di portare in distillazione una parte di produzione, percependo un contributo, per la produzione di alcool per altri scopi rispetto all’alimentare (fine sanitario, ad esempio). Come ultima cosa, la distillazione facoltativa.

–              OCM (Organizzazione Comune di Mercato) investimenti: Cia chiede di utilizzare queste misure di contribuzione pubblica per investimenti in materiali e attrezzature, per aumentare lo stoccaggio di piccole e medie imprese, anche al fine di trattenere la mancata vendita del vino, eseguita con domande da trasmettere e chiudere in modo veloce, entro sei mesi dalla presentazione della stessa.

–              Accordi commerciali e promozione: è necessario lavorare sin da questo momento ad accordi commerciali tra Stati, specie con i mercati asiatici, per avere nuovi sbocchi alternativi all’esportazione e scongiurare l’introduzione di eventuali dazi, di protezione di ciascun mercato interno, al riavvio del mercato globale.

–              Cambiali agrarie o mutui a conduzione: Cia chiede una linea veloce di accesso al credito e non costosa per le aziende, con garanzie fornite dallo Stato e basato su percentuali di perdita del fatturato basato sull’anno precedente; sarebbe uno strumento da utilizzare per sopperire alla poca liquidità e finalizzato al pagamento di fornitori e dipendenti.

–              I Consorzi inoltre hanno all’interno dei propri disciplinari una serie di strumenti, come la riserva vendemmiale, a cui possono accedere per calmierare questo periodo e combattere le consueguenze della crisi.

Il documento, elaborato e condiviso dai presidenti provinciali Cia del Piemonte, sarà trasmesso alla Regione e all’Assessorato all’Agricoltura di Marco Protopapa.