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Un’ottima annata dopo la vendemmia a Villa della Regina

L’azienda vitivinicola Balbiano, che gestisce il vigneto della Residenza Sabauda, ha terminata la raccolta delle uve: “Quest’annata avrà un valore di rinascita più significativo del solito”
 

 Si è conclusa ieri la vendemmia 2020 di Vigna della Regina, una vendemmia “storica” come i filari che la compongono. Questo particolare vigneto, all’interno del parco della residenza sabauda Patrimonio Unesco di Villa della Regina, testimonia infatti il susseguirsi dei secoli coi suoi grappoli, memoria vivente della vigna reale impiantata nel ‘600 e che continua, ancora oggi, a scandire le stagioni di vita della Città. 

Ieri pomeriggio è stata ultimata la raccolta delle uve dislocate sul terreno di circa un ettaro a un passo dal centro di Torino, al termine della quale sono stati portati in cantina circa 50 quintali di uve Freisa sane e mature. “Il 2020 sarà un’annata impossibile da dimenticare – commenta Luca Balbiano che, insieme al vigneto urbano, gestisce l’omonima azienda di famiglia produttrice della DOC Freisa di Chieri – Oltre alle normali difficoltà legate all’imprevedibilità del meteo, si sono aggiunti i problemi per le restrizioni partite con il lockdown e, in parte, in vigore ancora oggi. Nonostante tutto la vite è una fonte d’ispirazione sorprendente: non si ferma mai e si “esalta” nelle difficoltà. Un esempio di reazione a cui ho pensato spesso nei mesi passati: anche dagli ostacoli più estremi si possono ottenere risultati straordinari. Mi piacerebbe che questa vendemmia, ancora più del solito, simboleggi un atto di speranza e di rinascita”.

Vigna della Regina è anche capofila della Urban Vineyards Association, la rete internazionale dei vigneti urbani di cui Luca Balbiano è Presidente. L’associazione, i cui membri stanno portando a termine proprio in questi giorni la vendemmia 2020, ha visto l’ingresso di un nuovo associato: dopo Parigi, Lione, Siena, Milano, Palermo e le due vigne di Venezia (San Francesco della Vigna e quelle dell’Associazione Laguna nel bicchiere) da alcune settimane si è infatti aggiunta la prestigiosa e storica Vigna dei Papi di Avignone. Una rete internazionale sempre più strutturata, nata per promuovere il patrimonio storico, culturale e turistico che questi affascinanti vigneti all’interno di città e metropoli rappresentano.

“Inaccettabile il prezzo proposto per la nocciola piemontese”

A quindici giorni dalla rilevazione del primo prezzo quotato delle nocciole, varietà Tonda Gentile Trilobata, Cia Piemonte esprime forte dissenso per il mancato aumento della quotazione, che rimane attestato ad € 6,80 punto resa, prezzo sproporzionalmente inferiore a quello dello scorso anno che era oscillato da 9 a 12 euro a fine campagna.

Commenta il presidente regionale Cia Piemonte Gabriele Carenini: “Il comparto corilicolo è di fondamentale importanza per la nostra agricoltura e gli investimenti stanno subendo un forte incremento negli ultimi anni. Il prezzo deve essere corrisposto tenendo conto principalmente delle proprietà e caratteristiche peculiari della nocciola Igp Piemonte che ci contraddistingue. Cia ritiene la quotazione di 300 euro/qle insoddisfacente, non remunerativa e disincentivante per i nostri produttori che affrontano costi di lavoro decisamente superiori ai mercati di Paesi quali la Turchia e la Georgia, per le quali sono corrisposti solamente pochi euro in meno rispetto alle nostre nocciole, con qualità senza pari. Auspicavamo che il prezzo di partenza potesse aumentare nel corso delle settimane in maniera rilevante, ma così non è stato. Esprimiamo, quindi, la nostra preoccupazione e ci rendiamo disponibili ad incontrare le parti coinvolte della filiera, cioè i trasformatori e l’industria, per trovare un accordo che possa valorizzare e rispettare il nostro lavoro. Si organizzi subito un Tavolo di concertazione in modo da poter si sbloccare al più presto la situazione”.

“Nonostante le previsioni ottimistiche – spiega Carenini -, le produzioni sembrano attestarsi su valori inferiori a quanto pronosticato: tutta l’Alta Langa è stata penalizzata da un ritorno di freddo a fine marzo con le centraline metereologiche che hanno rilevato la temperatura di – 5°. Si stima che i noccioleti migliori e in piena produzione abbiamo prodotto non più di 15 quintali ad ettaro. In zone con microclima particolare, molte aziende non hanno prodotto più di 10/12 quintali/ettaro. Nella bassa Langa e in pianura, dove la produzione è stata ottima, ci si aggira intorno ai 25 quintali ad ettaro.
In Piemonte sono presenti 23.000 ettari, ma solo una parte di essi è in piena produzione, ipotizzando una produzione di circa 200.000 quintali”.

“La qualità è eccelsa – prosegue Carenini -, dato che nell’anno in corso non c’è stato il problema del cimiciato. Le quotazioni degli altri grandi paesi produttori, come appunto la Turchia e la Georgia, sono poco più basse di quella della Tonda Gentile, nonostante la qualità decisamente inferiore. La stessa Tonda di Giffoni viene ritirata da 6 a 6,50 € a punto resa. E’ vergognoso che una varietà di nicchia, di grandissimo pregio, con i suoi 200.000 quintali su una produzione mondiale di 12.000.000, debba sottostare ad una prova di forza degli sgusciatori e dell’industria consumatrice”.

“Ci si aspettava un prezzo di partenza basso dovuto a problemi di stoccaggio – dice ancora il presidente di Cia Piemonte -, ma con una tendenza al rialzo. Il prezzo attuale, circa 300 €/ql è al limite della sopravvivenza per le aziende agricole e con la produzione avuta non è assolutamente remunerativa. Lo scorso anno, per mancanza di prodotto, la quotazione ha toccato punte molto alte, arrivando sino a 12€ punto resa (540 € al quintale) e mettendo in difficoltà l’industria consumatrice, ma esistono delle vie di mezzo che possono accontentare il trasformatore e permettere alle aziende corilicole di sopravvivere e fare progetti futuri”.

“Da anni c’è una forte spinta da parte dell’industria per incentivare al mondo nuovi impianti – conclude Carenini -, è assurdo in questo momento bloccare iniziative su una varietà di pregio quale la Tonda Gentile che per sue caratteristiche ha minor produzione e costi molto più alti rispetto alle altre ma dà un prodotto di assoluta eccellenza”.    

Il ruolo strategico del CAAT nella filiera agroalimentare

Ne hanno parlato, all’interno del palinsesto “Edizione Digitale- L’agricoltura al Centro” condotto da Simona Riccio, Gianluca Cornelio Meglio e Stefano Cavaglia’, rispettivamente Direttore Generale del CAAT e presidente di APGO

Agricoltura e food possono e devono essere al centro dell’attenzione del grande pubblico anche servendosi dell’ausilio dello strumento digitale.

Una dimostrazione, in epoca post Covid, è rappresentata proprio dal palinsesto dal titolo “Edizione Digitale-L’agricoltura al Centro”, che annovera l’intervento di diversi Operatori chiamati a discernere sul peperone di Carmagnola in occasione della 71esima edizione della Fiera nazionale del Peperone di Carmagnola.

A condurre questo palinsesto è la Social Media Manager Simona Riccio, che ha dialogato, lunedì 31 agosto scorso, con il Direttore generale del CAAT Gianluca Cornelio Meglio e il Presidente di A.P.G.O. FedagroMercati Torino ( Associazione Piemontese Grossisti Ortoflorofrutticoli )Stefano Cavaglia’.

“I Centri Agroalimentari – spiega il Direttore generale Gianluca Cornelio Meglio – rappresentano un’evoluzione dei vecchi mercati ortofrutticoli sia dal punto di vista delle gamme merceologiche trattate che dei servizi al loro interno erogati. Questa evoluzione non si traduce solo in un adeguamento strutturale, bensì attiene anche all’aspettoculturale; in tal senso, il Grossista di oggi è un operatore più sensibile rispetto alle specificità delle produzioni locali e più attento rispetto alle esigenze di un mercato profondamente mutato.

Il Centro Agroalimentare di Torino – che il Direttore generale ricorda essere tra i primi tre mercati italiani – deve fungere da anello di congiunzione e cassa di risonanza per favorire la distribuzione delle eccellenze del territorio e con esse del made in Italy”.

“Questo sarà il primo anno – aggiunge Cornelio Meglio – in cui il Centro Agroalimentare di Torino prenderà parte alla Fiera del Peperone di Carmagnola; ritengo questa partecipazione fondamentale, in quanto coerente con tutta una serie di iniziative funzionali a far conoscere sempre di più il Centro Agroalimentare di Torino e il ruolo strategico che lo stesso ricopre all’interno della filieraagroalimentare

“La partecipazione a questo palinsesto digitale – prosegue  Gianluca Cornelio Meglio –  consentirà di testimoniare il ruolo centrale e strategico ricoperto dal CAAT – nell’ambitodel segmento B2B – all’interno della filiera agroalimentarecon un focus su quella che è la produzione del territorio con le sue eccellenze”.

Affinchè gli attori all’interno della filiera agroalimentare – prosegue Gianluca Cornelio Meglio – possano esprimere al meglio le proprie potenzialità occorre che anche i diversi soggetti istituzionali coinvolti nel processo concorrano ad ottimizzare talune pratiche amministrative; mi riferisco, inparticolare, all’attività di esportazione di prodotti ortofrutticoli in ambito extra UE – realtà cresciuta nell’ultimo periodo all’interno del Centro – che richiede particolari adempimenti da parte degli Organi di Controllo preposti.

Talvolta le pratiche funzionali al rilascio delle relative attestazioni, da parte dei soggetti all’uopo autorizzati, non si conciliano con i rigidi tempi dettati dagli slot aeroportuali e dalla deperibilità di un prodotto che richiede celerità per conservarne freschezza e qualità; in tal senso è auspicabile un intervento di semplificazione di talune pratiche burocratiche”.

Anche il Presidente del CAAT Marco Lazzarino ha espresso viva soddisfazione per la partecipazione del CAAT alla 71esima Fiera di Carmagnola, sottolineando lo stretto rapporto che intercorre tra il Centro Agroalimentare di Torino, i produttori locali e le eccellenze presenti sul territorio, quale è il peperone di Carmagnola.

“Una delle funzioni fondamentali del CAAT spiega il suo Presidente Marco Lazzarinoè, d‘altronde, quella di promuovere la commercializzazione dei prodotti locali e proprio il peperone rappresenta uno degli esempi più significativi delle eccellenze locali. Gli organizzatori della Fiera di Carmagnola hanno, inoltre, dimostrato la capacità di riformulare, in un tempo piuttosto breve, il format della manifestazione annuale, adattandolo alle esigenze dell’epoca post Covid e garantendone la massima sicurezza, pur senza compromettere la magia, legata ad unprodotto come il peperone.

“La partecipazione quale Presidente dell’A.P.G.O.Fedagromercati Torino (Associazione Piemontese Grossisti Ortoflorofrutticoli) alla Fiera del Peperone di Carmagnola – spiega Stefano Cavaglià – risponde al nuovo ruolo che proprio i grossisti sono chiamati ad assumerequale “snodo” essenziale per la filiera ortofrutticola del nostro Paese, promuovendo la visibilità dei propri prodottinei confronti dei  clienti, nonchè permettendo di sottolinearne l’operato ad un evento di rilevante impatto mediatico e che gode di risalto nel territorio piemontese e a livello nazionale.

Il cambiamento del mercato e la sua globalizzazione, impongono al Grossista, da un lato, di puntare su un prodotto di elevata qualità, stringendo relazioni con le produzioni, proprio al fine di meglio valorizzare quanto il nostro territorio è in grado di offrire e, dall’altro, implementare i Servizi, per riuscire a raggiungere anche quelle quote di Mercato ad oggi inesplorate. Il peperone di Carmagnola rappresenta uno dei numerosi prodotti tipici del nostro territorio che, attraverso gli Operatori Grossisti, raggiungono l’ampio bacino d’utenza del Centro Agro Alimentare che comprende, oltre al Piemonte, la Valle d’Aosta, buona parte della Liguria e diversi mercati della Francia subalpina.

Questo obiettivo – prosegue Stefano Cavaglià – si persegue sia attraverso un ampliamento della gamma merceologica offerta all’interno del Centro, sia attraverso l’attivazione di servizi ad elevato valore aggiunto quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, il confezionamento, la lavorazione, il deposito a temperatura controllata ed un moderno sistema di delivery rispondente alle esigenze dell’attuale approccio distributivo.

L’occasione mi permette anche di ricordare il ruolo dei tanti Operatori Grossisti, le loro famiglie, i dipendenti, i facchini e tutti i collaboratori delle aziende, che, durante i mesi più bui dell’emergenza sanitaria, con senso di responsabilità e sacrificio,  pur legittimamente impauriti dal rischio di contagio, hanno continuato a svolgere il loro lavoro, garantendo alle famiglie piemontesi l’approvvigionamento di generi alimentari freschi, così significativi durante questo periodo, adattandosi, con sacrificio, alle misure stringenti adottate per il contenimento dell’epidemia. Inoltre, in questa circostanza, i Grossisti del C.A.A.T. hanno mostrato, ancora una volta ed in modo incisivo, la loro sensibilità verso i concittadini in difficoltà,  tramite costanti donazioni di frutta e verdura ad enti di vario genere. Tra i beneficiari di tali donazioni si annoverano il personale medico e paramedico di 5 ospedali dell’area metropolitana di Torino, il Fondo di solidarietà Covid-19, istituito dal Comune di Torino, diversi enti benefici e mense che si adoperano per offrire pasti ai senza fissa dimora e ai poveri.

Mara Martellotta 

Il Caat alla Fiera del Peperone

Il Caat – Centro Agroalimentare di Torino partecipa al panel dedicato all’agricoltura durante la 71^ FIERA NAZIONALE DEL PEPERONE DI CARMAGNOLA condotto da Simona Riccio.

71esima edizione della Fiera nazionale del peperone

“EDIZIONE DIGITALE: L’AGRICOLTURA AL CENTRO”

“Innovazione e tradizione. Il CAAT al centro della filiera agroalimentare”

⦁ Lunedì 31 agosto ore 18.40-19.10 e ore 19.20-19.50

La tendenza di acquistare e consumare quotidianamente prodotti ortofrutticoli sempre più buoni, sani, garantiti e soprattutto di origine italiana, è una tendenza che si è confermata ancora di più in fase di lockdown.

La qualità dei prodotti ortofrutticoli che approdano nelle nostre tavole parte da lontano e risponde alla stessa eccellenza di quel variegato sistema rappresentato dalla filiera che coinvolge molti soggetti, a partire dai produttori, passando attraverso gli Operatori Grossisti dei Centri Agroalimentari che costituiscono un anello di congiunzione fondamentale tra produttori e consumatori. Anello che non si è mai fermato in fase di pandemia.

Il ruolo strategico dei mercati all’ingrosso e dei suoi Operatori, il loro rilievo nella filiera agroalimentare ed il loro essere garanti di sicurezza alimentare e trasparenza dei prezzi, sono stati equanimamente riconosciuti.

Il Caat – Centro Agroalimentare di Torino – è uno degli esempi italiani.

Nel panel “Edizione Digitale –  L’agricoltura al Centro”, Simona Riccio ne parlerà direttamente dal Caat, durante le normali attività lavorative, con Gianluca Cornelio Meglio – Direttore Generale del Centro e Stefano Cavaglià – Presidente dell’Associazione Piemontese dei Grossisti Ortofrutticoli (APGO-Fedagro Torino).

Vi farà vivere l’experience dall’interno andando a coinvolgere alcuni operatori che trattano in particolare il Peperone di Carmagnola.

Sarà trasmesso anche un video-messaggio inviato in esclusiva dall’Onorevole Salvatore De Meo – Membro del parlamento Europeo presso Parlamento Europeo – dedicato al panel dove andrà a sottolineare l’importante ruolo strategico dei mercati all’interno della filiera agroalimentare.

La conoscenza di un anello fondamentale del segmento distributivo, quale è il CAAT, non può che aumentare la consapevolezza dei consumatori finali sui plurimi fattori che concorrono a connotare l’intera filiera agroalimentare.

 

Lavoro e agricoltura: la Regione vuole rivedere il nuovo voucher

Gli assessori regionali al Lavoro e all’Agricoltura hanno scritto ai loro colleghi di tutta Italia per ribadire l’attenzione nei confronti dell’utilizzo delle prestazioni occasionali in agricoltura e della loro efficacia sul sistema agricolo. La richiesta: estendere l’attuale strumento alle imprese con più di 5 addetti.

L’assessore regionale al Lavoro e l’assessore regionale all’Agricoltura del Piemonte hanno scritto ai colleghi di tutte le Regioni italiane per ribadire l’attenzione nei confronti dell’utilizzo delle prestazioni occasionali in agricoltura e della loro efficacia sul sistema agricolo.

Si tratta di un tema molto sentito dal mondo lavorativo e imprenditoriale agricolo, non solo piemontese ma anche nazionale, in questo anno 2020 in cui le aziende hanno incontrato grande difficoltà nel reperimento dei lavoratori stagionali provenienti dall’estero a causa dell’emergenza Covid 19.

In alcuni casi, tali lavoratori provengono da zone che attualmente registrano un aumento dei contagi costringendo gli stessi a periodi di quarantena preliminari prima di iniziare il lavoro, provocando dannose perdite di tempo per le imprese.

L’attivazione di contratti di natura occasionale si ripropone ogni anno ed è legato ai tempi dell’agricoltura.

L’attuale strumento, attivabile attraverso la piattaforma «PrestO» è infatti meno agile rispetto al vecchio voucher agricolo cartaceo, abolito nel 2017 e, secondo i due esponenti della giunta regionale piemontese, rende difficoltoso e farraginoso il reclutamento del personale nel settore agricolo, oltre a limitare la possibilità per molti cittadini in difficoltà economiche di fruire di forme di integrazione al reddito familiare.

Tra gli aspetti che l’assessore regionale al Lavoro e l’assessore regionale all’Agricoltura ritengono debbano essere rivisti c’è, in particolare, il numero di dipendenti a tempo indeterminato che segna il discrimine fra aziende che possono fruire dello strumento e aziende escluse.

Non si comprende la ragione per cui il ricorso alla prestazione occasionale sia limitato alle microimprese con meno di 5 dipendenti. Per i due esponenti di giunta, quindi, non si può escludere a priori una fetta del mondo imprenditoriale dalla platea dei soggetti utilizzatori, ma occorre invece garantire che venga svolta una puntuale attività di controllo sul rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché sul rispetto dei contratti collettivi applicati.

Da qui la richiesta alle altre Regioni di sostenere questa «battaglia» del Piemonte, per una revisione dell’attuale sistema, sollecitando, con una missiva, il governo in modo da chiedere un intervento efficace e tempestivo.

Innovazione e tradizione. Il CAAT al centro della filiera agroalimentare 

La qualità dei prodotti ortofrutticoli che approdano nelle nostre tavole parte da lontano e risponde alla stessa eccellenza di quel variegato sistema rappresentato dalla filiera che coinvolge molti soggetti, a partire dai produttori, passando attraverso Centri Agroalimentari che costituiscono un anello di congiunzione fondamentale tra produttori e consumatori. Il CAAT, Centro Agroalimentare di Torino, è uno degli esempi italiani di eccellenza.

“Esiste a livello nazionale una rete – spiega il Direttore generale del CAAT, l’avvocato Gianluca Cornelio Meglio – che riunisce i sedici Centri Agroalimentari e Agromercati più grandi d’Italia, tra cui figura anche il CAAT di Torino. Questa rete si chiama Italmercati ed avoca a sé un comparto di eccellenza del Nord Italia, che necessita, oggi, di un sostegno per una ripartenza post Covid, contemplato dal Decreto Agosto del Governo e dagli sforzi da parte del Ministro per le Politiche Agricole Teresa Bellanova”.

“Una delle filiere – prosegue il Direttore generale del CAAT, Gianluca Cornelio Meglio – su cui si deve assolutamente puntare in questa fase temporale post pandemia è quella agroalimentare,  che è risultata in grado di contenere gli effetti negativi della crisi seguita al lockdown ed è ora capace di favorirne uno sviluppo. Il comparto risulta assolutamente variegato, in quanto si compone di molti attori, tra i quali figurano il settore agricolo, l’industria alimentare, il settore della logistica e quello dei trasporti, il commercio dall’ingrosso e quello al dettaglio”.

“Il comparto agroalimentare – aggiunge il Direttore generale del CAAT Cornelio Meglio – è  tra l’altro quello in cui maggiormente, in Italia, si sono conservate e tramandate le tradizioni, attraverso passaggi generazionali, che hanno significato e sono coincisi con la trasmissione di conoscenze pratiche sul campo, nel settore agricolo e della coltivazione, unite ad una comune passione per la terra. Il settore agroalimentare è stato, inoltre, uno dei pochi che, in epoca Covid, non si è mai arrestato e, con lui, ovviamente, i Centri Agroalimentari italiani, tra cui il CAAT, che ha consentito, con la sua operatività, il continuo approvvigionamento di prodotti ortofrutticoli freschi, capaci di raggiungere le nostre tavole, anche durante il periodo del lockdown “.

“Il CAAT – precisa il suo Direttore generale Gianluca Cornelio Meglio – ha fatto poi, da sempre, della sicurezza il punto di forza del suo operato, anche e soprattutto durante il periodo del lockdown, attraverso l’applicazione dei principi previsti dai protocolli dell’emergenza Covid 19, salvaguardando al massimo la salute di tutti quanti quotidianamente hanno fruito degli spazi del Centro Agroalimentare di Torino, e procedendo ad una costante sanificazione dei locali a tutela, anche, del consumatore finale. In tutto questo periodo, peraltro, non sono mai state interrotte le attività di rilevamento prezzi all’interno del Centro; attività che hanno contribuito a connotare il Centro quale “termometro” dell’economia locale, e non solo, all’interno del settore agroalimentare”.

“Proprio alla luce delle migliorate condizioni sono riprese – aggiunge l’avvocato Gianluca Cornelio Meglio – talune visite che concorrono ad aprire le “porte” del Centro Agroalimentare, con l’intento di mostrare – a quanti non conoscano questa realtà – l’attività che ogni notte dalle 3.30 a.m., attraverso il lavoro di quasi duemila persone – anima questa piccola “Città” alle porte di Torino.

La conoscenza di un anello fondamentale di questa filiera, quale è il CAAT, certamente non potrà che aumentare la consapevolezza dei consumatori durante l’acquisto di prodotti ortofrutticoli”.

Mara Martellotta

Bovini di razza piemontese: le preoccupazioni del mondo agricolo

Elezioni Anaborapi, l’allarme di Cia e Confagricoltura Piemonte

Situazione di preoccupazione all’interno dell’Anaborapi (Associazione nazionale bovini razza Piemontese): Cia e Confagricoltura Piemonte esprimono perplessità e allarme per le modalità di svolgimento delle elezioni dei delegati che rappresenteranno gli allevatori all’assemblea generale a Carrù, nel prossimo autunno.  Lo scorso 23 luglio a Carrù erano previste le elezioni per le nove sezioni di razza delle sei province del Piemonte più le regioni Emilia Romagna, Lombardia e Liguria.

Gli appuntamenti erano stati rimandati a causa dell’emergenza sanitaria, ma questa tornata, spiegano Cia e Confagricoltura, si è svolta secondo modalità contestabili, come raccontano i rappresentanti Anaborapi Gian Piero Ameglio per Cia Piemonte e Alberto Brugiafreddo per Confagricoltura Piemonte: “La prima assemblea del Comitato di razza di Cuneo avrebbe dovuto avere inizio alle ore 9,30 e a seguire le altre, il presidente Renato Giordano non era presente e non si è svolta alcuna discussione su nessun tema, ai presenti è stata consegnata la scheda elettiva per la compilazione. Giordano è arrivato pochi minuti prima di mezzogiorno, quando la maggior parte dei partecipanti era già andata via, molti dei presenti non hanno nemmeno votato né perfezionato la presenza. Si sono ottenuti una manciata di voti a fronte di centinaia aventi diritto”.

Confagricoltura e Cia Piemonte esprimono forte preoccupazione per il futuro dell’allevamento della Razza bovina Piemontese. Continuano Ameglio e Brugiafreddo: “Negli ultimi anni si sono verificati importanti risultati positivi in seno alla selezione di razza e al sistema tra Consorzio di Tutela, Cooperative per la vendita e Libro genealogico: questo ha premiato il territorio, l’allevamento e la tipicità delle carni di pregio di questa splendida razza. Nonostante questo, gli accadimenti che si sono verificati nelle assise delle sezioni dei delegati all’assemblea generale, ci paiono alquanto irregolari e poco rispettoso nei confronti di tutti quei soci che ripongono fiducia nel sistema della delega e della rappresentanza. Da molti anni diamo il nostro qualificato contributo al sistema, ma mai come oggi ci è parso di assistere ad una scalata volta al controllo dell’apparato. Il nostro auspicio è che il dialogo e l’interesse collettivo prevalgano sempre nella piena trasparenza”.

Eventi e gestione, i contributi alle enoteche regionali

La Giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Agricoltura e cibo Marco Protopapa, ha approvato la delibera con la quale vengono assegnati 100 mila euro di contributi complessivi per l’annualità 2020 e altri 100 mila euro per il 2021 per sostenere le spese di funzionamento, di gestione e lo svolgimento dell’attività istituzionale delle Enoteche regionali del Piemonte.

Attraverso questo provvedimento la Giunta interviene a favore delle Enoteche regionali, 15 dislocate in tutto il territorio piemontese e riconosciute dalla Legge regionale 37/1980, considerata la difficile situazione economica determinata dall’epidemia da Coronavirus che ha investito il settore agroalimentare e ricettivo, con la chiusura delle attività e delle Enoteche stesse.

“Dalla Regione è in arrivo un aiuto finanziario alle Enoteche regionali con una continuità di due anni – spiega l’assessore regionale all’Agricoltura, Marco Protopapa – affinché possano riprendere le attività di promozione e valorizzazione dei nostri vini di qualità Doc e Docg e dei prodotti enogastronomici legati al territorio locale. Le Enoteche hanno assunto un ruolo di riferimento sul proprio territorio in diversi ambiti, e non solo rappresentano i produttori locali e i prodotti di qualità, ma rappresentano i l territorio di riferimento dal punto di vista turistico e culturale”.

Confagricoltura Torino dice no all’impianto di biometano di Caluso

Riceviamo e pubblichiamo / Confagricoltura Torino esprime posizione contraria alla costruzione dell’impianto di biometano che dovrebbe sorgere nel territorio di Caluso. Si tratta, in base alle informazioni disponibili, di un centro per il recupero dei rifiuti organici domestici, con una capacità di circa 55.000 tonnellate all’anno, pari alla metà della quantità prodotta dall’intera Città Metropolitana di Torino.

Considerando che la frazione organica del rifiuto solido urbano (Forsu) prodotta dall’intero territorio torinese è di circa 133.000 tonnellate all’anno e che la maggior parte viene acquisita dall’Acea di Pinerolo, che tra l’altro aumenterà la sua capacità a 90.000 tonnellate all’anno, e che sul territorio sono presenti altri impianti simili, appare evidente come i rifiuti trattati dal nuovo impianto proverranno prevalentemente da altre province o da altre regioni italiane.
Confagricoltura – dichiara il direttore dell’organizzazione Ercole Zuccaro – ha effettuato un’analisi tecnica della situazione con gli agricoltori del territorio, confrontandosi con le popolazioni locali e con le amministrazioni comunali della zona: pur riconoscendo la validità della soluzione, che punta alla valorizzazione del rifiuto, siamo contrari all’individuazione del sito in quanto presenta una serie di fattori estremamente negativi per il territorio, l’attività agricola e l’ambiente rurale”.
tecnici di zona di Confagricoltura rilevano che le acque reflue dell’impianto potrebbero essere versate nella roggia limitrofa, utilizzate dalle aziende agricole della zona, alcune delle quali indirizzate alla produzione biologica, per irrigare prati e seminativi. Inoltre per l’impianto transiteranno circa 100 autotreni ogni giorno per il trasporto dei rifiuti e per il ritiro del biometano: attualmente la strada ha una larghezza ridotta tale da rendere impossibile il passaggio simultaneo di un camion e di un mezzo agricolo.
Alle istituzioni vogliamo far rilevare – sottolinea il presidente di Confagricoltura Torino Tommaso Visca – che l’impianto progettato occuperà una superficie di 30.000 metri quadrati, di cui 26.000 in area agricola, con un importante consumo di suolo. Confagricoltura ritiene che non si debba ulteriormente penalizzare un territorio già attraversato dall’autostrada Torino – Milano e nel quale sono presenti altri impianti per lo smaltimento dei rifiuti. “Per questi motivi – conclude il presidente di Confagricoltura Torino Tommaso Visca – saremo al fianco del mondo agricolo e delle popolazioni rurali per contrastare l’attivazione dell’impianto, invitando le amministrazioni competenti a individuare altri siti dove allocarlo, possibilmente in aree industriali che sicuramente nel Torinese non mancano”.

I consorzi dei formaggi uniti contro la crisi

Importante incontro tra i rappresentanti dei Consorzi di Tutela dei formaggi DOP facenti capo ad Assopiemonte DOP e IGP ed esponenti della politica e delle Istituzioni nazionali e regionali tra cui il Senatore Mino Taricco, i Deputati Monica Ciaburro e Federico Fornaro, l’Assessore regionale all0Agricoltura Marco Protopapa, il Presidente di Fedagri Piemonte Roberto Morello e il Presidente nazionale Uncem Marco Bussone.

L’incontro è stato ospitato a Barolo, nel Castello, location che è espressione nel mondo delle eccellenze piemontesi e dell’agricoltura come fonte di sviluppo e benessere, ormai da anni luogo di incontro, confronto per le filiere di qualità e anche di festa in occasione del festival Collisioni.
A determinare l’urgenza dell’iniziativa, condivisa e sostenuta anche da Uncem (Unione nazionale dei Comuni, delle Comunità e degli Enti montani), è stata la necessità di documentare e far conoscere il tragico impatto economico della crisi covid-19 sulle microfiliere delle DOP che, per le loro caratteristiche produttive e soprattutto commerciali, hanno vissuto dai primi di marzo giorni di blocco quasi totale essendo poco o per nulla presenti nei circuiti commerciali del libero servizio della grande distribuzione organizzata. In tempi ordinari, i canali commerciali delle microfiliere sono i negozi tradizionali di specialità, i ristoranti, le trattorie, gli agriturismi, i mercati e le fiere locali, la vendita diretta al turismo locale ed anche, in piccola parte, l’esportazione. Vale a dire tutte strade che dall’inizio di marzo si sono chiuse e che solo ora a fatica iniziano a ripartire. Questo  ha significato il crollo e azzeramento delle vendite dei prodotti di filiera corta a cui si è aggiunto il permanere dei costi vivi di esercizio per il mantenimento e la gestione delle mandrie, delle greggi, degli impianti e delle aziende agricole.

“Siamo allo stremo, ma siamo abituati al sacrificio e al duro lavoro e vogliamo ripartire – afferma Evanzio Fiandino Presidente di Assopiemonte DOP e IGP – ci sforziamo di essere ottimisti, ma abbiamo bisogno di un’attenzione particolare e di misure di sostegno tarate sulle nostre specificità, in quanto noi non riusciamo a beneficiare di aiuti allo stoccaggio, di incentivi alla riduzione della produzione del latte e degli interventi di ritiro del prodotto dal mercato, studiati per le grandi produzioni. Attendiamo interventi a copertura delle mancate vendite, dei costi comunque sostenuti nel periodo di fermo commerciale ed in sostanza di un sostegno per poter ripartire. La preoccupazione più forte è che molte famiglie non riuscendo a superare questa annata così drammatica decidano di chiudere, e questo rappresenterebbe un danno incalcolabile per la salvaguardia delle filiere corte che pur modeste nei volumi rappresentano la storia dell’eccellenza e l’immagine gastronomica del Piemonte oltre che la cura e la tutela del territorio”.

L’appello di Fiandino è stato raccolto dai presenti che in un clima di condivisione e sintonia hanno stretto un patto tra Regione, Governo e Parlamentari, Uncem con il sistema degli Enti locali, per poter dare in tempi brevi risposte concrete ai problemi evidenziati da Assopiemonte DOP e IGP.